GPII 1982 Insegnamenti - Durante il rito per la canonizzazione - Città del Vaticano (Roma)

Durante il rito per la canonizzazione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dalla vita umile, nascosta di Crispino, un messaggio per l'umanità di oggi

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. E' questo un giorno solenne per noi, invitati a contemplare la gloria celeste e la gioia indefettibile di Crispino da Viterbo, annoverato dalla Chiesa tra il numero dei Santi, tra coloro che hanno raggiunto, dopo il pellegrinaggio terreno, la visione beatifica del Dio vivente, Padre, Figlio e Spirito Santo, offrendoci incoraggiante conferma dell'affermazione paolina: "Le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi" (Rm 8,18).

Giorno di letizia soprattutto per i religiosi dell'Ordine Francescano dei Frati Minori Cappuccini, i quali, mentre si rallegrano per l'onore tributato a questo confratello, che ha avuto fame e sete della giustizia e ne è stato saziato (cfr. Mt 5,6), elevano il loro ringraziamento all'Onnipotente per la misericordiosa bontà, con cui ha voluto loro donare un nuovo confessore della fede, che, in quest'anno celebrativo dell'ottavo centenario della nascita di san Francesco si aggiunge agli altri santi della grande Famiglia dei Cappuccini.

Nel dichiarare santo Crispino da Viterbo, decretando che egli sia devotamente venerato come tale, ad onore della santissima Trinità e ad incremento della vita cristiana (cfr. "Formula Canonizationis"), la Chiesa ci assicura che l'umile religioso ha combattuto la buona battaglia, ha conservato la fede, ha perseverato nella carità, conseguendo la corona di giustizia preparatagli dal Signore (cfr. 2Tm 4,7-8). Veramente fra' Crispino, durante la vita terrena, stette davanti al Signore, al suo servizio, ed il Signore è ora per sempre la sua eredità felice (cfr. Dt 10,8-9).

Per seguire Cristo Gesù, egli ha rinnegato se stesso, cioè gli ideali puramente umani, ed ha assunto la propria croce, la tribolazione quotidiana, i limiti personali ed altrui, solo preoccupato di imitare il Maestro divino, salvando così in senso perfetto e definitivo la propria vita (cfr. Mt 16,23-25).

"Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?" (Mt 16,26). L'interrogativo evangelico, letto or ora, ci interpella e ci invita a fissare lo sguardo su quella mèta felice, che è già possesso del nostro santo e che anche a noi è riservata con assoluta certezza, nella misura in cui sapremo rinnegare noi stessi e seguire il Signore, portando il peso della nostra giornata di operai laboriosi.

Salga, in questo momento, la nostra gratitudine commossa verso Dio, autore della Grazia, che ha condotto il suo servo fedele Crispino alla più alta perfezione evangelica, implorando al tempo stesso, per sua intercessione, di "praticare incessantemente la vera virtù, alla quale è promessa la pace beata del cielo" ("Oratio diei").


2. Ed ora vogliamo riflettere in modo particolare sul messaggio di santità di fra' Crispino da Viterbo.

Era il periodo dell'assolutismo di Stato, di lotte politiche, di nuove ideologie filosofiche, di inquietudini religiose (si pensi al Giansenismo), di progressivo allontanamento dai contenuti essenziali del Cristianesimo. L'umanità nel suo doloroso travaglio storico, alla ricerca incessante di più alti traguardi di progresso e di benessere, è ricorrentemente tentata di falsa autonomia, di rifiuto delle categorie evangeliche, per cui ha bisogno imprescindibile di santi, cioè di modelli che esprimano concretamente, dal vivo, la realtà della Trascendenza, il valore della Rivelazione e della Redenzione operata da Cristo.

Questa appunto, nell'autosufficiente secolo dei lumi, in cui egli visse, fu la missione di san Crispino da Viterbo, umile frate cappuccino, cuoco, infermiere, ortolano, e poi per quasi quarant'anni questuante in Orvieto, a servizio del suo convento. Ancora una volta, per misericordia divina, le parole profetiche di Gesù trovarono in quest'umile santo realizzazione eloquente: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai sapienti ed agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Si, o Padre, perché così è piaciuto a te" (Mt 11,25-26). Dio compie meraviglie mediante l'opera degli umili, degli incolti e dei poveri, perché si riconosca che ogni incremento salvifico, anche terreno, corrisponde ad un disegno del suo amore.


3. Il primo aspetto di santità che desidero rilevare in san Crispino è quello della letizia. La sua affabilità era nota a tutti gli Orvietani ed a quanti lo avvicinavano, e la pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza custodiva il suo cuore ed i suoi pensieri (cfr. Ph 4,5-7). Letizia francescana la sua, sostenuta da un carattere ricco di comunicativa ed aperto alla poesia, ma soprattutto derivante da un grande amore verso il Signore e da una fiducia invitta nella sua Provvidenza. "Chi ama Dio con purità di cuore - soleva dire - vive felice e poi contento muore".


4. Un secondo atteggiamento esemplare è certamente quello della sua eroica disponibilità verso i confratelli, come pure verso i poveri ed i bisognosi di ogni categoria. A questo proposito, infatti, si deve dire che l'impegno principale di fra' Crispino, mentre umilmente questuava i mezzi di sussistenza per la sua famiglia conventuale, fu quello di donare a tutti aiuto spirituale e materiale, divenendo espressione vivente di carità. Ha veramente dell'incredibile l'opera da lui svolta in campo religioso ed assistenziale, per la pace, la giustizia e la vera prosperità. Nessuno sfugge alla sua attenzione, alle sue premure, al suo buon cuore, ed egli va incontro a tutti attingendo alle più perspicaci risorse ed anche ad interventi, che si presentano nella cornice dello straordinario.


5. Altro particolare impegno della sua vita santa fu quello di svolgere una catechesi itinerante. Egli era un "laico dotto", che coltivava con i mezzi a sua disposizione la conoscenza della Dottrina Cristiana, non tralasciando, al tempo stesso, di istruire gli altri nella stessa verità. Il tempo della questua era il tempo della evangelizzazione.

Incoraggiava alla fede ed alla pratica religiosa con un linguaggio semplice, popolarmente gustoso, fatto di massime ed aforismi. La sua saggia catechesi divenne ben presto nota ed attiro personaggi dell'ambiente ecclesiastico e civile, ansiosi di avvalersi del suo consiglio. Ecco, ad esempio, una sua illuminante e profonda sintesi della vita cristiana: "La potenza di Dio ci crea, la sapienza ci governa, la misericordia ci salva". Le massime traboccavano dal suo cuore, sollecito di offrire col pane, che sostenta il corpo, il cibo che non perisce: la luce della fede, il coraggio della speranza, il fuoco dell'amore.


6. Infine, desidero sottolineare la sua tenera ed insieme vigorosa devozione a Maria santissima, che egli chiamava la "mia Signora Madre" e sotto la cui protezione condusse la sua vita di cristiano e di religioso. All'intercessione della Madre di Dio fra' Crispino affido suppliche ed affanni umani incontrati lungo la strada del suo questuare, e quando veniva sollecitato a pregare per gravi casi e situazioni soleva dire: "Lasciami parlare un poco con la mia Signora Madre e poi ritorna". Risposta semplice, ma totalmente intrisa di sapienza cristiana, che dimostrava totale confidenza nella sollecitudine materna di Maria.


7. La vita nascosta, umile ed ubbidiente di san Crispino, ricca di opere di carità e di saggezza ispiratrice, reca un messaggio per l'umanità di oggi, che come quella della prima metà del '700 attende il passaggio confortante dei santi. Egli, autentico figlio di Francesco d'Assisi, offre alla nostra generazione, spesso inebriata dai suoi successi, una lezione di umile e fiduciosa adesione a Dio ed ai suoi disegni di salvezza; di arnore alla povertà ed ai poveri; di ubbidienza alla Chiesa; di affidamento a Maria, segno grandioso di misericordia divina anche nell'oscuro cielo del nostro tempo, secondo il messaggio incoraggiante scaturito dal suo Cuore Immacolato per la presente generazione.

Eleviamo la nostra preghiera al nostro Santo che ha raggiunto la gioia definitiva del cielo dove non esiste "né morte, né lutto, né affanno, perché le cose di prima sono passate" (Ap 21,4).

O san Crispino, allontana da noi la tentazione delle cose caduche ed insufficienti, insegnaci a comprendere il vero valore del nostro pellegrinaggio terreno, infondici il necessario coraggio per compiere sempre tra gioie e dolori, tra fatiche e speranze, la volontà dell'Altissimo.

Intercedi per la Chiesa e per l'umanità intera, bisognosa di amore, di giustizia e di pace.

Amen! Alleluia!




1982-06-20 Data estesa: Domenica 20 Giugno 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La santità è viva testimonianza dello Spirito di Dio allo spirito umano

Testo:


1. Santo, Santo, Santo! A Dio che è la Santità stessa si eleva il nostro cuore particolarmente in questo giorno. Dio, tre volte santo, desidera la santità e guida ad essa l'uomo su vie note solo a lui.

Ogni volta che recitiamo l'"Angelus", si apre davanti a noi la via principale lungo la quale maturano i santi, nel corso della storia della salvezza.

"Colui che nascerà sarà santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35), dice alla Vergine di Nazaret il Messaggero del mistero dell'Incarnazione.


"Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù" (Lc


1,31). Gesù significa il Salvatore, colui che mostra all'uomo le vie della salvezza e lo guida su di esse. Come Figlio incarnato di Dio, Gesù è la sorgente della vita e della santità per i suoi fratelli e sorelle.

Della santità più grande, egli ha rivestito colei che aveva scelto come Madre.

Recitando l'"Angelus", meditiamo sulla vocazione di Maria alla sua particolare santità, ed insieme sulla vocazione alla santità, in Gesù Cristo, di tutti i figli e le figlie del genere umano.

Oggi mi è stato dato di iscrivere nell'albo dei Santi uno di loro: san Crispino da Viterbo. E' la prima volta che, durante il mio servizio nella sede di san Pietro, ho la gioiosa sorte di compiere una Canonizzazione.


2. "Lo Spirito Santo scenderà su di te" (Lc 1,35), disse l'Arcangelo Gabriele a Maria, annunziando così che la santità, la quale trova nel Verbo Incarnato la sua sorgente, è opera dello Spirito Santo. Questa santità è una viva testimonianza che lo Spirito di Dio rende allo spirito umano, guidandolo sulle vie, a volte difficili, della vita. E contemporaneamente essa è una testimonianza con la quale l'uomo, nel suo spirito creato, risponde allo Spirito Santo.

Benché, quindi, la santità nasca da Dio stesso, in pari tempo essa, dal punto di vista umano, si comunica da uomo a uomo. In questo modo possiamo anche dire che i santi "generano" i santi, così come possiamo osservare facilmente che gli uomini, della cui santità gode la Chiesa, si uniscono tra loro in famiglie spirituali, per motivi di provenienza, di somiglianza e di esemplarità.

Il Santo, della cui elevazione sugli altari oggi gioisce la Chiesa, non appartiene forse alla particolare famiglia di santità, che è quella francescana? Quanto è bello che proprio in occasione dell'VIII Centenario della nascita del Serafico di Assisi, essa ottenga un nuovo contrassegno di santità!


3. D'altra parte, "ciascuno ha il proprio dono da Dio" (1Co 7,7), in certo senso unico e irripetibile. La santità si collega con esso, cioè col personale carisma, mediante il quale il santo si distingue nella genealogia dei Confessori della fede e perfino nella propria Famiglia religiosa.

Infatti, anche il santo proclamato oggi, fra' Crispino da Viterbo, pur essendo un figlio fedele e seguace coerente di san Francesco, presenta una sua personale fisionomia ed una singolare risposta alla propria vocazione religiosa.

Amante della povertà e dei poveri, pieno di fiducioso abbandono alla Provvidenza, esemplare nel suo servizio di tutti i bisognosi, egli si segnalo per la saggezza dei suoi ispirati consigli e per una catechesi itinerante esercitata con virtuosa modestia ed eccezionale serenità. Lodiamo incessantemente il Signore che suscita, a nostro conforto, sempre nuovi santi.

Santo, Santo, Santo! "Benedictus Dominus in sanctis suis et sanctus in omnibus operibus suis"! Ad un gruppo di giovani cresimati Rivolgo ora un affettuoso e riconoscente saluto a tutti i gruppi di Cresimati, specialmente a quello della parrocchia di Lonato.

Carissimi fanciulli! Il dono dello Spirito Santo che avete ricevuto ha rinvigorito la vostra fede, ed ha reso più schietti in voi i vincoli con Dio Padre e col suo Figlio Gesù Cristo. Questo stato di grazia, mentre è la sorgente della pace nei nostri cuori e delle consolazioni celesti nelle nostre menti, vi impegna a testimoniare col buon esempio e con l'assidua pratica delle virtù gli insegnamenti del Vangelo. Siate, pertanto, generosi soldati di Cristo, anche per contribuire alla costruzione di una società più giusta e pacifica. Con questo auspicio, vi benedico di cuore ed estendo la mia benedizione ai vostri sacerdoti ed ai vostri genitori e persone care.




1982-06-20 Data estesa: Domenica 20 Giugno 1982





All'Alto Commissario per i rifugiati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La "piaga" dei rifugiati una vergogna per la nostra epoca

Testo:

Signor Alto Commissario.


1. Sono molto lieto di aver avuto oggi un colloquio con voi. L'anno scorso, e quest'anno nuovamente, avete espresso il desiderio che io dedicassi una visita alla Sede dell'Alto Commissariato a Ginevra. Purtroppo, altri impegni non me l'hanno consentito, ma ne sono stato vivamente dispiaciuto e mi sono affrettato ad esprimervi la stima e gli incoraggiamenti della Chiesa cattolica per gli sforzi che la vostra istituzione svolge in favore dei rifugiati.


2. La vostra competenza si estende a tutti i rifugiati - secondo la Convenzione delle Nazioni Unite del 1951, del Protocollo del 1967 e delle numerose altre Convenzioni e testi - cioè alle persone che debbono lasciare il loro paese a causa del timore ben fondato di una persecuzione per motivi di razza, di religione, di nazionalità o di convinzione politica, o per sfuggire alla violenza e alla guerra.

Essi sono una legione, più di dieci milioni, forse quindici, e senza sosta, come a ondate, nuove popolazioni sono strappate per queste molteplici ragioni al loro ambiente. Il Libano ne è ancora una volta teatro, in modo improvviso e drammatico, ma non può far dimenticare gli altri rifugiati del Medio Oriente, i numerosissimi rifugiati palestinesi, i rifugiati afgani, né i rifugiati del Sud Est asiatico, in particolare i cambogiani e i "boat-people", che continuano a fuggire in condizioni molto precarie, o attendono nei campi della Tailandia, della Malesia, dell'Indonesia, di Singapore; né i rifugiati somali, e tutti quelli del continente africano; né quelli dell'America Centrale, ecc. E' veramente una piaga vergognosa della nostra epoca, come se molti paesi e governi non fossero più capaci di accordare una giusta libertà e una posizione accettabile a tutti i loro cittadini.

La comunità internazionale è veramente interessata a questo flagello, e in particolare l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.


3. Non si tratta, nella ricerca di una soluzione per questi rifugiati, di dispensare i paesi d'origine dal fare il loro dovere, né d'incoraggiare la loro negligenza o la loro cattiva volontà. Ma voi, a ragione, considerate i fatti; voi costatate che queste popolazioni sono, "hic et nunc", minacciate o senza una nazionalità legale, molto spesso prive di tutto, spesso avendo dovuto lasciare dietro di sé, nel loro paese, tutto ciò che dava loro da vivere, tutto ciò che possedevano. E questa estrema miseria, fisica, psicologica e morale, non saprebbe attendere. Grazie a Dio, l'opinione pubblica lo capisce ancora abbastanza bene e si lascia scuotere, nel momento in cui i mass media ne descrivono il dramma, ma l'interesse si attenua in fretta, la generosità si indebolisce, o non conduce all'assunzione di incarichi stabili, a soluzioni per il futuro. E' qui che la vostra Organizzazione porta un contributo insostituibile.


4. Voi cercate infatti di ridare a questi rifugiati le condizioni della loro dignità umana, voi li aiutate a divenire autosufficienti. Nell'immediato, essi hanno bisogno di protezione, di sicurezza, di una assistenza di base - alimentazione, alloggio almeno in tende, assistenza medica e possibilità di istruzione. In questo ambito, voi fate in modo che vengano portati gli aiuti necessari. Ma voi cercate nello stesso tempo e soprattutto una soluzione permanente per l'avvenire, la migliore possibile, sia per facilitare ai rifugiati il ritorno nel loro paese con una decisione libera e personale, che sarà tanto più desiderabile se si creerà per loro un luogo vivibile, sia almeno per contribuire a far si che essi siano veramente integrati nel paese di prima accoglienza, assicurando condizioni più sicure che un asilo precario e provvisorio, sia infine per permettere loro di emigrare e di integrarsi in un paese terzo. Voi lo sapete meglio di chiunque altro, alcuni paesi fanno su questo punto sforzi che meriterebbero di essere citati ad esempio.


5. Voi avete dunque un ruolo di primo piano, dopo i paesi d'origine e dopo i paesi d'accoglienza, per facilitare i transiti, le partenze o gli insediamenti. Per quanto riguarda l'assistenza, altre istanze possono lavorare in collaborazione con voi, innanzitutto quelle che dipendono dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, come si può vedere per il Libano, sia anche ogni Governo e le sue Organizzazioni, sia il Comitato internazionale della Croce Rossa e la Lega delle Società della Croce Rossa, o ancora molte altre organizzazioni di soccorso. So che l'Alto Commissariato ricerca tali cooperazioni, se ne rallegra e le incoraggia, perché il compito umanitario richiede sforzi numerosi e ben concertati.


6. La Chiesa cattolica, da parte sua - ed è qui soprattutto l'oggetto del mio discorso - considera l'aiuto ai rifugiati come un'opera essenziale, alla quale essa invita in modo pressante i suoi figli cristiani a collaborare, perché la Bibbia in generale e il Vangelo in particolare non ci permettono di omettere di soccorrere gli stranieri che cercano asilo.

Del resto, un buon numero di organizzazioni cattoliche cercano, secondo le loro competenze e le loro possibilità, di alleviare la sofferenze dei rifugiati, come voi stessi avete avuto l'amabilità di testimoniare. Posso assicurarvi che il Consiglio pontificio "Co unum" se ne occupa attivamente, essendo questo organismo destinato a far riflettere le altre istituzioni cattoliche, a stimolare e a coordinare, in alcune circostanze, le loro iniziative e ad esprimere in questo modo la carità del Papa.


7. Al di là di questi aiuti concreti, la Chiesa considera suo dovere anche esortare i responsabili a cambiare questa situazione, come ho fatto per esempio durante la visita al "Bataan Refugee Processing Center" vicino a Morong nelle Filippine, il 21 febbraio 1981, o in occasione della visita del Corpo diplomatico a Nairobi nel 1980, e molto recentemente a Lisbona. Bisogna ribadire che si tratta di situazioni anormali, che bisogna porre rimedio alle loro cause, cercando di convincere le nazioni che i rifugiati hanno diritto alla libertà e a una vita degna dell'uomo nei loro paesi. Bisogna anche fare appello sempre più ampiamente all'ospitalità, all'accoglienza presso quei paesi che possono ricevere dei rifugiati. Infine bisogna organizzare l'aiuto reciproco internazionale, un aiuto che non dispensa i rifugiati dal farsi carico a poco a poco di se stessi perché anche li vi è un cammino di dignità.

In breve, signor Alto Commissario, sono lieto di dirvi che la Santa Sede apprezza vivamente l'opera che vi è affidata, e vi assicura che i membri della Chiesa, e in particolare le Organizzazioni caritative cattoliche, continueranno ad impegnarsi su questo terreno con ardore e generosità portando il loro contributo per alleviare le sofferenze e formare le coscienze in modo disinteressato, vorrei dire imparziale, guidati dalla sola prospettiva del bene delle persone, chiunque siano, che conoscano l'avvilimento della vita del rifugiato, a qualunque motivo ciò sia dovuto.

E alla nostra azione concreta, noi uniamo sempre la preghiera, supplicando lo Spirito Santo di illuminare gli spiriti e di aprire i cuori, affinché questo mondo sia più umano, più conforme al disegno fraterno che Dio ha assegnato all'umanità.




1982-06-25 Data estesa: Venerdi 25 Giugno 1982




Ai Vescovi della provincia ecclesiastica di Valencia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il lavoro di evangelizzazione deve raggiungere tutti i settori della vita

Testo:

Carissimi fratelli della provincia ecclesiastica di Valencia,


1. Con vera stima fraterna ed intima gioia vi ricevo questa mattina, in occasione della vostra visita congiunta "ad limina Apostolorum", dopo il colloquio individuale avuto con ciascuno di voi.

Anzitutto rendo grazie a Dio perché l'affetto collegiale e la sollecitudine per la Chiesa ci trova in sintonia di sentimenti, la cui preservazione e, possibilmente, il cui consolidamento è uno degli obiettivi prioritari di queste visite periodiche al Successore di Pietro da parte dell' Episcopato delle diverse circoscrizioni ecclesiali.

Al ricevervi oggi, mi ritorna alla mente ogni singolo gruppo di vostri fratelli, gli altri Vescovi di Spagna, che hanno realizzato le loro visite "ad limina", di cui la vostra è la conclusiva. Mi rallegro, dunque, di poter rinnovare con voi i sentimenti di vivo affetto che ho manifestato nelle diverse occasioni all' Episcopato e ai fedeli di Spagna. Questi sentimenti si diriggono oggi in maniera particolare a ciascun membro delle vostre rispettive diocesi.


2. Certamente, non vedo questo incontro con Voi come il punto finale di una serie di contatti con i Vescovi della Chiesa di Spagna dei quali conservo graditi ricordi. E' piuttosto il preludio dell'atteso incontro che, a Dio piacendo, spero di avere col caro popolo spagnolo nel corso della mia ormai prossima visita alla vostra Patria.

So bene che questa non potrà estendersi, purtroppo, fino a tanti luoghi che molte persone desidererebbero vivamente che visitassi. Pero sin d'ora voglio assicurare tutti che, sebbene ovvi motivi di ordine pratico impongano evidenti limitazioni di tempo e spazio, al di là di ogni localizzazione o contingenza geografica, la mia stima ed il mio affetto si estendono indistintamente a tutta la nazione spagnola, destinataria del mio viaggio apostolico in tutta la sua dimensione religiosa.


3. La vostra provincia ecclesiastica comprende una vasta ed importante zona che possiede valori e caratteristiche proprie, pur dentro una certa eterogeneità, soprattutto in campo economico-sociale.

La consolidata tradizione cristiana del vostro popolo si riflette nel lungo elenco di grandi figure ecclesiali proprie, alle quali esso si sente particolarmente vincolato: san Vincenzo martire, san Vincenzo Ferrer, san Luis Beltran - di cui si è appena commemorato il quarto centenario della morte - san Pasquale Bailon, i santi arcivescovi Tomàs de Villanueva e Juan de Ribera, le sante Maria Micaela e Teresa de Jesus Jornet, il beato Raimundo Lull e santa Caterina Tomas, per non citarne altri.

In essi e nel loro eminente esempio di vita i vostri diocesani potrano scoprire una grande lezione, sempre valida: il primato dei valori morali e la grandezza di una esistenza vissuta come vocazione al servizio dell'uomo fratello per ragioni superiori. In essi troveranno anche l'ispirazione per vivere oggi con coraggio la propria fede ed essere agenti di trasformazione positiva in una società che vuol migliorare, ma forse non sa come, perché ha dimenticato le radici profonde in cui deve maturare un armonico e fecondo sviluppo.

L'ho scritto nella recente esortazione apostolica sulla famiglia: "Tornare a comprendere il senso ultimo della vita e dei valori fondamentali è il grande ed importante compito che s'impone oggi per il rinnovamento della società" (FC 8).


4. Uno dei fenomeni che più fortemente interessa la società nelle vostre diocesi, e che merita perciò una particolare attenzione pastorale, riguarda il turismo e la mobilità umana.

Infatti, alle vostre terre delle isole Baleari e del litorale levantino, attratti dalle loro bellezze naturali, dall'ospitalità e dalla mitezza del clima, accorrono un gran numero di turisti provenienti sia dalle zone interne della nazione che dall'estero.

E dalla diocesi di Albacete, meno colpita dal fenomeno, provengono con frequenza non pochi lavoratori che prestano i loro servizi presso gli impianti turistici. Con tutti i problemi umani e morali che da li possono sorgere, soprattutto quando si tratta di lavoro temporaneo, realizzato in condizioni di urgenza, magari senza compenso o alloggio adeguati, una situazione che contrasta fortemente con la vita del turista.

Precisamente per l'incidenza che questo "evento sociale" del nostro secolo, produce nella vita umana e religiosa del cristiano, la Chiesa si è sempre preoccupata di esso. E quanto più esso cresceva, tanta più attenzione gli ha dedicato. perciò il Concilio Vaticano II ha invitato i Vescovi ad occuparsi con attenzione di tale problematica e a fomentare la vita spirituale nel settore della mobilità umana (Cfr. CD 18 e GS 61 GS 67). Inoltre, ha stabilito la Commisione per la Pastorale delle Migrazioni e del Turismo, ed ha accolto l'iniziativa della celebrazione annuale della giornata mondiale del turismo e recentemente ha emanato un nuovo decreto, per facilitare il lavoro pastorale di coloro che si occupano dei diversi settori della mobilità umana.


5. E' evidente che il turismo racchiude anche tanti aspetti positivi, cui i documenti della Santa Sede hanno fatto frequente riferimento. Infatti, permette maggiori rapporti tra le genti e i popoli diversi, offre luoghi di riposo utili per ritrovarsi con sé stessi, con gli altri e con Dio, favorisce il muto arricchimento umano e culturale, il contatto con la natura, stimola l'ospitalità e la tolleranza, e, nello stesso tempo, è fonte di benessere e di progresso materiale.

Ma il turismo può essere anche spersonalizzante, fonte di edonismo e consumismo esagerato, occasione di abuso economico nei confronti del turista, di scontro di culture e abitudini tra autoctoni e visitatori, di sfruttamento del personale impiegato nei diversi servizi.

So che il vostro senso pastorale vi aiuterà a trovare la risposta adeguata. Per quanto mi riguarda, vi incoraggio a promuovere nelle vostre comunità la cura dei valori religiosi e umani, a potenziare l'atteggiamento cristiano di accoglienza e ospitalità, ad insistere nella pratica della giustizia, del rispetto per tutti e di assicurare nei limiti del possibile una presenza della Chiesa nei diversi ambienti turistici.

Per quanto concerne i visitatori, offrite loro servizi religiosi adeguati, anche nella loro lingua, mettete a loro disposizione i tesori storico-artistici della Chiesa, affinché possano essere una base per l'evangelizzazione, favorite contatti utili con gruppi di persone che possano arricchire le vostre comunità e aiutare ad occupare in maniera utile il tempo di chi trascorre un periodo di riposo.


6. Altro settore della pastorale che spesso è intimamente legato a quanto si è detto finora, è la gestione religiosa dei santuari.

Nelle vostre diocesi, come in tutta la Spagna, esistono tanti luoghi presso i quali si recano moltitudini di fedeli per esprimere la loro devozione alla Santissima Trinità, ai santi e particolarmente alla Vergine Maria, così venerata in tutta la geografia ispanica.

E' molto importante che ai fedeli - tanto a coloro che fanno di queste visite una meta di vero pellegrinaggio di fede, come a coloro che la esprimono in maniera saltuaria e imperfetta, ma forse molto sentita - si offra in detti luoghi un'appropriata catechesi mediante la predicazione assidua e ben curata. Senza dimenticare la disponibilità affinché possano ricevere i sacramenti, in particolare quello della penitenza, che può convertirsi in tali circostanze nel punto di partenza verso una vita più responsabilmente cristiana.

La vostra esperienza di pastori e quella dei vostri sacerdoti insegna quanto sia prezioso l'aiuto che può offrire la devozione mariana, per condurre i fedeli, condotti per mano da Maria, verso l'integrità del mistero salvatore del Cristo e verso la pienezza della vita cristiana.


7. Dal momento che è tutta la comunità ad essere evangelizzata, è necessario prendere in considerazione il problema di una maggiore incorporazione dei laici nelle attività di apostolato. E' un tema di grande attualità nelle vostre e nelle altre diocesi spagnole, come dimostra l'interesse ad esso prestato, sia in quest'anno che nel precedente, dai Vicari della Pastorale di tutte le diocesi di Spagna, sotto la guida della Commisione Episcopale della Pastorale.

Non si tratta semplicemente di supplire in qualche maniera i sacerdoti o i religiosi in responsabilità pastorali che scarseggiano. A questo proposito mi rallegrano ed incoraggiano gli sforzi fatti in campo vocazionale da adolescenti e giovani delle vostre diocesi, e che devono essere continuati e intesificati nella misura del possibile. Si tratta piuttosto di sensibilizzare la coscienza dei laici riguardo al posto ed alla responsabilità che spettano a loro nella Chiesa, in virtù della loro vocazione cristiana per il Battesimo.

Questa convinzione deve guidarli nel loro servizio o ministero, con un vivo senso di solidarietà all'interno del Corpo ecclesiale, con profonda fedeltà a Cristo, agli orientamenti della gerarchia e al proprio carisma.


8. Concludendo queste riflessioni, voglio esortarvi all'amore per la Chiesa, alla quale dedicate le vostre vite ed il vostro sacrificio. Con grande fiducia nell'aiuto dello Spirito Santo, proseguite dunque nel cammino con rinnovato ottimismo.

Maria Santissima, che le vostre comunità invocano con i titoli di Madre dei Poveri, di Lluch, della Cueva Santa, di Lledo, de los Llanos, del Remedio, di Monte Toro e delle Nevi, accompagni il vostro cammino, quello dei vostri sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi e fedeli, e vi conceda la pienezza di grazia e speranza.

Suggelli questi desideri la cordiale benedizione apostolica che vi impartisco, insieme ai vostri diocesani tutti.


[Traduzione dallo spagnolo]




1982-06-26 Data estesa: Sabato 26 Giugno 1982




La cresima a sedici ragazzi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Come perfetti cristiani siate pronti a testimoniare Cristo nella società odierna

Testo:

Cari fratelli e sorelle, e voi specialmente, carissimi figlioli, che ricevete il sacramento della Confermazione!


1. Si rinnova oggi in mezzo a noi il grande evento della Pentecoste. Anche se la data liturgica di questa festa è ormai passata da alcune settimane, per voi cresimandi oggi è davvero Pentecoste, perché per il mio ministero di Vescovo, con l'imposizione delle mani e con l'unzione del sacro crisma, voi state per ricevere il dono dello Spirito, ch'è lo Spirito del Signore nostro Gesù Cristo.

Per questo ho voluto una cerimonia intima all'interno di questa grande Cappella, una cerimonia che per l'ambiente in cui si svolge e, più ancora, per il raccoglimento che insieme esige e concilia, possa in qualche modo riprodurre l'atmosfera di spirituale comunione e di tonificante carità che regnava là nel Cenacolo di Gerusalemme, dove avvenne la prima effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa. Apostoli e discepoli "tutti... erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui...

Arrivato il giorno della Pentecoste, si trovarono tutti insieme nello stesso luogo... Ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo" (Ac 1,14 Ac 2,1 Ac 2,4).

Ecco, amatissimi fratelli e figli, nel raccoglimento, nella preghiera, nella coesione della carità tutti noi qui presenti dobbiamo attendere, implorare, accogliere lo Spirito che viene. E con noi - ricordate - c'è Maria, Madre di Gesù e Madre nostra.


2. Grande sacramento è la santa Cresima, molto importante nel quadro generale della vita cristiana, iniziata all'atto del santo Battesimo: è un sacramento assai ricco per spirituale significazione e virtù. Dire dono dello Spirito, infatti, significa dire simultaneamente i doni dello Spirito: i suoi sette mirabili doni che si accompagnano alla grazia divina, inondando l'anima di luce, di forza e di coraggio. Ricordate quel che avete appreso nel corso di catechismo? Sapienza, intelletto, consiglio, fortezza...: è, dunque, un dono che si moltiplica e si ramifica in tanti doni, che fanno di chi li riceve un perfetto cristiano. Come gli Apostoli che, dopo aver ricevuto lo Spirito di verità e di consolazione promesso loro da Gesù al termine dell'Ultima Cena (cfr. Jn 14,16-17 Jn 14, 26;16,7-14), furono in grado di superare i limiti dell'umana debolezza per farsi intrepidi annunciatori e predicatori del Vangelo nel mondo, così anche voi, e soprattutto voi, cari fanciulli e fanciulle, ricevendo quest'oggi lo stesso Spirito, tutti possiamo e dobbiamo essere perfetti cristiani, pronti sempre e in tutto, con la parola e con le opere, a testimoniare Cristo nella società di oggi.


3. Non posso, purtroppo, sviluppare e spiegare, come pur converrebbe, questi rapidi richiami. Ma permettetemi almeno di svolgere, tra i tanti, un solo pensiero, al quale ci introduce già la bella Orazione dell'odierna Domenica, che parla di noi come figli della luce, ed al quale possiamo poi ritornare meditando intorno ai due miracoli operati dal Signore, di cui ci parla la lettura evangelica (Mc 5,21-43).

Divenuti figli di Dio in forza del santo Battesimo, arrivati per mezzo di esso alla luce della fede, in noi l'effusione dello Spirito che si riceve nella Confermazione viene ad illuminare più ampiamente questo panorama, aprendo le nostre anime ad una più chiara e profonda visione: con la Cresima, insomma, oltre all'aumento della grazia santificante, otteniamo maggior luce e siamo chiamati a maggiore responsabilità. Per questo comunemente si dice che essa ci fa perfetti cristiani. Essere perfetti cristiani significa dare spazio alla nostra fede; significa vivere veramente, nella quotidianità della nostra esistenza, da figli della luce.

Non uno, ma due - come ho detto - sono i miracoli del Signore, che ci sono riferiti nel Vangelo odierno. Ecco Giairo, il capo della sinagoga, che si prostra dinanzi a Gesù per implorare la salvezza e la vita per la figlioletta dodicenne, ormai agli estremi. Ecco l'anonima donna che, sofferente da dodici anni, dice a se stessa: "Se riusciro anche solo a toccare il suo mantello, saro guarita".

Sono miracoli che, pur diversi tra loro per i particolari e per le circostanze, hanno tuttavia in comune non soltanto il fatto di essere cronologicamente collegati e come "collocati l'uno dentro l'altro", ma soprattutto una fondamentale e condizionante premessa: cioè la fede viva e lucida di quell'uomo e di quella donna nella potenza sovrana e misericordiosa del Signore Gesù. Non importa che l'uno preghi per la figlia e l'altra per se stessa; non importa che l'uno preghi con aperta, insistente parola e l'altra preghi senza proferire alcun suono esterno. Quel che importa è il fatto che entrambi sono mossi ed internamente illuminati da una fede forte e coraggiosa. E proprio come premio e risposta a questa loro fede segue la duplice guarigione miracolosa: è risuscitata la bambina; è risanata la donna (cfr. Mc 5,21-43).


4. Una simile fede illuminata, robusta, intrepida deve essere il distintivo di chi riceve, o ha ricevuto, il sacramento della Confermazione. Certo, si tratta della stessa fede del Battesimo; ma essa - come un organismo fisico, che s'irrobustisce e si sviluppa - deve accrescersi man mano che si accresce l'età. Se ha già la fede il battezzato, più vigorosa, più matura, "più adulta" deve essere la fede che possiede il cresimato.

Proprio questo ideale della "crescita" della fede, come intensificazione di luce, desidero oggi proporre a voi. Nella nostra epoca, più che in passato, c'è un maggior bisogno di fede per essere testimoni di Cristo in un mondo secolarizzato. Fate in modo dunque che lo stato di perfetti cristiani, in cui vi costituisce la Cresima, tocchi in profondo la vostra anima e vi trovi corrispondenza in un'autentica vita di fede; fate in modo che alla posizione oggettiva sacramentale si allinei, senza distacchi né incrinature né contraddizioni, la posizione soggettiva esistenziale di ciascuno di voi.

Il dono dello Spirito come i singoli suoi doni, non esimono dalla risposta alla volontà, né dallo sforzo necessario per farli tutti fruttificare: il Signore non dispensa mai l'uomo dall'impegno della corrispondenza e della collaborazione. E se tra questi doni si distingue - come ho voluto ricordarvi - quello di una più copiosa effusione di luce soprannaturale, ne segue che più decisa e più ferma dev'essere da parte dell'uomo la risposta personale.

A questo fine, perché ciò si verifichi in ognuno di voi cresimandi, desidero unire alle mie parole di incoraggiamento l'assicurazione di una speciale preghiera. Per voi io invoco lo Spirito di Dio, perché voglia egli stesso confermare dall'alto del suo tempio nella Gerusalemme celeste (cfr. Ps 68,29) quel che sta per operare con la virtù del suo sacramento. Così sia.




1982-06-27 Data estesa: Domenica 27 Giugno 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Durante il rito per la canonizzazione - Città del Vaticano (Roma)