GPII 1983 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Quaresima è tempo di catechesi per tutti i battezzati




1. "Lode e onore a te, Signore Gesù! / Lode a te, Verbo di Dio!".

Nel periodo di Quaresima ripetiamo, quasi ogni giorno, queste parole nella Santa Messa. Desideriamo in questo modo manifestare la nostra venerazione per la Parola di Dio, che parla a noi con forza particolare in questo periodo.

Desideriamo manifestare la prontezza interiore nell'accogliere questa Parola. Che essa venga a noi in tutta la sua verità. Che penetri in profondità nei nostri cuori e nelle nostre coscienze. Che ci illumini. Che ci converta. Che ci liberi.

La Quaresima è sempre stata un periodo di grande catechesi. Nei primi secoli si faceva la catechesi dei catecumeni. Oggi pure essa si fa per coloro che si preparano al Battesimo. Ed è contemporaneamente, la catechesi di tutti i battezzati, perché nel loro Battesimo scoprano sempre di nuovo la potenza della Croce: della morte e della risurrezione di Cristo.


2. "Lode a te, Verbo di Dio!".

Nel corso della Quaresima 1983, nella solennità della Annunciazione del Signore, che ci ricorda l'Incarnazione del Verbo eterno, il Vescovo di Roma aprirà il Giubileo straordinario della Redenzione. Prego tutti i miei fratelli nell'Episcopato, perché nello stesso periodo aprano il Giubileo nelle loro Cattedrali.


3. "Lode a te, Verbo di Dio!".

Raccomando inoltre alla vostra preghiera, cari fratelli e sorelle, gli esercizi quaresimali, che oggi pomeriggio iniziano in Vaticano. Che la Parola di Dio penetri profondamente nei cuori di tutti i partecipanti a questi sacri esercizi.


4. Nella serie dei saluti alle Conferenze episcopali, venute in visita "ad limina Apostolorum" l'anno scorso, oggi, mi è caro menzionare i Vescovi della Gran Bretagna. Essi sono suddivisi, com'è noto, in due Conferenze episcopali: quella di Inghilterra e Galles, e quella di Scozia. La prima esprime e guida una comunità cattolica, che è un po' inferiore al 10 per cento della popolazione totale, ma che ha dato un buon numero di sacerdoti diocesani, di religiosi e religiose, oltre ad un laicato molto preparato. La formazione del clero diocesano, in particolare, dispone di 4 Seminari maggiori, più tre all'estero, di cui due sono qui a Roma. E, grazie a Dio, le vocazioni non mancano.

La Conferenza episcopale in Scozia comprende 2 arcidiocesi e 6 diocesi, per una comunità cattolica che supera il 15 per cento della popolazione. I Seminari maggiori per i sacerdoti secolari sono due, più due all'estero, di cui uno a Roma. E anche là le vocazioni sono sufficienti.

Confido che la mia visita pastorale in Gran Bretagna dello scorso anno abbia contribuito, da una parte, a confermare i cattolici nella loro fede, e, dall'altra, a gettare nuovi e solidi ponti per un dialogo costruttivo con le altre confessioni cristiane.

Vi invito, pertanto, a pregare oggi per quei fratelli nella fede e per i loro benemeriti Vescovi, nel vincolo misterioso ma reale della comunione dei santi.

(Al termine il Santo Padre ha aggiunto:) Desidero ora ricordare una data: giovedi prossimo 24 febbraio, ricorrerà il centenario della nascita del compianto Cardinale Amleto Giovanni Cicognani, esemplare figura di uomo di Chiesa, grande servitore della Santa Sede. Egli, per un quarto di secolo, fu Delegato Apostolico negli Stati Uniti d'America, dove seppe farsi tanto stimare e amare per la sua azione intelligente, rispettosa e dinamica. Qui voglio specialmente riferirmi all'opera da lui svolta durante l'ultimo conflitto mondiale, per lenire tante sofferenze ed essere col Papa artefice di pace.

Egli fu poi Segretario di Stato dei Sommi Pontefici Giovanni XXIII e Paolo VI. Papa Giovanni ammirava di lui la dirittura, il disinteresse, la serenità del giudizio, la devozione senza limiti della Chiesa. Paolo VI ne esalto "i sentimenti di fedeltà, di bontà, di pietà, limpidi e forti verso la Sede Apostolica, al cui servizio egli spese... tutta la sua vita". Io ricordo del Cardinale Cicognani l'attività solerte durante gli anni del Concilio. Egli fu Presidente della Commissione di coordinamento che diresse i lavori dell'Assise Ecumenica dal 1962 al 1965.

Di questa figura di Sacerdote, che amo con tutte le forze la sua vocazione, ho voluto commemorare i meriti e additare l'esempio, innanzi tutto ai giovani chiamati al Sacerdozio, affinché siano anch'essi di gloria e di consolazione alla Chiesa.

Data: 1983-02-20 Data estesa: Domenica 20 Febbraio 1983

Al Centro "Volontari della sofferenza" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera in vista del Convegno internazionale

Al Reverendo Signore Monsignor Luigi Novarese, Direttore del Centro "Volontari della sofferenza".

Ho appreso con vivo compiacimento la notizia dello svolgimento del prossimo Convegno internazionale dei Silenziosi Operai della Croce, Centro "Volontari della sofferenza", che si terrà a Re, in diocesi di Novara, presso il Santuario della Madonna del Sangue, sul tema generale: "Gli ammalati realizzatori e apostoli dell'Amore misericordioso del Cuore di Gesù".

A lei, Monsignore, e a quanti con lei si sono fatti promotori di codesta opportuna iniziativa, nel quadro dell'Anno Giubilare della Redenzione, voglio anzitutto esprimere la mia grata benevolenza, assicurando altresi la mia presenza spirituale all'incontro, che è stato posto all'insegna luminosa della Croce.

Mi auguro che gli argomenti che saranno presentati alla riflessione di un così singolare uditorio, quale è quello degli ammalati che hanno fondato la loro vita sull'accettazione del sacrificio, sulla santificazione del dolore e sulla capacità di donarsi agli altri, siano di stimolo e di conforto non solo per saper sopportare coraggiosamente le proprie infermità, ma anche perché, uscendo dal loro isolamento, possano ancor meglio temprarsi nello spirito ed essere così sempre più in grado di dare agli altri fratelli infermi coraggio, sostegno, speranza e gioia di vivere.

Essi che portano nel loro corpo le "stigmate di Cristo (cfr. Ga 6,17) e che hanno imparato ad anteporre le ragioni della vita alla stessa vita, sono certamente più consapevoli della grandezza dell'amore misericordioso che Dio ha testimoniato al mondo in Cristo Gesù, Crocefisso e Risorto. Che la grazia di Dio dilati sempre più tale amore, che purifica e redime, secondo la larghezza, l'altezza e la profondità di quello di Gesù, che, morendo per gli altri, è diventato causa di salvezza e fonte di misericordia.

Solo se essi porteranno a tale vertice l'amore, faranno trionfare quella giustizia superiore, di cui il Maestro divino è, nel Vangelo, protagonista e banditore. Se sapranno effettivamente saldare il loro cuore col Cuore di Gesù, squarciato per amore degli uomini, allora saranno con lui apostoli e benefattori dell'umanità: Naturalmente tutta l'efficacia di questa missione, che tocca l'intimo della Chiesa, dipende dalla misura in cui essi sapranno guardare al Crocefisso e "contemplare con gli occhi dell'anima le sue ferite, le sue cicatrici, il suo sangue di morente", se sapranno "configgere nel loro cuore Colui che per loro è stato confitto sulla croce" (cfr. S. Agostino, "De Sancta Virginitate", 54-55: PL 40, 427-428). Questa contemplazione mistica darà alla sofferenza una nota caratteristica e, a prima vista, paradossale, quella cioè della gioia, come confessava l'apostolo Paolo: "Sovrabbondo di gioia in mezzo alle tribolazioni (2Co 7,4).

Tale vertice di amore misericordioso è tutt'altro che raro anche ai nostri giorni: è nota infatti la figura del Servo di Dio Giunio Tinarelli, Silenzioso Operaio della Croce, che ha saputo così eloquentemente testimoniare l'autentica gioia cristiana, pur in mezzo ad atroci sofferenze; così pure la Serva di Dio Faustina Kowalska, vissuta a Wilno, la quale nel Natale del 1937 ebbe a dire: "Nel momento delle crisi più acute, vado in spirito al Tabernacolo, prendo il ciborio, prego, soffro e piango, e quando il calice è pieno di lacrime mi sento meglio e sono felice vicino al Signore" (cfr. Maria Wnowska, "Icona dell'Amore Misericordioso", p. 309).

Esorto i cari ammalati a scoprire queste ricchezze soprannaturali, che costituiscono le trame segrete, su cui poggiano la vita e la fecondità della Chiesa, corpo mistico del Cristo Crocifisso e Risorto. La Chiesa si attende molto da questo apporto spirituale che è essenziale alla sua vitalità e al suo espandersi in tutta la terra: occorre raddoppiare tale impegno, perché anche il buon esito dell'Anno Giubilare della Redenzione dipenderà in gran parte dalle "preghiere, privazioni e sofferenze" di quanti sono provati dal dolore, come ho già detto nella Bolla di indizione "Aperite portas Redemptori" (n. 6).

Implorando su di lei, su ciascun ammalato, sugli organizzatori, sui relatori e in particolare su Monsignor Enrico Romolo Compagnone, che presiede al Convegno, abbondanti grazie celesti, di gran cuore imparto la confortatrice benedizione apostolica, in segno della mia benevolenza.

Dal Vaticano, 24 febbraio 1983.

Data: 1983-02-24 Data estesa: Giovedi 24 Febbraio 1983

Al termine degli Esercizi spirituali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Conclusi in Vaticano gli Esercizi spirituali

Dobbiamo ringraziare, e vogliamo ringraziare soprattutto Cristo per il dono che ci ha fatto durante i giorni scorsi: il dono di essere stati Chiesa in un senso tutto speciale; Chiesa in ascolto: Chiesa, così simile alla Vergine, in ascolto. Simile alla Madre di Cristo: Chiesa nella maternità che si manifesta verso tutti coloro che ascoltano la Parola di Dio. L'abbiamo ascoltata non soltanto con i nostri organi fisici, ma l'abbiamo ascoltata con il nostro cuore, con la nostra coscienza. Dobbiamo ringraziare il Signore che ci ha permesso di formare, durante questi giorni, la sua Chiesa: Chiesa che ascolta e prega. Siamo stati uniti in una comunione specifica, l'unica che possiamo vivere durante tutto l'anno liturgico; in una comunione di preghiera, di riflessione, di mutua apertura, benché potessimo esteriormente sembrare chiusi, per il silenzio dovuto alle esigenze degli Esercizi spirituali.

Per tutto questo dobbiamo ringraziare: per le mutue preghiere. E specialmente voglio ringraziarvi, carissimi fratelli, per la preghiera che ogni giorno ha accompagnato la persona e il ministero del Vescovo di Roma. Ma, tra i presenti dobbiamo e vogliamo soprattutto ringraziare di gran cuore il nostro predicatore degli Esercizi. Gli diciamo il nostro grazie profondo e sentito per il fatto che egli, Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, ha voluto accettare questo compito pastorale, questo compito spirituale. In tal modo egli ha dato a tutti un esempio. E vogliamo ringraziarlo per la teologia degli Esercizi nella quale ci ha introdotti, giorno per giorno, conferenza per conferenza, meditazione dopo meditazione.

Entro questa teologia degli Esercizi - che è stata anche, per noi, esercizio di teologia - ci ha guidati il nostro carissimo fratello Giuseppe facendocene vedere il cammino profondo e semplice nei grandi temi cristologici, ecclesiologici, liturgici, spirituali (specialmente in quanto toccano la spiritualità del sacerdozio). Egli ci ha guidati con una grande esperienza, l'esperienza di un grande teologo che vuol fare sempre della teologia un nutrimento degli animi, degli intelletti, dei cuori, e così ci ha mostrato questa teologia degli Esercizi, toccando i punti - possiamo ben dirlo - nevralgici; avvicinandoci a questi punti con un metodo teologico che rifletteva e dimostrava la profondità e insieme la semplicità delle questioni toccate. Abbiamo seguito il suo cammino intellettuale e spirituale, col quale ha voluto portare una luce più profonda sui misteri della nostra fede e fare di essi un nutrimento per la nostra fede e per la nostra condotta cristiana e sacerdotale. Dal più profondo del cuore vogliamo ringraziare per questo dono, durato cinque giorni e più. Al nostro predicatore possiamo offrire solamente, insieme col ringraziamento, la preghiera: l'assicurazione che la nostra preghiera lo accompagnerà nei suoi compiti ordinari, così importanti per la Chiesa di oggi. Vogliamo anche augurargli - augurandolo contemporaneamente a tutti noi - che della sua parola si dica come della Parola di Dio: che discende per non tornare vuota.

Con la Parola biblica egli ci ha spiegato il mistero della Vergine, dando un senso profondamente mariologico a questa espressione biblica dell'Antico Testamento. Ecco, noi vogliamo mantenere qualcosa di questo elemento mariano, di questa Vergine che ha saputo accogliere il seme della Parola divina per partorirla.

Con queste parole voglio augurare a tutti noi che perdurino i frutti dei nostri Esercizi spirituali, e augurare al nostro predicatore i frutti più abbondanti del suo lavoro, nel suo seminare.

Da tutte queste riflessioni torniamo pieni di gratitudine verso il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. E questa gratitudine si esprime anche in una benedizione: possiamo dire che questa benedizione si è diffusa ogni giorno e in ogni momento nella nostra assemblea, l'ha penetrata e permeata continuamente. Si esprima adesso in una formula liturgica piena di quel contenuto degli Esercizi spirituali, che abbiamo vissuto insieme in questi giorni.

Data: 1983-02-26 Data estesa: Sabato 26 Febbraio 1983

Al tribunale della Sacra Romana Rota - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: S'accresca la funzione per l'esemplare qualità del lavoro compiuto




1. Sono vivamente grato a Monsignor Decano per le nobili espressioni con le quali ha interpretato i comuni sentimenti e ha posto in evidenza difficoltà e prospettive della complessa attività, a cui voi tutti attendete con generosa dedizione. Questo annuale incontro mi è gradita occasione per rivolgere, innanzitutto, un cordiale saluto a quanti spendono le loro energie in questo delicato settore della vita della Chiesa: a lei, Monsignor Decano, al Collegio dei Prelati Uditori, che compongono il Tribunale, agli altri Officiali, che vi hanno parte, e alla schiera degli Avvocati Rotali, che vedo qui largamente rappresentata. Sono lieto di poter rendere onore, con animo riconoscente, alle persone che fanno dell'amministrazione della giustizia nel nome di questa Sede Apostolica la loro professione.

La circostanza mi offre altresi l'opportunità di intrattenermi con voi, com'è consuetudine, su quegli aspetti del vostro lavoro che sembrano meritare, di anno in anno, maggiore attenzione. Il nostro odierno incontro avviene a pochi giorni dall'atto solenne della promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico che, come dicevo nella costituzione "Sacrae disciplinae leges", "va riguardato come lo strumento indispensabile per assicurare ordine sia nella vita individuale e sociale, sia nell'attività stessa della Chiesa" (cfr. AAS, 75 (1983), 11).

Al termine del lungo e meritorio lavoro di riforma delle leggi della Chiesa, penso che si possano ripetere, con giudizio retrospettivo di verità, le parole che il mio predecessore Paolo VI vi rivolgeva il 12 febbraio 1968, riferendosi proprio alla revisione del Codice: "La vasta e multiforme esperienza accumulata dal vostro Tribunale in questi ultimi anni, vi mette in grado, oggi come in passato, di fornire un materiale copioso e qualificato per la nuova legislazione. Non soltanto, come è evidente, la parte dedicata alla struttura e dinamica del processo canonico e alla dogmatica del matrimonio, ma anche gli stessi principi e gli istituti fondamentali del Diritto Canonico potranno essere individuati in maniera più genuina e definiti in termini più sicuri con l'apporto della dottrina contenuta nelle vostre decisioni. Attraverso queste filtreranno nel nuovo Codice i risultati felicemente raggiunti dalla più recente elaborazione del diritto civile delle Nazioni, così come i dati acquisiti dalla scienza della medicina e della psichiatria. Il senso profondamente umano che ispira le vostre Sentenze contribuirà a illuminare il mistero dell'uomo e del cristiano di oggi, colui cioè che sarà il destinatario del rinnovato Codice, colui al quale la nuova legislazione dovrà offrire una chiara traccia e un valido aiuto per vivere coraggiosamente le verità evangeliche e la propria vocazione nella Chiesa di Cristo" (AAS, 60 (1968) 205-206).

Mi sembra che l'auspicio di Paolo VI si sia ampiamente avverato nei testi legislativi del nuovo Codice: la dottrina ecclesiologica, conforme agli orientamenti del Vaticano II, e le indicazioni pastorali in esso contenute gli assicurano una ricchezza stimolante e un'aderenza concreta alla realtà, che meritano di essere poi generosamente applicate alla vita della Chiesa.


2. Desidero ora in particolare sottolineare alcuni elementi che interessano l'importante e insostituibile lavoro che la Sacra Romana Rota, Tribunale ordinario del Romano Pontefice, svolge per il bene di tutta la Chiesa.

Mi riferisco innanzitutto a quanto il nuovo Codice di Diritto Canonico afferma al CIC 22 § 1: "Christifidelibus competit ut iura, quibus in Ecclesia gaudent, legitime vindicent atque defendant in foro competenti ecclesiastico ad normam iuris". E al paragrafo seguente viene precisato: "Christifidelibus ius quoque est ut, si ad iudicium ab auctoritate competenti vocentur, iudicentur servatis iuris praescriptis, cum aequitate applicandis". La Chiesa ha sempre affermato e promosso i diritti dei fedeli, e anzi nel nuovo Codice ne ha promulgato come una "carta fondamentale" (cfr. CIC 208-223), offrendo, nella linea di auspicata reciprocità tra diritti e doveri iscritti nella dignità della persona del "Christifidelis", le opportune garanzie giuridiche di protezione e di tutela adeguata.

Il ministero del giudice ecclesiastico è perciò quello dell'interprete della giustizia e del diritto. Inoltre, come dicevo nel discorso del 17 febbraio 1979, "il giudice ecclesiastico non solo dovrà tenere presente che l'esigenza primaria della giustizia è di rispettare le persone, ma, al di là della giustizia, egli dovrà tendere all'equità, e, al di là di questa, alla carità" ("Insegnamenti di Giovanni Paolo II", II (1979) 410).


3. Ma la tutela dei diritti personali di tutti i membri del Popolo di Dio, fedeli o pastori, non deve sminuire la promozione di quella comunione ecclesiale che si pone come istanza primaria di tutta la legislazione ecclesiastica, e che deve guidare tutta l'attività del Popolo di Dio. La Chiesa infatti è definita "sacramento di unità" (LG 1). Se quindi il fedele, come annotavo nel medesimo discorso, "riconosce, sotto l'impulso dello Spirito, la necessità di una profonda conversione ecclesiologica, trasformerà l'affermazione e l'esercizio dei suoi diritti in assunzione di doveri di unità e di solidarietà per l'attuazione dei valori superiori del bene comune" ("", II (1979) 412).

La tensione verso il bene comune e verso la corresponsabilità di tutti i membri della Chiesa nella costruzione di quella società ben compaginata che è portatrice di salvezza a tutti gli uomini, postula il rispetto dei ruoli di ciascuno, secondo il proprio statuto giuridico nella Chiesa, e l'efficace attività di tutte le funzioni pubbliche a cui è attribuita la "potestas sacra". E tutto ciò in prospettiva di una più profonda redenzione dell'uomo dalla schiavitù del peccato e dal mito di una libertà ingannatrice. Col richiamo del principio di autorità e nella necessità dell'ordinamento giuridico, nulla si sottrae al valore della libertà e alla stima in cui essa deve essere tenuta - affermava Paolo VI nel discorso del 29 gennaio 1970 -; si sottolineano bensi le esigenze di una sicura ed efficace tutela dei beni comuni, tra i quali quello fondamentale dell'esercizio della stessa libertà, che solo una convivenza bene ordinata può adeguatamente garantire. La libertà, infatti, che cosa varrebbe all'individuo, se non fosse protetta da norme sapienti e opportune? Con ragione affermava il grande Arpinate: "Legum ministri magistratus, legum interpretes iudices, legum denique idcirco omnes servi sumus ut liberi esse possimus"" (AAS 62 (1970) 115).

Anch'io, nella costituzione "Sacrae disciplinae leges", ho accennato alla falsa contrapposizione tra libertà, grazia e carismi, e legge della Chiesa; e ho dichiarato in proposito: "Stando così le cose, appare abbastanza chiaramente che il Codice non ha come scopo in nessun modo di sostituire la fede, la grazia e i carismi nella vita della Chiesa o dei fedeli. Al contrario il suo fine è piuttosto di creare tale ordine nella società ecclesiale che, assegnando il primato alla fede, alla grazia e ai carismi, renda più agevole contemporaneamente il loro organico sviluppo nella vita sia della società ecclesiale, sia anche delle singole persone che ad essa appartengono" (cfr. AAS 75 (1983) 11).


4. Quanto alla funzione del giudice e all'attività giudiziaria nella Chiesa, occorre rilevare che, prescindendo dal ruolo direttivo che il giudice per natura sua esercita in ogni processo, egli gode senza dubbio di una libertà decisoria, che il legislatore gli concede, e che chiama in causa, sia l'idoneità e la competenza (cfr. CIC 1420-1421 del nuovo Codice), sia l'osservanza precisa della procedura, a garanzia della corretta amministrazione della giustizia, sia la "coscienza" del giudice, poiché gli si chiede non solo la "moralis certitudo circa rem sententia definiendam", ma anche lo si avverte che "probationes aestimare debet ex sua conscientia" (CIC 1608 §§ 1-3).

Se è vero che il nuovo Codice impone chiaramente l'obbligo di portare a termine con rapidità tutti i processi in prima e in seconda istanza (cfr. CIC 1453), ciò non dovrà avvenire a detrimento della giustizia e della salvaguardia dei diritti di tutti, delle parti in causa come della comunità di cui sono membri.

Questa esigenza si fa tanto più urgente in quanto la giurisprudenza della Sacra Romana Rota, come d'altra parte degli altri Tribunali Apostolici e altresi la prassi dei dicasteri della Curia Romana, sono considerate guida e orientamento nell'interpretazione della legge in taluni casi (cfr. CIC 20). In questa linea la giurisprudenza rotale ha acquistato nella storia della Chiesa, in riferimento all'evoluzione delle norme, una crescente autorità, non solo morale ma anche giuridica.

Specialmente nella fase di transazione tra il vecchio e il nuovo diritto canonico, essa ha svolto un ruolo decisivo nell'accogliere e nel tradurre in sentenze, ovviamente costituenti legge solo per le parti e per le persone per le quali furono pronunciate (cfr. CIC 16 § 3), le istanze più significative del Concilio Vaticano II, soprattutto per quanto attiene ai contenuti del matrimonio cristiano (cfr. GS 47-52).


5. E' necessario che questa funzione della Sacra Rota continui e si accresca per l'alta ed esemplare qualità del lavoro compiuto da tutti gli operatori del vostro e mio Tribunale, in modo da garantire una sempre maggiore fedeltà alla dottrina della Chiesa circa l'essenza e le proprietà del matrimonio, peraltro ampiamente ripresentate con ricchezza teologica nel nuovo Codice di Diritto Canonico (cfr. CIC 1055-1165).

Funzione della giurisprudenza rotale, infatti, è quella di portare - pur nel rispetto di un sano pluralismo che rifletta l'universalità della Chiesa - ad una più convergente unità e ad una sostanziale uniformità nella tutela dei contenuti essenziali del matrimonio canonico, che gli sposi, ministri del sacramento, celebrano in adesione alla profondità e ricchezza del mistero, nella reciproca professione di fede dinanzi a Dio. Dicevo precisamente nell'Udienza generale del 18 gennaio ultimo scorso: "In questo ambito l'uomo è artefice delle azioni che hanno di per sé significati definiti. E' dunque artefice delle azioni e insieme autore del loro significato. La somma di quei significati costituisce, in certo senso, l'insieme del "linguaggio del corpo" con cui gli sposi decidono di parlare tra loro come ministri del sacramento del matrimonio. Il segno che essi attuano con le parole del consenso coniugale non è puro segno immediato e passeggero, ma un segno prospettico che riproduce un effetto duraturo, cioè il vincolo coniugale, unico e indissolubile ("tutti i giorni della mia vita", cioè fino alla morte). In questa prospettiva essi debbono riempire quel segno del molteplice contenuto offerto dalla comunione coniugale e familiare delle persone, e anche di quel contenuto che, originato dal "linguaggio del corpo", viene continuamente riletto nella verità. In tal modo la verità essenziale del segno rimarrà organicamente legata all'ethos della condotta coniugale".

Vorrei perciò augurare a voi, insigni estimatori della Legge e saggi interpreti delle sue regole, che, anche in questo compito giudiziario, vitale per la Chiesa, contribuiate a far si che i fedeli, nel pieno riconoscimento dell'ordine morale e nel rispetto della genuina libertà, "possano diventare testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua morte e risurrezione" (GS 52).

Con questi voti, mentre invoco su di voi la speciale assistenza divina, perché possiate continuare nella vostra azione al servizio della Chiesa con quella coscienza di altissima responsabilità e di totale dedizione che deve distinguere i fedeli collaboratori del Papa e della Santa Sede, quali voi siete, di cuore vi imparto, quale pegno di costante benevolenza, la mia apostolica benedizione.

Data: 1983-02-26 Data estesa: Sabato 26 Febbraio 1983

"Divinus perfectionis Magister" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Costituzione apostolica sulle nuove norme per le cause dei Santi

Il Maestro divino della perfezione e il modello, Cristo Gesù, che insieme al Padre e allo Spirito Santo "unico santo", amo la Chiesa come una sposa e diede se stesso per lei, per santificarla e renderla gloriosa ai suoi occhi. Pertanto, dato il precetto a tutti i suoi discepoli, affinché imitassero la perfezione del Padre, invio lo Spirito Santo su tutti, che li muova internamente, affinché amino Dio di tutto cuore, e affinché si amino reciprocamente, allo stesso modo in cui lui li amo. I seguaci di Cristo - come si esorta attraverso il Concilio Vaticano II - chiamati e giustificati in Gesù Cristo, non secondo le loro opere ma secondo il disegno e la grazia di lui, nel Battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò veramente santi.

Dio sceglie in ogni tempo un gran numero di questi che, seguendo più da vicino l'esempio di Cristo, offrano una gloriosa testimonianza del Regno dei cieli con lo spargimento del sangue o con l'esercizio eroico delle virtù.

Invero la Chiesa, che fin dagli inizi della religione cristiana ha sempre creduto che gli Apostoli e i Martiri siano con noi strettamente uniti in Cristo, li ha celebrati con particolare venerazione insieme con la beata Vergine Maria e i santi Angeli, e ha implorato piamente l'aiuto della loro intercessione.

A questi in breve tempo si aggiunsero altri che avevano imitato più da vicino la verginità e povertà di Cristo, e infine tutti gli altri, che il singolare esercizio delle virtù cristiane e i carismi divini raccomandavano alla pia devozione e imitazione dei fedeli.

Considerando la vita di quelli che hanno fedelmente seguito Cristo, per una tale insolita ragione siamo incitati a ricercare la Città futura e ci è insegnata una via sicurissima attraverso la quale, tra le vicende del mondo, possiamo arrivare alla perfetta unione con Cristo o, per dir meglio, alla santità, secondo lo stato e la condizione propria di ciascuno.

Senza dubbio, avendo una tal moltitudine di testimoni, attraverso i quali Dio si fa presente a noi e ci parla, siamo attirati con grande forza a guardare il Regno suo nei cieli. La Sede Apostolica, accogliendo i segni e la voce del suo Signore col massimo timore e docilità, da tempi immemorabili, per il gravoso compito affidatole di insegnare, santificare e reggere il Popolo di Dio, offre all'imitazione dei fedeli, alla venerazione e all'invocazione gli uomini e le donne insigni per lo splendore della carità e di tutte le altre virtù evangeliche e dopo aver condotto i debiti accertamenti, dichiara con un solenne atto di canonizzazione che essi sono Santi o Sante.

L'Ordinamento delle cause di canonizzazione, che il Nostro predecessore Sisto V affido alla Congregazione dei Sacri Riti da lui stesso fondata, è stato sviluppato nel corso dei tempi da sempre nuove norme, soprattutto ad opera di Urbano VIII, che Prospero Lambertini (poi divenuto Benedetto XIV), raccogliendo anche esperienze del tempo passato, lascio ai posteri nell'opera intitolata Beatificazione dei Servi di Dio e canonizzazione dei Beati, e che rimase come regola per quasi due secoli presso la Sacra Congregazione dei Riti. Norme di tal genere infine furono raccolte essenzialmente nel Codice di Diritto Canonico, pubblicato nell'anno 1917.

Ma poiché il progresso delle discipline storiche, che ha fatto grandi passi nel nostro tempo, ha mostrato la necessità di arricchire la competente Commissione di uno strumento di lavoro più adeguato, per rispondere meglio ai postulati dell'arte critica, il nostro predecessore Pio XI con la Lettera apostolica "Già da qualche tempo" (Motu proprio) pubblicata il 6 febbraio 1930, istitui presso la Sacra Congregazione dei Riti la "Sezione storica" e le affido lo studio delle cause "storiche". Il 4 gennaio 1939 lo stesso Pontefice fece pubblicare le Norme da osservare nell'istruire processi ordinari sulle cause storiche, con le quali rese di fatto superfluo il processo "apostolico", così che nelle cause "storiche" unico divenne il processo con autorità ordinaria.

Paolo VI poi, con la Lettera apostolica "Sanctitas clarior" del 19 marzo 1967, stabili che, anche nelle cause più recenti, si facesse un unico processo per quanto riguarda l'istruzione, cioè per raccogliere le prove, che il Vescovo istruisce, previo permesso tuttavia della Santa Sede. Il medesimo Pontefice con la costituzione apostolica "Sacra Congregazione dei Riti" dell'8 maggio 1969, in luogo della Sacra Congregazione dei Riti istitui due nuovi Dicasteri, ad uno dei quali affido l'incarico di dare un assetto al Culto divino, all'altro quello di trattare le cause dei santi; in questa stessa occasione muto alquanto l'ordine di procedere nelle medesime.

Dopo le più recenti esperienze, infine, ci è parso opportuno di rivedere la via di istruzione delle cause e dare un ordinamento alla stessa Congregazione per le cause dei Santi, per venire incontro alle esigenze degli studiosi e ai desideri dei nostri fratelli nell'Episcopato, che hanno più volte sollecitato l'agilità del modo di procedere, mantenendo tuttavia ferma la sicurezza delle investigazioni in una questione di tanta gravità. Crediamo inoltre, privilegiando la dottrina della collegialità proposta dal Concilio Vaticano II, che sia assolutamente opportuno che gli stessi Vescovi si sentano maggiormente uniti alla Sede Apostolica nella trattazione delle cause dei santi.

Per il futuro dunque, abrogate tutte le leggi di qualsiasi genere in materia, abbiamo stabilito che si debbano osservare le norme che seguono.


1. Ai Vescovi diocesani o alle autorità ecclesiastiche e agli altri equiparati nel diritto, entro i confini della loro giurisdizione, sia d'ufficio, sia su istanza dei singoli fedeli o di legittime aggregazioni e dei loro procuratori, compete il diritto di investigare circa la vita, le virtù o il martirio e fama di santità o martirio, i miracoli asseriti, e, se è il caso, l'antico culto del Servo di Dio, del quale viene chiesta la canonizzazione.


2. In ricerche di tal genere il Vescovo proceda secondo le Norme particolari da stabilirsi dalla Sacra Congregazione per le Cause dei Santi, in questo ordine:

1) Richieda al postulatore della causa, nominato legittimamente dal promotore, una accurata informazione sulla vita del Servo ci Dio, e si faccia contemporaneamente da quello accuratamente illustrare i motivi che sembrano richiedere una causa di canonizzazione.


2) Se il Servo di Dio ha pubblicato suoi scritti, il Vescovo li faccia esaminare dai censori teologici.

3) Se non si è trovato nulla in tali scritti contro la fede e la morale, allora il Vescovo faccia esaminare gli altri scritti inediti (lettere, diari, ecc.) e tutti i documenti, che in qualunque modo riguardino la causa, da persone adatte allo scopo, che, dopo aver compiuto il loro compito con scrupolosità, devono stendere una relazione sugli accertamenti fatti.


4) Se da quanto fatto finora il Vescovo riterrà nella sua prudenza che si possa procedere oltre, faccia interrogare i testimoni addotti dal postulatore e gli altri che d'ufficio devono essere chiamati secondo il rito. Se poi fosse urgente l'esame dei testimoni per non perdere la possibilità di avere le prove, devono essere interrogati anche se non è ancora stata terminata l'indagine sui documenti.


5) La ricerca sui miracoli asseriti si faccia separatamente dall'indagine sulle virtù o sul martirio.

6) Terminate le indagini, si trasmettano tutti gli atti in duplice copia alla Sacra Congregazione, insieme a un esemplare dei libri del Servo di Dio esaminati dai censori teologici con il relativo giudizio. Il Vescovo inoltre deve aggiungere una dichiarazione sull'osservanza dei decreti di Urbano VIII sul non culto.


3. E' compito della Sacra Congregazione per le Cause dei Santi, presieduta dal Cardinale Prefetto, con l'aiuto del Segretario, di fare ciò che concerne la canonizzazione dei Servi di Dio, sia assistendo i Vescovi nell'istruire le cause con il consiglio e le istruzioni, sia studiando a fondo le cause, sia infine pronunziandosi con il voto. Alla Congregazione spetta ancora di decidere su tutte quelle cose che si riferiscono all'autenticità e alla conservazione delle reliquie.


4. E' compito del Segretario: 1) curare le relazioni con gli esterni, in particolare con i Vescovi che istruiscono le cause; 2) partecipare alle discussioni in merito alla causa, portando il voto nella Congregazione dei Padri Cardinali e dei Vescovi; 3) stendere la relazione sui voti dei Cardinali e dei Vescovi, da consegnare al Sommo Pontefice.


5. Nell'adempiere al suo compito il Segretario è aiutato dal Sottosegretario, a cui spetta in particolare di vedere se sono state osservate le prescrizioni di legge nell'istruzione delle cause, ed è aiutato anche da un congruo numero di Ufficiali minori.


6. Per lo studio delle cause presso la Sacra Congregazione c'è il Collegio dei Relatori, presieduto dal Relatore generale.


7. E' compito dei singoli Relatori: 1) studiare le cause loro affidate con i cooperatori esterni e preparare le "Positiones super virtutibus et martyrio"; 2) illustrare per scritto tutti i chiarimenti storici, se sono stati richiesti dai Consultori; 3) partecipare come esperti, senza diritto di voto, alla riunione dei teologi.


8. Ci sarà in particolare uno dei Relatori che avrà l'incarico di occuparsi a fondo della "Positio super miraculis", che parteciperà alla riunione dei medici e al Congresso dei teologi.


9. Il Relatore generale, che presiede la riunione dei Consultori storici, è aiutato da alcuni Collaboratori nei suoi studi.


10. Presso la Sacra Congregazione c'è un "Promotor fidei" o Prelato teologo, che ha il seguente compito: 1) presiedere il Congresso dei teologi, in cui ha diritto di voto; 2) preparare la relazione sullo stesso Congresso; 3) partecipare alla Congregazione dei Padri Cardinali e dei Vescovi come esperto, senza tuttavia diritto di voto. Per una o un'altra causa, se sarà necessario, dal Cardinale Prefetto potra essere nominato un "Promotor "fidei che faccia al caso.


11. Per trattare le cause dei Santi sono a disposizione Consultori, chiamati da diverse parti, con specifica esperienza, chi in campo storico, chi in campo teologico.


12. Per l'esame delle guarigioni, che vengono presentate come miracoli, si tiene presso la Sacra Congregazione una commissione di medici.


13. Dopo che il Vescovo ha inviato a Roma tutti gli atti e i documenti riguardanti la causa nella Sacra Congregazione per le Cause Santi si proceda in tal modo:


1) Innanzitutto il Sottosegretario esamina attentamente se nelle inchieste fatte dal Vescovo sono state osservate tutte le norme di legge e riferisce nel Congresso ordinario sull'esito dell'esame.


2) Se il Congresso giudicherà che la causa è stata istruita secondo le norme di legge, stabilirà di affidarla a uno dei Relatori; il Relatore, a sua volta, aiutato da un Cooperatore esterno, farà la "Positio super virtutibus vel super martyrio", secondo le regole della critica agiografica.


3) Nelle cause antiche e in quelle recenti, la cui indole particolare richiederà il giudizio del Relatore generale, la "Positio", una volta stesa, dovrà essere sottoposta all'esame dei Consultori esperti specifici della materia, perché esprimano il voto sul suo valore scientifico sulla sufficienza all'effetto. In singoli casi la Sacra Congregazione può affidare la "Positio" anche ad altri studiosi, non compresi nel numero dei Consultori.


4) La "Positio" (con i voti scritti dei Consultori storici e con gli ulteriori chiarimenti del Relatore, se saranno necessari) sarà consegnata ai Consultori teologi, che esprimeranno il voto sul merito della causa; è loro compito, insieme al "Promotor fidei", studiare tanto a fondo la causa fino a che sia stato completato l'esame delle questioni teologiche controverse, qualora ve ne siano, prima che si arrivi alla discussione nel Congresso specifico.


5) I voti definitivi dei Consultori teologi, insieme alle conclusioni stese dal "Promotor fidei", saranno affidate al giudizio dei Cardinali e dei Vescovi.


14. Sui miracoli la Congregazione giudica con il seguente criterio:

1) I miracoli asseriti, sui quali il Relatore incaricato di ciò prepara la "Positio", sono esaminati nella riunione degli esperti (se si tratta di guarigioni, nella riunione dei medici); i voti e le conclusioni degli esperti sono esposti in una accurata relazione.


2) In secondo luogo si devono discutere i miracoli nello specifico Congresso dei teologi; e infine nella Congregazione dei Padri Cardinali e dei Vescovi.


15. Il parere dei Padri Cardinali e dei Vescovi viene riferito al Sommo Pontefice, al quale solo compete il diritto di decretare il culto pubblico ecclesiastico del Servo Di Dio.


16. Nelle singole cause di canonizzazione, il cui giudizio per il momento dipenda dalla Sacra Congregazione, la stessa Sacra Congregazione stabilirà, con un decreto particolare, il modo di procedere oltre, nell'osservanza tuttavia di questa nuova legge.


17. Le norme stabilite con questa Nostra costituzione cominciano ad entrare in vigore da oggi. Vogliamo che queste norme e prescrizioni siano valide ed efficaci ora e per il futuro, non essendo in opposizione, fin dove è necessario, con le Costituzioni e gli ordinamenti apostolici fatti dai nostri predecessori, e le altre prescrizioni degne anche di particolare menzione e deroga.

Roma, San Pietro, 25 gennaio 1983, V anno del nostro pontificato.

Data: 1983-02-27 Data estesa: Domenica 27 Febbraio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)