GPII 1982 Insegnamenti - Ai partecipanti alla 69° conferenza dell'unione interparlamentare - Città del Vaticano (Roma)

Ai partecipanti alla 69° conferenza dell'unione interparlamentare - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'arresto della corsa agli armamenti esigenza primaria dell'umanità

Testo:

Signor Presidente, Eccellenze, Signore e Signori.


1. Apprezzo in modo particolare la vostra presenza qui oggi, in occasione dell'importante Conferenza che la nobile Istituzione di cui voi siete membri sta tenendo a Roma. Vi ringrazio per la vostra visita.

I miei venerati predecessori non hanno mai mancato di manifestare il loro interesse all'Unione Interparlamentare e anche di prodigarle i propri incoraggiamenti. Per esempio, il Papa Pio XII, il 9 settembre 1948, sottolineava la permanenza e l'opportunità di una tale Associazione. E dieci anni fa, quando l'Unione tenne la sua precedente Conferenza in Italia, Papa Paolo VI volle rendere omaggio al vostro lavoro di parlamentari. Dopo aver visto la vostra azione politica nei riguardi del potere politico, dei nuovi "poteri" dei corpi intermedi e dei tecnocrati, Paolo VI diagnosticava una certa crisi di funzione e di identità del Parlamento, ma si augurava giustamente, nel quadro di una necessaria evoluzione, che questa istituzione ricoprisse ancora più efficacemente il suo ruolo, al di là delle dispute di partito e di un certo sterile gioco politico. Il Parlamento così compreso contribuisce infatti alla salvaguardia della democrazia.

L'esperienza non mostra forse tutti i giorni cosa rischia una nazione quando le Autorità governative da una parte e i gruppi di pressione dall'altra non lasciano più il loro giusto spazio ai rappresentanti della società, eletti democraticamente e operanti liberamente, in coscienza, per rispondere alle aspirazioni legittime dei loro compatrioti, ricercando il bene comune di tutto il popolo e tenendo conto delle realtà concrete così come dei diritti fondamentali delle persone e delle loro associazioni?


2. Guidati dalle profonde aspirazioni popolari che sono alla base del vostro mandato di rappresentanti, voi siete certamente molto coscienti dell'urgenza di contribuire alla sicurezza e al progresso di coloro che vi hanno mandati, non solamente a livello interno di ogni nazione, ma in un quadro sempre più vasto, sapendo lo stretto legame che c'e tra il bene comune di ogni popolazione e la sua realizzazione su scala mondiale.

Su questo piano internazionale, il valore dell'Unione Interparlamentare è del resto attestato dal sempre maggior numero di adesioni: più di un terzo nel corso degli ultimi dieci anni. La rappresentatività dell'Unione è tanto più grande in quanto, all'interno di essa, come del resto di altre Organizzazioni internazionali, siedono fianco a fianco delegati di popoli che si sforzano di mantenere o di migliorare il loro grado di prosperità, spesso elevato, e rappresentanti di popoli che stanno ancora lottando per la propria sopravvivenza, compromessa dalla fame, dalle malattie, dalla mancanza di beni di prima necessità.

Questa diversità di posizioni, così come le molteplici differenze politiche, sociali ed etniche, conferiscono all'Unione interparlamentare una notevole capacità di sintesi e di promozione, cosa che del resto è dimostrata dai temi che sono oggetto della vostra discussione in questi giorni: dal legame tra la riduzione delle spese per gli armamenti e lo sviluppo economico e sociale del Terzo mondo fino alla partecipazione dei parlamentari nel campo delle relazioni internazionali; dall'augurata uniformità delle legislazioni ecologiche destinate a salvaguardare l'equilibrio dell'ambiente fino ai mezzi concreti per combattere la fame nel mondo; ed ancora l'abbattimento dei resti del vecchio colonialismo o la salvaguardia da ogni forma di neocolonialismo.

Precisamente, piuttosto che ritornare sulla vostra funzione di parlamentari all'interno dei vostri paesi, vorrei affrontare alcuni di questi problemi mondiali, e altri che stanno particolarmente a cuore alla Chiesa cattolica.


3. Desidero prima di tutto ricordare il mio messaggio del giugno scorso alla seconda Assemblea straordinaria delle Nazioni Unite consacrata al problema di primaria importanza dell'arresto della folle corsa agli armamenti: non solamente delle armi nucleari, che certamente suscitano una profonda inquietudine, vista la loro terrificante capacità di distruzione, ma anche di quelle che vengono chiamate armi convenzionali, che assorbono immense risorse dell'umanità mentre quest'ultime possono e debbono essere destinate a tutt'altri scopi.

Non dobbiamo scoraggiarci. Certo, la riunione di New York non ha dato alla fine tutti quei frutti che si aspettavano i popoli e gli uomini veramente desiderosi della pace. Lascia pero la speranza di poter proseguire questo lavoro in profondità. Lavoriamo senza posa presso i competenti organismi, affinché la riduzione degli armamenti divenga una conquista effettiva delle attuali generazioni. Bisogna per questo rafforzare il clima di confidenza e di collaborazione. Le occasioni non mancano. Citiamo per esempio, per il continente europeo, la imminente ripresa della Conferenza di Madrid che può offrire l'occasione di apprezzabili progressi nella sicurezza e nella comprensione reciproca, nella linea dell'Atto finale di Helsinki. Ma penso anche a delle riunioni a livello degli altri continenti, americano, africano, asiatico, e ad iniziative che toccano tutto il pianeta.

All'inizio di quest'anno, nel mio abituale messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, ho definito la pace "un dono di Dio affidato agli uomini". La pace vi è dunque affidata, a voi in modo particolare, a causa della vostra vocazione politica attiva e delle vostre responsabilità maggiori in questo ambito: possiate contribuire alla salvaguardia della pace, alla sua fortificazione e instaurazione là dove manca! A questo proposito, come non avere in questo momento una preoccupazione particolare per il Medio Oriente? Ma non mi dilungo su questo tema, perché sapete senza dubbio che mercoledi scorso, al termine dell'udienza generale, ho chiaramente esposto la sollecitudine della Chiesa e la sua convinzione sui mezzi indispensabili per stabilirvi una pace reale.

Questo è per dirvi, Signore e Signori, a che punto la Chiesa sia pronta a dare il suo appoggio e il suo incoraggiamento a tutti gli sforzi seri che mirano alla pace, e non esiti a proclamare che se i cristiani hanno delle ragioni particolari per essere i testimoni attivi di questo dono divino della pace, non è meno vero che l'azione di tutti coloro che consacrano le loro migliori energie a questa causa, si inscrive nel disegno misterioso di Dio e, ai nostri occhi di cristiani, ha anche più importanza per il Regno di Dio inaugurato in Gesù Cristo, anche se se ne distingue (cfr. GS 39).


4. Parlando di disarmo, facevo allusione alle risorse e allo sviluppo. E' il problema della fame nel mondo che è qui in causa, e ho già notato con soddisfazione che esso fa parte del vostro ordine del giorno. La composizione della vostra Unione vi predispone a trattare con serietà questa questione cruciale del nostro tempo. Io stesso l'ho spesso affrontata, in particolare presso i delegati e i membri della FAO. Mi accontento qui di una constatazione e di un appello. Quando ascoltiamo gli esperti, non siamo forse colpiti dal paradosso, che lascia malessere nella nostra coscienza? Non solamente ci pongono davanti agli occhi le tremende statistiche della fame, ma ci rivelano anche che il mondo ha di che nutrire sufficientemente tutti gli uomini e che esiste un certo legame di causalità tra coloro che mangiano a sazietà e coloro che muoiono di fame. Per esempio, l'alimentazione disordinata degli uni, che consumano moltissimo cereale per il loro bestiame, quando trarrebbero giovamento dosando un nutrimento più equilibrato, non li conduce a privare i loro fratelli sotto-alimentati delle proteine strettamente necessarie alla loro sopravvivenza? E i circuiti di distribuzione non potrebbero essere migliorati? Ben altre questioni sembrano assillare la nostra coscienza. Si, devono esistere delle soluzioni per arrestare questa piaga dell'umanità: bisogna ricercarle, bisogna renderne cosciente l'opinione pubblica, bisogna farle mettere in opera. Come me, voi non potete non essere angosciati da questa tragedia; con voi io lancio un urgente appello affinché la nostra solidarietà in questo campo guadagni in efficacia, e io auguro che i mezzi esaminati da questa Conferenza vi contribuiscano.


5. D'altra parte, anche se questo esula dal programma della presente sessione, non posso lasciar passare un'occasione così importante senza ricordare alla vostra sensibilità di legislatori e di guide politiche, l'importanza fondamentale dei valori della famiglia e dei suoi compiti sociali. Questi devono anche trovare la loro espressione sotto forma di interventi politici, come ho ricordato nell'esortazione "Familiaris Consortio" (FC 44). Detto in altro modo, le famiglie devono essere le prime a vegliare affinché le leggi e le istituzioni dello Stato si astengano dal ferirle, ed anche sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri della famiglia. Non considerate questo compito primario delle famiglie come un'interferenza con il potere pubblico, a rischio di diminuire la sua autorità, perché si tratterebbe allora di una mancanza di coerenza con i ripetuti appelli alla partecipazione e all'iniziativa.

Sapete a che punto la Chiesa cattolica, da parte sua, difende, mantiene e promuove senza posa e in tutti i paesi, i valori della famiglia, quali la fedeltà coniugale, il senso della sessualità e le esigenze dei rapporti umani interpersonali, la dignità della donna, il dono e il rispetto della vita, il diritto e il dovere dell'educazione che spetta ai genitori. Se la Chiesa consacra tanta energia a testimoniare e dispiega tante iniziative in questo ambito mediante l'intervento dei suoi membri sacerdoti e laici, è perchè essa fa grande affidamento sulla santità del matrimonio per la vita dei cristiani e il progresso della Chiesa, ed è convinta che è ugualmente di capitale importanza per la società di cui la famiglia è la cellula prima e vitale. Essa augura che i diversi responsabili, soprattutto i legislatori, comprendano il grande valore di questo aspetto per l'avvenire delle società.


6. E' ancora opportuno ricordare il problema della libertà religiosa. Voi lo sapete, la Chiesa non chiede alcun privilegio al potere civile; con una chiarezza che, dopo il Concilio, è ancora più evidente che nel passato, essa ha definito una posizione globale secondo la quale la libertà religiosa non è che una delle facce del prisma unitario della libertà: questa è un elemento costitutivo essenziale di una società autenticamente moderna e democratica. Di conseguenza, nessuno Stato può pretendere di beneficiare di una stima positiva e a maggior ragione di essere considerato meritevole per il semplice fatto che sembra accordare la libertà religiosa, quando poi nei fatti l'isola da un contesto generale di libertà; e uno Stato non può definirsi "democratico" se pone ostacoli di qualsiasi tipo alla libertà religiosa non solamente per ciò che riguarda l'esercizio e la pratica del culto, ma ancor più per quanto riguarda la partecipazione su di un piano di uguaglianza alle attività scolari ed educative, così come alle iniziative sociali, nelle quali sempre più si articola la vita dell'uomo moderno. La storia, anche la più recente, attesta che i responsabili civili, preoccupati del bene del loro popolo, non hanno niente da temere dalla Chiesa; anzi, rispettandone le attività, essi procurano allo stesso popolo un arricchimento, perché utilizzano un sicuro mezzo di miglioramento e di elevazione.



7. Anche per voi, il senso delle vostre riunioni annuali non è quello di ricercare insieme questo miglioramento e questa elevazione per preparare un mondo piu umano? Non vi contentate infatti di dibattere e di confrontare le tecniche del lavoro parlamentare e i grandi temi di attualità politica. Attraverso le discussioni e i contatti che vi permettono di conoscervi reciprocamente, voi siete anche continuamente alla ricerca dei modelli che permettono di superare le profonde tensioni che nascono dalle diverse violazioni e limitazioni dei diritti dell'uomo, come per esempio lo sfruttamento nel campo del lavoro e i molteplici abusi che affliggono la dignità umana. Il 2 ottobre 1979, avendo avuto l'onore di parlare all'Assemblea delle Nazioni Unite, ho affermato che "il criterio fondamentale secondo il quale si può stabilire un confronto tra i sistemi socio-economici e politici non è, e non può essere, il criterio di natura egemonica o imperialista, ma può e deve essere quello di natura umanistica, cioè nella misura in cui ognuno di essi sia veramente capace di ridurre, di frenare e di eliminare al massimo le differenti forme di sfruttamento dell'uomo e di assicurargli, mediante il lavoro, non solo la giusta distribuzione dei beni materiali indispensabili, ma anche una partecipazione che corrisponde alla sua dignità, all'intero processo di produzione e alla vita sociale stessa che si forma attorno a questo processo. Non dimentichiamo che l'uomo, anche se dipende per vivere dalle risorse del mondo materiale, non può esserne lo schiavo, ma il signore" ("Discorso", 17; 2 ottobre 1979: "Insegnamenti", II,2 [1979] 535).

8. Vi ringrazio e mi felicito con voi, Sgnore e Signori parlamentari, per il contributo che apportate e continuerete ad apportare, in seno a ciascuno dei vostri Parlamenti e sul piano internazionale nel quadro della vostra Unione interparlamentare. Possiate aiutare, per parte vostra, il progresso umano dell'umanità che in numerosi settori è piegata sotto il peso di ingiustizie del passato o di nuove ingiustizie, che aspira ad un'uguaglianza di trattamento e ad una partecipazione responsabile, che cerca un legittimo benessere nella pace, senza rinunciare ad un'autentica e forte libertà! Tutto questo è in sintonia col disegno di Dio sul mondo.

Prego il Signore di donare alla vostra coscienza la luce e la forza di servire questo disegno, con disinteresse, e io sono sicuro che coloro che hanno la gioia di condividere una fede religiosa non mancheranno di implorarlo per questo fine, perché Dio è più grande del nostro cuore.

Su ciascuno di voi, sulle vostre famiglie, sui vostri paesi, io invoco abbondanti benedizioni da Dio, che è la fonte di ogni bene.




1982-09-18 Data estesa: Sabato 18 Settembre 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Si spezzi la catena dei lutti e si riprendano dialogo e trattative

Testo:

Con animo colmo di amarezza e profondo dolore ho appreso le notizie sugli orrendi massacri compiuti nei campi palestinesi di Beirut. Si parla di centinaia e centinaia di vittime, bambini, donne e anziani, messi a morte in forma spietata.

Non vi sono parole adeguate per condannare tali crimini, che ripugnano alla coscienza umana e cristiana. Come non essere gravemente preoccupati di fronte a questa terribile manifestazione delle forze del male e alla spirale di violenza che si va estendendo nel mondo? Prego Dio Onnipotente di concedere la pace eterna alle vittime; chiedo al Signore Misericordioso di avere pietà per la nostra umanità, caduta fino a tali eccessi di barbarie.

Che Iddio voglia illuminare e dirigere le menti dei popoli e delle loro autorità responsabili, affinché riescano a spezzare questa catena di lutti e di rancori, e a riprendere, con rinnovato impegno, il dialogo e le trattative per giungere all'auspicata pace e riconciliazione nel Medio Oriente.


[Di seguito le parole pronunciate dal Santo Padre all'inizio dell'incontro:]


1. "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti" (Mc 9,35). Tali parole sono state pronunziate dal Signore Gesù agli Apostoli. Ce lo ricorda la liturgia dell'odierna domenica.

Qui riuniti per recitare l'"Angelus", avendo nella mente questa frase, rivolgiamo una particolare attenzione alle parole di Maria: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che ha detto" (Lc 1,38).

La serva del Signore.

Così ha chiamato se stessa la Vergine di Nazaret nel momento dell'Annunciazione.

Ecco, per opera dello Spirito Santo è diventata la Madre di Dio-Figlio.

Questa fu la suprema elevazione che l'uomo poteva ottenere.

E, proprio dinanzi a una tale elevazione, Maria chiama se stessa la Serva; Serva del Signore! Quanto profondamente s'incide il suo servizio nel mistero stesso dell'elevazione mediante la Maternità Divina! Quanto è fedele, sin dall'inizio, la Madre al Figlio che un giorno dirà agli Apostoli: "se uno vuol essere il primo, sia... il servo di tutti"!


2. Cari fratelli e sorelle, abitanti di Castel Gandolfo e pellegrini di ogni domenica! Ecco, nel corso degli ultimi due mesi abbiamo meditato, durante una serie di domeniche, il mistero dell'Incarnazione e le parole della "serva del Signore", riunendoci qui per la preghiera dell'"Angelus".

Desidero ringraziare per questo voi tutti.

Il popolo cristiano ha amato, da generazioni, la preghiera dell'"Angelus", alla quale le campane delle Chiese ci invitano tutti i giorni al mattino, a mezzogiorno e alla sera.

Mediante questa preghiera la Madre di Dio è particolarmente in mezzo a noi in modo spirituale. Accetta l'annunzio di Gabriele e vi risponde con la parola della più profonda fede: "E beata colei che ha creduto" (Lc 1,45)! In questa insolita preghiera, Maria è presente come la Serva del Signore: eletta al supremo servizio della salvezza. Infatti la salvezza, secondo l'eterno piano dell'Amore, doveva compiersi mediante l'Incarnazione del Figlio.

La Serva dal Signore, che noi circondiamo nella preghiera dell'"Angelus", desidera servire costantemente tutti. E serve, avvicinando i frutti dell'eterna salvezza a tutti i cuori.

La ringraziamo per questo. Ringraziamo continuamente.


3. Incontrandoci in occasione dell'"Angelus" in questa multilingue comunità di ogni domenica, annunziamo le grandi opere di Dio. Annunziamo il Vangelo.

Il Vangelo infatti viene annunziato in modo particolare con la parola della preghiera.

Dio ci ha chiamati col suo Vangelo, "per il possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo": sono le parole della seconda lettera ai Tessalonicesi (2,14).

Che queste parole si compiano su tutti coloro che in qualsiasi modo annunziano il Vangelo mediante la comune preghiera dell'"Angelus".


[Omissis. Seguono i saluti in altre lingue: francese, inglese, tedesca, spagnola, portoghese]

A gruppi provenienti da altre zone d'Italia Un cordiale saluto rivolgo al numeroso gruppo dei fedeli della parrocchia abbaziale di Monselice, diocesi di Padova, i quali sono presenti a questo incontro insieme con il loro ex arciprete, Monsignor Martino Gomiero, che, nominato Vescovo di Velletri e Segni, nel pomeriggio di oggi prenderà possesso della diocesi.

A voi, carissimi fratelli e sorelle, l'augurio che diate sempre una serena e coerente testimonianza di vita cristiana, specialmente mediante la carità fraterna, ed al caro nuovo Presule l'auspicio di un lungo e fecondo servizio episcopale ad edificazione del Popolo di Dio.

Con la mia benedizione apostolica.

Rivolgo poi un particolare pensiero agli aderenti al Movimento Apostolico Ciechi, riuniti per l'VIII Congresso Nazionale. Carissimi, invoco per voi l'abbondanza delle grazie celesti, affinché possiate individuare i segni e gli strumenti di quella generosa accoglienza e dell'indispensabile opera di promozione, che le comunità ecclesiali e la società civile sono chiamate a porre in atto a favore dei non vedenti e degli handicappati non solo in Italia ma anche dei più abbandonati che vivono nel Terzo Mondo.

Vi accompagni la mia benedizione.




1982-09-19 Data estesa: Domenica 19 Settembre 1982




Alle autorità locali - Albano (Roma)

Titolo: Nel rispetto dei valori morali il segreto del progresso civile

Testo:

Illustrissimo signor Sindaco!


1. Le sono molto grato per le parole, deferenti e cortesi, che Ella mi ha ora rivolto non solo a nome suo personale, ma anche a nome di tutti i suoi concittadini. Ricambio molto volentieri il saluto, estendendolo sia a coloro che son qui presenti con lei, sia ai suoi colleghi della pubblica amministrazione ed a tutti gli abitanti, residenti ed ospiti di questa cara Città.

Anch'io, vorrei dire, sono ospite di Albano: lo sono non soltanto perché mi trovo qui in visita in questo pomeriggio di fine-estate, ma anche e soprattutto perché, risiedendo per alcune settimane nella vicina Castel Gandolfo, io posso godere anche fisicamente della salutare e tonica atmosfera che spira congiuntamente dal "lacus Albanus" e dai "montes Albani".

E sono ospite di Albano anche per un'altra ragione: qui è il centro della diocesi, cui, fa capo il luogo stesso della mia residenza estiva, ed è diocesi - com'è noto - insigne per antichità e decorata, in ragione della vicinanza geografica e spirituale con la Sede di Pietro, col titolo di "suburbicaria".


2. Come vostro ospite in senso sia ecclesiale che civile, io sento un particolare dovere di gratitudine per l'intera Comunità di Albano, e sono lieto di questo incontro per attestarlo ed esprimerlo pubblicamente. Grazie, dunque, per l'accoglienza odierna, ma grazie anche e soprattutto per le premure che in tanti modi - tutti eloquenti e significativi - mi sono riservate durante il soggiorno in questa Terra da Dio benedetta.

E mi piace avvalorare tali miei sentimenti di riconoscenza con un rinnovato, sincero, cordiale augurio. Possa Albano conoscere, con l'aiuto del Signore, un costante progresso nella sua vita di città ordinata e operosa; vi sia sempre onorato il lavoro in tutte le sue forme; sempre santo sia il focolare nell'armonia di una convivenza familiare salda e serena; sempre retto il costume dei suoi cittadini nella doverosa fedeltà alla vetusta tradizione dei padri e nella necessaria apertura alle esigenze di una società che si rinnova.

Sia il culto dei valori morali - preziosa eredità del passato - come il substrato ed il segreto di questo progresso civile, a cui non mancherà di affiancarsi lo sviluppo della vita ecclesiale nelle fondamentali sue direzioni della comunione fraterna, dell'aperta adesione al Vangelo, nella pratica cristiana esemplare. Voglia il Signore onnipotente confermare con la sua grazia questo duplice voto, che per la Città e per la Chiesa di Albano io formulo con cuore di pastore e di amico.




1982-09-19 Data estesa: Domenica 19 Settembre 1982




L'omelia nella piazza - Albano (Roma)

Titolo: Vivere in pienezza la comunione ecclesiale per un'opera efficace di evangelizzazione

Testo:


1. "Dice il Signore: "Io sono la salvezza del mio popolo"" (Antifona d'Ingresso).

Desidero ripetere queste parole dell'odierna Liturgia incontrandomi con voi, cari fratelli e sorelle: con voi, alla presenza del Cardinale Francesco Carpino, titolare della Chiesa suburbicaria di Albano, di Monsignor Gaetano Bonicelli, già Vescovo di Albano, e del nuovo Vescovo di Albano, Monsignor Dante Bernini. Con voi sacerdoti, religiosi e religiose. Con voi, genitori e coniugi.

Con voi, provati dalla vecchiaia. Con voi, carissimi ammalati. Con voi, amati giovani. Con voi, cari bambini. Con tutti.

Desidero che quest'incontro costituisca un'espressione dell'invito, col quale Dio ci chiama costantemente mediante il Vangelo, e una espressione della verità che il Signore è la salvezza del suo popolo.


2. Tale invito e tale verità sono iscritti profondamente nella storia di questa terra. Sono passati molti secoli da quando gli apostoli Pietro e Paolo recarono a Roma il "lieto annunzio" della salvezza e rivolsero alla gente di allora l'invito a convertirsi per poter accogliere nell'anima la rigeneratrice forza del Vangelo.

La testimonianza dei due massimi araldi della fede - testimonianza suggellata col sangue - suscito una prima Comunità di credenti, che le persecuzioni, invece di soffocare, dilatarono.

Fu così che l'eco di quell'invito salvifico poté oltrepassare le mura dell'Urbe e raggiungere le campagne dei dintorni, trovando fra la popolazione dei centri circostanti cuori generosi di persone ben disposte. Sorsero in tal modo altrettante Comunità di ferventi cristiani, che coltivavano speciali vincoli di comunione con la Sede romana, da cui ricevevano luce ed orientamento ed alla quale offrivano all'occorrenza il sostegno e l'aiuto delle loro energie migliori. Per tali Chiese, dislocate nella regione che si estende fra il mare e i colli laziali, la vicinanza geografica a Roma divenne ragione di una vicinanza spirituale tutta particolare.

Col passare del tempo i Vescovi ad esse preposti si trovarono ad assolvere le funzioni di primi collaboratori del Papa nel servizio alla Chiesa universale. Storicamente, anzi, merita di essere ricordato che i titolari di queste Sedi, insieme con gli altri membri dei gradi superiori del Clero romano, furono chiamati a costituire il collegio dei "Cardinali di santa Romana Chiesa", ai quali spettava il compito di eleggere, alla morte del Papa, il legittimo successore.

In omaggio ad un passato tanto glorioso, Papa Giovanni XXIII volle dare maggior dignità e prestigio alle "Sedi suburbicarie" stabilendo che, oltre ad un Cardinale titolare, esse avessero un loro Vescovo residenziale, che attendesse con piena dedizione alle esigenze pastorali emergenti dalle mutate situazioni odierne.

Se ci chiediamo quale sia stato il servizio reso da queste Chiese all'invito che Dio ha rivolto, e rivolge tuttora, all'umanità bisognosa di salvezza, la risposta appare chiara: è stato un servizio singolare, che ha largamente travalicato i confini geografici entro i quali si muovono i fedeli delle varie Comunità diocesane, e si è proteso, mediante la stretta collaborazione col successore di Pietro, a tutte le Chiese sorelle, sparse nel mondo. Ed è proprio questo particolarissimo ruolo, riservato nel piano di Dio a queste Chiese disposte intorno alla diocesi di Roma come una splendida ghirlanda, che le addita alla venerazione ed all'affetto di tutti coloro che nella Sede romana vedono il centro della comunione cattolica.


3. Tra queste Chiese, che la Provvidenza ha insignito di un particolare compito, v'è anche la vostra, carissimi fedeli della diocesi di Albano. Quali e quanti sono i vincoli che legano la vostra Città con quella di Roma! Il mio pensiero va in questo momento ai vincoli di carattere ecclesiale che si sono intrecciati fin dall'antichità tra le due Comunità cristiane.

Il "Liber Pontificalis" ricorda che l'imperatore Costantino "fecit Basilicam in civitate Albanensi sancti Iohannis", "costrui nella città di Albano una Basilica dedicata a san Giovanni" (I). Una Basilica, dunque, sorella dell'Arcibasilica Lateranense, che il medesimo imperatore aveva fatto costruire in Roma, dedicata, pure essa, a san Giovanni Battista. Dal secolo IX san Pancrazio è venuto a far compagnia al Precursore nella titolarità della vostra Chiesa Cattedrale ed un nuovo vincolo s'è così aggiunto a quelli già esistenti: la tradizione di un Santo romano, verso il quale la popolazione di Albano conserva ancor oggi sincera e profonda devozione.

Come non sottolineare che due Vescovi di Albano sono saliti sulla Cattedra di Pietro: Adriano IV, nel secolo XII; e Leone XI all'inizio del XVII? I Papi, per parte loro, mostrarono fin dai tempi antichi particolare benevolenza per questa Città: non si devono forse alla loro generosità la costruzione o l'abbellimento di alcuni fra i templi più insigni che ne ornano il centro ed i dintorni? E' doveroso altresi menzionare l'aiuto prezioso che molti Vescovi di Albano offrirono alla Sede Apostolica, acquistandosi il diritto alla riconoscenza dei Papi e della Chiesa intera. Tra tutti mi piace ricordare san Bonaventura, uno dei Dottori più grandi della Chiesa, il quale fu Vescovo di Albano durante la seconda metà del secolo XIII.

Non v'è forse in tutta questa ricchezza di dati storici una prova evidente della particolare presenza di Dio nel cammino che la vostra Comunità ha percorso nel volgere dei secoli? Dio ha continuato a far risuonare di generazione in generazione agli orecchi degli Albanensi - e per loro tramite a quelli di tanti altri - l'annuncio gioioso: "Io sono la salvezza del mio popolo".


4. Questo medesimo annuncio deve risuonare anche oggi nella Comunità costituita dagli attuali cittadini di Albano e cioè da voi, carissimi fratelli e sorelle.

L'odierna situazione della diocesi è notevolmente mutata rispetto al passato. Basterebbe a dimostrarlo il riferimento ad un semplice dato statistico: gli abitanti della diocesi, che nel 1951 erano appena 97.000, superano ora le 300.000 unità; ed è numero che nel periodo estivo quasi si triplica.

Al di là di questo dato esterno, pero, v'è, più in profondità, l'incisiva trasformazione indotta nel contesto sociale dello sviluppo industriale che ha dato, a partire dagli anni sessanta, un nuovo volto all'economia della zona, prima eminentemente agricola ed ora caratterizzata dall'insediamento di centinaia di fabbriche. La prima conseguenza di tale mutamento si è concretata nell'esplosione demografica: l'immigrazione massiccia di persone e di nuclei familiari da ogni parte d'Italia non ha influito soltanto sui vecchi centri urbani, ma ne ha creato addirittura di nuovi, trasformando piccoli borghi rurali in vere e proprie città.

Si tratta di un movimento demografico imponente, la cui incidenza sul piano religioso, culturale e sociale è ancora in buona parte da esplorare. Le persone immigrate, sradicate dalla terra d'origine e da consuetudini di vita antiche e consolidate, recano nel nuovo ambiente tradizioni e valori che sono destinati, in mancanza di punti di riferimento sicuri, a soccombere ed a sparire nel confronto con l'invadenza di modelli culturali estranei.

I problemi che preoccupano il pastore d'anime sono non pochi e non piccoli. In questi anni s'è lavorato molto, sotto la guida di Vescovi zelanti come Monsignor Macario e Monsignor Bonicelli, per rispondere con iniziative pastorali adeguate alle nuove esigenze che la mutata situazione imponeva. Mi valgo volentieri di questa circostanza per tributare un doveroso riconoscimento a questi degni Pastori che sono qui presenti questa sera; e mi è caro altresi estendere il mio apprezzamento e il mio speciale saluto all'Eminentissimo Cardinale Carpino, il quale non ha mancato di offrire in molti modi alla Chiesa di cui è titolare sostegno ed appoggio.

Molte cose si sono fatte negli anni trascorsi, ma molte ancora ne restano da fare per portare a tutti il liberante annuncio che abbiamo ascoltato nella Liturgia di oggi: "Dice il Signore: Io sono la salvezza del mio popolo". E' tutta la Chiesa di Albano, stretta intorno al suo nuovo Vescovo, che deve farsi eco di questo annuncio di salvezza. Mentre porgo un cordiale augurio di fecondo ministero a Monsignor Dante Bernini che ha da poco iniziato il suo servizio in questa diocesi a me tanto cara, rivolgo a voi tutti - sacerdoti, religiosi, religiose e laici - un caldo invito all'impegno dell'annuncio e della testimonianza, della parola e della vita.

Per svolgere un opera efficace di evangelizzazione è indispensabile che tutte le componenti ecclesiali si presentino unite fra loro dal vincolo di quella carità che ha la sua fonte zampillante nel Cuore di Cristo. Nel mondo d'oggi la vostra azione, cari fratelli e sorelle, avrà incidenza ed otterrà frutti se apparirà espressione di un'unica missione, pur nella ricca varietà dei carismi.

Con questo motto: "Molti carismi, una missione" voi vi presentaste a me nell'incontro dello scorso anno a Castel Gandolfo. Questo motto io riprendo ora, per tornare ad affidarlo a voi come una parola d'ordine e come una specifica consegna. Impegnatevi a vivere in pienezza la comunione ecclesiale. Sarà questa testimonianza di vita vissuta il miglior avallo all'annuncio che tanti fratelli e sorelle attendono oggi da voi: "Dice il Signore: Io sono la salvezza del mio popolo".


5. Mi sento collegato, con un vincolo di particolare vicinanza, con la diocesi di Albano. Mi è dato di passare qui (a Castel Gandolfo) alcune settimane dell'anno.

Qui, insieme con voi e con i pellegrini, che arrivano per questa circostanza da diverse parti dell'Italia e del mondo, medito tutte le domeniche in occasione della preghiera dell'"Angelus" sulla Parola di Dio offertaci nella liturgia domenicale.

Oggi questa Parola sembra quasi fare riferimento alla festa dell'Esaltazione della Santa Croce che - come anche la commemorazione della beata Vergine Addolorata - è stata celebrata la settimana scorsa. Nel Vangelo ascoltiamo le parole: "Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà" (Mc 9,31).

Anche la prima lettura e il salmo responsoriale hanno il carattere di passione.

Tuttavia le parole pronunziate da Cristo non incontrano la comprensione: "Essi pero non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazione" (Mc 9,32) - invece "per la via... avevano discusso tra loro, chi fosse il più grande" (v. 34).

Allora Gesù "chiamo i Dodici e disse loro: Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti" (v. 35).

Cristo tornerà su questo invito alla vigilia della sua passione, quando laverà i piedi agli Apostoli.

Ed io, terminando questa mia riflessione qui davanti alla Chiesa Cattedrale di Albano, desidero augurare a voi tutti, cari fratelli e sorelle, che amiate questo servizio al quale ci chiama Cristo Signore. Serva il Papa e il Vescovo! Servano i sacerdoti! i religiosi e le religiose! i genitori e i giovani! i malati ed i sani! Tutti! In questo reciproco servizio cristiano si compia la nostra vita come la vocazione con la quale Cristo ci ha chiamati mediante il Vangelo, per l'acquisto della sua salvezza.




1982-09-19 Data estesa: Domenica 19 Settembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Ai partecipanti alla 69° conferenza dell'unione interparlamentare - Città del Vaticano (Roma)