GPII 1983 Insegnamenti - Conclusione Settimana per l'unità dei cristiani e Beatificazione di suor Maria Gabriella Sagheddu - Basilica di San Paolo (Roma)

Conclusione Settimana per l'unità dei cristiani e Beatificazione di suor Maria Gabriella Sagheddu - Basilica di San Paolo (Roma)

Titolo: Conversione, croce e preghiera: basi del movimento per l'unità




1. La celebrazione liturgica della conversione di Saulo di Tarso ci fa rivivere il momento drammatico del suo incontro personale con Cristo Signore, quando l'animoso discepolo di Gamaliele "pieno di zelo di Dio" (Ac 22,3), folgorato sulla via di Damasco dalla inconfondibile voce di quel Gesù che perseguitava senza conoscere, si apri immediatamente all'ascolto della sua parola, e nel momento stesso in cui accoglieva docilmente l'accorato rimprovero del Maestro divino, ne veniva costituito "strumento eletto per portarne il nome dinanzi ai popoli, al re e ai figli di Israele", in qualità di suo "testimone davanti a tutti gli uomini" (Ac 9,15 Ac 22,15).

L'elemento centrale di tutta la vicenda è costituito dal fatto della conversione. Destinato ad evangelizzare i popoli "perché passino dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio e ottengano la remissione dei peccati" (Ac 26,18), Saulo è chiamato da Cristo, innanzitutto, ad operare su se stesso una radicale conversione.

Il Cristo infatti - che gli appare come "luce più splendente del sole" - lo interpella nell'intimo, chiamandolo per nome, con un discorso strettamente personale, che non lascia spazio per equivoci o evasioni: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Duro è per te recalcitrare contro il mio pungolo... su alzati, e rimettiti in piedi" (Ac 26,13 Ac 26,14 Ac 26,16).

E Saulo, che si è lasciato disarcionare dal Cristo, ed è rimasto abbagliato dalla inattesa esperienza di lui, inizia così il suo faticoso cammino di conversione, che durerà quanto la vita, partendo con umiltà inusitata da quel "cosa devo fare, Signore?", e lasciandosi docilmente condurre per mano, fino a Anania, attraverso il cui ministero profetico gli sarà dato di conoscere il disegno di Dio.


2. Tale disegno è sintetizzato nelle parole del Signore: "Io gli mostrero quanto dovrà soffrire per il mio nome" (Ac 9,16). Con questo breve cenno, quasi lampo nella notte, Cristo solleva per un attimo il velo sul futuro dell'Apostolo lasciandone intravedere la chiamata privilegiata a partecipare in modo singolarmente intenso al mistero della Passione e alla Croce. Tale partecipazione sarà così piena e vitale, all'interno di quel Corpo Mistico di cui per divina misericordia è divenuto membro, che Paolo potrà scrivere ai Colossesi: "Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi, e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).

Da quel momento l'antico persecutore diverrà l'evangelizzatore per eccellenza del Cristo crocifisso, della "stoltezza" della croce, del mistero del peccato e della redenzione nel Sangue di Cristo, della morte e della risurrezione di lui, fino a poter dire: "Sono stato crocifisso con Cristo, e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Ga 2,20).

V'è ancora un elemento nell'episodio della conversione di Saulo che mi preme sottolineare: è l'accenno alla preghiera, base e fondamento di ogni preparazione e di ogni azione apostolica. Per consentire ad Anania di identificare Saulo, il convertito, il Signore gli offre un inconfondibile segno di riconoscimento: Anania lo troverà in preghiera. "Cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso: ecco, sta pregando" (Ac 9,11).


3. E' grande motivo di gioia constatare che proprio questi tre dati che emergono dalla narrazione degli Atti: la conversazione, la croce e la preghiera, sono essenzialmente gli elementi su cui si basa il movimento per ricostruire l'unità dei cristiani. Concludendo qui, sulla tomba dell'Apostolo delle Genti, la settimana di preghiera con questo rito, che ci vede raccolti in un profondo vincolo di carità intorno al medesimo Cristo salvatore, a tali elementi dobbiamo insieme rifarci. Nel dire questo sono certo di interpretare i sentimenti dei fratelli delle altre Chiese, che hanno voluto prendere parte a questa celebrazione. A ciascuno di loro vada il mio più cordiale saluto.

In questa atmosfera di carità ecumenica trova perfetta collocazione la breve ma così ricca storia della Beata Maria Gabriella dell'Unità, che intenzionalmente ho voluto elevare agli onori degli altari in questa data e in questo tempio. La sua vicenda, attraverso la vocazione trappista prima, e attraverso l'offerta della vita per l'unità dei cristiani poi, è tutta scandita su questi tre medesimi valori essenziali: conversione, immolazione per i fratelli, preghiera.

Né poteva essere altrimenti. Ce lo conferma il Concilio Ecumenico Vaticano II, che proprio in questa Basilica e in questa stessa data venne annunziato dal mio venerato predecessore Giovanni XXIII. Esso infatti, in tema di ecumenismo, si esprime in questi precisi termini: "Ecumenismo vero non c'è senza interiore conversione; poiché il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento dello spirito, dalla abnegazione di se stessi e dal pieno esercizio della carità. perciò dobbiamo implorare dallo Spirito divino la grazia di una sincera abnegazione, dell'umiltà e mansuetudine nel servire e della fraterna generosità di animo verso gli altri... Questa conversione del cuore e questa santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani, si devono ritenere come l'anima di tutto il movimento ecumenico, e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale" (UR 7-8).

Del resto tutto il capitolo 17 di san Giovanni - quel capitolo le cui pagine sono state trovate ingiallite dalla quotidiana usura nel piccolo vangelo personale di suor Maria Gabriella - cos'altro è se non la preghiera erompente dal Cuore sacerdotale di Cristo, il quale, nella prospettiva incombente della Croce, implora per quanti crederanno in lui la conversione del cuore?


4. Mi è caro rilevare, e additare in modo particolare ai giovani, così appassionati di agonismo e di sport, che la giovane suora trappista, alla quale oggi tributiamo per la prima volta il titolo di Beata, seppe far proprie le esortazioni dell'apostolo ai fedeli di Corinto (1Co 9,24) a "correre nello stadio per conquistare il premio", riuscendo nel giro di pochi anni a collezionare - nello stadio della santità - una serie di primati da fare invidia ai più qualificati campioni. Essa è infatti storicamente la prima Beata che esce dalle file della Gioventù femminile di Azione cattolica; la prima fra le giovani e i giovani della Sardegna; la prima tra le monache e i monaci trappisti; la prima tra gli operatori a servizio dell'unità. Quattro primati mietuti nella palestra di quella "scuola del servizio divino" proposta dal Grande Patriarca san Benedetto, che evidentemente è valida ancor oggi dopo 15 secoli, se è stata capace di suscitare tali esempi di virtù in chi ha saputo accoglierla e metterla in pratica "con intelletto d'amore".

E' proprio infatti in questa fedeltà all'ascolto che la giovane Maria Sagheddu - per natura testarda ed asprigna, come viene descritta dai testimoni e dalla stessa sua santa mamma - è riuscita a realizzare quella "conversione del cuore" che san Benedetto chiede ai suoi figli. Conversione del cuore che è vera e primaria sorgente di unità.

Dal momento in cui la giovinetta ostinata e impetuosa, venuta a contatto con la croce di Cristo attraverso la morte della sorella prediletta, decise di arrendersi a lui, ricorse docile e umile alla guida di un padre spirituale, ed accetto di inserirsi nella vita della parrocchia, iscrivendosi nella Gioventù femminile di Azione cattolica, donandosi ai più piccoli nella catechesi, rendendosi servizievole agli anziani, trascorrendo ore in preghiera, è da allora che ebbe inizio quella "conversione" che la accompagno di giorno in giorno, fino ad accogliere la chiamata vocazionale, e a lasciarsi alle spalle - appena ventunenne - la terra amata e le persone care della sua Sardegna, per presentarsi, pronta alla voce dello Sposo divino, ai cancelli della Trappa.


5. E' proprio questa sua conversione a Dio, questo suo bisogno di unità nell'amore, che costituisce la premessa e il terreno fertile su cui il Signore farà scendere, al momento segnato, la chiamata al dono totale per i fratelli.

La sua offerta della vita per l'unità, che il Signore le ispiro durante la settimana di preghiere in questi medesimi giorni del 1938 - quarantacinque anni fa - e che egli mostro di gradire come fragrante olocausto d'amore, non è l'inizio, ma il compimento della corsa spirituale della giovane atleta.

Dall'unione raggiunta con la voce di Dio, scaturisce la mozione dello Spirito ad aprirsi ai fratelli.

E' la scoperta del Verticale, dell'Assoluto di Dio, che dà senso e urgenza efficace all'apertura orizzontale ai problemi del mondo. V'è qui un richiamo, prezioso oggi più che mai, contro la facile tentazione di un orizzontalismo cristiano che prescinda dalla ricerca del Vertice; d'uno psicologismo che ignori la misteriosa presenza e l'imprevedibile azione della Grazia; di un attivismo che parta e si conchiuda solo a livello e in prospettiva terrena; di una fratellanza che rinunzi a illuminarsi di una comune paternità divina.

E' da queste premesse che il gesto eroico di suor Maria Gabriella assurge alle altezze di grande evento ecclesiale. Proprio perché nasce da una sublime conversione in atto verso il Padre, la sua apertura ai fratelli la immedesima al Cristo crocifisso, raggiunge valore storico, assume portata ecumenica.

Questo ci induce non solo ad ammirare e venerare, ma a riflettere, ad imitare, ad approfondire, a soffrire e soprattutto a pregare, per radicare sempre più in Cristo il nostro cammino di conversione.

Così la Beata Maria Gabriella Sagheddu, che unisce graziosamente al nome dell'Angelo dell'annunzio quello della Vergine dell'ascolto, diviene segno dei tempi e modello di quell'"Ecumenismo spirituale", a cui ci ha richiamato il Concilio. Ella ci incoraggia a guardare con ottimismo - al di là e al di sopra delle inevitabili difficoltà proprie del nostro essere uomini - alle meravigliose prospettive dell'unità ecclesiale, il cui progressivo affermarsi è legato al sempre più profondo desiderio di convertirci al Cristo, per rendere operante ed efficace il suo anelito: "Ut omnes unum sint"! Si, o Signore, che tutti si giunga presto ad essere una cosa sola. Te lo chiede, insieme con noi, la nuova Beata, che alla fiamma di questo tuo divino anelito consumo in gioiosa oblazione la propria giovane esistenza.

"Omnes... unum". Amen!

Data: 1983-01-25 Data estesa: Martedi 25 Gennaio 1983



All'Ispettorato della Polizia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vi incoraggio a un impegno sempre maggiore

Illustre Signor Ispettore generale, Signori funzionari ed agenti di Pubblica sicurezza presso il Vaticano.


1. Nel rivedervi ancora una volta insieme, a distanza di un anno vi saluto tutti e ciascuno, individualmente, cominciando dall'Ispettore generale dottor Federico Pratico che, a nome anche di tutti voi, ha voluto rivolgermi così fervidi voti augurali per l'anno in corso.

Vi ringrazio di cuore per i sentimenti che vi animano e vi esprimo vivo apprezzamento per l'opera proficua, silenziosa e tenace, che quotidianamente siete chiamati a compiere. Addetti all'Ispettorato generale della Polizia di Stato italiana, voi svolgete il compito di sorveglianza della Piazza San Pietro e delle zone adiacenti al Vaticano, insieme a quello diretto a tutelare l'ordine pubblico e la sicurezza dei pellegrini provenienti da ogni parte del mondo.

Voi seguite il Papa, che è anche il Vescovo di Roma, nei movimenti attraverso lo scacchiere delle parrocchie della sua non piccola diocesi, dal centro alla periferia, e nei suoi viaggi in altre città d'Italia, a contatto con le folle desiderose di vedere, di ascoltare, di pregare.

Ebbene, in occasione di questo nostro annuale incontro, desidero ringraziarvi vivamente per il vostro impegno in un lavoro che richiede spirito di sacrificio, discrezione, esperienza, abilità di prevenzione.


2. Ma io so - e voi me lo avete or ora riconfermato con le parole del vostro Ispettore generale - che voi non vi fermate all'adempimento del puro compito di servizio proprio della pubblica sicurezza, ma andate oltre, nello sforzo di umanizzare la missione da compiere, fino a renderla espressione di fede e di carità. Sicché il vostro lavoro diventa partecipazione consapevole di cristiani alla vita ecclesiale, e insieme servizio ai fratelli, che, venuti da lontano nella casa del Padre di tutti, hanno bisogno di un ambiente di fiducia e di sicurezza.

E allora, mentre vi sono grato per la vostra prestazione, tanto più preziosa quanto più nascosta, contemporaneamente, ricambiandovi gli auguri per il nuovo anno, vi incoraggio nella vostra sollecitudine a un impegno sempre maggiore di fronte alle prospettive dell'immediato futuro.

La celebrazione dell'Anno giubilare della Redenzione, anche se avrà luogo contemporaneamente in tutte le diocesi del mondo, porterà con sé un afflusso non ordinario di pellegrini a Roma e, di conseguenza, una domanda di più intenso lavoro a chi è chiamato a svolgere un servizio come il vostro.

Sono sicuro della vostra generosa disponibilità ai nuovi sacrifici, della vostra devozione alla Chiesa, del vostro sincero amore ai fratelli di tutto il mondo, che vengono qui presso la Tomba di san Pietro.

Con questi sentimenti, mentre formulo l'auspicio di serenità e di prosperità per voi e per le vostre famiglie, vi imparto di cuore una particolare benedizione apostolica, che volentieri estendo a tutti i vostri cari.

Data: 1983-01-27 Data estesa: Giovedi 27 Gennaio 1983

Ai Vescovi della Baviera in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il valore della teologia per la fede e la Chiesa

Cari fratelli nell'Episcopato, venuti a Roma per confermare la vostra unità con il successore di Pietro in un incontro profondamente vissuto. Due anni fa un simile incontro ebbe luogo nella vostra Patria. Il suo ricordo mi colma di gioia e di gratitudine. Che il nostro incontro fraterno di oggi sia benedetto da Dio - per intercessione della "Patrona della Baviera".

Il nostro pensiero si rivolge in quest'ora a coloro che, dal tempo dell'ultima visita "ad limina" della vostra Conferenza episcopale, sono stati chiamati a sé da Dio: al mio indimenticabile predecessore Paolo VI, al nostro illustre Fratello Vescovo Josef Stangl. Vi prego di trasmettere un saluto d'amicizia allo stimato Vescovo Dottor Graber. Saluto oggi l'ex Pastore di Speyer quale Arcivescovo di Monaco e Freising rivolgendogli i migliori auguri e indirizzando anche un ringraziamento ai suoi diocesani perché hanno accettato volonterosamente la chiamata del suo predecessore ad un importante servizio per la Chiesa mondiale. Questo incontro rappresenta la prima visita "ad limina" per il Vescovo di Regensburg; il santo Wolfgang lo aiuti ad annunciare la verità di Cristo nell'amore!


2. Cari fratelli! L'incontro tra i Vescovi e il successore di Pietro è sempre occasione di riflessione sull'orientamento del nostro servizio quali annunciatori del Vangelo e dispensatori dei misteri di Dio nel nostro tempo. Dalla mia prima enciclica "Redemptor hominis" fino alla esortazione apostolica sulla famiglia, ho sempre posto al centro del mio annuncio la sollecitudine di Dio per l'uomo. Si potrebbe riassumere tutto ciò con questa espressione di sant'Ireneo: "La gloria di Dio è l'uomo vivente, ma la vita dell'uomo è vedere Dio".

Entrambi i poli di questa espressione sono ugualmente importanti: solo l'uomo che vive e ha la vita può rendere onore a Dio. Dio non è in concorrenza con l'uomo, l'onore a lui reso non è a spese dell'uomo; tanto più viene reso onore a Dio, tanto più l'uomo trova la sua pienezza e realizzazione. La lode a Dio non è un'ostacolo che separa l'uomo dalla bellezza ma è via alla pienezza. Essa mostra il cammino alla vita: "La vita dell'uomo è vedere Dio".

Perché sia così la Chiesa si adopera per il benessere dell'uomo sulla terra mediante i suoi servizi sociali, la sua lotta per la giustizia, lo sviluppo, la pace. Perché sia così, essa non si limita pero all'azione sociale e alla sollecitudine fraterna, ma dischiude all'uomo la visione di Dio e lo conduce al culto di Dio. Il culto di Dio non significa sottrarsi alla sollecitudine per l'uomo ma ne costituisce il nocciolo più intimo. Se Dio è lasciato al di fuori dell'orizzonte dell'uomo, ci si allontana dalla sorgente stessa della vita.


3. Lasciate ora che io svolga alcuni aspetti di questo tema fondamentale. Per la liturgia eucaristica vale particolarmente ciò che il Concilio afferma a proposito della liturgia in generale: essa è il culmine e la sorgente da cui ogni azione della Chiesa deriva e a cui essa porta (SC 10). E' molto importante che tutti i fedeli possano realmente celebrare la Pasqua settimanale della Chiesa, la domenica, come giorno dell'incontro eucaristico col Signore.

Nell'Eucaristia si raduna non solo la Comunità locale; in essa il Signore stesso si rende presente in un modo unico e ci rende partecipi della sua glorificazione del Padre, che egli ha compiuto nel sacrificio della Croce e continuamente compie come Redentore. Questo avvenimento non è sostituibile da nient'altro. E' importante che proprio nel nostro tempo ne siano pienamente consapevoli sia i sacerdoti che i laici. L'Anno giubilare che tra breve inizierà dovrebbe essere un'occasione favorevole per accostarsi nuovamente al mistero pasquale dell'Eucaristia nell'annuncio affinché lo si possa far proprio anche nella vita con rinnovata serietà e gioia.


4. Ne consegue anche una rafforzata sollecitudine per le vocazioni sacerdotali accompagnata da una cura continua della spiritualità e dell'attività sacerdotale di coloro che insieme al Vescovo costituiscono il presbiterio di una diocesi. So che voi avete fatto e fate molto per promuovere, nello spirito del Concilio, anche altre vocazioni nella Chiesa, a cominciare dal diaconato fino alle molteplici vocazioni di collaborazione all'annuncio e alla cura delle anime, nelle quali anche le donne possono assumere un loro ruolo nel servizio attivo della Chiesa.

Tutto ciò è lodevole ed estremamente necessario nel nostro tempo. Tutto ciò non fa assolutamente concorrenza, se inteso correttamente, alla vocazione sacerdotale che deriva la sua insostituibilità innanzitutto dall'Eucaristia. così vi siete impegnati al tempo stesso nella promozione delle vocazioni sacerdotali e vi siete adoperati a creare con chiarezza delle strutture ben determinate per le singole vocazioni. Inoltre vi siete adoperati per creare nei Seminari un'atmosfera che potesse realmente condurre al sacerdozio. Vi posso solamente incoraggiare a proseguire in questo impegno con grande energia.

Lasciate che mi soffermi ora in modo particolare su di un aspetto di ciò. L'esempio che danno coloro che già vivono la vocazione sacerdotale e la possibilità di decidere per essa, dipendono strettamente l'una dall'altra. perciò la relazione personale del Vescovo con i suoi sacerdoti è particolarmente importante in questa nostra epoca. Ogni sacerdote deve sapere che non è solo. Deve continuamente sentire l'incoraggiamento e il sostegno della comunità dei fratelli, di coloro che con lui vivono lo stesso servizio. Deve poter sentire che il Vescovo non è il lontano detentore di una grande autorità, ma è il punto di riferimento per coloro che insieme riconoscono l'altare di Gesù Cristo come il cuore della loro vita. Una Chiesa locale che dispone in proporzione di molti mezzi materiali come la vostra, ha particolari possibilità ma corre anche particolari pericoli.

Uno di essi è questo: che la struttura divenga più forte degli uomini. Ma per la Chiesa il principio della responsabilità personale è di fondamentale significato.

La guida spirituale si riferisce nella Chiesa non a una collettività, ma sempre ad una persona. So come è difficile, tra tutti gli impegni di un Vescovo del nostro tempo, essere fedeli a questo principio. So che non è possibile accontentare tutti. Ma io vi prego di dare risalto alla semplicità del Vangelo e al suo carattere personalistico. L'incoraggiamento che deriva da tale coesione del Vescovo e dei sacerdoti tra di loro è essenziale affinché i giovani possano scoprire questa vocazione e riconoscere in essa una chiamata per loro.


5. Lasciate che mi soffermi ancora su di un altro aspetto. Non a caso le parole culto e cultura derivano dalla stessa radice linguistica. La glorificazione di Dio ha portato l'uomo a cercare la bellezza che è degna di Dio e, cercandola, egli stesso è divenuto migliore e più umano. Culto e cultura si appartengono inseparabilmente. Nella vostra Patria, cari fratelli, questa intima unione di culto e cultura è particolarmente viva. E' stato perciò significativo l'incontro, per me indimenticabile, col mondo della cultura nell'ambito della mia visita in Germania che ha avuto luogo nella capitale del vostro Paese. Si rimprovera all'ultimo Concilio di aver portato quasi una "esagerata semplificazione degli aspetti visibili dell'azione liturgica", di aver sottoposto la liturgia ad una "banale comprensibilità"; di aver portato, in una "quotidianità del Sacramento", ad una "distruzione del culto". Non è qui il luogo per fare delle considerazioni su queste affermazioni. Certamente c'è stata una qualche malintesa concezione puristica della riforma liturgica. Ma se il Concilio ha sottolineato il carattere di preghiera della Liturgia e, a partire da esso, ha favorito la partecipazione di tutti nell'ascoltare, leggere e fare al cospetto del Signore, con ciò non si voleva in nessun modo ridurre l'aspetto della glorificazione, a proposito della quale è vera l'affermazione rivolta dal sacerdote Esdra al popolo di Israele: "La gioia del Signore è la vostra forza!" (Ne 8,10). Vorrei perciò incoraggiarvi a dare spazio alla gioia del Signore, a curare la bellezza della liturgia festiva che già c'è nel vostro Paese e anche a non lasciare che le usanze religiose divengano spettacolo profano, ma a riportarle sempre alla loro fonte, a ancorarle alla loro essenza religiosa affinché cuore e ragione vengano entrambi toccati dalla fede.


6. L'Anno della Redenzione porta anche ad avere consapevolezza di un altro aspetto. Nel mio discorso al precedente gruppo di Vescovi tedeschi, ho già accennato al fatto che la prima parola della Lieta Novella suona: "Poenitemini", convertitevi e fate penitenza. Dove la parola peccato diviene in certo modo estranea, manca all'uomo la verità. Egli non arriva al cuore di se stesso e perde perciò l'autentica capacità di cambiamento che è condizione per la venuta del Regno di Dio. Se non si considera più il peccato dell'uomo come una realtà seria e che lo riguarda seriamente, è segno allora che è oscurata la sua percezione di Dio. Nell'istante in cui Pietro riconosce in Gesù la vicinanza di Dio, grida: "Allontanati da me, Signore, perché io sono un uomo peccatore!". Dove Dio viene riconosciuto, l'uomo riconosce se stesso, riconosce il suo peccato ed è così capace di redenzione.

Utilizzate questo anno, nel quale anche il Sinodo dei Vescovi rifletterà sul tema della penitenza e della riconciliazione, per approfondire l'annuncio sul peccato, la penitenza e la redenzione! Utilizzatelo come invito ad accostarsi al Sacramento della Penitenza! Una tale interpretazione del mistero della redenzione a partire dalla serietà e dalla gioia della penitenza e della conversione ha anche un significato ecumenico nell'anno in cui la commemorazione del 500° anniversario della nascita del riformatore Martin Lutero rende particolarmente urgente la questione ecumenica. così potrebbe dimostrarsi evidente che le indulgenze, che sono state all'origine della divisione della cristianità e che quest'anno attraversano nuovamente la strada di Lutero, non vogliono essere nient'altro che una risposta concreta a quella verità fondamentale della fede che il Concilio di Trento ha così espresso: "Tutta la vita cristiana è un costante cammino di penitenza" (DS 1964).


7. Soffermiamoci ancora una volta sull'espressione di sant'Ireneo: "Gloria Dei vivens homo, vita autem hominis visio Dei". L'uomo deve dunque avere la percezione di Dio, per vivere realmente. Questa percezione di Dio ha molte dimensioni, delle quali ho cercato di chiarirne alcune. Essa non avviene, come ho detto, solo mediante la ragione. Tuttavia è vero anche che la ragione è l'organo privilegiato del vedere spirituale. Deriva da ciò il grande significato della teologia per la fede e la Chiesa. So che nel vostro Paese vi è un numero straordinariamente grande di Facoltà teologiche e un numero altrettanto nutrito di studiosi di teologia.

Durante il mio viaggio in Germania ho perciò desiderato incontrare i professori di teologia. E' stata una provvidenza che questo incontro, al quale io ripenso volentieri, abbia avuto luogo ad Altötting, importante meta di pellegrinaggi mariani nel vostro Paese. Non è necessario ora ripetere le fondamentali considerazioni sul ruolo della teologia e dei teologi nella Chiesa che ho allora esposto. Vorrei pero fare riferimento al simbolismo suggerito dal luogo dell'incontro: se Maria - come afferma il Concilio insieme al Padri della Chiesa - è "immagine della Chiesa" (LG 63), allora è chiaro che la teologia deve maturare sempre nell'ambito della Chiesa e che la riflessione teologica necessita di quell'intimo "riflettere sulla parola", per il quale i Padri chiamarono Maria la "Profetessa". Diviene allora evidente che la teologia, per poter crescere, deve collocarsi nell'ambito della glorificazione di Dio nella preghiera. Come già culto e cultura, anche ragione e glorificazione di Dio sono tutt'uno.

La vostra sollecitudine per le Facoltà teologiche, per coloro che là insegnano e studiano deve essere impostata a partire dal mantenimento e dal rafforzamento di questo rapporto. Vi affido tutte queste richieste, cari fratelli, sulla via del ritorno al vostro lavoro quotidiano. Raccomandiamo allo Spirito divino, "che è Signore e dà la vita", tutto ciò che in queste settimane ho discusso con voi e gli altri Vescovi tedeschi. Desidero in quest'ora ringraziarvi ancora una volta tutti e di tutto cuore per il vostro impegno al servizio del Regno di Dio: sappiate dunque riconoscere nella voce del Papa la voce stessa del Buon Pastore. Egli sia la vostra ricompensa! Per voi e i vostri fedeli, per i fratelli cristiani e tutti i cittadini del vostro Paese, impetro di cuore la Benedizione di Dio Trino.

Data: 1983-01-28 Data estesa: Venerdi 28 Gennaio 1983

Alle scuole cattoliche del Lazio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate testimoni del profondo legame tra Vangelo, uomo e cultura

Signor Cardinale, fratelli e sorelle carissimi!


1. Con tutto il mio affetto vi saluto, cari dirigenti e docenti delle scuole cattoliche. Estendo il saluto, con viva cordialità, alla rappresentanza degli alunni e dei loro familiari. Questo incontro è per me doppiamente motivo di gioia: per la preziosa missione cui dedicate i vostri sforzi, e per il fatto che la maggior parte di voi qui presenti svolge tale missione in questa città, sede di Pietro e dei suoi successori, o nel Lazio. Vi ringrazio di vero cuore per la vostra presenza qui insieme col Cardinale Vicario.

Sono inoltre lieto che questo nostro incontro avvenga tra le festività liturgiche di due grandi santi, che alla "scuola cattolica" hanno dedicato - pur in contesti e tempi diversi - le loro migliori energie: san Tommaso d'Aquino, "Doctor Angelicus", patrono delle scuole cattoliche, genio della sintesi teologica e filosofica, e san Giovanni Bosco, il grande apostolo della gioventù, il genio della moderna pedagogia cristiana.

Conoscete bene la grande importanza dell'istituzione scolastica, sia per la Chiesa, come per la società civile: alla scuola infatti è affidata l'educazione delle giovani generazioni, che domani edificheranno questo nostro mondo. Da voi tutti, quindi, dipende in buona misura che il domani dell'umanità, ormai alle soglie del terzo millennio dell'era cristiana, sia un domani più degno dell'immagine di Dio, che è l'uomo.


2. E' con grande soddisfazione che vedo qui riunite tutte le componenti della scuola: è infatti fondamentale la corresponsabilità di genitori, professori e alunni. Desidero in particolare sottolineare che i genitori non possono disinteressarsi dell'educazione dei figli, ma è necessario che prendano sempre più coscienza che la scuola non li esime dalla loro missione, ma li aiuta a compierla; e che sono essi i primi educatori dei figli. E' pertanto indispensabile la collaborazione armonica tra famiglia e scuola: entrambe unite nell'appassionante compito di formare uomini e donne. Voi non vi limitate, infatti, a informare, mediante la trasmissione di conoscenza, ma intendete formare integralmente le persone, sotto tutti gli aspetti: l'intelligenza, certamente, ma anche la volontà, e in maniera tutta speciale la coscienza, dove intelligenza e volontà, libertà e responsabilità, raggiungono la dimensione più profonda in cui la persona si situa di fronte a se stessa, di fronte agli altri uomini, di fronte a Dio. In altri termini, il vostro impegno educativo è rivolto a tutto l'uomo, non solo a una sua parte: attraverso le diverse discipline, ivi comprese quelle sportive, così ricche di valori formativi, vi rivolgete sempre alla persona, unica e irripetibile, che è ciascun uomo e ciascuna donna. Il vostro impegno inoltre tiene presente, in armonia con la tradizione educativa della Chiesa, l'esigenza che a ciascuno sia data una educazione non indifferenziata, ma personalizzata, la quale richiede che si tratti ogni persona per ciò che è, senza ignorare fra l'altro anche le diverse caratteristiche proprie degli adolescenti di ciascun sesso.


3. Desidero ricordarvi, con le parole del Concilio Vaticano II, che come educatori cattolici in scuole cattoliche, avete il compito "di dar vita a un ambiente comunitario scolastico permeato dallo spirito evangelico di libertà e carità; di aiutare gli adolescenti perché nello sviluppo della propria personalità crescano insieme secondo quella nuova creatura, che in essi ha realizzato il Battesimo" (GE 8). In questo punto, fratelli e sorelle carissimi, il vostro compito è insostituibile. Penso sia a voi, docenti laici, che prestate il vostro servizio nella scuola cattolica consci della speciale responsabilità che ciò implica, sia a voi, sacerdoti e membri di Comunità religiose, alla cui dedizione e piena disponibilità tanto deve la scuola cattolica: con la vostra competenza professionale, con l'uso delle tecniche pedagogiche e dei mezzi a vostra disposizione, dovete essere anche collaboratori della grazia divina, nella preparazione della buona terra, affinché, come nella parabola evangelica (cfr. Mt 13,23), possa germogliare e dar frutto il seme che Cristo, Figlio di Dio e Redentore dell'uomo, ha seminato nelle anime dei vostri alunni mediante il Battesimo. Di fronte alle illusioni delle ideologie immanentistiche e materialistiche, propugnate da quanti ritengono che non vi sia posto per Dio nella cultura moderna, dovete mostrare come tra il messaggio cristiano di salvezza e la cultura esistano molteplici, fecondi rapporti e come esista un legame fondamentale tra il Vangelo e l'uomo.

"Questo legame - ho detto all'Unesco - è in effetti creatore di cultura nel suo fondamento stesso. Per creare la cultura, bisogna considerare, fino alle sue ultime conseguenze e integralmente, l'uomo come un valore particolare e autonomo, come il soggetto portatore della trascendenza della persona. Bisogna affermare l'uomo per se stesso, e non per qualche altro motivo o ragione: unicamente per se stesso! Ancora, bisogna amare l'uomo perché è uomo, bisogna rivendicare l'amore per l'uomo a motivo della particolare dignità che egli possiede. L'insieme delle affermazioni concernenti l'uomo appartiene alla sostanza stessa del messaggio di Cristo e della missione della Chiesa" (cfr. AAS 72 (1980), p. 741).

Per questo l'insegnamento della religione costituisce nella scuola cattolica una delle principali attività, da cui non si può prescindere, e alla quale non si deve assegnare un posto marginale e secondario. Benché sia evidente, permettetemi di ricordarvi che tale insegnamento deve essere cattolico, e pertanto non si può non esporre, integralmente e con piena fedeltà, la dottrina proposta dal Magistero. La Chiesa riconosce e difende la legittima libertà di cui godete nella scelta di tecniche e metodi educativi; al tempo stesso, pero, vi chiede grande attenzione in questo campo dell'insegnamento religioso, non solo mediante l'accurata selezione di programmi e di testi, ma anche attraverso il vostro esempio. Un maestro e un docente cristiano dev'essere un formatore di coscienze e di anime - con il massimo rispetto alla libertà e alla personalità di ciascuno - attraverso la testimonianza costante di coerenza tra la propria fede e la propria vita. E' quanto ha vigorosamente ribadito il Concilio Ecumenico Vaticano II, in particolare nei due documenti che vi riguardano in modo speciale: la dichiarazione sull'educazione cristiana "Gravissimum Educationis", e il decreto sull'apostolato dei laici "Apostolicam Actuositatem". E' quanto ha presentato alla vostra riflessione il recente documento della Sacra congregazione per l'educazione cattolica, che ha come tema: "Il laico cattolico testimone della fede nella scuola", documento che - a quanto mi risulta - è oggetto attento delle vostre personali e comunitarie meditazioni.


4. Una parola particolare per voi alunni, che siete al centro delle premure di tutti coloro che operano nel campo dell'educazione: sappiate che il Papa vi è particolarmente vicino, e che ha molte speranze riposte in voi! Non limitatevi mai, nella scuola, ad un ruolo puramente passivo: è necessaria da pane vostra una forte testimonianza di studio, di ascolto, di servizio.

Desidero, per concludere, rivolgere a tutti voi il mio incoraggiamento.

Conosco le difficoltà che incontrate giornalmente nella conduzione dei vostri centri scolastici. Non vi scoraggiate! Vale la pena impegnarsi! Dai vostri sforzi dipende la formazione dei protagonisti della storia di domani. Auspico di cuore che sia riconosciuto l'autentico e validissimo servizio pubblico reso dalla scuola cattolica, alla quale non dovrebbe mancare l'aiuto necessario, anche da parte degli organi statali, in modo che tutti i genitori possano effettivamente scegliere, secondo la propria coscienza, la scuola per i loro figli.

Maria santissima, "Sedes Sapientiae", vi guidi sempre, e vi ottenga dal suo Figlio la luce e la forza per proseguire la vostra importante missione di servizio alla Chiesa, alla società civile, all'umanità intera.

Implorando dal cielo questi doni su di voi, vi imparto di tutto cuore la benedizione apostolica, che estendo alle vostre famiglie e a tutti i membri delle scuole che rappresentate.

Data: 1983-01-29 Data estesa: Sabato 29 Gennaio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Conclusione Settimana per l'unità dei cristiani e Beatificazione di suor Maria Gabriella Sagheddu - Basilica di San Paolo (Roma)