GPII 1983 Insegnamenti - A vescovi della Germania Federale in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

A vescovi della Germania Federale in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La nostra unità è in Cristo

Cari fratelli!


1. Nella lieta certezza della nostra profonda comunione quali membri del Collegio episcopale e della nostra intima unità in Cristo, l'unico vero "Buon Pastore" in mezzo al popolo di Dio, vi accolgo oggi al termine della vostra comune visita "ad limina" in Vaticano, luogo della perenne testimonianza di fede di san Pietro e del suo successore. Come in occasione della precedente visita di un altro gruppo di Vescovi tedeschi, saluto in voi tutta la Chiesa del vostro Paese, della cui vitalità e fede conservo profondo ricordo dal tempo della mia visita pastorale. Il mio saluto particolare va all'illustre signor Cardinale Joseph Höffner, da anni Presidente della Conferenza episcopale tedesca, per il quale impetro la luce e l'aiuto di Dio in occasione della sua recente rielezione. In questo momento ricordo con gratitudine anche il Vescovo Bernhard Stein, il precedente Pastore della diocesi di Trier, e anche il Vescovo di Münster, Heinrich Tenhumberg, immaturamente scomparso. Di cuore rivolgo il mio benvenuto ai due successori in occasione della loro prima visita "ad limina". Il nostro incontro fraterno è espressione e approfondimento della nostra unità collegiale nella comune responsabilità per la missione salvifica di Cristo nel nostro tempo. Ne possano nascere fruttuosi impulsi per l'opera pastorale nelle vostre diocesi e comunità.


2. La Chiesa cattolica nella Repubblica federale di Germania offre all'osservatore esterno l'immagine di una organizzazione ben ordinata ed efficiente, con svariate iniziative pastorali e sociali così come una grande disponibilità ad aiutare le Chiese locali meno ricche e uomini bisognosi di altri Paesi e Continenti. I dettagliati rapporti annuali delle opere e delle decisioni nel quadro della vostra Conferenza episcopale, testimoniano con quale alto senso di responsabilità la Chiesa nel vostro Paese partecipa ai gravi problemi della Nazione e della società e porta il suo specifico contributo alla loro soluzione. Riconoscimento e gratitudine merita il vostro contributo sempre generoso alle molteplici necessità della Santa Sede e della Chiesa mondiale così come gli intensi contatti che voi intrattenete con i fratelli e le Conferenze episcopali nelle Chiese del Terzo Mondo, mediante i quali voi incrementate efficacemente il reciproco scambio di esperienze e anche lo spirito di fraternità universale.

Tuttavia, come voi stessi avete sottolineato nei vostri colloqui con me, questa vita fortemente organizzativa della Chiesa del vostro Paese, non può far dimenticare la crisi religiosa che deriva a livello mondiale dal progressivo processo di secolarizzazione e dalla dimenticanza di Dio nella moderna società del consumo e pone di fronte a gravi difficoltà anche voi e i vostri sacerdoti nel quotidiano lavoro pastorale nelle vostre comunità. La diminuzione del numero dei fedeli che rispettano il precetto domenicale, l'aumento delle crisi nei matrimoni e nelle famiglie seguito da una crescita della percentuale delle separazioni, il declino della morale pubblica e il disprezzo dei fondamentali valori umani nello Stato e nella società sono i segni fin troppo evidenti di una scristianizzazione della vita umana e sociale che va pericolosamente via via estendendosi.

Questo rappresenta per la Chiesa una grossa sfida che essa potrà cogliere solo mediante una radicale riflessione sulla sua particolarissima missione salvifica. Si deve promuovere un profondo rinnovamento interiore della Chiesa grazie alla potenza dello Spirito divino e un'autentica nuova evangelizzazione nella chiamata di Cristo alla conversione e alla fede.


3. Non ci può essere rinnovamento spirituale se non nella penitenza e nella conversione. Cristo stesso ha iniziato l'annuncio della Buona Novella con un penetrante richiamo alla penitenza: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).

La Chiesa è oggi invitata in modo particolare ad ascoltare nuovamente questo richiamo del Signore stesso, a seguirlo ed annunciarlo agli uomini. Esso ha costituito il motto del vostro Katholikentag a Düsseldorf e verrà approfonditamente discusso e attualizzato nelle sessioni del prossimo Sinodo dei Vescovi. Il richiamo di Cristo alla penitenza deve divenire anche il punto centrale del rinnovamento pastorale nelle vostre diocesi e comunità.

Forse la penitenza e il sacramento della confessione non sono mai stati così in crisi come nel nostro tempo. La consapevolezza dell'uomo di essere peccatore, la disponibilità a chiamare per nome la sua colpa e la convinzione che solo Dio misericordioso può donare un nuovo inizio, sono oggi ampiamente oscurate o completamente scomparse. Nello stesso tempo l'uomo stesso che non sa più che cosa farsene della penitenza e della conversione, ha tuttavia dovuto, da un punto di vista del tutto diverso, fare esperienza in modo impressionante del limite. Il progresso moderno è entrato in un tempo in cui all'ebbrezza della sicurezza di sé è subentrata la paura dello sbandamento, della catastrofe, i limiti del progresso sono divenuti evidenti, si diffonde il disgusto per una cultura fondata unicamente sul possesso e sul consumo; nello stesso tempo si diffonde la paura di un esaurimento delle possibilità di vita sul nostro pianeta e di una autodistruzione della umanità attraverso la guerra. Le condizioni stesse del mondo gridano oggi all'uomo lo stesso appello alla coscienza che il Signore ha posto all'inizio della sua predicazione: convertitevi! Tuttavia questa concreta esperienza del limite non può sostituire l'invito personale di Cristo alla penitenza, sebbene gli può aprire la via. Chi percepisce solo l'invito alla conversione come esso si leva davanti alla grande minaccia attuale all'umanità, corre il pericolo di rimanere nella rassegnazione, nella paura, nella protesta contro la situazione esistente o in utopie ultimamente pericolose, senza cogliere il male dell'uomo alla sua radice. Affinché il mondo possa rinnovarsi, deve rinnovarsi l'uomo, e ciò può avvenire solo se egli è disposto ad accogliere seriamente e nella sua integralità il richiamo della Buona Novella, che Marco pone all'inizio della predicazione di Gesù: "Il tempo è compiuto, e il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo".

Convertitevi e credete!


4. In questa situazione voi avete, cari fratelli, una responsabilità tutta particolare. Una nuova riflessività è ovunque sbocciata, molti sono nuovamente alla ricerca di orientamenti, di aiuto e di indicazioni per il cammino. Spetta a noi, pastori e testimoni, rendere percettibile la voce di Dio agli uomini, affinché anche coloro che in un lungo e faticoso processo si sono allontanati dalla Chiesa, vivano il tempo della grazia e si avvicinino nuovamente al popolo di Dio pellegrino, che sotto la guida del Signore e nella preghiera trova la strada verso un futuro che solo lui può donare.

Essere annunciatori della conversione non è comodo. Anche se sono ancora molti coloro che riconoscono che la conversione è necessaria, noi non possiamo meravigliarci del fatto che molti abbiano paura di compiere i passi concreti che sono ad essa indispensabili. Vorrei confermarvi nel vostro difficile servizio ad essere richiamo alla conversione o a indicare poi alcuni cammini da intraprendere affinché si attui veramente la conversione e gli uomini si volgano e si aprano nuovamente a Dio.

Dobbiamo convertirci dall'anonimato alla Confessione. Non c'è conversione, se ciascuno non comincia da se stesso. L'uomo della società industriale di massa è tentato di nascondersi nell'anonimato della massa. D'altra parte egli vorrebbe tuttavia svincolarsi dall'esilio dell'anonimato; vorrebbe avere ancora un nome, avere e fare esperienza di un "io". C'è addirittura un culto del dialogo, dell'espressione di tutte le difficoltà, problemi e sensazioni.

Perché non troviamo nuovamente anche la via a quel dialogo che libera veramente? Al dialogo, nel quale io confido la mia debolezza, il mio fallimento a Dio onnipotente e ricevo da lui la promessa del perdono e di un nuovo inizio? Ovunque, dove gli uomini, anche i giovani, scoprono nuovamente il sacramento della Penitenza, è loro possibile l'accesso ad una nuova libertà. Non stancatevi di aprire agli uomini nuovi orizzonti, di offrire loro aiuto, di accompagnarli con cautela e coraggio sul loro cammino verso la penitenza e il sacramento della Confessione.

Dobbiamo convertirci dall'io al tu, al noi. L'uomo non può trovare se stesso se non incontra il tu e non si apre al prossimo. L'incapacità al legami personali, alla fiducia, al dire si, senza limitazioni e riserve, è in ultima analisi incapacità alla propria umanità. Conversione dall'io al tu significa conversione al legame e alla fiducia che superano anche le crisi e le difficoltà e si dimostrano nella famiglia e nel matrimonio, nella Chiesa e nella società, verso Dio e i fratelli. Ciascuno è responsabile dell'altro e del bene comune.

Indifferenza, insofferenza verso lo Stato e fatalismo sono in opposizione alla responsabilità cristiana nei confronti del mondo. Che grande tradizione hanno nel vostro Paese l'insegnamento sociale della Chiesa e il cattolicesimo sociale! Non lasciate inutilizzati gli spunti che ho indicato a questo proposito nella mia enciclica "Laborem Exercens". Dobbiamo passare dall'illusione alla responsabilità concreta, responsabilità innanzitutto verso Dio. Niente mi sarebbe più estraneo del desiderio di sottovalutare quell'idealismo che oggi attira tanti giovani. Ma deve essere un idealismo che dia dei frutti e che non si dissolva davanti alle prove e alla croce.

Raggiungere grandi mete, mediante passi piccoli e modesti: si tratta di questo. Aiutate, cari fratelli, soprattutto i giovani ad impegnare i loro ideali in una concreta responsabilità! C'è bisogno oggi dei grandi insegnamenti spirituali che provengono dalla diversità degli spiriti, dalla acquisizione e dalla prova della propria decisione di vita, di una spiritualità cristiana vissuta quotidianamente, affinché gli uomini divengano nuovamente capaci di dire un si deciso e integrale, mediante il quale essi, nella consapevolezza della propria responsabilità verso Dio e i fratelli, possano dimostrarsi veri cristiani nelle molteplici difficoltà e prove quotidiane.


5. Cari fratelli! "Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione!" (1Th 4,3), così san Paolo esorta i suoi fedeli. L'unica via ad una tale santificazione è quella della conversione e della penitenza, come Cristo e la Chiesa la stimano.

Perché nell'uomo si risvegli la giusta intuizione di ciò che è peccato, egli deve innanzitutto riconoscere la sua grande responsabilità davanti a Dio e di fronte ai suoi fratelli. E' in ciò necessaria una profonda educazione della coscienza. Senza riconoscimento del proprio peccato, non ci può essere confessione del peccato.

Adoperatevi insieme ai vostri sacerdoti nel condurre i fedeli ad un autentico sentimento del proprio peccato e fate in modo che il sacramento della Penitenza sia vissuto come segno efficace del perdono e ci si accosti ad esso di frequente.

Il nuovo ordinamento per l'amministrazione della Penitenza offre preziosi spunti e aiuti pastorali che vale la pena di utilizzare pienamente.

La Chiesa può annunciare in modo conveniente agli uomini l'appello di Cristo alla conversione e alla fede, come annuncio di salvezza, solo se essa stessa lo segue e lo vive in modo esemplare. Nel prossimo Sinodo dei Vescovi la Chiesa analizzerà scrupolosamente e delineerà il suo compito di annunciare il richiamo del Signore alla penitenza. Cercate di rendere fruttuosi i preziosi spunti e le esperienze del vostro Katholikentag di Düsseldorf per le concrete preoccupazioni pastorali delle vostre diocesi e comunità. L'Anno giubilare della Redenzione da me proclamato offre un'ulteriore occasione e grandi aiuti pastorali.

L'Anno giubilare sarà un invito alla penitenza e ad una fruttuosa accoglienza della grazia.


6. Mediante il serio impegno della Chiesa per il rinnovamento spirituale nella conversione e la penitenza, la necessità oggi così centrale e urgente dell'unità dei cristiani, acquisterà nuovo impulso. Vi rifletteremo in un modo particolare durante l'Ottavario di preghiera per l'unità dei cristiani. Non c'è, come sottolinea fermamente il Concilio Vaticano II, "ecumenismo vero senza conversione" (UR 7). Con gioia ho seguito l'iniziativa che avete intrapreso a conclusione della mia visita nel vostro Paese nell'ambito del comune lavoro ecumenico. Non lasciatevi scoraggiare dalle difficoltà che incontrate.

Proseguite il comune cammino con amore e apertura verso tutti, con chiarezza e coraggio verso la speranza alla quale l'aiuto promessoci da Cristo e la sua preghiera ci indirizzano.

Possa Dio accompagnarvi sempre con la sua luce e il suo aiuto, cari fratelli, nel vostro instancabile lavoro per le grandi necessità della Chiesa nel nostro tempo, per il rinnovamento spirituale della Chiesa e l'unità dei cristiani mediante la conversione e la penitenza. Egli ascolti la preghiera che noi gli rivolgiamo alla fine del nostro fraterno incontro con le parole della Liturgia: "Signore Dio nostro, ci siamo radunati nel nome di tuo Figlio e gridiamo a te: ...rendici disponibili al nostro compito in questo tempo e dacci la forza per adempierlo" (Orazione dell'ultima settimana dell'anno).

Questo imploro di cuore per voi, i vostri collaboratori e tutti i fedeli delle vostre diocesi con la mia benedizione apostolica.

Data: 1983-01-21 Data estesa: Venerdi 21 Gennaio 1983

All'Almo Collegio Capranica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Preparazione per la missione nella parrocchia e nella diocesi

Cari Cardinali, Venerati fratelli nell'Episcopato, Cari ex alunni e alunni dell'Almo Collegio Capranica.


1. Col più vivo affetto, accolgo oggi l'intera Famiglia capranicense, che nella festa della sua Patrona, sant'Agnese, ha voluto incontrarsi col successore di Pietro, per approfondire i motivi ideali della propria identità e unità, e suscitare così nel cuore di ciascuno rinnovati propositi di una testimonianza sacerdotale sempre più limpida, qualificata, gioiosa.

Desidero, anzitutto, dirigere il mio riconoscente saluto al Signor Cardinale Sebastiano Baggio, Presidente della Commissione episcopale del Collegio, le cui elevate parole ho ascoltato con particolare attenzione, mentre rivolgo a tutti voi il mio cordiale benvenuto, con particolare riguardo per i venerati Pastori che condividono più da vicino col Vicario di Cristo le responsabilità della Chiesa universale.


2. Sono diversi e segnalati i motivi che rendono più solenne, quest'anno, la vostra tradizionale festa di famiglia. Se da una parte è vostra intenzione restituire la mia visita del 21 gennaio 1980, avete in animo, dall'altra, di esprimere riconoscenza per la recente approvazione dei nuovi Statuti, avvenuta proprio nell'anno centenario della nascita di Monsignor Cesare Federici, che per quasi mezzo secolo ha svolto nel Collegio una responsabile opera formativa, da ogni parte tanto apprezzata, alla quale è coscientemente debitrice la maggior parte degli ex alunni. Il vostro solenne convegno odierno rinvia come ad unico riscontro, in questo secolo, a quello straordinario del 1957, in occasione dell'inaugurazione della restaurata sede del Collegio, incontro esaltato in maniera, insolita per quegli anni, dalla visita del mio grande predecessore Pio XII, vostro amato e venerato ex alunno.

A seguito del Concilio Vaticano II, si è aperto per il vostro Collegio un terzo periodo di storia, il quale, in continuità con i due precedenti che potremmo chiamare pre-tridentino e tridentino, intende incarnare, mediante l'ausilio normativo e pedagogico del nuovo Statuto, le istanze pastorali della Chiesa post-conciliare.

Lo Statuto pone in particolare risalto l'unità tra ex alunni ed alunni, i quali - come afferma l'articolo 28 - formano insieme "la Famiglia capranicense che, nel vincolo della fede e della carità, è animata da un medesimo spirito di amore alla Chiesa e di amicizia scambievole". All'intera Famiglia viene affidato dallo Statuto l'impegno di "procurare il maggior bene del Collegio" (art. 29).

Nell'indicare, poi, gli ex alunni, la nuova "magna charta" del vostro Istituto non ha presenti soltanto i Presuli e i Sacerdoti che rendono il loro benemerito servizio pastorale nella Curia e nella diocesi di Roma, nelle Chiese locali e nelle missioni; ma anche quanti hanno abbracciato lo stato religioso e i laici che hanno optato per l'impegno secolare nella famiglia e nella professione, offrendo spesso un encomiabile attestato di vita cristiana e di presenza ecclesiale.

E quindi all'intera Famiglia capranicense, così nobilmente articolata, che intendo rivolgere una parola di esortazione, affinché la tradizione di fraternità, sempre onorata nell'Almo Collegio, sia approfondita e resa ancor più esemplare da vincoli di comunione cristiana e sacerdotale.


3. Ogni vita cristiana è radicata in Dio Uno e Trino, che nell'Unità della natura e nella Trinità delle Persone è pienezza di comunione. Il Verbo Incarnato, mediante la Grazia, ci eleva alla partecipazione della vita divina, così che la comunione profonda della Santissima Trinità entra nelle nostre vite e diventa il modello esemplare e come la sorgente alimentatrice della comunione che deve stabilirsi tra gli uomini (cfr. "", III, 1 (1980), pp. 119 e 1398).

E' in virtù del Battesimo che questa comunione trinitaria viene partecipata agli uomini (cfr. 2P 1,4), entrando così nella loro storia, rendendosi visibile, come già in Gesù Capo del Corpo Mistico (1Co 1,9), in ciascun membro di esso (cfr. 1Co 12,12-27 Jn 15,1-17) e quindi nella comunità dei battezzati, nella Chiesa, città che si costruisce in terra e che ha già il suo fondamento in cielo. L'Ordine sacro, poi, costituisce una partecipazione unica alla missione sacerdotale, regale e profetica di Cristo, conferendo specifiche potestà sul suo Corpo Eucaristico e Mistico, per cui quanti ne sono stati investiti sono tra loro collegati da identici, reciproci rapporti di singolare fraternità con Cristo medesimo e fa se stessi.

Questi cenni di una dottrina largamente trattata nei Documenti conciliari e già approfondita nella memorabile lettera enciclica "Mistici Corporis" del Papa Pio XII, siano sufficienti per rianimare e perfezionare una vita di comunione seminaristica e sacerdotale, oggi ancor più attesa come segno di autenticità evangelica e come invito alla fede (Jn 17,21-23). Da queste poche linee maestre si possono trarre alcune conclusioni circa le essenziali esigenze e condizioni della vita in comunione: la quale, perché fondata in Dio è soprannaturale; perché fondata in Dio Trino è gerarchica.

Prima esigenza quindi della vita di comunione è la preghiera, mediante la quale entriamo in contatto con Dio, fonte di ogni desiderata ed implorata unità. Altra esigenza irrinunciabile è il rispetto della Verità rivelata, garantita dal Magistero ecclesiastico, perché se la carità, "vis unitiva", è il cemento dell'unità, la Verità ne è il fondamento. Senza l'unione delle menti in una comune visione della realtà e degli ideali, è destinato a fallire ogni slancio dei cuori. "Veritatem facientes in caritate" (Ep 4,15): così soltanto si realizza la comunione e in essa si cresce. Terza condizione necessaria è la pratica delle virtù mediante le quali soltanto si realizza l'esercizio della carità, e in particolare la pratica dell'ubbidienza, concreto riconoscimento di quell'ordine gerarchico sopra accennato; e dell'umiltà, senza la quale non può esistere l'amore.


4. Nella prospettiva così brevemente delineata si deve inquadrare la formazione del vostro Collegio, come di qualunque altro Seminario. La vita comunitaria, infatti, non è soltanto lo spazio entro il quale si realizza la formazione spirituale, intellettuale e pastorale dei candidati al Presbiterato, ma è l'anima e la forza vitale dello stesso metodo educativo. I singoli traguardi della formazione sarebbero raggiungibili probabilmente anche senza la vita in comune; essa, invece, è essenzialmente richiesta dal Concilio Vaticano II per la preparazione dei Presbiteri, in quanto devono compiere un periodo di esperienza di comunità-Chiesa, di "comunità ecclesiale educativa" - come si esprime il vostro Statuto (art. 3) - per essere in grado domani di suscitare e di animare, con responsabilità, comunità ecclesiali di ogni ordine e grado. La comunità del Collegio o del Seminario ha cioè il suo senso compiuto solo se è valido strumento educativo di più larga comunione ecclesiale.

Nel senso ora illustrato, il riconoscimento e l'ubbidienza all'autorità si manifestano necessari tanto quanto l'assunzione solidale e graduale di responsabilità da parte dei singoli membri, in vista della crescita della comunità stessa. così il rapporto personale, l'amicizia, l'esercizio del dialogo e della fraternità, non sono soltanto lodevoli comportamenti, ma dinamismi insopprimibili, esigenze vitali della comunione (cfr. "Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis", 1970, n. 24, e decreto OT 11). Secondo questi orientamenti opero Monsignor Federici, esimia figura di educatore.

Cari alunni del Collegio Capranica, vivete intensamente la vita di comunità, di fraternità, "di famiglia" - come si suol dire tra Capranicensi - nella consapevolezza dei motivi soprannaturali che la fondano e per prepararvi ad esercitare domani le vostre responsabilità sacerdotali.


5. Rivolgendomi ora agli ex alunni, intendo sottolineare brevemente che la formazione del Collegio è anzitutto indirizzata al futuro. La suddetta educazione comunitaria è finalizzata alla realizzazione della vita di comunità della parrocchia e della diocesi, attorno al proprio Vescovo, chiamato a fondare e a rappresentare anche visibilmente l'unità (cfr. PO 8).

Inoltre, frutto rilevante dell'educazione impartita da un Collegio, consapevole di essere comunità-Chiesa, è anche la vita di comunione fra gli ex alunni stessi, che pur non facendo parte di una medesima Chiesa locale, mantengono tra loro una viva colleganza, basata sulla stessa vocazione e su di un identico impegno di ministero, ed insieme un rapporto di affetto e di amicizia per un vicendevole sostegno.

Cari ex alunni, siate vicini sempre agli alunni del Collegio, per offrire loro l'aiuto della vostra maturità, il conforto di una esperienza già vissuta, proponendovi di "procurare il maggior bene del Collegio "anche in segno e attestato di fedele gratitudine.


6. Un altro elemento fondamentale che si inserisce nella tradizione formativa del Collegio Capranica e che ha rilievo nel nuovo Statuto è la "romanità", intesa come particolare spirito di comunione col successore di Pietro, Capo Visibile della Chiesa di Cristo, mediante unità di fede e di carità, le quali si traducono in atteggiamenti di convinta obbedienza e di docile disciplina. Non esiste comunione ecclesiale se non con questi requisiti.

E' vero che per ogni candidato all'Ordine Sacro non può mancare una formazione alla "romanità"; tuttavia, essa vive e fermenta in Roma con uno slancio irripetibile anche in virtù di una tradizione secolare propria del più antico Collegio ecclesiastico dell'Urbe. Non si tratta soltanto di riferirsi al Papa, come a punto di orientamento, punto sicuro a cui si guarda; ma anche come a punto da cui si guarda. L'alunno di un Istituto romano è sospinto ad aprirsi alle linee del discernimento proprio del servizio pastorale del Papa, fonte e base di unità per la Chiesa universale. In Roma le diversità della cattolicità convergono verso il suo baricentro e salvano la propria indistruttibile ricchezza nella luce vitale dell'unità garantita dalla Sede di Pietro.

Non si deve inoltre dimenticare che il Collegio Capranica è uno dei Seminari romani che "offre il suo servizio particolarmente alla diocesi di Roma", come è sottolineato nello Statuto ed è confermato dalla presenza del Cardinale Vicario, cui dirigo il mio cordiale pensiero. Cresca in voi, cari alunni, il vero amore al successore di Pietro, facendo vostro il suo sguardo universale e cattolico; continuino gli ex alunni a percorrere il cammino dei predecessori col senso di quella comunione ecclesiale che è romana. Maria santissima, immagine e Madre della Chiesa, animi e renda autentica la vostra vita di comunione nel Collegio e tra tutti i membri della Famiglia Capranicense, compresi i laici, per i quali imploro dal Signore una particolare assistenza, fonte di gioia per essi e per le loro famiglie.

All'intercessone di sant'Agnese, vergine-nartire romana, che ha protetto per secoli il Collegio, affido l'auspicio che il nuovo Statuto sia valido mezzo di una formazione esigente e aggiornata, a cui presiedono con l'impegno il Rettore e i suoi più vicini collaboratori.

A conferma della mia affettuosa benevolenza, imparto alla grande Famiglia Capranicense, con particolare menzione per i membri della Commissione episcopale, la mia benedizione apostolica.

Data: 1983-01-21 Data estesa: Venerdi 21 Gennaio 1983

Ai Vescovi d'Olanda in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La comunione nella fede segno del legame tra chiese particolari e Roma

Cari fratelli in Cristo.

Sono molto felice di accogliervi in occasione della vostra visita "ad limina". Voi - desidero sottolinearlo - siete tra i primi vescovi a compiere una simile visita in quest'anno 1983 che sarà segnato da due avvenimenti che riguardano la Chiesa universale, cioè l'Anno Santo e il Sinodo dei vescovi. Questi due avvenimenti sono del resto convergenti: il primo vuol ricordare e far vivere più profondamente il Mistero della Redenzione, il secondo ha come fine quello di esaminare più a fondo a livello della riflessione e della vita concreta "la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa". La Redenzione, la riconciliazione, la penitenza, la conversione sono altrettante questioni vitali per l'intera Chiesa come pure per questa parte del popolo di Dio che vive nei Paesi Bassi.

La vostra visita "ad limina" ha luogo ogni cinque anni. Ma il principale avvenimento che ha caratterizzato la vita della Chiesa nei Paesi Bassi in questo recente periodo è certamente stato il Sinodo particolare dei vescovi, realizzato tre anni fa. Esso rimane un punto costante di riferimento per un rinnovamento della vita ecclesiale nel vostro Paese. Avete certamente conservato il ricordo commovente e solenne della celebrazione della chiusura nella cappella Sistina sotto lo sguardo del Cristo dipinto da Michelangelo, e la memoria del momento in cui vi siete impegnati nel segreto dei vostri cuori, sottoscrivendo tutti le conclusioni che costituiscono un vero programma di vita e di azione pastorale, quando ero in mezzo a voi per confermarle. Vi ricordate ancora che ci eravamo proposti come fine di questo Sinodo particolare "una chiara manifestazione della comunione ecclesiale". Ora, questa comunione suppone una continua conversione a Cristo, e da parte di tutti. E' per questo che avete ricordato nel corso delle riunioni sinodali le parole del Concilio Vaticano II: "La Chiesa è santa e insieme bisognosa di purificazione, non tralascia mai di far penitenza e di rinnovarsi" (LG 8). Queste parole, sempre di attualità, lo sono più che mai in questo Anno Santo.

Durante questo Sinodo, abbiamo veramente vissuto una profonda esperienza di comunione. E, in seguito, abbiamo rinnovato questo spirito durante le vostre visite occasionali e le riunioni periodiche del Consiglio del Sinodo particolare.

Specialmente durante la vostra odierna visita "ad limina", voi mi avete dato, a me e ai mei collaboratori, la possibilità di partecipare alle vostre gioie e alle vostre sofferenze, alle vostre speranze e alle vostre difficoltà nel lavoro intrapreso in vista della comunione e del rinnovamento, che esigono necessariamente una disponibilità senza riserve alla riconciliazione e alla penitenza, così come il coraggio di accettare il mistero della croce per giungere alla risurrezione. Nei vostri incontri con i miei collaboratori, avete approfondito alcuni importanti temi.

Ora, vorrei riflettere con voi su alcuni aspetti del rinnovamento della vita ecclesiale nell'ottica del Sinodo, della comunione con la Chiesa universale e della comunione con la Sede di Pietro. Questo Sinodo è infatti la via che la Chiesa nei Paesi Bassi deve seguire, perché è l'autentica applicazione del Concilio Vaticano II, e dunque il cammino del vero rinnovamento.


1. Siete vescovi, cioè pastori dei discepoli di Cristo, che vivono e lavorano nelle diocesi olandesi, in unità con le altre comunità cattoliche disseminate nel mondo. E' così che la Chiesa si comportava al tempo degli Apostoli. Gli Atti degli Apostoli ci aiutano ad identificare i discepoli di Cristo, grazie ad alcune caratteristiche, la prima delle quali è "che essi si mostrino assidui all'insegnamento degli Apostoli" (Ac 2,42).

La comunione nella fede significava per gli Apostoli avere la missione di annunciare la Parola e di insegnare, e per i discepoli significava essere fedeli a questo insegnamento. Oggi, questa comunione è ugualmente fondamentale, ed implica per tutti la fedeltà all'insegnamento di Cristo e degli Apostoli, e per voi pastori, la responsabilità di "predicare Cristo, e Cristo crocifisso" (1Co 1,23). Essa richiede che Cristo sia presentato integralmente come "vero Dio, nato dal Dio vero... e che, per noi uomini, si è fatto uomo"; che sia presentato anche con tutte le sue esigenze, talvolta radicali, ma sempre in vista del bene dell'uomo. Questo comporta per voi, pastori, l'obbligo di aiutare i vostri fedeli a ben comprendere a quali fonti attingere sana dottrina, di organizzare e di guidare il cammino della catechesi, specialmente per i giovani. E' una cosa del resto che anche voi avete previsto durante il Sinodo (cfr. Conclusioni, 43-45) e gli consacrate un'accresciuta attenzione. E in diversi modi, confermate ancora il vostro desiderio "di esercitare personalmente il ruolo di dottori della fede" (Conclusioni, 45), perché ciascun vescovo ha coscienza di essere responsabile di ciò che è insegnato in nome della Chiesa a causa dell'impegno di insegnare che lui stesso ha affidato ad altri.

La comunione nella fede garantisce i legami di una Chiesa particolare con le altre e con la Chiesa di Roma, come anche garantisce una vera apertura cattolica, che permette di evitare ogni tipo di isolamento.


2. I credenti erano ugualmente fedeli alla frazione del pane e alle preghiere (Ac 2,42). La vita della fede si manifesta soprattutto con la partecipazione alla vita liturgica e sacramentale, come anche attraverso una vita di preghiera costante. E' per questo che ogni istituzione di Chiesa deve avere a cuore di dare molto vigore a questa vita, per evitare il pericolo di diventare una struttura burocratica. Gli uomini hanno sete del Dio vivo e vero, del contatto personale e comunitario con lui che è Verità e Vita.

Mi fa felice il pensiero che, anche nel vostro paese, la ricerca personale di Dio sta conoscendo un nuovo slancio. Fate in modo di essere presenti a queste aspirazioni degli spiriti e dei cuori, per comprenderle, sollecitarle e guidarle.

Per quanto riguarda le espressioni liturgiche, sacramentali e comunitarie, voi vi siete riferiti ai documenti conciliari durante il Sinodo particolare, e, a giusto titolo, avete messo in rilievo il fatto che i sacramenti sono affidati alla Chiesa che, nel rispetto dei misteri divini, ne regola l'amministrazione; ugualmente, avete nettamente messo in risalto che la liturgia è un bene comune a tutta la Chiesa, e che di conseguenza essa deve essere celebrata in modo ordinato e "in piena conformità con i libri ufficiali, rinnovati secondo lo spirito del Vaticano II, facendo uso delle larghe possibilità di adattamento previste in questi stessi libri" (Conclusioni, 40).

In questo momento state seguendo con molta attenzione la pubblicazione dei libri liturgici in lingua olandese, come avete già fatto per la pubblicazione del messale romano che è un altro mezzo di comunione nella fede con le Chiese particolari del mondo intero. Non bisogna stupirsi se la Chiesa ha molto a cuore che la celebrazione dell'Eucarestia sia guidata da un tale mezzo. Questo è garante della fede cattolica autentica e portatore di ricchezze spirituali proprie del "Mistero della fede". L'Eucarestia è infatti "fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione" (PO 5), ed è attorno ad essa, celebrata dal vescovo o da ogni sacerdote canonicamente abilitato, che si costruisce la Chiesa (cfr. LG 17 LG 26).

3. Questa riflessione sull'Eucaristia ci conduce naturalmente ad una considerazione sul sacerdozio. La distinzione teologica tra il sacerdozio ministeriale o sacramentale e il sacerdozio comune a tutti i fedeli trova un'applicazione immediata a proposito della celebrazione dell'Eucaristia.

L'insegnamento perenne della Chiesa riguardo al ministero dell'Eucaristia e nuovamente ricordato dal Concilio Vaticano II nella costituzione dogmatica sulla Chiesa (n. 10) è chiaro: "Il sacerdote ministeriale con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo". Non c'è Chiesa senza Eucaristia, e non c'è Eucaristia senza sacerdote. Come potrebbe esistere una Chiesa senza il sacerdote ordinato? Durante le assemblee del Sinodo del gennaio 1980, così come nel corso dei tre anni successivi, i sacerdoti erano e rimangono, a giusto titolo, al centro delle vostre preoccupazioni, particolarmente il loro ministero, la loro vita spirituale, le nuove vocazioni sacerdotali e la formazione dei futuri sacerdoti.

Ci sono dei segni evidenti della vostra sollecitudine in questo campo, per esempio la lettera sul sacerdozio ministeriale, intitolata "Servitori nella comunità di Dio" che il Cardinale Johannes Willebrands ha pubblicato in qualità di Presidente della vostra Conferenza; la lettera pastorale di Quaresima che il Cardinale ha ugualmente fatto pubblicare nel 1982 sul problema delle "vocazioni sacerdotali".

Vi sono altri sforzi concreti che state mettendo in atto per suscitare e preparare i futuri sacerdoti. Il sacerdozio ministeriale è infatti un dono dello Spirito Santo alla Chiesa e all'umanità.

Quando, nella già ricordata lettera sul sacerdozio ministeriale, viene affermato che senza l'ordinazione sacramentale mediante il vescovo, non c'è vero ministero sacerdotale, non si fa altro che richiamare l'autentica dottrina cattolica. "E' questo (il dono dello Spirito) che noi abbiamo ricevuto dal Signore attraverso gli Apostoli. Non abbiamo qui alternativa".


4. Se il Signore ha voluto nella Chiesa il ministero sacerdotale con le caratteristiche di cui abbiamo parlato, egli stesso darà alla comunità dei suoi fedeli i sacerdoti necessari per insegnare la fede e per amministrare i sacramenti, specialmente per celebrare l'Eucaristia e per essere i ministri del suo perdono. Nel corso del Sinodo particolare, avete espresso la speranza di trovare sacerdoti in numero sufficiente, e la vostra fiducia nel Padrone della messe. Ma bisogna pregare molto, secondo la parola di Cristo: "Pregate dunque il Padrone della messe perché mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2 Mt 9,38). A questo proposito, permettetemi di indirizzarvi un ardente appello, a voi carissimi fratelli, ma anche ai vostri sacerdoti e ai vostri fedeli, affinché nelle comunità cristiane e nelle famiglie, la preghiera che otterrà dal Signore questa moltiplicazione di giovani desiderosi di consacrarsi totalmente al servizio del Signore divenga più frequente e più fervente. Inoltre, è importante che non sia trascurato niente per creare e favorire le condizioni psicologiche, spirituali e ambientali, nelle quali i germi di vocazioni - che Cristo non manca mai di offrire alla sua Chiesa - possano svilupparsi in maniera adeguata e giungere alla loro maturità. La fedeltà a Cristo ci impegna tutti. Avete del resto espresso "la volontà di essere aiutati da un clero celibe e di reclutare aspiranti ad una tale vocazione" (Conclusioni, 25; cfr. 21).

Altre Chiese locali che hanno conosciuto similmente una crisi di vocazioni stanno per uscirne. La Chiesa intera e il Papa condividono la vostra speranza e sostengono con la preghiera gli impegni che voi compite in questo campo assolutamente essenziale e sono ugualmente convinti, con voi, che la formazione dei candidati al sacerdozio deve essere non solamente intellettuale, ma anche spirituale e pastorale. Tutto questo è precisato nei documenti del Concilio Vaticano II, ivi compresa la certezza che una tale formazione non può essere assicurata che in veri seminari (cfr. Conclusioni, 26).


5. Nel corso del Sinodo particolare, siete stati vivamente coscienti che i laici hanno un importante ruolo nei diversi compiti della pastorale della Chiesa. Non è necessario ricordare le prospettive aperte dal Vaticano II, in particolar modo nel decreto sull'apostolato dei laici. Dobbiamo apprezzare molto gli sforzi dei laici per rendere la Chiesa presente in un mondo sempre più secolarizzato, e la loro partecipazione attiva alla vita della Chiesa. Parlando precisamente della Chiesa, l'Apostolo Paolo si serve del paragone del corpo umano, nel quale tutte le membra hanno una funzione e ciascuno la sua in particolare (cfr. 1Co 12,12-27). Nel corpo vivo che è la Chiesa, i vescovi hanno la funzione di mantenere l'unità e la comunione vitale dell'organismo intero vegliando affinché l'azione di ciascun membro corrisponda alla sua vocazione specifica. Il bene generale esige che le funzioni proprie ai laici non siano compiute dal clero e che il ruolo ministeriale del sacerdote non sia assolto dai laici.

Permettetemi, carissimi fratelli, di concludere questo incontro con un appello al quale mi sento spinto misurando gli sforzi già compiuti e pensando anche alle nuove energie che i vescovi nominati un anno fa non mancheranno di apportare. Di tutto cuore, io vi esorto a mantenere il coraggio della fede e dell'azione, per proseguire il cammino di rinnovamento tracciato nella sala del Sinodo che, in certi momenti, somigliava al Cenacolo della Pentecoste.

La strada non è facile, ma la Chiesa del vostro paese è ancora ricca di forze vive. La vostra terra ha dato, anche nel nostro tempo, esempi luminosi di impegno per il Cristo. Sia sufficiente ricordare le figure del beato Padre Donders e dell'ammirevole carmelitano, il Padre Titus Brandsma. Le capacità di impegno coraggioso delle vostre diocesi, sostenute e ben guidate da voi pastori, supereranno a poco a poco gli ostacoli e saranno in grado di provocare un vero slancio spirituale. Mi rimetto a voi ripetendo ciò che ho già detto molte volte: "Aprite le porte al Redentore!".

Con la mia affettuosa benedizione.

Data: 1983-01-22 Data estesa: Sabato 22 Gennaio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - A vescovi della Germania Federale in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)