GPII 1982 Insegnamenti - L'omelia della Messa per i laici impegnati nell'apostolato - Madrid (Spagna)

L'omelia della Messa per i laici impegnati nell'apostolato - Madrid (Spagna)

Titolo: Nessun cristiano è esentato dalla sua responsabilità di evangelizzare

Testo:

Signor Cardinale, cari fratelli e sorelle.


1. Nelle parole del Vangelo che abbiamo proclamato, Cristo stesso mette in evidenza al medesimo tempo la dignità e la responsabilità del cristiano. Quando il Signore esclama: "Voi siete il sale della terra" (Mt 5,13), sottolinea al tempo stesso che il sale non deve perdere il suo sapore se deve essere utile all'uomo. E quando afferma: "Voi siete la luce del mondo" (v. 14), indica come conseguenza che questa luce "illumini tutti quelli della casa" (v. 15). E, subito dopo, insiste: "così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (v. 16).

E' difficile trovare una metafora evangelica più adatta e bella per esprimere la dignità del discepolo di Cristo e la sua conseguente responsabilità.

Lo stesso Concilio Vaticano II si è ispirato a questo testo evangelico, nel parlare dell'apostolato dei laici; ossia, della loro missione con la quale partecipano alla vita della Chiesa e al servizio della società (cfr. AA 6).

Voi siete il sale della terra! Voi siete la luce del mondo! "La vocazione cristiana è, per sua stessa natura, vocazione all'apostolato" (AA 2).


2. Alla luce di questa dignità e responsabilità, proclamata dal Vangelo e dal Magistero della Chiesa, desidero salutare tutti i rappresentanti del laicato della Spagna e, da questa storica sede primaziale di Toledo, inviare loro un messaggio che illumini le vie dell'apostolato dei laici in questa ora di grazia.

Saluto, anzitutto, il signor Cardinale Arcivescovo di questa diocesi, così come i Pastori e tutto il Popolo di Dio di Toledo e della sua Provincia ecclesiastica qui presenti.

La sede di Toledo è un luogo propizio per questo incontro, per il fatto di essere intimamente vincolata a momenti importanti della fede e della cultura della Chiesa in Spagna. Non possiamo dimenticare i Concili Toledani che seppero trovare formule adeguate per la professione della fede cristiana nei suoi fondamentali contenuti trinitari e cristologici. Toledo fu un centro di dialogo e di convivenza fra genti di diverse origini e religioni. Fu anche crocevia di culture che superarono le frontiere di Spagna, per influire fortemente sulla cultura dell'Occidente europeo. E' una città di grande tradizione cristiana che si riflette nei suoi monumenti artistici e nell'espressione pittorica di artisti di statura universale come El Greco.

Questi valori tradizionali continuano ad influire positivamente sulla vita del popolo toledano che conserva il ricordo dei suoi grandi Pastori medioevali, quali sant'Eugenio e sant'Ildefonso. E' la memoria di una tradizione che si estende attraverso molte generazioni di cristiani che si sono diffuse in tutto il Paese, animando generosi movimenti missionari in altri continenti.

Al riguardo, non posso tralasciare di salutare qui, in questa città imperiale, la sua illustre comunità mozarabica, erede degli eroici cristiani di secoli fa, i cui parrocchiani mantengono vivo, sotto la diretta responsabilità del signor Cardinale Primate, il patrimonio spirituale della loro venerabile liturgia dalla grande ricchezza teologica e pastorale, senza dimenticare che nella liturgia postconciliare il canto del "Padre nostro" in tutta la Spagna è proprio quello della liturgia mozarabica.


3. Da questa viva tradizione che alimenta la vostra fede e stimola la vostra responsabilità di cristiani, torniamo alla fonte della Parola, proclamata in questa celebrazione. E' lo stesso Apostolo delle genti che ci parla per insegnarci che cosa significa essere apostoli di Cristo; ci interpella per indicarci quello che esige la partecipazione alla missione della Chiesa.

Paolo insegna con un vigore speciale che siamo testimoni di Dio in Gesù Cristo, e Cristo "crocifisso" (1Co 2,1-3). Colui che lo riconosce e confessa come Signore è sotto la manifestazione e il potere dello Spirito (cfr. v. 4).

Tutti i cristiani sono chiamati a rinnovare costantemente la loro professione di fede, con la parola e con la vita, come una piena adesione a Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso per la nostra salvezza e risorto per il potere di Dio.

Tale è la "sapienza divina, misteriosa, rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria" (v. 7). Questo è il nucleo fondamentale del Vangelo che Cristo ha afffidato alla sua Chiesa e da lei trasmesso nella viva tradizione che il Magistero della successione apostolica insegna, arricchendo così il patrimonio del Popolo di Dio che possiede il "senso della fede", sotto l'assistenza sollecita dello Spirito Santo.

Qui si radica il nucleo dell'annuncio e della testimonianza della fede cristiana. Per questo, il primo atteggiamento del testimone della fede è professare questa stessa fede che predica, lasciandosi docilmente convertire dallo Spirito di Dio e conformando la sua vita a questa Sapienza divina.


4. In quanto testimoni di Dio, non siamo proprietari che possono disporre a loro piacimento dell'annuncio ricevuto; siamo responsabili di un dono che bisogna trasmettere con fedeltà. Con timore e tremore per la propria fragilità, l'Apostolo confida nella manifestazione dello Spirito, nella forza persuasiva del "potere di Dio" (1Co 2,4-5).

Non si tratta di adattare il Vangelo alla sapienza del mondo. Con parole che potrebbero tradurre l'esperienza di Paolo, oggi si potrebbe affermare: non sono le analisi della realtà, o l'uso delle scienze sociali, o l'impiego di statistiche, o la perfezione di metodi e tecniche organizzative - mezzi utili e strumenti validi, a volte - che determineranno i contenuti del Vangelo ricevuto e professato. E tanto meno sarà la connivenza con ideologie secolarizzate che aprirà i cuori all'annuncio della salvezza. L'apostolo non deve nemmeno lasciarsi sedurre dalla pretesa sapienza dei "principi di questo secolo" (1Co 2,6), fondata sul potere, sulla ricchezza e sul piacere che, mentre propone il miraggio di una felicità umana, conduce di fatto ad una totale distruzione quanti soccombono al suo culto.

Solo Cristo! Lo proclamiamo riconoscenti e meravigliati. In lui c'è già la pienezza di quello che "Dio ha preparato per coloro che lo amano" (v. 9). E' l'annuncio che la Chiesa affida a tutti quanti sono chiamati a proclamare, celebrare, comunicare e vivere l'Amore infinito della Sapienza divina. E' questa la scienza sublime che preserva il sapore del sale perché non diventi insipido, che alimenta la luce della lampada perché illumini le profondità del cuore umano e guidi le sue segrete aspirazioni, le sue ricerche e le sue speranze.


5. Il Papa esorta tutti i laici ad assumere con coerenza e vigore la loro dignità e responsabilità. Il Papa confida nei laici spagnoli, e si attende grandi cose da tutti loro per la gloria di Dio e per il servizio dell'uomo! Si, come ho già ricordato, la vocazione cristiana è essenzialmente apostolica; solo in questa dimensione di servizio al Vangelo il cristiano incontrerà la pienezza della propria dignità e responsabilità.

Infatti i laici "incorporati a Cristo col battesimo e costituiti Popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo" (LG 31), sono chiamati alla santità e sono inviati ad annunciare e realizzare il Regno di Cristo fino a che egli torni.

Se volete essere fedeli a questa dignità, non è sufficiente raccogliere passivamente le ricchezze della fede tramandate dalla vostra tradizione e dalla vostra cultura. Vi si affida un tesoro, vi si offrono talenti che debbono essere accettati con responsabilità perché fruttifichino con abbondanza.

La grazia del battesimo e della cresima che l'Eucarestia rinnova e la penitenza restaura, possiede energie vive per rivitalizzare la fede e per orientare, con il dinamismo creatore dello Spirito Santo, l'attività dei membri del Corpo mistico. Anche i laici sono chiamati a questa crescita spirituale interiore che conduce alla santità, e a questa dedizione apostolica creatrice, che li rende collaboratori dello Spirito Santo, il quale con i suoi doni rinnova, ringiovanisce e porta alla perfezione l'opera di Cristo (cfr. LG 4).


6. Sarà necessario confermare, ancora una volta, che la crescita nella affermazione dell'identità cristiana del laico non diminuisce o limita le sue possibilità; ma anzi definisce, alimenta e potenzia questa presenza e questa attività specifica ed originale affidata dalla Chiesa ai suoi figli nei diversi campi dell'attività personale, professionale, sociale? Lo stesso Vangelo ci spinge a condividere ogni situazione e condizione dell'uomo, con un amore appassionato per tutto ciò che concerne la sua dignità e i suoi diritti, fondati sulla sua condizione di creatura di Dio, "fatto a sua immagine e somiglianza" (Gn 1,26), partecipe della filiazione divina per la grazia di Cristo.

Il Concilio Vaticano II giustamente ha sottolineato che il compito principale dei laici cattolici è quello di impregnare e trasformare tutto il tessuto della convivenza umana con i valori del Vangelo (cfr. LG 36) con l'annuncio di una antropologia cristiana che deriva da questi valori.

Paolo Vl, nella sua esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" specifica così i campi dell'apostolato dei laici: "La via propria della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complesso della politica, del sociale, dell'economia, ma anche della cultura, delle scienze, delle arti, della vita internazionale, dei mezzi di comunicazione sociale, così come altre realtà aperte all'evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e dei giovani, il lavoro professionale, la sofferenza..." (EN 70). Non c'è nessuna attività umana che sia estranea al responsabile compito evangelizzatore dei laici.


7. Fra gli impegni più urgenti dell'apostolato dei laici desidero metterne in evidenza alcuni di maggior importanza.

Penso concretamente alla testimonianza di vita e allo sforzo evangelizzatore che richiede la famiglia cristiana; al fatto che i coniugi cristiani vivano il sacramento del matrimonio come una partecipazione all'unione feconda ed indissolubile fra Cristo e la Chiesa; che siano i fondatori e gli animatori della chiesa domestica, la famiglia, con l'impegno di una educazione integrale, etica e religiosa dei figli; che aprano ai giovani gli orizzonti delle diverse vocazioni cristiane, come una sfida di pienezza alle alternative del consumismo edonista o del materialismo ateo.

Volgo il mio sguardo al vasto campo dell'apostolato laicale nel mondo del lavoro, scosso da forti crisi e mosso nobilmente da aspirazioni di dignità, solidarietà, fraternità,che sono chiamate, dalle loro innegabili e talvolta inconscie radici cristiane, a dare frutti di giustizia e di sviluppo autenticamente umani.

Vedo anche aperto al laico cattolico il campo della politica, nel quale con frequenza si prendono le decisioni più delicate riguardanti i problemi della vita, dell'educazione, dell'economia; e, pertanto, della dignità e dei diritti dell'uomo, della giustizia e della convivenza pacifica nella società. Il cristiano sa che a partire dai luminosi insegnamenti della Chiesa, e senza necessità di seguire una formula politica determinata o di partito, deve contribuire alla formazione di una società più degna e rispettosa dei diritti umani, basata sui principi di giustizia e di pace.

Penso, infine, al mondo della cultura. I laici cattolici, nel proprio lavoro di intellettuali o di scienziati, di educatori e di artisti, sono chiamati a creare di nuovo, dall'immensa ricchezza culturale dei popoli della Spagna, un'autentica cultura della verità e del bene, della bellezza e del progresso, che possa contribuire al dialogo fecondo fra scienza e fede, cultura cristiana e civiltà universale.


8. Nessun cristiano è esentato dalla sua responsabilità evangelizzatrice. Nessuno può essere sostituito nelle esigenze del suo apostolato personale. Ogni laico ha un campo di apostolato nella propria esperienza personale.

Il Concilio Vaticano II ha vivamente raccomandato le forme associative dell'apostolato dei laici (cfr. AA 18-20).

L'apostolato associativo risulta fondamentale per coagulare ed esprimere tutte le energie insite nella vocazione cristiana, per risvegliare e rafforzare la presenza e la testimonianza della vita cristiana nei diversi ambienti e luoghi della società. Questo apostolato associativo ha il dovere di sensibilizzare ed educare tutte le energie vive, ricche di fede e religiosità, che sono nell'anima e nella cultura del vostro popolo.

So che si stanno superando fra voi situazioni critiche di identità associativa. E' giunta l'ora di superare definitivamente queste situazioni con una lucida analisi che permetta di individuarne le cause, e soprattutto di respingere gli errori che si fossero potuti infiltrare tra voi. Tuttavia ritengo che sono molto più forti la fedeltà e i rinnovati entusiasmi delle vostre associazioni, che il Papa vuole oggi incoraggiare con la sua presenza, con il suo affetto e la sua preghiera.


9. Oggi sono numerosi e vari i gruppi presenti, segno della vitalità e fecondità della fede di questa terra di Spagna. E' presente l'Azione Cattolica nelle sue varie branche; sono rappresentati i movimenti di spiritualità, i gruppi familiari, quelli giovanili... Un vasto panorama che arricchisce la vitalità del Corpo di Cristo. Saluto tutti e ciascuno dei movimenti e delle associazioni rappresentate.

E, di fronte all'impossibilità di dire una parola specifica per ciascuno, desidero offrirvi alcune riflessioni centrate su ciò che vi caratterizza e allo stesso tempo vi unisce: la vostra ecclesialità.

Siete Chiesa! Da questa caratteristica fondamentale scaturiscono le caratteristiche di una vita, di un amore, di un servizio e di una presenza che debbono essere autenticamente ecclesiali. Di qui la necessità di una comunione senza fratture con la comunione della Chiesa, di una vita nutrita alle fonti dei sacramenti, di una obbedienza impregnata di amore e responsabilità verso i pastori della Chiesa.

Siete Chiesa! Dovete dimostrarlo anche con una aperta comunione e collaborazione fra i vostri diversi carismi, le diverse forme di apostolato e di servizio, promuovendo la vostra integrazione nelle Chiese particolari e nelle comunità parrocchiali, dove si riunisce e si raccoglie visibilmente la famiglia di Dio.

I sacerdoti, ai quali si affida il compito di animazione spirituale dei gruppi e dei movimenti, debbono rappresentare fra voi questa garanzia di ecclesialità e di comunione.

Consiglieri ed assistenti dell'apostolato laicale, carissimi sacerdoti che lavorate in fraterna comunione con i laici, a voi dico: sentitevi pienamente identificati con la associazione o il gruppo che vi è stato affidato; partecipate alle sue ansie ed alle sue preoccupazioni, siate segno di unità e di comunione ecclesiale, educatori della fede, animatori dell'autentico spirito apostolico e missionario della Chiesa.


10. Desidero terminare con una raccomandazione speciale che affido al cuore cristiano di tutti i laici di Spagna. Non esiste, non può esistere nessun apostolato (sia per i sacerdoti che per i laici) senza vita interiore, senza preghiera, senza una perseverante tensione verso la santità. Questa santità, secondo le parole che abbiamo proclamato in questa celebrazione, è il dono della Sapienza, che per il cristiano è una particolare attuazione dello Spirito Santo ricevuto nel battesimo e nella cresima: "Mi conceda Dio di parlare secondo conoscenza / e di pensare in modo degno dei doni ricevuti, / perché egli è guida della sapienza e i saggi ricevono da lui orientamento. / In suo potere siamo noi e le nostre parole, / ogni intelligenza e ogni nostra abilità" (Sg 7,15-16).

Siete tutti chiamati alla santità! così come fiorirono magnifiche testimonianze di santità nella Spagna del Secolo d'Oro per la Riforma cattolica ed il Concilio di Trento, così fioriscano ora, nell'epoca del rinnovamento ecclesiale del Vaticano II, nuove testimonianze di santità, specialmente fra i laici di Spagna. Avete bisogno dell'abbondanza dello Spirito Santo per realizzare con la sua Sapienza il compito nuovo ed originale dell'apostolato laicale! Per questo dovete essere uniti a Cristo, per partecipare della sua funzione sacerdotale, profetica e regale, nelle difficili e meravigliose circostanze della Chiesa e del mondo d'oggi.


11. Si. Dobbiamo essere nelle sue mani per poter realizzare la nostra vocazione cristiana! Nelle sue mani per portare tutti a Dio! Nelle mani della Sapienza eterna per partecipare fruttuosamente della missione dello stesso Cristo! Nelle mani di Dio per costruire il suo regno nelle realtà temporali di questo mondo! Cari fratelli e sorelle.

Chiedo oggi al Signore, per tutti voi, per tutti i laici, una santità che fiorisca in un apostolato originale e creativo, impregnato di sapienza divina.

Lo imploro attraverso l'intercessione della Vergine, che qui a Toledo, fra le altre invocazioni, ha il bel titolo evangelico di nostra Signora della Pace, perché siate nel mondo costruttori della pace di Cristo.


Assieme a lui vi ricordo la vostra dignità e la vostra responsabilità: Voi siete il sale della terra! Voi siete la luce del mondo! Prima di finire, voglio invitarvi ad elevare la vostra preghiera per l'ultima vittima e per tutte le vittime del terrorismo in Spagna, affinché la nazione, che si sente ferita nelle sue profonde aspirazioni di pace e di concordia, ottenga dal Signore di essere liberata dal doloroso fenomeno del terrorismo e che tutti comprendano che la violenza non è via di soluzione ai problemi umani, oltre ad essere sempre anticristiana. Amen.



1982-11-04 Data estesa: Giovedi 4 Novembre 1982




Celebrazione della Parola in onore di san Giovanni della Croce - Segovia (Spagna)

Titolo: Grande maestro dei sentieri che conducono all'unione con Dio

Testo:


1. "Dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l'autore di esse... se sono colpiti dalla loro potenza e attività, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati...; se, stupiti per la loro bellezza, ...pensino quanto è superiore il loro Signore, perché li ha creati lo stesso autore della bellezza".

Abbiamo proclamato queste parole del libro della Sapienza, cari fratelli e sorelle, nel corso di questa celebrazione in onore di san Giovanni della Croce, accanto al suo sepolcro. Il libro della Sapienza ci parla della conoscenza di Dio per mezzo delle creature; della conoscenza dei beni visibili che rivelano il loro Artefice; della notizia che porta fino al Creatore partendo delle sue opere.

Potremmo benissimo mettere queste parole sulle labbra di Giovanni della Croce e comprendere il senso profondo che ad esse ha voluto dare l'autore sacro.

Sono parole di un saggio e di un poeta che ha conosciuto, amato e cantato la bellezza delle opere di Dio; ma sopratutto, parole di un teologo e di un mistico che ha conosciuto il suo Autore; e che attinge con incredibile radicalità alla fonte della bontà e della bellezza, addolorato per lo spettacolo del peccato che rompe l'originario equilibrio, offusca la ragione, paralizza la volontà, impedisce la contemplazione e l'amore verso l'Autore della creazione.


2. Rendo grazie alla Provvidenza che mi ha concesso di venire a venerare le reliquie e ad evocare la figura e la dottrina di san Giovanni della Croce, al quale debbo tanto nella mia formazione sprituale. Ho imparato a conoscerlo sin dalla mia giovinezza e sono entrato in un dialogo intimo con questo maestro della fede, con il suo linguaggio e il suo pensiero, fino a culminare con l'elaborazione della mia tesi di dottorato su "La fede in san Giovanni della Croce". Fin d'allora ho trovato in lui un amico e maestro, che mi ha indicato la luce che brilla nell'oscurità, per camminare sempre verso Dio, "senza altra luce né guida / che quella che nel cuore ardeva / Codesta mi guidava / più certo che la luce del meriggio" (san Giovanni della Croce, "Notte Oscura", 3-4).

In questa occasione saluto cordialmente i membri della provincia e diocesi di Segovia, il loro Pastore, i sacerdoti e i religiosi e religiose, le autorità e tutto il popolo di Dio che vive qui, sotto il cielo limpido della Castilla, così come coloro che sono venuti dai dintorni e dalle altre parti della Spagna.


3. Il santo di Fontiveros è il grande "maestro dei sentieri che conducono all'unione con Dio". I suoi scritti continuano ad essere attuali e in certo qual modo spiegano e complementano i libri di santa Teresa di Gesù. Egli indica le vie della conoscenza mediante la fede, perché soltanto tale conoscenza nella fede dispone l'intelletto "all'unione col Dio vivente".

Quante volte, con una convizione che sgorga dall'esperienza ci dice che la fede è il mezzo proprio e adatto per l'unione con Dio! E' sufficiente citare un celebre testo del secondo libro della "Salita al Monte Carmelo": "La fede è essa sola il mezzo più vicino e proporzionato perché l'anima si unisca a Dio... perché così come Dio è infinito, essa ce lo propone infinito; e così come Egli è Trino e Uno, ce lo propone Trino e Uno... e così per questo solo mezzo, si manifesta Dio all'anima in divina luce, che eccede ogni intendimento. E perciò quanta più fede ha l'anima in Dio, tanto più unita è a Lui" (san Giovanni della Croce, "Salita al Monte Carmelo", II,9,1) Con questa insistenza sulla purezza della fede, Giovanni della Croce non vuol negare che la conoscenza di Dio si possa raggiungere gradualmente partendo dalle creature, come insegna il libro della Sapienza e ripete san Paolo nella Lettera ai Romani (cfr. Rm 1,18-21 cfr. san Giovanni della Croce, "Cantico spirituale", Rm 4,1). Il dottore mistico insegna che nella fede è anche necessario privarsi delle creature, sia di quelle che si percepiscono per mezzo dei sensi che di quelle che si raggiungono con l'intelletto, per unirsi in una maniera conoscitiva con lo stessso Dio. Questa via che conduce all'unione, passa attraverso la "notte oscura" della fede.


4. L'atto di fede si concentra, secondo il santo, in Gesù Cristo, il quale, come ha affermato il Vaticano II, "è contemporaneamente il mediatore e la pienezza di tutta la rivelazione". Tutti conoscono la meravigliosa pagina del dottore mistico su Cristo come Parola definitiva del Padre e totalità della rivelazione, in quel dialogo tra Dio e gli uomini: "Egli è tutto il mio parlare e la mia risposta, Egli è tutta la mia visione e la mia rivelazione. In Lui vi ho già parlato, risposto, manifestato e rivelato, donandolo a voi come fratello, compagno e maestro, prezzo e premio" (san Giovanni della Croce, "Salita al Monte Carmelo", II,22,5).

E così raccogliendo noti testi biblici, riassume: "Perhé nel donarci, come ci ha dato, il Figlio suo, che è una Parola sua e non ne ha un'altra, ci ha detto tutto ed in una volta sola in questa unica Parola, e non ha più niente da dire" (san Giovanni della Croce, "Salita al Monte Carmelo", II,22,3). Per questo la fede è la ricerca amorosa del "Dio nascosto" che si rivela in Gesù Cristo, l'Amato (san Giovanni della Croce, "Cantico spirituale", I,1-3.11).

Per di più, il dottore della fede non tralascia di puntualizare che "Il Cristo lo troviamo nella Chiesa", Sposa e Madre; e che nel suo magistero troviamo la norma sicura della fede, la medicina delle nostre ferite, la fonte della grazia: "E così", scrive il santo, "in tutto ci dobbiamo lasciar guidare dalla legge di Cristo uomo e della Chiesa e i suoi ministri, umanamente e visibilmente, e tramite questa via rimediare alla nostra ignoranza e pigrizia spirituale; poiché in questa via troveremo abbondante medicina per ogni cosa" (san Giovanni della Croce, "Salita al Monte Carmelo", II,22,7).


5. In queste parole del dottore mistico troviamo una dottrina di assoluta coerenza e modernità. Giovanni della Croce invita l'uomo di oggi, angosciato dal significato dell'esistenza, spesso indifferente alla predicazione della Chiesa, forse scettico riguardo alle mediazioni della rivelazione di Dio, ad una ricerca onesta, che lo conduca fino alla fonte stessa della rivelazione che è il Cristo, la Parola e il Dono del Padre. Lo persuade a prescindere da tutto quello che potrebbe essere un ostacolo per la fede e lo colloca davanti a Cristo. Davanti a Colui che rivela e offre la verità e la vita divina nella Chiesa, la quale nella sua visibilità e nella sua umanità è sempre Sposa di Cristo, il suo Corpo Mistico, garanzia assoluta della verità della fede (san Giovanni della Croce, "Fiamma viva d'amore", Prol., 1).

Per questo esorta ad intraprendere una ricerca di Dio nella preghiera, affinché l'uomo "si renda conto" della sua limitatezza temporale e della sua vocazione all'eternità (san Giovanni della Croce, "Cantico spirituale", 1-1). Nel silenzio della preghiera si realizza l'incontro con Dio e si ascolta quella Parola che Dio ci dice in eterno silenzio e che nel silenzio deve essere ascoltata.

Un grande raccoglimento e un abbandono interiore, uniti al fervore della preghiera, aprono le profondità dell'anima "al potere purificatore dell'amore divino".


6. Giovanni della Croce segui le orme del Maestro, che si ritirava a pregare in luoghi solitari. Amo la solitudine sonora dove si ascolta la musica silente, il rumore della fonte che sgorga e zampilla anche se è notte. Lo ha fatto durante le lunghe veglie di preghiera ai piedi dell'Eucarestia, quel pane vivo che dona la vita e che porta fino alla sorgente dell'amore trinitario.

Non si possono dimenticare le immense solitudini del Duruelo, l'oscurità e nudità del carcere di Toledo, i paesaggi andalusi della Penuela, del Calvario, de los Martires, a Granada. La bella e sonora solitudine segoviana dell'eremo, nelle rocce di questo convento fondato dal santo. Qui si sono consumati dialoghi d'amore e di fede; fino a quell'ultimo, commovente, che il Santo confidava con queste parole dette al Signore che gli offriva il premio per le sue opere: "Signore, quello che voglio è che Voi mi doniate di patire per Voi, e che sia io disprezzato e tenuto in poco conto".

Così fino alla consumazione della sua identificazione con Cristo Crocifisso e della sua gloriosa pasqua a Ubeda, quando annunzio che andava a cantare il mattutino in cielo.


7. Una delle cose che più attirano l'attenzione negli scritti di san Giovanni della Croce è la lucidità con cui ha descritto la sofferenza umana, quando l'anima è investita dalla tenebra luminosa e purificatrice della fede.

Le sue osservazioni sorprendono il filosofo, il teologo e perfino lo psicologo. Il dottore mistico ci insegna la necessità di una purificazione passiva, di una notte oscura che Dio provoca nel credente, affinché sia più pura la sua adesione nella fede, speranza e amore. Infatti è così. La forza purificatrice dell'anima umana viene da Dio stesso. E Giovanni della Croce fu cosciente, come pochi, di questa forza purificatrice. Dio stesso purifica l'anima fino ai più profondi abissi del suo essere, accendendo nell'uomo la fiamma viva d'amore: il suo Spirito.

Egli ha contemplato con un'ammirabile profondità di fede, e a partire dalla sua propria esperienza della purificazione della fede, il mistero di Cristo Crocifisso; fino al culmine del suo abbandono sulla croce, dove viene offerto a noi, come esempio e luce dell'uomo spirituale. Li, il Figlio amato del Padre "ha avuto bisogno di esclamare: "Mio Dio, mio Dio perchè mi hai abbandonato? Quello fu l'abbandono più grande che mai aveva provato nella sua vita. E in esso Gesù ha operato il miracolo più grande che mai avesse potuto operare nella sua vita, né in terra né in cielo, e che consistette nel riconciliare ed unire il genere umano con Dio".


8. Anche l'uomo moderno, nonostante le sue conquiste, sfiora nella sua esperienza personale e collettiva l'abisso dell'abbandono, la tentazione del nihilismo, l'assurdità di tante sofferenze fisiche, morali e spirituali. La notte oscura, la prova che fa toccare il mistero del male ed esige l'apertura della fede, acquisisce a volte dimensioni di epoca e proporzioni collettive.

Anche il cristiano e la stessa Chiesa possono sentirsi identificati con il Cristo di San Giovanni della Croce, nel culmine del suo dolore e del suo abbandono. Tutte queste sofferenze sono state assunte dal Cristo nel suo grido di dolore e nella sua fiduciosa consegna al Padre. Nella fede, la speranza e l'amore, la notte si converte in giorno, la sofferenza in gioia, la morte in vita.

Giovanni della Croce, con la sua esperienza, ci invita alla ficucia, a lasciarci purificare da Dio; nella fede intessuta di speranza e di amore, la notte comincia a conoscere "le luci dell'aurora"; si fa luminosa come una notte di Pasqua - "O vere beata nox", "Oh notte amabile più dell'alba" - e annuncia la risurrezione e la vittoria, la venuta dello Sposo che unisce a sé e trasforma il cristiano: "Amata nell'Amato trasformata".

Magari le notti oscure che si addensano sulle coscienze individuali e sulle collettività del nostro tempo fossero vissute nella fede pura; nella speranza "che tanto ottiene quanto spera"; nell'amore ardente della forza dello Spirito, affinché si convertano in giornate luminose per la nostra umanità addolorata, in vittoria del Risorto che libera col potere della sua croce!


9. Abbiamo ricordato nella lettura del Vangelo le parole del profeta Isaia, che Cristo fece sue: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore" (Lc 4,18-19).

Anche il "santo Fraticello Giovanni" - come lo chiamava la madre Teresa - fu, come Cristo, un povero che evangelizzo con immensa gioia e amore i poveri; e la sua dottrina è come una spiegazione di quel vangelo della liberazione dalle schiavitù e oppressioni del peccato, della luminosità della fede che guarisce ogni cecità. Se la Chiesa lo venera come dottore mistico sin dall'anno 1926, è perché riconosce in lui il gran maestro della verità vivente riguardo a Dio e all'uomo.

La "Salita del Monte" e la "Notte oscura" culminano nella gioiosa libertà dei figli di Dio nella partecipazione alla vita di Dio e alla comunione con la vita trinitaria. Soltanto Dio può liberare l'uomo; questi acquisice totalmente dignità e libertà soltanto quando sperimenta in profondità, come san Giovanni della Croce indica, la grazia redentrice e trasformante di Cristo. La vera libertà dell'uomo è la comunione con Dio.



10. Il testo del libro della Sapienza ci avvertiva "Se tanto poterono sapere da scrutare l'universo, come mai non ne hanno trovato più presto il padrone?" (Sg

13,19). Ecco una nobile sfida per l'uomo contemporaneo che ha esplorato le vie dell'universo. Ed ecco la risposta del mistico che dall'altura di Dio scopre l'orma del Creatore nelle sue creature e contempla in anticipo la liberazione della creazione (cfr. Rm 8,19-21).

Tutta la creazione, dice San Giovanni della Croce, è come bagnata dalla luce dell'Incarnazione e della Resurrezione: "In questo innalzamento della Incarnazione del suo Figlio e della gloria della sua Resurrezione secondo la carne non soltanto il Padre ha abbellito in parte le creature, ma possiamo dire che le ha completamente vestite di bellezza e dignità". Il Dio che è "Bellezza" si riflette nelle sue creature.

In un abbraccio cosmico che in Cristo unisce il cielo e la terra, Giovanni della Croce ha potuto esprimere la pienezza della vita cristiana: "Non mi toglierai, Dio mio, quello che una volta mi donasti nel tuo unico figlio Gesù Cristo in cui mi hai dato tutto quello che voglio... Miei sono i cieli e mia è la terra; miei sono le genti; i giusti sono miei, e miei i peccatori; gli angeli sono miei, e la Madre di Dio e tutte le cose sono mie, e lo stesso Dio è mio ed è per me, perché Cristo è mio e tutto per me".


11. Fratelli e sorelle: ho voluto con queste mie parole rendere un omaggio di gratitudine a San Giovani della Croce, teologo e mistico, poeta e artista, "uomo celestiale e divino" - come lo ha chiamato Santa Teresa di Gesù- amico dei poveri e saggio direttore spirituale delle anime. Egli è padre e maestro spirituale di tutto il Carmelo Teresiano, il plasmatore di quella fede viva che brilla nei figli più illustri del Carmelo: Teresa di Lisieux, Elisabetta della Trinità, Raffaele Kalinowski, Edith Stein. Chiedo alle figlie di Giovanni della Croce, le carmelitane scalze, che sappiano vivere l'essenza contemplativa di quell'amore puro che è eminentemente fecondo per la Chiesa. Raccomando ai suoi figli, i carmelitani scalzi, fedeli custodi di questo convento e animatori del Centro di Spiritualità dedicato al Santo, la fedeltà alla sua dottrina e la dedizione alla direzione spirituale delle anime, così come allo studio e approfondimento della teologia spirituale.

Per tutti i figli di Spagna e di questa nobile terra segoviana, come garanzia di rigenerazione ecclesiale, lascio queste magnifiche consegne di san Giovanni della Croce universalmente valide: intelligenza perspicace per vivere la fede: "Un pensiero dell'uomo vale più di tutto il mondo; pertanto solo Dio è degno di esso".

Volontà impavida per esercitare la carità: "Dove non c'è amore, metti amore ed otterrai amore". Una fede solida e confortante, che muova costantemente ad amare veramente Dio e l'uomo; perché alla fine della vita, "quando giungerà la sera sarai giudicato sull'amore". Con la mia benedizione apostolica per tutti.


[Traduzione dallo spagnolo]




1982-11-04 Data estesa: Giovedi 4 Novembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - L'omelia della Messa per i laici impegnati nell'apostolato - Madrid (Spagna)