GPII 1982 Insegnamenti - Appello ai responsabili

Appello ai responsabili


11. Dopo tali considerazioni, il mio messaggio vuole essere soprattutto un appello a raccogliere la sfida del dialogo per la pace.

Io lo indirizzo innanzitutto a voi, Capi di Stato e di Governo! Possiate voi, affinché il vostro popolo conosca un'autentica pace sociale, permettere tutte le condizioni di dialogo e di accordo, le quali, equamente stabilite, non comprometteranno, ma piuttosto favoriranno, a lunga scadenza, il bene comune della nazione nella libertà e indipendenza! Possiate attuare questo dialogo da pari a pari con gli altri paesi, ed aiutare le parti in conflitto a trovare le vie del dialogo, della ragionevole conciliazione e della giusta pace! Faccio appello parimenti a voi, diplomatici, la cui nobile professione è quella, tra l'altro, di affrontare i punti controversi, cercando di risolverli attraverso il dialogo e il negoziato, per evitare il ricorso alle armi, o per sostituirvi ai belligeranti. Lavoro di pazienza e di perseveranza, che la Santa Sede apprezza tanto più, in quanto è impegnata essa stessa nei rapporti diplomatici, dove si sforza di far adottare il dialogo come il mezzo più adatto per superare i contrasti.

Voglio soprattutto ribadire la mia fiducia in voi, responsabili e membri delle organizzazioni internazionali, ed in voi, funzionari internazionali! Nel corso dell'ultimo decennio le vostre organizzazioni sono state troppo spesso oggetto di tentativi di manipolazione da parte di nazioni desiderose di sfruttare tali istanze. Resta comunque il fatto che la molteplicità attuale degli scontri violenti, le divisioni e gli intoppi, nei quali s'imbattono le relazioni bilaterali, offrono alle grandi organizzazioni internazionali l'occasione di avviare un mutamento qualitativo nelle loro attività, a costo di riformare su certi punti le loro proprie strutture, onde tener conto delle realtà nuove e godere di un potere efficace. Siano esse regionali o mondiali, le vostre organizzazioni hanno una opportunità eccezionale di cui profittare: riappropriarsi, in tutta pienezza, della missione che loro spetta in virtù della loro origine, del loro statuto e del loro mandato; divenire i luoghi e gli strumenti per eccellenza del vero dialogo per la pace. Lungi dal lasciarsi invadere dal pessimismo e dallo scoraggiamento che paralizzano, esse hanno la possibilità di affermarsi maggiormente come luoghi d'incontro, dove potranno essere considerate le più audaci revisioni dei comportamenti, che al presente prevalgono negli scambi politici, economici, monetari e culturali.

Lancio parimenti uno speciale appello a voi, che lavorate nei mass-media! I dolorosi avvenimenti che il mondo ha conosciuto in questi ultimi tempi, hanno confermato l'importanza di un'opinione illuminata, affinché un conflitto non degeneri in guerra. L'opinione pubblica, infatti, può frenare le tendenze bellicose o, al contrario, appoggiare tali tendenze fino all'accecamento.

Ora, in quanto tecnici delle emissioni radiofoniche, televisive, e della stampa, voi avete un ruolo sempre più preponderante in questo campo: vi incoraggio a pesare la vostra responsabilità e a mettere in luce col massimo di obiettività i diritti, i problemi e le mentalità di ognuna delle parti, al fine di promuovere la comprensione e il dialogo tra i gruppi, i paesi e le civiltà.

Infine, devo rivolgermi a ciascun uomo ed a ciascuna donna, nonché a voi, giovani: voi avete molteplici occasioni per abbattere le barriere dell'egoismo, dell'incomprensione e dell'aggressività, grazie al vostro modo di dialogare, ogni giorno, nella vostra famiglia, nel vostro villaggio, nel vostro quartiere, nelle associazioni della vostra città, della vostra regione, per non parlate delle organizzazioni non governative. Il dialogo per la pace è affare di tutti.


Motivazioni particolari dei cristiani, per raccogliere la sfida del dialogo


12. Ed ora, esorto in modo speciale voi, cristiani, a prendere tutta la vostra parte in questo dialogo, secondo le responsabilità che vi spettano, a ricercarlo con quella qualità di accoglienza, di franchezza e di giustizia, che è richiesta dalla carità di Cristo, a riprenderlo incessantemente con la tenacia e la speranza che la fede vi consente. Voi conoscete anche la necessità della conversione e della preghiera, poiché l'ostacolo per eccellenza alla instaurazione della giustizia e della pace si trova nel cuore dell'uomo, nel peccato (cfr. GS 10), come era nel cuore di Caino, che rifiutava il dialogo col suo fratello Abele (cfr. Gn 4,6-9). Gesù ci ha insegnato come ascoltare, condividere, come fare agli altri ciò che si vorrebbe per se stessi, come risolvere le controversie mentre si cammina assieme (cfr. Mt 5,25), come perdonare. E soprattutto, con la sua morte e risurrezione, Egli è venuto a liberarci dal peccato che ci oppone gli uni agli altri, a darci la sua pace, ad abbattere il muro che separa i popoli.

Questo è il motivo per il quale la Chiesa non cessa di pregare il Signore di concedere agli uomini il dono della sua pace, come sottolineava il messaggio dello scorso anno. Gli uomini non sono più destinati a non comprendersi e a dividersi, come in Babele (cfr. Gn 11,7-9). A Gerusalemme, nel giorno di Pentecoste, lo Spirito Santo fece ritrovare ai primi discepoli del Signore, al di là della diversità delle lingue, il cammino regale della pace nella fraternità. La Chiesa resta il testimone di questa grande speranza.

Possano i cristiani avere sempre più coscienza della loro vocazione ad essere, contro venti e maree, gli umili custodi di quella pace che, nella notte di Natale, Dio ha affidato agli uomini! E possano, con loro, tutti gli uomini di buona volontà raccogliere questa sfida per il nostro tempo, anche in mezzo alle situazioni più difficili: fare di tutto, cioè, per evitare la guerra ed impegnarsi, pertanto, con accresciuta convinzione sulla via che ne allontana la minaccia: il dialogo per la pace! Dal Vaticano, 8 dicembre 1982.



IOANNES PAULUS PP. II




1982-12-08 Data estesa: Mercoledi 8 Dicembre 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La nostra speranza d'avvento nel mistero dell'Immacolata Concezione

Testo:


1. "Alma Redemptoris Mater, / quae pervia caeli / porta manes, / et stella maris". O santa Madre del Redentore, / porta che / ci apre il cielo / stella del mare.

Noi fissiamo lo sguardo sull'Immacolata come sulla Stella che ci guida nel cielo buio delle aspettative ed incertezze umane, in particolare nella giornata odierna, quando sullo sfondo della liturgia dell'Avvento brilla la sua annuale solennità; vediamo lei nell'eterna Divina Economia come la "Porta" aperta, attraverso la quale deve venire il Redentore del mondo.

Tutta la nostra speranza d'Avvento si concentra attorno a lei: attorno al mistero dell'Immacolata Concezione in cui con la potenza della Divina elezione, viene superata l'eredità originaria del peccato.


2. E perciò gridiamo a lei con queste parole: "Succurre cadenti / surgere qui curat populo / tu, quae genuisti, / natura mirante, / tuum sanctum Genitorem".

Soccorri il tuo popolo vacillante / che anela a risorgere, / tu che, nello stupore di / tutto il creato, / hai generato il tuo Creatore.


3. La speranza d'Avvento si collega con la fervida preghiera per il rinnovamento del creato e dell'uomo, implicato nel peccato.

Preghiamo: fa' risorgere il mondo! aiuta l'uomo a risorgere dal peccato! Sei pur tu la Genitrice di Dio! Sei ben tu che doni al mondo Dio, fatto Uomo.


4. Guardiamo Maria come all'opera straordinaria della Grazia Divina. E con venerazione ed ammirazione celebriamo la sua maternità verginale: "Virgo prius ac posterius, / Gabrielis ab ore / sumens illud "Ave", / peccatorum miserere".

Vergine prima e dopo il parto, / tu che hai accolto / il saluto dell'angelo, / abbi pietà di noi peccatori.


5. E in questo giorno di così grande solennità preghiamo l'Immacolata di voler accogliere, da noi peccatori, lo stesso saluto che, all'annunciazione, ha accolto dall'angelo.

Recitiamo l'"Angelus Domini".

Ai rappresentanti del MASCI e dell'ALMA Un cordiale ed affettuoso saluto rivolgo a tutti i Membri del "Movimento Scouts Cattolici Italiani" (MASCI), i quali sono riuniti a Roma per la loro XV Assemblea Nazionale.

Carissimi! Il vostro Movimento si è sempre distinto per fedeltà ed amore a Cristo ed alla Chiesa. Continuate, con generosa costanza, in questa linea di lealtà e di impegno per una testimonianza di vita, fondata sul messaggio del Vangelo, che orienti ed animi il vostro comportamento etico, in particolare nell'ambiente professionale e sociale.

Affido questi miei voti, come pure tutti gli Adulti Scouts Cattolici Italiani alla Vergine santissima, da voi intensamente venerata come "Madonna degli Scouts", alla quale vi siete spiritualmente e filialmente consacrati, in occasione della solennità dell'Immacolata Concezione, tanto cara anche al vostro cuore.

La mia benedizione apostolica vi accompagni ora e sempre.

Alla Comunità Marchigiano-Romana Rivolgo anche un saluto ai rappresentanti della Comunità Marchigiano-Romana, che venera come speciale protettrice la Madonna sotto il titolo di "Lauretana", e a loro auguro la costante protezione di Maria.




1982-12-08 Data estesa: Mercoledi 8 Dicembre 1982




La preghiera alla Madonna, in piazza di Spagna - Roma

Titolo: Veneriamo la redenzione che si è attuata in te

Testo:


1. Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, / che ha riempito te, Vergine di Nazaret, / con ogni benedizione spirituale in Cristo.

In lui / tu sei stata Concepita Immacolata! / Prescelta ad essere sua Madre, / sei stata in lui e per lui redenta più di qualsiasi altro essere umano! / Preservata dall'eredità del peccato originale, / sei stata concepita e sei venuta al mondo in stato di grazia santificante.

Piena di grazia! / Nella odierna solennità veneriamo questo mistero della fede. / Nel giorno odierno, insieme con tutta la Chiesa, veneriamo la Redenzione, / che si è attuata in te. / Quella singolarissima partecipazione alla Redenzione del mondo e dell'uomo, / che soltanto a te è stata riservata: solo a te. / Salve, o Maria, "Alma Redemptoris Mater"!



2. Oggi la Chiesa Romana / ti presenta una particolare richiesta: / aiutaci a prepararci degnamente all'"Anno Santo", che sarà un nuovo Giubileo della nostra Redenzione, / tu che sei la prima tra i redenti, / aiuta noi, uomini del ventesimo secolo che si incammina verso il suo termine e, in pari tempo, uomini del secondo millennio dopo Cristo; / aiutaci / a ritrovare la nostra parte del mistero della Redenzione; / aiutaci / a comprendere più profondamente la dimensione divina e al tempo stesso umana di quel Mistero, / e ad attingere più pienamente alle sue inesauribili risorse; - aiuta noi, che apparteniamo alla Comunità della Chiesa Romana e tutti i pellegrini, che verranno qui a pregare presso le memorie degli Apostoli e Martiri - e tutti i fratelli e sorelle al mondo, redenti dal preziosissimo Sangue di Cristo. Tutto questo chiediamo a te nella solennità odierna: o clemente, o pia, dolce Vergine Maria. / Amen. 1982-12-08 Data estesa: Mercoledi 8 Dicembre 1982




L'omelia durante la santa Messa nella basilica di santa Maria Maggiore - Roma

Titolo: La santità di Maria nell'ordine della salvezza

Testo:

"Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te" (Lc 1,28).


1. Mentre queste parole del saluto dell'Angelo riecheggiano soavemente nel nostro animo, desidero rivolgere lo sguardo, insieme con voi, cari fratelli e sorelle, sul mistero dell'Immacolata Concezione della beata Vergine Maria con l'occhio spirituale di san Massimiliano Kolbe. Egli ha legato tutte le opere della sua vita e della sua vocazione all'Immacolata. E perciò, in quest'anno, in cui è stato elevato alla gloria dei Santi, egli ha molto da dirci nella solennità dell'Immacolata, di cui amo definirsi devoto "militante".

L'amore all'Immacolata fu infatti il centro della sua vita spirituale, il fecondo principio animatore della sua attività apostolica. Il modello sublime dell'Immacolata illumino e guido la sua intera esistenza sulle strade del mondo e fece della sua morte eroica nel campo di sterminio di Auschwitz una splendida testimonianza cristiana e sacerdotale. Con l'intuizione del santo e la finezza del teologo, Massimiliano Kolbe medito con acume straordinario il mistero della Concezione Immacolata di Maria alla luce della Sacra Scrittura, del Magistero e della Liturgia della Chiesa, ricavandone mirabili lezioni di vita. Egli è apparso nel nostro tempo profeta e apostolo di una nuova "era mariana", destinata a far brillare di vivida luce nel mondo intero Gesù Cristo e il suo Vangelo.

Questa missione che egli porto avanti con ardore e dedizione, "lo classifica - come affermo Paolo VI nell'Omelia per la sua beatificazione - tra i grandi santi e gli spiriti veggenti che hanno capito, venerato e cantato il mistero di Maria" ("Insegnamenti", IX [1971] 909). Pur consapevole della profondità inesauribile del mistero della Concezione Immacolata, per cui "le parole umane non sono in grado di esprimere Colei che è divenuta vera Madre di Dio" ("Gli scritti di Massimiliano Kolbe, eroe di Oswiecjm e Beato della Chiesa", 3 volumi, Edizioni Città di Vita, Firenze, 1975, volume III, p.690), il suo maggiore rammarico era quello che l'Immacolata non fosse sufficientemente conosciuta e amata a imitazione di Gesù Cristo e come ci insegna la Tradizione della Chiesa e l'esempio dei santi. Amando Maria, infatti, noi onoriamo Dio che l'ha elevata alla dignità di Madre del proprio Figlio fatto Uomo e ci uniamo a Gesù Cristo che l'ha amata quale Madre; non l'ameremo mai come egli l'amo: "Gesù è stato il primo ad onorarla quale sua Madre e noi dobbiamo imitarlo anche in questo. Non riusciremo mai ad eguagliare l'amore con cui Gesù l'amo" (volume II, p. 351). L'amore a Maria, afferma padre Massimiliano, è la via più semplice e più facile per santificarci, realizzando la nostra vocazione cristiana. L'amore di cui egli parla non è certo superficiale sentimentalismo, ma è impegno generoso, e donazione di tutta la persona, come egli stesso ci ha dimostrato con la sua vita di fedeltà evangelica fino alla sua morte eroica.


2. L'attenzione di san Massimiliano Kolbe si concentro incessantemente sulla Concezione Immacolata di Maria per poter cogliere la ricchezza meravigliosa racchiusa nel Nome che ella stessa manifesto e che costituisce l'illustrazione di quanto ci insegna il Vangelo odierno con le parole dell'angelo Gabriele: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te" (Lc 1,28). Richiamandosi alle apparizioni di Lourdes - che per lui furono stimolo e incentivo per comprendere meglio le fonti della Rivelazione - osserva: " A santa Bernardetta, che più volte l'aveva interrogata, la Vergine rispose: "Io sono l'Immacolata Concezione". Con queste parole ella manifesto chiaramente di essere non soltanto concepita senza peccato, ma di essere anzi la stessa "Concezione Immacolata", così come altro è un oggetto bianco e altro la bianchezza; altro è una cosa perfetta e altro è la perfezione" ("Gli scritti di Massimiliano Kolbe...", volume III, p. 516).

Concezione Immacolata è il Nome che rivela con precisione chi è Maria: non afferma soltanto una qualità, ma delinea esattamente la Persona di lei: Maria è santa radicalmente nella totalità della sua esistenza, fin dal principio.


3. L'eccelsa grandezza soprannaturale fu concessa a Maria in ordine a Gesù Cristo; è in lui e mediante lui che Dio le partecipo la pienezza di santità: Maria è Immacolata perché Madre di Dio e divenne Madre di Dio perché Immacolata, afferma scultoreamente Massimiliano Kolbe. La Concezione Immacolata di Maria manifesta in modo unico e sublime la centralità assoluta e la funzione salvifica universale di Gesù Cristo. "Dalla maternità divina sgorgano tutte le grazie concesse alla santissima Vergine Maria e la prima di esse è l'Immacolata Concezione" (volume III, p. 475). Per questo motivo, Maria non è semplicemente come Eva prima del peccato, ma fu arricchita di una pienezza di grazia incomparabile perché Madre di Cristo, e la Concezione Immacolata fu l'inizio di una prodigiosa espansione senza soste della sua vita soprannaturale.


4. Il mistero della santità di Maria deve essere contemplato nella globalità dell'ordine divino della salvezza per essere colto in modo armonico e perché non appaia quale privilegio che la separa dalla Chiesa che è il Corpo di Cristo. Il Padre Massimiliano ha somma cura nel riannodare la Concezione Immacolata di Maria e la sua funzione nel piano della salvezza al mistero della Trinità, e in modo del tutto speciale con la persona dello Spirito Santo. Con geniale profondità sviluppo i molteplici aspetti contenuti nella nozione di "Sposa dello Spirito Santo", ben nota nella tradizione patristica e teologica e suggerita dal Nuovo Testamento: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà Santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35).

E' una analogia, sottolinea san Massimiliano Kolbe, che fa intravedere l'unione ineffabile, intima e feconda tra lo Spirito Santo e Maria. "Lo Spirito Santo stabili la propria dimora in Maria fino dal primo istante dell'esistenza di lei, ne prese possesso assoluto e la compenetro talmente che il nome di Sposa dello Spirito Santo non esprime che un'ombra lontana, pallida, imperfetta di tale unione" ("Gli scritti di Massimiliano Kolbe...", volume III, p. 515).


5. Scrutando con ammirazione estatica il piano divino della salvezza, che ha la sua sorgente nel Padre il quale volle comunicare liberamente alle creature la vita divina di Gesù Cristo, e che si manifesta in Maria Immacolata in modo meraviglioso, il padre Kolbe affascinato e rapito esclama: "Dappertutto c'e l'amore" (volume III, p. 690); l'amore gratuito di Dio è la risposta a tutti gli interrogativi; "Dio è amore" afferma san Giovanni (1Jn 4,8). Tutto ciò che esiste è riflesso dell'amore libero di Dio, e perciò ogni creatura ne traduce, in qualche modo, lo splendore infinito. In maniera particolare l'amore è il centro ed il vertice della persona umana, fatta ad immagine e somiglianza di Dio. Maria Immacolata, la più alta e perfetta delle persone umane, riproduce in modo eminente l'immagine di Dio ed è quindi resa capace di amarlo con intensità incomparabile come Immacolata, senza deviazioni o rallentamenti. E' l'unica ancella del Signore (cfr. Lc 1,38) che con il suo "fiat" libero e personale risponde all'amore di Dio compiendo sempre quanto egli le domanda. Come quella di ogni altra creatura, la sua non è una risposta autonoma, ma è grazia e dono di Dio; in tale risposta vi è coinvolta tutta la sua libertà, la libertà di Immacolata. "Nell'unione dello Spirito Santo con Maria l'amore non congiunge soltanto queste due Persone, ma il primo amore è tutto l'amore della santissima Trinità, mentre il secondo, quello di Maria, è tutto l'amore della creazione e così in tale unione il cielo si unisce alla terra, tutto l'Amore increato con tutto l'amore creato... E' il vertice dell'amore" ("Gli scritti di Massimiliano Kolbe...", volume III, p. 758).

La circolarità dell'amore, che ha origine dal Padre, e che nella risposta di Maria ritorna alla sua sorgente, è un aspetto caratteristico e fondamentale del pensiero mariano di padre Kolbe. E', questo, un principio che sta alla base della sua antropologia cristiana, della visione della storia e della vita spirituale di ogni uomo. Maria Immacolata è archetipo e pienezza di ogni amore creaturale; il suo amore limpido e intensissimo verso Dio racchiude nella sua perfezione quello fragile e inquinato delle altre creature. La risposta di Maria è quella dell'intera umanità.

Tutto questo non offusca, né sminuisce la centralità assoluta di Gesù Cristo nell'ordine della salvezza, ma la illumina e la proclama con vigore, perché Maria deriva ogni sua grandezza da lui. Come insegna la storia della Chiesa, la funzione di Maria è quella di far risplendere il proprio Figlio, di condurre a lui e di aiutare ad accoglierlo.

Il continuo approfondimento teologico del mistero di Maria Immacolata divenne per Massimiliano Kolbe sorgente e motivo di donazione illimitata e di dinamismo straordinario; egli seppe davvero incorporare la verità nella vita, anche perché attinse la conoscenza di Maria, come tutti i santi, non soltanto dalla riflessione guidata dalla fede, ma specialmente dalla orazione: "Chi non è capace di piegare le ginocchia e di implorare da Maria in umile preghiera la grazia di conoscere chi ella sia realmente non speri di apprendere qualcosa di più su di lei" (volume III, p. 474).


6. Ed ora, accogliendo questa esortazione finale dell'eroico figlio della Polonia ed autentico messaggero del culto mariano, noi, raccolti in questa splendida Basilica per la preghiera eucaristica in onore dell'Immacolata Concezione, piegheremo le nostre ginocchia davanti alla sua immagine e le ripeteremo, con quell'ardore e pietà filiale che tanto distinsero san Massimiliano, le parole dell'Angelo: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". Amen.



1982-12-08 Data estesa: Mercoledi 8 Dicembre 1982




Lettera al Cardinale John Francis Dearden

Titolo: Per il 50° anniversario di sacerdozio

Testo:

Al Venerabile Fratello Nostro John Francis di S.R.C. Cardinale Dearden Tale e tanto grande è la Nostra benevolenza verso i Nostri Venerabili Fratelli nell'Episcopato, che partecipiamo anche agli avvenimenti, almeno i principali, della loro vita. Per questo motivo Noi oggi, pensando che si avvicina per Te, Venerabile Fratello Nostro, il 50° anniversario di sacerdozio, con questa Lettera, dettata dal cuore, che Ti inviamo per congratularci, desideriamo soprattutto lodare la continua attività zelantemente svolta da sacerdote e da vescovo nel servizio del Popolo di Dio.

Ricevuto infatti il sacro Ordine del presbiterato qui a Roma, stimato per dottrina e costumi tornasti in patria, dove, fin dalla fiorente giovinezza sapesti adempiere egregiamente gli incarichi che Ti furono affidati per la ricerca del bene delle anime, mentre non dimentichiamo, del resto, che insegnasti filosofia ai candidati al sacerdozio nel seminario di Santa Maria in Cleveland e, come direttore, li guidasti per alcuni anni.

In seguito, fatto vescovo, non senza ragione, fosti prima Ausiliare e poi successore del Presule di Pittsburgh. Ma in modo particolare, e molto più a lungo, governasti come arcivescovo e Cardinale la Chiesa di Detroit, nonostante difficoltà non piccole dovute, per esempio, alla numerosissima popolazione, alla grande quantità e varietà di stranieri, ai pochi mezzi disponibili per l'azione pastorale e, specilamente, alla penuria di clero. E' anzi un onore per Te l'aver adempiuto i Tuoi doveri con forza e fermezza ed esserti giustamente accattivata tutta la stima del clero e, insieme, del popolo, oltreché degli operai delle fabbriche e dei dirigenti. E' poi senza dubbio lodevole la premura con la quale, mirando ad una maggiore utilità della Chiesa, facesti in modo che fosse promossa con tutte le forze la collaborazione dei vescovi della provincia e di tutta codesta regione.

Anche per questo il Tuo prestigio fu molto grande presso la Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, della quale sei stato il primo Presidente dopo il Concilio Vaticano II, a cui sappiamo bene con quanto giovamento hai preso parte.

E ora, anche se tralasciamo molte altre cose, dalle quali risulta che la Tua azione pastorale è stata messa in evidenza, preferiamo consigliarTi - dato che al presente non ricopri più la carica di Ordinario del luogo - do cuntinuare anche in futuro, mentre godi di un meritato riposo dalle fatiche apostoliche, a chiedere al benignissimo Pastore di tutti la perseveranza nella via della salvezza per quelle dilette comunità che, a te affidate, mantenesti salde.

Infine, considerando quanto Ti abbiamo scritto, rallegrati dell'imminente giubileo e di tutti i beni che, con ossequio ed affetto, Venerabile Fratello Nostro, Ti auguriamo, mentre preghiamo il divino Rimuneratore che ricompensi con larghissimi premi i Tuoi meriti dei quali pegno ed auspicio sia la Nostra Benedizione Apostolica, che impartiamo a te e a tutte le persone che Ti sono care.

Dai Palazzi Vaticani, il 20 novembre, anno 1982, quinto del Nostro Pontificato.


GIOVANNI PAOLO II [Traduzione dal latino]




1982-12-09 Data estesa: Giovedi 9 Dicembre 1982




Ai Vescovi della regione apostolica francese del centro-est in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La formazione nei seminari e l'apostolato nel mondo operaio

Testo:

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. E' per me una grande gioia poter alla fine ricevervi! Le vostre diocesi del Centro-Est hanno ciascuna la loro caratteristica, le loro ricchezze culturali e spirituali, il loro passato cristiano prestigioso. Ho anche notato nei vostri rapporti, diversi problemi umani e spirituali. Conosco il dinamismo e la speranza che vi animano, voi e i vostri diocesani, per mettere in opera le coraggiose iniziative e le metodiche necessarie, nei campi della missione interna ed esterna, dell'azione sociale, della catechesi, della teologia, dell'apostolato dei laici, dell'ecumenismo. Vi parlero solo di due preoccupazioni tra quelle che voi avete sottolineato come prioritarie e di cui ho parlato ancora molto poco con i vostri confratelli delle altre regioni: la formazione ministeriale al presbiterato nei Seminari, e l'apostolato nel mondo operaio.


2. Nella maggior parte dei miei incontri con i Vescovi francesi, ho percepito la gravità del problema che pone la considerevole diminuzione del numero dei seminaristi e dei sacerdoti da trent'anni a questa parte. Qui è là, recentemente, sembra confermarsi una certa ripresa, e io voglio condividere la vostra speranza.

Ma il problema rimane. La conseguenza più visibile è la chiusura o la riconversione di molte case e il loro raggruppamento in Seminari interdiocesani, a condizione, per ciascuno dei Vescovi interessati, di vegliare, con coerenza e autorità, sul funzionamento di queste istituzioni. Difficilmente potreste fare altrimenti. Un minimo di personale è infatti necessario se si vuole offrire ai candidati la possibilità di una buona formazione, e innanzitutto un numero sufficiente di professori e di animatori stabili e qualificati, scelti con cura. E i Seminari interdiocesani, ben organizzati, favoriscono all'inizio il superamento di particolarismi, l'ampliamento culturale, l'apertura missionaria.

Ma gli inconvenienti di questa necessaria riforma vi sono apparsi sempre più nettamente. Innanzitutto, nelle diocesi private del loro Seminario, la mancanza di questa istituzione ha avuto spesso effetti negativi per il risveglio e l'accoglienza delle vocazioni sacerdotali. E più ampiamente, talvolta è tutta la formazione teologica permanente che ne ha risentito. Avete constatato anche che, in molte case interdiocesane, la vita comunitaria e spirituale rischiava di perdere a poco a poco la sua consistenza. Ora, è importante che i Seminari siano dei luoghi di vera fraternità cristiana, di vera "koinonia", che si esprime e si afferma nella condivisione amichevole, l'ascolto vicendevole, l'attenzione comune alla Parola di Dio, la preghiera liturgica, l'ufficio e soprattutto la celebrazione dell'Eucaristia, sorgente e culmine di tutta la vita del Seminario come di tutta la vita apostolica. Molti giovani candidati al ministero presbiterale risentono e attendono che sia tenuto sempre più conto di questo bisogno di fraternità e di preghiera.


3. E' ugualmente necessario che le decisioni che avete preso adottando la "Ratio studiorum" nel 1978 siano ben applicate ovunque, sia nella loro lettera così come nel loro spirito. I programmi di studio, la loro durata, la ripartizione delle materie, il metodo d'insegnamento devono favorire una formazione intellettuale che sia insieme solida e viva, di cui i sacerdoti hanno bisogno oggi più che mai. Io qui non parlo in particolare di altri elementi o di esperienze che, svolte giudiziosamente e sotto il controllo dell'équipe di formazione, devono aiutare la maturazione umana autentica, e in particolare la preparazione pastorale al ministero sacerdotale. Voi ne siete ben convinti e sapete anche quanto questi aspetti devono integrarsi armoniosamente con l'approfondimento spirituale, filosofico e teologico che sono la ragion d'essere del Seminario. E precisamente, insisto su due punti che voi stessi avete sottolineato: la filosofia e la teologia. In un'epoca in cui la possibilità stessa di una metafisica è oggetto di contestazione radicale e in cui una specie di "sfumato" impressionista tende spesso a prendere il posto del rigore di un giusto pensiero, è necessario che i giovani che entrano in Seminario scoprano il più presto possibile - poi approfondendolo - ciò che legittima e condiziona lo sforzo intellettuale che sarà loro domandato nel tempo di sei anni e durante tutta la loro vita. L'approccio a Dio attraverso l'ontologia propriamente detta, centrata sull'intuizione dell'essere, nella prospettiva tomista, rimane insostituibile. Per la teologia, io sottolineo soltanto l'estrema importanza dell'atteggiamento insieme intellettuale e spirituale, totale, che condiziona ogni vera riflessione teologica, come ha ricordato con forza la costituzione "Dei Verbum". La teologia della Rivelazione, come insegna questo importante documento, che si indirizza agli esegeti cattolici, ai teologi e ai loro allievi (cfr. n. 23), è veramente fondamentale. Questo documento deve essere studiato seriamente per se stesso e rimanere come luce permanente per il resto degli studi.


4. E' in questa attenzione della fede alla Parola di Dio che si unifica in profondità tutto l'insegnamento e tutta la vita del Seminario. E ancora, come dicevo per il clima comunitario e la preghiera, se saranno compiuti nuovi progressi in questo senso, io credo che un numero più elevato di candidati - che sembrano in effetti numerosi - troverebbero nei vostri Seminari ciò che stanno cercando in altre istituzioni. Queste, sotto certi aspetti, possono sembrare loro più ferventi, o più rassicuranti, o di una novità più evangelica, benché non sempre abbiano uno stretto legame con le diocesi né con gli Istituti religiosi debitamente approvati e stiano vivendo le loro prove, o rimangano delle iniziative in ricerca. C'è anche il caso di coloro che sembrano voler fare a meno delle esigenze di una vita di Seminario, pensando di rimandare l'ordinazione sacerdotale dopo gli studi teologici fatti per conto proprio, come semplici studenti. Eppure, l'apprendistato della vita sacerdotale richiede la lunga esperienza, che abbiamo descritto, in un Seminario, così come la chiamata agli Ordini sacri richiede il giudizio dato dall'équipe educativa dei direttori, in nome del Vescovo. E piuttosto che lasciare che si creino molteplici fondazioni secondo i gusti di ciascuno, conviene rendere i vostri Seminari diocesani molto accoglienti nei confronti dei diversi temperamenti, dei diversi tipi di vocazione, e mantenervi sempre la formazione spirituale, teologica e pastorale all'altezza delle esigenze della Chiesa e delle aspirazioni della maggioranza dei giovani. I miei incoraggiamenti vanno a tutti coloro che lavorano in questo senso!


5. Affronto ora un soggetto pastorale del tutto diverso: l'evangelizzazione di coloro che, nel vostro paese, si sentono spesso lontani dalla Chiesa, e in particolare del mondo operaio.

Nella vostra regione, il mondo operaio rappresenta una realtà importante, nelle grandi città industriali, i bacini minerari, le dighe, le stazioni di turismo, in certe cittadine. Avete spesso, gli uni o gli altri, analizzato la questione operaia; io stesso l'ho affrontata a più riprese, nei paesi che ho visitato, e vi ho offerto una riflessione nell'enciclica "Laborem Exercens" sui problemi di fondo e sulla sorte concreta dei lavoratori, in particolare di quelli colpiti dalla disoccupazione (cfr. LE 7 LE 8 LE 18).

Per ciò che concerne l'evangelizzazione, da mezzo secolo a queste parte, secondo l'intuizione del Cardinale Cardijn e gli orientamenti di Pio XI, è stato proseguito, nella vostra regione come in tutta la Francia, uno sforzo perseverante per rendere la Chiesa presente nel mondo operaio e per permettere al mondo operaio di esprimersi nella Chiesa. Desiderate mantenere, tra l'altro, quel tipo di presenza missionaria che rappresenta l'"Azione cattolica" per i giovani e gli adulti del mondo operaio. Del resto, avete permesso che ai laici cristiani si affiancassero alcuni sacerdoti operai, secolari o regolari - che devono, nel loro difficile ministero, rimanere uniti ai Vescovi e al presbiterio - come anche alcune religiose. Siete anche preoccupati del risveglio e della formazione dei giovani operai che si orientano verso il ministero sacerdotale. E' da poco che, a Lourdes, avete avviato una riflessione nuova e, mi sembra, molto opportuna, sulla "missione nel mondo operaio".

Se è troppo presto per tirare delle conclusioni, non è forse già dimostrato che è stata aperta una breccia nel "muro di separazione" di cui parlava, per la Francia, il Cardinale Suhard, tra la Chiesa e il mondo operaio? Sono felice di rilevare con voi i segni, fragili ancora ma carichi di speranza, di una certa visibilità della Chiesa nel mondo operaio.

Del resto, non bisogna dimenticare che, in un Paese in cui il ventiquattro per cento della popolazione è battezzata e si dichiara cattolica, vi sono terreni di incontro tra la Chiesa e il mondo operaio, quando giovani e famiglie si rivolgono a delle istituzioni ecclesiali, in particolare alle parrocchie, in coincidenza con le grandi tappe della esistenza. Queste decisioni forse nascono spesso dalla religione popolare, di cui ho parlato in un altro contesto ai vostri confratelli della regione del Mezzogiorno; questo dice l'importanza di una pastorale catechetica e sacramentale che tenga conto della vita di queste persone e dei loro ambienti, senza dimenticare che noi riceviamo da Gesù Cristo, nella Chiesa, la Rivelazione e i sacramenti.


6. Voi desiderate giustamente che l'evangelizzazione giunga fino a "convertire nello stesso tempo la coscienza personale e collettiva degli uomini, l'attività nella quale essi sono impegnati, la vita e l'ambiente concreti che sono loro propri", come diceva l'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" (EN 18; cfr. anche EN 19). L'evangelizzazione esige dai suoi operai di essere solidali con gli uomini, in un dialogo con loro, e testimoni dell'Assoluto di Dio. Allora essi sono capaci di operare un discernimento evangelico affinché "i germi di bene" iscritti nel cuore e nel pensiero degli uomini siano accolti, purificati, elevati, portati a termine per la Gloria di Dio (cfr. LG 17). Sempre difficile, l'evangelizzazione lo è ad un titolo particolare nel mondo operaio, benché abbiate segnalato nel vostro rapporto regionale che altri ambienti sono oggi ancora meno recettivi del Messaggio evangelico, particolarmente il mondo universitario, coloro che sono occupati nella ricerca scientifica e tecnologica, il mondo della sanità e dei lavoratori sociali, o quello degli agenti della "cultura moderna".

Nel mondo operaio, i cristiani possono trovare appoggio nei valori umani autentici, come il senso della dignità dell'uomo, del lavoro, della solidarietà e della giustizia, della volontà di trasformare la società per renderla più fraterna e più accogliente nei confronti dei più svantaggiati. In Europa, questi valori umani sono stati introdotti nella civiltà dal cristianesimo, ma, nel mondo moderno, essi sono stati spesso scoperti al di fuori della Chiesa, senza di essa e talvolta contro di essa, per complesse ragioni, risalenti senza dubbio all'infedeltà di certi cristiani al Vangelo e anche al fatto che tra le influenze che hanno orientato il mondo operaio, e soprattutto il movimento operaio, le più determinanti sono state le correnti caratterizzate da ideologie atee, in particolare il marxismo. E' la domanda fondamentale che io ponevo a Saint-Denis: "Per quale motivo la lotta per la giustizia nel mondo è stata legata al programma di una radicale negazione di Dio?". E' sempre una sfida da accogliere.

Coloro che fanno opera di evangelizzazione sono dunque condotti, tra gli altri, a dialogare con coloro che condividono questa ideologia atea. Questo richiede un più grande sforzo di discernimento per accogliere le loro vere domande sulla giustizia, la condivisione, l'aspirazione ad un avvenire migliore, e anche individuare, fare notare ciò che, in questa ideologia, si oppone radicalmente, su punti essenziali, alla fede in Gesù Cristo, e alla concezione dell'uomo, della società e della storia, che a lui fa riferimento. Un tale dialogo in verità richiede dunque cristiani che siano fortemente radicati in questa fede in Gesù Cristo vero Dio e vero uomo e unico Salvatore, e di nutrirla nella preghiera e nei sacramenti, di ricevere dalla Tradizione vivente della Chiesa la Rivelazione che è insieme il Messaggio su Dio e il suo disegno di salvezza in Gesù Cristo e un messaggio sulla verità dell'uomo (cfr. GS 12-13 GS 24).

Cari fratelli, vi incoraggio ad esercitare pienamente la vostra responsabilità di Pastori. Come "maestri della verità". (cfr. "Discorso a Vescovi, a Puebla", I; 28 gennaio 1979: "Insegnamenti", II [1979] 190)), intensificate gli sforzi già fatti nei movimenti d'evangelizzazione del mondo operaio per la formazione biblica e dottrinale, per il risveglio spirituale grazie a ritiri e ad incontri. Come servitori della comunione ecclesiale, segni e costruttori dell'unità in Gesù Cristo, vegliate affinché l'evangelizzazione specifica del mondo operaio eviti l'ostacolo di una "Chiesa in classe operaia", ma permetta ai cristiani del mondo operaio e alle organizzazioni della Missione operaia di partecipare, con le loro ricchezze e nel rispetto delle rispettive differenze, alla Chiesa diocesana "legata al suo Pastore e da lui riunita nello Spirito Santo grazie al Vangelo e all'Eucaristia" (CD 11).


7. Su ciascuno di voi, su tutti gli operai apostolici che lavorano con voi nei diversi settori dell'evangelizzazione, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, invoco la luce e la forza dello Spirito Santo.

La mia benedizione si estende a tutto il Popolo di Dio che vi è affidato, ivi compreso i numerosi lavoratori immigrati che voi accogliete nelle vostre comunità cristiane. A questo proposito, mi avete portato la testimonianza di attaccamento dei miei compatrioti: io vi incarico di esprimere loro la mia gratitudine, il mio cordiale saluto e i miei incoraggiamenti a vivere nella fedeltà alla loro fede e nella fraternità.

Che Dio Onnipotente, che è Amore, vi benedica, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.




1982-12-10 Data estesa: Venerdi 10 Dicembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Appello ai responsabili