GPII 1982 Insegnamenti - Ad operatori del settore turistico - Brescia

Ad operatori del settore turistico - Brescia

Titolo: Promuovere il turismo servendo il bene dell'uomo

Testo:

Illustri Signori.


1. Vi ringrazio per questa visita resa tanto significativa, sia dalla vostra qualificata presenza di operatori pubblici e privati del settore turistico, sia dalla felice coincidenza della data odierna, in cui si celebra la Giornata Mondiale del Turismo. Avete desiderato questa Udienza per rendere omaggio, mediante la mia persona, alla Sede Apostolica ed alla Chiesa che dedicano viva attenzione e continue premure ai molti problemi del turismo, realtà a respiro planetario; mentre volete, al tempo stesso, analizzare le vostre particolari responsabilità in ordine ad un fenomeno sociale, il cui retto sviluppo non può prescindere dal rispetto di valori morali e spirituali.

La Santa Sede, mentre si riconosce non direttamente competente circa gli aspetti tecnico-professionali, è abilitata a seguire la dialettica dei vostri dibattiti ed a pronunciare una parola orientativa in proposito, proprio perché il turismo, assurto a tale importanza da essere indicato come uno dei "segni dei tempi", è realtà capace di modificare profondamente le condizioni sociali, la mentalità ed i costumi della presente generazione. Per tale motivo, sono lieto di svolgere insieme con voi alcune riflessioni.


2. Importante componente del tempo libero, il turismo, nei suoi molteplici aspetti, comporta - sia da parte di chi ne usufruisce, come da parte di quanti lo organizzano - libere scelte, le quali saranno moralmente positive se conformi al retto uso della libertà. Un turismo degno dell'uomo non può mai essere evasione dai doveri morali; ed il cristiano è tenuto a realizzare l'ideale evangelico "in" e "mediante" tutti i momenti dell'esistenza (cfr. He 12,15). A ben riflettere, anche il tempo libero, come tutto il tempo instaurato da Cristo, è escatologico in quanto è tempo ultimo e definitivo (cfr. 1Co 10,11); esso deve essere quindi ordinato alla salvezza eterna (cfr. LG 48) con impegno costante, perché "unico è il corso della vita terrena" (n. 48).

perciò alla vostra consapevolezza compete favorire la promozione del tempo libero in tempo di valorizzazione delle risorse naturali e spirituali a vantaggio dell'intera comunità (cfr. Direttorio Generale "Peregrinans in terra Ecclesia" per la Pastorale del Turismo, 1969, 4).


3. Il turismo, inoltre, è riconosciuto fattore d'incontro e di pace tra i popoli (cfr. "Dichiarazione di Manila", 1980). Da parte vostra, si richiede quindi l'impegno di accostare tale fenomeno sociale con l'intendimento di costruire quella pace che è frutto del rispetto e dell'amore per i fratelli, mediante cristiana coerenza d'intenti e di opere. Anzi, siete già benefattori dell'umanità se, in spirito di servizio, vi proponete di incrementare il turismo quale concausa di quella diffusa trasformazione socio-culturale, per cui ciascuno oggi più che mai si sente "cittadino del mondo" (cfr. GS 43). Si deve infatti anche al turismo se questa nostra Terra - intrisa del sangue di Cristo per la salvezza universale - appare sempre più "la casa di tutti" ("Discorso al Segretario Generale del Consiglio delle Nazioni Unite", 2 ottobre 1979: "Insegnamenti", II,2 [1979] 521)).

Di qui la tensione positiva verso una certa comunità universale che il turismo può sviluppare in quanto mezzo di rigenerazione psicofisica, di promozione di nuove fonti di lavoro, e soprattutto di umana comprensione e di incontro di culture.


4. Il fine ultimo dello sviluppo turistico non consiste dunque in un vantaggio economico anche se di scala nazionale, ma bensi nel servizio proteso al bene della persona integralmente considerata, tenendo cioè conto delle sue necessità sia di ordine materiale che spirituale. Si comprende, allora, che il turismo sia considerato non solo una "conquista" ma anche un "diritto", la cui retta fruizione postula una adeguata preparazione, come è stato riconosciuto dalla recente "Riunione Mondiale del Turismo": (Acapulco, 1982); preparazione che tutte le istanze educative (Famiglia - Scuola- Chiesa - Stato) sono tenute ad impartire per la parte che loro compete, affinché la consapevolezza di un diritto "sia alleata della coscienza" ("Discorso all'Unesco, 2 giugno 1980: "Insegnamenti", III,1 [1980] 1636ss).

Se è giusto infatti che l'"homo faber" abbia la possibilità di divenire - in determinati momenti - "homo ludens", non va dimenticato che l'uno e l'altro si completano nell'"homo sapiens". Solo mediante una valida formazione personale che metta in guardia da manipolazioni deteriori, il turismo si tradurrà in un "otium" veramente creativo e non conoscerà il pericolo di dissipare il tempo, né di tradurre lo svago in intemperanza, il desiderio culturale in curiosità malsana, il bisogno di socialità in incontri privi di idealità; il tutto in un'assenza squallida, talora ostentata, di preoccupazione religiosa e morale.

In questa ottica di autentico umanesimo cristiano, non si potrà non prestare solerte attenzione, affinché le spese sostenute per il turismo non costituiscano un oltraggio alla povertà, ma giovino bensi allo sviluppo dei valori che esso può realizzare a vantaggio del singolo e della società.

Incombe poi ai responsabili promuovere un sano "turismo sociale" non solo a favore dei giovani, dei meno abbienti e degli handicappati, organizzandolo in modo da sviluppare i valori fondamentali della persona, ma anche come strumento di educazione permanente per la Terza Età (cfr. Unesco, "III Conferenza sull'Educazione degli Adulti", Tokyo, 25 luglio-7 agosto 1972), in sintonia con le esigenze di una autentica "democratizzazione" dell'impegno educativo.

A conclusione di queste mie considerazioni, mi sia consentito esprimere un desiderio che sgorga dal mio cuore di Pastore. Se si vuole che l'uomo sia davvero il "protagonista delle sue vacanze", come è stato auspicato anche dall'Italia nella citata Conferenza di Manila, è opportuno tra l'altro, che si addivenga, anche mediante il vostro impegno, ad una più stretta collaborazione tra le Autorità civili ed ecclesiastiche circa alcuni settori del turismo, in vista del raggiungimento dei superiori traguardi sopra accennati. Tale collaborazione dovrà essere stretta e continua per risultare feconda di bene.

Rinnovando la viva espressione del mio compiacimento per questa vostra visita, formo il vivissimo e cordiale auspicio che il turismo, anche per l'opera saggia dei Responsabili e degli Organizzatori, contribuisca sempre più a glorificare Dio, Creatore dell'universo, ad avvalorare l'umana dignità ed a incrementare la conoscenza reciproca, l'affratellamento spirituale, il ristoro del corpo e dello spirito.

Con questi voti ed in pegno dei favori della divina assistenza, imparto a voi ed a quanti voi rappresentate, come pure alle rispettive famiglie, la mia cordiale benedizione apostolica.




1982-09-27 Data estesa: Lunedi 27 Settembre 1982




Il discorso ai membri del consiglio generale dell'OFS e ai partecipanti al congresso internazionale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Studiate, amate, vivete la regola dell'Ordine francescano secolare

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Porgo il mio cordiale benvenuto a voi, membri del Consiglio Generale dell'Ordine Francescano Secolare, riunito in Assemblea qui a Roma, ed a voi, partecipanti tutti al Congresso Internazionale, ed in voi, desidero estendere il mio saluto a tutti i francescani secolari, già terziari francescani, ai laici e sacerdoti del mondo intero ed ai loro Assistenti spirituali.

So che questo incontro da voi tanto desiderato intende manifestare il vostro affetto ed attaccamento alla Sede Apostolica e chiedere una parola di orientamento e di conferma, com'è nella vostra tradizione, da quando l'umile Francesco venne dal Papa a Roma per comunicare quanto il Signore aveva cominciato a fare per mezzo suo ("Tre Compagni", c. 12; "Fonti Francescane", p. 1100).

Nel corso dei secoli - da Nicolo IV, con la Bolla "Supra Montem" del 1289, al Papa Paolo VI, di felice memoria, che approvo la nuova Regola con il breve "Inter Spirituales Familias" - i miei predecessori hanno costantemente e benevolmente accolto questi desideri e vi hanno offerto stimoli e conferme nel vostro proposito di vita evangelica.

Sono lieto di potervi, io pure, confermare la mia sincera stima ed il mio profondo affetto in quest'anno tanto caro a tutta la Famiglia Francescana, nel quale, commossi, ricordiamo gli 800 anni di "vita nella Chiesa" del Poverello di Assisi.

Vive ancora la sua opera: vivono il suo primo, secondo e terzo Ordine, ricchi di numerosi ed inestimabili santi, che camminarono dietro a Francesco, guidati da Maria, Madre della Chiesa e dell'Ordine, e modello incomparabile d'ogni virtù evangelica.


2. Siete raccolti qui e vi attendete una parola beneaugurante dal Papa, successore di Pietro.

Ebbene, la mia esortazione è questa: 1) studiate; 2) amate; 3) vivete la Regola dell'Ordine Francescano Secolare, approvata per voi dal mio predecessore Paolo VI. Essa è un autentico tesoro nelle vostre mani, sintonizzata allo spirito del Concilio Vaticano II e rispondente a quanto la Chiesa attende da voi.

Amate, studiate e vivete questa vostra "Regola", perché i valori in essa contenuti sono eminentemente evangelici. Vivete questi valori in fraternità e viveteli nel mondo, nel quale, per la stessa vostra vocazione secolare, siete coinvolti e radicati. Vivete questi valori evangelici nelle vostre famiglie, trasmettendo la fede con la preghiera, l'esempio e l'educazione e vivete le esigenze evangeliche dell'amore vicendevole, della fedeltà e del rispetto alla vita ("Regola", n. 17).

Cristo, povero e crocifisso, sia per voi, come lo fu per Francesco di Assisi, "l'ispiratore ed il centro della vita con Dio e con gli uomini" ("Regola", n. 4).

Siate innanzitutto testimoni del Padre e del suo disegno di amore per gli uomini e "fate della preghiera e della contemplazione l'anima del vostro essere e del vostro operare" ("Regola", n. 8).

"La Chiesa ha bisogno di voi per fare si che il mondo possa riscoprire il primato dei valori spirituali" (cfr. "Insegnamenti, III,1 [1980] 945).

La vostra presenza porti dappertutto un messaggio ricco di gioia, di letizia e di fede profonda, di concordia e di pace: sarete così annunciatori di Cristo e del Regno di Dio con la vita e con la parola.


3. Avete scelto come tema del vostro Congresso: "Francesco segno di speranza".

Nella mia recente lettera "Radiabat velut stella", indirizzata ai Ministri Generali degli Ordini Francescani, ho rievocato i fondamenti della gioia, della libertà, della speranza in Francesco di Assisi: approfondite questi fondamenti ed i segni dello Spirito nella vita della Chiesa e sarete voi stessi un segno di speranza nel mondo attuale.

Accanto poi ai valori evangelici, ma pur insiti in essi, emergono dalla medesima Regola, con caratteri incisivi, i valori umani, per i quali, voi vi assumete, come cittadini della città terrena e, nello stesso tempo, come cristiani, impegni temporali e sociali, intendendo così di essere fermento nelle realtà terrene, nelle quali vi sentite, per vocazione profonda, come in casa vostra, come in un campo proprio e nativo. Memori che in voi, per il battesimo, c'è un sacerdozio regale, ritenete per certo che nessuno può proibirvi l'ingresso in ogni realtà terrena, sociale, umana, essendo, proprio voi, chiamati a dare un'anima cristiana ed umana a tutte queste cose.

Accettate poi l'invito, da me rivolto a tutti gli uomini di buona volontà, perché al lavoro umano sia riconosciuta la sua dignità che ha davanti a Dio e perché, nelle presenti gravi circostanze, sia concesso ad ogni uomo di realizzare se stesso e di poter collaborare serenamente all'opera della creazione ed al bene della società con un lavoro degno dell'uomo (cfr. LE 24).

Ciò facendo, vi porrete a servizio della promozione globale dell'uomo; vi farete promotori di giustizia, portatori di pace, memori che tutte le vie della Chiesa conducono all'uomo, redento da Cristo (cfr. RH 14).

Verso quest'uomo, vostro fratello, siate umili e cortesi, ricercando sempre le vie del dialogo e della riconciliazione (cfr. "Regola", nn. 13 e 19; cfr. anche Nicolo IV "Supra Montem").

Abbiate sempre davanti a voi l'esempio di Francesco, fratello di tutti e "uomo di frontiera", per cui, egli non cessa di esercitare un fascino straordinario anche presso i lontani (cfr. AAS 74 [1982] 580).


4. I vostri sodalizi, infine, sono chiamati "fraternità". Siano segno visibile della Chiesa, che è una comunità d'amore. Siano vere comunità ecclesiali, costruite sul Vangelo ed in viva ed attiva comunione con le Chiese locali e, mediante esse, con la Chiesa universale.

Vivete "in piena comunione con il Papa ed i Vescovi in un dialogo aperto di creatività apostolica" ("Regola", n. 6).

Continuatori poi di quel movimento di vita evangelica, che abbracciarono i "poenitentes de Assisio", sappiate vivere questa vostra vocazione, nel vostro ambito secolare, quali "fratelli e sorelle della penitenza" con un senso illuminato di conversione e di rinnovamento costante.

Ed ora, per quanti hanno responsabilità specifiche nell'Ordine Francescano Secolare, auspico un'unità d'intenti ed una precisa volontà, perché possano essere animatori e guide illuminate, precedendo i fratelli nell'amore al Vangelo e nella fedeltà alla Chiesa.

Vi ringrazio per quanto avete fatto fino ad ora in favore della medesima fraternità, e con voi ringrazio i Padri Ministri Generali e i Padri Assistenti che sono vostri Maestri e guide.

A tutti imparto con gioia profonda una speciale benedizione apostolica, estensibile anche ai vostri familiari, congiunti ed amici.




1982-09-27 Data estesa: Lunedi 27 Settembre 1982




Solenne concelebrazione in suffragio di Paolo VI e Giovanni Paolo I - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella Basilica vaticana

Testo:

Fratelli e figli carissimi.

Quattro anni or sono i Sommi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo I concludevano la loro giornata terrena. Oggi noi li ricordiamo con la medesima intensità di devozione e di affetto con cui li abbiamo seguiti nello svolgimento della loro universale missione e li abbiamo pianti al loro tramonto.

Il veloce trascorrere del tempo non ha interposto distanze alla docile adesione della nostra mente ed al commosso trasporto del cuore.

E' così che, in quest'ora di austera e solenne preghiera, noi, fedeli alla pia consuetudine ecclesiale, ci raccogliamo nel ricordo delle loro dolcissime figure: care immagini di Pontefici, che ci raggiungono con la luce della loro elevata statura spirituale e con la voce di un colloquio che non ha conosciuto interruzioni.

Sono profondamente grato al Signore per avermi concesso di visitare domenica scorsa i luoghi d'origine di Paolo VI e di sostarvi con l'animo umile e trepido del pellegrino. Ho potuto appagare in tal modo il lungo e ardente desiderio di esprimere, mediante un atto particolarmente significativo il fervido e perdurante vincolo che mi unisce agli insigni miei predecessori, dei quali ho assunto il nome, in ideale continuità di sollecitudini e programmi pastorali.

Papa Giovanni Paolo I, chiamato inopinatamente all'eternità ancora all'alba del suo ministero pontificale ci ha lasciato un ricco patrimonio di esempi e di insegnamenti, trasmessi con quella singolare immediatezza di linguaggio e di gesti, che gli consenti di penetrare subito nell'intimo dei cuori e di conquistarli.

Al di là della sconcertante brevità cronologica, il suo pontificato è rimasto un obbligato punto di riferimento nell'itinerario promettente e faticoso, che la Chiesa sta percorrendo in questo scorcio di secolo, che prelude al terzo millennio cristiano.

Come ricordai il 26 agosto 1979 celebrando l'Eucaristia nella piazza prospiciente la Chiesa parrocchiale di Canale d'Agordo - opportunamente denominata piazza Papa Albino Luciani - quel venerato ed amato Pontefice ci ha donato insegnamenti di valore fondamentale sull'amore alla santa Chiesa, a Cristo Signore, a Dio Padre (cfr. "Insegnamenti", II,2 [1979] 168ss).

Da vero maestro nell'arte catechetica, egli ha offerto a tutti una formulazione originale di grandi verità della fede cristiana, facendo per questo ricorso all'"aiuto" dei bambini, perché i bambini sono i prediletti di Gesù, e perché il Vangelo esige da tutti, come condizione imprescindibile, per essere ammessi nel regno dei cieli, l'impegno a ridiventare bambini (cfr. Mt 18,3).

Con tale spontaneità l'amabile "Papa catechista" ha fatto giungere alle coscienze il suo persuasivo messaggio, tutto pervaso da quella sapienza degli umili, che è parte non trascurabile della sua spirituale eredità.

Nell'associare ora la sua memoria a quella di Paolo VI a cui egli era intimamente affezionato, eleviamo la nostra preghiera a Dio, ringraziandolo per gli esempi di fedeltà alla sua Parola e di servizio alla Chiesa, che questi due Sommi Pontefici ci hanno lasciato e chiedendogli, al tempo stesso, di aiutarci a seguire i loro insegnamenti.




1982-09-28 Data estesa: Martedi 28 Settembre 1982





Lettera ai Vescovi - Malta

Titolo: Promuovere il patrimonio dei valori cristiani

Testo:

Ai venerabili e cari fratelli Joseph Mercieca, Arcivescovo di Malta e Nicholas J. Cauchi, Vescovo di Gozo.

Mentre la Chiesa di Malta si prepara ad iniziare l'anno dedicato al rinnovamento spirituale che culminerà nel nono Congresso Mariano Internazionale, è per me una gioia scrivervi questa lettera e, attraverso di voi, rivolgere il mio saluto a tutto l'amato popolo maltese. Con l'apostolo Pietro dico: "Pace a voi tutti che siete in Cristo" (1P 5,14).

E' davvero soddisfacente sapere che il 1° ottobre prossimo inaugurerete in tutta Malta la Missione diocesana, il cui scopo è il rinnovamento spirituale del popolo maltese. Come Pastore della Chiesa universale di Cristo, sono lieto di essere unito a voi, Vescovi locali, in questa solenne chiamata del Popolo di Dio ad una maggiore santità di vita. In questo momento propizio e tanto favorevole possano le parole di san Paolo echeggiare per tutto il vostro paese: "Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera" (Ep 4,23-24).

Per sua stessa natura, una chiamata al rinnovamento spirituale è un invito alla preghiera. E così il popolo maltese è invitato ad aprire il suo cuore a Dio, a volgere il proprio spirito al Figlio suo, nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, e ad implorare l'azione purificatrice dello Spirito Santo nella sua vita.

E' mediante la preghiera - sia personale che liturgica - che tutti i membri della comunità otterranno la forza necessaria per una autentica vita cristiana.

Nella preghiera essi percepiranno profondamente che una chiamata al rinnovamento significa una chiamata alla fedeltà a Cristo che continua a vivere nella comunione della sua Chiesa. Questa comunione è una comunione in un'unica fede - una comunione di verità e vita, di santità e di grazia, di giustizia, amore e pace. E' una comunione che richiede dai suoi membri rispetto reciproco, aiuto fraterno e obbedienza dettata dall'amore ai pastori del gregge. La Chiesa è una comunione universale nella quale sacerdoti, religiosi e laici vivono la loro vocazione e cooperano alla missione salvifica della Chiesa mediante un'azione comune in unità con i Vescovi e il successore di Pietro. In questa comunione e in questa coordinata azione ecclesiale si trova la certezza della fedeltà a Cristo e la garanzia di un effettivo contributo al Regno di Dio.

Una chiamata al rinnovamento è inoltre una chiamata alla coerenza - coerenza tra fede e vita cristiana. Una comunità di fede e di preghiera deve testimoniare nella sua condotta ciò che professa e proclama. La fede della Chiesa deve esprimersi nella vita pubblica e privata dei suoi membri. Si deve manifestare coerenza mediante una testimonianza cristiana sempre più visibile e vitale in tutti i ruoli e le funzioni che i fedeli si trovano a svolgere. La sfida cristiana - la chiamata alla coerenza - implica scelte decisive e sacrifici da ciascuno; è esigente sia per coloro che sono di umili condizioni che per coloro che hanno importanti responsabilità. Ad ogni categoria di persone il cristianesimo domanda la stessa cosa: abbracciare Cristo nella fede e applicare i suoi insegnamenti alle situazioni concrete della vita.

E' poi esperienza secolare della vita cristiana che la fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa, lungi dall'essere solo lealtà alla propria patria, è un effettivo contributo al benessere dell'intera comunità. Cristo stesso ci ha insegnato: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" (Mt 22,21).

In questo importante momento, tutti i cristiani debbono, in un impegno comune, assumere seriamente la loro responsabilità per promuovere il patrimonio di valori cristiani dei maltesi, che conferisce unità e un volto autentico alla nazione maltese e al suo popolo.

Per promuovere i valori cristiani che sono al servizio del bene comune della nazione intera, i cattolici devono sostenere quelle istituzioni educative, caritative e sociali di cui così generosamente la Chiesa si fa promotrice.

Rinnovamento spirituale implicherà anche ulteriori sforzi volti alla riconciliazione nella ricerca della preziosa unità nazionale - l'unità di fratelli e sorelle nella libertà, giustizia e carità. Rinnovamento e riconciliazione significheranno una nuova èra dove la divisione sia sostituita dall'armonia e dove l'ostilità sia vinta dalle forze del rispetto fraterno e dall'amore cristiano.

Questa nuova èra creerà inoltre il clima favorevole per il benessere sia materiale che spirituale di ogni uomo, donna o bambino a Malta.

In tutti i vostri sforzi per compiere un rinnovamento spirituale e per costituire il tessuto religioso e morale della vostra nazione, voi contate giustamente sull'intercessione di Maria, la Madre di Dio, che presiede al destino del vostro popolo, aiutandolo a superare tutte le difficoltà e ad arrivare al terzo millennio in pieno possesso della sua identità culturale cristiana.

A questo proposito è mia speranza che le future celebrazioni mariane, congiuntamente all'intero anno di rinnovamento spirituale, saranno considerate eventi ecclesiali che daranno luogo, tra l'altro, ad una maggiore unione di fede e di amore tra i figli e le figlie di Malta che orgogliosamente afferma di essere l'Isola di san Paolo. E possa così essere sotto la protezione di Maria, alla cui amorevole e materna protezione io affido con fede tutti gli abitanti di Malta.

Attraverso di voi, venerabili fratelli, rivolgo la mia particolare benedizione apostolica a tutti i fedeli, con le confortanti parole dell'apostolo Paolo: "Il mio amore sia con tutti voi in Cristo Gesù" (1Co 16,23).

Dal Vaticano, 29 settembre 1982.




1982-09-29 Data estesa: Mercoledi 29 Settembre 1982




Ad un gruppo di Vescovi francesi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rendete la Chiesa presente e operante nel seno delle nuove generazioni

Testo:

Cari fratelli dell'Ile de France.


1. Vi accolgo con gioia tutta speciale, voi che siete figli di quella Francia che, non molto tempo fa, festeggiava il mio passaggio con sincero entusiasmo! Mantengo un ricordo commosso degli incontri molto vari e di tutte le riunioni che hanno costellato la mia visita pastorale nella città di Parigi e suoi dintorni, insomma nelle vostre diocesi, in compagnia dei cari Cardinali Marty e Etchegaray: con tutto il Popolo di Dio a Notre-Dame e a Bourget, con gli operai a Saint-Denis, con i miei compatrioti al Champ-de-Mart, con i giovani all'indimenticabile Parco dei Principi, e ancora al Sacro Cuore, in via du Bac, all'Istituto cattolico, e soprattutto con tutti i Vescovi al Seminario di Issy-les-Moulineaux. Tutte le parole allora pronunciate e scambiate devono continuare a rischiarare e a orientare il cammino della Chiesa in Francia. Spero di avere l'occasione di estendere questa visita ad altre regioni del vostro paese, per godere della testimonianza della vostra fede, apportarvi la mia (cfr. Rm 1,11-13) e rinserrare la nostra unità attorno al Signore Gesù Cristo.

Come ho espresso allora a più riprese, ammiro il magnifico passato cristiano della vostra nazione, il suo genio, la sua passione per la causa dell'uomo, di cui ha tante volte proclamato la dignità e la libertà, e difeso i suoi diritti. Così essa ha aiutato spesso la Chiesa a camminare su questa "strada dell'uomo" che corrisponde alla volontà di Dio e più che mai all'attesa del mondo contemporaneo. Come una sfida all'amore predicato dal Vangelo, vediamo moltiplicarsi in questo mondo gli attentati contro la vita, tanto che le ideologie riduttive contrastano, al punto da annichilirla, la piena maturazione di sé alla quale ogni uomo aspira e che non può trovare la sua pienezza che nell'accettazione della Buona Novella che abbiamo il compito di proporgli senza sosta.


2. Proseguire l'evangelizzazione in tutti gli ambienti, sia operai che studenteschi, presso gli emigranti e i carcerati, questa è la volontà che spicca da tutti i vostri rapporti che ho letto attentamente, ivi compreso quello che il compianto Monsignor Delarue mi aveva indirizzato qualche giorno prima della sua morte. Piuttosto che riprendere tutti questi aspetti importanti, e ciascuna delle questioni formulate - per le quali la vostra responsabilità di Pastori, di dottori della fede, vi farà trovare una risposta ecclesiale - mi soffermo oggi su un problema che il vostro Presidente mi ha appena esposto a nome di tutti.

Conosco infatti tutta l'importanza che attribuite alla "catechesi", in particolare a quella dei bambini. Rappresenta per voi un aspetto essenziale per l'evangelizzazione delle vostre diocesi.

La vostra paziente ricerca di nuovi strumenti di trasmissione della fede, il numero crescente di catechisti laici che voi vi impegnate di formare in modo adeguato, testimoniano del vostro impegno missionario al fine di aprire al messaggio del Vangelo i bambini e i giovani che molto spesso diventano adulti in un clima di incredulità.

E' per rafforzare la vostra speranza, per confermare il vostro zelo, per sottolineare la vostra autorità in questo campo, per rinserrare sempre più strettamente i vostri legami di comunione con la Sede di Pietro che desidero parlare con voi di questa funzione così essenziale del nostro ministero apostolico che è quella dell'educazione alla fede mediante la catechesi, senza dimenticare certo che essa si compie anche in famiglia, nei movimenti di apostolato e attraverso la liturgia.


3. Non voglio ignorare i "numerosi cambiamenti" che si sono prodotti nella società del vostro paese da più di vent'anni a questa parte; questi cambiamenti non hanno mancato di provocare una revisione di pratiche pastorali, e particolarmente quelle della catechesi dei bambini.

Avete esposto le principali condizioni che rendono questo compito più difficile. C'e innanzitutto il fattore massiccio della "urbanizzazione" che ha contribuito all'esplosione dell'antico quadro della parrocchia rurale e alla concentrazione demografica nelle zone urbane, in cui l'ambito familiare è sradicato, privato dei suoi legami naturali e sottomesso ad una mobilità permanente.

Parallelamente, il processo di "secolarizzazione" si è accentuato; in una vita ingombra di tante cose estranee alla fede, si tende sempre più a limitare l'espressione di ciò in cui si crede nella sfera del privato, togliendo così a molte famiglie quel sostegno religioso che poteva apportare il quadro tradizionale con la sua visibilità sociale.

Occorrerebbe notare ancora "le condizioni della scolarizzazione", per le quali i bambini frequentano la scuola fino al sedicesimo anno d'età, condizioni che li fanno entrare in un campo culturale che, con le pedagogie moderne, sviluppa il senso critico della ragione e accorda il primato alla verità che viene provata sulla verità che viene trasmessa.

Sono tutti questi cambiamenti, con le loro conseguenze sulla vita concreta dei bambini, che vi hanno convinto a rinnovare le pratiche di catechesi alle quali si riferiscono, nella loro grande maggioranza, i genitori delle diocesi di Francia, anche se non mantengono tutti gli obblighi della vita cristiana, e anche se voi osservate, purtroppo, in certe vostre città, una rapida ed inquietante flessione in questo campo.


4. Dopo un lungo sforzo di riflessione e di ricerca, avete prescritto delle direttive e dato degli orientamenti in vista di una catechesi che risponda ad una situazione di cui si può dire globalmente che è una situazione missionaria. Così voi avete voluto che, in certa misura, la catechesi dei bambini fosse simile al cammino catecumenale, poiché uno dei suoi scopi è quello di prepararli ai sacramenti: per alcuni, il battesimo; per tutti, la riconciliazione, l'Eucaristia, la cresima.

Il vostro primo obiettivo è quello di suscitare le condizioni di una "primaria esperienza della fede per i bambini che vengono al catechismo molto spesso senza alcuna conoscenza religiosa precedente - mentre l'ideale sarebbe sempre che un'iniziazione sia offerta fin dalla prima infanzia dalle famiglie cristiane. Di qui la necessità di una paziente pedagogia che apra la coscienza del bambino all'interiorità e all'accoglienza del Vangelo e dei misteri della Rivelazione.

Il secondo obiettivo mira a tenere gran conto delle situazioni umane vissute dal bambino nel suo ambiente familiare e sociale, e nel suo ambito scolare e culturale. L'atto di catechesi, così come ricorda il Direttorio catechetico generale, non può dissociare da una parte la trasmissione del messaggio - trasmissione che, evidentemente, "non deve sacrificare nulla del contenuto dottrinale" - e d'altra parte l'attitudine e la "disponibilità del soggetto ad accoglierlo". La vostra catechesi vuole infatti essere attenta alla diversità dei gruppi di bambini e mira ad offrire dei mezzi di pedagogia appropriati.

Il terzo obiettivo fondamentale che vi proponete è quello di fare in modo che il bambino possa fare egli stesso l'esperienza di una comunità di Chiesa.

Il gruppo di catechesi non sarà solamente un gruppo di didattica religiosa in cui si apprende un sapere, ma "una cellula di vita di Chiesa", nella quale i bambini con il loro catechista, scoprono l'identità di una vita cristiana in cui l'unione con Cristo si vive personalmente e comunitariamente. E' in questo quadro che il bambino impara il linguaggio della fede, dà senso al Vangelo e ai misteri rivelati, compie la sua iniziazione alla preghiera, alla vita liturgica e sacramentale, essendo chiamato a vivere questa fede in famiglia, e nelle comunità più ampie, parrocchiali o altre, che comprendono dei ragazzi più grandi e degli adulti.


5. Per realizzare questi obiettivi, avete voluto proporre ai catechisti degli "strumenti di lavoro" che sono stati oggetto di numerose ricerche e messe a punto.

Bisognerà "sempre perfezionarli", tenendo conto dell'esperienza e delle sagge note formulate in questo campo.

Questi programmi di catechesi possono dare l'impressione di una certa abbondanza. Voi pensate che rispondono all'attesa dei pastori e dei catechisti offrendo, secondo una diversità saggiamente compresa, i mezzi di un'autentica trasmissione della fede, differenziati secondo i livelli dei bambini e appropriati a situazioni pastorali contrastate. Questi strumenti, dunque, sono stati concepiti in vista di una pedagogia rinnovata e attiva alla quale sono abituati oggi i bambini nei loro lavori scolastici. Vegliate allo stesso tempo affinché essi permettano alle diverse categorie di bambini di accedere "all'integralità e alla specificità della dottrina rivelata".

Per questo siete stati condotti - è questa la fase attuale - a promulgare voi stessi dei libri di catechesi in ciascuna delle vostre diocesi.

Rivisti sotto il vostro controllo sul piano dogmatico, e valutati con il vostro discernimento pastorale, essi "impegnano il vostro magistero ecclesiale e questo in stretto legame con il nostro Dicastero competente". Si, come afferma l'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae" - le cui disposizioni sono una traccia da seguire in questo campo -, "voi siete i primi responsabili della catechesi" (CTR 63), per portare a buon fine l'elaborazione di strumenti catechetici - come voi ne avete appena affermato l'intenzione - e per vegliare in seguito affinché la trasmissione della fede si faccia a tutti i livelli nella verità, nella carità, nell'unità.


6. So che certe produzioni catechetiche o certe nuove condizioni di catechesi hanno sollevato qua e là inquietudini e critiche da parte di certi cristiani. Non è qui il luogo per giudicare della giustezza di certe reazioni prese in se stesse, né della giustizia di certe critiche divenute talvolta campagne d'opinione.

Comprendo come queste ultime vi facciano soffrire, perché vi colpiscono nella vostra coscienza di Vescovi responsabili. Pur tuttavia, non dovete lasciarvi prendere troppo dall'amarezza. Accoglietele con serenità; contribuiscano ad accrescere la vostra vigilanza sulla qualità dei catechismi, a consolidare il vostro zelo pastorale, e a rinnovare la vostra comunione con la Sede Apostolica! Su questo ultimo punto, conosco il vostro lavoro intrapreso in comune con la Congregazione per il Clero e vi incoraggio in questo cammino. Ma, nelle diocesi di cui avete la responsabilità, nessuna persona né alcun gruppo privato può sospettare né mettere in questione la vostra responsabilità fondamentale in questo campo, né l'autorità che è ad essa inerente.

Esorto dunque tutti i figli della Francia ad agire con serenità, confidenza e unità attorno ai loro Vescovi. E auguro a voi di continuare nello spirito di cui abbiamo parlato, questo servizio alla Parola di Dio, che rivela il mistero del Dio vivo nello stesso tempo in cui rivela l'uomo a se stesso (cfr. RH 4). "Non solo il messaggio evangelico è indirizzato all'uomo, ma è anche un grande messaggio messianico sull'uomo: è la rivelazione all'uomo della verità totale su lui stesso e sulla sua vocazione in Cristo" ("Discorso ai Vescovi a "Issy-les-Moulineaux"", 3; 1 giugno 1980: "Insegnamenti", III,1 [1980] 1597).

Di tutto cuore vi incoraggio e benedico i sacerdoti e i catechisti, religiosi e laici, che consacrano il loro tempo e la loro fatica collaborando con voi in questo ministero così importante che è la catechesi. Come voi stessi dite, bisogna agire al meglio con tutte le risorse di cui voi disponete per far in modo che non si instauri il vuoto religioso nella nuova generazione.


7. Il tempo non mi permette di dilungarmi sull'educazione della fede degli adolescenti, degli "studenti" e degli adulti. Eppure è così fondamentale! Penso per esempio alla pastorale degli studenti, di studenti francesi e di studenti stranieri - così numerosi a Parigi -; alla pastorale delle scuole secondarie - licei e collegi di Stato, istituzioni cattoliche - in cui sacerdoti, fratelli, religiose, laici, uomini e donne, si sforzano, malgrado tutti gli ostacoli, di proporre in maniera valida la fede ai giovani, di approfondirla pazientemente con loro, di farli vivere di essa: essi meritano di essere vivamente incoraggiati, potrete dirlo loro da parte mia. Non abbiamo paura di impegnarci al massimo in questo campo della pastorale scolastica e universitaria: guai alla Chiesa se non è presente e operante in seno a queste nuove generazioni che, per la loro cultura, tengono, in un certo senso, la chiave della civilizzazione del domani!


8. E questo mi porta ad un'ultima riflessione. Le parole "incredulità massiccia", "ateismo", "indifferenza religiosa", "secolarizzazione", ritornano spesso nei vostri rapporti, a fianco di segni di speranza: senza dubbio corrispondono a situazioni e ambienti che voi conoscete bene. E' cosa buona analizzarne le cause, e voi lo fate spesso, abbondantemente, con uno spirito d'autocritica molto spinto.

Vi sono innanzitutto "cause" in qualche modo "esterne" all'identità profonda della Chiesa, quali le ideologie riduttive che scalzano le convinzioni di fede o di esigenza etica; a Parigi, vi ho parlato della suprema tentazione per l'uomo di rifiutare Dio in nome della propria umanità, come di una "mèta-tentazione". Queste difficoltà non sono solo intellettuali: esse sono rafforzate dalle condizioni di vita che rendono difficile la pratica religiosa - preghiera, culto, morale -, sia che si tratti dello sradicamento e della separazione delle famiglie, o al contrario del benessere gustato in uno spirito di materialismo o di liberalismo eccessivo. Ma, limitandosi a rilevare queste cause esteriori, troppo reali, si rischierebbe senza dubbio di accentuare un atteggiamento passivo di scoraggiamento, o di giudicare le persone che al contrario bisogna amare di più.

Più precisamente, bisogna giungere a quella che chiamerei una "analisi evangelica delle cause". Come dicevo ancora a Issy-les-Moulineaux, c'e una minaccia che è all'interno della Chiesa, che le fa perdere la sua forza, la sua anima, nella misura in cui essa perde fiducia nella potenza e nella saggezza del Messaggio rivelato (cfr. 1Co 1,25), nella forza del Vangelo vissuto, nella vera gioia delle beatitudini legata alla povertà del cuore, alla dolcezza, alla sete di giustizia, all'opera di pace, alla purezza, alla persecuzione a causa di Gesù. Si, bisogna ammettere che il Vangelo è "un segno di contraddizione", come avete ricordato, ed è inseparabilmente una "Buona Novella", che trova in se stessa la sua continua novità e la sua forza, come il lievito o il sale, anche e soprattutto nelle condizioni esterne difficili, perché non si appoggia che su Dio, sulla Rivelazione inaudita del suo amore, sulla salvezza operata mediante la Croce e la Resurrezione di Cristo, sulla preghiera che mostra che non si tratta di una nostra opera e sulla pratica dell'etica cristiana. Là dove dei cristiani, là dove delle comunità cristiane assumono il rischio di puntare innanzitutto su questo, come hanno fatto gli Apostoli alle origini, le condizioni sfavorevoli o ostili, non li soffocano; esse li stimolano; al posto di subirle sono loro che testimoniano, sforzandosi di cambiare le cause esterne. So bene che questo è il volto evangelico che volete dare alle vostre comunità. Da parte mia, questo è l'augurio fervente.

Esso è tessuto di speranza. E forse ritroverete allora, in condizioni rinnovate - come dicevo a tutti i Vescovi francesi a Issy (n. 7) -, "la stessa potente ossatura del Vangelo e della santità che costituisce un patrimonio particolare della Chiesa francese".

Che nostra Signora vi aiuti a vegliare nella prova della fede! E che Dio onnipotente vi benedica, Padre, Figlio e Spirito Santo.




1982-10-01 Data estesa: Venerdi 1 Ottobre 1982





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