GPII 1982 Insegnamenti - Al movimento "La vie montante" - Città del Vaticano (Roma)

Al movimento "La vie montante" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa è beneficiaria del vostro vigore spirituale

Testo:

Cari fratelli e sorelle di "La Vie Montante".


1. Fratello, io lo sono per voi in molti modi, e in particolare per il fatto che anch'io sono arrivato all'età dei "più vecchi", degli "anziani". Il Signore mi ha conferito poi, con il mio ministero, una paternità spirituale, e a questo titolo vi dico: siate i benvenuti nella casa del Papa! Provo grande gioia nell'accogliervi, perché voi siete un vero movimento di Chiesa, un movimento di laici, che lavorano in collaborazione con sacerdoti e religiosi, in stretta comunione con il Papa e i Vescovi.

Sono felice anche di costatare la vostra giovinezza spirituale. Voi sapete che io amo incontrare i giovani: ed io ritrovo nel vostro movimento un dinamismo simile a quello della giovinezza, con in più la profondità, la saggezza, la solidità dell'esperienza. Il tema del vostro Congresso non è forse: "Levati e cammina!"? Non volete essere degli assistiti, oggetto solamente dell'aiuto delle persone dette "attive"; da più di vent'anni voi portate avanti la vostra azione, da laici e per i laici; i vostri animatori, e spesso i vostri consiglieri spirituali escono dai vostri ranghi. "Come un uomo anziano può rinascere?", domandava Nicodemo a Gesù. Voi avete voluto accogliere la sfida, dare alla terza età tutte le sue possibilità di vitalità e di irradiamento, e questo sul piano specifico della spiritualità, dell'apostolato, dell'amicizia.


2. Siete un movimento di spiritualità. La "salita" che avete in mente è quella che introduce più profondamente nel Regno di Dio, e questo sin da oggi, in attesa dell'al di là. Volete maturare nell'amore di Dio e nell'amore degli altri. Senza dubbio provvidenzialmente siete piu disponibili per questo ritorno alla vita spirituale o al suo approfondimento: l'aver concluso la vostra attività nel mondo del lavoro vi permette di avere molto tempo a disposizione; la vostra vita libera vi permette di fare più facilmente una scelta tra l'accessorio e l'essenziale; altri movimenti cristiani vi hanno forse preparati a questo cammino; la separazione dai figli e l'allontanamento degli amici vi fanno riflettere; qualche volta l'esperienza di una fede della giovinezza rinasce dopo la dimenticanza o le difficoltà della vita attiva (comprendete allora quanto era importante fare questa esperienza fin dall'infanzia!). In breve, voi siete più liberi, più lucidi, più sereni. E Dio, che era sempre stato là, nel segreto, si fa forse sentire meglio.

Come non apprezzare il modo con cui vivete questa condivisione della fede, attraverso il vostro giornale, le vostre pubblicazioni, i vostri pellegrinaggi, e innanzitutto nelle vostre riunioni di gruppo, come è testimoniato dalla "Guida dell'animatore"? Voi vi introducete ad uno sguardo di fede sugli avvenimenti della vostra vita, perché siete nutriti nello stesso tempo dalla Parola di Dio, ed io conosco lo sforzo intelligente che perseguite per meglio comprendere i testi dell'antico e del nuovo Testamento, del Concilio, dei Padri.

Vi impegnate nella preghiera comunitaria e personale, la vostra vita interiore si sviluppa e questo dà un'altra dimensione a tutta la vostra esistenza. Vi fortificate non solamente nell'amore di Dio, ma anche nell'amore della Chiesa, della Chiesa dei nostri tempi che può alcune volte sconcertare le abitudini della vostra infanzia, i vostri gusti, le vostre legittime esigenze. Il vostro movimento vi fa camminare con la Chiesa, evitando i passi falsi.


3. "La Vie Montante" si vuole apostolica. Le vostre riunioni si manifestano in impegni che sono lasciati all'iniziativa di ciascuno: servizio di Chiesa nella pastorale parrocchiale, la liturgia, la catechesi, le opere caritative; o altri servizi umani molto vari. Il vostro movimento non si esaurisce, sicuramente, in questa attività, ma può far prendere coscienza a ciascuno della sua vocazione, della sua missione di battezzato, di cresimato chiamato a testimoniare e ad agire, secondo i suoi carismi e secondo i bisogni che incontra; e soprattutto permette di riflettere su questa azione per viverla nella fede. E' stato detto che "La Vie Montante" è un vivaio di apostoli della terza e della quarta età, e io me ne rallegro.


4. Una caratteristica dominante di questo apostolato è l'amicizia. Già, tra voi nei gruppi, nel movimento, voi costruite una rete di amicizia, tanto più impressionante dal momento che accogliete allo stesso tempo persone ancor giovani - la pensione comincia molto presto - e persone di età avanzata, donne e uomini, persone di tutti gli ambienti sociali e culturali. Quale grazia in un mondo in cui sono dominanti le barriere sociali, in cui la solitudine è così dura da sopportare, aggravata com'è dalle altre prove della vecchiaia! Voi al contrario vi sforzate di vivere sia il pluralismo che la comunione. E so che la vostra carità creativa sa trovare numerose occasioni per portare alle altre persone anziane del vostro ambiente, quartiere o villaggio, nei clubs e anche negli ospedali e nelle carceri, come anche alle generazioni più giovani, attenzione, ascolto, sostegno, conforto, aiuto.


5. Non vorrei, cari amici, tracciare un quadro troppo idilliaco. Penso che abbiate personalmente le vostre miserie, che i vostri gruppi e il vostro movimento conoscano momenti di indecisione, lentezze, tensioni. L'età matura non conferisce automaticamente tutte le qualità, quando non ci si è sufficientemente prima esercitati alla virtù; i difetti dell'egoismo, dell'invidia, dell'aggressività possono anche essere accentuati a causa della minor elasticità. Per questo voi dovete, noi tutti dobbiamo progredire nell'umiltà, nella domanda di conversione, nello sforzo personale, per crescere nella fede, nell'amore agli altri, nella dimenticanza di sé e nell'accettazione serena dei limiti di ogni tipo che aumentano con l'età. Per voi, come per tutti i cristiani, la vita "d'ascesi" è dura e difficile (cfr. Mt 7,14). Ma il messaggio di Gesù è una Buona Novella; il suo giogo è dolce e la sua grazia non manca mai. Vorrei sottolineare, concludendo, fino a che punto il vostro impegno ne "La Vie Montante" sia una possibilità per la società, per la Chiesa, per voi stessi.


6. La società contemporanea - a cominciare dalla famiglia che ne è la cellula di base - ha e avrà sempre più pensionati, persone anziane. Come va integrata questa fetta di persone sempre più vasta, come far posto agli anziani, offrendo loro il rispetto e l'aiuto necessari, ma anche beneficiare dei valori dell'età matura in un mondo instabile, che corre incontro alla novità perdendo a volte il senso e il gusto della vita? Si prende sempre più coscienza della vostra importanza, e anche grandi organizzazioni se ne accorgono e se ne interessano; è in questo quadro che, il 22 luglio scorso, ho inviato un messaggio all'Assemblea mondiale "sui problemi dell'invecchiamento della popolazione" (apertasi il 26 luglio), riunita a Vienna.

E grazie a Dio, numerose istituzioni, come quella delle Sorelle di Jeanne Jugan, rispondono meravigliosamente al bisogno di sicurezza e di affetto degli anziani.

Ma è della massima importanza che persone della vostra età presentino una visione pienamente umana e cristiana della vita, manifestino la saggezza della loro esperienza, facciano da tramite tra le diverse generazioni, siano testimoni dell'affetto fedele del dono gratuito di sé, della serenità, della gioia discreta e raggiante, della forza nella prova, dell'interiorità, della speranza nell'eternità di ciò che potrei chiamare "i carismi della sera della vita"! La Chiesa, più ancora, è diretta beneficiaria del vostro vigore spirituale, non solo per i servizi che voi prestate in seno ad essa, non solo per la testimonianza che date ai giovani e ai meno giovani, ma per la riserva di fede e di preghiera che voi rappresentate nel Corpo mistico di Cristo. Bisogna certamente fare in modo che le giovani generazioni prendano il loro posto nella Chiesa e pervengano alla pienezza della fede; senza di esse la Chiesa s'indebolisce, ma essa non muore fintantoché le persone di "La Vie Montante" ne mantengono viva la fiamma.

Infine, per ciascuno di voi, è importante vivere bene questa tappa della vostra vita, importante quanto le altre, anzi anche più importante poiché essa ne è il coronamento, il completamento. Il vostro movimento vi aiuta ad accettarne la trama con serenità, a superare insieme e anche ad offrire spiritualmente le prove di ogni tipo che io ho solo ricordato - malattia, solitudine, separazione, che siate ancora sposati, o vedovi, o celibi -; ma anche e soprattutto "La Vie Montante" vi invita a sfruttarne tutte le risorse, che sono grandi, a progredire nel dono di sé che è sempre una spoliazione e che prepara al dono supremo che Dio ci domanda al momento del passaggio nella sua Luce e nella sua Vita, attraverso una passione che noi cercheremo di unire alla sua. A 75 anni, il mio predecessore Giovanni XXIII osava scrivere: "La vecchiaia - che è anche un grande dono del Signore - deve essere per me un motivo di silenziosa gioia interiore e di abbandono quotidiano al Signore". Che Dio vi doni di vivere in pienezza, sostenendovi gli uni gli altri, tutti gli anni che vi darà su questa terra! E che il movimento di "La Vie Montante", partito dalla Francia un secolo prima come iniziativa della Beata Jeanne Jugan, e che ha già trascinato tanti membri attivi nella sua scia, possa proseguire il suo cammino, in tutti i paesi rappresentati qui e anche oltre! Che la nostra Signora, che tanto amate invocare a Lourdes, sostenga la vostra preghiera e il vostro attaccamento a Gesù e alla Chiesa! Di tutto cuore, a ciascuno di voi, ai vostri amici che non hanno potuto venire, do la mia affettuosa benedizione apostolica.




1982-10-04 Data estesa: Lunedi 4 Ottobre 1982




Saluti a gruppi di pellegrini a Roma per la beatificazione di Janne Jugan - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nell'Aula Paolo VI

Testo:

Cari pellegrini della beata Jeanne Jugan e amici delle Piccole Sorelle dei Poveri.


1. Permettetemi di ringraziare la reverenda Madre Generale Maria Antonietta della Trinità, per l'opportunità e la concisione delle sue parole, e di felicitarmi con lei di tutta la fatica e l'impegno che si è assunta, con le sue Sorelle, per preparare questo avvenimento del 3 ottobre, che segnerà la storia della Congregazione. Ma è voi tutti che io saluto e che ringrazio di aver così ben circondato il Papa durante la funzione liturgica in cui egli presiede alla beatificazione o alla canonizzazione dei santi. A tutti voglio ripetere la parola di Gesù ai suoi Apostoli: "Che la vostra gioia sia perfetta!". E aggiungo: conservate in voi l'ammirazione e l'azione di grazia, a causa della beata Jeanne, a causa della sua vita così umile e così feconda, divenuta veramente uno dei numerosi segni della presenza di Dio nella storia, e più precisamente della sua azione negli animi che si abbandonano totalmente alla sua azione misteriosa!


2. In questo incontro molto familiare, desidero ringraziare a nome della Chiesa tutte le Piccole Sorelle dei Poveri, presenti qui o restate nelle Fondazioni, e anche tutte coloro che da quasi centocinquanta anni hanno seguito fedelmente le tracce segnate dalla Fondatrice. Nel nome della Chiesa incoraggio le 4400 Piccole Sorelle d'oggi a vivere così umili, così povere, così ferventi come la loro beata Madre nella pratica del loro quarto voto, quello dell'"ospitalità" offerta alle persone anziane e di condizione modesta. Mi auguro profondamente che lo stile della vita delle vostre comunità e l'irradiamento personale di ciascuna Piccola Sorella siano tali che molte giovani si interroghino sulla pienezza della felicità che ricolma i vostri cuori di donne consacrate al Signore e che hanno votato la loro esistenza quotidiana al servizio della terza e quarta età. Pregate e sacrificatevi, care sorelle, per una nuova e abbondante fioritura di vocazioni in tutta la Chiesa!


3. E ora, sono molto felice di salutare gli anziani, venuti da numerosi paesi e che rappresentano degnamente tutti gli ospiti delle Case tenute dalle Piccole Sorelle. Cari anziani, Dio vi ha concesso, come a molti altri, di pervenire fino a settanta, ottant'anni e più! Malgrado certi limiti di salute e altre miserie possibili, questa lunga vita è una grazia! Credo che il Signore voglia in questo modo permettervi di perfezionare il libro della vostra esistenza, già così ricco di belle pagine, in ogni caso di assicurarne al meglio la conclusione. Con le risorse del vostro temperamento e con l'aiuto di Dio, siate sempre sorridenti, benevoli, disponibili. Questa tappa della vostra vita deve essere un periodo di ascesi morale e spirituale, un compimento sereno e meraviglioso di tutta la vostra esistenza. E' proprio quando vivono così che i cristiani della vostra età hanno qualcosa di originale e di insostituibile da offrire a coloro che li circondano.

Direi volentieri che i vostri luoghi di accoglienza, chiamati così felicemente "Ma maison", possono essere, in miniatura, modelli di società in cui regnino la tolleranza, l'amicizia, l'aiuto, la fraternità, la pace, la gioia. Tutte queste virtù praticate da tutti e da ciascuno testimoniano che la grandezza della persona umana non può limitarsi ai valori materiali quasi esclusivamente ricercati al giorno d'oggi.

San Paolo pensava senza dubbio a questo quando invitava i cristiani a rinnovare "l'uomo interiore", mentre "l'uomo esteriore" si va disfacendo (2Co 4,16). Cioè, la prima giovinezza può essere sostituita da un'altra giovinezza, in attesa d'essere come immersa nell'eterna giovinezza di Dio. Questo mi fa pensare anche alla bella preghiera di Joseph Folliet, il sociologo-giornalista e grande servitore dei poveri, divenuto sacerdote alla sera della sua vita: "Signore, che avete fissato le stagioni dell'anno e quelle della vita, fate che io sia l'uomo di tutte le stagioni. Non vi chiedo la felicità, vi domando solamente che la mia ultima stagione sia bella, affinché porti la testimonianza della vostra bellezza!" ("Le soleil du soir"). E voi, cari anziani, che pregate molto con la vostra corona del Rosario, pensate alla Vergine Maria, che condusse - secondo la tradizione - l'ultima parte della sua esistenza terrena a fianco dell'apostolo Giovanni.

Domandatele di aiutarvi a vivere questa ultima tappa nella preghiera, nella serenità, nell'attenzione agli altri, in bellezza!


4. Infine, voglio indirizzare un saluto speciale e calorosi incoraggiamenti a tutti gli amici e i benefattori delle Piccole Sorelle dei Poveri.Tutti insieme, voi continuate, con i vostri doni e i vostri servizi, ciò che Jeanne Jugan - l'infaticabile questuante - aveva cominciato. So che la Congregazione ha costituito una "Associazione di amici di Jeanne Jugan", rinnovata e incoraggiata da Paolo VI. Sono molto felice di seguire il suo esempio e di offrire il mio sostegno e la mia benedizione allo sviluppo di questa rete di carità evangelica.

Tra gli amici delle Piccole Sorelle e dei loro ospiti, non voglio dimenticare i loro cari assistenti spirituali: sono qui numerosi. Saluto anche i sacerdoti di Cancale e di Rennes, luoghi in cui la nuova beata è nata e ha fondato il suo Ordine. Benedico il loro ministero sacerdotale.


5. I miei impegni non mi permettono di parlarvi più a lungo. Grazie di tutto cuore a tutti e a ciascuno per questo meraviglioso incontro di famiglia, così riconfortante per voi ma anche ugualmente per il Papa. Vi auguro di ripartire da Roma con il cuore colmo di gioia. A causa della beata Jeanne Jugan, certamente! A causa della Chiesa di cui voi siete e sarete sempre più i membri coscienti e attivi! E a causa di Gesù Cristo, il divino Fondatore di questa Chiesa, alla quale egli ha promesso la sua assistenza, fino alla fine dei tempi! E in suo nome, vi benedico e benedico tutti coloro che voi rappresentate.

Che la Beata Jeanne Jugan conceda a tutte le sue Figlie il coraggio e la felicità di seguire ognor più il suo magnifico esempio; che ella ottenga ai cari anziani la pace e la gioia della fede nella sera della loro vita, e sostenga gli amici e benefattori della Associazione che da lei prende nome nella loro generosità verso i poveri!




1982-10-04 Data estesa: Lunedi 4 Ottobre 1982




Ai partecipanti al V simposio del consiglio delle conferenze episcopali d'Europa - Roma

Titolo: La crisi della cultura europea è la crisi della cultura cristiana

Testo:

Carissimi fratelli nell'Episcopato.


1. Sono lieto di unirmi a voi e di partecipare alle riflessioni di questo V Simposio del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE). Lo considero un incontro privilegiato perché permette a noi tutti di prendere più viva coscienza della "sollicitudo" per le Chiese in Europa che portiamo collegialmente.

Consapevoli dell'importanza e della vastità della missione che ci è affidata, vogliamo in questi giorni più intensamente e fraternamente invocare lo Spirito Santo perché ci illumini e ci fortifichi nell'esercizio del ministero apostolico.

La nostra riunione ha una sua natura specifica, che la caratterizza e la distingue. Il Simposio, in effetti, è un'espressione significativa, a livello di tutta l'Europa, di quella collegialità episcopale, che è stata uno degli sviluppi centrali e più densi di conseguenze della ecclesiologia del Vaticano II. Ancora più in profondità noi stiamo qui vivendo un'esperienza peculiare di quella "koinonia" ecclesiale, che ha la sua fonte vitale nel mistero stesso della Trinità. In voi sono qui in certo modo presenti le varie Chiese locali dell'intero Continente con tutta la loro eredità e la loro peculiarità. Sono Chiese, le nostre, generate dalla predicazione degli Apostoli, fecondate dal sangue dei primi martiri, vivificate dai carismi dei santi. Sono Chiese che hanno battezzato l'Europa ai suoi albori; Chiese che hanno scritto epopee esaltanti di fede e di evangelizzazione missionaria e attraversato crisi oscure e momenti drammatici. Le vostre Chiese hanno conservato felicemente la piena comunione con la Chiesa Romana anche se, ad un certo punto della loro storia, hanno dovuto fare la triste costatazione del distacco di una parte di esse. Saluto con affetto e venerazione queste Chiese che vengono dal primo millennio e sono proiettate verso il terzo millennio dell'èra cristiana. Le contemplo come Chiese sorelle, formanti insieme, nello Spirito Santo e nella celebrazione dell'Eucaristia, l'unico corpo di Cristo.

E' questo il "luogo" teologico in cui dobbiamo situarci per interpretare "l'oggi" della storia della salvezza in Europa, aprendoci ad ascoltare quello che lo Spirito dice a queste nostre Chiese per assolvere il loro compito di evangelizzazione.


2. Il vostro sguardo si fissa in questi giorni su l'Europa e, cercando di capire il disegno e gli appelli di Dio, si interroga su quello che l'Europa oggi è, sulla sua coscienza, le sue ambizioni, le sue crisi, il suo destino.

Vorrei dirvi, anzitutto, che il vostro Simposio in se stesso fa apparire un volto originale dell'Europa e accende una speranza per tutta l'Europa.

Il vecchio Continente porta oggi ancora aperte nella sua carne le ferite di un passato, remoto e prossimo, segnato da guerre, da contrapposizioni ideologiche, politiche, militari, economiche. Qualcuno si domanderà se l'Europa oggi è un mito o mostrerà che esistono in realtà diverse Europe: da quella economica e politica, a quella culturale e militare. Nonostante l'impulso verso la ricomposizione delle fratture storiche e le forze convergenti verso l'unità, linee divisorie attraversano il Continente tra Est e Ovest, Nord e Sud. La nostra riunione non ignora, ma non assume certo questi contorni, queste divisioni e queste contrapposizioni.

La realtà collegiale del nostro incontro e della nostra missione, lungi dall'essere una sacralizzazione delle attuali divisioni, è invece un atto creativo e rigenerativo di un'Europa unita. Il nostro Simposio attesta in effetti la vocazione dell'Europa alla fraternità e alla solidarietà di tutti i popoli che la compongono dall'Atlantico agli Urali. In seno al Simposio voi rappresentate popoli distinti etnicamente e portate con voi una grande varietà di culture. La vostra riunione non appiattisce né annulla le ricchezze delle singole civilizzazioni nazionali, le mette in comunicazione, aprendole ad un mutuo arricchimento. Come già ha fatto il cristianesimo nel primo millennio d'Europa, integrando l'eredità greco-romana, la cultura dei popoli germanici e quella delle genti slave, dando vita, dalla varietà etnica e culturale, ad un comune spirito europeo, così voi, senza nostalgie per il passato, ma con piena convinzione nella intrinseca forza unificante del cristianesimo e nel suo ruolo storico, vi impegnate collegialmente a far nascere dalla varietà delle esperienze locali e nazionali una nuova e comune civilizzazione europea.

Dovete comunicare all'Europa d'oggi questa speranza, che è in voi.

Certo, voi non volete costruire un'Europa parallela a quella esisiente, ma quello che voi fate è di rivelare l'Europa a se stessa. Voi mostrate all'Europa la sua anima e la sua identità, voi offrite all'Europa la chiave di interpretazione della sua vocazione.


3. La Chiesa e l'Europa. Sono due realtà intimamente legate nel loro essere e nel loro destino. Hanno fatto insieme un percorso di secoli e rimangono marcate dalla stessa storia. L'Europa è stata battezzata dal cristianesimo; e le nazioni europee, nella loro diversità, hanno dato corpo all'esistenza cristiana. Nel loro incontro si sono mutuamente arricchite di valori che non solo sono divenuti l'anima della civiltà europea, ma anche patrimonio dell'intera umanità. Se nel corso di crisi successive la cultura europea ha cercato di prendere le sue distanze dalla fede e dalla Chiesa, ciò che allora è stato proclamato come una volontà di emancipazione e di autonomia, in realtà era una crisi interiore alla stessa coscienza europea, messa alla prova e tentata nella sua identità profonda, nelle sue scelte fondamentali e nel suo destino storico.

L'Europa non potrebbe abbandonare il cristianesimo come un compagno di viaggio diventatole estraneo, così come un uomo non può abbandonare le sue ragioni di vivere e di sperare senza cadere in una crisi drammatica.

E' per questo che le trasformazioni della coscienza europea spinte fin alle più radicali negazioni dell'eredità cristiana rimangono pienamente comprensibili solo in riferimento essenziale al cristianesimo. Le crisi dell'uomo europeo sono le crisi dell'uomo cristiano. Le crisi della cultura europea sono le crisi della cultura cristiana.

E' estremamente significativo esaminare la metamorfosi subita dallo spirito europeo in quest'ultimo secolo. L'Europa è oggi attraversata da correnti, ideologie, ambizioni che si vorrebbero estranee alla fede, quand'anche non direttamente opposte al cristianesimo. Ma è interessante rilevare come, partendo da sistemi e da scelte che intendevano assolutizzare l'uomo e le sue conquiste terrene, si è arrivati oggi a mettere in discussione precisamente l'uomo stesso, la sua dignità ed i suoi valori intrinseci, le sue certezze eterne e la sua sete di assoluto. Dove sono oggi i solenni proclami di un certo scientismo che prometteva di dischiudere all'uomo spazi indefiniti di progresso e di benessere? Dove sono le speranze che l'uomo, proclamata la morte di Dio, si sarebbe finalmente collocato al posto di Dio nel mondo e nella storia, avviando un'èra nuova in cui avrebbe vinto da solo tutti i propri mali? Le tragiche vicende di questo secolo, che hanno insanguinato il suolo d'Europa in spaventosi conflitti fratricidi; l'ascesa di regimi autoritari e totalitari, che hanno negato e negano la libertà e i diritti fondamentali dell'uomo; i dubbi e le riserve che pesano su un progresso che, mentre manipola i beni dell'universo per accrescere l'opulenza ed il benessere, non solo intacca l'"habitat" dell'uomo, ma costruisce anche tremendi ordigni di distruzione; l'epilogo fatale delle correnti filosofico-culturali e dei movimenti di liberazione chiusi alla trascendenza: tutto questo ha finito per disincantare l'uomo europeo, spingendolo verso lo scetticismo, il relativismo, se non anche facendolo piombare nel nichilismo, nella insignificatezza e nell'angoscia esistenziale.

Questa contraddizione e questo sbocco drammatico e imprevisto sembrano paradossali e difficili da spiegare. Certuni diranno che si tratta di una crisi di crescita, legata alla natura dell'uomo essenzialmente caratterizzata dalla finitezza e dalla storicità della sua condizione. Ma il dramma sembra racchiudere un significato più recondito, che spetta a voi di svelare pienamente, dandone l'interpretazione spirituale alla luce di una teologia della storia che vede l'uomo in un dialogo di libertà con Dio e con il suo progetto salvifico.


4. In questa luce, il cristianesimo può scoprire nell'avventura dello spirito europeo le tentazioni, le infedeltà ed i rischi che sono propri dell'uomo nel suo rapporto essenziale con Dio in Cristo.

Ancor più profondamente, possiamo affermare che queste prove, queste tentazioni e questo esito del dramma europeo non solo interpellano il Cristianesimo e la Chiesa dal di fuori come una difficoltà o un ostacolo esterno da superare nell'opera di evangelizzazione, ma in un senso vero sono interiori al Cristianesimo e alla Chiesa. L'ateismo europeo è una sfida che si comprende nell'orizzonte di una coscienza cristiana; è più una ribellione a Dio e una infedeltà a Dio che una semplice negazione di Dio. Il secolarismo, che l'Europa ha diffuso nel mondo col pericolo di inaridire rigogliose culture dei popoli di altri continenti, si è alimentato e si alimenta alla concezione biblica della creazione e del rapporto uomo-cosmo.

L'impresa scientifico-tecnica di assoggettare il mondo non sta forse nella linea biblica del compito che Dio ha affidato all'uomo? E la volontà di potere e di possedere non è la tentazione dell'uomo e del popolo sotto il segno dell'alleanza con Dio? Potremmo continuare nella nostra analisi. E scopriremo, forse non senza meraviglia, che la crisi e la tentazione dell'uomo europeo e dell'Europa sono crisi e tentazioni del Cristianesimo e della Chiesa in Europa.

Ma se è vero che le difficoltà e gli ostacoli all'evangelizzazione in Europa trovano appiglio nella stessa Chiesa e nello stesso Cristianesimo, i rimedi e le soluzioni andranno cercati all'interno della Chiesa e del Cristianesimo, e cioè nella verità e nella grazia di Cristo, Redentore dell'uomo, Centro del cosmo e della storia.

La Chiesa stessa deve allora auto-evangelizzarsi per rispondere alle sfide dell'uomo d'oggi.

Se l'ateismo è una tentazione della fede, sarà con l'approfondimento e la purificazione della fede che esso sarà vinto.

Se il secolarismo chiama in causa la concezione dell'uomo nel mondo e l'utilizzazione dell'universo, l'evangelizzazione dovrà riproporre quella teologia e spiritualità cosmica che, fondata biblicamente e presente nella liturgia, ha ricevuto illuminanti prospettive dal Concilio Vaticano II (cfr. GS 37).

Se la rivoluzione industriale, nata in Europa, ha dato origine a un tipo di economia, a rapporti sociali e a movimenti che sembrano opporsi alla Chiesa e ostacolare l'evangelizzazione, sarà vivendo, annunciando e incarnando il Vangelo della giustizia, della fraternità e del lavoro, che restituiremo al mondo del lavoro un mondo umano e cristiano.

Potremo continuare ad applicare questi concetti a realtà così importanti, come la famiglia, la gioventù, le zone di povertà e i "nuovi poveri" in Europa, le minoranze etniche e religiose, i rapporti tra Europa e Terzo Mondo.

Far appello alla fede e alla santità della Chiesa per rispondere a questi problemi e a queste sfide non è una volontà di conquista o di restaurazione, ma è il cammino obbligato che va fino in fondo alle sfide e ai problemi.

La Chiesa, per rispondere alla sua missione oggi in Europa deve aver coscienza che, lungi dall'essere estranea all'uomo europeo o tanto meno sentirsi inutile e impotente a risolvere le crisi e i problemi dell'Europa, porta invece in se stessa i rimedi alle difficoltà e la speranza del domani.

E sarà con l'essere fedele fino in fondo a Cristo e divenendo sempre più, con la santità di vita e con le virtù evangeliche, trasparenza di Cristo, che la Chiesa entrerà nell'animo e nel cuore dell'Europa.


5. La nostra responsabilità e la nostra missione nei riguardi dell'Europa sono quindi ben grandi, così come grande è la speranza di cui siamo portatori.

Le nostre comunità, evangelizzate nella prima ora della storia della Chiesa, hanno ricevuto talenti preziosi da amministrare. Non possiamo certo, come gli operai della parabola evangelica, vantare meriti nei confronti delle Chiese novelle degli altri continenti. Dobbiamo anzi, con sincera umiltà, chiedere perdono delle nostre infedeltà, delle nostre divisioni e delle malattie che abbiamo diffuso nel mondo.

Ma, insieme, dobbiamo intraprendere, con rinnovata convinzione, la missione che Dio oggi ci affida in ordine all'Europa.

Noi non abbiamo ricette economiche né programmi politici da proporre. Ma abbiamo un Messaggio e una Buona Novella da annunciare.

Dipenderà anche da noi se l'Europa si rinchiuderà nelle sue piccole ambizioni terrestri, nei suoi egoismi e soccomberà all'angoscia e all'insignificatezza, rinunciando alla sua vocazione e al suo ruolo storico, oppure ritroverà la sua anima nella civiltà della vita, dell'amore e della speranza.

Auguro a voi di scoprire nelle riflessioni di questo Simposio le vie che lo Spirito Santo apre alla Chiesa e alle vostre Chiese per annunciare il suo Messaggio all'Europa d'oggi.

Vi accompagni la mia benedizione.




1982-10-05 Data estesa: Martedi 5 Ottobre 1982




Ai Vescovi dell'Ungheria in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Emergenti segni di speranza nella vita della Chiesa in Ungheria

Testo:

Venerabili fratelli nell'Episcopato.


1. Desidero rivolgere un cordialissimo benvenuto a voi tutti, Arcivescovi e Vescovi di Ungheria, guidati dal Cardinale Laszlo Lékai, Arcivescovo di Esztergom e Presidente della vostra Conferenza Episcopale, venuti a Roma per pregare insieme sulla tomba del Principe degli Apostoli e per incontrarvi con il suo successore.

Attraverso voi, il mio affettuoso saluto è rivolto alla vostra Nazione, illustre e ricca di millenaria storia cristiana, ed alla diletta Chiesa ungherese che, nel corso dei secoli, ha sempre dimostrato verso il Romano Pontefice e la Cattedra di Pietro la profonda devozione e l'indefettibile attaccamento testimoniati fin dai primordi della vostra èra nazionale dai re santo Stefano e san Ladislao, e dal santo Vescovo Martire Gerardo.

Il nostro odierno incontro, lungi dall'essere isolato ed occasionale, costituisce come un coronamento degli intensi contatti sviluppatisi fin dall'inizio del mio pontificato, sia attraverso le diverse lettere che vi ho indirizzate, sia tramite la visita in Ungheria del signor Cardinale Segretario di Stato in occasione del millenario della nascita di san Gerardo, Vescovo e Martire, e ancora mediante i viaggi nel vostro Paese dell'Arcivescovo Luigi Poggi, così come attraverso le vostre visite individuali o collettive a Roma, in particolare quella avvenuta in occasione della solenne inaugurazione della Cappella dedicata alla "Magna Domina Hungarorum" nelle Grotte Vaticane.

Non ignoro, venerabili fratelli, la cura particolare con cui avete preparato questa visita, e ve ne sono molto grato. Da parte mia, ho avuto la gioia di incontrare ciascuno di voi personalmente e ho letto con vivo interesse le relazioni sulla situazione della Chiesa nella vostra Patria e nelle singole diocesi. Come nei colloqui particolari, anche in questo comune e conclusivo incontro voi avete voluto aprirmi il vostro cuore ed espormi le gioie, le amarezze e le speranze del vostro ministero pastorale, e io desidero confermarvi che non solo pienamente le condivido, ma le faccio completamente mie.


2. Ho appreso con intima soddisfazione la costante vitalità dell'autentica tradizione cristiana, alimentata da una pratica religiosa - che auspico aumenti sempre più nel futuro -, e in particolare dal culto mariano, sempre radicato nell'animo degli ungheresi. Si assiste con speranza ai fermenti di risveglio religioso nelle nuove generazioni; l'impegno apostolico deve essere sempre più consapevole ed attivo; cresce tra i fedeli l'esigenza di approfondire la conoscenza della fede, come dimostra il numero degli iscritti ai corsi di Teologia per corrispondenza.

Inoltre, il fatto che tutte le diocesi ungheresi siano oggi guidate da Vescovi - e la vostra stessa numerosa presenza a questo incontro ne è testimonianza - fanno sperare che gli sforzi per migliorare la situazione della Chiesa nella vostra Patria, condotti con molta costanza e in reciproco rispetto, porteranno a risultati positivi. Di cuore auspico che essi possano condurre anche a risolvere i gravi problemi che ancora permangono.


3. Allo stesso tempo, venerabili fratelli, non posso non fare cenno anche alle preoccupazioni che vi accompagnano nel vostro ministero e che mi avete manifestato sia nelle relazioni quinquennali che nel corso delle nostre conversazioni.

Vi sono alcune priorità che sembrano necessitare del vostro particolare impegno.

In primo luogo, la catechesi della gioventù, in generale dei fedeli, richiede costante, sollecita e generosa cura da parte vostra. Voi sapete che questo problema è di vitale importanza. Nella lettera indirizzata a voi ed a tutta la Chiesa in Ungheria, il 6 aprile 1980, Festa di Pasqua di Risurrezione, ricordavo a questo proposito il grave obbligo che incombe tanto sui Pastori delle diocesi e sui sacerdoti nelle parrocchie, quanto su tutti i genitori che hanno ricevuto da Dio la grande responsabilità dell'educazione religiosa dei loro figli.

Nonostante ogni difficoltà, voi siete chiamati, come buoni Pastori del gregge di Cristo, a sforzarvi incessantemente di far fronte, nel miglior modo possibile, al sacrosanto e gravissimo dovere di assicurare ai vostri fedeli, e soprattutto ai giovani, una solida educazione religiosa. A tale fine, siete tenuti a ricercare ed a mettere in atto tutti i mezzi che possono essere a disposizione. Vi esorto perciò a curare con sempre maggiore diligenza le scuole cattoliche - poche invero - esistenti nel vostro Paese, perché corrispondano adeguatamente alla loro specifica funzione.

In connessione con la questione della catechesi, già da qualche tempo voi affrontate, venerabili fratelli, alcune gravi difficoltà in relazione alle comunità ecclesiali di base. E' un problema che giustamente vi assilla come Pastori responsabili della Chiesa e la cui positiva soluzione non può essere ulteriormente procrastinata, senza detrimento della comunione di tutti. Nella menzionata lettera del 6 aprile 1980, riferendomi ai criteri esposti dal mio predecessore, di venerata memoria, Paolo VI nella esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi", ho sottolineato che tali comunità, per dirsi veramente ecclesiali, devono soprattutto essere fermamente unite alle Chiese locali, nelle quali sono inserite, e, attraverso di queste, alla Chiesa universale, operando sempre in comunione e sotto la guida dei rispettivi Vescovi. Le comunità di base che osservano tali norme, e vorrei che tutte vi si adeguassero nel più breve tempo possibile, voi - ne sono sicuro - le sostenete e favorite apertamente.

Un pensiero di speciale sollecitudine richiede, poi, il problema delle famiglie. Purtroppo anche nella vostra Patria, come si ammette comunemente, la famiglia versa in grave crisi spirituale: si diffonde il divorzio, aumenta tristemente la piaga dell'aborto, mentre diminuiscono le nascite. Si tratta di un problema delle società moderne nel mondo industrializzato. La Chiesa ha tra i suoi obblighi più rilevanti quello di salvaguardare l'istituto familiare, ancorandolo ai principi della fede cristiana, con un'adeguata preparazione degli sposi, la costante assistenza sacramentale e l'appoggio morale e comunitario, educando e guidando i coniugi alla vita di amore, di fedeltà, di sacrificio e di comune preghiera. Nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" ho ricordato che "in un momento storico nel quale la famiglia è oggetto di numerose forze che cercano di distruggerla o comunque di deformarla, la Chiesa, consapevole che il bene della società e di se stessa è profondamente legato al bene della famiglia (cfr. GS 47), sente in modo più vivo e stringente la sua missione di proclamare a tutti il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia, assicurandone la piena vitalità e promozione umana e cristiana e contribuendo così al rinnovamento della società e dello stesso Popolo di Dio" (FC 3).

E ancora, venerabili fratelli, come non rivolgere la nostra affettuosa attenzione alle comunità religiose, maschili e femminili, tanto benemerite nel corso dei secoli della cultura, della storia e del progresso della Nazione ungherese? Non posso che esprimere qui il vivissimo voto e la preghiera - da voi, certo, condivisi - che anche oggi quanti nella vostra Patria sentono la voce del Signore che li chiama a consacrarsi a lui nella vita religiosa, anche in quella di carattere contemplativo, possano seguire la loro vocazione per l'edificazione del Popolo di Dio ed il servizio della comunità civile.

Con sollecitudine tutta particolare ricordo, poi, i vostri sacerdoti, che sono i necessari e più immediati collaboratori del vostro ministero. Voi avete costatato con legittima soddisfazione che avete sacerdoti buoni, i quali - con grande dedizione - portano generosamente il "peso del giorno" nella vigna del Signore, benché siano in maggioranza avanzati in età, ed anche talvolta in non buone condizioni di salute. Siate sempre vicini, venerabili fratelli, ai vostri sacerdoti; abbiate per loro sentimenti di padre, rispetto per il loro lavoro, partecipazione ed assistenza fattiva ai loro problemi ed interessi. Soprattutto, mantenete con ciascuno di essi un rapporto di amicizia, di fiducia e di paterna preoccupazione. In tal modo, avrete attorno a voi un clero unito e solidale, e darete maggior efficacia alla vostra missione.

A questo punto desidero ricordare in modo speciale i sacerdoti anziani, sia diocesani che religiosi, come pure le suore che vivono nelle "case sociali", che con grande dedizione hanno trascorso anni della loro vita nella direzione di scuole, nella formazione degli alunni e nell'assistenza agli ammalati nelle case di cura. Desidero inoltre porgere i miei vivi ringraziamenti a tutti coloro che ogni giorno elevano preghiere a Dio per il Vicario di Cristo e per la Chiesa, ed offrono le sofferenze ed i dolori inerenti alla loro stessa età per la salvezza di tutti. Prego di cuore Dio misericordioso perché questi suoi servi e queste sue ancelle, già anziani e forse vicini alla morte, siano da lui confortati con la sua grazia celeste.

Ovviamente, qui il discorso si allarga alla questione dei Seminari e delle vocazioni sacerdotali, la cui continua e sollecita promozione raccomando di cuore alle vostre apostoliche premure. Memori delle parole di Cristo: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe di mandare operai nella sua vigna" (Lc 10,2), non manchino ferventi iniziative di preghiera nelle vostre diocesi per supplicare il Signore affinché chiami molti e generosi operai a svolgere il ministero nel campo sacro della salvezza delle anime. Ed adoperatevi con tutto lo zelo perché i Seminari siano case di solida e profonda formazione spirituale ed intellettuale per i giovani chiamati al servizio sacerdotale, seguendo con premura paterna le diverse fasi della loro vita, anche quando si trovano nel servizio militare.

E infine, a livello più generale ma non meno importante, vi invito a voler educare sempre di più i vostri fedeli alla collaborazione e alla corresponsabillità pastorale, alla quale essi sono chiamati in virtù del loro Battesimo e del sacerdozio comune (1P 2,9), in conformità con le norme del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Ho voluto, venerabili fratelli, svolgere insieme con voi queste riflessioni sulle vostre gioie, ansie e preoccupazioni. Nessuno più del Vicario di Cristo può apprezzare la vostra saggezza e fermezza nell'essere padri e maestri del gregge che il Signore ha affidato a ciascuno di voi. Nel momento di congedarmi da voi, desidero dunque esprimervi una parola di fraterno incoraggiamento.

Alimentate nelle vostre diocesi un'autentica testimonianza cristiana, attraverso un clero unito e zelante ed un laicato ben formato e fedele. Procurate voi stessi di adottare, con opportune decisioni prese in seno alla Conferenza Episcopale, forme comuni di azione pastorale, una generosa reciproca collaborazione, una programmazione sistematica per far fronte ai problemi pastorali, ed una saggia distribuzione dei mezzi e delle energie disponibili. Ripeto a voi l'esortazione dell'apostolo Pietro: "Pascete il gregge di Dio a voi affidato, non costretti a forza, ma spontaneamente, secondo Dio... E quando apparirà il supremo Pastore, voi riceverete la corona incorruttibile della gloria" (1P 5,2 1P 5,4).

Accompagno questi sentimenti con una speciale benedizione apostolica, che estendo volentieri ai vostri sacerdoti e seminaristi, ai religiosi e alle religiose e a tutti i fedeli di Ungheria, ai quali vi prego di portare l'espressione del mio affetto, particolarmente vivo e profondo. Uno speciale saluto ed augurio di bene anche a tutti i vostri concittadini, che non condividono con voi la vostra stessa fede.




1982-10-07 Data estesa: Giovedi 7 Ottobre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Al movimento "La vie montante" - Città del Vaticano (Roma)