GPII 1982 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le due nuove sante in forma concreta ci propongono l'ideale evangelico

Testo:


1. "Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza... Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questo" (Mc 12,30-31).

Tutti i Santi, che la liturgia della Chiesa ricorderà domani in un'unica celebrazione, hanno costruito la loro vita su questo grande comandamento, che si rivolge in due direzioni. Ciò appare in modo particolarmente evidente ed eloquente nelle due figure di Religiose, che oggi mi è stato dato di iscrivere nell'Albo dei Santi. Esse hanno davvero fondato la loro santità sul comandamento dell'amore, di cui non ce n'è un altro più grande.

Santa Margherita Bourgeoys, nata a Troyes in Francia nel 1620, dedico totalmente la sua vita ai più bisognosi, a partire dall'età di 20 anni. Suo campo d'azione furono le famiglie povere della città natale. Ma poi si reco a Montreal in Canada, allora possedimento francese, e qui per lunghi anni si diede, insieme alle sue prime consorelle, ad impartire un'istruzione umana e cristiana sia nelle scuole che nelle parrocchie, fino alla morte, avvenuta nel 1700. In particolare ella coopero all'edificazione di quel nuovo Paese, intuendo il ruolo determinamte delle donne, e si adopero con assiduità alla loro formazione in uno spirito profondamente cristiano.

Santa Giovanna Delanoue, nata a Saumur sulla Loira nel 1666, visse dapprima poveramente nella sua famiglia, e poi si consacro senza limiti al servizio dei molti poveri della zona. La sua carità supero ben presto i confini della sua città e della sua diocesi, espandendosi a vasto raggio. Solo la sua vita di preghiera e di unione con Dio sta all'origine della sua incessante carità, esercitata verso tutti coloro che soffrono.

Queste due Sante brillano oggi davanti ai nostri occhi e ci propongono concretamente l'ideale del Vangelo, perché anche noi lo seguiamo nella nostra vita.


2. Oggi pomeriggio, come già sapete, daro inizio alla mia visita pastorale in Spagna, e, a Dio piacendo, mi intratterro in quel Paese fino al 9 novembre.

Questa visita si colloca in chiusura del quarto Centenario della morte di santa Teresa di Gesù. E perciò, sullo sfondo di questo Giubileo Teresiano, essa vuole essere un ulteriore invito alla santità, stimolando tutti i cristiani a mettere in pratica con sempre maggior impegno il comandamento dell'amore di Dio e del prossimo.

Vi invito tutti calorosamente a pregare per questo scopo. Le vostre preghiere renderanno certamente più fruttuoso il mio servizio pastorale.

A diversi gruppi di fedeli Saluto le numerose Religiose partecipanti al Convegno Nazionale organizzato dall'Unione Superiore Maggiori d'Italia con il motto "In cammino con la Chiesa", e auguro loro di non stancarsi mai percorrendo con la grazia di Dio la strada del loro generoso impegno.

Saluto anche i partecipanti al Convegno Nazionale dei Vice-Presidenti ed Equipes Diocesane del Settore Giovani di Azione Cattolica, il quale ha per tema: "Giovani di Azione Cattolica nelle Chiese locali per annunciare speranza", e assicuro loro che raccomando al Signore un effettivo e fruttuoso compimento del loro bel programma.




1982-10-31 Data estesa: Domenica 31 Ottobre 1982




Dopo la recita dell'"Angelus"

Titolo: Invito a pregare per l'Arcivescovo di Lubango in Angola scomparso, forse rapito, da alcuni giorni

Testo:

Da Venerdi 18 ottobre non si ha notizia dell'Arcivescovo di Lubango, in Angola, Monsignor Alexandre do Nascimento, di cinque religiose della Congregazione delle suore del Santissimo Salvatore e di alcuni catechisti, che sarebbero stati rapiti da sconosciuti nella Missione di Mongua.

Di fronte ad un fatto così grave, quella Conferenza Episcopale ha chiesto a tutti i cattolici angolani di rivolgere, oggi domenica, una preghiera particolare al Signore perché l'ottimo Arcivescovo, le religiose e i catechisti siano restituiti al più presto sani e salvi alla loro comunità.

Anch'io sono molto preoccupato, e vi invito ad unire le vostre preghiere a quelle. dei nostri fratelli di Angola. Voglia il Signore concedere il suo aiuto a quel Pastore e agli altri operai del Vangelo che sono con lui, e far si che essi possano al più presto riprendere la loro generosa opera di evangelizzazione e di carità.




1982-10-31 Data estesa: Domenica 31 Ottobre 1982




L'arrivo in Spagna, all'aeroporto Barajas - Madrid (Spagna)

Titolo: Vengo a confermarvi nella fede in Cristo, rinsaldare la speranza, incoraggiare le opere

Testo:

Maestà, venerabili fratelli nell'Episcopato, Autorità, amato popolo spagnolo.

Sia lodato Gesù Cristo!


1. Con vera emozione ho appena posto piede in terra spagnola. Sia benedetto Dio che mi ha permesso di giungere fin qui, in questo mio viaggio apostolico.

Fin dal primo momento del mio arrivo nella capitale della Nazione, invio il mio saluto e il mio pensiero più cordiali a tutti gli abitanti della Spagna.

Quelli delle città e dei paesi; della Penisola e delle Isole; delle grandi metropoli o del più remoto villaggio della montagna o della pianura; agli abitanti dei centri che visitero nei prossimi giorni, e di quelli che non potro visitare fisicamente.

E' con il pensiero rivolto a tutti che ho intrapreso questa visita pastorale, concepita e destinata in uguale misura a tutti i figli di questa Nazione, a prescindere dalle inevitabili localizzazioni geografiche della visita stessa. Per questo, dovunque mi incontrero con i diversi settori o gruppi della Chiesa in Spagna, intendero rivolgermi a quel settore o gruppo ecclesiale di tutta la Nazione.

La comunione nell'amore di Cristo, l'immagine teletrasmessa e le onde della radio saranno i nostri vincoli costanti in questi giorni. Mantenendo sempre questo carattere esclusivamente religioso pastorale, il mio viaggio si colloca al di sopra di qualunque proposito politico o di parte. Un carattere che - ne sono sicuro - tutti desiderate giustamente preservare, e vi chiedo che lo preserviate, collaborando efficacemente in questo senso.


2. E ora, dopo questo saluto, desidero esprimervi la mia più profonda gratitudine.

Gratitudine, in primo luogo, a Sua Maestà il Re Don Juan Carlos, che ha avuto la deferenza di venirmi a ricevere in questo aeroporto di Barajas e che, interpretando i suoi sentimenti, quelli della Regina, e del popolo spagnolo, mi ha rivolto un cordiale benvenuto con fervide e nobili parole.

Gratitudine al Governo, alle Autorità e ai Rappresentanti del popolo, per la loro gradita presenza a questa cerimonia e per la loro preziosa collaborazione nei preparativi di questa visita.

Gratitudine a tutti voi, cari fratelli e sorelle spagnoli; per il calore della vostra accoglienza, per l'affetto con cui date ospitalità a un amico, e soprattutto a colui che la Spagna nell'arco della sua storia ha sempre profondamente amato: il Papa.


3. Proprio perché conosco bene e apprezzo nella sua pienezza questo tratto caratteristico del cattolicesimo spagnolo, desidero corrispondere con una confidenza.

Vengo a voi alla fine del mio quarto anno di pontificato. Esattamente un anno dopo rispetto a quanto era stato programmato, e non si è potuto realizzare per le cause ben note. Ora voglio manifestarvi che fin dai primi mesi della mia elezione alla Cattedra di san Pietro ho pensato con emozione ad un viaggio in Spagna, considerando anche l'occasione ecclesiale più propizia per questa visita.

Oggi mi conduce a voi la chiusura - invece dell'apertura - del IV Centenario della morte di santa Teresa di Gesù, questa grande santa spagnola e universale, il cui maggior motivo di vanto fu quello di essere sempre figlia della Chiesa, e che ha tanto contribuito al bene della Chiesa stessa in questi quattrocento anni.


4. Vengo, per questo, a rendere omaggio a questa straordinaria figura ecclesiale, proponendo nuovamente la validità del suo messaggio di fede e di umanesimo.

Vengo ad incontrarmi con una comunità cristiana che risale all'epoca apostolica. In una terra che fu oggetto dello zelo evangelizzatore di san Paolo, posta sotto il patrocinio di san Giacomo il Maggiore, la cui memoria perdura nel Pilar di Saragozza e a Santiago di Compostela; che fu conquistata alla fede dalla sollecitudine missionaria dei sette "varones" apostolici; che ha suscitato la conversione alla fede delle popolazioni visigote a Toledo; che fu grande mèta dei pellegrinaggi europei verso Santiago; che visse l'impresa della riconquista; che scopri ed evangelizzo l'America; che fu luminare della scienza ad Alcala e Salamanca, e della teologia a Trento.

Vengo, attratto da una storia ammirabile di fedeltà e di servizio alla Chiesa, impressa in opere apostoliche e in tante grandi figure che questa Chiesa hanno rinnovato; che corroborarono la sua fede, la difesero in momenti difficili, e le diedero nuovi figli in continenti interi. In effetti, grazie soprattutto a questa attività evangelizzatrice senza pari, la parte più numerosa della Chiesa di Cristo oggi parla e prega Dio in spagnolo. Dopo i miei viaggi apostolici, soprattutto in America Latina e Filippine, voglio dire in questo particolare momento: grazie Spagna, grazie Chiesa in Spagna, per la tua fedeltà al Vangelo e alla Sposa di Cristo!


5. Questa storia, malgrado i limiti e gli errori umani, è degna di ogni lode e ammirazione. Deve servire da ispirazione e da stimolo, per riscoprire nel momento presente le radici profonde dell'essere di un popolo. Non per fargli rivivere il passato, ma per proporgli un esempio da continuare e migliorare nel futuro.

Non ignoro, d'altro canto, le note tensioni, a volte sfociate in aperti contrasti, che si sono prodotte in seno alla vostra società, e che sono state studiate da tanti vostri scrittori.

In questo contesto storico-sociale, è necessario che i cattolici spagnoli sappiano recuperare il pieno vigore dello spirito, la forza di una fede viva, la chiarezza evangelica illuminata dall'amore profondo per l'uomo fratello.

Per trarre da li una forza rinnovata che vi renda sempre instancabili creatori del dialogo e promotori di giustizia, animatori di cultura ed elevazione umana e morale del popolo, in un clima di rispettosa convivenza con le altre legittime opzioni, esigendo ad un tempo il giusto rispetto delle vostre.


6. Affinché questa visita produca gli effetti che tutti desideriamo, ecco tre motivazioni che indicano i grandi obiettivi del mio viaggio in Spagna: - confermare nella fede, come successore di Pietro, i miei fratelli (cfr. Lc 22,32). Perché la luce di Cristo continui ad illuminare e ispirare l'esistenza di ciascuno. Perché si rispetti la dignità di ogni uomo, che trova il suo fondamento ultimo in Cristo; - rinsaldare la speranza, che è conseguenza della fede e che ci deve aprire all'ottimismo. Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo! Ho detto all'inizio del mio pontificato. Questo è il messaggio di speranza che reco in questa mia visita; - incoraggiare le energie della Chiesa e le opere dei cristiani. Perché continuino ad essere - come è avvenuto nel corso della storia - albero ricco di frutti di amore a Cristo e agli uomini. Perché i cristiani combattano battaglie di pace e di amore, siano impegnati nella solidarietà con gli uomini e nel momento presente siano generosi e perseveranti nelle opere di servizio, per il bene di tutti gli spagnoli e della Chiesa universale.

Dio benedica la Spagna. Dio benedica tutti gli spagnoli con la mutua concordia e comprensione, con la prosperità e la pace.

Mi raccomando all'apostolo san Giacomo, patrono di Spagna.

E invoco la protezione della santissima Vergine del Pilar, patrona dell'Ispanità, perché sia lei a benedire questo viaggio.




1982-10-31 Data estesa: Domenica 31 Ottobre 1982




L'allocuzione all'assemblea plenaria della conferenza episcopale spagnola - Madrid (Spagna)

Titolo: E' necessario applicare correttamente gli insegnamenti del concilio Vaticano II

Testo:

Cari fratelli dell'Episcopato.


1. All'inizio del mio viaggio apostolico in Spagna, ho la gioia di celebrare l'incontro che in tutti i miei pellegrinaggi ha avuto un posto di rilievo: quello di colui che per un misterioso disegno della Provvidenza è capo del Collegio Episcopale (cfr. LG 22; CD 3) con i suoi fratelli, membri dello stesso Collegio e di una determinata Conferenza Episcopale.

Il momento che viviamo riproduce idealmente quelli in cui Pietro si alza in mezzo ai fratelli (cfr. Ac 1,15) o "con gli undici" (Ac 2,14) o esorta gli anziani, anziano egli stesso, a pascere il gregge di Dio (cfr. 1P 5,1). Questo momento è per il successore di Pietro un tempo forte della sua missione come "principio e fondamento perpetuo e visibile di unità, sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli (LG 23).


2. L'apostolo san Giovanni si dirigeva agli "angeli" delle sette Chiese dell'Asia, cioè alle stesse Chiese, per impetrare ad esse "la grazia e la pace da parte di colui che era e di colui che viene...", "e di Gesù Cristo, il testimone veritiero" (Ap 1,4-5). Anch'io voglio rivolgere, nella persona dei loro Vescovi, un saluto che nasce dal profondo del cuore ad ognuna delle 65 Chiese della Spagna.

Dio sa che il mio più grande desiderio sarebbe visitarle tutte, grandi e piccole, antiche e giovani. Non potendo farlo, per evidenti limiti di tempo, vorrei che questo incontro fosse come una presenza spirituale in ogni diocesi della Spagna.

Nelle vostre recenti visite "ad limina", voi avevate coscienza di portare con voi i membri delle vostre Chiese particolari. Ora Pietro viene a voi per restituirvi la visita.

Grazia, dunque, e pace alla Chiesa che è in Barcellona, al suo Pastore e ai Vescovi ausiliari.

Grazia e pace alla Chiesa di Burgos, al suo Ordinario e ai Vescovi e alle diocesi di Bilbao, Osma-Soria, Palencia e Vitoria.

Di ciò, lasciamo parlare il Concilio Vaticano II, di cui stiamo commemorando il ventesimo anniversario dall'apertura e che tanto bene delineo la missione del Vescovo nelle Chiese. Parlano i documenti conciliari, specialmente le pagine luminose della costituzione dogmatica "Lumen Gentium".


3. [Dispensatori della grazia].

"In questo modo i Vescovi, con la preghiera e il lavoro per il popolo, in varie forme effondono abbondantemente la pienezza della santità di Cristo" (LG 26).

Questa missione di santificatore è inerente alla missione dei Vescovi.

Essi sono per vocazione "perfectores" (cfr. CD 15). Cioè, il Vescovo è colui che, maturato nella vita evangelica e nell'imitazione di Gesù Cristo, trascina gli altri e li aiuta a camminare verso la stessa maturità. O, più precisamente, colui che, con l'esempio e la testimonianza, la parola, l'orazione e i sacramenti, comunica ad altri la pienezza della vita in Cristo che cerca di avere in se stesso.

Da loro si spera - Dio e la Chiesa lo sperano! - che "studino di fare avanzare nella via della santità i loro sacerdoti, religiosi ed i laici", sapendo che, per questo, "sono tenuti a dare essi per primi esempio di santità, nella carità, nell'umiltà e nella semplicità della vita" (CD 15). In effetti, i Vescovi santificano il loro gregge non soltanto come amministratori dei sacramenti e predicatori della Parola rivelata, ma anche con il loro esempio e santità. Seguendo i passi del Buon Pastore, i Vescovi devono dire con Cristo: "Per loro io santifico me stesso, perché siano anch'essi santificati nella verità" (Jn 17,19).

Di fronte a questa opera di santificatore che è, in fin dei conti, il suo compito più alto, ogni Vescovo dovrà sentire, vibranti nel fondo della sua anima, alcune domande fondamentali. Per sapere se la sua immagine che più s'imprime nei fedeli è quella di un uomo di Dio, devoto e sacrificato, impregnato del Vangelo e irraggiatore di esso. Se è sempre, in maniera particolare, maestro di orazione, trasparenza e rivelazione del volto di Dio per i suoi diocesani. E in che misura è ed appare come il "Liturgo" della sua diocesi, colui che va avanti al suo popolo nell'adorazione al Signore, colui che promuove e dirige il culto divino nella sua Chiesa locale.

Sono sicuro che la gioia più grande di un Pastore della Chiesa di Gesù Cristo, che cerca la propria perfezione, è quella che nasce dalla crescita dei suoi figli nella santità. Lo scriveva l'apostolo san Giovanni alla fine della sua vita. "Non ho gioia più grande di questa, sapere che i miei figii camminano nella verità" (3Jn 4).


4. [La diaconia episcopale].

"L'ufficio poi che il Signore affido ai Pastori del suo popolo, è un vero servizio, che nella Sacra Scrittura è chiamato significativamente "diaconia", cioè ministero", leggiamo nella stessa "Lumen Gentium" (LG 24).

I Padri della Chiesa, i grandi maestri spirituaii come san Giovanni di Avila, Luigi di Granada e tanti altri; gli autentici teologi di ieri e di oggi, tutti hanno saputo trarre dal Vangelo il sostanzioso insegnamento di Cristo riguardo al servizio pastorale: "Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire" (Mt 20,28); "il più grande tra voi sia vostro servo" (Mt 23,11).

Il Concilio torna ad insistere ai nostri giorni sulla stessa chiamata allo spirito di servizio. Lo fa con un tono particolare parlando dei Vescovi. Per questo, quando, cercando luce per il suo cammino, un Vescovo legge e medita questi scritti, si sente invitato a meditare - con semplicità, umiltà e gioia del cuore - sul suo modo di essere e di agire in relazione alla diaconia pastoraie. Cioè, se compie la sua missione di Pastore, ispirato da un reale desiderio di servire i fratelli e i figli affidati alla sua sollecitudine. Se le sue azioni concrete traducono questo desiderio. Se coloro di cui è Pastore hanno la convinzione di trovare in lui un vero servitore. E non può fare a meno di porsi, nel fondo del suo cuore, la domanda più urgente: Se è perfettamente attento, in ogni momento e circostanza, alla sua responsabilità, per gravosa che possa essere, di maestro e pastore. E se fa in modo di esercitare la sua autorità nello spirito di servizio, ma senza abdicare alla verità, benché ciò comporti sacrifici.


5. [Maestri e predicatori].

"Tra i principali doveri dei Vescovi - leggiamo ancora nella "Lumen Gentium" - eccelle la predicazione del Vangelo" (n. 25). E' una caratteristica della ecclesiologia del Vaticano II questa priorità data al compito episcopale della predicazione. Perché i Vescovi, aggiunge il Concilio, "sono gli araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli e sono maestri autentici, cioè rivestiti dell'autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere...; quando insegnano in comunione con il Romano Pontefice, devono essere da tutti ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità" (LG 25).

Il Popolo di Dio ha bisogno di Vescovi ben coscienti di questa missione e assidui in essa. I credenti, per progredire nella loro fede; quelli che dubitano o si disorientano, per trovare fermezza e sicurezza; quelli che forse si allontanarono, per tornare a vivere la loro adesione al Signore.

Il Vescovo deve prestare tale servizio alla verità e alla fede cristiana senza ambiguità. Mi rallegro perciò che questo servizio alla fede, come obiettivo prioritario della vostra Conferenza per i prossimi anni, sia stato scelto come tema per le vostre ultime assemblee plenarie.

A questo proposito, una parte importante della funzione episcopale oggi consisterà nell'applicare correttamente, senza deviazioni per difetto o eccesso, gli insegnamenti dell'ultimo Concilio Ecumenico. Tenendo conto delle indicazioni portate dai documenti pontifici successivi e, in modo speciale, da quelli che sono il frutto dei lavori di ogni Sinodo dei Vescovi.

Senza angustie, serenamente, ma con viva coscienza di un dovere collegato alla missione ricevuta da Dio e suggellata dalla consacrazione sacramentale, ogni Vescovo deve lasciarsi interrogare interiormente su quegli atti in cui si traduce tale dovere: l'attenzione, lo spirito di fede e l'amore con cui annuncia la Parola di Dio; l'importanza data alle Lettere pastorali, cercando di renderle, oltre che sostanziose, adatte al linguaggio dell'uomo di oggi, comprensibili e attraenti; il modo in cui adopera i mezzi di comunicazione sociale, affinché siano veri moltiplicatori della sua parola umana e veicolo della Parola di Dio; le relazioni che mantiene con i teologi, sia per incoraggiarli, sia, se fosse necessario, per aiutarli a rettificare eventuaii deviazioni.

Felice il Vescovo che dalle risposte sincere a queste domande potrà trarre, se non motivi di piena soddisfazione, almeno ragioni di serenità; la serenità di un dovere compiuto senza paura, senza scoraggiamento, senza pause.

Un campo importante in cui applicare il vostro servizio alla fede è quello della ricerca teologica e dell'insegnamento delle scienze sacre. Avete una grave responsabiiità, affinché si rispetti la verità della dottrina e la sua trasmissione, d'accordo con il Magistero.

Di conseguenza non potete dimenticare le pubblicazioni di carattere teologico e morale, che tanto influiscono sulla fede del popolo.

So che sentite la responsabilità di compiere questo compito. So che nello stesso modo vigilate per garantire la sana dottrina nella catechesi e nei testi scolastici di religione. Non venite meno nel vostro impegno. Da questa soliecitudine dipende una buona parte della formazione cristiana dei giovani e degli adulti.

So che siete sensibili ai problemi che deve affrontare ii vostro popolo, e che voi ben conoscete. Chiedo a Dio che il vostro zelo pastorale si senta sempre pronto ad affrontare con lucidità di fede - e nel rispetto della giusta autonomia dell'ordine temporale - le questioni dottrinali e morali che in ogni momento storico i credenti devono affrontare.

Perché i cristiani non possono lasciare da parte la loro fede nel momento di collaborare alla costruzione della città temporale. Basta pensare alla difesa e alla protezione della vita fin dal suo concepimento, alla stabilità del matrimonio e della famiglia, alla libertà d'insegnamento e al diritto a ricevere istruzione religiosa nelle scuole, alla promozione dei valori che moralizzano la vita pubblica, all'istaurazione della giustizia nei rapporti di lavoro. Campi importantissimi - tra gli altri - che voi Vescovi non potete non illuminare con la luce cristiana. Perché dove si trova l'uomo che patisce dolore, ingiustizia, povertà o violenza, li deve esserci la voce della Chiesa con la sua vigilante carità, e con l'azione dei cristiani.


6. [Al servizio dell'unità].

Ogni Vescovo nella sua Chiesa locale - come dice la "Lumen Gentium" - è "principio e fondamento visibile di unità" (LG 23).

E' questo, tra i tratti essenziali della fisionomia del Vescovo, il primo che il Concilio ha voluto accentuare. E nel farlo è in perfetta coerenza con la sua dottrina ecclesiologica. Poiché se è vero che la Chiesa è sacramento di comunione, è naturale che il Vescovo sia prima di tutto servitore, assertore, promotore e difensore dell'unità nella Chiesa.

Questo servizio umile e perseverante alla comunione è, senza alcun dubbio, il più esigente e delicato, ma anche il più prezioso e indispensabile, in quanto significa servizio a una dimensione essenziale della Chiesa e alla sua missione nel mondo.

Questa comunione non è una semplice coincidenza in fatti verificabili statisticamente, ma è prima di tutto unità in Cristo e nella sua dottrina: nella fede e nella morale, nei sacramenti, nell'obbedienza alla Gerarchia, nei mezzi comuni di santità e nelle grandi norme di disciplina, secondo il noto principio agostiniano: "in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas".

Questa profonda unità vi permetterà, inoltre, d'intensificare l'utilizzazione congiunta delle forze affinché i sacerdoti, i religiosi, i membri di Istituti Secolari, i gruppi apostolici e le piccole comunità agiscano sempre uniti tra di loro e con la chiara coscienza del coordinamento di energie che esige il buon andamento delle Chiese locali; affinché queste, senza trascurare le loro problematiche specifiche, non si chiudano mai in se stesse, né perdano di vista la prospettiva universale della Chiesa.

Pero vi dovrà, soprattutto, portare alla necessaria concordia nei campi oggi più esposti alla divisione: nella predicazione sulla moralità familiare, nella necessaria osservanza delle norme liturgiche che regolano la celebrazione della Messa, il culto eucaristico o l'amministrazione dei sacramenti. A questo proposito voglio ricordare la corretta applicazione delle norme che si riferiscono alle assoluzioni collettive, evitando gli abusi che si possono introdurre.

Noi, posti dal Signore come garanti della comunione ecclesiale, non possiamo fare a meno d'interrogarci quotidianamente sul modo in cui viviamo ed esercitiamo tale missione, cioè: Se abbiamo sempre la coscienza viva riguardo al nostro dovere di essere costruttori dell'unità. Se ci rendiamo conto che preservare l'unità, a volte in mezzo a conflitti, non significa accomodare con abilità le parti in disaccordo, ma ricondurle attraverso cammini evangelici alla riconciliazione, alla mutua comprensione e finalmente alla rinnovata comunione, come frutto di una ricerca, forse difficile, della verità nella carità. Se cerchiamo di essere al di sopra delle fazioni con il necessario senso di equilibrio, senza che questo significhi comoda neutralità, per poter attrarre gli uni e gli altri all'unico e vero principio dell'unità ecclesiale. Se sappiamo essere pazienti e magnanimi, perseveranti e generosi nella ricerca dell'unità.


7. [Pastori generosi e vigilanti].

Tra le tante parole illuminanti del Concilio ai Vescovi, non voglio tralasciare di leggere con voi queste parole: "Il Vescovo, mandato dal Padre di famiglia a governare la sua famiglia, tenga d'innanzi agli occhi l'esempio del Buon Pastore... Assunto di mezzo agli uomini e soggetto a debolezze, può benignamente compatire quelli che peccano, per ignoranza, o errore... Dovendo render conto a Dio delle loro anime, abbia cura di loro con la preghiera, la predicazione e ogni opera di carità" (LG 27).

E' molto significativo che il Concilio chiami il Vescovo, unendo due termini affini, Padre e Pastore. Perché, in effetti, egli deve andare davanti ai suoi fedeli con affetto di padre e sollecitudine di pastore. Per indicare i sentieri, prevenire i pericoli e difendere dagli agguati.

Con questo spirito cercherà di conoscere, per quanto possibile, ognuno di quelli che gli sono affidati, e si sforzerà di condurre tutti verso una partecipazione ogni volta più attiva e personale nella vita della Chiesa locale.

Quando, per ringraziare Dio della sua chiamata al servizio pastorale o per essere ancora più fedele ad essa, il Vescovo esamina la propria vita e la propria attività, non potrà fare a meno di rivolgersi le domande che meglio riflettono il suo impegno di fedeltà verso Colui che lo chiamo, e di donazione verso coloro che gli sono stati affidati.

Per assicurarsi di avere sempre, verso coloro che il Padre gli affido, un cuore di padre. Per unire sempre l'autorità che gli viene da Dio con la bontà, la mansuetudine e la pietà. Per esercitare adeguatamente la sua missione di padre e di pastore con i sacerdoti, religiosi, laici, uomini e donne, adulti e giovani, dotti e illetterati, ricchi e poveri. Per sforzarsi, attraverso un intimo contatto con il Buon Pastore, di rinnovare il suo animo pastorale, preparandosi per nuove iniziative e per crescere nelle qualità richieste a chi deve pascere un gregge non suo, ma di Gesù Cristo.

Cari fratelli: mentre in fraterna convivenza meditiamo e ci lasciamo interpellare riguardo alla nostra comune vocazione nella Chiesa e nel mondo, non potrei fare a meno di rendere grazie a Dio per il vostro sforzo in questa direzione. E allo stesso tempo chiedo al Sommo Sacerdote, Gesù, che vi conceda abbondanti grazie che vi sostengano nel vostro generoso ministero e nel profondo amore alla Chiesa.

Il vostro Paese, che sperimenta una transizione socio-culturale di grandi dimensioni e cerca nuovi cammini di progresso; che desidera la giustizia e la pace; che teme, come gli altri, il rischio di perdere la sua identità; questo Paese, e soprattutto la Chiesa che in esso cammina verso il Padre, renderanno grazie infinite a Dio se troveranno sempre in voi maestri, padri, guide, pastori, suscitatori di energie spirituali così come li delineo il Concilio.


8. Fratelli miei: dobbiamo concludere questo incontro. Lo faccio con un forte richiamo alla speranza. Questa speranza che vuole essere il mio primo messaggio alla Chiesa in Spagna. Perché - lasciatemelo dire - nonostante i chiaroscuri, le ombre e gli alti e bassi del momento presente, ho fiducia e spero molto dalla Chiesa in Spagna. Confido in voi, nei vostri sacerdoti, religiosi e religiose.

Confido nei giovani e nelle famiglie, le cui virtù cristiane devono essere, come in passato, sorgente di vocazioni.

Una Chiesa che è capace di offrire al mondo una storia come la vostra, e la canonizzazione - nello stesso giorno- di figli tanto singolari e universali come Teresa di Gesù, Ignazio di Loyola e Francesco Saverio (con tanti altri, prima e dopo), non ha potuto esaurire la sua ricchezza spirituale ed ecclesiale. Prova di continuità è la prossima beatificazione di suor Angela della Croce.

Con questa fiducia vi incoraggio a continuare a pascere il vostro gregge, come lo avete fatto in momenti particolari; ad andare sempre avanti ad esso con l'esempio, per dargli, in qualsiasi circostanza, sicurezza e nuovo vigore.


9. Per me è motivo particolare di speranza la solida devozione che questo popolo, con i suoi Pastori in prima fila, professa privatamente e pubblicamente alla Madre di Dio e Madre nostra.

Appartenete ad una terra che ha saputo sempre difendere con la fede, con la scienza e la pietà le glorie di Maria: dalla sua Immacolata Concezione sino alla sua gloriosa Assunzione in corpo e anima nei cieli, passando per la sua perpetua verginità. Non dimenticate questo vostro tratto. Finché sarà questo il vostro carattere distintivo, sarete in buone mani. Non avete da temere nulla.

Gesù, modello completo dei Pastori, Figlio di Maria, vi aiuti sempre. Vi benedico cordialmente nel suo nome.




1982-10-31 Data estesa: Domenica 31 Ottobre 1982




Il saluto ai collaboratori della conferenza episcopale spagnola - Madrid (Spagna)

Titolo: Una testimonianza di fedeltà alla Chiesa

Testo:

Cari collaboratori e impiegati della Conferenza Episcopale.


1. Dopo essermi incontrato con i Vescovi spagnoli, nella nuova "Casa della Chiesa" che è stata appena inaugurata, provo una grande gioia nel trovarmi ora con tutti voi, sacerdoti, religiosi, religiose, membri degli Istituti Secolari e laici, che collaborate al lavoro della Conferenza Episcopale Spagnola.


2. Il vostro compito deve essere davvero svolto al servizio della Chiesa. Si tratta di un ruolo spesso difficile, nascosto, umile, avaro di soddisfazioni e di contatti personali. Ha, tuttavia, un grande valore pastorale, perché offre un contributo indispensabile all'opera evangelizzatrice della Chiesa in Spagna.

La vostra specializzazione nei diversi campi pastorali deve costituire un aiuto, perché i Vescovi possano condurre con efficacia la loro missione di magistero, di governo e di santificazione nelle Chiese locali. E', d'altra parte, una collaborazione preziosa, che aiuta i Vescovi a illuminare, con maggior coordinamento e competenza, i diversi aspetti religiosi e apostolici della Chiesa spagnola.


3. L'opera che svolgete deve essere ispirata a una testimonianza di donazione e di fedeltà alla Chiesa. I Vescovi, chiamandovi a svolgere questa delicata missione, hanno riposto in voi la loro fiducia, e vi hanno resi partecipi delle loro preoccupazioni pastorali. Questa fiducia esige da voi una risposta generosa, una costante disponibilità, un'esemplarità di vita tali da riflettere la vostra responsabilità ecclesiale.

Il carattere del vostro lavoro deve essere contraddistinto dalla disponibilità a servire le persone e le istituzioni pastorali, come anche tutti coloro che si avvicinano a voi attendendo una risposta che rifletta il sentire della Chiesa.

E' vostro dovere cercare sempre l'unità tra voi e tra le varie Commissioni episcopali, affinché i risultati dei lavori siano più utili ed efficaci. La vostra opera, differenziata nei diversi campi della vita ecclesiale, deve configurare un insieme armonico, impregnato da uno spirito di autentica fraternità.


4. Le comunità locali attendono da voi un aiuto sollecito e generoso, che avvii la realizzazione dei programmi d'azione pastorale stabiliti dalle decisioni che i vostri Vescovi adottano collegialmente. E' per questo che dovete sforzarvi di compiere il vostro lavoro con serietà, competenza, con senso ecclesiale.

E' necessario un continuo sforzo per superare voi stessi, perché l'opera che è posta nelle vostre mani cresca ogni giorno in qualità, e risponda adeguatamente alle necessità e alle esigenze dell'azione della Chiesa nella nuova società spagnola.


5. So che i vostri Vescovi apprezzano il servizio che prestate alla Conferenza Episcopale. Anch'io voglio ringraziarvi per la vostra dedizione, e incoraggiarvi a proseguire la vostra collaborazione con la Chiesa in questa missione concreta che vi è stata affidata.

La mia gratitudine è diretta anche a quei laici che, col loro lavoro, contribuiscono in misura rilevante al buon andamento dell'opera che si svolge in questa casa. Siate convinti che il vostro apporto è molto utile all'organizzazione e al buon funzionamento di questo organismo ecclesiale. Per questo vi spingo a continuare il vostro lavoro con entusiasmo umano, con atteggiamento professionale e cristiano, consapevoli di trovarvi nello stesso centro che sostiene l'azione pastorale della Chiesa in Spagna.


6. La nuova organizzazione della "Casa della Chiesa", i nuovi strumenti che vengono posti nelle mani di tutti voi, renderanno più facile il vostro lavoro, costituiranno uno stimolo per le vostre attività.

Nell'inaugurare questa casa, sono convinto che troverete in essa uno splendido aiuto per intensificare la vita pastorale della Chiesa spagnola.

Torno a manifestarvi la mia gioia di trovarmi oggi con voi; voglio, allo stesso tempo, che giunga alle vostre famiglie una parola di affetto e di riconoscenza. A esse e a voi impartisco volentieri la mia benedizione apostolica.




1982-10-31 Data estesa: Domenica 31 Ottobre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)