GPII 1982 Insegnamenti - Ai capitani reggenti e alle autorità della Repubblica sammarinese - San Marino

Ai capitani reggenti e alle autorità della Repubblica sammarinese - San Marino

Titolo: Libertà, laboriosità, fede: valori permanenti nella storia di San Marino

Testo:

Signori Capitani Reggenti, illustri Autorità.

Grazie vivissime per le nobili ed elevate parole rivoltemi.


1. E' una grande gioia per me iniziare questa giornata approdando all'acuta vetta del Titano, per rendere omaggio alla vostra diletta Repubblica, illustre per un glorioso passato costantemente distinto da profondi aneliti di libertà, di giustizia e di pace, nel segno di una fede cristiana non mai sopita, e sempre ispiratrice di nobili ideali.

Il mio desiderio di rendervi visita e di raggiungervi proprio in seno alla vostra Comunità, è stato prevenuto dal vostro ripetuto e cordiale invito, testimonianza di quella "celebrata ospitalità, fatta di grazia e di distinzione" ("Insegnamenti di Paolo VI", I [1963] 39) che caratterizza la vostra tradizione di solidarietà fraterna e di nobile umanità. Ringrazio, quindi, e rivolgo il mio deferente saluto ai signori Capitani Reggenti ed alle Autorità civili; e dirigo il mio pensiero affettuoso a tutti i cittadini della Repubblica, il cui caloroso benvenuto mi ha già offerto una primizia di quel convinto ossequio dell'animo che, mediante la mia persona, si rivolge alla Sede Apostolica ed alla santa Chiesa.


2. La storia di questa antichissima e singolare Comunità, a chi la ripercorra anche solo fugacemente, offre la fedele presenza di un valore fondamentale, quello della libertà, divenuto radicato modo di pensare e di vivere dei suoi abitanti.

Proprio tale valore amo richiamare e pubblicamente esaltare in questo incontro, invitando a considerare, prima ancora degli aspetti politici, quelli morali e l'intima sua radice spirituale. E' Dio, infatti, che, nel creare l'uomo "a sua immagine e somiglianza" (Gn 1,26), lo ha voluto libero; lo ha costituito signore del creato, conferendogli con la luce dell'intelligenza la forza della libertà, come capacità di autodeterminazione.

E benché, nella presente esperienza esistenziale segnata dal peccato, l'interiore opzione per il bene risulti indebolita, dobbiamo ricordare l'opera restauratrice compiuta da Cristo: è lui il vero liberatore dell'uomo! Proprio su queste radici di quella "perpetua libertà", sempre operante nelle vostre istituzioni civili, vorrei invitarvi a riflettere; tutelandone lo spirituale substrato, richiamato da Cristo con le note parole: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Jn 8,32). Ne consegue che essere liberi vuol dire compiere i frutti della verità, agire nella verità, e non sottomettere la verità a se stessi, alle proprie velleità, ai propri interessi, alle proprie congiunture (cfr. "Insegnamenti", IV,1 [1981] 790-791).


3. Un secondo valore, a voi proprio, è quello della laboriosità, anch'essa un elemento "interno" all'uomo, designando l'impegno e lo stile con cui egli affronta il proprio lavoro. Tale valore rappresenta, quindi, una qualità personale che si configura come autentica virtù morale, intesa come amore al lavoro, come conquista di un'adeguata professionalità, come affinamento quotidiano delle proprie capacità. Essa è, in pari tempo, corrispondenza al dono della libertà e risposta al mandato divino dato all'uomo di esercitare un'illuminata e saggia signoria sul creato.

So che questa virtù distingue i Sammarinesi al pari degli abitanti delle Regioni circonvicine; essa profila la loro vita, ne irrobustisce il carattere e consente una condizione di onesto benessere. Possa, quindi, essere mantenuta ed accresciuta.


4. Richiamando alla mente la figura del vostro Fondatore, che si diresse a queste amene pendici per condurvi vita di preghiera e di penitenza, si rileva con chiarezza che la vostra Comunità civile reca fin dalla nascita, quale componente fondamentale e direi istituzionale, il valore della fede. E' questo un preziosissimo patrimonio, che è vostro e che va gelosamente conservato, incrementato e trasmesso alle generazioni future.

Nella società attuale si manifesta spesso una situazione dolorosa e contraddittoria. Mediante le scoperte della scienza e le applicazioni della tecnica, l'umanità ha raggiunto un alto grado di progresso e di benessere, impensabile solo cinquant'anni fa; tuttavia, mai forse, come oggi, si è trovata tanto inquieta e minacciata. La società che tende appassionatamente verso il futuro, in realtà ha paura del futuro. Una condizione tanto drammatica mette in luce che l'uomo, nella sua affannosa sollecitudine verso il progresso, ha bisogno soprattutto di motivazioni certe e di valori assoluti.

La religione è, dunque, una realtà di estremo rilievo anche storico e culturale, che non può essere sradicata dal cuore umano. Come è stato autorevolmente affermato in occasione della solenne inaugurazione di questo ricostruito Palazzo del Governo, niente "sequestrerà Dio dalla storia"! In questo contesto ricordai ai signori Capitani Reggenti, il 18 settembre 1980, in occasione della loro visita in Vaticano: "La fede cristiana in Dio e in Gesù Cristo Redentore dell'uomo, è anche fede nella radicale dignità dell'uomo, e non può quindi non destare... urgenti esigenze di libertà e di giustizia... Affievolire la fede, ostacolarne l'esercizio... significherebbe minare la radice interiore della giustizia e della libertà" ("Insegnamenti", III,2 [1980] 662).

Ora proprio come nobile servizio alla libertà ed alla giustizia si deve concepire la specifica responsabilità dell'autorità politica, in quanto essa è essenzialmente ordinata al bene comune ed è legittimata, come ogni altra realtà della vita collettiva, solo dal rispetto dell'inviolabile dignità dell'uomo.

Essere autentici servitori della libertà e della giustizia significa offrire a tutti i cittadini le possibilità di un'ordinata affermazione e di un auspicabile incremento morale e civile, rifuggendo dalle suggestioni di metodi discriminanti e clientelari in vista di egemonie di potere; significa non favorire nella famiglia, nella scuola e nella società metodi e contenuti spiritualmente neutri ed eticamente minimistici che - nonostante intenzioni rette, personale integrità - comporterebbero lo svuotamento dei valori cristiani e con ciò minerebbero di insanabile contraddizione le radici stesse di quelle altissime istituzioni; significa non perseguire un'immagine di comunità civile, dissolvendo nel conformismo il vigore di virtù morali e spirituali.

Il Signore Iddio voglia proteggere gli abitanti di questa nobilissima terra, fortificando in essi propositi di ordinato sviluppo civile, di concordia operosa, di invincibile fede nei valori dello spirito. Con questi voti, invoco sulle loro persone, signori Capitani Reggenti, sulle Autorità e su tutti i Sammarinesi i doni ed i conforti della protezione divina.




1982-08-29 Data estesa: Domenica 29 Agosto 1982




L'omelia alla Messa nello stadio di Serravalle - San Marino

Titolo: Da San Marino un forte messaggio sul perenne valore della "libertà cristiana"

Testo:


1. "Mostraci, Signore, la tua via, / guidaci sul retto cammino" (Ps 26 [27],11).

Queste parole del Salmista, che abbiamo cantato prima del Vangelo, possono costituire il punto di partenza della nostra riflessione sulla Liturgia dell'odierna Domenica. E, nellostesso tempo, esse mi danno lo spunto per ringraziare il Signore di aver "guidato il mio cammino" fino qui, alla gloriosa Repubblica di San Marino, e di poter indirizzare a tutti voi, cari Sammarinesi, il mio più cordiale saluto.

Rivolgo uno speciale pensiero ai Capitani Reggenti ed alle altre Autorità politiche e civili, presenti a questa celebrazione eucaristica; saluto con intensità di sentimento Monsignor Giovanni Locatelli e, con lui, tutti i sacerdoti e fedeli della diocesi di San Marino-Montefeltro; saluto ciascuno di voi e vi esprimo la mia riconoscenza per la cordialità con cui mi avete accolto.

Sono veramente lieto di essere tra voi, come primo successore di Pietro che si reca in visita a questa Repubblica e prego perché questo avvenimento ecclesiale straordinario sia per tutti voi causa di letizia e soprattutto occasione salutare per approfondire i motivi del vostro essere cristiani. La gioia, tuttavia, non è dovuta solo a questa circostanza: il mio animo si compiace nel percepire e respirare qui quell'atmosfera antica e robusta, pura e nobile, che è propria delle istituzioni collaudate dalla storia, le quali hanno saputo sfidare i secoli, fedeli a se stesse, eppure al passo con i nuovi tempi.

Questa terra non ha mai rinunciato alla propria libertà ed alla propria identità nazionale e religiosa, in conformità all'ispirazione delle origini collegate alla figura di San Marino, giustamente considerato dalla tradizione non solo il protettore, ma anche il fondatore della vostra Repubblica.


2. San Marino è nome, per voi sammarinesi e per tutti, altamente evocativo; esso richiama una lunga serie di avvenimenti. e di nobili gesta, talvolta epiche, in difesa di un'autonomia civile sempre ispirata ai valori della fede cristiana. E' un nome legato alla vita di un cristiano santo, desideroso di solitudine, dedito alla preghiera, vigoroso nell'affrontare le fatiche del lavoro, amante invitto della libertà.

Non è nostro compito, soprattutto in questo momento solenne dedicato alla preghiera eucaristica, approfondire questioni storiche ed episodi anche edificanti che possono perdersi in un alone leggendario favorito da una diversa sensibilità di tempi passati. Qui interessa affermare, con aderenza alla realtà storica, che il culto tributato a san Marino fin dai primi secoli dell'era cristiana e la libera Comunità sorta sul monte Titano si collegano alla figura eminente di un esimio seguace di Cristo che, giunto alla luce della verità ed alla vita di grazia, ha offerto, anche nella vita pubblica, una testimonianza evangelica di "laico" coerente con la propria fede ed intrepido nella difesa dell'umana dignità.

A voi tutti sono note le parole attribuite a san Marino, che avrebbe pronunciate prima della morte: "Filii, relinquo vos liberos...: figli, vi lascio liberi". Esse formano, per così dire, l'ideale fondamento storico, politico e giuridico della vostra Repubblica; esse, nel contesto locale di allora, facevano riferimento al territorio della vostra Comunità ed interpretavano le finalità più avvertite delle incipienti istituzioni; esse, in prospettiva storica, davano l'avvio ad un'autonomia politica che è giunta intatta fino ad oggi e che si apre vigorosamente verso il futuro.

A ragione quindi, fin dal secolo XI, quando si risveglio negli animi un più spiccato senso delle libertà comunali e le Città eleggevano i propri Patroni, il popolo di questa terra, che aveva da tempo in san Marino il proprio Santo protettore, comincio ad invocarlo come Conservatore e Sostegno, ma soprattutto come Autore della libertà.

Quelle stesse parole, sopra ricordate, trama ideale della vita sammarinese, nel contesto pastorale della mia visita odierna ed ancor più in quello liturgico di questa celebrazione eucaristica, evocano ed annunziano il trascendente messaggio di "libertà cristiana" proprio del vostro Santo, testimoniato in tante circostanze dai vostri antenati e valido per ogni età fino alla fine dei secoli.


3. In che consiste questo messaggio di libertà nel senso cristiano? La domanda è molto importante, anzi essenziale ed ineludibile, perché si sa bene che esistono diverse ed opposte interpretazioni del valore della "libertà", con conseguenze pratiche spesso in contrasto tra loro.

Per un genuino concetto cristiano di libertà, bisogna richiamarsi anzitutto alle parole di Gesù, rivolte a coloro che avevano creduto in lui: "Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi... In verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato... Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero" (Jn 8,31-36). Gesù fa dipendere l'autentica libertà prima di tutto dalla conoscenza della verità totale del mistero di Dio, da lui stesso annunziata e testimoniata, e poi, come conseguenza, dal distacco dal male, cioè dal peccato, trasgressione della legge morale.

San Paolo che ben conosceva la parola del Signore ed al tempo stesso il dramma di ogni uomo, a motivo dell'intimo dissidio tra il bene ed il male, inneggia alla grandezza ed alla ricchezza della libertà recataci da Cristo (cfr. Ga 4,31), che consiste nella emancipazione dalla schiavitù del peccato e della sua legge di morte (cfr. Rm 6,22 Rm 8,2 2Tm 4,18) e nella capacità di vivere secondo la legge del bene, cioè secondo lo Spirito di Dio. L'Apostolo, infatti, afferma categoricamente: "Dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà" (2Co 3,17).

Se dunque la libertà è il dono più grande da Dio fatto all'uomo, creato a propria immagine e quindi razionale e volitivo, essa è, altresi, il frutto più prezioso dell'opera redentrice di Cristo che ha reso possibile all'uomo l'interiore autonoma opzione del bene, anche se ciò non è sempre avvertito dall'esperienza esistenziale.

Tale dono della libertà comporta allora una grave responsabilità: l'altissimo ed imprescindibile compito di aderire alla legge di Dio, per cui l'uso pieno e perfetto della libertà è realizzato da colui che è capace di "ricavare" da essa il più grande amore per gli altri. San Paolo, ancora una volta ci è maestro autorevole, in proposito, con queste parole rivolte ai Galati: "Voi, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri" (Ga 5,13-14).

Nella cornice fin qui delineata, consentitemi di ripetere ora quanto scrissi nella mia prirna enciclica: "Le parole di Gesù: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" racchiudono una fondamentale esigenza ed insieme un ammonimento: l'esigenza di un rapporto onesto nei riguardi della verità, come condizione di autentica libertà; e l'ammonimento, altresi, perché sia evitata qualsiasi libertà apparente, ogni libertà superficiale e unilaterale, ogni libertà che non penetri tutta la verità sull'uomo e sul mondo" (RH 12).

L'uso della libertà alla luce della verità cristiana e con l'aiuto della grazia, deve diventare allora carità, amore, donazione; deve cioè recare i frutti dello Spirito che sono la gioia, la pace, la pazienza, la benevolenza, la bontà... (cfr. Ga 5,22). Con espressione di sapore agostiniano diro: la verità ci ha resi liberi; la carità ci deve fare servitori gli uni degli altri!


4. Le minacce alla libertà.

La libertà cristiana, che è veramente "libertà perpetua" perché fondata sull'accoglimento ed il rispetto dell'eterno Assoluto personale: Dio, è pero continuamente minacciata da errori e comportamenti opposti alle sue radici ed al suo dinamismo teleologico sopra delineati.

Quali sono le attuali minacce alla libertà cristiana? Gli errori di oggi e di sempre, cioè la visione atea, agnostica o solo illuministica della vita, inducono, talvolta per motivi inconfessati di potere, a rendere evanescenti nelle varie istituzioni della compagine sociale i valori trascendenti, fondamento della libertà e della dignità umana. In una parola, una visione areligiosa dell'uomo e della storia conduce alla violazione della legge divina, e quindi all'uso errato della libertà.

San Giacomo, nella lettura di oggi, ci raccomanda di "accogliere con docilità la parola che è stata seminata in noi" (Jc 1,21), cioè la fede in Dio, che in Cristo ci è venuto incontro e ci ha redenti. Questa fede occorre sempre più farla fruttificare, accettandone le esigenze concrete. Se tralasciando la divina semente della fede, se ne coltivano solo certe altre, queste si rivelano presto o tardi inadeguate ed insufficienti. Nel frutto, invece, che matura dalla fede, è contenuto e nobilitato quanto proviene anche da altri non illegittimi frutti.

Ciò vale in modo particolare ed emblematico, per la vita della famiglia, cellula fondamentale della società, basata sul matrimonio. Questo, infatti, è stato elevato da Cristo Gesù alla dignità di sacramento per rafforzare e santificare l'amore degli sposi, da Dio voluto indissolubile e fedele fin dalle origini dell'umanità, come l'istituto che ne deriva.

"L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto" (Mc 10,9). L'unione coniugale non può e non dev'essere intaccata da alcuna autorità umana; ciò è vero sia che si consideri il matrimonio sotto l'aspetto naturale che sotto quello sacramentale.

Per questi motivi, la Chiesa non può nè mutare, nè attenuare il proprio insegnamento sul matrimonio e la famiglia; essa deplora ogni attentato sia contro l'unità del matrimonio, sia contro la sua indissolubilità, come il divorzio.

La Chiesa afferma anche con chiarezza che il matrimonio, per sua natura, dev'essere aperto alla trasmissione della vita umana, quando la Provvidenza ne faccia dono, ed in ogni caso rispettoso di essa fin dal concepimento. Tale è la sublime missione procreatrice affidata da Dio agli sposi; essa comporta insieme ad un'altissima responsabilità un'eccelsa dignità garantita da Dio stesso.

Anche per quanto riguarda la scuola, è necessario offrire al giovane, cioè al cittadino di domani, una formazione che tenga conto di quelle sublimi verità che, già onorate dai padri, offrono una sicura ed esauriente risposta ai grandi interrogativi del cuore umano, liberandolo dalle spire dell'angoscia e della disperazione, ed offrendogli, altresi, il senso della utilità del dolore e del faticoso itinerario terrestre.


5. Cari Sammarinesi, la vostra Comunità deve rimanere fedele al patrimonio ideale costruito nei secoli sull'impulso del suo Fondatore.

E' necessario sempre più, proprio per opporsi alle attuali minacce alla libertà, formare le coscienze secondo una morale cristia non già superficiale ed esteriore, come quella che Cristo rifiuta conparole fortissime nell'odierno Vangelo (cfr. Mt 7,21-23), ma costruita sul rispetto della libertà propria e di quella degli altri e soprattutto sul rispetto della sacra Volontà di Dio, che è il Creatore ed il Datore della Libertà. Ciò richiede saggia austerità di vita e fedeltà nella preghiera, specie in quella comunitaria eucaristica.

Su un tale terreno si costruisca il futuro di San Marino! Auspico la benedizione di Dio sul vostro cammino di oggi e di domani e tutti vi raccomando al Signore ed alla grandezza della sua grazia, durante questa celebrazione eucaristica, "perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio" (Ep 3,19). Amen!




1982-08-29 Data estesa: Domenica 29 Agosto 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - San Marino

Titolo: Offro al Padre l'amore e la fiducia dei sammarinesi a Cristo e a Maria

Testo:


1. Prima della benedizione finale, vi invito a rivolgere il pensiero alla Madonna, recitando l'"Angelus". Con tale preghiera, mediante la quale ricordiamo l'annuncio fatto dall'Angelo a Maria Vergine, noi adoriamo il Padre celeste per il grande dono dell'Incarnazione. Adoriamo il Padre per la rivelazione di questo mistero centrale della storia della salvezza, cioè dell'ingresso del Verbo eterno nella vicenda di questo mondo. E', questo, il mistero dell'amore infinito del Padre che ha voluto stabilire con noi rapporti di tale familiarità, da renderci suoi figli nel Figlio. Ed è il mistero dell'amore del Verbo che si e fatto Uomo.

Il brano di san Giacomo, proclamato in questa liturgia, parla dei doni che riceviamo dal Padre: "Ogni regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce" (Jc 1,17). Il più grande di questi doni è il Figlio, che egli ci ha dato: Gesù Cristo che è stato concepito nel seno benedetto della Vergine di Nazaret per opera dello Spirito Santo.

Con queste parole conclusive del mio incontro con voi, cari sammarinesi, desidero compiere un atto di profonda adorazione a Dio, raccogliendo ed offrendo i sentimenti con i quali le generazioni passate e quelle odierne di san Marino hanno ricordato Cristo e la Vergine Maria. Desidero offrire tutte le espressioni di amore e di fiducia che tali generazioni hanno indirizzato a Cristo ed a sua Madre attraverso i secoli e che anche oggi elevano.


2. Come Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa Universale, vorrei altresi ringraziare con voi e per voi il Padre per il "dono" della "parola che è stata seminata in voi" (Jc 1,21) fin dalle origini di questa Repubblica. Vi esorto ad unirvi a me nel ringraziare Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, la quale è per voi tutti il vero modello di come va accolta e tradotta in pratica la parola di Dio. Dalla parente santa Elisabetta ella viene salutata - come noi ripetiamo tanto spesso - "benedetta fra le donne", appunto perché ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore: ha creduto ed è vissuta in questa certezza!


3. Infine, desidero raccomandarvi al "Padre della luce" per Cristo e mediante l'intercessione della Madre sua, affinché illumini le vostre menti e muova le vostre volontà ad accogliere generosamente quanto ho espresso nell'omelia di questa celebrazione eucaristica. La Madonna vi aiuti ad usare sempre rettamente la libertà, secondo la legge di Dio e la migliore tradizione della vostra Repubblica; vi sostenga nell'impegno di rispettare i valori della famiglia, e vi sorregga nello sforzo quotidiano di corrispondere con generosità alle profonde esigenze dello spirito.




1982-08-29 Data estesa: Domenica 29 Agosto 1982




Durante la cerimonia di benvenuto presso l'arco di Augusto - Rimini (Forli)

Titolo: Alla luce del vostro glorioso passato guardate con fiducia e coraggio al futuro

Testo:


1. Le sono veramente grato, signor Ministro, per le parole con cui ha voluto recarrni il saluto del Presidente della Repubblica italiana, del Governo italiano e suo personale. Sono altresi grato a lei, signor Sindaco, per il caloroso benvenuto con cui mi ha accolto a nome dell'intera cittadinanza, della quale, nell'indirizzo or ora pronunciato, ha saputo ben interpretare i sentimenti e le attese.

Un grazie sincero ed un saluto cordiale rivolgo a voi tutti, cittadini della bella e cara Rimini, come pure a voi, ospiti provenienti da varie parti d'Italia e del mondo, che siete venuti a cercare riposo sulle ridenti spiagge di questa terra.

E' grande la mia gioia per questa visita che, pur nella sua brevità, mi consente di recarvi di persona l'attestazione del mio affetto e di raccogliere, al tempo stesso, da voi la diretta espressione dei vostri desideri, delle vostre speranze e delle vostre ansie. Mi spinge a ciò l'universale missione di Pastore, che da Cristo mi è stata affidata: per essa io mi sento debitore verso tutti (cfr. Rm 1,14), giacché a tutti so che Cristo vuole arrivare con una speciale parola di amicizia e con una specifica proposta di salvezza.

Mosso da questi sentimenti vengo a voi con animo fiducioso, ben conoscendo le nobili tradizioni e gli eventi singolari, che caratterizzano la vostra storia sia civile sia religiosa.


2. Punto d'arrivo della via Flaminia e stazione di partenza della via Emilia, Rimini fu, già in epoca romana, importante centro politico e militare, come testimoniano, oltre alla ricca documentazione epigrafica ed ai numerosi reperti archeologici, il solenne Arco ed il maestoso Ponte che s'intitolano agli imperatori Augusto e Tiberio.

Né minore lustro essa conobbe nei secoli seguenti, raggiungendo grande floridezza nel periodo dei liberi Comuni, e, più tardi, della Signoria Malatestiana.

Storia ricca di fatti e di figure importanti è anche quella della Chiesa riminese, le cui antiche origini sono illustrate da personalità insigni e che, nei secoli successivi, ha visto manifestarsi una fioritura di Beati e di Santi, di Pastori illustri per zelo e per dottrina, che onorarono in maniera insigne la cattedra di san Gaudenzo: di fedeli esemplarmente impegnati, con forte e perspicace azione, in campo sociale e politico. Un segno eloquente, tra gli altri, della vivacità religiosa dei vostri avi, o riminesi, è costituito dai numerosi edifici sacri - tra essi brilla il Tempio malatestiano, perla dell'arte del Rinascimento - che nelle diverse epoche della storia sono sorti sia in città che nelle campagne circostanti, e che restano come testimonianza del vivo senso di Dio, da cui non ha mai cessato di essere animata la vita della grande maggioranza del vostro popolo.


3. La mia visita alla vostra Città vuol essere un riconoscimento di questi valori umani e cristiani, per i quali la vostra Comunità si è sempre distinta. Al tempo stesso, desidero e prego che l'incontro con voi valga - come strumento della Provvidenza - a suscitare e confermare il vigore di una quotidiana adesione ai valori evangelici, su cui non solo si fonda il personale rapporto con Dio, ma da cui deriva incremento e solidità la stessa trama dei rapporti civili e sociali, che l'intima verità sull'uomo sospinge verso orizzonti sempre più vasti di leale collaborazione e di operosa concordia, nel rispetto dei trascendenti ideali della famiglia, del lavoro e della fede religiosa.

La mia visita ha altresi per scopo l'incontro, purtroppo fugace, con i numerosi ospiti che affollano la vostra città nel periodo estivo, ed anche di portare il mio cordiale saluto ai partecipanti ad una iniziativa che qui è sorta e che quest'anno giunge alla sua terza edizione: il meeting per l'amicizia fra i popoli.

Entrando nella vostra Città, mentre esprimo il mio apprezzamento per l'impegno affinché Rimini - come ha rilevato il signor Sindaco - si affermi sempre più come città di pace e di amicizia, vi invito all'ottimismo ed alla speranza: alla luce del vostro passato glorioso, cittadini di Rimini, sappiate guardare con fiducia e con coraggio al vostro futuro, impegnandovi responsabilmente nell'assolvimento dei vostri compiti sia religiosi che civili, sicuri che ad un simile atteggiamento di fattiva dedizione non può mancare il conforto della divina assistenza, che di cuore invoco su di voi, sulle vostre famiglie e, in particolare, sui vostri bambini, nei cui occhi innocenti si rispecchia, con avvincenti promesse, l'avvenire della vostra Comunità.




1982-08-29 Data estesa: Domenica 29 Agosto 1982




Ai partecipanti al terzo "Meeting per l'amicizia tra i popoli" - Rimini (Forli)

Titolo: Cristo è la più grande "risorsa" dell'uomo

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Sono assai lieto di trovarmi qui, in mezzo a voi, per concludere questo terzo "Meeting per l'amicizia tra i popoli". Già solo il pronunciare queste parole rallegra il cuore: "Incontro"! "Incontro di amicizia"! "Amicizia tra i popoli"! Parole che acquistano un particolare significato in queste ore, spesso drammatiche, della storia del mondo. Vi saluto perciò con la gioia dei Salmi, è la gioia stessa di Dio: "Ecco, quanto è bello e quanto è soave, che i fratelli vivano insieme!" (Ps 132 [133],1).

Viviamo oggi un'ora privilegiata, che occorre comprendere a fondo. I motivi sono tanti.


2. Anzitutto, stiamo vivendo un incontro.

Ognuno di voi, in questi giorni, ha potuto fare questa esperienza. Ha avuto incontri non solo con le centinaia e le migliaia di altre persone che hanno affollato le sale di ascolto, ma anche con varie personalità, che qui hanno portato il contributo della loro riflessione e della loro creatività.

Ma questo incontro è stato reso possibile e quasi necessario da un altro incontro. Il Meeting è nato infatti dall'amicizia di un gruppo di cristiani di questa città. Come ho saputo, esso è nato dalla passione di comunicazione, di creatività, di dialogo che la fede cristiana, vissuta integralmente, sempre porta con sé.

Si, la fede vissuta come riverbero e in continuità con quei primi incontri che il Vangelo documenta, la fede vissuta come certezza e domanda della presenza di Cristo dentro ogni situazione e occasione della vita, rende capaci di creare nuove forme di vita per l'uomo, rende desiderosi di comunicare e di conoscere, di incontrare e di valorizzare.

L'incontro con Cristo, che si rinnova in modo permanente nella memoria sacramentale della sua Morte e Risurrezione, abilita e spinge all'incontro con i fratelli e con tutti gli uomini. Veramente, le parole di san Paolo ai Tessalonicesi possono essere qui riprese, a conclusione e a insegnamento di questo vostro tentativo: "Vagliate ogni cosa, trattenete ciò che è buono" (1Th 5,21).

Mi fa piacere che l'iniziativa sia espressione della vitalità del laicato cattolico in Italia: un tale laicato, "consapevole ed attivo, è una ricchezza inestimabile per ogni Chiesa locale", come ho detto ai Vescovi della Liguria, l'8 gennaio scorso ("Discorso ai Vescovi della Liguria in occasione della visita "ad limina"", 4; "Insegnamenti", V,1 [1982] 60). Un laicato consapevole, cioè cosciente della comunione che lo lega a Cristo e alla Chiesa, e attivo, cioè desideroso di esprimere nella libertà delle iniziative la bellezza e l'umanità di ciò che ha incontrato. Questa è la bella realtà di questo incontro.


3. Quest'anno avete focalizzato la vostra attenzione su un tema particolarmente stimolante: "Le risorse dell'uomo". Vogliamo rifletterci insieme? In generale, risorsa dell'uomo è tutto ciò che viene in suo aiuto nello sforzo per mantenersi in vita e per dominare la terra. Le cose, tuttavia, divengono veramente risorse dell'uomo solo quando l'uomo le incontra attraverso il lavoro. Attraverso il lavoro l'uomo domina la natura e pone al suo servizio tutte le cose. Attraverso il lavoro l'uomo si prende cura della terra, usa le sue ricchezze per la propria vita ed al tempo stesso migliora e difende la terra. Mi piace pertanto costatare come il vostro tema abbia il suo riferimento anzitutto alla grande ed attuale preoccupazione della Chiesa per il lavoro umano, che ha trovato espressione anche nella mia recente enciclica "Laborem Exercens". L'uomo infatti comunica con la realtà esterna soltanto attraverso la sua interiorità.

Sono le risorse interiori della sua mente e del suo cuore a permettergli di elevarsi al di sopra delle cose e di dominare su di esse. L'uomo vale non in quanto "ha", ma in quanto "è". Per questo è necessario meditare con particolare profondità su quella decisiva risorsa dell'uomo che è il lavoro, per comprendere il momento disinteressato, puro, non utilitario che sta al fondo del lavoro umano e gli conferisce il suo significato.


4. Questo pero si collega - e facciamo un passo avanti - con un'altra fondamentale risorsa dell'uomo: la famiglia.

L'uomo lavora per mantenere se stesso e la propria famiglia. Se lavorare è prendersi cura dell'essere, collaborando all'opera creatrice di Dio, questo principio generale diventa evidente ed esistenzialmente concreto per la maggior parte degli uomini nel fatto che, lavorando, l'uomo si prende cura della persona dei propri cari. Se certo è vero che l'uomo avverte come tutti gli animali l'istinto di autoconservazione, è anche vero che non è giusto porre al principio del lavoro una intenzione solo utilitaristica ed egoistica. Anche l'istinto di autoconservazione esiste nell'uomo in forma specificamente umana, personalistica, come volontà di esistere come persona, come volontà di salvare il valore della persona in se stesso e negli altri, cominciando dai propri cari. Questo fatto definisce il limite di ogni interpretazione utilitaristica ed economicistica del lavoro umano.

Il lavoro, attraverso il quale l'uomo domina la natura, è opera dell'intera comunità umana attraverso tutte le sue generazioni. Ognuna di queste generazioni ha il compito di avere cura della terra per consegnarla alle generazioni future, ancora e sempre più adatta ad essere casa dell'uomo. Mi sia permesso di ricordare, in questo contesto, sia pure incidentalmente, che quando si rompe il vincolo della solidarietà, che deve legare gli uomini fra loro e con le generazioni future, questa cura per la terra viene meno. E allora, la catastrofe ecologica, che oggi minaccia l'umanità, ha una profonda radice etica nella dimenticanza della vera natura del lavoro umano e soprattutto della sua dimensione soggettiva, del suo valore per la comunità familiare e sociale. E' compito della Chiesa richiamare l'attenzione degli uomini su questa verità.


5. Ma bisogna scendere maggiormente in profondità. Le risorse, pur sacrosante e primarie, di cui abbiamo parlato, toccano ancora abbastanza in superficie l'uomo.

Occorre fare principalmente attenzione alle risorse che l'uomo porta in se stesso: nella sua natura umana, nella dignità dell'immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 1,27), che l'uomo reca impressa nell'essenza della sua personalità. Vengono ancor sempre alla mente le note parole del grande sant'Agostino di cui ieri abbiamo celebrato la festa: "Fecisti nos ad te": "Signore, ci hai fatti per te; e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te" ("Confessioni", 1,1).

Si, fratelli e sorelle, siamo fatti per il Signore, che ha stampato in noi l'orma immortale della sua potenza e del suo amore. Le grandi risorse dell'uomo nascono di qui, sono qui, e solo in Dio trovano la loro salvaguardia.

L'uomo è grande per la sua intelligenza, mediante la quale conosce se stesso, gli altri, il mondo e Dio; l'uomo è grande per la sua volontà, per cui si dona nell'amore, fino a raggiungere vertici di eroismo. Su tali risorse trova fondamento l'anelito insopprimibile dell'uomo: quello che tende alla verità - ecco la vita dell'intelligenza - e quello che tende alla libertà - ecco il respiro della volontà -. Qui l'uomo acquista la sua grande, incomparabile statura, che nessuno può calpestare, che nessuno può irridere, che nessuno può togliergli: quella dell'"essere", a cui già ho accennato.

Questo valore, proprio dell'uomo, per cui ogni uomo è veramente uomo, poggia sul fondamento della cultura: è soprattutto nella cultura che si manifestano le risorse essenziali dell'uomo: come ho detto alla sede dell'UNESCO, a Parigi, "l'uomo vive una vita veramente umana grazie alla cultura... La cultura è ciò per mezzo di cui l'uomo in quanto uomo diventa più uomo, "è" di più, accede di più all'"essere"... La cultura si situa sempre in relazione essenziale e necessaria a ciò che l'uomo è, mentre la sua relazione a ciò che ha, al suo "avere" è non solo secondaria, ma totalmente relativa... Nell'ambito culturale, l'uomo è sempre il primo dato: l'uomo è il dato primordiale e fondamentale della cultura. E questo, l'uomo lo è sempre: nell'insieme integrale della propria soggettività spirituale e materiale. Se la distinzione fra cultura spirituale e cultura materiale è giusta in funzione del carattere e del contenuto dei prodotti nei quali la cultura si manifesta, bisogna in pari tempo costatare che, da una parte, le opere della cultura materiale fanno sempre apparire una "spiritualizzazione" della materia, una sottomissione dell'elemento materiale alle forze spirituali dell'uomo, cioè alla sua intelligenza e alla sua volontà e che, d'altra parte, le opere della cultura spirituale manifestano, in modo specifico, una "materializzazione" dello spirito, una incarnazione dello spirituale" ("Insegnamenti", III,1 [1980] 1639ss).

Ecco, la cultura diventa così fondamento delle capacità dell'uomo di scoprire e valorizzare tutte le risorse, quelle concesse al suo essere spirituale e quelle concesse al suo essere materiale. Purché le sappia scoprire! Purché non le distrugga! Fratelli e sorelle, pensate alla enorme responsabilità che avete nelle mani! Non sciupatela, non trascuratela! Avete bisogno di tutte le vostre forze per fare questo. Ma soprattutto avete bisogno di Colui che è la forza di Dio e dell'uomo: "Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio" (1Co 1,24).


6. Eccoci perciò al punto focale, impreteribile della questione. La più grande "risorsa" dell'uomo è Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo. In lui si scoprono i lineamenti dell'uomo nuovo, realizzato in tutta la sua pienezza: dell'uomo per sé. In Cristo, Crocefisso e Risorto, si svela all'uomo la possibilità ed il modo secondo cui assumere in profonda unità tutta quanta la sua natura. Qui sta, direi, il principio unificatore del vostro Meeting, dedicato alle risorse dell'uomo; vi è come un filo conduttore tra tutti i diversi momenti del vostro programma di lavoro: Cristo Risorto, sorgente inesauribile di vita per l'uomo. Cristo, risorsa dell'uomo: così avete voluto annunciare la celebrazione del Sacrificio Eucaristico.

Dell'uomo, egli non ha disdegnato di assumere la natura, e non in modo astratto, poiché "spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo... umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte, alla morte di Croce" (Ph 2,7 Ph 2,8).

L'umanità di Cristo, attraverso il mistero della Croce e della Risurrezione, è diventata il luogo in cui l'uomo, vinto ma non annichilito dal peccato, ha ritrovato la propria umanità.

Forte di questa esperienza, unica ed irripetibile, del suo fondatore, la Chiesa ha potuto definirsi per bocca di Paolo VI "esperta in umanità". E' a questo titolo, fondato sull'autorità del Maestro e consolidato da duemila anni di vita, che la Chiesa si presenta oggi sulla scena della storia, desiderosa di riproporre all'uomo il nucleo centrale del proprio messaggio: Cristo primizia e radice dell'uomo nuovo.

Del resto, proprio qui a Rimini, avete avuto la testimonianza viva di persone, che si sono date pienamente a Cristo, nell'esercizio della loro professione, e il cui esempio continua a irradiarsi sempre più: l'ingegner Alberto Marvelli, del quale è avviata la Causa di Beatificazione, e il dottor Igino Righetti, collaboratore del futuro Paolo VI di venerabile memoria, e con lui fondatore e primo presidente dei Laureati Cattolici. Due laici, due apostoli, due uomini che sapevano come si attinge dalla "risorsa Cristo". Essi hanno attinto per se stessi - nel lavorio interiore, nella preghiera, nella vita sacramentale - e hanno lasciato per gli altri un modello e una chiamata.


7. Parlare di Cristo come risorsa dell'uomo è testimoniare che ancora oggi i termini essenziali della civiltà sono di fatto, in modo consapevole e inconsapevole, riferiti all'evento di Cristo, divenuto annuncio quotidiano confessato dalla Chiesa.

L'uomo di oggi è fortemente impegnato a riformulare il rapporto con il mondo che lo circonda; con la scienza e con la tecnica. Vuole scoprire risorse sempre nuove per la sua vita e per la convivenza tra i popoli; tende a realizzare un processo che tutti vorrebbero pacifico e ad esaltare l'arte come espressione della propria libera creatività. Nonostante questo, la pace oggi è gravemente minacciata, la scienza e la tecnica rischiano di generare uno squilibrio carico di conseguenze negative nel rapporto tra uomo e uomo, tra l'uomo e la natura, tra nazioni e nazioni. Da questa contraddizione, che sembra inarrestabile perché strutturalmente connessa al mistero del male, è necessario che lo sguardo si volga "all'artefice della nostra salvezza" per generare una civiltà che nasca dalla verità e dall'amore. La civiltà dell'amore! Per non agonizzare, per non spegnersi nell'egoismo sfrenato, nell'insensibilità cieca al dolore degli altri. Fratelli e sorelle, costruite senza stancarvi mai questa civiltà! E' la consegna che oggi vi lascio. Lavorate per questo, pregate per questo, soffrite per questo! E con tale auspicio, tutti vi benedico, nel nome del Signore.




1982-08-29 Data estesa: Domenica 29 Agosto 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Ai capitani reggenti e alle autorità della Repubblica sammarinese - San Marino