GPII 1982 Insegnamenti - Ai partecipanti al terzo "Meeting per l'amicizia tra i popoli" - Rimini (Forli)

L'omelia durante la Messa - Rimini (Forli)

Domenica 29 Agosto 1982


Titolo: Vivere un cristianesimo maturo non comporta una fuga dal mondo



1. "Chi abiterà nella tua tenda? / Chi dimorerà sul tuo santo monte?" (Ps 15,1 [14],1) chiede il Salmista, nell'odierna liturgia, al Dio di Israele e Dio dell'alleanza.

E a tale domanda riceve questa risposta: - Ecco, sul santo monte dimorerà "Colui che cammina senza colpa, / agisce con giustizia e parla lealmente, / non dice calunnia con la lingua" (v. Ps 15,2-3).

- Sul santo monte, nella tenda di Dio abiterà colui che "Non fa danno al suo prossimo / e non lancia insulto al suo vicino. / Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, / ma onora chi teme il Signore" (v. Ps 15,3-4).

- Sul santo monte, nella tenda di Dio abiterà, infine, colui che "Anche se giura a suo danno, non cambia; / che presta denaro senza fare usura / e non accetta doni contro l'innocente. / Colui che agisce in questo modo - conclude il Salmista - / resterà saldo per sempre" ((v. Ps 15,4-5).

Sono quindi due le dimensioni con cui il Salmista giudica le opere dell'uomo: una dimensione che è nell'uomo stesso ed è la coscienza, la quale, mediante la voce interiore cerca la certezza del bene e del male. La seconda dimensione è in Dio, ed è la prospettiva del monte santo sul quale sale ogni uomo da lui guidato con l'appello dei comandamenti e chiamato, al tempo stesso, dalla voce della coscienza. Sale secondo il ritmo delle sue opere giuste e degne. Nel caso opposto discende in basso e non c'è per lui luogo nella tenda santa di Dio.


2. Così la liturgia dell'odierna domenica parla a noi tutti, qui riuniti. Così parla agli abitanti della città di Rimini, della diocesi e dei dintorni. Così parla anche a quanti sono qui venuti da diverse parti d'Italia e da diversi paesi d'Europa. Rimini infatti è un ben noto centro turistico, particolarmente in estate.

Il Salmo responsoriale dell'odierna liturgia diventa così un particolare saluto, a tutti e a ciascuno.

Benvenuto colui che sale sul monte del Signore! Benvenuti voi tutti che siete qui radunati per questa celebrazione eucaristica! [in tedesco].

Si, questa liturgia si rivolge alle persone, alle famiglie di lingua francese, in viaggio o in vacanza in questa ospitale regione, che sono i benvenuti qui! [in francese].

Saluto inoltre i visitatori di lingua inglese presenti a questa celebrazione liturgica: che l'amore di Dio si effonda nei vostri cuori! [in inglese].

Il mio saluto va con particolare affetto al Vescovo, Monsignor Locatelli, al clero, ai religiosi, alle religiose ed agli operatori pastorali: esso si estende poi con deferenza alle Autorità civili e vuol giungere a tutti i presenti.

Ognuno di voi, da qualunque parte venga, per partecipare all'Eucaristia di questa sera, porta in sé profondamente inciso quell'invito e quella chiamata che lo incamminano verso il monte santo, alla Casa del Signore.

La vita passa, di giorno in giorno, tra impegni e svaghi diversi, tra il riposo e il contatto con la natura - qui con il bel mare Adriatico - ...e quest'invito, questa chiamata s'inscrivono costantemente nell'insieme della nostra esistenza.

Quest'invito all'incontro con Dio passa attraverso l'intimità dell'uomo, risuona nella sua coscienza. Più a lungo l'uomo convive con esso, più profondamente lo scruta, più diventa consapevole che quell'invito al santo monte, alla casa di Dio, non lo conduce fuori di se stesso. Esso infatti si identifica, più profondamente, con ciò che ciascuno è e con ciò a cui, in definitiva, aspira.

perciò vi saluto, cari fratelli e sorelle, sulla scia di questo invito.

Vi ringrazio di essere venuti. Io stesso vengo qui per incontrarmi con voi, seguendo le orme del Salmo liturgico, e per rispondere all'invito di Dio che opera in ciascuno di noi.

Dobbiamo incontrarci, come cristiani, nell'Eucaristia. Anche se ci conosciamo soltanto di sfuggita, dobbiamo riconoscerci molto profondamente "nello spezzare il pane" (Lc 24,35).


3. "Infatti qual grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?" (Dt 4,7).

Celebrare l'Eucaristia significa: testimoniare la vicinanza di Dio. Si può dire: la vicinanza penetrante di Dio! Colui che abita sul santo monte, Colui verso il quale pellegriniamo con tutta la nostra esistenza, ubbidendo alla nostra coscienza e compiendo le opere della nostra vita, è, al tempo stesso, vicino in modo penetrante.

E' vicino con l'alimento del Pane e del Vino, che riceviamo con la bocca, per accogliere, con la nostra anima e il nostro cuore, lui, il Dio Vivente.

"E qual grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi espongo?" (Dt 4,8) chiede Mosè agli Israeliti pellegrinanti dalla schiavitù d'Egitto verso la Terra Promessa.

E similmente chiede Cristo indicando il Vangelo della grazia e dell'Amore: "Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo"... Invece "tutte le cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo" (Mc 7,14-15 Mc 7,23).


4. Così dunque siamo invitati a riflettere ancora una volta, al cospetto dell'Eucaristia, al cospetto di Dio che è vicino in modo così penetrante, sul problema del bene e del male.

Forse ciò è contrario ai nostri desideri. Forse siamo venuti in questo luogo di riposo per essere possibilmente lontani da questo problema, per dimenticare il bene, e particolarmente il male che è nel mondo e in noi stessi.

Tuttavia l'uomo non può sfuggire in nessuna parte a se stesso. Non può separarsi dal mondo che, in qualche modo, ciascuno forma.

Riposarsi non vuol dire separarsi da se stesso. Anzi, riposarsi significa incontrarsi con se stessi e riconciliarsi con il proprio intimo.

Soltanto allora riposiamo veramente.

L'invito che proviene da Cristo, conduce all'Eucaristia. Soltanto dinanzi all'Eucaristia, partecipando ad essa, possiamo meditare sulla questione del bene e del male, senza arrenderci all'avvilimento, ma rafforzandoci nella speranza.


5. Riflettiamo, ancora una volta, con più grande attenzione, quale è il mondo che la parola della liturgia delinea davanti a noi nell'odierna domenica.

Si. E' il mondo in cui il bene è separato dal male, e gli è contrapposto, per volontà stessa di Dio.

Questa volontà si è espressa nelle parole di Mosè, come riporta la prima lettura: "Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, perché le mettiate in pratica...

Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non toglierete nulla...

Le osserverete... e le metterete in pratica perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli..." (Dt 4,1-2 Dt 4,6).

Il bene è contrapposto al male, e il male al bene, per volontà di Dio stesso.

L'unico luogo nel mondo in cui questa contrapposizione diventa una realtà sperimentabile è l'intimo dell'uomo.

Cristo dice: "Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive, prostituzioni, furti, omicidi, adultèri..." e continua a nominare una serie di trasgressioni e di colpe.

L'uomo è quindi chiamato a giudicare il suo intimo, a scrutare il suo cuore e a formare in sé una coscienza matura.

Se l'uomo è chiamato sul santo monte, se è invitato all'Eucaristia, allora in questo invito è contenuto, al tempo stesso, per lui un appello ad analizzare il suo intimo con lo sguardo della fede e con la luce del Vangelo.

Dio sta vicino in modo così penetrante a ciascuno di noi, affinché in ciascuno il male venga separato dal bene e perché il male sia sradicato, perché il bene si rafforzi e metta più profondamente le radici.


6. Si. La realtà che ci viene proposta dalle parole della odierna liturgia, è il mondo del bene e del male. Il male è contrapposto al bene, il bene al male. E tutto ciò avviene nell'uomo.

Tuttavia la liturgia di oggi proclama, al tempo stesso, il primato del bene.

Ecco, leggiamo: "Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento" (Jc 1,17).

Si. In Dio non c'è variazione né cambiamento. Non c'è la contrapposizione del bene e del male.

Dio è il Bene stesso.

La liturgia di oggi non soltanto ci invita a meditare sulla questione del bene e del male che sono nell'uomo e nel mondo.

Essa ci invita a guardare tutta la nostra realtà - quella dell'uomo e quella del mondo - alla luce di Dio! Allora si riconferma il primato del bene.

Dio infatti è il Bene stesso.

Dio è il Dono.

Ecco, "di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature" (Jc 1,18).

Dio è il Padre del dono.

E Dio è, in questo dono, il Padre dell'uomo.

Bisogna quindi che guardiamo l'uomo e il mondo in cui l'uomo dimora alla luce di Dio.


7. Allora ci si sveleranno pienamente quelle "risorse dell'uomo" di cui, nel corso dei giorni passati, si è tanto parlato, proprio qui, a Rimini.

E' stata una iniziativa molto opportuna, profondamente coerente con la parola dell'odierna Eucaristia. Nei tempi che sembrano portare in sé una crescente tensione tra il bene e il male, bisogna guardare l'uomo e il mondo nell'orizzonte del Primato del Bene.

Bisogna che un tale sguardo si comunichi non soltanto a tutti i partecipanti all'incontro di Rimini, ma anche a tutti coloro che adesso partecipano all'Eucaristia: agli abitanti di Rimini e a quanti sono qui convenuti.

L'uomo può affrontare l'orrore del male, anzi può vincere il male soltanto rafforzando in sé la testimonianza del Primato del Bene.

La testimonianza che ci dà, una volta per sempre, Cristo.

Sulla base di questa testimonianza si svelano pure straordinarie risorse dell'uomo.


5. E perciò permettetemi di ripetere ancora alla fine di questa riflessione, le frasi della lettera di san Giacomo apostolo, che oggi abbiamo sentito leggere: "Accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime...

Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi" (Jc 1,21-22).

Che l'invito che avete accolto, contribuisca al rinnovamento della vostra "religiosità", sia nel senso "ontologico" sia in quello "etico". Secondo le parole dello stesso apostolo Giacomo sia questa la "religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre". Essa si esprime nel "soccorrere gli orfani e le vedove nelle loroafflizioni": così scrive l'apostolo (Jc 1,27). Quante afflizioni ci sono nel mondo odierno, e quanti sono gli uomini, nostri fratelli e sorelle, che portano su di sé il peso di queste pene! Infine, questa "religione pura e senza macchia" si potrebbe definire in linguaggio moderno: il cristianesimo maturo dal punto di vista ontologico ed etico, che si esprime nel "conservarsi puri da questo mondo" (Jc 1,27).

Si dovrà, allora, parlare della paura del mondo, di fuga dal mondo? No.

Soltanto è necessario essere consapevoli che il Padre "di sua volontà ci ha generati con la parola di verità" (Jc 1,18).

E ci ha generati nel mondo: "perché noi fossimo come una primizia delle sue creature".

Perché, in tutto il creato, anche in questo difficile mondo contemporaneo, si rinnovi, mediante la nostra fede e il nostro servizio, il Primato del Bene! [Prosegue in altre lingue:] Cari fratelli di lingua tedesca! I testi biblici della celebrazione eucaristica che ci ha qui riuniti mi danno l'occasione di parlare del contrasto tra bene e male. Ciò è attuale in vacanza come a casa. Perché soltanto nella decisione per il bene io sono pienamente me stesso. E in questa decisione io faccio esperienza di Dio che mi impegna e mi indirizza a fare il bene. In lui noi siamo più forti di ogni male! [in tedesco] Cari fratelli e sorelle, la Parola di Dio si rivolge oggi alla coscienza di ciascuno di noi, per farci desiderare il bene, per farci ritrovare eventualmente il cammino del bene, per convincerci che, con l'aiuto di Dio, il bene può e deve vincere il male. E' la pratica del bene, conosciuto attraverso la coscienza e la Parola di Dio, che fa la vera religione, che dà all'uomo la sua dignità, la sua maturità e che salva il mondo. [in francese] Cari fratelli e sorelle, la liturgia di oggi ci pone a faccia a faccia con il bene e il male presenti nel cuore dell'uomo. Rafforzati dall'Eucaristia, dobbiamo prendere coraggio dalla promessa presente nella Parola di Dio che il bene vincerà il male. E' in gioco la libertà dell'uomo, la sua dignità, il suo destino.


Siamo costruttori della parola e non soltanto ascoltatori! [in inglese]




Messaggio ai cattolici tedeschi in occasione dell'87° Katholikentag - Düsseldorf (Germania)

Titolo: "Convertitevi e credete, rinnovate il mondo!"

Testo:

Illustri confratelli, cari fratelli e sorelle! La grazia e la pace di Dio, nostro Padre e del Signore Gesù Cristo siano con tutti voi! Uniti nella comune testimonianza della fede, in occasione della cerimonia d'apertura dell'87° Katholikentag tedesco a Düsseldorf, rivolgo il mio saluto a te, mio amato fratello, Cardinale Joseph Höffner, Pastore supremo di questa ospitale diocesi e Presidente della Conferenza Episcopale tedesca. Saluto i tuoi confratelli nell'Episcopato e voi tutti, fratelli e sorelle, che siete convenuti in questa comunità di fede nella preghiera e nella gioia, nel dialogo e nell'incontro.

In quest'ora ricordo con gratitudine la mia visita a voi di due anni fa, l'esperienza di fede e di comunità viva che da qui ho portato con me e la cordialità con la quale mi avete accolto in mezzo a voi. Come in quell'occasione, a Fulda, vi ho incoraggiato a porre un nuovo inizio del cristianesimo nella vostra terra, così vorrei fare ancor oggi. Insieme al motto del Katholikentag io grido a voi: "Convertitevi e credete - rinnovate il mondo!". Ponete un nuovo inizio del cristianesimo, confidando nelle promesse di Dio e nella sua fedeltà! "Convertitevi!" - Questo è il richiamo penitenziale dei profeti nell'Antico Testamento, il grido di Giovanni Battista al Giordano, questa è la prima richiesta di Cristo all'inizio della predicazione della sua Buona Novella.

Solo chi alla chiamata del Signore nuovamente si converte e si presenta al giudizio della sua parola, è in grado di riconoscere le errate vie umane, le forme sbagliate di comportamento reciproco, il peccato e la colpa, è in grado di convertirsi e di mettersi nuovamente in cammino. Convertirsi significa volgersi a Dio in modo del tutto personale sul cammino che Cristo ci ha mostrato e che egli stesso costituisce; significa accettare con fede la sua parola che ci indica il cammino.

"Convertitevi e credete!" - Una fede nella quale si attua la conversione e viene vissuta l'amicizia con Cristo, può rinnovare il mondo in profondità, cioè dal di dentro, e grazie alla potenza dello Spirito. Il nostro impegno di cristiani nel mondo, per la giustizia e la pace e per la solidarietà fraterna fra gli uomini scaturisce dalla nostra viva adesione a Cristo e dalla nostra responsabile partecipazione alla sua missione per la salvezza degli uomini.

Recuperate, cari fratelli e sorelle, la gioia della fede; perchè "la gioia del Signore è la nostra forza" (cfr. Ne 8,10). Rinnovate la vostra fede in Cristo e nella sua Buona Novella! In lui il si dettato dall'amore di Dio a questo mondo e all'uomo è divenuto visibile e tangibile in mezzo a noi; in lui esso ci viene continuamente offerto. Portate la luce del Vangelo agli uomini del nostro tempo! Esso può indicare vie d'uscita dai vicoli ciechi in cui finiscono gli uomini. Proprio ai giovani tra di voi, che con il loro anelito ad una maggiore giustizia, libertà e pace, ad una maggiore umanità e amore in questo mondo, incidono in modo considerevole in questo Katholikentag, io rivolgo questo appello: sappiate cogliere l'alternativa costituita da una vita vivificata dallo Spirito di Cristo e diffondete la sua Buona Novella nell'impegno delle vostre migliori energie per Cristo e per il servizio ai fratelli. La nostra fede deve dimostrarsi in una concreta testimonianza e in opere d'amore.

Quando l'odierna generazione è con impeto alla ricerca di autentici valori e modelli di vita, noi cristiani dobbiamo dar loro, grazie alla forza della nostra fede e della nostra speranza, una indicazione convincente e chiara della via da percorrere. Quando per la paura del futuro o per egoismo miope si viene a creare un'atmosfera ostile alla vita, sappiate allora trasmettere agli uomini il coraggio necessario ad affrontare la vita e difendete la dignità dell'uomo in tutte le fasi della sua esistenza! Dove si diventa sempre più consapevoli della delimitazione geografica dello sviluppo e della estrema disuguaglianza tra nord e sud: allora si sviluppa un nuovo stile di vita e una comunità di condivisione fraterna. Quando la situazione mondiale nei riguardi di ideologie totalitarie e della spaventosa corsa agli armamenti accetta forme sempre più pericolose, voi dovete adoperarvi nei vostri rispettivi ruoli per trovare vie politicamente responsabili di soluzioni pacifiche dei conflitti. Difendete le condizioni indispensabili alla pace: la verità, la giustizia e la libertà! Accettatevi reciprocamente, dove voi anche come cristiani pensate di dover percorrere concretamente strade diverse. Quando, nonostante il progresso o il benessere, singoli o interi gruppi nel vostro Paese devono vivere in situazioni di emarginazione: dimostrate proprio nei confronti del vostro prossimo che l'amore cristiano è concreto e non conosce confini! Non trascurate i disoccupati, non emarginate gli stranieri, non ignorate gli handicappati e i malati e scoprite le diverse forme di solitudine e di povertà che esistono anche nella vostra società.

Quando così numerosi nostri fratelli e sorelle nella fede in tutto il mondo sono oppressi a causa della fede e sono perseguitati a causa della giustizia, voi non dimenticateli nella preghiera e difendete i loro diritti! Usate la vostra libertà e possibilità di azione come occasioni per voi e come aiuto agli altri! Ricordo con gratitudine le molte iniziative mediante le quali il vostro popolo, soprattutto la Chiesa nel vostro Paese, in anni passati ha generosamente soccorso i fratelli bisognosi, oppressi e perseguitati di tutto il mondo con parole ed opere. Vi ringrazio in quest'ora in modo del tutto personale per la solidarietà umana dimostrata alla mia patria polacca.

Cari fratelli e sorelle! Nella loro storia i katholikentag hanno posto importanti pietre miliari dal punto di vista ecclesiale e socio-politico. Anche a questo Katholikentag si indirizzano grandi speranze e aspettative. Cercate di dare ad esse risposta, mentre vi adoperate per un nuovo inizio nel senso espresso dal vostro motto! Ognuno cominci da se stesso! Ponetevi in modo del tutto personale davanti alla chiamata di Gesù alla conversione e alla fede! Prestate coraggiosamente attenzione alle sfide del nostro tempo! Allora da questi giorni scaturiranno autentici impulsi di rinnovarnento per la Chiesa e la società.

Insieme ai partecipanti al Katholikentag, vostri fratelli e sorelle nella fede di altri Paesi e con i cristiani di altre Chiese e comunità cristiane, testimoniate la vostra fede comune in nostro Signore Gesù Cristo. Proseguite responsabilmente sulla via dell'unità affinché, con l'aiuto dello Spirito divino, si possa preparare una nuova Pentecoste.

"Convertitevi e credete - rinnovate il mondo!". Affinché la grazia di Dio ve ne renda capaci e il Katholikentag sia per voi una grande occasione per un più profondo impegno e vi offra aiuto e sostegno, accompagno questa vostra comune celebrazione di fede con la mia preghiera personale e vi benedico di cuore nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.




1982-09-01 Data estesa: Mercoledi 1 Settembre 1982




L'incontro del Santo Padre con i "giovani del tempo libero" - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: A Castel Gandolfo

Testo:

Ringrazio di cuore per questa visita tutto il gruppo, nazionale, romano e delle diverse regioni, rappresentanti l'apostolato del turismo e del tempo libero, un apostolato veramente importante, perché la libertà è dono di Dio. Tempo libero vuol dire che l'uomo è specialmente libero in quel tempo: e se in ogni tempo è importante il modo in cui si adopera la libertà, come si utilizza la libertà, è specialmente importante come si utilizza questa libertà nel tempo libero, quando cioè si è liberi.

Possiamo dire che il tempo libero, o la libertà di tempo, è una speciale vocazione. Io, ciascuno di noi, ha una sua vocazione, ha una sua professione.

Lavora sei giorni o cinque la settimana e poi è libero un giorno o due, o più giorni durante l'estate. E' giusto concentrarsi su questo momento della vita umana con uno speciale apostolato, perché il tempo libero si può perdere: l'uomo può perdere la sua libertà in questo tempo, o può guadagnarla; si può approfittare del tempo libero.

Il tempo libero è dato a cascuno di noi per diventare più uomo, per guadagnare. Questa, veramente, è una vocazione, un compito: guadagnare il tempo libero, diventare più uomini, crescere umanamente, spiritualmente in questo periodo. Sono questi i diversi modi di approfittare del tempo libero. Voi avete illustrato questi modi parlando del turismo e soprattutto rappresentando qui diverse forme, opere dell'arte, specialmente il canto. Il canto esprime la libertà; il canto approfondisce anche la libertà. Non solo il canto ma anche le altre forme artistiche sono connaturali alla nostra libertà e al nostro tempo libero.

Poi c'è la famiglia. La famiglia aspetta il tempo libero per essere più famiglia, per essere più comunione, per stare più insieme. Poi c'è la Parola di Dio, un momento molto importante nel tempo libero. Dio con la sua Parola aspetta il vostro tempo libero per parlarci di più. Ecco come io vedo la presenza dei catechisti fra voi. Dio aspetta il vostro tempo libero per parlarci di più e questo fa la Chiesa ogni domenica; ogni festa ci parla di più con la Parola di Dio, ci introduce nella Parola di Dio. Questo vuol dire celebrare, celebrare Dio, e celebrare l'uomo. Si deve celebrare l'uomo, l'uomo deve celebrare se stesso perché l'uomo è anche un mistero religioso, sacro, una realtà sacra. Deve celebrare se stesso, e la festa, il tempo libero, è necessario per la festa. La festa ci invita a celebrare Dio, a lodare Dio, a cantare "Gloria in excelsis", "Te Deum laudamus", ma ci invita anche a celebrare la sua umanità, a celebrare l'uomo.

Ecco, queste sono alcune riflessioni che mi sono venute partecipando a questo incontro e riflettendo sulla finalità del vostro gruppo, della vostra associazione e del vostro apostolato. E' un apostolato molto ricco nel suo contenuto.

Si deve sviluppare il contenuto, si devono sviluppare le strutture perché sempre più compaesani, connazionali, sempre più fedeli sappiano celebrare la propria umanità e lodare Dio nel giorno festivo, nel tempo libero. Per questo vi ringrazio. Vi ringrazio per la vostra visita e vi auguro di continuare bene con tutti i gruppi, in tutte le diocesi, in tutte le parrocchie, di continuare sempre meglio in questo vostro apostolato. Grazie.




1982-09-03 Data estesa: Venerdi 3 Settembre 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Apriamo il nostro cuore ai divini misteri

Testo:


1. Riflettiamo sul Vangelo dell'odierna domenica. Quando fu condotto a Gesù un sordomuto, egli "guardando... verso il cielo, emise un sospiro e disse - "Effathà" cioè: "Apriti!". E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente" (Mc 7,34-35).

L'avvenimento, pieno di una profonda eloquenza, è entrato nella liturgia del Battesimo. Il sacerdote, infatti, tocca le labbra e gli orecchi del battezzando, mentre prega che egli possa presto ascoltare ed annunziare la parola del Signore.

Preghiamo oggi per tutti coloro che riceveranno il Battesimo: siano essi neonati, che mediante questo Sacramento incominciano a partecipare alla fede della Chiesa per opera dei propri genitori, siano essi catecumeni adulti.

Preghiamo perché si approfondisca e si rafforzi il significato di questo Sacramento.

Chiediamo che esso diventi la porta della fede e dell'unità del Popolo di Dio, della Chiesa.


2. "Effathà": l'ordine fu diretto, allora, ad un sordomuto, affinché si aprissero i suoi sensi e incominciassero a funzionare in modo normale.

"Effathà", lo stesso ordine è diretto, ora, all'uomo interiore, perché si apra ai divini Misteri, mediante la luce della fede, mediante l'amore, la speranza. Perché viva, sempre più intensamente, la vita divina innestata nella sua anima mediante il Battesimo.

Riflettiamo oggi su questo ordine.

Accogliamolo sempre di nuovo, poiché continuamente e sempre deve svilupparsi in noi ciò che è stato innestato dalla grazia del Battesimo.

Tutta la vita del cristiano è, in un certo senso, una graduale e costante collaborazione con quel misterioso inizio della vita divina, ricevuta mediante il Battesimo.

Preghiamo quindi per tutti i battezzati perché la grazia di questo Sacramento non sia da essi accolta invano (cfr. 2Co 6,1), ma porti costantemente frutti abbondanti.


3. Ed ecco, ora recitando l'"Angelus", vorremmo, in certo modo, rivolgerci con questa parola "Effathà" all'Arcangelo, perché, nella nostra preghiera, pronunzi ancora una volta le parole dell'Annunciazione: "Ti saluto, o piena di grazia..." (Lc 1,28) - e le seguenti che ben conosciamo.


E vorremmo chiedere alla Vergine di Nazaret che anche la nostra anima si apra, ancora una volta, come la sua, alla verità e alla potenza dell'Annunciazione, ripetendo il "fiat": "Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).

"Effathà".

Si apra la storia dell'uomo e del mondo a questa eccelsa grazia che ha nome "Incarnazione".

Che "il Verbo si faccia carne" (cfr. Jn 1,14) per opera dello Spirito Santo.

Ecco, noi tutti, recitando l'"Angelus", ringraziamo Dio di aver aperto le "sorgenti della salvezza" (Is 12,3) in mezzo alla storia dell'uomo.

[Omissis. Seguono i saluti in altre lingue: francese, inglese, tedesca, spagnola, portoghese] Ai fedeli polacchi Saluto i miei connazionali, saluto i presenti e saluto tutti coloro che, nella nostra Patria, sono stati provati, soprattutto negli ultimi giorni, da varie sofferenze. Ricordiamo la memoria di coloro che sono tragicamente morti proprio in questi giorni e raccomandiamo a Dio, mediante la Signora di Jasna Gora, la nostra amata Patria.




1982-09-05 Data estesa: Domenica 5 Settembre 1982




Monastero di Fonte Avellana - Serra sant'Abbondio (Pesaro)

Titolo: La mediazione della preghiera per la costruzione di una società nuova

Testo:


1. Le sono grato, signor Sindaco, per le cortesi parole che ha voluto così gentilmente rivolgermi al mio arrivo in questa terra marchigiana, così ricca di paesaggi suggestivi e, soprattutto, di richiami dello spirito.

Saluto di cuore voi, cittadini di Serra sant'Abbondio, e quanti da altre parti siete qui convenuti. Vi ringrazio della calorosa accoglienza e vi assicuro del mio affetto sincero.

Sono venuto per partecipare alle celebrazioni del Millennio dell'Eremo di Fonte Avellana, che, per molti secoli, è stato punto di riferimento della comunità cristiana e luogo di perfezionamento dello spirito sia per quanti, nel Medio Evo, andavano alla ricerca dell'ideale monastico per raggiungere - attraverso il distacco dal mondo, il silenzio e la preghiera - la perfezione evangelica, sia per coloro che sentivano profondamente la necessità della riforma della vita religiosa. Per queste ragioni Fonte Avellana è stata anche un centro di studio, di testimonianza culturale e di formazione di uomini.

Basta un nome per tutti, il più illustre: san Pier Damiani, monaco e priore del primitivo romitorio, poi Cardinale, uno dei più ardenti operatori del rinnovamento della Chiesa e uno dei più grandi uomini del secolo undicesimo. Egli è da ricordare oggi sia per aver ridato nuovo slancio e vigore alla vita contemplativa, sia per aver saputo unire mirabilmente all'impegno contemplativo il merito della vita attiva. Ponendo le basi della Congregazione Avellanita, ha dato la spinta alla fondazione di numerosi eremi e monasteri, che a loro volta divennero centri di vita rurale e sociale, col lavoro, la bonifica, la coltivazione del territorio.


2. Voi, cittadini di Serra sant'Abbondio e dei dintorni, che avete la fortuna di vivere vicini a un centro spirituale e civile così famoso e di respirarne come l'atmosfera, dovete essere anche i primi a ricavare i benefici della celebrazione di questo Millennio. perciò io vi esorto a vivere e ad approfondire le grandi tradizioni ispirate dalla fede cristiana, che costituiscono un incomparabile patrimonio non solo di valori religiosi e di sani costumi morali, ma anche di virtù civiche per un ordinato progresso umano.

Dalla lontana storia di Fonte Avellana parte una voce verso il mondo di oggi per invitarlo alla ricerca di una rinnovata spiritualità. Non ci può essere autentica opera di ricostruzione della società senza la mediazione della preghiera, socialità senza fraternità universale, cultura senza fede, promozione umana senza Dio.

Nel ricordo di una tradizione che ha portato tanta luce alla Chiesa e alla società civile, io mi auguro che molti riscoprano l'itinerario che porta a Dio e da Dio ridiscende verso la società contemporanea per il ritrovamento costruttivo di un domani migliore.

Voi che abitate quassù, sugli stessi monti contemplati dagli eremiti di san Pier Damiani, siate dunque anche i primi, in questo cammino di elevazione, ad alzare gli occhi al cielo, perché così diventeranno più belle, e anche più facili, le vie della terra.




1982-09-05 Data estesa: Domenica 5 Settembre 1982




L'omelia alla Messa nel monastero di Fonte Avellana - Serra sant'Abbondio (Pesaro)

Titolo: La spiritualità camaldolese è ancora oggi una grande riserva di grazia per l'umanità

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.

"Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto" (Is 35,5-6).


1. Con la descrizione di queste scene gioiose presentateci dal profeta Isaia per annunciare la felicità dei tempi messianici, mi rivolgo a voi, carissimi fratelli e sorelle, per manifestarvi, a mia volta, la profonda gioia di celebrare quest'oggi l'Eucaristia con voi davanti a questa vetusta Chiesa di santa Croce di Fonte Avellana, che con la sua linea scarna, essenziale, espressa nella solidità della nuda pietra, suscita nel cuore il senso dell'eterno e la certezza delle cose del cielo. Già la stessa purezza del mistico paesaggio, in cui questo insigne Eremo è incastonato, è tale da predisporre l'animo alla meditazione ed all'adorazione di Dio, la cui infinita perfezione è riflessa nelle bellezze del creato.

Sono venuto a dissetarmi a questa fontana di spiritualità, in questa atmosfera in cui tutto è richiamo ai valori dello spirito. Qui dove regna il silenzio e domina la pace, Dio parla al cuore dell'uomo.

Saluto con sincero affetto la Comunità camaldolese incominciando dal loro Priore Generale, Padre Benedetto Calati; saluto in modo speciale il Cardinale Palazzini e tutti i Vescovi presenti, con particolare pensiero a Monsignor Costanzo Micci, il quale, come Vescovo locale, ha pure tanto auspicato questa visita; saluto con deferenza le Autorità politiche e civili della Regione marchigiana e della Provincia.

Saluto tutti i fedeli e i pellegrini, qui convenuti, per dare testimonianza della loro fede cristiana e per esprimere il loro attaccamento al successore di Pietro. A tutti dico: Sia lodato Gesù Cristo!


2. Al centro del Vangelo odierno è posta la figura del sordomuto che ottiene la guarigione. Gesù "allontanandolo, in disparte dalla folla, gli pose le dita nelle orecchie e con la saliva gli tocco la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: "Effathà", cioè "apriti!". E subito gli si aprirono le orecchie, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente" (Mc 7,33-35). Nel compiere questo miracolo, Gesù, con gesto significativo, prende il sordomuto e lo porta lontano dalla folla: là gli ridona la salute! L'"Effathà", cioè il modo più fruttuoso per aprirsi a Cristo e per conseguire la salvezza avviene sempre in un incontro strettamente personale fra l'uomo e Dio. Per essere vero seguace di Cristo occorre sapersi appartare, lasciarsi toccare da lui e aprirsi alla sua parola, ai suoi richiami e alla sua grazia santificante.

Mi sembra che nella vocazione camaldolese, che nel corso dei secoli ha trovato in Fonte Avellana uno dei più chiari e stabili punti di riferimento, si compia in modo particolare l'"Effathà" di Cristo, in quanto i Monaci scelgono di appartarsi, nel silenzio e nella solitudine, per meglio aprirsi con lo spirito alle realtà invisibili dei misteri di Dio.così facendo essi si pongono a contatto diretto con Cristo ed occupano un posto eminente nella Chiesa, suo mistico Corpo, perché "offrono a Dio un eccellente sacrificio di lode e con assai copiosi frutti di santità onorano il Popolo di Dio e lo muovono con l'esempio, come pure gli danno incremento con misteriosa fecondità apostolica. perciò sono una gloria per la Chiesa e una sorgente di grazie celesti" (PC 7).


3. Come in ogni vita contemplativa, anche nella vocazione camaldolese l'impegno principale dei Monaci consiste nella lode di Dio, e cioè nell'esaltare, magnificare e riconoscere la sua superiorità, il suo amore, la sua fedeltà, la sua giustizia e il suo meraviglioso disegno di salvezza. E' bello pensare alla lode che da più di un millennio sale ininterrottamente a Dio da questo Monastero ad opera di generazioni e generazioni di Monaci che hanno fatto del Salterio il loro canto ufficiale sulle note immortali delle melodie gregoriane. Quella lode che i Monaci hanno poco fa espressa al Signore, manifestando le grandi opere che egli non cessa di compiere attraverso i secoli, quando, come abbiamo sentito dal Salmo responsoriale, "libera i prigionieri, ridona la vista ai ciechi, rialza chi è caduto, ama i giusti, protegge lo straniero, sostiene l'orfano e la vedova, sconvolge le vie degli empi" (cfr. Ps 145).

Sono questi altrettanti motivi per i quali si deve dar lode perenne a Dio e per cui i Monaci lasciano il mondo per consacrare a lui la propria vita. E consiste in ciò l'essenza della vita contemplativa, giacché è dalla fervente preghiera di lode a Dio che soprattutto saranno resi fecondi gli sforzi della Chiesa per comunicare al mondo la salvezza operata dal Redentore divino sulla Croce. Per questo gli Istituti di vita contemplativa hanno una parte notevole anche nella evangelizzazione del mondo.


4. Questa forma di vita comporta per il religioso uno svuotamento ed un rinnegamento di sé, sull'esempio del Cristo, il quale "spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo" (Ph 2,7). Comporta il distacco dai beni di questo mondo, che ci incatenano alla terra, non permettendoci di sollevare lo sguardo per conferire col Signore. Comporta la scelta della povertà evangelica, che libera l'anima dalle preoccupazioni del mondo e la rende disponibile ad accogliere i doni dall'Alto. Per questo, come dice san Paolo, "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti" (1Co 1,27). E san Giacomo nella seconda lettura di questa liturgia così ci interpella: "Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del Regno che ha promesso a quelli che lo amano?" (2,5). Giacomo, nell'affermare ciò, pensava sicuramente alle parole di Gesù: "Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei cieli" (Mt 5,3). E' in Gesù infatti che si è rivelato, in tutta la sua luce, il valore della scelta che Dio fa dei poveri, avendo egli sposato la loro sorte e la loro causa. E' stato povero lui stesso ed ha additato nei poveri i destinatari privilegiati del suo Vangelo, essendo stato "mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio" (Lc 4,18). Gesù ama e predilige coloro che scelgono la povertà evangelica, perché essa è il terreno "buono" sul quale la parola attecchisce, si sviluppa e porta frutto e perché sa "quant'è difficile per coloro che possiedono ricchezze entrare nel Regno di Dio" (Lc 18,24).

I Monaci, vivendo in pienezza questa beatitudine evangelica della povertà, sono gli eredi di questo Regno, di cui annunciano la buona novella non solo con la predicazione, ma soprattutto con l'imitazione di Cristo povero, vergine ed obbediente fino alla morte.


5. Solitudine, apertura a Dio, povertà evangelica: sono queste le considerazioni che oggi salgono dalle pagine sacre che abbiamo poco fa proclamate, ma sono anche altrettanti ideali a cui si sono ispirati in questi mille anni i Monaci di questa Abbazia di Fonte Avellana, resa celebre, per profondità di sapere e per santità di vita, da innumerevoli religiosi, tra cui spicca la grande figura di san Pier Damiani, eremita, Dottore della Chiesa. Fu appunto lui a dare un'impronta durevole alla Fondazione avellanita di ispirazione romualdina e a concretizzare la prassi di vita in regole scritte e in ordinamenti giuridici, avendo a cuore la salvaguardia della solitudine del luogo, la sua autonomia e la libertà dell'Eremo dalle ingerenze esterne. Con la fondazione poi di nuovi Eremi e di altri tre Monasteri getto le fondamenta di questa Congregazione, facendo delle varie Comunità quasi un unico corpo, mediante la fusione degli elementi essenziali dell'Anacoretismo orientale e del Cenobitismo benedettino. Grande riformatore e moralista, egli fu accanto a sei Papi, che si distinsero soprattutto nella lotta per l'integrità della Chiesa e per la dignità del sacerdozio. Ma quello che più desidero san Pier Damiani fu la pace del suo quieto Monastero di Fonte Avellana, dove non appena gli era possibile, ritornava in veste di semplice monaco, rinunciando a tutti gli onori che gli derivavano dalla sua dignità di Vescovo e Cardinale, e da dove ripartiva, in spirito di obbedienza, non appena si richiedeva la sua opera di pacificatore, in un'epoca storica così travagliata e divisa da rivalità e guerre intestine.

Seguendo le orme del suo grande maestro l'Abate san Romualdo, ravennate come lui, egli, in un periodo in cui la Chiesa era afflitta da gravi mali, intravide, come antidoto, la necessità di una vita religiosa dedita prevalentemente alla contemplazione ed alla solitudine, affermando il primato della ricerca di Dio su tutti i valori contingenti.

La storia di questa Abbazia nasce e si sviluppa all'ombra di questa grande figura, la quale ancora oggi, a distanza di nove secoli dalla sua morte, non cessa di ammaestrare e di alimentare la vita dei suoi Monaci.


6. Infatti la spiritualità camaldolese oggi, in virtù anche della benefica spinta ricevuta dal Concilio Vaticano II, è più che mai fiorente nella Chiesa, costituendo una grande riserva di grazie, di aiuti spirituali per tutti i cristiani, anzi per tutta l'umanità.

Io sono venuto oggi a Fonte Avellana per onorare la testimonianza e il contributo che la vita monastica rende alla Chiesa e al mondo.

I Monaci hanno nella Chiesa un posto e una funzione dalla quale non si può prescindere, essendo la loro specificità provvida ed edificante per tutta la comunità ecclesiale. Essi infatti conservano ed affermano valori di cui il mondo non può fare a meno perché danno alla vita un significato, quando sono realmente vissuti in pienezza.


7. Ricordo con gratitudine il beneficio che personalmente ho ricevuto a contatto con i Monaci camaldolesi a Cracovia, e come i fedeli rimanessero profondamente edificati nel frequentare i loro Eremi, da cui si diffondeva un senso segreto di pace, di letizia e di santità.

Essi infatti da quando sant'Adalberto li chiamo per la prima volta dall'Italia, si sono fatti guide sagge ed esemplari per tanti fedeli della mia Patria.

Carissimi Monaci camaldolesi di questa Abbazia o che in analoghi Monasteri vi dedicate con generosità al Signore: consentitemi che vi rivolga una esortazione ad amare sempre più la vostra vita caratterizzata dalla solitudine, dall'"Effathà" e dalla povertà per arricchire gli altri dei doni celesti. Ben consapevoli che la vostra solitudine non vi separa dalla Chiesa, ma al contrario ne intensifica la comunione, amate sempre più la Chiesa, vostra madre; sostenete con le vostre preghiere la sua ansia apostolica, il suo sforzo per la pace e la sua sofferenza per le drammatiche situazioni in cui vivono oggi tanti fratelli nella fede. Sappiate tradurre in preghiera e in penitenza queste grandi cause della Chiesa.

Continuando ora la celebrazione eucaristica, ringraziamo anzitutto Dio Padre per i mille anni di vita monastica in questa Abbazia di Fonte Avellana.

Chiediamogli la forza di perseverare in questa vita con coraggio e coerenza, accogliendo con animo generoso le parole del profeta Isaia, ascoltate nella prima lettura: "Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio... Egli viene a salvarvi" (35,4).

Amen!




1982-09-05 Data estesa: Domenica 5 Settembre 1982





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