GPII 1982 Insegnamenti - Alla comunità dei monaci camaldolesi - Serra sant'Abbondio (Pesaro)

Alla comunità dei monaci camaldolesi - Serra sant'Abbondio (Pesaro)

Titolo: Per salvare il mondo è necessaria anche la nostra croce

Testo:

Carissimi fratelli nel Signore!


1. Eccoci giunti all'incontro riservato a voi! Sono riconoscente all'Abate Priore per le cortesi espressioni che mi ha rivolto e sono grandemente lieto di rinnovare a ciascuno di voi il saluto che vi ho indirizzato nell'Omelia. Vi esprimo altresi il mio vivo compiacimento per la vostra vita di preghiera e di studio e, in particolare, per l'opera che svolgete a vantaggio della Chiesa.

Estendo il mio saluto alla rappresentanza delle Monache camaldolesi, la cui presenza in questo incontro mi richiama alla mente tutte le religiose claustrali sparse nel mondo, alle quali, anche in questa circostanza, desidero assicurare la mia stima e il mio apprezzamento per la loro vita di preghiera e di sacrificio, e per il quotidiano impegno di donazione ilare e generosa alle esigenze radicali del messaggio evangelico.

Questa mia visita a Fonte Avellana rimarrà indelebile nel mio animo e, mentre vi assicuro il ricordo nelle mie orazioni, sono certo di risentire poi la nostalgia per questi mistici luoghi, dove, "contento nei pensier contemplativi" (Dante Alighieri, "La divina Commedia", "Paradiso", XXI 117), san Pier Damiani trascorse parecchi anni della sua vita. E il mio augurio è che Fonte Avellana possa riprendere nuovo e fervido impulso, come centro di formazione e di spiritualità, come faro di fede e di certezza, come casa sobria ed ospitale per chi vuole incontrarsi con Cristo ed ascendere verso le vette della verità e della grazia.


2. La prima riflessione che sgorga dal mio animo è l'invito a valorizzare il più possibile il silenzio e la contemplazione. In questo luogo, tale considerazione è quasi scontata; tuttavia è molto utile, se non necessaria, specialmente oggi, nel ritmo sempre più accelerato degli avvenimenti, nel vorticoso imporsi dell'ingranaggio implacabile degli impegni e dei programmi. Fonte Avellana ribadisce il valore essenziale della vita interiore, dell'unione con Dio, della riflessione sulle verità eterne, del silenzio anche esteriore. Il Concilio Vaticano II ha fatto giustamente notare che molto spesso "si genera uno squilibrio tra la preoccupazione dell'efficienza pratica e le esigenze della coscienza morale, nonché molte volte tra le condizioni collettive della vita e le esigenze del pensiero personale ed anche della contemplazione" (GS 8).

perciò è necessario creare delle zone e delle oasi di "orazione", ritagliare ogni giorno un tempo specifico per la preghiera, per non essere influenzati o travolti dal clima di lotta, di disordine e di peccato che agita il mondo. Anzi, possiamo affermare che, proprio nella nostra epoca, si fa maggiormente sentire l'aspirazione del Salmista: "Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, Dio - L'anima mia ha sete di Dio, del Dio Vivente: quando verro e vedro il volto di Dio?" (Ps 41 [42],2-3). Dice ancora il Concilio: "Dio ha chiamato e chiama l'uomo a stringersi a lui con tutta la sua natura in una comunione perpetua con la incorruttibile vita divina" (GS 28).

Anche nel mondo contemporaneo la vita monastica mantiene il suo pieno valore ed è di insegnamento e di incoraggiamento alla società in genere, ed in particolare alla vita religiosa e sacerdotale, anch'essa esposta al pericolo della secolarizzazione.


3. La seconda riflessione che vi affido proviene dal messaggio della Croce, tipico di Fonte Avellana. Il titolo stesso della fondazione indica la mentalità dei primi eremiti; e la vita ascetica ed austera condotta dai monaci, con penitenze e flagellazioni, digiuni e prolungate preghiere, significa l'impegno propiziatorio e soddisfattorio della loro scelta. Si può dire che la Croce è il fondamento ed il contenuto della spiritualità di Fonte Avellana nei primi secoli della fondazione; e tutta la teologia e l'ascetica di san Pier Damiani sono permeate dalla Croce redentrice di Cristo. "Regnavit a ligno Deus!": la realtà salvifica della Passione e morte in Croce di Gesù Cristo, il Verbo Incarnato, rimane per tutti i secoli.

Dio ha voluto redimere l'umanità per mezzo della sua Croce: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, affinché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

Per salvare il mondo e per salvare noi stessi è necessaria anche la nostra croce. Specialmente in questa nostra epoca, caratterizzata dalla mentalità del benessere e del piacere, sono necessari il messaggio e l'esempio della mortificazione e del sacrificio, ricordando il detto dell'Imitazione di Cristo: "Tantum proficies, quantum tibi ipsi vim intuleris" (Libro I, c. XXV,11).


4. Carissimi! Voi ben conoscete l'opuscolo di san Pier Damiani intitolato "Dominus vobiscum" (PL 145, 225ss), un piccolo capolavoro di teologia e di mistica, in cui egli espone la dottrina dell'unità della Chiesa, fondandola sulla preghiera, sul Sacrificio dell'Altare insieme con la Comunione Eucaristica, e sul ciclo liturgico. Così scriveva il Santo: "Licet multiplex videatur Ecclesia propter numerositatem gentium, una tamen et simplex est, unius fidei et divinae regenerationis confoederata Mysterio" (PL 145, 225ss). L'unità nella Chiesa Cattolica e tra le Chiese cristiane: deve essere questo anche il vostro assillo quotidiano! Maria santissima, che fu tanto amata e venerata a Fonte Avellana lungo i secoli dai monaci ed in particolare da san Pier Damiani, suo apostolo e suo cantore, vi illumini e vi ispiri ad essere sempre anche voi testimoni dell'unità, nella verità e nella carità! Con questi voti, vi imparto di cuore la mia benedizione.




1982-09-05 Data estesa: Domenica 5 Settembre 1982






Al personale e ai malati dell'Opera della Provvidenza di sant'Antonio - Padova

Titolo: Con quest'opera di carità voi testimoniate la fede

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. Sono lieto di iniziare la mia visita alla città di Padova con questo incontro con voi, ospiti dell'"Opera della Provvidenza sant'Antonio", divenuta, nel giro di pochi anni dalla fondazione, un punto di riferimento, segno e stimolo di non poche iniziative ispirate ai valori del Vangelo, in una regione tradizionalmente ricca di testimonianze cristiane.

Già la mia stessa presenza qui, in mezzo a voi, alla periferia della città conosciuta nel mondo per la fama di un Santo che da essa prende nome, vuole essere a sua volta un segno delle ragioni molteplici della mia gioia fondata, innanzitutto, sulla costatazione della continuità vitale con la tradizione della Chiesa, che è strettamente legata all'esercizio della carità.

Ispirandosi all'insegnamento del divin Maestro, secondo il quale nel Regno dei cieli gli ultimi diventeranno i primi, la Chiesa ha fatto si che, nel corso dei secoli, gli ultimi secondo la mentalità del mondo - e cioè i bisognosi, i poveri, i piccoli, i vecchi, gli ammalati, gli emarginati d'ogni specie, insomma coloro che la società respinge ed ai quali spesso la stessa famiglia non è in grado di assicurare adeguata assistenza - fossero già i primi nel suo cuore di Madre, trovando in lei e nelle sue opere un posto di particolare attenzione.

Così è stato ieri, quando i cristiani della Comunità primitiva mettevano insieme le proprie sostanze per andare incontro ai fratelli in tutta la gamma delle loro necessità e delle loro sofferenze morali e fisiche; quando i Padri della Chiesa sentirono il bisogno di organizzare l'assistenza, per renderla più efficiente; e così, già nel quarto secolo, allorché sul piano civile il problema era ufficialmente ignorato, nasceva, per iniziativa del grande san Basilio, un'intera città finalizzata a obiettivi di assistenza e di recupero. Da allora, in ogni angolo della cristianità sparsa nel mondo, s'è avvertita la spinta a costruire una rete fitta e diffusa di opere caritative, a sollievo del dolore umano.

Con questo stesso spirito è nata a Padova, venticinque anni fa, l'Opera della Provvidenza, per volontà dell'allora Vescovo della diocesi patavina, Monsignor Girolamo Bortignon, che nel suo animo francescano seppe trovare la forza di superare ogni difficoltà e, sotto il patrocinio dell'Episcopato Triveneto, con l'incoraggiamento dell'allora Patriarca di Venezia Angelo Roncalli, creo quest'istituzione giustamente considerata Piccolo Cottolengo del Veneto.

Vorrei salutarvi ad uno ad uno, cari ospiti di questa casa, per assicurarvi del mio affetto e dirvi che vi sono intensamente vicino. Estendo poi il mio cordiale saluto alle Suore Francescane Elisabettine e a tutto il Personale dirigente, come pure a tutti i volontari ed a quanti, in qualsiasi modo, sono impegnati in un'attività umana e cristiana così preziosa.


2. Ma la ragione, direi, più profonda e più vera della mia gioia, oggi, è la costatazione della testimonianza di fede e di carità, che l'Opera della Provvidenza sant'Antonio rende oggi in un mondo che così facilmente, e in tanti modi, respinge il prossimo, perché rifiuta Gesù.

L'amore a Gesù infatti si trasforma in accoglienza del fratello. La testimonianza di fede diventa contemporaneamente una testimonianza di carità. Due virtù inscindibili tra di loro, perché camminano insieme sul binario unico della duplice dimensione: Dio e uomo. Chi ama Dio ama l'uomo e, amando l'uomo, ama Dio.

"Chi, infatti, non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (Jn 4,20).


3. Tra gli aspetti che caratterizzano l'Opera della Provvidenza - e per me questo costituisce un altro motivo di gioia - mi è stato detto che v'è la preghiera, che voi elevate incessantemente a Dio. Il centro di questa vostra casa è l'Eucaristia, esposta e adorata durante tutto il giorno. Vivissima è anche la devozione a Maria, Madre della Chiesa, sempre pronta a correre in aiuto al figlio che soffre e si rivolge a lei.

Cari fratelli e sorelle, continuate a pregare Gesù e Maria per voi, per i sofferenti nel mondo, per la Chiesa universale.

E così, come segno dell'assistenza divina su ciascuno di voi, sull'Opera e sul suo sviluppo, imparto di gran cuore la mia particolare benedizione apostolica.




1982-09-12 Data estesa: Domenica 12 Settembre 1982




Il saluto alle autorità civili in piazza Garibaldi - Padova

Titolo: Solidarietà e collaborazione per promuovere il bene comune

Testo:


1. La ringrazio cordialmente, signor Ministro, per il saluto che, nella sua qualità di Rappresentante del Governo italiano, e soprattutto del signor Presidente della Repubblica, ha voluto rivolgermi; e con pari sentimento ringrazio lei, signor Sindaco, per le cortesi parole, con le quali si è fatto interprete dell'intera popolazione; esprimo poi il mio saluto e la mia gratitudine a tutti voi, carissimi padovani, per questa accoglienza così cordiale che avete voluto riservare al mio arrivo in questo nodo importante della terra veneta che mi è dato di toccare per la seconda volta, dopo la visita da me compiuta al paese natale del mio predecessore, l'amato Papa Giovanni Paolo I.

Questa mia visita è l'adempimento della promessa che avevo fatto due anni fa, accogliendo l'amabile invito delle Autorità religiose e civili, di onorare la tomba di sant'Antonio, in occasione del DCCL anniversario della sua morte. Vengo dunque come pellegrino tra i pellegrini, che qui accorrono innumerevoli da tutto il mondo, attratti dal richiamo del celebre Santuario che ne conserva le venerate spoglie e che, dedicato alla santa Madre di Dio è come il simbolo della fede antica e robusta di un popolo giustamente orgoglioso del suo passato e, nel contempo, aperto alle grandi possibilità del futuro.


2. Sono lieto di trovarmi a Padova, che nell'antichità era annoverata tra le "urbes opulentissimae" e che fu tra le prime ad aprirsi al cristianesimo, rimanendo, pur tra luci ed ombre che si alternarono nei secoli della sua storia, centro di culture ed esperienze diverse, come dimostrano le vetuste mura, le Chiese, i palazzi della Reggenza e dell'Università. Nel segno di queste gloriose memorie, ancor oggi operanti nel costume e nei tratti caratteristici della sua gente, esprimo l'auspicio di una sempre più responsabile presa di coscienza dei valori che devono animare le nuove, progredienti attività: intendo la religiosità anzitutto, che è patrimonio insostituibile e garanzia per la formazione dell'uomo e del cristiano; l'etica familiare, qui fortunatamente molto sentita, ma pur sempre insidiata; il rispetto delle civili istituzioni e delle leggi che le regolano; il senso della solidarietà e della reciproca collaborazione per la ricerca e la promozione del bene comune.


3. Il tributo poi che, insieme con voi, intendo ora rendere alla Vergine santa, deponendo una corona di fiori ai piedi di questa colonna che ne sostiene e ne esalta la cara immagine, sia invocazione della protezione della Madonna ed insieme auspicio di sempre più felici incrementi per questa città, per la sua vasta provincia e per la più vasta diocesi, sui cui abitanti invoco dal Signore l'abbondanza delle grazie celesti.




1982-09-12 Data estesa: Domenica 12 Settembre 1982




Al corpo accademico dell'università - Padova

Titolo: Ricerca della verità e formazione dei giovani per la vera libertà dell'uomo

Testo:

Illustrissimo Rettore Magnifico, chiarissimi Professori.


1. Con viva e profonda gioia mi trovo qui oggi, in mezzo a voi, in questa celebre Università e vi porgo il mio saluto, unito al sentimento di alta stima nei confronti della cultura, che voi rappresentate, e di questo luogo privilegiato, in cui essa ha avuto singolari manifestazioni, che hanno lasciato una incisiva impronta nel pensiero umano. Vi ringrazio di cuore per la vostra gentile accoglienza; in modo particolare ringrazio lei, signor Rettore, per le nobili parole pronunciate a nome di tutto il Corpo Accademico.

E' sempre emozionante entrare in una Università, per chi conosce il significato del luogo di cui valica la soglia; ma lo è tanto più entrare in questo Ateneo, che ha annoverato tra docenti ed alunni tanti illustri personaggi ed ha registrato nella sua storia secolare non pochi episodi ricchi di interesse e di importanti riferimenti. Sembra quasi di vedere con noi l'eletta schiera di dotti che, nei secoli passati, hanno portato avanti, talvolta tra grandi prove, l'impegno della ricerca e dell'insegnamento: Nicolo Copernico, il Cardinale Bessarione, Nicola Cusano, Pico della Mirandola, Galileo Galilei, il Guicciardini, Torquato Tasso, il Telesio, Erasmo da Rotterdam, e numerosi altri. Quanti nomi celebri, che insieme a molti altri, fin dall'anno 1222, data di fondazione consacrata dalle memorie storiche, hanno onorato questa Università! Mi è gradito in questo momento ricordare anche coloro che qui hanno studiato e che la Chiesa ha dichiarato "santi": Alberto Magno, Giovanni Nepomuceno, Gaetano Thiene, Antonio Maria Zaccaria, Roberto Bellarmino, Francesco di Sales, Gregorio Barbarigo. Santi, Beati, futuri Pontefici, Cardinali, Vescovi, teologi, filosofi, medici, scienziati, letterati di valore si sono formati in queste aule o vi hanno insegnato.

Per me è anche motivo di grande gioia poter sottolineare i rapporti dell'Università di Padova con la mia Patria. Già fin dal secolo XIII numerosi studenti polacchi si trovavano a Padova, che allora e in seguito preparo per la Polonia una nutrita schiera di medici, di filosofi, di botanici, di matematici, di responsabili nella gerarchia ecclesiastica. Per questo, nel 1964, in occasione del DC anniversario di fondazione dell'Università di Cracovia, sentii il dovere di rendere visita al vostro Ateneo. Anche qui, in certo modo, batte il cuore polacco, ed io mi sento commosso, e vi ringrazio a nome della mia Patria! Vorrei inoltre esprimere la grande considerazione che ho per l'importanza sociale, civile, politica di questa Università nel contesto non solo della Città, ma anche dell'Italia e di altre Nazioni. E' un sentimento che diventa ansia e preoccupazione, per l'influsso determinante e continuo che questo Centro di studi ha sulla vita sociale, sulla formazione delle coscienze e degli ideali, sulle realizzazioni del presente e sulle prospettive del futuro.


2. Dopo questa premessa, vorrei intrattenermi brevemente con voi su due fondamentali finalità dell'Università, quella scientifica e quella pedagogica, con riferimento anche al motto tanto significativo, che da secoli è vostro ideale e programma: "Universa Universis Patavina Libertas", il quale penso voglia indicare lo spirito con cui è sorto questo Ateneo e la larghezza di vedute con cui la cittadinanza di allora lo ha accolto, mettendo quasi a disposizione di tutti la sua libertà.

Fin dalle origini dell'Università è stata concepita come universale, nel senso cioè di una istituzione aperta a tutti e volta a coltivare ogni forma di sapere ed a studiare la verità in ogni sua espressione: scientifica, filosofica, teologica. Compete quindi all'Università la ricerca della verità in tutti i settori e la trasmissione di essa mediante l'insegnamento.

Le verità proprie dei differenti rami della realtà sono studiate in modo ordinato, sistematico e approfondito nelle distinte articolazioni in cui si divide l'Università: facoltà, istituti, dipartimenti; ma l'Università, in quanto tale, ha come compito lo studio di tutta la verità, e solo dalla conoscenza di questa trae criteri validi per organizzare e conferire significato agli studi dei singoli settori.

Ora lo studio della verità in quanto tale spetta, come voi sapete, a quella nobile disciplina, che si chiama metafisica, la quale colloca al loro posto i differenti aspetti della verità e li integra in modo gerarchico, ricostruendo sul piano del conoscere quell'unità profonda delle cose, che già si attua sul piano dell'essere. E' importante che questa superiore visione nella quale si integrano e unificano le sfere specializzate del sapere, sia coltivata in un centro di studi come questo. Infatti ciò che costituisce essenzialmente e specificamente l'Università è precisamente questa unità superiore del sapere, che si ottiene soprattutto mediante la metafisica, e in particolare mediante la metafisica cristiana, la quale conferisce un senso umano e cristiano a tutti i rami del conoscere e in tal modo li assume all'interno di una visione globale della realtà.

Di qui l'urgenza per ogni Università, che voglia rinnovarsi e riscoprire la sua vera missione, di far luce sul suo scopo principale, quello dello studio della verità in ogni suo aspetto.

Venendo oggi qui nella mia qualità di umile Vicario di Colui che è la Verità, mi rivolgo a voi, non solo in quanto credenti ma anche come studiosi, e vi chiedo di amare, cercare, coltivare, approfondire e insegnare la verità, affinché possiate crescere interiormente e far crescere i vostri discepoli.


3. L'altra finalità dell'Università, su cui desidero attirare la vostra attenzione, è quella pedagogica, che ha come scopo non solo l'istruzione, ma anche la formazione delle giovani generazioni.

Quello dell'educazione è un fenomeno tipicamente umano, poiché solo l'uomo può e deve educarsi. Mediante l'opera educativa egli si individualizza nei vari settori dell'esistenza e, di conseguenza, si individualizza, diventa sempre più compiutamente un "Io", una persona anche a livello psicologico, dopo esserlo stato fin dal grembo materno a livello ontologico.

Ovviamente, la concezione che si ha della educazione dipende dalla concezione che si ha dell'uomo e del suo destino. Solo dopo che si è ben compreso chi è l'uomo in se stesso e qual è il traguardo ultimo della vita umana, si pone correttamente e logicamente il problema di come guidarlo alla conquista del suo traguardo personale.

Tenendo conto delle componenti della natura umana, gli autori cristiani, e non di rado anche quelli non cristiani, insistono sulla necessità che nel giovane in formazione e anche nell'adulto, si coltivi maggiormente la dimensione spirituale, che è la dimensione dell'"essere" anziché dell'"avere". Vorrei al riguardo ricordare ancora una volta quanto ho detto circa la cultura ai rappresentanti dell'Unesco, nella mia visita alla loro Sede, per ribadire che nella educazione l'attenzione maggiore va rivolta alla dimensione dello spirito ("Discorso", 7; 2 giugno 1980: "Insegnamenti", III, 1 [1980] 1640).

L'obiettivo della educazione deve essere sempre quello di rendere l'uomo più maturo, ossia di fare di lui una persona, che porti alla perfetta e completa realizzazione tutte le proprie possibilità e attitudini. Ciò si ottiene mediante un paziente approfondimento ed una progressiva assimilazione dei valori assoluti, perenni e trascendenti..

Storicamente ogni società si è costruita un progetto umano, un ideale di umanità, su cui plasmare i propri cittadini: l'eroe, il sapiente, il cavaliere, l'oratore, il filosofo, lo scienziato, il tecnocrate, ecc. Per una società che voglia assumere i suoi valori dal cristianesimo, o ispirarsi ad esso, l'ideale pedagogico deve essere Gesù Cristo, che è la realizzazione più perfetta dell'immagine di Dio impressa nell'uomo.

Contrasta con tale visione una società edonistica e consumistica che, cercando di cancellare dall'essere dell'uomo la dimensione spirituale, si priva con ciò stesso di ogni autentico progetto di umanità da proporre ai suoi membri.

E' questa, a mio avviso, la ragione principale del grave sbandamento, di cui è vittima la gioventù odierna, la quale si ritrova, proprio nella fase più importante della sua formazione, com'è quella che ha luogo nelle Università, priva di ideali da seguire e di progetti di vera umanità da realizzare. Si spiegano così anche talune sintomatiche forme di violenza, con cui certi gruppi esprimono la propria insoddisfazione o si illudono di poter realizzare, con atti di terrorismo, fallaci progetti di nuove società.


4. Uno dei valori più importanti da tener presenti nella formazione della persona è quello della libertà. Questa pero è, purtroppo, fra i valori maggiormente fraintesi e più gravemente manomessi dalla società in cui viviamo, nonostante che la cultura moderna ne abbia fatto il suo vessillo.

Ciò è dovuto ad una errata concezione, che fa dell'uomo un essere supremo e indipendente, mentre egli è un essere creaturale, che dipende da Dio; un essere finito e socievole, che per la sua nascita, il suo sviluppo, la sua sopravvivenza ha costantemente bisogno dell'aiuto dei propri simili. Nel triangolo, che s'iscrive fra il proprio io, gli altri e Dio, la libertà trova il suo significato e le finalità per cui impegnarsi a fondo ed esercitarsi costantemente.

Per restituire all'uomo una libertà che sia veramente tale, è perciò necessario anzitutto recuperare quella visione religiosa e metafisica dell'uomo e delle cose, che è l'unica a determinare la giusta misura dell'essere umano e del suo rapporto con i suoi simili e con l'ambiente circostante. Una volta accettato questo ordine di idee, bisognerà impegnarsi senza soste per sottrarre la libertà a quelle aberrazioni ideologiche, che finiscono per negarla, e a tutte quelle manipolazioni ed oppressioni politiche, sociali, economiche, tecnologiche, che minacciano di soffocarla o di annientarla. Nel contempo si dovrà operare incessantemente per educare l'uomo al retto uso della libertà, proponendogli veri e nobili ideali di vita e aiutandolo ad agire per realizzarli.

Mi sembra che queste riflessioni si possano applicare anche all'antico e singolare motto sopra citato, a cui vengono ricondotti molti "fasti", che costituiscono la fierezza e la specificità di questo Ateneo e che ho appresi con grande interesse.


5. Al termine di queste considerazioni mi rivolgo a voi, Docenti, che spesso sentite drammaticamente la vostra responsabilità di educatori e talvolta provate anche amare delusioni e vi ripeto le parole del Concilio Vaticano II: avete una vocazione meravigliosa e molto importante! (cfr. "Gravissimus Educationis", 5).

Qualunque sia la materia dei vostri interessi e del vostro insegnamento, adoperatevi con serietà e con entusiasmo a formare uomini amanti della cultura autentica e della genuina libertà, capaci di emettere giudizi personali nella luce della verità, impegnati a compiere tutto ciò che è vero, buono e giusto.

Per mezzo vostro e dei loro rappresentanti, che si trovano in quest'Aula, auguro cordialmente a tutti gli Alunni di questa Università di trovare in essa gli aiuti e gli esempi necessari per una completa formazione culturale ed umana, e in particolare di respirarvi quel clima di vera libertà, che è atto a favorire in essi una continua crescita, il senso del dovere ed il rispetto verso gli altri.

Sullo stemma e sul sigillo del vostro Ateneo sono impresse le immagini del Cristo Redentore e di santa Caterina di Alessandria, patroni rispettivamente dei due Studi, che all'origine componevano l'Università, quello degli "artisti" e quello dei "legisti": il Cristo, Via Verità e Vita; una donna, che, secondo la tradizione, fu cultrice di filosofia e di teologia e diede la vita per la fede.

A questi Patroni affido ciascuno di voi, tutti gli studenti e tutto il personale di questa Università, insieme con i loro problemi e le loro aspettative, ed auspicando una sempre più vigorosa ed efficace attività culturale e sociale, invoco su tutti la benedizione dell'Altissimo, che vi illumini, vi guidi, vi conforti.




1982-09-12 Data estesa: Domenica 12 Settembre 1982




L'omelia della Messa nella basilica di sant'Antonio - Padova

Titolo: Predicazione e penitenza ministeri irrinunciabili e preziosi

Testo:

Amati confratelli della Comunità Francescana, e voi tutti, carissimi fratelli e sorelle.


1. Considero una speciale grazia del Signore il poter unire quest'oggi le mie alle vostre preghiere, a chiusura ideale delle solenni celebrazioni promosse nello scorso anno, per il 750° anniversario della morte di sant'Antonio. Vorrei riferirmi subito a quella nota peculiare che si presenta come costante nella vicenda biografica di questo Santo, e che chiaramente lo distingue nel panorama pur tanto vasto e pressoché interminato della santità cristiana. Antonio - voi ben lo sapete - in tutto l'arco della sua esistenza terrena fu un uomo evangelico; e se come tale noi lo onoriamo è perché crediamo che in lui si è posato con particolare effusione lo Spirito stesso del Signore, arricchendolo dei suoi mirabili doni e sospingendolo "dall'interno" ad intraprendere un'azione che, notevolissima nei quarant'anni di vita, lungi dall'essersi esaurita nel tempo, continua, vigorosa e provvidenziale, anche ai nostri giorni.

Nel rivolgere il mio affettuoso saluto a quanti siete ora raccolti intorno all'altare, io vi invito innanzitutto a meditare proprio sulla nota dell'evangelicità, la quale costituisce anche la ragione per cui Antonio è proclamato "il Santo".

Senza fare esclusioni o preferenze, è un segno, questo, che in lui la santità ha raggiunto vette di eccezionale altezza, imponendosi a tutti con la forza degli esempi e conferendo al suo culto la massima espansione nel mondo. In effetti, è difficile trovare una città o un paese dell'orbe cattolico, dove non ci sia per lo meno un altare o una immagine del Santo: la sua serena effige illumina di un soave sorriso milioni di case cristiane, nelle quali la fede alimenta, per mezzo suo, la speranza nella Provvidenza del Padre celeste. I credenti, soprattutto i più umili e indifesi, lo considerano e sentono come il loro Santo: pronto sempre e potente intercessore in loro favore.


2. "Exsulta, Lusitania felix; o felix Padua, gaude", ripetero col mio predecessore Pio XII (cfr. AAS 38 [1946] 200): esulta, nobile terra del Portogallo, che nella schiera numerosa dei tuoi grandi missionari francescani hai come capofila questo tuo figlio. E rallegrati tu, Padova: alle glorie della tua origine romana, anzi preromana, ai fasti della tua storia a fianco della vicina ed amica Venezia, tu aggiungi il titolo nobilissimo di custodire, col suo sepolcro glorioso, la memoria viva e palpitante di sant'Antonio. Da te, infatti, il suo nome si è diffuso e risuona tuttora nel mondo per quella nota peculiare, già da me ricordata: la genuinità del suo profilo evangelico.

Un vasto ambito, in cui si espresse al meglio tale evangelicità di sant'Antonio, fu senza dubbio quello della sacra predicazione. Qui appunto, nell'annuncio sapiente e coraggioso della Parola di Dio troviamo uno dei tratti salienti della sua personalità: fu l'attività indefessa di predicatore, accanto ai suoi scritti, che egli ha meritato l'appellativo di "Doctor Evangelicus" (cfr. AAS 38 [1946] 201). "Passava - annota il biografo - per città e castelli, villaggi e campagne, dovunque spargendo i semi della vita con generosa abbondanza e con fervente passione. In questo suo peregrinare, rifiutandosi ogni riposo per lo zelo delle anime..." ("Vita prima" o "Assidua", 9,3-4).

Non era la sua predicazione declamatoria, o limitata a vaghe esortazioni a condurre una vita buona; egli intendeva annunciare veramente il Vangelo, ben sapendo che le parole di Cristo non erano come le altre parole, ma possedevano una forza che penetrava gli ascoltatori. Per lunghi anni si era dedicato allo studio delle Scritture, e proprio questa preparazione gli consentiva di annunciare al popolo il messaggio di salvezza con eccezionale vigore. I suoi discorsi pieni di fuoco piacevano alla gente, che sentiva un intimo bisogno di ascoltarlo e non riusciva, poi, a sottrarsi alla forza spirituale delle sue parole.

Si può dire, pertanto, che allo stile evangelico, proprio del discepolo pellegrinante di città in città per annunciare la conversione e la penitenza, corrispondeva il contenuto evangelico: formato allo studio della Scrittura che al Pontefice Gregorio IX aveva suggerito per lui l'epiteto di "arca del Testamento", era soprattutto la pura dottrina di Gesù Cristo che egli riproponeva nel predicare agli uomini del suo tempo.


3. Al ministero della parola Antonio seppe congiungere, esplicandovi altrettanto zelo, l'amministrazione del sacramento della Penitenza. Grande sul pulpito, egli non fu meno grande all'ombra del confessionale, coordinando quanto per logica soprannaturale deve essere e rimanere congiunto. Predicazione e ministero della confessione, infatti, si collocano come due momenti di un'attività pastorale che mira in fondo al medesimo scopo: il predicatore prima semina la parola di verità, avvalorandola con la sua personale testimonianza e con la preghiera; ed egli stesso ne raccoglie poi i frutti come confessore, allorché riceve le anime sinceramente pentite e le offre, per il perdono e la vita, al Padre delle misericordie.

Facile e naturale era per Antonio il passaggio dall'uno all'altro ministero: già predicando egli parlava spesso della confessione, come confermano i suoi "Sermoni", dove sono rare le pagine che non ne contengono qualche cenno. Ma non si limitava ad esaltare le "virtù" della penitenza, né soltanto raccomandava di frequentarla ai suoi ascoltatori. Attuando personalmente le sue parole ed esortazioni, era molto assiduo ad amministrare il Sacramento. Vi erano giorni in cui Antonio confessava senza interruzione fino al tramonto, senza prender cibo.

Sappiamo, inoltre, che "egli induceva a confessare i peccati una moltitudine così grande di uomini e di donne, da non esser bastanti ad udirli né i frati, né altri sacerdoti che in non piccola schiera lo accompagnavano" (cfr. "Vita Prima" o "Assidua", 13,13).

Davvero per lui, secondo le sue stesse parole, "casa di Dio" e "porta del paradiso" era la confessione in una visione di fede così viva, che all'aspetto sacramentale e canonico (tanto approfondito dalla teologia medievale) imponeva come culmine l'incontro affettuoso col Padre celeste e l'esperienza confortante del suo generoso perdono.

Nella luce di Antonio ministro del sacramento della Penitenza, come non ricordare in questa città di Padova un altro religioso dellafamiglia francescana, il beato Leopoldo Mandic da Castelnuovo, l'umile e silenzioso cappuccino che, nella riservatezza della sua cella del convento di Santa Croce, fu per decenni ministro della confessione, infondendo col sacramento del perdono pace e serenità a innumerevoli persone di ogni età e condizione?


4. Sono esempi preclari quelli di cui sto parlando, carissimi fratelli e sorelle, che mi ascoltate. Ma trovandomi nel Tempio che da Antonio si nomina, permettete che, prima che ai Laici, io mi rivolga soprattutto a voi, religiosi, che qui attendete a questi sacri ministeri "ex officio", ed anche a voi, sacerdoti diocesani di Padova e del Veneto.

Predicazione e Penitenza: ecco un grande binomio di pura matrice evangelica, il quale dalla pratica luminosa di Antonio anche a voi si ripropone, essendo pienamente valido ed urgente per i nostri giorni, pur tanto dissimili dai suoi. Cambiano i tempi; possono cambiare, e di fatto cambiano secondo le indicazioni sapienti della Chiesa, metodi e forme dell'azione pastorale: ma i principi fondamentali di essa e, soprattutto, l'ordinamento sacramentale restano immutati, come immutati restano la natura ed i problemi dell'uomo, creatura ch'è al vertice della creazione divina, eppur sempre esposta alla drammatica possibilità del peccato. Ciò vuol dire che anche all'uomo d'oggi urge annunciare, inalterato nel suo contenuto, il kérigma di salvezza (ecco la predicazione); anche all'uomo peccatore urge offrire oggi lo strumento-sacramento della Riconciliazione (ecco la penitenza). Insomma, resta tuttora necessaria l'attività di evangelizzazione nella duplice direzione dell'annuncio e dell'offerta di salvezza.

Le celebrazioni antoniane, non saranno state soltanto una commemorazione, se in tutti voi sacerdoti, secolari o regolari, si svilupperà la coscienza di questi due ministeri irrinunciabili e preziosi, e se in voi laici si accrescerà il desiderio, anzi il bisogno di profittarne per il vostro spirituale progresso. Non è forse vero che tante volte una buona confessione si colloca in questo stesso processo come punto di partenza o di arrivo? Tutto ciò - notate - sempre nella linea evangelica della penitenza-conversione.

A Dio piacendo, nell'autunno del prossimo anno si terrà una nuova sessione del Sinodo dei Vescovi, che sarà dedicata alla penitenza ed alla riconciliazione. Dopo i grandi temi dell'evangelizzazione, della catechesi e della famiglia, è sembrato opportuno esaminare sotto tutti i suoi aspetti, non ultimo quello pastorale-sacramentale, questo grave argomento che impegna per tanta parte la vita e l'azione della Chiesa nel mondo.

In vista di tale evento ecclesiale, nella luce del Centenario Antoniano, a tutti voi qui presenti io dico di riflettere intorno al dono ineffabile della Riconciliazione: esorto i sacerdoti ad essere sempre ministri zelanti di essa (cfr. 2Co 5,18-19), come esorto i fedeli ad essere sempre disponibili e docili: "Lasciatevi riconciliare con Dio" (2Co 5,20).




1982-09-12 Data estesa: Domenica 12 Settembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Alla comunità dei monaci camaldolesi - Serra sant'Abbondio (Pesaro)