GPII 1983 Insegnamenti - Esequie del Cardinale Antonio Samorè - Città del Vaticano (Roma)


1. "Vigilate, quia nescitis qua hora Dominus vester venturus sit" (Mt 24,42).

Mentre risuonano ancora gli accenti di letizia per la chiamata di diciotto insigni ecclesiastici a far parte del sacro Collegio, le adorabili disposizioni della Provvidenza ci hanno convocato a questa Celebrazione eucaristica, mistero di morte e di risurrezione, attorno alla bara del nostro venerato e caro Fratello Antonio Samorè, Cardinale Vescovo del titolo della Chiesa suburbicaria di Sabina e Poggio Mirteto, Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa.

Il nostro cuore soffre per questa repentina dipartita, che ci priva della presenza materiale e della consuetudine di vita di questo distinto Porporato, al quale molti di noi, e per primo colui che vi parla, erano legati da profondi vincoli di stima e di affetto. Ma la fede proietta sul nostro dolore la sua luce rasserenante. La divina parola di Cristo, di Cristo risurrezione e vita, orienta tutti i nostri pensieri e sentimenti, e ci conferma nella fiduciosa attesa di quella dimensione di gioia senza confini né incrinature, che Dio prepara per coloro che lo amano.


2. Il nostro Fratello, Cardinale Samorè, che oggi affidiamo alla sua bontà e misericordia, è stato uno di questi. Entrato undicenne nel seminario diocesano di Piacenza e passato quindi al Collegio Alberoni nella medesima città, dedico tutte le risorse giovanili all'ideale del sacerdozio, che raggiunse il 10 giugno 1928, nella cattedrale della Chiesa piacentina.

Da allora il suo cammino fu tutto improntato alla freschezza e all'entusiasmo delle primizie presbiterali. I molti che lo hanno conosciuto, ed hanno avuto con lui qualche familiarità, ne hanno ammirato le virtù umane, cristiane e sacerdotali. Di temperamento riservato e schivo, egli possedeva una straordinaria carica umana che s'imponeva per la vivacità dell'intelligenza, per la prudenza, per la larghezza del cuore. Il raccoglimento, la preghiera, la devozione all'Eucaristia e alla Madonna alimentavano in lui la fede, la speranza, la carità, e lo allenavano alla infaticabile e fervida operosità, che fu pure una delle caratteristiche della sua non comune personalità.

Il sacerdozio ministeriale del Cardinale Samorè si è svolto all'insegna dell'umiltà e della mitezza, doti cospicue del suo mondo interiore che avvincevano chi veniva a contatto con lui.

"Uomo di Dio, in senso pieno, egli si teneva costantemente orientato al soprannaturale, con una rettitudine sincera. Le questioni, i problemi le circostanze del momento egli le vedeva con lo sguardo penetrante della fede nella prospettiva più alta del fine ultimo. Questo nostro indimenticabile Fratello può quindi essere ascritto alla categoria dei servi buoni e fedeli, i quali fanno della vita una costante attesa del momento supremo, e al sopraggiungere di quel momento vengono accolti nella gioia del Signore. Noi abbiamo ferma fiducia che l'anima sua, purificata dai segni della debolezza umana, sia già accolta nella beatificante visione di Dio.


3. "Fidelis servus et prudens" (Mt 24,45).

Il Cardinale Antonio Samorè è stato l'uomo della fedeltà! Uomo, cristiano, sacerdote fedele. Io desidero ricordare soprattutto la fedeltà al Romano Pontefice e a questa Sede Apostolica, a cui egli ha dedicato ben 54 anni di ininterrotto e operoso servizio.

Inizio questo itinerario nel 1932 come addetto alla Nunziatura apostolica in Lituania dove rimase per sei anni. Fu chiamato quindi all'allora Prima Sezione della Segreteria di Stato e qui, sotto la guida del suo "maestro", il compianto e insigne Cardinale Domenico Tardini, offri le sue prestazioni durante tutto il periodo della seconda guerra mondiale, dando un apporto sensibile e intelligente all'intensa azione con cui Pio XII tento di impedire la guerra, risanarne le ferite, affrettare il ritorno alla pace.

Dopo il suo servizio presso la Delegazione apostolica degli Stati Uniti d'America, nel 1950 fu elevato alla dignità episcopale e inviato come Nunzio Apostolico in Colombia, ove si adopero con costante dinamismo per lo sviluppo e la crescita della Chiesa in quella nobile Nazione, per l'approfondimento dei rapporti di stima e di cordialità con le Autorità civili, per la promozione umana degli umili e dei poveri.

Tre anni dopo, nel 1953, fu richiamato in Vaticano ad occupare l'Ufficio di Segretario della Sacra Congregazione per gli Affari Straordinari. Del lavoro da lui svolto nei 14 anni in cui ricopri tale incarico, mi limitero a menzionare l'intensità dell'impegno col quale si prodigo a favore dell'America Latina, favorendo la fondazione e sostenendo lo sviluppo del Celam e della Pontificia Commissione per l'America Latina, della cui attività per lunghi anni egli fu l'anima. Creato Cardinale nel 1967, fu chiamato a reggere la Sacra Congregazione per i Sacramenti; e, nel 1974, fu nominato Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa.

Nel dicembre 1978, in un momento delicato dei rapporti tra l'Argentina e il Cile, ho scelto il Cardinale Samorè come mio Inviato Speciale presso i due Governi e successivamente gli ho conferito l'incarico di mio rappresentante personale per l'azione mediatrice di cui ero stato fiduciosamente richiesto. A questo delicatissimo compito egli si è applicato fino all'ultimo con l'abituale saggezza, ponderatezza e fervore.

Voglio sperare che, con l'aiuto del Signore, la paziente opera compiuta dal Cardinale Samorè possa essere coronata, al più presto, dal buon successo che tutti auspichiamo.


4. Come non ricordare poi le iniziative di diretta sollecitudine sacerdotale, nelle quali il compianto Cardinale si è impegnato in prima persona, profondendovi tesori di generosità e di umana sensibilità? Intendo alludere all'assiduo attaccamento a Villa Nazaret, l'Istituto ricevuto dal Cardinale Domenico Tardini, dove egli si è prodigato come padre, facendosi quasi quotidianamente con i fanciulli fanciullo. Penso, altresi, alle opere di innegabile valore religioso, sociale e culturale lasciate dal Cardinale Samorè nella natia cittadina di Bardi, alla quale resto sempre profondamente legato.


5. Carissimi, ho voluto evocare le principali tappe dell'intenso Ministero del nostro Fratello ora chiamato all'eternità, per sottolineare quella che è stata l'idea-forza, ispiratrice di tutta la sua vita. Essa fu la fedeltà. Una fedeltà piena, solida, limpida. Una fedeltà vissuta con amore. Nel 1979 ho avuto occasione di accennare alla grande esperienza diplomatica del Cardinale Samorè (cfr. "Insegnamenti", II (1979), p. 48). Ma so che a lui stava a cuore un solo riconoscimento: quello della fedeltà al Papa e alla Santa Sede. Le ultime parole uscite faticosamente dalle sue labbra, a pochi istanti dal suo incontro col Signore, e raccolte dalla trepida attenzione di chi lo assisteva, sono state una appassionata dichiarazione di fedeltà.

"Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio... Coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell'amore, perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti (Sg 3,1 Sg 3,9).

Quando il Signore s'è fatto incontro a questo nostro Fratello, la mattina del 3 febbraio, lo ha trovato tutto compreso di quell'ansia di fedeltà, che ne aveva guidato l'intera esistenza. Proprio per questo noi confidiamo che la sua anima sia stata accolta con quelle dei giusti e sia ora "nelle mani di Dio...

Per noi, ancora in cammino sulle strade del tempo, il pio transito del nostro Fratello diventa stimolo e rinnovato impegno di dedizione al dovere nella fedeltà e nell'amore.

"Il Signore è il mio pastore: / non manco di nulla; / su pascoli erbosi mi fa riposare, / ad acque tranquille mi conduce" (). Sono parole, queste del Salmo responsoriale, che possono ben essere pronunciate in questo momento dal compianto defunto nella pace di Dio. Ma sono parole che sgorgano spontanee anche dalle nostre labbra di pellegrini, che affrettano il passo verso la meta.

"Se dovessi camminare in una valle oscura, / non temerei alcun male, / perché tu sei con me" ().

Si, Signore, cammina al nostro fianco, perché non ci si abbia a smarrire nella "valle oscura" di questa vita. "Il tuo bastone e il tuo vincastro" ci guidino fin là dove confidiamo di ritrovare tutti coloro che abbiamo amato e amiamo. Amen.

Data: 1983-02-05 Data estesa: Sabato 5 Febbraio 1983

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Annuncio del pellegrinaggio in marzo nell'America Centrale




1. Ho la gioia di comunicarvi che, nella prima decade del prossimo mese di marzo, a Dio piacendo, mi rechero in visita pastorale alle Comunità Cristiane del Costa Rica, Nicaragua, Panama, El Salvador, Guatemala, Honduras, Belize e Haiti, accogliendo l'invito rivoltomi da quei Vescovi e dalle autorità civili.

Nel primo giorno, 2 marzo, a San José di Costa Rica, avro la consolazione di incontrare i Vescovi del Simposio Episcopale dell'America Centrale e, il 9 marzo, prima di lasciare il centro America, mi uniro - nella Cattedrale di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso - ai Vescovi del Consiglio Episcopale latino-americano, che si troveranno a Port-au-Prince per la loro assemblea generale.

Affido questa visita pastorale alla protezione della Vergine Maria, tanto venerata da quei fedeli, e alle preghiere, che spero vorrete offrire al Signore, perché arricchisca di abbondanti frutti anche questo viaggio apostolico in Paesi tanto cari al mio cuore.


2. Le notizie gravissime che vengono diffuse dai mezzi di informazione sul massiccio esodo dalla Nigeria di parecchie centinaia di migliaia di profughi africani verso i Paesi di origine, riempiono il mio animo di profonda tristezza e di grande apprensione per quanto sta accadendo a tanti esseri umani, tutti nostri fratelli.

Questa tragedia, del tutto nuova, almeno in tali proporzioni, nel nostro secolo, turba la coscienza di tutti. Essa deve stimolare l'impegno di quanti hanno potere di influire, a livello nazionale ed internazionale, sia sulle vicende economiche, che sono causa di simili sconvolgimenti, sia soprattutto sulla sorte di tanti esseri umani coinvolti in avvenimenti in cui sono parte perdente e indifesa.

Con prontezza e con iniziative sempre più generose, gruppi, organizzazioni, governi hanno già risposto all'appello di lenire le sofferenze di quei nostri fratelli con soccorsi di prima necessità. Desidero rinnovare l'invito perché tale opera sia intensificata con impegno e risorse proporzionati alla gravità dei bisogni. Ne affido la riuscita all'intercessione della Vergine santissima, Rifugio dei tribolati, chiedendole che i profughi possano essere sollevati al più presto dalle loro angosce più gravi.


3. Desidero ora ricordare l'incontro che ho avuto nello scorso mese di ottobre con i Vescovi, in visita "ad limina" della Conferenza Episcopale Scandinava, la quale comprende le Comunità cattoliche della Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia.

Rinnovo a quei Presuli il mio grato apprezzamento per l'opera di animazione cristiana che essi svolgono nelle 5 diocesi e due Prelature, sulle orme dei grandi evangelizzatori e testimoni della fede che li hanno preceduti: i santi Ansgario, Canuto, Enrico, Olaf, Brigida e sua figlia Caterina.

In pari tempo saluto cordialmente tutti i fedeli di quelle nobili Nazioni, i quali sono una piccola minoranza, ma godono di grande stima e prestigio sia per la loro attiva presenza in campo educativo-assistenziale, sia anche grazie alle buone relazioni ecumeniche, che essi hanno saputo instaurare con i fratelli di altre confessioni cristiane, che formano la grande maggioranza dei Paesi scandinavi.

Invito i presenti ad unirsi a me nella preghiera per questi figli della Chiesa, invocando in modo particolare numerose vocazioni sacerdotali e religiose per le care comunità scandinave.

Uno speciale saluto desidero altresi rivolgere a tutti i pellegrini che sono venuti a Roma, in occasione del recente Concistoro, per far corona ai loro Pastori, chiamati a far parte del Sacro Collegio dei Cardinali. Carissimi, auspico che l'esperienza da voi vissuta in questi giorni lasci una traccia profonda nei vostri cuori, stimolandovi a rinnovata generosità nella pratica della fede cristiana. A voi e ai vostri cari la mia apostolica benedizione.

Celebrandosi oggi la Giornata per la vita, finalizzata alla difesa e alla promozione della vita nascente, voglio ricordare a tutti che l'intangibilità della vita costituisce il fondamento di ogni diritto. Vano sarebbe promuovere la qualità della vita se non si riconosce il diritto del concepito a vivere. Meritano quindi apprezzamento e appoggio tutte quelle realta associative, come il Movimento per la vita e i Centri di aiuto alla vita che, basate interamente sul volontariato, nell'intento di salvare le piccole vite in pericolo, sono concretamente vicine alle madri in difficoltà. Saluto di cuore i rappresentanti del Movimento che sono in questa Piazza e li benedico.

Ed ora rivolgo il mio pensiero ad una iniziativa che mi sta particolarmente a cuore. Domenica prossima, 13 febbraio, la diocesi di Roma ricorderà l'assillante problema della costruzione di nuove chiese nei quartieri periferici della città. Carissimi fratelli e sorelle, vi è nota l'importanza di un numero sufficiente di chiese per un'ordinata azione pastorale. Sottopongo alla vostra considerazione questo grave problema, invitandovi ad offrire, insieme con fervorose preghiere, il vostro contributo per una sua adeguata soluzione. Sono fiducioso nella generosità dei romani, i quali non possono dimenticare l'esempio delle generazioni cristiane del passato che eressero in quest'alma città i mirabili templi che ne costituiscono il giusto vanto. Con la mia benedizione apostolica.

Data: 1983-02-06 Data estesa: Domenica 6 Febbraio 1983

Omelia nella parrocchia di Santa Marcella - Roma

Titolo: Il cristiano deve saper affrontare situazioni difficili e scoraggianti




1. Cari fratelli e sorelle! Seguiamo oggi le letture della Liturgia domenicale cercando di scoprire ciò che le unisce internamente.

Ecco - nella prima Lettura - il profeta Isaia che diventa testimone della presenza di Dio che è tre volte santo. Gli Angeli, i puri spiriti, rendono testimonianza a questa santità e alla gloria di Dio: "Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria" (Is 6,3).

Ed ecco che il profeta si rende consapevole dinanzi a questa visione di essere egli stesso un uomo indegno: "Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito" (Is 6,5).

Resosi egli consapevole della sua indegnità, "uno dei serafini" gli tocco le labbra con un carbone che aveva preso dall'altare e disse: "E' scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato" (Is 6,7). così in quella visione, il profeta sperimenta la santità di Dio, la propria umana peccaminosità e il perdono.

In questo modo anch'egli viene preparato affinché Dio gli affidi la sua missione: "Eccomi, manda me" (Is 6,8).


2. In altro modo Simon Pietro sperimenta la santità di Dio e la propria peccaminosità. Ciò accade nei pressi del lago di Genesaret, o piuttosto già sul lago, quando, sulla parola di Cristo, gli Apostoli hanno preso il largo per la pesca. Lo hanno fatto esclusivamente per ordine di Cristo; infatti loro stessi piuttosto dubitavano dell'efficacia dei loro sforzi messi in atto nel corso della notte precedente.

E quando questa volta "presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano", e dovevano cercare l'aiuto di un'altra barca, allora Simon Pietro "si getto alle ginocchia di Gesù, dicendo: Signore, allontanati da me che sono un peccatore" (Lc 5,6 Lc 5,8).

Come nel passato al profeta, così ora a lui si è rivelata la sovrana presenza di Dio nel creato: si è manifestata nella pesca miracolosa. E attraverso questa presenza egli sperimenta, così come una volta Isaia, la santità di Dio insieme con la propria peccaminosità umana. Sperimenta l'una mediante l'altra. E così, come il profeta - dopo questa esperienza purificatrice - sente le parole: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini" (Lc 5,10). E' stato mandato dal Signore.


3. San Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi, ricorda come Cristo, dopo la sua risurrezione, apparve in diversi luoghi ai suoi discepoli. E aggiunge: "Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto" (1Co 15,8).

Di nuovo l'esperienza della santità di Dio va insieme col senso della propria peccaminosità. Paolo confessa che non è "degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ha perseguitato la Chiesa di Dio". E aggiunge: "Per grazia di Dio, pero sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io pero, ma la grazia di Dio che è con me" (1Co 15,9 1Co 15,10).

La descrizione di Paolo ha carattere retrospettivo. L'Apostolo fa riferimento alla sua conversione, presso le porte di Damasco. Egli sperimento allora direttamente la santità e la potenza del Risorto, e allo stesso tempo la propria peccaminosità. In seguito, questa esperienza vive in lui e si sviluppa: ecco che è consapevole della grandezza della grazia, che opera in lui. E' fedele a questa grazia, collabora con essa, lavora anche più degli altri. Tuttavia è convinto di non essere lui, ma la grazia di Dio in lui ad operare ciò che fa.


4. Nella liturgia odierna tocchiamo i problemi più profondi. I problemi che sono più importanti in ogni uomo. I rapporti che si svolgono tra Dio stesso e l'anima dell'uomo. Si svolgono sempre, anche se a volte diventano particolarmente eloquenti ed espressivi. Allora avviene sempre che l'uomo ci veda più chiaro: da una parte l'infinita santità di Dio; dall'altra la propria debolezza e indegnità.

Si può dire che l'uomo vede allora Dio e se stesso nella luce più piena. E allora si compie una speciale conversione. L'uomo si rivolge a Dio con maggior forza di convinzione e interna dedizione. A pari passo di ciò avviene il distacco da sé e la più profonda purificazione.

L'esempio del profeta Isaia, l'esempio di Simon Pietro lo indicano con grande semplicità e potenza. Le parole di san Paolo provano come l'uomo, profondamente convertito a Dio, vive sempre con la sua santità e grazia.


5. La vostra parrocchia, che ho la gioia di visitare oggi, costituisce la comunità degli uomini battezzati, per i quali l'esempio del profeta Isaia, di Simon Pietro e di Paolo di Tarso deve essere vicino e attraente. Infatti, che cosa è più importante se non vivere nella carità della interiore comunione con Dio, per poter coltivare in se stessi la sua srazia e collaborare sempre con essa? Ogni cristiano è chiamato alla santità, come ha ricordato l'ultimo Concilio Vaticano II. E la comunità cristiana deve distinguersi sia con il vivo desiderio della santità, sia pure con una particolare venerazione di ciò che è santo. Bisogna sviluppare in se stessi questa venerazione e sostenerla, anche nelle manifestazioni quotidiane della vita, come per esempio il modo di comportarsi nei luoghi sacri, in particolare dinanzi al Santissimo Sacramento, o il modo di esprimersi, specie quando si tratta di pronunciare i nomi dei Santi. Se ci accompagna il senso profondo della santità di Dio, allora tutta la nostra vita assume quasi una nuova forma e una nuova dignità.

Vi auguro cordialmente che in questa direzione vadano gli sforzi sia di ognuno dei membri della vostra Comunità parrocchiale, sia il lavoro dell'intera Comunità.


6. Sono lieto di essere con voi in questa domenica e saluto cordialmente tutti: il Cardinale Vicario, il parroco, i sacerdoti, i religiosi e religiose, i fedeli tutti.

Come ogni parrocchia, anche voi avete i vostri problemi: penso al problema di trasmettere e recepire l'unico e universale messaggio di Cristo pur nella varietà di una popolazione molto differenziata dal punto di vista socio-culturale, e quindi alla necessità di saper adattare le forme espressive alla varietà degli ambienti, senza intaccare l'integrità dei contenuti. Penso al problema della solitudine degli anziani, al problema alla formazione dei giovani, forse attratti o tentati da ideali di benessere materialista ed egoista, che ne ha portati alcuni fino alla terribile esperienza della droga.

Miei cari fratelli e sorelle, sono convinto che nella vostra Comunità parrocchiale non mancano le forze umane e soprannaturali per affrontare e gradualmente risolvere tali gravi problemi. So dell'esistenza di numerosi gruppi parrocchiali laicali e Comunità religiose, nonché dell'impegno libero e personale di altri fedeli. Ebbene, si tratta, io credo, di accentuare soprattutto la vostra apertura missionaria, in unità e reciproca complementarietà d'intenti, con fiducia e perseveranza, con una testimonianza di amore alla verità, di conversione, di giustizia e di carità. Comunicare al mondo l'esperienza della santità e della potenza di Dio, inscindibilmente connessa con quella della propria indegnità, come c'insegnano le Letture della Liturgia di oggi. Da dove sono scaturite le grandi opere di carità di Santa Marcella, se non da questa esperienza, propria del cristiano, attinta e fondata sulla Parola di Dio contenuta nella Scrittura? Come dimostra tutta la storia del cristianesimo, il cristiano è fatto per affrontare le situazioni e i problemi più difficili e scoraggianti, quelli ai quali la società terrena non sa o non vuole far fronte. Uno di questi problemi è oggi quello della droga. Il cristiano, davanti a un problema come questo, non può lasciarsi prendere dal fatalismo e da quel senso d'impotenza che può esser proprio di chi non ha fede. Il cristiano, nonostante la sua debolezza e indegnità, è chiamato ad essere, con la potenza di Cristo, un "pescatore di uomini", un salvatore dell'uomo.


7. Quando Simon Pietro sperimento la potenza di Dio nella meravigliosa pesca, rivolse la parola a Cristo: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore".

Queste parole furono una confessione della santità del Maestro e della propria indegnità. Ma Gesù disse a Simone: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini". E l'Evangelista aggiunge: "Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono" (Lc 5,8 Lc 5,10 Lc 5,11).

L'esperienza della santità di Dio e della propria peccaminosità non allontana l'uomo da Dio, ma lo avvicina a lui. Anzi, l'uomo convertito diventa confessore e apostolo. Le intenzioni di Dio gli diventano vicine e care. E la sua vita assume il più pieno significato e valore.

Che noi tutti possiamo in questa vita avvicinarci sempre a Dio e diffondere nel nostro mondo umano il suo Vangelo.

Data: 1983-02-06 Data estesa: Domenica 6 Febbraio 1983



Ad un Convegno delle Comunità neocatacumenali

fratelli carissimi!


1. Sono lieto di avere oggi la possibilità di incontrare un gruppo di aderenti alle Comunità neocatecumenali, riuniti a Roma per meditare insieme su: "La riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa", che è il tema del prossimo Sinodo dei Vescovi. Saluto i Vescovi, i Parroci e Sacerdoti qui presenti, che per l'occasione sono venuti da tutti i continenti.

La mia desidera essere una parola di riflessione sulla esperienza spirituale ed ecclesiale che intendete compiere, perché vi sia di sprone a un impegno sempre più grande nell'offrire, entro il contesto del mondo contemporaneo, un esempio limpido e schietto di profonda fede cristiana, vissuta costantemente in intima, docile e lieta unione con i Pastori della Chiesa.

La vostra vuole essere fondamentalmente una testimonianza di annuncio del messaggio evangelico, che ha come centro la proclamazione che Gesù di Nazaret è il Messia, il Signore, il Figlio di Dio, incarnato, morto e risorto per la nostra salvezza. "L'evangelizzazione - ha detto Paolo VI - conterrà sempre... - come base, centro e insieme vertice del suo dinamismo - una chiara proclamazione che, in Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, morto e risuscitato, la salvezza è offerta ad ogni uomo, come dono di grazia e misericordia di Dio stesso" (EN 27). Una delle tipiche manifestazioni della vostra comunità è proprio l'evangelizzazione svolta in Paesi ed ambienti che o non hanno mai sentito l'annuncio cristiano o sono diventati quasi sordi ed opachi a tale annuncio, per il prevalere di ideologie, concezioni, comportamenti di rifiuto o di indifferenza nei confronti dello stesso "problema di Dio". Ecco perché voi intendete preparare e formare dei catechisti, i quali dovranno cercare anzitutto di approfondire e vivere personalmente, per poi farne partecipi gli altri, il mistero di Cristo. "Catechizzare - ho scritto nella esortazione apostolica circa la catechesi nel nostro tempo - è, in un certo modo, condurre qualcuno a scrutare questo mistero in tutte le sue dimensioni... svelare nella persona di Cristo l'intero disegno eterno di Dio, che in essa si compie... Lo scopo definitivo della catechesi è di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù Cristo: egli solo può condurre all'amore del Padre nello Spirito e può farci partecipare alla vita della Santa Trinità" (CTR 5).

Mi è noto l'impegno delle vostre comunità nell'opera meritoria della catechesi. In questi anni le Conferenze Episcopali hanno intensificato i loro sforzi in questo campo di eccezionale importanza per la vita stessa del Popolo di Dio. Seguire i metodi, le indicazioni, gli itinerari, i testi offerti dagli Episcopati, come pure esercitare il ministero della catechesi nella comunione e nella disciplina ecclesiale, con riguardo al ministero fondante del Vescovo e dei presbiteri a lui associati, sarà un prezioso aiuto per la vostra catechesi a tutti i livelli e procurerà certamente grandi frutti spirituali tra i fedeli.

Fine specifico di ogni opera e forma di catechesi sarà quello di far germinare, crescere, sviluppare, il seme della fede, deposto dallo Spirito Santo col primo annuncio, ed efficacemente trasmesso col Battesimo.


2. Nelle vostre comunità voi volete approfondire, non solo a livello teoretico, ma, in modo del tutto speciale, la dimensione vitale, il significato, il valore, la ricchezza, le esigenze del Battesimo, il sacramento che è condizione necessaria alla salvezza; che unisce alla morte, alla sepoltura e alla risurrezione del Salvatore; che fa vivere la vita stessa di Cristo, che trasforma il battezzato in tempio dello Spirito, in figlio adottivo del Padre celeste, in fratello ed erede del Cristo, in membro del Corpo di Cristo, che è la Chiesa. Tale approfondimento è volto alla riscoperta e alla valorizzazione delle ricchezze proprie del Battesimo, ricevuto di norma nell'infanzia, e al quale, pertanto, è necessario far riferimento non come ad un fatto puramente giuridico, ma come al vero momento fondante di tutta la vita cristiana. Coltivando quella che potremo chiamare una "spiritualità battesimale", voi intendete animare, indirizzare, fecondare il vostro itinerario di fede, quale logico sviluppo delle esigenze intrinseche del Sacramento, così che la vostra testimonianza sia sempre più autentica, sincera, coerente, operosa, e perché possiate essere sempre più disponibili a rispondere prontamente all'appello divino.

Tale disponibilità si deve manifestare nella continua meditazione e nel religioso ascolto della Sacra Tradizione e della Sacra Scrittura, che costituiscono "un solo e sacro deposito della Parola di Dio affidata alla Chiesa" (DV 10). Ne consegue l'esigenza di un costante e serio lavoro di approfondimento personale e comunitario della Parola di Dio e dell'insegnamento del Magistero della Chiesa, anche mediante la partecipazione a seri corsi biblici e teologici. Tale impegno di studio e di riflessione si manifesta quanto mai necessario per chi, dovendo svolgere il compito di catechista, ha il dovere di alimentare i propri fratelli con un solido cibo spirituale.

Tenete sempre presente la solenne e vigorosa affermazione del Concilio Ecumenico Vaticano II: "La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella Sacra Liturgia, di nutrirsi del Pane della vita dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli" (DV 21). Da Cristo Parola a Cristo Eucaristia, perché il Sacrificio eucaristico è la fonte, il centro e il culmine di tutta la vita cristiana.

Celebrate l'Eucaristia e, soprattutto, la Pasqua, con vera pietà, con grande dignità, con amore per i riti liturgici della Chiesa, con esatta osservanza delle norme stabilite dalla competente autorità, con volontà di comunione con tutti i fratelli.


3. La vostra disponibilità all'appello divino si deve manifestare altresi nella continua, quotidiana, instancabile preghiera, espressione anzitutto dell'adorazione, che l'uomo fragile, debole, consapevole della propria contingenza e della propria creaturalità, offre a Dio, il Trascendente, l'Infinito, l'Onnipotente, il Creatore, ma anche il Padre amorevole e misericordioso; preghiera che, pertanto, diventa anche dialogo intimo ed affettuoso tra il figlio e il Padre. Preghiera che diviene coro supplichevole nel "Pater noster", insegnatoci da Gesù stesso; preghiera che diviene solenne e cosciente professione di fede cristiana nel Credo o Simbolo apostolico; preghiera che trova nei Salmi le varie e complesse sfumature interiori con cui l'orante - il Popolo della Promessa, il nuovo Popolo eletto cioè la Chiesa, il cristiano nelle varie situazioni spirituali - può rivolgersi a Dio, sua speranza, sua roccia, sua salvezza: "Se il Salmo prega - ci suggerisce sant'Agostino - pregate; se geme, gemete; se esulta, esultate; se spera, sperate; se teme, temete. Tutte le cose che sono scritte qui, sono il nostro specchio" ("Enarr. in Ps. XXX", II, s. III, 1: CCL 38, 213).


4. La vostra disponibilità all'appello divino si manifesta nel realizzare, giorno dopo giorno, la parola esigente di Gesù: "Convertitevi e credete al Vangelo!" (Mc 1,15). Questa conversione, questo "cambiamento di mentalità", è anzitutto rifiuto del vero male, il peccato, che ci allontana da Dio. Questa conversione è un continuo cammino di ritorno alla casa del Padre, come quello del figlio prodigo (cfr. Lc 15,11-32). Questa conversione trova il suo segno salvifico nel Sacramento della Penitenza o della Riconciliazione. "La libertà dal peccato - ho scritto nella Bolla di indizione del Giubileo per il 1950° anniversario della Redenzione - è... frutto dell'esigenza primaria della fede in Cristo Redentore e nella sua Chiesa... A servizio di questa libertà il Signore Gesù ha istituito nella sua Chiesa il Sacramento della Penitenza, perché coloro che hanno commesso peccato dopo il Battesimo siano riconciliati con Dio, che hanno offeso, e con la Chiesa stessa, che hanno ferito" ("Aperite Portas Redemptori", 5).

Il ministero della Riconciliazione - questo dono mirabile della infinita misericordia di Dio - è affidato a voi, Sacerdoti. Siatene ministri sempre degni, pronti, zelanti, disponibili, pazienti sereni, attenendovi con fedele diligenza alle norme stabilite in materia dall'autorità ecclesiastica. I fedeli potranno così trovare in tale Sacramento un autentico segno e strumento di rinascita spirituale e di letificante libertà interiore.

E voi, fratelli tutti, celebrate il Sacramento della Riconciliazione con grande fiducia nella misericordia di Dio, in piena adesione al ministero e alla disciplina della Chiesa, con la confessione individuale, come ripetutamente raccomanda il nuovo Codice di diritto canonico, per il perdono e la pace dei discepoli del Signore e come annuncio efficace della bontà del Signore per tutti.


5. Lungo il vostro itinerario spirituale cercate di armonizzare le esigenze "catecumenali" con l'impegno della necessaria dedizione ai fratelli, alla famiglia, ai doveri professionali e sociali. Soprattutto non cedete alla tentazione di chiudervi in voi stessi, isolandovi dalla vita della Comunità parrocchiale o diocesana, giacché soltanto da un effettivo inserimento in quegli organismi più vasti possono derivare autenticità ed efficacia al vostro impegno apostolico.

Non voglio chiudere queste mie riflessioni senza ricordare a voi e alle Comunità che rappresentate quanto ho detto di recente in occasione della presentazione ufficiale dei nuovo Codice di diritto canonico: il cristiano deve disporre il proprio animo ad accoglierlo e a metterlo in pratica. Le leggi sono munifico dono di Dio e la loro osservanza è vera sapienza. Il diritto della Chiesa è un mezzo, un ausilio e anche un presidio per mantenersi in comunione col Signore. Pertanto le norme giuridiche, come anche quelle liturgiche, vanno osservate senza negligenze e senza omissioni.

Sono sicuro che le vostre Comunità, animate dal fervore di distinguersi nella celebrazione del Battesimo, dell'Eucaristia e della Penitenza, vogliano anche distinguersi, sotto la guida della Chiesa, in questo impegno di fedeltà alla disciplina comune.

Carissimi fratelli! Mentre presento questi miei pensieri alla vostra riflessione, invoco l'abbondanza della grazia divina su voi qui presenti e su tutte le comunità che rappresentate. Affido tutti a Maria santissima, esempio incomparabile di fede ardente e di docile accoglienza della volontà di Dio.

Essa, che "avanzo nella peregrinazione della fede e serbo fedelmente la sua unione al Figlio sino alla croce" (LG 58), vi conforti col suo materno sorriso nel quotidiano cammino della sequela di Cristo.

Con la mia benedizione apostolica.

Data: 1983-02-10 Data estesa: Giovedi 10 Febbraio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Esequie del Cardinale Antonio Samorè - Città del Vaticano (Roma)