GPII 1983 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cattolici, Ortodossi e Protestanti uniti nella preghiera

"Noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo Corpo" (1Co 12,13).


1. Queste parole di san Paolo Apostolo ai cristiani di Corinto, tratte dalla liturgia della odierna domenica, ci fanno riflettere sulla misteriosa realtà della Chiesa, la quale non è una società sorta per iniziativa degli uomini, ma la manifestazione vivente del Cristo, il quale associa a sé tutti i battezzati fino a formare con loro un unico, mistico Corpo, animato dallo Spirito Santo.

Nella temperie spirituale di questi giorni, dedicati alla promozione della grande causa dell'unità dei cristiani, questa affermazione paolina torna stimolante per quanti: cattolici, ortodossi e protestanti sono uniti nella comune invocazione all'unico Signore "Gesù Cristo, vita del mondo". Questo motivo conduttore dell'ottavario stimoli gli animi ad una vita vissuta in unione e in comunione con gli altri, a somiglianza di quella misteriosa e profonda comunione che esiste tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, così da offrire un efficace contributo spirituale a questa annuale iniziativa interconfessionale destinata a migliorare ulteriormente l'intesa ecumenica.


2. A chiusura di questa settimana di speciali preghiere, mi rechero, il 25 gennaio prossimo, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per pregare sulla Tomba di colui che spese tutta la sua vita, fino al sangue, per la diffusione della fede cristiana tra numerose comunità dell'oriente e dell'occidente, e per la formazione dell'unica Chiesa.

Nel corso di tale liturgia, sarà elevata agli onori degli altari la Serva di Dio Maria Gabriella Sagheddu, la quale, nel silenzio orante della Trappa di Grottaferrata, offri la propria vita per impetrare dal Signore il dono della piena unità tra i cristiani, L'esempio e l'intercessione di questa religiosa che senti profonda sofferenza per lo scandalo della divisione tra i cristiani, saranno certamente di sprone al raggiungimento di questo sospirato traguardo.


3. Il mio pensiero si volge ora ai fratelli e alle sorelle della Chiesa cattolica nella Confederazione elvetica, ricordando che, nello scorso mese di giugno, ho avuto l'opportunità di visitare, seppure fugacemente, la città di Ginevra. Nel successivo mese di luglio ho avuto pure la gioia di incontrarmi con i Vescovi della nobile Nazione, venuti a Roma in visita "ad limina". Tale incontro è stato un momento importante per la vita e per l'attività pastorale di quella Comunità ecclesiale, che rappresenta il 50 per cento dell'intera popolazione. La Chiesa cattolica infatti conta oltre 2.500 sacerdoti diocesani, circa 1.800 religiosi e più di 10.000 religiose professe. Anche il funzionamento delle scuole cattoliche, con circa 6.000 studenti, come pure le numerose istituzioni di beneficenza e di assistenza, gestite da enti ecclesiastici, fanno ben sperare per il futuro.

Nell'attesa di poter compiere la già programmata visita pastorale a quei fedeli, vi invito ad affidare alla materna intercessione della santissima Vergine Maria, colà tanto venerata nel Santuario di Einsiedeln, tutte le intenzioni che stanno a cuore alle care popolazioni della nazione svizzera.

Avari gruppi italiani Uno speciale saluto meritano oggi i ragazzi delle parrocchie di Roma che sono venuti a recitare l'Angelus col Papa, per concludere così il mese dedicato alla causa della pace. Carissimi, nel corso di queste settimane voi avete riflettuto su quella meravigliosa e tanto insidiata realtà che è la pace, ne avete cercato le tracce in voi stessi e negli altri, vi siete impegnati a favorirne la crescita fra di voi e negli ambienti che frequentate. Bravi! Adesso è necessario continuare, perché la pace ha bisogno di essere difesa ogni giorno. Volete una consegna? Eccovela: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male" (Rm 12,21). Sono parole che l'Apostolo Paolo scrisse agli abitanti di Roma tanti anni fa. Le ridice per voi, ragazzi e ragazze della Roma di oggi. Stampatevele nel cuore e fatene la norma della vostra vita. Sarete autentici costruttori di quella pace che il mondo cerca e non sa trovare. Benedico voi, i vostri educatori e tutti i vostri cari.

Un cordiale benvenuto rivolgo ora al gruppo di religiose che hanno partecipato al Convegno organizzato dall'Unione Superiori Maggiori sul tema: "Famiglie e religiose oggi in Italia".Carissime sorelle, auguro di cuore che le vostre riflessioni di questi giorni costituiscano un provvidenziale momento, che richiami l'attenzione di tutte le famiglie nel privilegiare la divina vocazione alla vita consacrata tra le scelte fondamentali dell'umana esistenza per i beni che ne derivano alla società. Con la mia benedizione apostolica.

Porgo inoltre il mio affettuoso saluto ai rappresentanti dei Cine-circoli culturali che hanno preso parte all'assemblea nazionale elettiva per discutere la "proposta culturale". Anche per voi, esprimo il fervido auspicio che la presente iniziativa contribuisca alla difesa dei valori evangelici e sia di stimolo altresi per una generosa testimonianza cristiana. Vi accompagni nel vostro lavoro la mia benedizione apostolica.

Data: 1983-01-23 Data estesa: Domenica 23 Gennaio 1983

Nella parrocchia di Santa Maria Regina Pacis - Roma

Titolo: La vocazione di parrocchiani è servizio al corpo mistico di Cristo




1. Cari fratelli e sorelle della parrocchia di Santa Maria Regina Pacis! Le letture dell'odierna liturgia domenicale ci invitano a dedicare la nostra meditazione innanzitutto al tema della Chiesa come corpo di Cristo. Su questo tema si pronuncia ampiamente san Paolo nella prima Lettera al Corinzi. Per spiegare il legame che c'è tra Cristo e la Chiesa, egli si serve dell'analogia del corpo.

"Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra, e tutte le membra, pur essendo molte sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo Corpo... e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito" (1Co 12,12-13).

La Chiesa è il Corpo di Cristo. E' il suo Corpo Mistico, perché in esso opera lo Spirito Santo. Rgli fa si che gli uomini - pur essendo diversi per età, lingua, nazione e razza - abbiano in Gesù Cristo una sola Vita.

Come nell'uomo una sola anima fa si che molte membra e cellule dell'organismo vengano animate da un'unica vita, così analogamente avviene nella Chiesa: uomini diversi, ma animati da un solo Spirito di Dio, costituiscono, in Cristo, un solo Corpo.


2. Le parole della prima Lettera ai Corinzi ci invitano a guardare la Chiesa con gli occhi della fede. così dobbiamo guardare tutti la Chiesa nel suo raggio universale, e così dobbiamo pure guardare quella parte della Chiesa, alla quale noi apparteniamo direttamente. Voi appartenete, cari fratelli e sorelle, alla parrocchia di Santa Maria Regina Pacis, che è una delle trecentocinque parrocchie della Chiesa di Roma.

Mediante la parrocchia, e poi mediante la diocesi, voi appartenete alla Chiesa universale. Costituite, come Chiesa, il Corpo di Cristo. Non solo siete i membri di un determinato organismo che si chiama "Chiesa cattolica", ma, dal momento del Santo Battesimo, siete organicamente legati a Cristo. Dato che siete stati "battezzati in un solo Spirito" e che vi siete "abbeverati a un solo Spirito" siete membra di un solo Corpo. Questo Corpo è la Chiesa: Corpo Mistico di Cristo.


3. In questa Chiesa ognuno compie la sua funzione, così come compiono la propria funzione le membra - e le cellule - nel corpo umano. La funzione di ogni membro e di ogni cellula - come si esprime allegoricamente san Paolo - è armonicamente inserita nell'organismo dell'uomo. In questo organismo essa è necessaria e irripetibile.

Seguendo questa analogia, l'Apostolo cita diverse funzioni, che già nella Chiesa primitiva si distinguevano nettamente, contribuendo in pari tempo alla vita dell'insieme. Queste funzioni sono legate a diversi doni, cioè ai carismi.

San Paolo cita: "apostoli, profeti, maestri", poi "vengono i miracoli, poi i doni di far guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue" (1Co 12,28).

Nella vostra parrocchia incontriamo i pastori delle anime, i religiosi e le religiose, i laici e, tra di loro, persone che si dedicano all'apostolato più vario. Vi sono dei catechisti, membri di diverse associazioni, coloro che appartengono al consiglio pastorale, persone che si dedicano al servizio caritativo, partecipanti ai vari movimenti apostolici tra gli anziani e tra i giovani, membri del servizio liturgico, lettori, cantori, ecc.

E, allo stesso tempo, ogni parrocchiano e ogni parrocchiana vive in un certo stato civile ed esercita una certa professione. Siete mariti, mogli, vedove, fidanzati; ma siete pure maestri o studenti, medici, giuristi, lavorate nel commercio oppure negli uffici. Tutto ciò non è senza legame con la vostra vocazione ecclesiale, in virtù della quale compite la vostra parte di bene nel Corpo di Cristo.


4. Questa meditazione sul Corpo mistico di Cristo è quanto mai consolante e corroborante. Io ne esperimento i benefici effetti ogni qualvolta mi incontro con gruppi di fedeli o con intere comunità parrocchiali, come avviene oggi qui a Monteverde Vecchio. Come già nelle visite in altre parrocchie, anche oggi sento una grande gioia di trovarmi in mezzo a voi e di riannodare più saldamente quei vincoli ecclesiali che fanno di noi un solo corpo e un solo spirito. Con questo animo vi saluto tutti, e tutti benedico nel nome del Signore. Saluto in particolare il Cardinale vicario, il Vescovo ausiliare del Settore Ovest, lo zelante Parroco, Padre Luigi Emiliani, i suoi collaboratori e tutti i Canonici regolari dell'Immacolata Concezione, ai quali è stata affidata la responsabilità della cura pastorale di questa parrocchia, che con questa mia visita conclude le celebrazioni per il 50° della sua erezione, avvenuta precisamente il 25 marzo del 1932.

Il mio pensiero va anche alle numerose Comunità religiose maschili e femminili e ai diversi Istituti secolari dimoranti in zona e impegnati, a vario modo, nell'animazione cristiana. Saluto cordialmente tutte le forze vive che operano nell'ambito delle strutture parrocchiali: l'Azione cattolica, il Consiglio pastorale, l'Apostolato della preghiera, l'Opera di Santa Monica, le Lampade viventi, il Gruppo giovani, il Servizio sociale, il Centro adulti, il Gruppo di spiritualità per le vedove, i Gruppi scouts e il Gruppo Acli. Nel sottolineare l'importanza della catechesi ai vari livelli e nei vari momenti della vita sacramentale della Comunità, desidero esprimere una parola di plauso e di incoraggiamento a quanti si dedicano ad essa con generosità e competenza.

Ma tutti, cari parrocchiani di Santa Maria Regina Pacis, avete un posto nel mio cuore e a tutti, vicini e lontani, assicuro il ricordo nella preghiera perché il Signore vi assista nella vostra vita familiare e professionale, e faccia sempre maggiormente della vostra parrocchia un'autentica Comunità cristiana, che viva a fondo il Vangelo e ne esprima le esigenze di unità e di amore, soprattutto in questi giorni dell'ottavario di preghiere per la riunificazione dei cristiani.


5. Ed ora ancora una cosa.

La prima lettura, tratta dal libro di Neemia, ci ricorda con quale venerazione il Popolo di Dio dell'Antico Testamento ascoltava le parole della Sacra Scrittura, lette dal sacerdote Esdra nel giorno "consacrato a Dio": "Esdra apri il libro in presenza di tutto il popolo..., come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzo in piedi, Esdra benedisse il Signore Dio grande e tutto il popolo rispose: Amen, amen!" (Ne 9,5-6).

Il Vangelo di san Luca ci riporta l'episodio di Gesù, che all'inizio della sua attività messianica legge, nella sinagoga di Nazaret, dal libro del profeta Isaia un brano, che si riferiva proprio a lui! Sia ciò per noi una indicazione di come dobbiamo leggere la Parola Divina, con quale predisposizione dobbiamo ascoltarla e come la dobbiamo applicare a noi stessi.

"Le tue parole, Signore, sono spirito e vita" (cfr. Jn 6,63). Se le accogliamo con cuore disposto a che esse diventino la vita delle nostre anime, allora si compirà in noi ciò che con tanto entusiasmo esprime il Salmo dell'odierna Liturgia: "La legge del Signore è perfetta, / rinfranca l'anima; / la testimonianza del Signore è verace, / rende saggio il semplice. / Gli ordini del Signore sono giusti, / fanno gioire il cuore; / i comandi del Signore sono limpidi, / danno luce agli occhi" ().

Che sia così, cari fratelli e sorelle, in ognuno di noi. Che l'ascolto della Parola di Dio faccia gioire il nostro cuore e guidi la nostra condotta nell'Anno del Signore 1983 e per tutta la nostra vita Amen!

Data: 1983-01-23 Data estesa: Domenica 23 Gennaio 1983

Ai Sacerdoti Operai Diocesani - Nel primo secolo dalla fondazione


Ai cari Sacerdoti Operai Diocesani.

In occasione del primo centenario di vita del vostro Istituto, mi è sommamente grato dirigervi questo messaggio col fine di aumentare la vostra gioia interiore, della quale chiedo di farmi partecipe, e insieme inviare un affettuoso saluto di pace e di benevolenza nel Signore.

Il mio sincero desiderio è anche di essere spiritualmente unito al canto di lode che elevate a Dio dal profondo del cuore, dove sicuramente si fa sempre più intensa e percettibile la sua continua presenza che vi chiama e conferisce la sua grazia, a ciascuno in particolare e a tutti, a misura del dono di Cristo (cfr. Ep 4,7). Aiuto di Dio e dono di suo Figlio che senza dubbio furono dispensati con abbondanza al vostro amato fondatore, il venerabile Don Manuel Domingo y Sol perché fosse in seno alla Chiesa germe di una nuova famiglia di sacerdoti, profondamente penetrati di spirito evangelico e votati con incondizionato slancio al servizio degli uomini nei diversi e vari campi di apostolato.

Rimanendo fedele alla chiamata di Cristo e docile alle indicazioni dello Spirito, Don Manuel seppe non solo indicare norme adeguate per conseguire la perfezione attraverso l'ascesi personale, ma anche dare con la sua condotta esemplare e i suoi scritti la chiave mediante la quale configurare realmente l'esistenza sacerdotale a misura del dono di Cristo. Nonostante che gli anni che seguirono l'alba del vostro Istituto non fossero esenti da forti tensioni in ampi settori della società spagnola, Don Manuel trovo la serenità, confortatrice nella meditazione assidua della parola divina e nel dialogo, tradotto in vita personale, con Cristo che si offre e si sacrifica per gli uomini nell'Eucaristia.

Alla luce di questa frequenza di rapporto e, di esperienza quotidiana con il cuore del Redentore, continua, mantenendo ancora oggi originalità e identità propria, l'iniziativa di dar vita ad una Congregazione i cui adepti apostolici si impegnino precisamente nell'aiuto e nella formazione delle vocazioni sacerdotali, vale a dire, degli eletti nella Chiesa per annunciare il Vangelo e celebrare l'Eucaristia; "La formazione del clero - lascio scritto il vostro fondatore - possiamo dire che è la chiave della raccolta in tutti i campi della gloria di Dio" ("Escritos" I, "Predicacion", 50.52).

La Congregazione ha seguito queste tracce, considerando primaria la dedizione al sostegno e alla cura di candidati al sacerdozio. Sotto l'impulso del Concilio Vaticano II, ha esteso la sua azione al campo delle vocazioni laicali e, infine, si è aperta alla formazione dei giovani e all'apostolato familiare, soprattutto in terre d'America, e ha condotto la realizzazione del suo carisma nelle terre africane.

In questa epoca, nella quale si lamenta una scarsezza di vocazioni, il venerabile Domingo y Sol è un esempio per tutti i suoi figli, che come lui debbono trovare nel compimento della vocazione la gioia e la corona di perfezione.

Amatissimi sacerdoti: la celebrazione di questo centenario deve costituire un forte incitamento a mantenere fedelmente la vostra identità ministeriale, a beneficio degli uomini e dell'intera Chiesa. E' possibile che nel nostro rumoroso mondo la chiamata divina, che si fa sentire nella quiete interiore dello spirito, non sia facilmente percepibile. Sarà per eccellenza vostro compito insegnare a discernere la voce di Dio nel silenzio della preghiera e mostrare, in sintonia con il costante ascolto della parola di Dio, le inesauribili ricchezze di sapienza e di amore che il cuore di Cristo Redentore riserva ai suoi discepoli.

Accettate questo impegno come una sfida del volere di Dio in sintonia con la necessità di ministri, oggigiorno sempre più sentita, nella Chiesa, suo Popolo. Sarebbe poco dire che speriamo molto in voi, dalla vostra fedeltà ai doni ricevuti, dall'esperienza maturata in cento anni di continua lotta per mostrare le vie del mondo a coloro che, pieni di Spirito Santo, si convertiranno in pescatori di uomini, sacerdoti per sempre. Come avete potuto notare, ad essi ho dedicato speciale attenzione anche nei miei viaggi apostolici, con lo sguardo volto all'ininterrotta seminagione del Vangelo, che consolidi la speranza nelle anime e nella società, e le spinga a cercare sopra ogni cosa i beni della pace che il Signore dono all'umanità. Che voi, in unione con tutti i sacerdoti del mondo, assumiate sotto la guida dei Vescovi, questa ardua ma non per questo meno gioiosa fatica, da cui la Chiesa si attende abbondanti frutti.

Affidando questi miei sentiti desideri alla santissima Vergine della Clemenza, alla quale avete affidato le vostre più grandi ansie, chiedo al Signore che vi guidi e vi sostenga nei vostri compiti sacerdotali. Come prova di particolare benevolenza vi imparto di cuore una speciale benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 25 gennaio 1983.

Data: 1983-01-25 Data estesa: Martedi 25 Gennaio 1983



"Sacrae Disciplinae Leges" - Promulgazione del nuovo Codice di diritto canonico


Lungo il corso dei secoli la Chiesa cattolica ha di solito riformato e rinnovato le leggi della sacra disciplina, affinché, in costante fedeltà al suo divino Fondatore, esse ben si adattassero alla missione salvifica, che a lei è affidata. Mosso da questo stesso proposito e dando finalmente compimento all'attesa di tutto quanto il mondo cattolico, dispongo quest'oggi, 25 gennaio dell'anno 1983, la pubblicazione del Codice di diritto canonico dopo la sua revisione. Ciò facendo, il mio pensiero si porta al medesimo giorno dell'anno 1959, allorché il mio predecessore Giovanni XXIII di felice memoria diede per la prima volta il pubblico annuncio di aver deciso la riforma del vigente "corpus" delle leggi canoniche, che era stato promulgato nella solennità di Pentecoste dell'anno 1917.

Una tale decisione della riforma del Codice fu presa insieme con altre due decisioni, di cui quel pontefice parlo nello stesso giorno, concernenti l'intenzione di celebrare il sinodo della diocesi di Roma e di convocare il Concilio ecumenico. Di questi due eventi, anche se il primo non ha uno stretto riferimento alla riforma del Codice, l'altro tuttavia, cioè il Concilio, è di somma importanza in ordine al nostro argomento e si collega intimamente con esso.

E se ci si domanda perché Giovanni XXIII abbia avvertito la necessità di riformare il Codice vigente, la risposta si può forse trovare nello stesso Codice, promulgato nell'anno 1917.

Peraltro, esiste anche una diversa risposta, ed è quella decisiva: cioè che la riforma del Codice di diritto canonico appariva nettamente voluta e richiesta dallo stesso Concilio, il quale aveva rivolto la massima attenzione alla Chiesa.

Com'è evidente, quando fu dato il primo annuncio della revisione del Codice, il Concilio era un'impresa del tutto futura. Si aggiunga che gli atti del suo magistero e, segnatamente, la sua dottrina intorno alla Chiesa sarebbero stati messi a punto negli anni 1962-1965; tuttavia non è chi non veda come l'intuizione di Giovanni XXIII sia stata esattissima, e bisogna dire a ragione che la sua decisione provvide in prospettiva al bene della Chiesa.

Pertanto, il nuovo Codice, che oggi viene pubblicato, ha necessariamente richiesto la precedente opera del Concilio; e benché sia stato preannunciato insieme con l'assise ecumenica, tuttavia esso cronologicamente la segue, perché i lavori intrapresi per prepararlo, dovendosi basare sul Concilio, non poterono aver inizio se non dopo la sua conclusione.

Volgendo oggi il pensiero all'inizio del lungo cammino, ossia a quel 25 gennaio dell'anno 1959, e alla stessa persona di Giovanni XXIII, promotore della revisione del Codice, debbo riconoscere che questo Codice è scaturito da un'unica e medesima intenzione, che è quella di restaurare la vita cristiana. Da una tale intenzione, in effetti, tutta l'opera del Concilio ha tratto le sue norme e il suo orientamento.

Se ora passiamo a considerare la natura dei lavori, che hanno preceduto la promulgazione del Codice, come pure la maniera con cui essi sono stati condotti, specialmente durante i pontificati di Paolo VI e di Giovanni Paolo I e di poi fino al giorno d'oggi, è assolutamente necessario rilevare in tutta chiarezza che tali lavori furono portati a termine in uno spirito squisitamente collegiale. E ciò non soltanto si riferisce alla redazione materiale dell'opera, ma tocca altresi in profondo la sostanza stessa delle leggi elaborate.

Ora, questa nota della collegialità, che caratterizza e distingue il processo di origine del presente Codice, corrisponde perfettamente al magistero e all'indole del Concilio Vaticano II. perciò, il Codice, non soltanto per il suo contenuto, ma già anche nel suo primo inizio, dimostra lo spirito di questo Concilio, nei cui documenti la Chiesa, universale "sacramento di salvezza" (cf. LG 1 LG 9 LG 48), viene presentata come popolo di Dio e la sua costituzione gerarchica appare fondata sul collegio dei vescovi unitamente al suo capo.


Per questo motivo, dunque, i vescovi e gli episcopati furono invitati a prestare la loro collaborazione nella preparazione del nuovo Codice, affinché attraverso un così lungo cammino, con un metodo per quanto possibile collegiale, maturassero, a poco a poco, le formule giuridiche, che in seguito dovevano servire per l'uso di tutta quanta la Chiesa. In tutte le fasi, poi, di tale impresa parteciparono ai lavori anche degli esperti, cioè uomini specializzati nella dottrina teologica, nella storia e soprattutto nel diritto canonico, i quali furono chiamati da tutte le parti del mondo.

A tutti e a ciascuno di loro desidero oggi manifestare i sentimenti della mia viva gratitudine. Innanzitutto si presentano ai miei occhi le figure dei cardinali defunti, che presiedettero la commissione preparatoria: il cardinale Pietro Ciriaci, il quale inizio l'opera, e il cardinale Pericle Felici, il quale per molti anni guido l'iter dei lavori fin quasi al loro termine. Penso, poi, ai segretari della medesima commissione: il reverendissimo monsignor Giacomo Violardo, poi cardinale, e il padre Raimondo Bidagor, della Compagnia di Gesù, entrambi i quali nell'assolvere questo compito vi profusero i doni della loro dottrina e sapienza. Insieme con essi ricordo i cardinali, gli arcivescovi, i vescovi e tutti coloro che sono stati membri di quella commissione, nonché i consultori dei singoli gruppi di studio impiegati, durante questi anni, in un'opera tanto difficile, e che Dio nel frattempo ha chiamato al premio eterno.

Per tutti loro sale a Dio la mia preghiera di suffragio.

Mi è caro pero anche ricordare le persone viventi, a cominciare dall'attuale propresidente della commissione, il venerabile fratello monsignor Rosalio Castillo Lara, che per lunghissimo tempo ha egregiamente lavorato in un'impresa di tanta responsabilità, per passare poi al diletto figlio monsignor Guglielmo Onclin, la cui assiduità e diligenza ha grandemente contribuito alla felice conclusione dell'opera, fino a tutti gli altri che nella commissione stessa, sia come membri cardinali, sia come officiali, consultori e collaboratori nei vari gruppi di studio o in altri uffici, hanno dato il loro apprezzato apporto alla elaborazione e al completamento di un'opera tanto ponderosa e complessa.

Pertanto, promulgando oggi il Codice, sono pienamente consapevole che questo atto è espressione dell'autorità pontificia, perciò riveste un carattere primaziale. Ma sono parimenti consapevole che questo Codice, nel suo oggettivo contenuto, rispecchia la sollecitudine collegiale per la Chiesa di tutti i miei fratelli nell'episcopato. Anzi, per una certa analogia con il Concilio, esso deve essere considerato come il frutto di una collaborazione collegiale scaturita dal confluire di energie da parte di persone e istituzioni specializzate sparse in tutta la Chiesa.

Si pone ora una seconda questione circa la natura stessa del Codice di diritto canonico. Per rispondere bene a questa domanda, bisogna riandare con la mente al lontano patrimonio di diritto contenuto nei libri del Vecchio e Nuovo Testamento dal quale, come dalla sua prima sorgente, proviene tutta la tradizione giuridico-legislativa della Chiesa.

Cristo Signore, infatti, non ha voluto affatto distruggere il ricchissimo retaggio della legge e dei profeti, che si era venuto man mano formando dalla storia e dall'esperienza del popolo di Dio nell'Antico Testamento, ma gli ha dato compimento (Mt 5,17), così che esso in modo nuovo e più elevato entro a far parte dell'eredità del Nuovo Testamento. perciò, quantunque san Paolo nell'esporre il mistero pasquale insegni che la giustificazione non si ottiene con le opere della legge, ma per mezzo della fede (Rm 3,28 Ga 2,16), con ciò tuttavia né annulla l'obbligatorietà del decalogo (Rm 13,8-10 Ga 5,13-25 Ga 6,2), né nega l'importanza della disciplina nella Chiesa di Dio (cf. 1Co 5-6). In tal modo gli scritti del Nuovo Testamento ci consentono di percepire ancor più l'importanza stessa della disciplina e ci fanno meglio comprendere come essa sia più strettamente congiunta con il carattere salvifico dello stesso messaggio evangelico.

Stando così le cose, appare abbastanza chiaramente che il Codice non ha come scopo in nessun modo di sostituire la fede, la grazia, i carismi e soprattutto la carità dei fedeli nella vita della Chiesa. Al contrario, il suo fine è piuttosto di creare tale ordine nella società ecclesiale che, assegnando il primato all'amore, alla grazia e al carisma, rende più agevole contemporaneamente il loro organico sviluppo nella vita sia della società ecclesiale, sia anche delle singole persone che ad essa appartengono.

Il Codice, dal momento che è il principale documento legislativo della Chiesa, fondato nell'eredità giuridico-legislativa della rivelazione e della tradizione, va riguardato come lo strumento indispensabile per assicurare il debito ordine sia nella vita individuale e sociale, sia nell'attività stessa della Chiesa. perciò, oltre a contenere gli elementi fondamentali della struttura gerarchica e organica della Chiesa quali furono stabiliti dal suo divin Fondatore oppure radicati nella tradizione apostolica, o in ogni caso antichissima, e oltre alle principali norme concernenti l'esercizio del triplice ufficio affidato alla stessa Chiesa, il Codice deve definire anche alcune regole e norme di comportamento.

Lo strumento, che è il Codice, corrisponde in pieno alla natura della Chiesa, specialmente come viene proposta dal magistero del Concilio Vaticano II in genere, e in particolar modo dalla sua dottrina ecclesiologica. Anzi, in un certo senso, questo nuovo Codice potrebbe intendersi come un grande sforzo di tradurre in linguaggio canonistico questa stessa dottrina, cioè la ecclesiologia conciliare. Se poi è impossibile tradurre perfettamente in linguaggio "canonistico" l'immagine della Chiesa, tuttavia a questa immagine il Codice deve sempre riferirsi, come a esempio primario, i cui lineamenti esso deve esprimere in se stesso, per quanto è possibile, per sua natura.

Da qui derivano alcuni criteri fondamentali, che reggono tutto il nuovo Codice, nell'ambito della sua specifica materia, come pure nel linguaggio collegato con essa. Si potrebbe anzi affermare che da qui proviene anche quel carattere di complementarietà che il Codice presenta in relazione all'insegnamento del Concilio Vaticano II, con particolare riguardo alle due costituzioni, dogmatica "Lumen Gentium" e pastorale "Gaudium et Spes".

Ne risulta che ciò che costituisce la "novità" fondamentale del Concilio Vaticano II, in linea di continuità con la tradizione legislativa della Chiesa, per quanto riguarda specialmente l'ecclesiologia, costituisce altresi la "novità" del nuovo Codice.

Fra gli elementi che caratterizzano l'immagine vera e genuina della Chiesa, dobbiamo mettere in rilievo soprattutto questi: la dottrina, secondo la quale la Chiesa viene presentata come il popolo di Dio e l'autorità gerarchica viene proposta come servizio (cf. LG 2-3); la dottrina per cui la Chiesa è vista come "comunione", e che, quindi, determina le relazioni che devono intercorrere fra le chiese particolari e quella universale, e fra la collegialità e il primato; la dottrina, inoltre, per la quale tutti i membri del popolo di Dio, nel modo proprio a ciascuno, sono partecipi del triplice ufficio di Cristo: sacerdotale, profetico e regale. A questa dottrina si riconnette anche quella che riguarda i doveri e i diritti dei fedeli, e particolarmente dei laici; e, finalmente, l'impegno che la Chiesa deve porre nell'ecumenismo.

Se, quindi, il Concilio Vaticano II ha tratto dal tesoro della tradizione elementi vecchi e nuovi, e il nuovo consiste proprio in questi e in altri elementi, allora è chiaro che anche il Codice debba rispecchiare la stessa nota di fedeltà nella novità, e di novità nella fedeltà, e conformarsi ad essa nel proprio campo e nel suo particolare modo di esprimersi.

Il nuovo Codice di diritto canonico vede la luce in un tempo in cui i Vescovi di tutta la Chiesa non solo chiedono la sua promulgazione, ma la sollecitano con insistenza e quasi con impazienza.

E in realtà il Codice di diritto canonico è estremamente necessario alla Chiesa. Poiché, infatti, è costituita come una compagine sociale e visibile, essa ha bisogno di norme: sia perché la sua struttura gerarchica e organica sia visibile; sia perché l'esercizio delle funzioni a lei divinamente affidate, specialmente quella della sacra potestà e dell'amministrazione dei sacramenti, possa essere adeguatamente organizzato; sia perché le scambievoli relazioni dei fedeli possano essere regolate secondo giustizia, basata sulla carità, garantiti e ben definiti i diritti dei singoli; sia, finalmente, perché le iniziative comuni, intraprese per una vita cristiana sempre più perfetta, attraverso le leggi canoniche vengano sostenute, rafforzate e promosse.

Finalmente, le leggi canoniche, per loro stessa natura, esigono l'osservanza. E' stata usata, quindi, la massima diligenza, perché nella lunga preparazione del Codice l'espressione delle norme fosse accurata, e perché esse risultassero basate su un solido fondamento giuridico, canonico e teologico.

Dopo tutte queste considerazioni, è da augurarsi che la nuova legislazione canonica risulti un mezzo efficace perché la Chiesa possa progredire, conforme allo spirito del Vaticano II, e si renda ogni giorno sempre più adatta ad assolvere la sua missione di salvezza in questo mondo.

Mi è caro affidare a tutti con animo fiducioso queste mie considerazioni, nel momento in cui promulgo questo corpo principale di leggi ecclesiastiche per la Chiesa latina.

Voglia Dio che la gioia, la pace, la giustizia e l'obbedienza raccomandino questo Codice; e che quanto viene comandato dal Capo venga osservato nelle membra.

Fiducioso, quindi, nell'aiuto della grazia divina, sostenuto dall'autorità dei santi apostoli Pietro e Paolo, ben consapevole di ciò che compio, accogliendo i voti dei vescovi di tutto il mondo, che con animo collegiale hanno collaborato con me; con quella suprema autorità di cui sono rivestito, per mezzo di questa costituzione, da valere per sempre in futuro, promulgo il presente Codice, così com'è stato ordinato e rivisto. Comando che in avvenire abbia forza di legge per tutta la Chiesa latina, e l'affido alla vigile custodia di tutti quelli cui spetta, perché venga osservato.

Affinché poi tutti possano più agevolmente informarsi e conoscere a fondo queste disposizioni, prima che esse abbiano effetto giuridico, dichiaro e dispongo che esse abbiano forza obbligante a partire dal primo giorno di avvento di quest'anno 1983. Ciò, naturalmente, anche se vi fossero disposizioni, costituzioni, privilegi, anche degni di speciale e singolare menzione, e consuetudini in contrario.

Esorto, quindi, tutti i fedeli a voler osservare le norme proposte con animo sincero e buona volontà, nella speranza che rifiorisca nella Chiesa una rinnovata disciplina; e che, di conseguenza, sia sempre più favorita con l'aiuto della beatissima Vergine Maria, madre della Chiesa, la salvezza delle anime.

Roma, dal palazzo apostolico, 25 gennaio 1983, anno quinto del mio pontificato. Giovanni Paolo II.

Data: 1983-01-25 Data estesa: Martedi 25 Gennaio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)