GPII 1982 Insegnamenti - Ad anziani della diocesi di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Ad anziani della diocesi di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'anziano sia polo di orientamento per le nuove generazioni

Testo:

Cari fratelli e sorelle della terza età!


1. Sono particolarmente lieto di accogliere in speciale Udienza voi, anziani della mia amata diocesi di Roma, al termine di quest'anno, in cui sono stati discussi e posti in evidenza i vari ed urgenti problemi che riguardano le persone in età avanzata. Questo incontro vuole essere espressione del mio affetto e della mia stima per ciascuno di voi, che saluto cordialmente ad uno ad uno, pregando il Signore di esservi di conforto ed esortandovi alla speranza cristiana.

Rivolgo pure il mio pensiero riconoscente ai giovani della Comunità di sant'Egidio e a tutti i religiosi, le religiose e i volontari che dedicano le proprie energie nell'assistenza materiale e spirituale, presso le Case di Riposo o i singoli appartamenti, delle persone anziane, sole o abbandonate.


2. A voi, che lavorate in questo grave e delicato settore della vita umana, certamente non sfuggirà l'importanza sociale ed ecclesiale che la vostra opera altamente meritoria riveste oggi, in un momento in cui gli anziani, a causa anche del prolungamento della vita e della tendenza ad anticipare il pensionamento, sono cresciuti di numero, formando quasi un mondo a parte. La società contemporanea, poi, privilegiando gli individui capaci di apportare un valido contributo al comune benessere, nega agli anziani uno spazio adeguato sia in seno alle famiglie, che si sono trasformate da patriarcali in nucleari o essenziali, sia in seno alle pubbliche strutture, le quali li relegano in uno stato di emarginazione, in nome di un efficientismo produttivo. Sorge così nell'animo dell'anziano la triste impressione di essere un uomo inutile a se stesso e agli altri.

Al contrario, egli deve costituire per gli adulti e per i giovani un sicuro polo di orientamento in tempi di incertezza, un incitamento a vivere i valori superiori dello spirito, che non invecchiano mai, ed ancora un prezioso collegamento tra le generazioni passate e quelle presenti. Ciò esige pero che egli sia considerato non solo per quello che ora dà, ma anche per quello che ha dato; non tanto per quello che fa, ma soprattutto per quello che è: occorre, in una parola, che gli sia riconosciuto ed apprezzato quel ricco tesoro di esperienza e di saggezza, di cui è portatore. Non deve sfuggire quanto egli sia utile alla famiglia ed alla società con il suo consiglio equilibrato e con la sua sapiente testimonianza.


3. Davanti a questa società, che emargina senza pietà i suoi figli già consumati dal lavoro, la Chiesa non può non ribadire il valore assoluto della persona umana, in qualunque fase essa si trovi. La Chiesa, sull'esempio del Maestro divino, che tanto si prodigo per i deboli e per i sofferenti, non cessa di proclamare la dignità degli anziani e l'onore che loro è dovuto. La Sacra Scrittura esige nei loro confronti massimo rispetto e doverosa considerazione. E' noto con quanta affezione essa ci pone davanti agli occhi, nell'Antico Testamento, le venerande figure di Abramo e di Sara, di Isacco e di Rebecca, di Giacobbe e di Lia; e, nel Nuovo Testamento, quelle di Simeone e di Anna; del resto, anche i sacerdoti, responsabili delle comunità, vengono chiamati semplicemente col titolo di presbiteri, cioè di "anziani", per significare ed esprimere la loro autorità, il loro prestigio, la loro saggezza e prudenza. Appare anche significativo come la stessa immagine di Dio venga presentata sotto le sembianze umane di un sapiente Vegliardo dai candidi capelli, a cui tutti si inchinano in atto di adorazione (cfr. Da 7,9-10).

Alla scuola di questi insegnamenti, la Chiesa, che guarda anche e soprattutto al di là del tempo, rivendica per gli anziani il diritto ad un'esistenza onorata e serena che permetta loro di meditare, di pregare e di prepararsi all'incontro supremo con il Padre, perchè questa nostra terra non ci è patria per sempre. Il pensiero della morte deve entrare nella vita, non per deprimerla o sconfortarla, ma per stimolarla a ben pensare ed operare per non perdere mai di vista quella letificante frontiera finale che è Dio stesso, unico e sommo bene. A questo proposito, la longevità è da considerare un dono prezioso, perché permette all'uomo, a mano a mano che si distacca dal contatto diretto col mondo, di usufruire di un grande spazio per la speculazione e per la conoscenza sempre più approfondita di Dio e della vita eterna.


4. L'amore della Chiesa per gli anziani si fa oggi appello, affinché ci si adoperi con grande generosità per favorire un avvicinamento e, direi quasi una riconciliazione, tra i vecchi e i giovani: una vitale osmosi tra queste due categorie che liberi i primi dalla solitudine e dall'abbandono e arricchisca i secondi di quella saggezza che è propria degli anziani. Tale opera davvero meritoria attinge la sua efficacia nell'Eucaristia, che è mistero di unità e di riconciliazione. Bisogna trovare in essa il segreto e la forza per far maturare e sviluppare tale auspicata e meravigliosa esperienza ecclesiale. Giovani ed anziani che si nutrono dello stesso Corpo e Sangue del Signore non possono sentirsi estranei gli uni agli altri, ma, al contrario, solidali e complementari in un unico ideale di amore e di fede, come afferma san Paolo: "Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, formiamo un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane" (1Co 10,17).

E' confortante costatare, a tale riguardo, come in questi ultimi anni siano sorti movimenti che si sforzano di prendere energia e calore dall'Eucaristia per vivere la propria vocazione cristiana e per avvicinare gli altri. Tra questi sono appunto gli appartenenti alla Comunità di sant'Egidio in Roma, che oggi si sono fatti promotori di questo singolare e familiare incontro. Vada ad essi, che danno prova di fattiva solidarietà verso gli anziani, la mia esortazione, affinché in ogni cosa diano il primato alla intimità con Cristo, presente nel mistero eucaristico. In virtù di tale vita interiore, sapranno certamente continuare a portare conforto a quanti soffrono per la malattia o per gli inconvenienti dell'età, e non temeranno intralci nel loro dinamismo apostolico, ben consapevoli che ciò che si dà a Dio, non è mai perduto per l'uomo.


5. Guardando negli occhi tutti voi, cari Anziani, vi lascio una parola di congedo: pellegrini come siete, e come siamo tutti, non rallentate il vostro passo, pur camminando su un sentiero talora irto di difficoltà, ma continuate con buona volontà la vostra marcia verso Colui che sarà la vostra gioia e che fin d'ora forma il desiderio dei vostri cuori. Non rifiutategli il dono del vostro sacrificio e della vostra perseverante fedeltà, e siate sicuri che egli non vi farà mancare la sua ricompensa.

Con questi sentimenti vi auguro buon Natale e un felice Anno Nuovo, mentre di gran cuore vi imparto la benedizione apostolica, estensibile a tutti i vostri benefattori.




1982-12-20 Data estesa: Lunedi 20 Dicembre 1982




Ai membri del pontificio comitato di scienze storiche - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella fedeltà alla Chiesa e alla verità proseguite il vostro cammino di ricercatori

Testo:

Fratelli carissimi!


1. Sono lieto di accogliere e di salutare in voi i membri del Pontificio Comitato di Scienze Storiche. La vostra visita idealmente continua e conclude i lavori condotti nella riunione plenaria di stamane nella vostra sede. Essa mi permette di conoscere ognuno di voi, di vedere all'opera questo organismo della Santa Sede, che da quasi trent'anni svolge un silenzioso e fedele servizio nel campo internazionale degli studi storici.

So che la vostra istituzione risale al 1954, quando fu voluta dal mio venerato predecessore Pio XII, che la inseri nel quadro della sua vasta azione di pontificato nel dopoguerra, perché vi fosse una presenza della Santa Sede negli organismi internazionali che la sollecitavano, e perché conducesse avanti un programma di politica culturale in favore degli studi storici. Pio XII volle creare questo organismo, affidato alla presidenza di Monsignor Paschini, il quale aveva il prestigio di un lungo e qualificato insegnamento di storia della Chiesa al Pontificio Ateneo Lateranense e che mi è caro qui ricordare, a vent'anni dalla sua morte. Non era pero un organismo nuovo nella Curia romana, perché aveva il suo precedente nella Commissione cardinalizia per gli studi storici, voluta da Leone XIII con la lettera "Saepenumero Considerantes" del 18 agosto 1883, Commissione a cui egli stesso volle presiedere per un certo tempo e che porto nuovo impulso alle ricerche storiche, per le quali il Papa aveva liberamente messo a disposizione gli Archivi Vaticani.


2. Il nuovo organo della Santa Sede ebbe modo di farsi conoscere e apprezzare nel X Congresso Internazionale di Scienze Storiche, nel 1955, di cui una seduta ebbe luogo in Vaticano, dove era stata apprestata una Mostra dell'Archivio, curata dal Prefetto Monsignor Angelo Mercati, membro del Comitato Pontificio. Il memorabile discorso tenuto allora da Pio XII ai congressisti (7 settembre 1955) rappresenta un alto documento del suo magistero, ripreso poi dal Concilio Vaticano II. E io faccio mie le parole, con le quali egli, prendendo occasione da quell'incontro con un'assemblea tanto qualificata, defini la posizione della Chiesa di fronte alla storia ed agli storici: "L'Eglise catholique est elle-même un fait historique; comme une puissante chaîne de montagnes, elle traverse l'histoire des deux derniers millénaires... L'Eglise croit pouvoir attendre de l'historien qu'il s'informe en tout cas de la coscience historique qu'elle a d'elle-même, c'est-à-dire de la manière dont elle se considère comme un fait historique et dont elle considère sa relation a l'histoire humaine" (AAS 47, 1955, pp. 672-682).

Né meno importante, anche per il vostro Comitato che aveva avanzata la richiesta degli studiosi, fu l'annuncio di un allargamento della consultazione dell'Archivio Vaticano.

Nello spirito del suo Fondatore, il Pontificio Comitato di Scienze Storiche ha prestato la propria collaborazione nel "Comité international des sciences historiques", con la partecipazione alle sue Assemblee Generali e la preparazione dei Congressi Internazionali. A questi è intervenuto con una propria rappresentanza e vi ha contribuito con relazioni e comunicazioni nelle sedi di varie città dove furono tenuti ogni quinquennio dal 1960 al 1980, mentre ora si appresta al Congresso di Stuttgart del 1985. Né si è limitato a questo suo ufficio istituzionale. In quanto Sotto-Commissione della "Commission internationale d'histoire ecclésiastique comparée", ha preso parte ai suoi Congressi, di cui l'ultimo fu a Varsavia nel 1978. D'altronde, il Comitato ha preso anche proprie iniziative, come gli incontri di Bari, di Braunschweig e di Lovanio fra il 1969 e il 1972. Mi piace infine ricordare il recente incarico, affidato dalla Sacra Congregazione per i Vescovi al Comitato, per una revisione delle sedi episcopali residenziali e titolari dell'"Annuario Pontificio".


3. Mi compiaccio del fatto che il Comitato si è allargato negli ultimi tempi, sia nelle sue competenze, sia nella sua composizione. Infatti è entrato a far parte di tre Commissioni internazionali (per gli studi bizantini, per la storia dei movimenti sociali, per la storia della seconda guerra mondiale) ed ha assunto tra i suoi membri studiosi rappresentanti di diversi paesi e continenti (Europa, Medio Oriente, Africa, Stati Uniti, America Latina). In tale modo esso si colloca, di fronte agli altri Comitati nazionali, su di un piano diverso, che bene riflette il carattere soprannazionale della Santa Sede. Sarà compito del Comitato di coltivare tale sua indole universalistica, a beneficio degli studi storici.

D'altra parte, l'aumento di competenze e di aree geografiche del Comitato viene a beneficio della Santa Sede, che potrà sempre più avvalersene come suo organo di consultazione. Voi risponderete al vostro ufficio, se farete conoscere alla Santa Sede quali sono i progressi nel campo degli studi storici che direttamente la riguardano, e quali le vie idonee affinché possa dimostrare concretamente di essere disponibile ad ogni legittima richiesta, che giovi al progresso delle scienze storiche. Rimane valida anche oggi l'affermazione di Leone XIII nella lettera "Saepenumero", sopra ricordata, e di cui si avvicina il centenario: "Siquidem rem historicam, sacris quam profanis rebus veterum iudicio propiorem, studiose Ecclesia vel ab initio coluit" (AAS 16 [1883] 49-57).


4. Vi esorto, pertanto, a proseguire con rinnovato impegno il vostro cammino di ricercatori, in spirito di fedeltà sia alla Chiesa che alla verità storica. E il mio incoraggiamento si unisce al mio ricordo al Signore, dal quale invoco su di voi le più elette grazie celesti per un sempre più proficuo servizio al Vangelo e alla cultura.

Sono lieto di confermare questi voti, impartendo a ciascuno di voi la propiziatrice benedizione apostolica.




1982-12-20 Data estesa: Lunedi 20 Dicembre 1982







Al cardinale e ai membri della curia romana all'udienza per lo scambio degli auguri natalizi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Aprite le porte al Redentore"

Testo:

Venerati fratelli del Sacro Collegio, Figli carissimi!


1. L'imminenza del Natale ci trova uniti per il consueto, gradito scambio di auguri. I nostri cuori si effondono nella mutua letizia: "Dominus prope est"! Il Signore è vicino (Ph 4,5). L'attesa della natività terrena del Figlio di Dio fatto uomo polarizza in questi giorni la nostra attenzione, la nostra vigilanza e la nostra preghiera, l'acuisce, la rende più intensa e umile.

Vi ringrazio pertanto per questa vostra presenza, che ci permette di pregustare, in comunione di spirito, la ricchezza del mistero che stiamo per rivivere. E ringrazio in modo particolare il venerato Cardinale Decano per le appropriate parole che, a nome di voi tutti, mi ha rivolto or ora.

Insieme, andiamo incontro al Redentore che viene: la Liturgia dell'Avvento ci ha ormai disposti in pienezza a questo spirituale viaggio, che va verso l'Atteso dei popoli: l'abbiamo finora percorso in compagnia di Isaia, "tipo" dell'aspettazione messianica; seguendo le orme del Battista, che ancora una volta ha fatto risuonare per noi la sua voce, per "preparare le vie" (cfr. Mt 3,3 Lc 3,4): e, soprattutto, Maria, la Vergine in ascolto, ci è stata accanto col suo esempio e con la sua intercessione, perché là, dove si attende Gesù, è sempre presente Maria, la "Stella mattutina" che prepara l'avvento del "Sole di Giustizia" (Ml 4,2).


2. E ora stanno per compiersi i giorni (cfr. Lc 2,6) di quella Natività benedetta, che rivivremo nei Divini Misteri della Notte santa; giunge "la pienezza del tempo" quando, come dice san Paolo, "Dio mando il suo Figlio, nato da donna sotto la legge, per riscattare" (Ga 4,4).

Gesù nasce per riscattare, viene per redimerci.

Viene per riconciliarci con Dio. Come bene sottolinea sant'Agostino, con la consueta espressività, "per Caput nostrum reconciliamur Deo, quia in illo est divinitas Unigeniti facta particeps mortalitatis nostrae, ut et nos participes eius immortalitatis essemus" ("Ep 187", 6, 20: CSEL 57, p. 99).

Il Natale è l'inizio di quell'"ammirevole scambio" che ci unisce a Dio.

E' l'inizio della Redenzione.

Voi comprendete perciò quale risonanza debba avere per noi l'imminente solennità, quando, con tutta la Chiesa, ci stiamo alacremente preparando alla celebrazione del Giubileo della Redenzione. Su questo avvenimento straordinario vorrei soffermarmi in questa circostanza, la prima che mi si offre dopo l'annuncio dato alla conclusione dell'Assemblea del Sacro Collegio, il 26 novembre scorso.

Vorrei aprirvi il mio cuore per far conoscere a voi, e a tutta la Chiesa con voi, le mie intenzioni, in una parola, il mio pensiero circa il significato e il valore di quest'Anno Santo. Non è qui il luogo di scendere a particolari di carattere organizzativo o pratico: verranno presto. Mi preme piuttosto riflettere insieme con voi sui vari contenuti del Giubileo che si sta preparando.


3. Anzitutto e da rilevare l'aspetto che colpisce l'attenzione di chi è attento "alla voce dello Spirito che parla alle Chiese" (Ap 2,29): la funzione che questo Giubileo di grazia assume, fra l'Anno Santo celebrato nel 1975, e quello che si celebrerà nel 2000, all'alba del terzo millennio - il grande Anno Santo. E' dunque un Giubileo di transito fra queste due date, come un ponte lanciato verso il futuro, che parte dalle esperienze straordinarie, da tutti vissute otto anni fa: infatti Paolo VI, di venerata memoria, chiamo tutti i fedeli, allora, a vivere il proprio "rinnovamento spirituale in Cristo e la riconciliazione con Dio".

E' il Giubileo della Redenzione: invero, se ogni Anno Santo propone a scala universale l'approfondimento del mistero della Redenzione e lo fa rivivere nella fede e nella penitenza; se, anzi, la Chiesa ricorda sempre la Redenzione, non solo ogni anno, ma ogni domenica, ogni giorno, ogni istante della sua vita, perché, nella celebrazione dei sacramenti, essa è immersa totalmente in questo dono sublime e unico dell'amore di Dio a noi offerto in Cristo Redentore, allora questo prossimo Giubileo è "un anno ordinario celebrato in modo straordinario": il possesso della grazia della Redenzione, vissuta ordinariamente nella e per mezzo della struttura stessa della Chiesa, diventa straordinario per la peculiarità della celebrazione indetta.

Collocato in questa prospettiva, nel "Kairos" della data storica che stiamo vivendo, questo Giubileo acquista il carattere di una sfida lanciata all'uomo di oggi, al credente di oggi, affinché comprenda più a fondo il mistero della Redenzione, si lasci afferrare da questo movimento straordinario di attrazione verso la Redenzione, il cui realismo si avvera costantemente nella Chiesa come istituzione, e dev'essere appropriato, come carisma, nell'ora di grazia che il Signore fa scoccare per ciascun uomo nei momenti forti dell'esperienza cristiana. Si tratta di un movimento spirituale centrale, che fin d'ora dev'essere favorito e preparato a livello di tutta la Chiesa.

Di qui la necessità di vivere intensamente questo periodo molto importante. Il prossimo Giubileo, se non ha avuto le forme consuete a tempi lunghi di preparazione, trova tuttavia la Chiesa già pronta alla sua celebrazione. Le due encicliche "Redemptor Hominis" e "Dives in Misericordia" sono indicazioni concrete, che possono in certo modo già segnare la via e dare gli orientamenti per l'appropriata celebrazione dell'evento. Inoltre siamo in attesa, a livello di Chiesa universale, del Sinodo dei Vescovi, che per singolare coincidenza cadrà durante il Giubileo, e sarà dedicato ad una tematica strettamente connessa con i suoi contenuti concreti: "La Riconciliazione e la Penitenza nella missione della Chiesa". Il Sinodo è ormai in preparazione da due anni, e tutti gli episcopati del mondo sono perciò già in piena sintonia con l'intimo significato del Giubileo della Redenzione: per loro mezzo, è tutta la Chiesa che già è in cammino verso la celebrazione dell'evento di grazia e di misericordia.


4. Il prossimo Giubileo vuole "coscientizzare" la celebrazione della Redenzione che continuamente si commemora e si rivive in tutta la Chiesa. La sua finalità specifica è quella di chiamare ad una considerazione più approfondita dell'evento della Redenzione ed alla sua concreta applicazione nel sacramento della Penitenza.

Ecco perciò che il contenuto è chiaro già nell'evidenza stessa della sua formulazione: "Anno della Redenzione". Tutta la ricchezza del mistero cristiano, tutta l'urgenza della proposta evangelica è racchiusa in questa parola: la Redenzione. L'evento della Redenzione è centrale nella storia della salvezza.

Tutto si compendia qui: Cristo è venuto a salvarci. Egli è il Redentore dell'uomo, "Redemptor hominis". Per l'uomo che cerca la verità, la giustizia, la felicità, la bellezza, la bontà, senza poterle trovare con le sole sue forze, e sosta inappagato sulle proposte che le ideologie immanentistiche e materialistiche oggi gli offrono, e sfiora perciò l'abisso della disperazione e della noia o si paralizza nello sterile e autodistruttivo godimento dei sensi - per l'uomo che porta in sé stampata, nella mente e nel cuore, l'immagine di Dio e sente questa sete di assoluto - l'unica risposta è Cristo. Cristo viene incontro all'uomo per liberarlo dalla schiavitù del peccato, e per ridargli la dignità primigenia.

La Redenzione compendia l'intero mistero di Cristo, e costituisce il mistero fondamentale della fede cristiana, il mistero di un Dio che è Amore, e si è rivelato come Amore nel dono del suo Figlio quale vittima di "propiziazione per i nostri peccati" (1Jn 4,8-10).

"La Redenzione è rivelazione d'amore", è opera d'amore, come ho scritto nella mia prima enciclica (cfr. RH 9). Il Giubileo deve perciò portare tutti i cristiani alla riscoperta del mistero d'amore racchiuso nella Redenzione, e ad un approfondimento delle ricchezze nascoste nei secoli in Cristo, nella "fornace ardente" del Mistero pasquale.

Inoltre, la Redenzione non solo rivela Dio all'uomo, ma l'uomo a se stesso (cfr. GS 22). Essa è elemento costitutivo della storia umana, perché non si è uomo in pienezza se non si vive nella Redenzione, che fa scoprire all'uomo le radici profonde della sua persona, ferita dal peccato e dalle sue laceranti contraddizioni, ma salvata da Dio in Cristo, e portata "allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (Ep 4,13).

L'Anno della Redenzione offrirà dunque l'occasione per una rinnovata scoperta di queste verità consolanti e trasformatrici; e sarà compito dei Pastori di anime, della speculazione teologica, della pastorale, del Kerygma, diffondere al raggio più largo possibile l'annuncio della salvezza, nel quale è racchiusa l'essenza del Vangelo: Cristo è l'unico salvatore, poiché "in nessun altro c'è salvezza: non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12).


5. Questa realtà "oggettiva del mistero" della Redenzione deve diventare "realtà soggettiva", propria di ciascuno dei credenti, per ottenere la sua concreta efficacia, nella condizione storica dell'uomo che vive, soffre e lavora in questo scorcio del secondo millennio dopo Cristo, che ormai volge al termine.

In questo Giubileo, che vuole avvicinare alla miseria dell'uomo la misericordia di Dio, deve riaccendersi la tensione verso la grazia, deve acuirsi lo sforzo delle coscienze per appropriarsi soggettivamente del dono della Redenzione, di quell'amore sgorgato da Cristo Crocefisso e Risorto. L'Anno Santo è perciò un appello al pentimento e alla conversione, come disposizione necessaria per partecipare alla grazia della Redenzione. Non è l'uomo a redimersi dai propri peccati, ma ad essere redento accettando il perdono operato dal Redentore.

Vogliamo perciò vivere il mistero della Redenzione, traendo ispirazione da quelle grandi realtà che sono state il motivo conduttore delle mie prime encicliche: Cristo Redentore dell'uomo, Cristo che rivela il Padre, ricco di misericordia.

Anche la celebrazione del Sinodo faciliterà la comprensione di questo inestimabile dono, disponendo gli animi ad appropriarsi soggettivamente della Redenzione: a viverlo mediante la Penitenza e la Riconciliazione, cioè nella vittoria sul male morale. Cioè nel ritorno a Dio. Nella conversione. Come ho scritto nella "Dives in Misericordia", "l'autentica conoscenza del Dio della misericordia, dell'amore benigno è una costante ed inesauribile fonte di conversione, non soltanto come momentaneo atto interiore, ma anche come stabile disposizione, come stato d'animo. Coloro che in tal modo arrivano a conoscere Dio, che in tal modo lo "vedono", non possono vivere altrimenti che convertendosi continuamente a lui" (DM 13).

Occorre riscoprire il senso del peccato, la cui perdita è collegata con quella, più radicale e segreta, del senso di Dio. Il sacramento della penitenza è il sacramento della riconciliazione con Dio, dell'incontro della miseria dell'uomo con la misericordia di Dio, impersonata in Cristo Redentore e nella potestà della Chiesa. La confessione è un'attuazione pratica della fede nell'evento della Redenzione.

Il sacramento della Confessione è perciò riproposto, mediante il Giubileo, come testimonianza della fede nella santità dinamica della Chiesa, che, degli uomini peccatori, fa dei santi; come esigenza della comunità ecclesiale, che viene sempre ferita nella sua totalità da ogni peccato, anche se compiuto individualmente; come purificazione in vista dell'Eucaristia, e segno consolante di quell'economia sacramentale, per cui l'uomo entra in contatto diretto e personale con Cristo, morto e risorto per lui: "ha amato me e ha dato se stesso per me" (Ga 2,20). In tutti i sacramenti, a partire dal battesimo, si stabilisce questo rapporto interpersonale tra Cristo e l'uomo, ma è soprattutto nella Penitenza e nell'Eucaristia che esso si ravviva per tutto l'arco della vita umana, e diventa realtà, possesso, sostegno, luce, gioia. "Dilexit me".


6. Ma vi è un ulteriore significato del Giubileo della Redenzione.

Noi viviamo in un mondo che soffre: tanti uomini, nostri fratelli, hanno una tristissima eredità di privazioni, di ansie, di dolori, che non può lasciar nessuno indifferente.

Ora, la sofferenza ha la sua radice teologica e antropologica nel mistero del peccato, e per questo è elemento costitutivo della Redenzione di Cristo. Non c'è nulla al mondo, che corrisponda alla sofferenza umana più che la Croce di Cristo. Cristo ha sofferto la sua Passione, caricandosi del peccato del mondo: "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo tratto da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" (2Co 5,21). Il Concilio Vaticano II, presentando le drammatiche antinomie e lacerazioni che tanto rodono l'uomo contemporaneo con gli enigmi e le sfide che presentano alla sua razionalità e sensibilità, ha mostrato in Cristo, l'Uomo nuovo, nella sua Croce e Risurrezione, l'unica risposta ai drammatici interrogativi dell'uomo, circa il dolore e la morte" (GS 22).

La Redenzione ci apre il magnifico libro della nostra solidarietà con Cristo sofferente, e, in lui, ci introduce nel mistero della nostra solidarietà con i fratelli sofferenti. Il Giubileo della Redenzione permetterà di vivere più intensamente nello spirito della "Communio sanctorum". Le sofferenze umane sono patrimonio comune di tutti: ciascuno ha il proprio apporto da dare alla Redenzione, che, pur avvenuta una volta per sempre, ha bisogno di questa misteriosa integrazione, dell'offerta di questo gravissimo fardello che sono i mali e i dolori dell'umanità: ""Adimpleo": completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).

Se la Chiesa ha oggi alleggerito di molto le tradizionali pratiche penitenziali, è proprio perché cresce nel mondo, a dispetto delle apparenze, il numero di coloro che possono fare una grande penitenza cristiana perché tutta la loro vita è una grande penitenza. Penso ai malati, alla solitudine degli anziani, alle ansie dei genitori per i loro figli, allo scoramento dei disoccupati, alle frustrazioni di tanti giovani che non riescono a inserirsi nella società; e penso a chi soffre per la violazione dei propri diritti, mediante forme talora raffinate di persecuzione e perfino di morte civile.

Ebbene, il Giubileo della Redenzione, si rapporta con questa multiforme e segreta "Communio sanctorum". E' vero che la celebrazione di ogni Giubileo mette in comunicazione con la ricchezza incomparabile dei meriti e delle sofferenze, che i martiri e i santi nel corso della storia antica e recente della Chiesa hanno costituito, come una corona mirabile, col dono della loro vita e della loro eroica fortezza; ma si viene ponendo sempre più in luce - e questa sarà certo un'acquisizione fondamentale del prossimo Giubileo - che la sofferenza dei fratelli, unita a quella di Cristo, è un tesoro di cui vive la Chiesa e che sostiene la fede di tutti.

Se i disagi, inerenti alla celebrazione del Giubileo, oggi diventano minori in confronto con quelli delle epoche o anche solo dei decenni passati, ciò non deve far dimenticare che ciascuno può e deve recare l'apporto della sofferenza, che, volere o no, è legata con l'esistenza umana e dev'essere unita, in Cristo, con quella degli altri.

Oggi questa solidarietà nella sofferenza è molto sentita. Vi è un più accentuato amore fra i cristiani, tra di loro e oltre i confini della Chiesa. La responsabilità verso chi soffre coinvolge in forme che prima non erano così acute.

Il Giubileo che si avvicina renderà pertanto possibile un ulteriore arricchimento di questa sensibilità, che è schiettissimo "sensus Ecclesiae", nella consapevolezza accresciuta di quella solidarietà, di quell'"Adimpleo".


7. Per tutti i motivi, sui quali mi sono soffermato, voi comprendete come la celebrazione della Redenzione non possa limitarsi a Roma, com'è nella struttura consueta degli altri Giubilei. Il mistero della Redenzione si estende a tutti gli uomini, e perciò questa Santa Sede di Pietro, fedele al suo mandato, si preoccupa di tutti gli uomini. Il Giubileo è voluto in favore di tutti i credenti, ovunque vivano. Il suo scopo è di aiutarli a comprendere meglio "le imperscrutabili ricchezze di Cristo", facendo "risplendere agli occhi di tutti qual è l'adempimento del mistero nascosto da secoli nella mente di Dio, creatore dell'universo, perché sia manifestata ora... per mezzo della Chiesa la multiforme sapienza di Dio" (Ep 3,8ss).

Certamente, Roma si offre a tutti i pellegrini con il suo carattere unico, con le sue memorie apostoliche, con le sue celebrazioni alla presenza del Papa, con la sua secolare pratica organizzativa; ma essa non vuole monopolizzare un tesoro che è di tutti, e vuole che il Giubileo si celebri con gli stessi diritti e con gli stessi effetti spirituali in ogni Chiesa locale, in tutto il mondo.

Il Giubileo sarà pertanto celebrato contemporaneamente in tutta la Chiesa, sia a Roma che nelle Chiese locali, nell'arco dello stesso anno: ciò favorirà nei credenti il senso dell'universalità della Chiesa, la sua nota "cattolica"; e proporrà a tutti di vivere più intimamente il messaggio della Redenzione, e l'impegno di conversione e di rinnovamento spirituale che esso contiene, e che il Giubileo richiama con potente suggestività.


8. Il Giubileo sarà celebrato a partire dal 25 marzo del prossimo anno, solennità dell'Incarnazione del Signore, alla Pasqua di Risurrezione, il 22 aprile 1984.

Tutta l'esistenza terrena di Gesù è stata spesa per la Redenzione: "Redemptor hominis". "Per questo, entrando nel mondo - ci dice la lettera agli Ebrei - Cristo dice: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, / un corpo invece mi hai preparato... / Allora ho detto: Ecco, io vengo / - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - / per fare, o Dio, la tua volontà". / Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo" (He 10,5-7 He 10,10). Gesù è vissuto nell' attesa dell'"ora", affidatagli dal Padre: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'e un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!" (Lc 12,49). "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera" (Jn 4,34).

Quest'opera veniva compiuta sulla Croce nel supremo: "Tutto è compiuto!" (Jn 19,30). E il Padre rispose a questa santissima oblazione, "costituendo Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la Risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore" (Rm 1,4).

Dal concepimento alla risurrezione, Cristo è il Redentore. Potremo perciò ripercorrere tutte le tappe della vita del Salvatore, per appropriarci dei frutti della sua Redenzione.


9. Confido molto che anche i nostri fratelli che non sono in piena comunione con la Chiesa Cattolica, vogliano comprendere pienamente questi valori insiti nella celebrazione del Giubileo, e guardare ad esso con più viva speranza e amore ecclesiale.

Il Giubileo è un grande servizio alla causa dell'Ecumenismo. Celebrando la Redenzione andiamo al di là delle incomprensioni storiche e delle controversie contingenti, per ritrovarci sul fondo comune al nostro essere cristiani, cioè Redenti. La Redenzione ci unisce tutti nell'unico amore di Cristo, Crocefisso e Risorto. Questo è anzitutto il significato più valido che, alla luce dell'azione ecumenica, è da attribuire al prossimo Giubileo.

Ma vi è anche un'altra ragione, che induce alla speranza in questa fusione dei cuori: lo spirito di preghiera e di penitenza, che pervade le celebrazioni giubilari, deve portare a quella conversione del cuore, che i Padri Conciliari hanno indicato come condizione essenziale per la ricomposizione dell'unità nella Chiesa: "Non c'è vero ecumenismo - è scritto nell'omonimo decreto - senza conversione interiore. Infatti, il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall'abnegazione di sé e dalla libera effusione della carità. perciò dobbiamo implorare dallo Spirito Divino la grazia di una sincera abnegazione, dell'umiltà e mansuetudine nel servire e della fraterna generosità di animo verso gli altri" (UR 7).

Rivolgo perciò, fin d'ora, un caldo appello a tutti i responsabili e ai membri delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, affinché accompagnino le celebrazioni dell'Anno della Redenzione con la loro preghiera, con la loro fede nel Cristo Redentore, col loro amore che diventi con noi anelito sempre più sentito a realizzare la preghiera di Gesù prima della Passione redentrice: "Ut omnes unum sint" (Jn 17,21).


10. Auspico, in conclusione, che il Giubileo sia una generale catechesi, una capillare evangelizzazione, a livello di tutte le Chiese locali, circa la realtà della Redenzione: Cristo che salva l'uomo col suo amore immolato sulla Croce.

L'uomo che si lascia salvare da Cristo. E' un invito a comprendere meglio il mistero della salvezza, e a viverlo a fondo nella "prassi" della vita sacramentale.

E in quest'azione che ci porta a Cristo, per farci ritrovare in lui il Padre, sarà da porre in rilievo l'azione silenziosa e suadente dello Spirito Santo, e invitare alla sempre più piena docilità e all'abbandono ai suoi doni perché l'opera della salvezza, nella quale egli interviene direttamente, attinga in ciascun credente la sua effettiva realizzazione. Sarà così raggiunto quello scopo primo e principale del Giubileo, che mira anzitutto all'elevazione interiore e spirituale dell'uomo, ma per ciò stesso contribuisce anche all'amore operoso fra i popoli.

Effettivamente solo Cristo è "la nostra pace" (Ep 2,14); è "stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione" (2Co 5,19). Il tema della riconciliazione si collega perciò strettamente con quello della pace, della vittoria sul peccato che deve riflettersi nella vittoria dell'amore sulle inimicizie, sulle rivalità, sulle ostilità dei popoli, come nella vittoria dell'amore all'interno delle singole comunità civili e, più intimamente ancora, nel cuore di ogni singolo uomo. L'opera in favore della pace è una speciale forma di fedeltà al mistero della Redenzione perché la pace è l'irradiazione della Redenzione, ne è l'applicazione nella vita concreta degli uomini e delle Nazioni.

Il Giubileo contribuirà a consolidare nel mondo una mentalità di pace: è l'augurio che sale dal cuore.


11. Affido fin d'ora questo programma all'intercessione di Maria santissima. Essa è il vertice della Redenzione. E' indissolubilmente congiunta a quest'opera perché Madre del Redentore e il frutto più sublime della Redenzione. Essa è infatti la "prima Redenta", appunto in vista dei meriti di Cristo, Figlio di Dio e suo.

La Chiesa dovrà più intensamente guardare a lei, che incarna in sé quel modello, che la Chiesa stessa spera e attende di essere: "tutta gloriosa, senza macchia... santa e immacolata" (Ep 5,27).

Il Giubileo della Redenzione riveste perciò anche un aspetto eminentemente mariano: la coincidenza della celebrazione che si colloca nell'attesa del terzo millennio fa comprendere quella mentalità di Avvento che distingue la presenza di Maria in tutta la storia della salvezza. Essa, come "Stella del mattino", precede Cristo e lo prepara, lo accoglie in sé e lo dona al mondo; e anche nella preparazione del Giubileo, la crediamo e sappiamo presente a disporre i nostri cuori al grande evento.

A tanto la deputa la sua funzione materna: come ha detto il Vaticano II, essa "coopero in modo del tutto singolare all'opera del Salvatore, con l'obbedienza, la fede e l'ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime" (LG 61): e perciò tuttora continua "con la sua materna carità a prendersi cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti alla patria beata" (LG 62). Essa ci è "madre nell'ordine della grazia" (n. 61). Tra pochi giorni ci mostrerà il Verbo Incarnato, nel quale ha affisso il suo sguardo interiore "meditando tutte queste cose nel suo cuore" (cfr. Lc 2,19 Lc 2,51). perciò sale a lei la nostra preghiera, affinché mostri ancora una volta a tutta la Chiesa, anzi a tutta l'umanità, quel Gesù che è "frutto benedetto del suo grembo", e che di tutti è il Redentore.


12. Venerati fratelli e figli carissimi.

Ecco quanto ho ardentemente desiderato di comunicare a voi e a tutta la Chiesa, mentre ci stiamo avviando a rivivere il mistero del Natale, che è l'alba della Redenzione: infatti, sulla povertà estrema di Betlemme già si proietta l'ombra della Croce.

Maria ci sia sempre accanto. L'arcangelo Michele, san Giovanni Battista, i santi Pietro e Paolo con tutti gli altri Apostoli, intercedano per noi il dono sempre più copioso della salvezza, per la degna e fruttuosa celebrazione del Giubileo, e dispongano tutta la Chiesa a vivere quel grande avvenimento. La preparino ad accogliere in pienezza la Redenzione di Cristo.

Di qui, a tutta la Chiesa io grido: "Aprite le porte al Redentore!".

Desidero aggiungere che con data 25 gennaio 1983, Festa della Conversione di san Paolo apostolo, verrà promulgato il nuovo Codice di Diritto Canonico. Come sapete, il giorno 25 gennaio 1959, il Santo Padre Giovanni XXIII, nell'annunziare il proposito di convocare il Concilio Ecumenico Vaticano II, manifesto anche la volontà di far rivedere ed aggiornare la legislazione ecclesiastica, per renderla efficace strumento applicativo dello stesso Concilio nell'àmbito disciplinare della vita della Chiesa.




1982-12-23 Data estesa: Giovedi 23 Dicembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Ad anziani della diocesi di Roma - Città del Vaticano (Roma)