GPII 1982 Insegnamenti - All'inaugurazione dell'Istituto Paolo VI - Brescia

All'inaugurazione dell'Istituto Paolo VI - Brescia

Titolo: Paolo VI fu un dono del Signore alla Chiesa e all'umanità

Testo:

Fratelli e sorelle nel Signore.


1. "Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2).

Le parole di saluto, che erano care a san Paolo, le ripeto oggi a tutti voi con affetto profondo e gioia sincera. Ringrazio il dottor Giuseppe Camadini, Presidente dell'Istituto Paolo VI, per le parole gentili che mi ha rivolto interpretando i comuni sentimenti. Ringrazio tutti per la presenza e per l'accoglienza tanto commoventi.


2. Questo incontro ha per me un significato particolare. Esso avviene in occasione dell'inaugurazione ufficiale dell'Istituto "Paolo VI", il Centro internazionale, promosso dall'Opera per l'Educazione Cristiana di Brescia allo scopo di raccogliere la documentazione e di favorire con opportune iniziative lo studio sulla vita e il pensiero del mio amato predecessore Paolo VI. Per questa sagace istituzione rinnovo ai cattolici bresciani e al loro venerato Vescovo il mio compiacimento. A tutti coloro che, in qualsiasi forma e a qualsiasi titolo, offrono all'Istituto il contributo della loro competenza desidero confermare il mio cordiale apprezzamento. Quanto verrà fatto perché il ricordo di Paolo VI resti vivo e la luce della sua testimonianza continui ad illuminare il cammino della Chiesa potrà contare sulla mia adesione.

I primi passi dell'Istituto meritano ogni lode. Le pubblicazioni scientifiche; i Quaderni, i fascicoli del Notiziario: il primo "Colloquio internazionale" dedicato all'enciclica "Ecclesiam Suam", tenuto a Roma nel 1980, attestano fin d'ora la serietà degli intenti dell'Istituto e il rigore con cui esso procede. Sono certo che lo sviluppo della ricerca tanto felicemente avviata renderà possibile una conoscenza sempre più completa dell'opera e dei tempi di Paolo VI. Ne avranno beneficio sia gli studi storici sia la vita della Chiesa.

Ecco perché, inaugurando ufficialmente l'Istituto, amo pensarlo come un momento geniale, dinamico, eretto alla memoria di Paolo VI; e mi è caro formulare l'auspicio che esso sia sempre strumento di verità e di amore alla Chiesa.


3. Un tale monumento, come ogni altra iniziativa ovunque promossa per onorarne la memoria, rappresenta un tributo del pensiero, ma anche un'esigenza della fede e del cuore.

Paolo VI fu un dono del Signore alla sua Chiesa. Come dissi nel primo anniversario della sua morte, egli aveva ricevuto dallo Spirito Santo, insieme con Giovanni XXIII, da lui e da me tanto venerato, "il carisma della trasformazione, grazie al quale la figura della Chiesa, nota a tutti, si è manifestata uguale e insieme diversa" ("Discorso all'Udienza Generale", 1 agosto 1979: "Insegnamenti", II,2 [1979] 98). La Chiesa, fedele al Signore, rimane sempre identica a se stessa; ma la Chiesa, continuamente sospinta dall'amore per il Signore, non cessa mai di approfondire la coscienza di se stessa. Quanto più conosce il disegno divino e ad esso si uniforma, altrettanto si rinnova e può compiere in modo efficace la missione nel mondo che Cristo le ha affidato.

Fu, questo, il provvidenziale programma del Concilio Vaticano II, che Paolo VI guido al proprio compimento e del quale fu il primo annunciatore ed esecutore. Non valuteremo mai a sufficienza i problemi e le difficoltà che dovette affrontare perché l'identità della Chiesa non venisse intaccata da una male intesa "trasformazione". Non ringrazieremo mai abbastanza Cristo Signore per aver scelto Paolo VI alla guida della mistica barca di Pietro in anni in cui le onde la scuotevano da ogni parte.

Oggi comprendiamo meglio quanto ferma fosse la sua fede; quanto grande il suo amore per la Chiesa; quanto profonda la sua spiritualità; quanto lungimiranti le sue decisioni; quanto illuminante la sua saggezza. La sua vita assurge per noi a prova che non c'è "trasformazione" nella Chiesa se non passa attraverso la nostra personale santificazione. Ci ha insegnato con la vita e con la morte come si deve amare Cristo; come si deve servire la Chiesa; come ci si deve donare alla causa della salvezza dell'umanità.

Paolo VI è stato un dono del Signore anche all'umanità. Capi l'uomo del nostro tempo, e lo amo di un amore soprannaturale, guardandolo cioè con gli occhi misericordiosi di Cristo. Aprendo la quarta sessione, dopo aver definito il Concilio "un atto solenne d'amore per l'umaniià", proseguiva: "Ancora, e soprattutto, amore; amore agli uomini d'oggi, quali sono, dove sono, a tutti" (14 settembre 1965). La sua intelligenza e cultura gli diedero un senso acuto della grandezza e della miseria dell'uomo in una situazione contraddittoria come quella della nostra generazione; ma la sua fede e carità gli ispirarono quella "civiltà dell'amore" senza la quale, oggi come non mai, l'umanità difficilmente potrà trovare la soluzione ai problemi che la turbano profondamente. Capi l'uomo, perché lo guardo con gli occhi di Cristo. Aiuto l'uomo, perché l'amo con l'amore di Cristo. Servi l'uomo, perché gli indico la verità di Cristo in tutta la sua pienezza.


4. Questo nostro incontro ha per me uno speciale significato anche perché, con gli autorevoli membri dei diversi organismi dell'Istituto "Paolo VI", sono presenti i rappresentanti del laicato cattolico della Chiesa bresciana. Una tale presenza è singolarmente signficativa, e costituisce, anch'essa, un omaggio devoto alla memoria di Paolo VI.

Se nella gente bresciana la fede è ancora radicata profondamente, se essa pur nel corso delle difficoltà provocate dai mutamenti spesso traumatici della mentalità e del costume, è ancor viva e operante, lo si deve certamente ad un clero fedele e generoso, ma anche all'azione di un laicato che visse la fede cristiana con profonda convinzione, con adesione senza riserve, con intrepida presenza e operosità. Paolo VI ebbe nella sua stessa famiglia l'esempio di un tale laicato: nella sua amatissima mamma Giuditta Alghisi, e soprattutto nel suo venerato padre, Giorgio Montini, che per lunghi e difficili anni fu guida riconosciuta dei cattolici bresciani.

E proprio in famiglia comincio presto a conoscere e stimare i protagonisti del glorioso movimento cattolico bresciano: il servo di Dio Giuseppe Tovini; Luigi Bazoli; Giovanni Longinotti; Emilio Bonomelli; Carlo Bresciani; e tanti altri meno noti ma egualmente importanti, uomini di fede intrepida, coraggiosi, infaticabili. Segui fin dagli anni dell'adolescenza con ammirazione ed affetto le loro iniziative: i giornali; le scuole cattoliche; le case editrici; la scuola di vita familiare; le opere pie; le associazioni giovanili ed operaie; la partecipazione all'amministrazione pubblica; lo stesso impegno politico, inteso innanzitutto come testimonianza al valore del cristianesimo anche nell'organizzazione della società.

Paolo VI porto nel cuore per tutta la vita il ricordo di quegli uomini e delle loro notevolissime imprese. Fu sempre riconoscente per quanto avevano dato per difendere la fede della gente bresciana e per assicurare la presenza cattolica nella società. Ebbe anzi la convinzione che l'esperienza bresciana avesse un valore non ristretto alla cerchia di una città e di una provincia. C'erano alcune caratteristiche di quella esperienza che, secondo lui, avevano anticipato di molti decenni l'insegnamento del Concilio sui laici e che meriterebbero d'essere ritenute proprie di qualsiasi azione che voglia qualificarsi oggi come cattolica.


5. Il tempo non mi consente di soffermarmi sulle caratteristiche di quei cattolici, che realizzarono impegnative iniziative. Mi limitero a dire che furono uomini di preghiera. Come non ricordare la pratica del Rosario quotidiano in famiglia o il fatto che Giuseppe Tovini promosse una compagnia per l'adorazione notturna della santissima Eucaristia da parte dei laici? La preghiera e la fede alimentarono in essi la certezza che il cristianesimo è il bene più prezioso non soltanto nella vita delle singole persone, ma anche in quella dell'intera società. E' questo il cardine che resse tutta la loro azione, il cui scopo ultimo fu sempre di natura religiosa, anche quando cercarono i mezzi per operare efficacemente in un contesto spesso ostile alla presenza cattolica.

Essi compresero l'importanza che la scuola e il problema educativo avrebbero avuto nello sviluppo della società moderna e diedero vita alle iniziative a voi ben note, che son cresciute in proporzioni ai loro inizi nemmeno immaginabili e che continuano un servizio alla Chiesa ed alla scuola italiana, per il quale esprimo sincero plauso con l'incoraggiamento a rimanere fedeli all'ispirazione cristiana originaria. Essi erano fra loro uniti da sincera amicizia: nell'amicizia preparavano l'azione e con l'amicizia operavano.

Carissimi fratelli e sorelle, siate consapevoli del tesoro inestimabile che avete ereditato da una storia particolarmente ricca di impegno cattolico, che ha in Paolo VI un suo incomparabile figlio. Siate memori della vostra esperienza passata anche se dovete operare in un oggi tanto diverso. Non dubitate mai di mettere Cristo al centro della vostra vita e a fondamento della vostra azione.

Erigerete così un monumento vivo alla memoria di Paolo VI che tanto, e giustamente, vi stimo e vi amo.

Sappiate che il Papa vi conosce e vi ama, e che tanto attende da voi a vantaggio comune dell'opera dei laici cattolici bresciani.

Con la mia apostolica benedizione.




1982-09-26 Data estesa: Domenica 26 Settembre 1982




Ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose in Cattedrale - Brescia

Titolo: Portate al mondo la consolazione dell'amore e della misericordia di Dio

Testo:


1. L'incontro con voi, carissimi sacerdoti, religiosi e religiose della Chiesa bresciana, rinnova nella mia anima il sentimento di gioia che sempre provo quando, nella Sede di Pietro o nei viaggi pastorali, parlo con i sacerdoti e con le anime consacrate e prego con loro.

Ringrazio il Signore che ha guidato i miei passi fino a voi. Ringrazio voi tutti e il venerato vostro Vescovo per l'accoglienza tanto affettuosa, ma anche per quanto avete fatto perché la mia visita alla Chiesa e alla gente di Paolo VI fosse un'occasione di grazia per tutti. Sappiate che mi siete carissimi, che vi seguo nel vostro generoso lavoro pastorale, che ho atteso pregando questo momento, per voi e per me tanto importante.

Rivolgiamo innanzitutto il pensiero adorante e la lode a Gesù Cristo nostro Signore. Siamo riuniti nel suo nome. Siamo convocati dal suo amore. Siamo stati da lui chiamati, uno per uno, personalmente, a seguirlo. Sia il nostro incontro un inno a lui della nostra fede, della nostra speranza e carità. Valga per la presente riunione quello che Paolo VI, aprendo il 29 settembre 1963 la seconda sessione dal Concilio, invocava su quella straordinaria assise cattolica: "Nessun'altra luce sia librata su questa adunanza, che non sia Cristo, luce del mondo; nessun'altra verità interessi gli animi nostri, che non siano le parole del Signore, unico nostro Maestro; nessun'altra aspirazione ci guidi, che non sia il desiderio d'essere a lui assolutamente fedeli; nessun'altra fiducia ci sostenga, se non quella che dà forza, mediante la parola di lui, alla nostra desolata debolezza".


2. Un sentimento particolare, una commozione intima provo sostando nella Chiesa Cattedrale, nella quale il 29 maggio 1920 il "mio vero padre", come ho amato chiamarlo nella mia prima lettera enciclica, ricevette l'imposizione delle mani dal veneratissimo suo Vescovo, Monsignor Giacinto Gaggia, e divenne sacerdote per l'eternità. Questo è uno dei luoghi che nel mio pellegrinaggio alla Chiesa e alla terra di Paolo VI maggiormente desideravo raggiungere e visitare.

Qui, in questo luogo sacro, il giovane Giovanni Battista Montini si dono completamente a Dio. Qui suggello le sue mistiche nozze con Cristo, al quale sarebbe rimasto fedele fino alla morte. Qui si abbandono all'azione dello Spirito Santo per riceverne la grazia che trasforma e i doni che avrebbero brillato di mirabile fulgore nella sua vita. Qui, sotto lo sguardo di Maria tutta santa, alla quale questa Cattedrale è dedicata, le dichiaro la sua filiale devozione e il suo tenerissimo amore.

Caro, grande, venerato Paolo VI! Che la tua memoria sia benedetta. Che il ricordo della tua vita e della tua santa morte sia custodito come un bene prezioso. Che la tua testimonianza non vada perduta.

Sono giunto in questo luogo di grazia come un pellegrino. Qui mi fermo pensoso e in preghiera, adorando la volontà di Dio che ha scelto Paolo VI per guidare la Chiesa di Cristo, e ha scelto me ad esserne il successore e a continuare quel "servizio di Pietro" che è servizio all'amore misericordioso e salvifico di Cristo per tutta l'umanità. Nella comunione dei santi, unisco in questo luogo la mia adorazione a quella di Paolo VI, rinnovando, nel ricordo di lui, la mia totale obbedienza a Cristo. Cristo solo! Cristo sempre!


3. In questa Chiesa Cattedrale anche la quasi totalità di voi, carissimi sacerdoti bresciani, ricevette l'Ordine sacro. Anche voi dunque, insieme con me, siete indotti a pensare in questo momento al mistero di grazia che si realizzo in ciascuno di voi con l'imposizione delle mani del Vescovo, e al disegno provvidenziale al quale, con la vostra totale donazione al Signore, foste in un giorno più o meno lontano per sempre associati. Anche per voi il ricordo dell'ordinazione di Giovanni Battista Montini è motivo per adorare la Volontà divina che ha chiamato voi, come lui, al sacerdozio per il servizio alla Chiesa e all'umanità. Anche in voi i mirabili fatti di grazia che in questo tempio si sono realizzati e ogni giorno si realizzano, lasciano il cuore colmo di meraviglia e bisognoso di pregare.

Non dimentichiamolo mai il giorno benedetto della nostra ordinazione! Il ricordo di esso è una fonte inesauribile di energia spirituale. In quel giorno fummo chiamati, e in quel giorno la nostra risposta fu pronta e gioiosa. Allora pronunciammo un irrevocabile "si". E quel "si" a Dio e alla Chiesa lo dobbiamo ripetere ogni giorno della nostra vita, quasi a rinnovare quella mistica esperienza di donazione totale. La vita di Paolo VI, un sacerdote uscito dal vostro presbiterio, vanto e corona di esso, si può ben dire che fu tutto un "si", sull'esempio del Figlio di Dio che, scrive san Paolo, "non fu si e no, ma in lui c'è stato soltanto il si" (2Co 1,19). In quel "si" a Dio, sull'esempio di Cristo, nel ricordo di Paolo VI, dobbiamo ogni giorno rinnovare la grazia dell'ordinazione e la generosità dalla nostra prima donazione.


4. Non posso non pensare, in questo momento, anche alla schiera interminabile di sacerdoti bresciani che hanno preceduto voi e la vostra generazione e che ora godono in paradiso il premio preparato per i servi buoni e fedeli. Siete gli eredi e i continuatori di una meravigliosa tradizione di presbiteri, che nella fedeltà a Cristo e alla Chiesa, seppero dare vita ad una tipica figura di sacerdote, operoso, geniale, pronto al sacrificio, obbediente al Vescovo, sempre vicino alla propria gente per condividerne la vita, i dolori, le gioie, le vicende liete e tristi, sempre preoccupato che la religione fosse fermento anche di vita civile e sociale.

Non abbandonate questa tradizione. Essa continua a dare frutti copiosi.

Il vostro Seminario non ha conosciuto la crisi devastante che purtroppo si è verificata altrove. Il numero annuale di ordinati è ancora buono. Ne sono profondamente lieto, e vi ringrazio per tutto quello che fate con una pastorale delle vocazioni ben impostata e opportunamente rinnovata. Ma non dimenticate che tutto questo è dovuto, in misura decisiva, ad una tradizione che è un "tesoro prezioso", come disse a voi lo stesso Paolo VI, che "ci porta quanto di buono l'esperienza, l'esempio, la saggezza, il carattere peculiare d'una gente, di un costume lasciano in eredità da generazione in generazione ("Insegnamenti", VIII [1970] 603).

Paolo VI ricordo sempre i sacerdoti che lo avevano educato, e quelli che aveva conosciuto ed ammirato nell'esercizio di un apostolato che ha profondamente radicato la fede nella vostra gente. Come tacere quelli da lui stesso evocati? Monsignor Mosè Tovini, Monsignor Defendente Salvetti, Monsignor Giorgio Bazzani, Don Peppino Tedeschi, Padre Paolo Caresana, Padre Ottorino Mascolini, Monsignor Pietro Raggi, Monsignor Giovanni Marcoli, Monsignor Angelo Zammarchi, Don Battista Zuaboni, e primo fra tutti l'amico e maestro Padre Giulio Bevilacqua, futuro Cardinale? Sono nomi a voi notissimi. Sono sacerdoti che illuminano come una costellazione la vostra più vicina tradizione, della quale voi ancora sentite la benefica influenza. A loro certo pensava Paolo VI quando, nel Messaggio ai sacerdoti alla fine dell'Anno della fede, scriveva: "Il prete è di per sé il segno dell'amore di Cristo verso l'umanità, ed il testimonio della misura totale con cui la Chiesa cerca di realizzare quell'amore, che arriva fino alla croce" ("Insegnamenti", VI [1968] 315).


5. Carissimi sacerdoti, ed anche voi carissimi religiosi e religiose, quante volte abbiamo meditato sulla nostra vocazione o chiamata, ed ogni volta abbiamo avuto motivo per ringraziare il Signore e adorare la sua immensa bontà. Lasciate che oggi richiami con voi due aspetti della nostra vocazione.

Siamo chiamati innanzi tutto alla santità. Il Concilio ha insegnato che tutti gli uomini sono chiamati alla santità, e che l'universale vocazione ad essa è costitutiva della Chiesa. Dottrina mirabile, che dischiude gli orizzonti di un cristianesimo che per tutti è vocazione alla pienezza della vita conosciuta in Cristo. La vocazione sacerdotale e quella religiosa sono dunque essenzialmente una chiamata alla santità nella forma che scaturisce dal sacramento dell'Ordine o dal carisma connesso con la professione dei consigli evangelici.

La santità è intimità con Dio; imitazione di Cristo povero, casto e umile; amore senza riserve alle anime e donazione al loro vero bene; amore alla Chiesa che è santa e ci vuole santi, perché tali sono la natura e la missione che Cristo le ha affidato. La santità di un sacerdote, di un religioso, di una religiosa si nutre di preghiera, di vita semplice, di povertà, di castità preservata con ogni delicatezza, soprattutto di lode nella recita della Liturgia delle Ore e di Eucaristia.

Ciascuno di voi, pero, deve essere santo anche per aiutare i propri fratelli a seguire la loro vocazione alla santità. Anche in questo senso il nostro è un ministero sacro, ossia un dono che Dio ci ha fatto perché noi ci mettessimo al servizio degli altri. Pur essendo vero che tutte le forme di santità si richiamano l'una con l'altra e si aiutano vicendevolmente, non dobbiamo mai dimenticare che tocca ai sacerdoti offrire "a tutti la viva testimonianza di Dio" (LG 41).


6. L'altro aspetto della vocazione che desidero sottolineare è la nostra chiamata a portare nel rnondo, a tutti gli uomini, in tutti gli ambienti, la consolazione dell'amore e della misericordia di Dio. Oggi questa consolazione è come non mai necessaria. L'uomo ha smarrito il senso ultimo e unificante della vita: per questo è insicuro ed ha quasi paura di se stesso.

Anche in un ambiente come il vostro, in cui il lavoro ha prodotto un benessere quale nemmeno si poteva immaginare fino ad una generazione fa, sono purtroppo affiorati non meno che altrove i segni dello smarrimento e della insoddisfazione: la droga, la dissipazione, la solitudine, la violenza. Dobbiamo capire l'uomo d'oggi. Dobbiamo amarlo e comunicargli, innanzitutto con la testimonianza, la certezza che Dio lo ama. Dobbiamo essere convinti che la nostra vocazione ci porta ad un servizio insostituibile all'uomo, che non può vivere senza conoscere le ragioni della vita.

Non è facile quando l'ambiente sembra divenuto indifferente, polemico, forse ostile. Ma non abbiate paura. Cristo è con voi, e di questa sua presenza voi potete fare un'esperienza ogni giorno rinnovata vivendo intensamente i vincoli della comunione ecclesiale. Avete celebrato recentemente il Sinodo, e nei suoi risultati e nelle sue indicazioni potete trovare sapienti direttive per approfondire la comunione fra voi e per migliorare la vostra collaborazione pastorale.

Vivete in rnodo magnanimo la vostra vocazione, con quel cuore che ha portato la Chiesa bresciana a soccorrere, con generosità e con l'invio di molti di voi, le Chiese che soffrono di mancanza di persone totalmente consacrate alla causa del Regno.

Con questi voti, che mi salgono alle labbra dal profondo del cuore, io levo su di voi la mia mano benedicente, invocando per ciascuno e per tutti copiosi doni di grazia, che colmino il vostro animo di spirituali consolazioni ed arricchiscano il vostro ministero di frutti sempre nuovi.




1982-09-26 Data estesa: Domenica 26 Settembre 1982




Ai seminaristi nel santuario della Madonna delle Grazie - Brescia

Titolo: Lasciatevi permeare in profondità dalla novità del Vangelo

Testo:

Cari Seminaristi.


1. Non poteva mancare, in questa mia visita alla città di Brescia, una sosta in questo Santuario, tanto caro al cuore di Papa Paolo VI.

In questo tempio di pregevole stile barocco, centro e fulcro della pietà mariana della città e della diocesi, elevato alla dignità di Basilica dal Santo Padre Giovanni XXIII, i fedeli bresciani da oltre quattro secoli venerano con speciale devozione la beata Vergine sotto il titolo di "Madonna delle Grazie". Qui essi vengono nei momenti della gioia e in quelli del dolore, per confidarsi con la Madre e per trovare nei suoi occhi la risposta che sia luce e conforto nel cammino della vita.

E qui veniva sovente dalla vicina abitazione Giovanni Battista Montini, fanciullo ancora e poi ragazzo e giovane, per pregare, riflettere, aprire l'animo ai grandi ideali che cominciavano a dischiuderglisi dinanzi. Qui in particolare, egli maturo la decisione fondamentale della sua vita, il "si" alla divina chiamata al sacerdozio. Lo ricordava egli stesso con parole soffuse di nostalgia: "In quel pio domicilio, casa e chiesa, di culto mariano, maturo la nostra giovanile vocazione sacerdotale" ("Insegnamenti", XI [1973] 825). "Noi ricordiamo - ribadiva in altra occasione - che la Chiesa di santa Maria delle Grazie, a due passi dal nostro domicilio e da noi frequentata con quotidiana assiduità, è dedicata alla nascita della Madonna, la quale aveva ogni anno, in questa ricorrenza, tutta la nostra famiglia puntualmente convenuta intorno a sé" (cfr. "Insegnamenti", XII [1974] 805).


2. Potete immaginare, pertanto, la profonda emozione con cui anch'io mi trovo oggi in questo Santuario. E' un'emozione certamente condivisa anche da voi, cari seminaristi, che molto opportunamente avete scelto questo tempio come luogo per l'incontro col Papa: quale ambiente, quale "clima" migliore per un dialogo cordiale e costruttivo che la casa della Madre comune? Guardando i vostri volti lieti ed aperti, un sentimento di profonda riconoscenza sale dal mio cuore a Dio, che nel suo meraviglioso progetto di salvezza continua a suscitare nei giovani, speranza del domani, il desiderio di lavorare per la causa del Regno dei cieli.

Accogliendo quest'interiore chiamata, voi siete entrati in Seminario ove state impegnandovi a crescere ed a maturare come uomini, come cristiani, come futuri sacerdoti. A somiglianza degli Apostoli, che Gesù volle accanto a sé per prepararli ai futuri compiti (cfr. Mc 3,13-14), voi state attendendo, nel raccoglimento del Seminario, alla vostra personale formazione in vista della missione che vi sarà un giorno affidata. Aiutati dai vostri Superiori e dai vostri Insegnanti, sostenuti dalla preghiera, voi scoprite le "meraviglie di Dio" attraverso lo studio delle scienze umanistiche, filosofiche e teologiche. Il vostro occhio è tuttavia già puntato verso le necessità di un mondo che attende, oggi più di ieri, guide spirituali sicure e preparate.

Carissimi, ricordate che il periodo del Seminario è unico, irripetibile, decisivo per il vostro futuro ministero.

Approfittatene per mettere alla base della quotidiana preparazione una forte spiritualità, che si alimenti ad una solida pietà eucaristica, cristocentrica e mariana.

Lasciatevi permeare sempre più in profondità dalla novità del Vangelo, e sul gioioso annuncio del messaggio cristiano improntate il vostro programma di vita.


3. Desidero esortarvi, altresi, a maturare in voi un forte e autentico "senso della Chiesa", che vi renda aperti sia alle necessità e ai problemi della Chiesa locale bresciana, sia alle esigenze più vaste della Chiesa universale, per la quale so che lavorano già numerosi sacerdoti della vostra diocesi.

Impegnatevi a diventare degni eredi delle figure luminose di sacerdoti bresciani, che si sono distinti per l'intensità della vita spirituale e per la formazione culturale. Preparatevi ad essere i continuatori appassionati di quelle felici intuizioni pastorali che hanno rese ricche di operosità cristiana, particolarmente nelle iniziative catechetiche e di formazione della gioventù, le parrocchie della vostra diocesi.


4. Nel lungo itinerario di ascesa al monte del Signore, non scoraggiatevi per le difficoltà. Le grandi vette si raggiungono solo con il sacrificio.

Ricordate le parole di Gesù? "In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa, o moglie, o fratelli, o genitori, o figli per amore del Regno di Dio, che non riceva molto di più in questo tempo, e la vita eterna nel secolo futuro" (Lc 18,20-30). E ancora: "Ecco, io sono con voi, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Il Papa Paolo VI, che ebbe sempre per i Seminari parole di significativo apprezzamento, in occasione del IV Centenario della loro istituzione osservava: "Il Seminario è la scuola per il silenzio interiore, in cui parla la voce misteriosa di Dio, è la palestra per l'allenamento alle virtù difficili, è la casa dove abita Cristo, il Maestro. Ricordate? Due discepoli di Giovanni, udito ch'egli diceva a Gesù, che passava sulla riva del Giordano: ecco l'Agnello di Dio! andarono dietro a Gesù. Gesù si volto e, notato che lo seguivano, domando loro: chi cercate? Essi gli dissero: Rabbi (che tradotto vuol dire Maestro), dove abiti? Egli rispose loro: Venite e vedrete (Jn 1,37-39)" ("Insegnamenti", I [1963] 291).

Cari seminaristi, se volete incontrare Cristo Signore, se volete conoscerlo, ascoltarlo, sappiate che per bocca della Chiesa, rappresentata dal Vescovo e dai vostri Superiori, la risposta è sempre la stessa: venite e vedrete! Affidatevi sempre con tanta fiducia a Maria Immacolata, dispensatrice di ogni grazia, alla quale è dedicato il vostro bel Seminario.

Vi accompagna anche la preghiera del Papa, il quale vi vuole bene e di vero cuore vi benedice.




1982-09-26 Data estesa: Domenica 26 Settembre 1982




L'omelia nel ricordo di Paolo VI - Brescia

Titolo: Annuncio il messaggio evangelico della giustizia come condizione fondamentale della pace



1. "La legge del Signore è perfetta, / rinfranca l'anima; / la testimonianza del Signore è verace, / rende saggio il semplice... / Il timore del Signore è puro, dura sempre; / i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti" (Ps 18 [19],8.10).

Paolo VI, figlio di questa terra e di questa diocesi, durante la sua vita ha reso testimonianza alla legge del Signore ed alla Sapienza di Dio. Esse hanno rafforzato la sua anima durante il suo pellegrinaggio terreno, iniziatosi a Concesio il 26 settembre 1897, cioè 85 anni fa, e concluso nella Sede di Pietro il 6 agosto 1978.

Oggi, visitando questa città e la Chiesa che è in Brescia, desidero ringraziare, insieme con voi, la santissima Trinità per averci dato Paolo VI.

Desidero ringraziarla in questa diocesi, nella quale egli inizio la vita terrena, e in questa Chiesa, per il cui ministero egli è diventato cristiano nel Sacramento dell'acqua e dello Spirito Santo.

Da tempo desideravo venire qui, così come mi era stato dato di visitare i luoghi natali di Giovanni Paolo I, e poi quelli di Giovanni XXIII in occasione del Centenario della sua nascita. Desideravo ardentemente di venire a questo nido dal quale la Divina Provvidenza ha chiamato Paolo VI, anche perché a questo Papa, che fu per me non soltanto un predecessore, ma un Padre nella Sede del Vescovo di Roma, mi unirono speciali vincoli. Trovandomi oggi qui, desidero manifestare la mia gioia in mezzo a voi e insieme con voi, che giustamente vi sentite legati in modo particolare al vostro grande Concittadino.

Ecco, Paolo VI ha amato la Legge del Signore e quella Sapienza, che fa l'uomo semplice e umile e, insieme, grande. Ecco, egli era, secondo le parole dell'odierna liturgia, l'uomo del timore del Signore: timore che "è puro e dura sempre". "I giudizi del Signore. ", che "sono tutti fedeli e giusti", si sono già compiuti su di lui. Vive già in Dio, nell'eternità divina, egli a cui è stato dato di prendere su di sé la testimonianza degli Apostoli e di compiere la grande missione, affidatagli dal Signore.


2. Brescia, patria di Paolo VI, è sede di rilevanti istituzioni culturali di ispirazione cattolica. Basti pensare alle case editrici che qui sono sorte ed alle pubblicazioni ed iniziative da esse promosse.

Consentite che mi rivolga proprio a questo ambiente culturale con le parole stesse del vostro venerato Concittadino: "La cultura- egli diceva - è maturazione umana, è crescita dall'interno, è acquisizione squisitamente spirituale; cultura è elevazione delle facoltà più nobili che Dio Creatore ha dato all'uomo, per farlo uomo, per farlo più uomo, per farlo simile a sé!" ("Insegnamenti", XIII [1975] 655). E in un'altra circostanza disse: "Chi più degli Apostoli del Dio incarnato ha contribuito, nel corso dei secoli, ad elevare i popoli, a rivelare ad essi, oltre alla grandezza di Dio, la loro propria dignità?" ("Insegnamenti", III [1965] 811).

Non sono che due brevi citazioni: ma come non ammirare in esse la luminosa chiarezza con cui Papa Paolo seppe vedere sia la funzione essenziale della cultura, sia l'apporto specifico che ad essa ha arrecato il Cristianesimo nel corso della storia? Con queste parole di Paolo VI desidero perciò salutare, dopo 85 anni dalla nascita, la sua città, l'ambiente della cultura, a cui questo grande Papa dovette i primi anni della sua istruzione. L'educazione nella scuola completo l'opera fondamentale compiuta, nella vita del giovane e del cristiano, dai genitori e dalla famiglia. Mi sia consentito di ricordare oggi anche loro, con la più profonda venerazione e gratitudine.


3. Brescia, terra di origine di Paolo VI, è una città del lavoro e dell'industria.

Desidero che a quest'ambiente parli oggi lui stesso con le espressioni piene di fede e di ispirazione, con cui si rivolgeva nel 1964 agli operai ed ai dirigenti dell'ENEL di Brescia: "Potete comprendere... il significato di mutua edificazione e di aiuto, che ha il lavoro, come una comunione di volontà e di amore, che serve i fratelli, nella visione più ampia del servizio dovuto a Dio, e da lui ordinato per il bene di tutti. Nessuno è inutile in questo corpo si ben organizzato, nessuno deve esimersi dalla sua responsabilità, che, unita a quella degli altri, offre un insostituibile apporto al comune progresso. Tutti hanno qualcosa da dare, e qualcosa da ricevere, e tutti sono chiamati a donarsi, avvalorando le proprie risorse ed i propri talenti, e spendendoli bene. E per non perdere di vista il fine supremo, a cui Dio ci chiama, ecco il pensiero costante del cielo, che deve sorreggere e nobilitare ogni umana attività, e ispirare a propositi nobili e santi: è quello il destino umano, segnato dalla volontà di Dio" ("Insegnamenti", II (1964) 324).

Ecco, alcune espressioni di Paolo VI, del vostro grande Concittadino, con le quali egli questa sera si rivolge a voi con la voce del mio cuore e delle mie labbra.


4. Quanto profondamenie Paolo VI era impegnato nei problemi del mondo contemporaneo, nei problemi della pace, della giustizia sociale! Forse occorrerebbe rileggere qui, ancora una volta, gli ammonimenti dell'apostolo Giacomo, proposti dall'odierna liturgia: "Ora a voi ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano!... Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti" (Jc 5,1 Jc 5,4).

Sono parole scritte circa 2000 anni fa, ma il loro significato conserva sempre la propria penetrante eloquenza. In ogni epoca la Chiesa cerca, mediante la loro severa espressività, di rileggere e di annunziare il messaggio evangelico della giustizia, che è la condizione fondamentale dell'ordine sociale e della pace.

A questo proposito voi ricordate che Paolo VI, nella fondamentale enciclica "Populorum Progressio", dopo aver ammonito che l'ostinarsi nelle ingiustizie sociali non avrebbe potuto che "suscitare il giudizio di Dio e la collera dei poveri, con conseguenze imprevedibili" (PP 49), osservava: "Le disuguaglianze economiche, sociali e culturali troppo grandi tra i popoli provocano tensioni e discordie, e mettono in pericolo la pace... Combattere la miseria e lottare contro l'ingiustizia, è promuovere, insieme con il miglioramento delle condizioni di vita, il progresso umano e spirituale di tutti, e dunque per il bene comune dell'umanità. La pace non si riduce ad un'assenza di guerra, frutto dell'equilibrio sempre precario delle forze. Essa si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento di un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini" (PP 76).

Attraverso il prisma di queste dichiarazioni ricordiamo oggi Paolo VI, il Papa dei nostri tempi, come continuatore del messaggio contenuto nella lettera dell'apostolo Giacomo e in tutto il Vangelo.

In quanto custode dell'eredità apostolica, questo Papa si metteva con costanza dalla parte di ogni bene, di ogni "bicchiere di acqua" dato al prossimo (cfr. Mt 10,42) e si metteva anche contro ciascuno di quegli scandali, di cui parla il Vangelo dell'odierna domenica, e che sono tanto numerosi nella nostra epoca.


5. Egli era il Pastore del Popolo di Dio, come Mosè - di cui parla oggi la liturgia domenicale -, e similmente esprimeva il fervido augurio, che troviamo nelle parole di Mosè: "Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo Spirito!" (Nb 11,29).

Infatti, durante il pontificato di Paolo VI ha sviluppato e compiuto la sua atiività il Concilio Vaticano II, che alle basi del suo insegnamento ha messo la verità sulla partecipazione dell'intero Popolo di Dio alla missione profetica, sacerdotale e regale di Cristo, la verità cioè sulla vocazione e sull'apostolato di tutti i cristiani.

E Paolo VI, come il Concilio, ha visto la Chiesa a misura dell'universale dialogo della salvezza, in cui è presente Cristo, è presente e sembra pronunziare le parole, che abbiamo ascoltato dal brano evangelico di oggi: "Chi non è contro di noi, è per noi" (Mc 9,40).

Oggi, dinanzi a voi, concittadini di Paolo VI, ho voluto riferirmi, almeno brevemente, al suo intero servizio pastorale, mediante il quale egli volle essere costantemente presente su quelle vie di Cristo, Buon Pastore, che passano attraverso tutta la nostra contemporaneità, attraverso gli spiriti, i cuori e le coscienze degli uomini della seconda metà del XX secolo.


6. Così dunque, adesso, alla fine, desidero che parli, ancora una volta, quel grande vostro concittadino con le parole che pronunzio all'indirizzo della sua città natale, nel 1977, dopo aver ricordato alcune eminenti figure bresciane a cui le giovani generazioni potevano guardare per attingere ispirazione ideale al loro impegno: "Le fondamenta di Brescia poggiano sulla fede in Dio: questa era la convinzione dei Padri. Lo resti anche dei loro discendenti attuali e di quelli che verranno. Dio è un fondamento che regge. Su di lui si può costruire, guardando con fiducia al futuro... Che il Signore protegga sempre questa Città (Brescia) a noi tanto cara, affinché i suoi abitanti possano vivere in operosa concordia e progredire continuamente nella pacifica ricerca del giusto benessere, sostenuti e guidati dai principi imperituri del Vangelo" ("Insegnamenti", XV [1977] 1184).

Dio ti conservi, Brescia. E tu, osserva sempre la sua legge. Sii sempre fedele a Cristo e alla Chiesa.

Con intensità di sentimenti saluto voi tutti: con deferenza saluto le Autorità della Provincia e della città; con affetto saluto il Pastore di questa diocesi ed i Vescovi della Lombardia, il Clero, i religiosi e le religiose; gli uomini della cultura e del lavoro; i giovani, gli anziani ed i malati. Saluto tutta Brescia, nella sua ricchezza umana e cristiana, stringendo in un unico abbraccio tanto i nativi di questa terra quanto gli immigrati: tra questi, uno speciale pensiero rivolgo ai miei connazionali, dei quali un gruppo partecipa a questo incontro.


7. La tua parola, Signore, è verità, / consacraci nella verità (cfr. Jn 17,17).

Accettate, cari fratelli e sorelle, questo servizio della Parola che ho desiderato compiere nei vostri riguardi, vivificando il ricordo del Papa Paolo VI, vostro Concittadino.

Sia benedetta la Parola di Dio, che si è espressa nel suo ministero sacerdotale, episcopale e papale.

Sia benedetto Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo. Lo ringraziamo per il dono di un uomo, che egli ha fatto a sua immagine e somiglianza, e che ha costituito Pastore della Chiesa, secondo il suo Cuore!




1982-09-26 Data estesa: Domenica 26 Settembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - All'inaugurazione dell'Istituto Paolo VI - Brescia