GPII 1982 Insegnamenti - Al pellegrinaggio del Carmelo Teresiano d'Italia - Città del Vaticano (Roma)

Al pellegrinaggio del Carmelo Teresiano d'Italia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Oggi si chiede ai cristiani una testimonianza di preghiera

Testo:

Cari fratelli e sorelle!


1. Vi saluto con particolare affetto, e vi dico tutta la mia gioia nell'incontrarmi oggi con voi, che costituite il pellegrinaggio a Roma dell'intero Carmelo Teresiano d'Italia. So che voi qui rappresentate i religiosi e le religiose delle varie Congregazioni Carmelitane Teresiane, gli appartenenti al Terz'Ordine Carmelitano, alle Confraternite e alle Comunità che al Carmelo si ispirano. La vostra presenza in Italia è certamente significativa e si distingue tra le molte Famiglie religiose per una sua tipica testimonianza evangelica di vita comune, di preghiera e di diffusione di una solida spiritualità, incentrata sulla contemplazione. Per tutto ciò ringrazio il Signore, che suscita sempre nuove energie nella sua santa Chiesa, provvedendole forze vitali, feconde e stimolanti.

Nello stesso tempo abbiate subito la mia assicurazione che vi raccomando tutti al Signore e alla potenza della sua grazia, perché mantenga sempre vivo e anzi accresca nel Carmelo italiano l'approfondimento e la fedeltà alla vostra originaria vocazione.


2. Il nostro odierno incontro acquista il suo pieno significato dal fatto che avviene non solo in prossimità della festa di santa Teresa d'Avila, ma anche, e soprattutto, nel quarto Centenario della sua morte. La circostanza, dunque, impone alla nostra attenta riflessione la figura di questa donna, che fu e resta un gigante nella storia della Chiesa. E' importante, infatti, scoprire sempre di nuovo e adeguatamente apprezzare, e soprattutto tradurre nella propria vita, il suo particolare carisma. E non è difficile individuarlo nelle sue opere. Così scrivevo il 2 ottobre dello scorso anno al Preposito Generale dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi: "Teresa apprese che la sua vocazione e il suo compito erano di pregare nella Chiesa e con la Chiesa, la quale è una comunità orante e che lo Spirito Santo stimola con Gesù e in Gesù ad adorare il Padre in Spirito e verità... perciò quando qualcuno prega e vive di preghiera e così sperimenta il Dio vivo abbandonandosi a lui, allora avviene anche che percepisca più profondamente la realtà della Chiesa, nella quale Cristo continua per opera della grazia la sua arcana presenza; egli inoltre avverte l'urgenza di una totale fedeltà verso la Sposa di Cristo". Del resto, non si può avere l'esperienza di Dio senza la preghiera, e perciò santa Teresa nel suo "De via perfectionis" invita pressantemente ad applicarsi alla contemplazione (cfr. c. 18,3). E che cosa fu la fondazione dei vari Monasteri da lei realizzata, se non l'istituzione di molteplicie fervide comunità di preghiera? (cfr. "De via perfectionis", 21,10).


3. Ecco, dunque, un fondamentale impegno, che viene richiesto oggi ai cristiani, ed a voi in particolare, che vi ispirate alla dottrina teresiana: dare una testimonianza di preghiera. E non è il caso che vi ripeta qui oggi quanto ciò è necessario per l'uomo e il mondo contemporaneo, che rischia di perdere il senso della trascendenza a motivo del suo vertiginoso sviluppo materiale e tecnologico.

Occorre far sapere che esiste sempre in ciascun uomo una finestra orientata sul cielo azzurro dei supremi valori spirituali, anche se molti la tengono chiusa.

Occorre invitare gli uomini del nostro tempo ad aprire, anzi a spalancare questa finestra, perché entri abbondantemente in essi una ventata fresca e disinquinante, che dia un nuovo respiro e quindi maggior lena allo svolgimento delle loro attività. Proprio questo è, in sostanza, la contemplazione: esporsi e lasciarsi investire dal vento dello Spirito di Dio, come ne furono investiti e trasformati gli Apostoli il giorno della prima Pentecoste; accogliere in sé i suoi stimoli e lasciarsene condizionare. Si sperimenta così che la contemplazione non può, non deve isolare dal contesto sociale e culturale, nel quale si è inseriti; al contrario, essa offre la possibilità di immettervi nuovi germi di vita, ricchi di virtualità rinnovatrici. D'altronde, come ricordavo nella lettera del 31 maggio scorso alle Monache Scalze dell'Ordine Carmelitano, fu la stessa santa Teresa a esprimersi così: "Sarebbe proprio una disgrazia se noi potessimo fare orazione soltanto nei cantucci della solitudine" ("Fondazioni", 5,16).


4. Insieme a questa fondamentale dimensione, un'altra è altrettanto imprescindibile nella spiritualità teresiana. La Santa, infatti, fa dell'adesione alla volontà di Dio non solo la motivazione di base, ma anche un criterio per il progresso spirituale. Ed ella arriva a dire che la vera perfezione non sta nell'attività o nella contemplazione, ma nella conformità della nostra volontà a quella di Dio. Ecco le sue parole: "La somma perfezione non sta nelle dolcezze interiori, nei grandi rapimenti, nelle visioni e nello spirito di profezia, bensi nella perfetta conformità del nostro volere a quello di Dio" ("Fondazioni", 5,10).

Ma dove la volontà di Dio si incarna e si manifesta è in Gesù Cristo; perciò chi vuole compierla veramente deve seguire Gesù e lasciarsi condurre da lui. Ed è così che la vita religiosa diventa una forma particolare di "sequela Christi": non solo nel senso di una mera imitazione esterioristica, ma ancor più come immersione nel suo mistero e quasi come fusione personale con lui; sicché Teresa da discepola ne diventa sposa, in una piena unione mistica.


5. Cari fratelli e sorelle! Al concludersi di questo Centenario teresiano, mi auguro che tutti ne abbiate riportato molti e saporosi frutti spirituali. Ma quello di una riconfermata vita di preghiera dovrebbe essere comune a tutti. Di qui, infatti, ne scaturiscono altri, come quello di un accresciuto impegno nella vita della Chiesa, di un più intenso studio della Parola di Dio per aderire sempre meglio alla sua volontà, di una più generosa dedizione alla venuta e all'estensione del Regno di Dio, e anche di una più illuminata ed equilibrata prospettiva sulla dignità della donna e del suo legittimo posto nella Chiesa e nella società. Sappiate, dunque, trarre sempre maggior profitto dalla intensa spiritualità della grande Santa, alla cui ispirazione vi richiamate. E vivete con gioia il vostro stato religioso. Da parte mia sappiate, come già vi ho assicurato, che tutti vi ricordo al Signore. La Chiesa ha bisogno di voi e della vostra testimonianza. Che possiate tutti essere all'altezza delle speranze che in voi sono riposte.

E abbiate la mia particolare benedizione apostolica, che di cuore vi imparto, estendendola a tutti i membri delle vostre Famiglie carmelitane, in pegno di abbondanti e feconde grazie celesti.




1982-10-02 Data estesa: Sabato 2 Ottobre 1982




Proclamati nove beati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Esempi di fortezza e umiltà per il mondo d'oggi

Testo:

Cari fratelli e sorelle!


1. Grande è la gioia della Chiesa per l'elevazione agli onori degli altari di alcuni luminosi suoi figli: il Beato Salvatore Lilli, dei Frati Minori, e la Beata Jeanne Jugan, Fondatrice delle Piccole Sorelle dei Poveri. Un italiano ed una francese, al primo dei quali sono associati sette cristiani della Turchia Orientale (Armenia Minore), martiri della fede.

E' significativo che la Beatificazione del Padre Salvatore Lilli, missionario francescano della Custodia della Terra Santa e parroco di Mujuk-Deresi, avvenga proprio oggi, vigilia della festa di san Francesco d'Assisi.

Nel settimo centenario della morte del Santo di Assisi, nel 1926, il mio predecessore Pio XI volle sottolineare l'unione che lega il Serafico san Francesco alla terra di Gesù, beatificando otto francescani della Custodia, uccisi a Damasco nel 1860. Oggi, nell'anno otto volte centenario della nascita di san Francesco, un altro suo figlio, anch'egli impegnato pastoralmente in terra d'Oriente, è elevato agli onori degli altari, insieme a sette suoi parrocchiani martiri.


2. La cronologia del beato Salvatore è semplice, ma ricca di fatti che attestano il suo grande amore a Dio ed ai fratelli; essa culmina col martirio che venne a coronare una vita di fedeltà alla vocazione francescana e missionaria. Dei sette Soci nel martirio conosciamo i nomi, le famiglie e l'ambiente di vita: erano umili contadini e ferventi cristiani, provenienti da una stirpe che ha conservato attraverso i secoli integra la propria fedeltà a Dio ed alla Chiesa, nonostante momenti difficili ed a volte anche drammatici.

Fra quella gente umile il giovane missionario si immerse con dedizione totale, realizzando in breve tempo quanto poteva sembrare impensabile agli altri.

Fondo tre nuovi villaggi per riunire i nuclei familiari dispersi, allo scopo di meglio proteggerli ed istruirli; provvide all'acquisto di un vasto terreno per dare un lavoro ed un pane a chi ne era privo e promosse con tenacia l'istruzione dei giovani. Soprattutto impresse un ritmo più intenso alla vita religiosa dei suoi parrocchiani, che si sentivano trascinati dal suo esempio, dalla sua pietà e dalla sua generosità; i suoi preferiti erano gli ammalati, i poveri, i bambini.

Saggio consigliere e solerte promotore di opere sociali, era aperto a tutti: cattolici, ortodossi, musulmani ed a tutti sapeva offrire, col sorriso, il suo servizio; per questo era particolarmente amato dai suoi fedeli, stimato e rispettato dagli altri.

Durante poi l'imperversare del colera, il suo apostolato si illumino di carità eroica: fu nello stesso tempo sacerdote e medico. Incurante del contagio, passava di casa in casa assistendo moralmente e materialmente gli ammalati. In questa circostanza scrisse alla sorella, religiosa Trinitaria: "Mi sentivo un tale coraggio che l'andare presso il coleroso, soccorrerlo, amministrargli medicine, ecc., mi sembravano cose ordinarie". E ne indicava la chiara motivazione: il sacerdote pieno di fede in Dio non teme i pericoli e "corre ad alleviare il misero fratello che tante volte si trova abbandonato dai suoi più cari" (Lettera alla sorella Suor Maria Pia, 4 dicembre 1890).

Quando insorsero con violenza i sintomi premonitori della tempesta che si avvicinava minacciosa, i confratelli esortarono il Padre Salvatore a riparare in luoghi più sicuri. Gli stessi abitanti della zona, preoccupati per la vita del loro Padre, insistettero perché si ponesse in salvo. La risposta di Padre Lilli fu calma e decisa: "Non posso abbandonare le mie pecorelle; preferisco morire con loro, se è necessario" ("Positio super Martyrio", "Summarium", teste III, ad art.


16, p. 36); e rimase nella stazione missionaria.

Il 19 novembre 1895, i militari entrarono nella casa parrocchiale e il comandante pose subito l'alternativa: o rinnegare Cristo, o morire. Chiara e ferma fu la risposta del sacerdote che dovette per questo subire una prima esplosione di violenza: alcuni colpi di baionetta che ne fecero scorrere il sangue.

Tre giorni dopo, il religioso e sette suoi parrocchiani furono condotti via dalla truppa; marciarono per due ore; vicino ad un torrente furono fatti fermare ed il colonnello propose per l'ultima volta di scegliere fra l'abiura e la morte: "All'infuori di Cristo non riconosco alcuno", disse il Padre. Non meno nobile fu la risposta degli altri Martiri: "Uccideteci, ma non rinnegheremo la nostra religione" ("Positio super Martyrio", "Summarium", teste V, p. 53 ad 8).

Per primo fu ucciso il beato Salvatore, trafitto dalle baionette dei soldati: immediatamente dopo, gli altri sette subirono la medesima sorte.


3. Questo missionario francescano ed i suoi sette fedeli parlano con eloquenza incisiva al mondo di oggi: sono per tutti noi un salutare richiamo alla sostanza del cristianesimo. Quando le circostanze della vita ci pongono di fronte alle scelte fondamentali, fra valori terreni e valori eterni, gli otto Beati Martiri ci insegnano come si vive il Vangelo, anche nelle contingenze più difficili.

Il riconoscere Gesù Cristo come Maestro e Redentore implica l'accettazione piena di tutte le conseguenze che nella vita derivano da tale atto di fede. I Martiri, elevati oggi agli onori degli altari, vanno onorari imitandone l'esempio di fortezza e di amore a Cristo. La loro testimonianza e la grazia che li ha assistiti sono per noi motivo di coraggio e di speranza: ci assicurano che è possibile, di fronte alle più ardue difficoltà, seguire la legge di Dio e superare gli ostacoli che si incontrano nel viverla e metterla in pratica.

I nostri beati Martiri hanno vissuto in prima persona le parole rivolte da Gesù ai suoi discepoli: "Chiunque mi renderà testimonianza davanti agli uomini, gli rendero testimonianza davanti al Padre mio che è nei cieli" (Mt 10,32). Il beato Salvatore ed i suoi compagni hanno subito la morte per rendere la loro eroica testimonianza a Cristo di fronte al mondo: il Signore ha reso loro la sua testimonianza davanti al Padre con la vita eterna.

Questa lezione, insieme a quella della carità eroica della Beata Jeanne Jugan, sia di sprone a tutti i battezzati per una vita cristiana sempre più coerente e sempre più generosa al servizio del Signore, della Chiesa e dell'uomo.


4. "Et exaltavit humiles!" Queste parole molto conosciute del Magnificat riempiono il mio spirito e il mio cuore di gioia e di emozione, mentre ho appena proclamato beata l'umilissima fondatrice delle Piccole Sorelle dei Poveri. Rendo grazia al Signore di aver potuto realizzare ciò che Papa Giovanni XXIII aveva legittimamente sperato e che Paolo VI aveva desiderato ardentemente. Certo, si potrebbe applicare il testo citato poc'anzi agli innumerevoli discepoli di Cristo beatificati o canonizzati dall'autorità suprema della Chiesa. Tuttavia, la lettura attenta della "Positio" sulle virtù di Jeanne Jugan, come le recenti biografie consacrate alla sua persona e alla sua epopea di carità evangelica, mi fanno dire che Dio non poteva glorificare una serva più umile. Non esito, cari pellegrini, ad incoraggiarvi a leggere o a rileggere le opere che parlano così bene dell'eroica umiltà della beata Jeanne, e dunque dell'ammirabile saggezza divina, che dispone con pazienza e discrezione gli avvenimenti destinati a favorire la nascita di una vocazione eccezionale e la fioritura di una nuova opera insieme ecclesiale e sociale.


5. Detto questo, vorrei meditare con voi e per voi sull'attualità del messaggio spirituale della nuova beata. Jeanne ci invita tutti - e cito le parole della Regola delle Piccole Sorelle - "a partecipare alla beatitudine della povertà spirituale, camminando verso la spoliazione totale che eleva l'anima a Dio". Essa ci invita a questo ancor di più con la sua vita che mediante le sue parole conservate e segnate dal sigillo dello Spirito Santo, come queste: "E' così bello essere poveri, non possedere nulla, attendersi tutto dal Buon Dio". Cosciente e gioiosa della sua povertà, essa fa conto totalmente sulla Divina Provvidenza, che riconosce operante nella sua vita e in quella degli altri. Questa fiducia assoluta non è pur tuttavia inattiva. Con il coraggio e la fede che caratterizzano le donne della sua terra natale, ella non esita a "mendicare al posto dei poveri che accoglie". Vuole essere loro sorella, la loro "Piccola sorella". Vuole identificarsi con tutti questi anziani spesso in cattiva salute, a volte del tutto abbandonati. Non è il Vangelo allo stato puro (cfr. Mt 25,34-41)? Non è la via che il Terzo ordine di San Jean Eudes le aveva insegnato "...non avere che una vita, che un cuore, che un'anima con Gesù " per raggiungere coloro che Gesù ha sempre preferito: i piccoli e i poveri? Grazie ai suoi esercizi quotidiani di pietà - lunga orazione silenziosa, partecipazione al sacrificio eucaristico e comunione al Corpo di Cristo più frequente di quanto fosse nell'uso dell'epoca, la recita meditata del Rosario, che non abbandonava mai, e l'inginocchiarsi fervente davanti alle stazioni della Via crucis - l'anima di Jeanne era veramente immersa nel mistero di Cristo Redentore, specialmente nella sua passione e croce. Il suo nome da religiosa - Suor Maria della Croce - ne è il simbolo reale e commovente. Dal piccolo borgo nativo di Petites Croix (coincidenza o presagio?) fino alla sua morte, avvenuta il 29 agosto 1879, la vita di questa fondatrice è paragonabile ad un lungo e fecondissimo cammino di croce, vissuto nella serenità e nella gioia secondo il Vangelo. Come non ricordare qui che, quattro anni dopo la nascita dell'Opera, Jeanne fu vittima di intromissioni indebite ed esterne al gruppo delle sue prime compagne? Essa si lascio spogliare della sua carica di Superiora, e un po' più tardi accetterà di rientrare alla Casa madre per un ritiro che durerà ventisette anni, senza la minima protesta. Considerando simili avvenimenti, la parola eroismo viene spontanea al cuore. San Jean Eudes, suo maestro spirituale, diceva: "La vera misura della santità, è l'umiltà". Raccomandando spesso alle Piccole Sorelle: "Siate piccole, molto piccole! Mantenete lo spirito di umiltà, di semplicità! Se pensiamo di essere qualcosa, la Congregazione non glorificherà più il Buon Dio, noi cadremmo", Jeanne consegnava in verità la sua propria esperienza spirituale. E nel suo lungo ritiro alla Tour-Saint-Joseph, ella esercito certamente su numerose generazioni di novizie e di Piccole Sorelle una influenza decisiva, imprimendo il suo spirito alla Congregazione attraverso l'irradiamento silenzioso ed eloquente della sua vita. Ai nostri giorni, l'orgoglio, la ricerca dell'efficacia, la tentazione di mezzi potenti hanno libero corso nel mondo e talvolta, purtroppo, anche nella Chiesa. Sono di ostacolo all'instaurazione del Regno di Dio. Ecco perché la fisionomia spirituale di Jeanne Jugan è in grado di attirare i discepoli di Cristo e di riempire il loro cuore di semplicità e di umiltà, di speranza e di gioia evangelica, attinte in Dio e nella dimenticanza di sé. Il suo messaggio spirituale può condurre i battezzati e i cresimati alla riscoperta e alla pratica del realismo della carità che è efficace in modo straordinario in una vita di Piccola Sorella o di laico cristiano quando il Dio d'Amore e di Misericordia vi regna pienamente.


6. Jeanne Jugan ci ha anche lasciato un messaggio apostolico di grande attualità.

Si può dire che essa aveva ricevuto dallo Spirito come un'intuizione profetica dei bisogni e delle aspirazioni profonde delle persone anziane: quel desiderio di essere rispettate, stimate, amate; quella paura della solitudine insieme al bisogno di uno spazio di intimità e di libertà; quel desiderio di sentirsi ancora utili; e molto spesso, una volontà di approfondire le cose della fede e di viverle meglio. Aggiungerei che, senza aver letto e meditato i bei testi della "Gaudium et Spes", Jeanne era già in segreta sintonia con quello che essi dicono riguardo all'instaurazione di una grande famiglia umana, in cui tutti gli uomini si trattino come fratelli e condividano i beni della creazione secondo la regola della giustizia, inseparabile dalla carità (n. 69). Se i sistemi di sicurezza sociale attualmente hanno eliminato la miseria dei tempi di Jeanne Jugan, l'avvilimento delle persone anziane si riscontra ancora in molti paesi in cui operano le sue Figlie. E anche nelle regioni in cui esistono, questi sistemi di previdenza non procurano sempre agli anziani quel tipo di casa veramente familiare che corrisponde alle loro attese e ai loro bisogni fisici e spirituali. Lo vediamo: in un mondo in cui il numero delle persone anziane è in continua crescita - il recente Congresso internazionale di Vienna se ne è preoccupato - l'attualità del messaggio apostolico di Jeanne Jugan e delle sue Figlie è fuor di dubbio. Fin dai primi anni, la Fondatrice ha voluto che la sua Congregazione, ben lungi dal limitarsi all'ovest della Francia, divenisse una vera rete di case familiari, in cui ogni persona venisse accolta, onorata e anche - secondo le possibilità individuali - aiutata al raggiungimento del pieno sviluppo della propria esistenza. L'attualità della missione inaugurata dalla beata è così vera che le domande di ammissione non cessano di affluire. Alla sua morte, duemilaquattrocento Piccole Sorelle erano al servizio di persone povere e anziane, in dieci paesi.

Oggi, esse sono quattromilaquattrocento, divise in trenta nazioni sui cinque continenti. La Chiesa tutta intera e la società stessa non possono che ammirare e lodare la meravigliosa crescita del piccolo seme evangelico gettato in terra bretone, or sono circa centocinquanta anni dalla umilissima Cancalese, così povera di beni ma ricca di fede!


7. Possa la beatificazione della loro carissima Fondatrice apportare alle Piccole Sorelle dei Poveri un nuovo slancio di fedeltà al carisma spirituale e apostolico della loro Madre! Possa il riverbero di questo avvenimento attraverso tutte le fondazioni rischiarare e rendere decise numerose ragazze ad ingrossare le fila delle Piccole Sorelle! Possa la glorificazione della loro compatriota essere per i parrocchiani di Cancale e per tutti i diocesani di Rennes un appello vigoroso alla fede e alla carità evangelica! Possa infine questa beatificazione divenire per le persone anziane del mondo intero una sorgente tonificante di gioia e di speranza, grazie alla testimonianza solennemente riconosciuta di colei che li ha tanto amati in nome di Gesù Cristo e della sua Chiesa!

[Traduzione dal francese]




1982-10-03 Data estesa: Domenica 3 Ottobre 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dal corretto rapporto con la natura la speranza di una migliore convivenza tra gli uomini

Testo:


1. Nella odierna liturgia, nel corso della quale è avvenuta una solenne beatificazione, ci è stato presentato Gesù "coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto" (He 2,9), come proclamava l'Autore della lettera agli Ebrei.

Mediante lui, Dio "per il quale e dal quale sono tutte le cose" porta "molti figli alla gloria" (He 2,10).

Gesù Cristo è la guida della loro salvezza (cfr. He 2,10).

Ecco, "Cristo che santifica" (He 2,11) - ed ecco, "coloro che sono santificati" (cfr. He 2,11).


2. Tra questi uomini la Chiesa ha elevato nel giorno odierno alla gloria dei Beati i seguenti Martiri: il Padre Salvatore Lilli dell'Ordine dei Frati Minori e sette suoi parrocchiani.

La loro testimonianza a Cristo, coronata col supremo sigillo del sangue, si colloca sul finire del secolo scorso. Il Padre Lilli si è distinto non solo per lo zelo pastorale, ma anche per le iniziative sociali a favore dei più poveri.

Nel novembre del 1895 fu sequestrato, insieme con alcuni suoi cristiani, da soldati che volevano costringerli ad abiurare la fede cattolica. Mortali colpi di baionetta sanzionarono il coraggioso rifiuto di quegli uomini, che, come gli antichi martiri, seppero sacrificare la vita per non tradire la fede.


3. La Chiesa ha elevato pure nel giorno odierno alla gloria dei Beati Jeanne Jugan, francese, della diocesi di Rennes.

Così un'altra luminosa figura di donna si fa incontro alla Chiesa e al mondo per offrire uno straordinario messaggio di dedizione ai fratelli, nella carità di Cristo.

Povera di beni, ma ricca di fede, ella riconobbe la voce di Dio che la chiamava al totale dono di sé e disse il suo "si" generoso, abbandonandosi all'azione dello Spirito Santo. Quando fu l'ora di Dio, Suor Giovanna Jugan avvio, con audace ed insieme prudente intraprendenza, l'opera alla quale si sentiva da sempre attratta: un Istituto che si prendesse una cura affettuosa delle persone anziane povere. Nasceva così la Congregazione delle Piccole Sorelle dei Poveri.

Come non avvertire la perenne attualità di un simile messaggio? Suor Giovanna Jugan ci invita a vivere la beatitudine evangelica della povertà nella semplicità dei piccoli e nella gioia dei Figli di Dio. Ella ci invita, in particolare, ad aprire il cuore agli anziani, così spesso trascurati ed emarginati. Nel proclamare questa donna "Beata", la Chiesa intende mettere in evidenza il carisma del servizio prestato agli anziani e manifestare in questo modo onore ed amore a tutte le persone avanzate in età, alle quali tale doveroso tributo di onore e di amore è talora negato.


4. Ecco "Gesù Cristo che santifica" ed ecco gli uomini che mediante lui sono stati santificati.

Recitando l'"Angelus", ringraziamo per questo frutto maturo della salvezza che dobbiamo a Gesù Cristo, Figlio di Maria Vergine, concepito per opera dello Spirito Santo.

La festa di san Francesco Domani ricorre la festa di san Francesco, e con tale data si conclude l'ottavo Centenario della sua nascita. Nella luce della straordinaria testimonianza di amore a Dio ed a tutte le sue creature, offerta da san Francesco, mi è caro rivolgere uno speciale saluto a quanti hanno partecipato nei giorni scorsi al Seminario "Terra Mater", svoltosi in Gubbio.

Si è giustamente sottolineato che il futuro dell'umanità e del pianeta Terra è in pericolo per il deteriorarsi del rapporto uomo-ambiente, oltre che dei rapporti tra uomini, classi e Nazioni. E' necessario ed urgente che, sull'esempio del Poverello, ci si decida ad abbandonare forme sconsiderate di dominio-custodia nei confronti di tutte le creature. Abituandosi ad amare e rispettare le creature inferiori, l'uomo imparerà anche ad essere più umano con i suoi eguali. Sono lieto, pertanto, di incoraggiare e di benedire quanti si adoperano per far si che gli animali, le piante, i minerali vengano considerati e trattati, francescanamente, come "fratelli e sorelle".

Ai partecipanti al convegno promosso dal Movimento "Comunione e Liberazione" Sono lieto di salutare ora gli appartenenti al movimento di "Comunione e Liberazione", i quali in questi giorni si sono dati convegno a Roma per ricordare i venti anni dall'apertura del Concilio Vaticano II.

Carissimi, vi ringrazio per la vostra presenza in questo incontro di preghiera e per la sensibilità che dimostrate verso gli insegnamenti del Concilio, che ha portato nella Chiesa una ventata di nuova Pentecoste. Vi esprimo altresi il mio apprezzamento per il contributo che voi recate nell'opera di divulgazione conciliare e nell'impegno di far penetrare e fermentare il buon lievito di quella grande Assise Ecumenica in tutte le realtà temporali e in tutti gli ambienti sociali.


Vi sia di conforto la continua assitenza divina e di incoraggiamento la mia benedizione apostolica




1982-10-03 Data estesa: Domenica 3 Ottobre 1982




Al congresso mondiale dei medici cattolici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La qualifica di medico cattolico impegna a una testimonianza superiore

Testo:


1. E' per me motivo di viva gioia salutare, oggi, riuniti in questa importante assise, che è insieme il XV Congresso della Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici (FIAMC) e il XVI Congresso Nazionale dell'Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI), tanti e così illustri esponenti di quella sublime forma di servizio all'uomo che è la scienza medica.

La mia gioia è accresciuta dalla singolare varietà ed, insieme, dalla profonda unità che caratterizzano questa vostra Assemblea: voi provenite, infatti, da ogni parte del mondo ed operate nelle più diverse condizioni e situazioni politiche e sociali, ma siete al tempo stesso legati fra voi dalla comune fede cristiana, che sostiene ed anima il vostro servizio alla vita e all'uomo.

A tutti il mio cordiale saluto e il mio ringraziamento, con speciale pensiero a quanti con dedizione ed entusiasmo hanno organizzato questo Congresso.

Un ringraziamento particolare debbo a Monsignor Fiorenzo Angelini, che è da tanti anni l'animatore zelante ed infaticabile dell'Associazione Medici Cattolici Italiani e che in questa circostanza ha affrontato una mole ingente di lavoro per la preparazione del Congresso, del quale ha curato con intelligenza ogni aspetto, superando varie e complesse difficoltà e ricevendo giustamente apprezzamento, adesione e partecipazione.

Nessun luogo, meglio e più di Roma, avrebbe potuto riproporre e rinsaldare una visione universale di quel servizio alla vita, da cui trae ragione ogni dettato del codice di deontologia medica. Roma, che è chiamata "città eterna" perché sembra vivere da sempre, si apre a quell'orizzonte universale che fa di essa un obbligato ed esaltante riferimento di civiltà.


2. Il tema del vostro Congresso raccoglie e sintetizza il problema a me tanto vicino dei diritti fondamentali dell'uomo. In ogni tempo il diritto dell'uomo alla vita è stato riconosciuto come diritto primo e fondamentale e come radice e sorgente di ogni altro diritto.

E' dunque la vita uno dei valori più grandi, poiché discende direttamente da Dio origine di ogni vita (Gn 2,7 Ez 37,8-10). In quanto vivente creato a immagine del Creatore (Gn 1,26), l'uomo è per sua natura immortale (Gn 2,7 Sg 2,23).

Vedo opportunamente sottolineato nelle diverse articolazioni del Congresso, nelle relazioni, nelle comunicazioni, nei punti di dibattito, il concetto di globalità della vita. Me ne compiaccio, perché ritengo che una simile impostazione sia di fondamentale importanza.

Se infatti il servizio alla vita definisce la finalità della medicina, i confini di tale servizio non potranno che essere tracciati dal vero ed integrale concetto di vita. In altre parole: il servizio a cui siete chiamati deve comprendere ed insieme trascendere la corporeità, proprio perché questa non esaurisce la vita.

La Bibbia, mentre ricorda la fragilità della condizione umana, vulnerabile come un filo d'erba (Is 40,6 Ps 101 [102],12), fuggevole come un'ombra (Gb 4,2; 8,9), trascurabile come una goccia d'acqua (Si 19,10), sottolinea la smisurata grandezza della vita, che identifica con il bene, mentre attribuisce al peccato non soltanto la macchia della colpa, ma la stessa pena delle malattie e della morte fisica. Per il peccato l'uomo ha perduto per sé e per i suoi discendenti l'immortalità (Rm 5,12 1Co 15,21).

Tale ampia visione del concetto di vita è confermata dal modo in cui è presentata la redenzione operata da Cristo, che è vista come ricupero di vita, reimmissione di vita, dono di vita in abbondanza (Jn 10,10). La "grazia" è in Cristo vita, e ritrovare la vita significa ricollocarsi nel disegno creatore di Dio, che è per definizione "il Dio vivente" (Dt 5,23 Mt 26,63, ).

A buon diritto, pertanto, voi illustri medici qui convenuti per studiare i molti problemi che attengono alla salute, avete posto l'accento sulla difesa della vita, giacché in tale supremo valore si ritrovano le ragioni ultime che giustificano il vostro impegno nei diversi campi delle rispettive specializzazioni. A voi spetta il compito di salvaguardare la vita, di vigilare affinché essa evolva e si sviluppi in tutto l'arco dell'esistenza, nel rispetto del disegno tracciato dal Creatore.

L'accresciuta conoscenza dei fenomeni che presiedono alla vita ha allargato di molto i confini della scienza medica, il cui servizio si muove negli ambiti della medicina preventiva, curativa, riabilitativa, con inesauribile sforzo di predisporre, di difendere, di correggere, di ricuperare le condizioni vitali, accompagnando l'essere umano dai primissimi stadi dell'esistenza fino all'inevitabile tramonto.

Oggi, inoltre, più che mai la medicina si colloca al centro della vita comunitaria, come fattore determinante negli indirizzi educativi, nella valorizzazione di tutto l'uomo, nella organizzazione delle forme di vita associata, nel ricupero dei valori compromessi o perduti, nell'offrire all'uomo un sempre nuovo motivo di speranza.


3. La Chiesa, sin dal suo sorgere, ha sempre guardato alla medicina come ad un sostegno importante della propria missione redentrice nei confronti dell'uomo.

Dagli antichissimi xenodochi ai primi complessi ospedalieri e fino ad oggi, il ministero della testimonianza cristiana ha proceduto di pari passo con quello della sollecitudine per gli infermi. E come non sottolineare il fatto che la stessa presenza della Chiesa nei territori di missione si distingue per una premurosa attenzione ai problemi della salute? Ciò avviene non già per una surrogatoria funzione di supplenza rispetto alla istituzione pubblica, ma perché il servizio allo spirito dell'uomo non può attuarsi pienamente, se non ponendosi come servizio alla sua unità psicofisica. La Chiesa sa bene che il male fisico imprigiona lo spirito, così come il male dello spirito asservisce il corpo.

Non è, per altro, senza significato che santi canonizzati dalla Chiesa - come Giovanni di Dio e Camillo de Lellis, per non dire di molti altri - abbiano apportato innovazioni decisive nel campo di una sempre più vigile e partecipata assistenza ai malati. Del resto uno studio attento delle norme ascetiche cristiane consentirebbe di ravvisare non secondari contributi alla educazione dell'uomo nella cura integrale della propria salute fisica e psichica. E non fu forse un vostro collega, Alexis Carrel, a sostenere, ad esempio, che la preghiera riconcilia l'uomo con Dio e con se stesso, confermandosi medicina dello spirito con documentabili effetti sulla salute integrale della persona ("La prière", Paris 1935)? In considerazione di ciò i Padri del Concilio Vaticano II, nel loro appello agli uomini di pensiero e di scienza, affermavano con commossa fierezza: "Il vostro cammino è il nostro. I vostri sentieri mai risultano estranei a quelli propriamente nostri. Noi siamo gli amici della vostra vocazione di ricercatori, gli alleati delle vostre fatiche, gli animatori delle vostre conquiste e, se occorre, i consolatori del vostro scoraggiamento e del vostro insuccesso. Anche per voi, dunque, noi abbiamo un messaggio: continuate a cercare, senza mai rinunciare, senza mai disperare della verità..." ("Nuntii quibusdam Hominum ordinibus dati", "Aux hommes de la pensée et de la science", 8 dicembre 1965: AAS 58 [1966] 8-18).

Io stesso, nella recente enciclica "Laborem Exercens", ho reso omaggio all'importanza del vostro ruolo insistendo sul diritto primario di ogni uomo a quanto è necessario per la cura della propria salute e quindi ad un'adeguata assistenza sanitaria (LE 19). Mi piace riprendere qui questo tema per ribadire il dovere che incombe alla scienza medica di affinarsi per migliorare le condizioni e l'ambiente in cui si esercita quella fondamentale attività umana che è il lavoro.

Se vogliamo che il lavoro diventi sempre più personalizzante, bisogna che primariamente sia garantita la sua salubrità.


4. Il vostro impegno, illustri Signori, non può limitarsi alla sola corretta professionalità, ma deve essere sostenuto da quell'atteggiamento interiore che opportunamente è chiamato "spirito di servizio". Il paziente, infatti, a cui dedicate le vostre cure e i vostri studi, non è un individuo anonimo sul quale applicare ciò che è frutto delle vostre conoscenze, ma è una persona responsabile, che deve essere chiamata a farsi compartecipe del miglioramento della propria salute e del raggiungimento della guarigione. Egli deve essere messo nella condizione di poter scegliere personalmente e non di dover subire decisioni e scelte di altri.

E' in questo senso che si pone il richiamo ad "umanizzare" l'opera del medico ed i luoghi dove essa si esercita. Tale umanizzazione significa proclamazione della dignità della persona umana, rispetto della sua corporeità, del suo spirito, della sua cultura. E' vostro compito cercare di scoprire sempre più profondamente i meccanismi biologici che regolano su di essi, in forza di una potestà sulle cose, che il Signore ha voluto darle all'uomo. Ma nel fare ciò è altresi vostro impegno mantenervi costantemente nella prospettiva della persona umana e delle esigenze che scaturiscono dalla sua dignità. In concreto: ciascuno di voi non può limitarsi ad essere medico di organo o di apparato, ma deve farsi carico di tutta la persona e, di più, dei rapporti interpersonali che contribuiscono al suo benessere.

A questo proposito, la presenza di scienziati, di clinici, di medici e di operatori sanitari provenienti da ogni parte del mondo, mi induce a richiamare un grave ed urgente problema: quello di provvedere alla salvaguardia, alla difesa ed alla promozione della vita umana, attraverso il filtro delle varie culture. In quanto immagine di Dio, l'uomo è il riflesso degli infiniti volti che il Creatore assume nelle sue creature: volti disegnati dall'ambiente, dalle condizioni sociali, dalla tradizione, in una parola dalla cultura. E' essenziale che nei diversi contesti culturali il fulgore di tale riflesso non sia offuscato, né i tratti di tale immagine deturpati. E' compito di ogni cittadino, ma in particolare di coloro che, come voi, hanno dirette responsabilità sociali, adoperarsi perché siano riconosciute ed efficacemente fronteggiate eventuali forme di intervento sull'uomo, che si rivelino in contrasto con la sua dignità di creatura di Dio.

Per fare ciò, non è sufficiente un'azione individuale. Si richiede un lavoro di insieme, intelligente, programmato, costante e generoso e questo non soltanto nell'ambito dei singoli Paesi, ma anche su scala internazionale. Una coordinazione a livello mondiale potrebbe consentire infatti un migliore annuncio ed una più efficace difesa della vostra fede, della vostra cultura, del vostro impegno cristiano nella ricerca scientifica e nella professione.


5. C'è un messaggio, che sento presente nel vostro Congresso, e che deve farsi sempre più esplicito attraverso la vostra azione individuale ed associativa. E' l'appello alla comunità sociale ed ai suoi responsabili affinché le smisurate risorse consumate in tecnologie di morte si trasformino in sostegno e sviluppo di tecnologie di vita.

Per un mistero che affonda le sue radici nella complessità e nella fragilità del cuore umano, l'opzione per il bene e per il male si avvale sovente di strumenti identici. Tecnologie capaci di essere dirette al bene, sono contestualmente capaci di operare un male immenso, ed arbitro della loro applicazione e del loro uso è soltanto l'uomo.

Vi sono inoltre numerosi progetti nel campo della ricerca scientifica che attendono da tempo un maggiore sostegno per essere portati avanti e sono invece accantonati per mancanza di fondi. Laboratori, dai quali si attende una parola di speranza per combattere malattie particolarmente diffuse nel nostro tempo, sembrano languire, certamente non per difetto di uomini preparati, ma perché i finanziamenti necessari vengono dirottati su piste di distruzione, di guerra e di morte.

Non diversamente si pone il problema nei confronti di alcuni altri fenomeni gravissimi del nostro tempo. Lasciatemi sottolineare in particolare il problema della denutrizione e del sottosviluppo. Nella geografia dell'esistenza emergono oggi vaste aree ed intere popolazioni che soffrono l'indigenza e la fame.

Mentre popoli ricchi sono affetti da malattie metaboliche per iperalimentazione, la fame miete ancora le sue vittime specialmente tra i più deboli, i bambini e i vecchi.

Non è ammissibile restare in silenzio ed inerti dinanzi a questo dramma, specialmente quando se ne vede la possibile soluzione in un più assennato utilizzo delle risorse disponibili. Si unisca la voce vostra a quella di tutte le persone di buona volontà nell'invocare dai responsabili della cosa pubblica un più deciso impegno nel porre in primo piano la pronta e concreta risoluzione di questo tremendo e drammatico problema.


6. Il vostro è un Congresso di medici cattolici. E' una qualifica questa di "cattolici", che vi impegna a testimoniare con la parola e con l'esempio la fede in una vita che trascende la vicenda terrena e si colloca in un disegno superiore e divino.

Ciò riveste un'importanza non secondaria nell'esercizio della vostra professione. L'esperienza infatti insegna che l'uomo, bisognoso di assistenza, sia preventiva che terapeutica, svela esigenze che vanno oltre la patologia organica in atto. Dal medico egli non s'attende soltanto una cura adeguata - cura che, del resto, prima o dopo finirà fatalmente per rivelarsi insufficiente - ma il sostegno umano di un fratello, che sappia partecipargli una visione della vita, nella quale trovi senso anche il mistero della sofferenza e della morte. E dove potrebbe essere attinta, se non nella fede, tale pacificante risposta agli interrogativi supremi dell'esistenza? Da questo punto di vista la vostra presenza accanto al malato si ricollega con quella di quanti - sacerdoti, religiosi e laici - sono impegnati nella pastorale degli infermi. Non pochi aspetti di tale pastorale si incontrano con i problemi e i compiti del servizio alla vita compiuto dalla medicina. Vi è una necessaria interazione tra esercizio della professione medica ed azione pastorale, poiché unico oggetto di entrambe è l'uomo, colto nella sua dignità di figlio di Dio, di fratello bisognoso al pari di noi di aiuto e di conforto.

Diversi sono i campi di tale possibile e necessaria interazione; tra di essi mi preme richiamare alla vostra attenzione il campo della famiglia, provata spesso - oggi soprattutto - da malesseri profondi, e chiamata a misurarsi col difficile problema di una responsabile paternità, vissuta nel rispetto delle leggi divine che reggono la trasmissione della vita ed insieme di quelle che favoriscono un autentico amore coniugale.

Nell'auspicare pertanto che fra tutti coloro che operano nel campo sanitario s'accresca sempre più la sincera disponibilità al confronto, al dialogo, alla collaborazione costruttiva, a tutti io addito come supremo modello Cristo che fu medico dello spirito e spesso del corpo di quanti incontro sulle strade del suo pellegrinaggio terreno; Cristo, soprattutto, che accetto di bere fino in fondo il calice della sofferenza. Assumendo la condizione umana e sperimentando il dolore fino alla morte, ed alla morte in croce senza alcuna colpa, Cristo si è fatto immagine contemporaneamente di infermità e di guarigione, di sconfitta e di salvezza, affinché in lui avessero speranza fondata tutti coloro che, sulla terra e in ogni tempo, devono misurarsi con la sofferenza.

Stia, dunque, davanti agli occhi del vostro spirito, o cultori dell'arte medica, Cristo nel mistero della sua passione e della sua risurrezione. Egli vi illumini costantemente sulla dignità della vostra professione e vi suggerisca in ogni circostanza quegli atteggiamenti e quei passi che una lineare coerenza di fede indica ed esige. Gli uomini di oggi non chiedono soltanto l'affermazione dei principi, ma il contributo dei segni, di testimonianze credibili.

La Vergine, Signora della Sapienza, che ovunque è invocata come salute degli infermi, guidi il vostro cammino e vi conceda di dare al vostro servizio alla vita quelle prerogative di bontà, di comprensione, di disponibilità e di dedizione che hanno avuto in lei l'attuazione più alta.

Con questi sentimenti imparto di cuore a voi ed a quanti voi qui rappresentate la benedizione apostolica, propiziatrice di ogni desiderato favore celeste.




1982-10-03 Data estesa: Domenica 3 Ottobre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Al pellegrinaggio del Carmelo Teresiano d'Italia - Città del Vaticano (Roma)