GPII 1983 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)




1. Convertitevi e credete al Vangelo.

Queste parole le abbiamo ascoltate il mercoledi delle Ceneri, come invocazione per tutta la Quaresima. Tale invocazione ci accompagna giorno per giorno, indicando la strada del pellegrinaggio spirituale nel corso dei quaranta giorni che ci devono condurre alla Pasqua.

Sulla strada del pellegrinaggio quaresimale si trova quest'anno il ministero pastorale nei paesi dell'America Centrale che devo iniziare nei prossimi giorni. E', questa, una circostanza importante.

Il periodo di Quaresima sembra essere particolarmente adatto per visitare proprio quei Paesi. Essi si trovano al centro dell'interesse dell'opinione mondiale a causa delle dolorose esperienze che, nel corso degli ultimi anni, sono state vissute specialmente da alcune popolazioni dell'America Centrale. Queste esperienze, collegate con la morte di decine di migliaia di uomini, hanno colmato la misura della sofferenza non solo di singole persone, m anche di molte famiglie e di ambienti interi.

Se nel periodo della Quaresima dobbiamo essere particolarmente vicini agli uomini sofferenti a motivo della Croce di Cristo, il nostro ricordo, la nostra solidarietà, il nostro ministero devono dirigersi tra l'altro proprio verso quei Popoli dell'America Centrale.

Avviandomi verso di essi, desidero dire loro prima di tutto quello che attendono: "Credete al Vangelo", "convertitevi, e credete al Vangelo".

Spero che i miei fratelli e sorelle vogliano accogliere le parole di questo messaggio quaresimale come l'espressione dell'amore che nutro verso di loro, e come espressione di profonda solidarietà cristiana. Prego sempre affinché questo ministero pastorale di Vescovo di Roma, in stretto legame con tutti i miei fratelli nell'Episcopato, riceva potenza dall'alto per intercessione della Madre di Dio di Guadalupe e di tutti i santuari dell'America Latina. E contemporaneamente raccomando con grata e fervente speranza, alla preghiera della Chiesa intera questo ministero pastorale che giustamente deve essere considerato come particolarmente importante e carico di responsabilità.


2. Mi è caro, ora, ricordare la visita "ad limina" compiuta lo scorso mese di novembre dal Vescovi della Repubblica Centroafricana. In tale Paese vivono più di quattrocentomila cattolici che rappresentano un quinto dell'intera popolazione.

All'Arcivescovo di Bangui e ai cinque Confratelli Vescovi di quella Nazione, ai sacerdoti diocesani e religiosi, alle religiose e a quanti spendono generosamente le loro energie nei vari settori della vita pastorale e della benefica azione assistenziale ed educativa rivolgo il mio fervido saluto e il mio grato apprezzamento.

In particolare, sono lieto di segnalare l'impegno con cui quelle Chiese locali operano nel campo delle vocazioni: vi sono là 5 Seminari che ospitano più di cinquecento seminaristi. Per la vitalità futura delle giovani Chiese, importa soprattutto discernere ed alimentare il germe della chiamata divina rivolta a tanti uomini e donne, affinché si consacrino totalmente per la causa del Regno di Cristo. Per questa finalità vi invito a pregare la Vergine Santissima.

Ad alcuni gruppi presenti Porgo un saluto anche alle Religiose operatrici sanitarie, provenienti dalle varie regioni d'Italia, che in questi giorni stanno partecipando ad un Convegno nazionale di aggiornamento catechistico. Care sorelle, vi ringrazio della vostra presenza, vi incoraggio nel vostro impegno e di cuore vi benedico.

Rivolgo ora un saluto cordiale a quanti hanno preso parte al Convegno organizzato dalla Confederazione italiana consultori familiari di ispirazione cristiana. Carissimi, vi esprimo il mio apprezzamento per l'impegno generoso col quale portate avanti il vostro servizio alle coppie e alle famiglie in difficoltà.

Vi esorto a continuare in quest'opera con rinnovato slancio. Nell'attuale contesto culturale, che presenta non di rado visioni deformate del matrimonio e della famiglia, è essenziale che la Comunità cristiana ponga in essere ogni strumento atto sia a riproporre in tutta la sua verità il disegno di Dio sulla famiglia, sia a fornire gli aiuti necessari per superare gli eventuali ostacoli che si frapponessero alla sua realizzazione. Nell'invocare sulla vostra azione la costante assistenza divina, imparto di cuore a voi e a quanti con voi collaborano l'apostolica Benedizione.

Data: 1983-02-27 Data estesa: Domenica 27 Febbraio 1983

Omelia nella Parrocchia di San Giovanni Vianney - Roma

Titolo: Cristo è colui che sprigiona nell'uomo la ricerca di Dio




1. "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo" (Lc 9,35).

Domenica scorsa, la prima di Quaresima, Cristo apparve davanti a noi sul monte della tentazione. Oggi, nella seconda domenica di Quaresima, si trova sul monte della trasfigurazione. Come una settimana fa, anche oggi lo accompagna la nostra acclamazione: "Lode e onore a te, Signore Gesù!".

Sul monte della trasfigurazione Cristo si fa vedere da Pietro, Giacomo e Giovanni veramente nella gloria. Questa gloria compenetra tutta la sua figura umana: "mentre pregava il suo volto cambio d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante" (Lc 9,29). Questa gloria si comunica al suo ambiente: "Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria" (Lc 9,30-31).


2. Ciò avviene davanti agli occhi degli apostoli a ciò eletti. Pietro, Giacomo e Giovanni sono rapiti dalla visione e insieme penetrati dalla paura. La trasfigurazione svela loro Cristo come non lo conoscevano nella vita di tutti i giorni. Cristo sta davanti a loro come Colui nel quale si compie l'Antica alleanza. Ma, soprattutto, sta davanti a loro come il Figlio eletto dell'Eterno Padre, al quale bisogna prestare fede assoluta e dimostrare una totale obbedienza.

Egli è non soltanto Colui in cui si compie l'Antica alleanza rappresentata sul monte della trasfigurazione da Mosè ed Elia; è soprattutto l'erede della grande promessa di Dio fatta ad Abramo, padre di tutti i credenti (Abramo viene ricordato dalla prima lettura dell'odierna liturgia).

Per gli Apostoli, presenti sul monte della trasfigurazione, Cristo è infine il rifugio e il tabernacolo del fervore spirituale e della felicità. Ciò viene espresso nelle parole di Pietro: "Maestro, è bello per noi stare qui" (Mt 9,33).


3. Nella prima domenica di Quaresima la Chiesa ha posto davanti agli occhi della nostra fede il Cristo del monte della trasfigurazione. Oggi, nella seconda domenica, essa pone il Cristo del monte della trasfigurazione. L'uno e l'altro fanno parte del programma della catechesi quaresimale, del programma della mistagogia quaresimale. Ambedue gli avvenimenti ci costringono a una profonda riflessione nella fede. Tutti e due non si lasciano esaurire completamente. Ad ognuno di essi ritorniamo sempre di nuovo per attingervi quella particolare luce che ne deriva e che illumina gli occhi della nostra anima.

Chi è Gesù Cristo? Colui che apparve sul monte della tentazione, e oggi sta sul monte della trasfigurazione? Chi è Gesù Cristo? Colui che sta davanti a noi nell'odierna liturgia per condurci sulle vie del rinnovamento quaresimale?


4. Il salmo responsoriale sembra darci una risposta: Gesù Cristo è Colui che ci costringe sempre di nuovo, a cercare Dio. La ricerca di Dio riempie tutta la nostra vita terrena: "...il tuo volto, Signore, io cerco. / Non nascondermi il tuo volto./ Non respingere con ira il tuo servo. / Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi... / Di te ha detto il mio cuore: / Cercate il suo volto" (Ps 27,8-9).

Il cuore dice all'uomo che tutta la vita ha un senso se è ricerca di Dio. Cristo entra in questa voce del nostro cuore. La rafforza. Parla di Dio come nessuno mai ha parlato. Rivela Dio. Nella nostra ricerca umana porta la luce del Vangelo. Cercando Dio, non rimaniamo nel buio delle cose create, ma ci viene in aiuto la viva Parola di Dio. E perciò possiamo ripetere col salmista: "Il Signore è mia luce e mia salvezza / di chi avro paura? / Il Signore è difesa della mia vita, / di chi avro timore?" ().

La Quaresima è il periodo in cui la nostra ricerca di Dio deve diventare particolarmente intensa. In questo periodo occorre anche che stiamo in modo speciale nell'intimità con la luce, che Cristo porta per avvicinare Dio a noi.

Questa luce deriva dalla Parola del Dio Vivente.

Lode a te, Parola di Dio!


5. Chi è Gesù Cristo? Colui che sta davanti a noi nel tempo di Quaresima col Vangelo della sua Parola e della sua Croce? Meditando sulle letture dell'odierna liturgia, particolarmente sulla Lettera ai Filippesi, siamo pronti a rispondere: Cristo è Colui che ci fa vedere in una nuova luce la nostra umanità; Colui che la trasforma profondamente.

San Paolo mette in rilievo, in una acuta contrapposizione, come quest'umanità si plasmi negli uomini che "si comportano da nemici della croce di Cristo"; negli uomini "intenti alle cose della terra"; e dall'altro lato, egli mostra come essa si plasmi in coloro che aspettano Gesù Cristo. Ecco, egli "trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose" (cfr. Ph 3,18-21).

L'Apostolo parla del "corpo". Cristo trasforma la nostra umanità dall'interno e a questa metamorfosi spirituale prende parte anche il corpo umano.


6. così dunque Gesù Cristo è Colui che sprigiona nell'uomo la ricerca di Dio e, al tempo stesso, è Colui che aiuta l'uomo a trasformare la sua umanità, lo aiuta a ritrovare tutta la sua dignità.

Su questa due verità, attinte alla liturgia della domenica di Quaresima, meditiamo oggi insieme, cari parrocchiani della parrocchia romana dedicata a San Giovanni Maria Vianney. Sapete che il patrono della vostra parrocchia, conosciuto comunemente come "il Curato d'Ars", ha seguito egli stesso, in tutta la sua vita, Cristo, e ha attirato dietro di sé moltitudini di persone, che da tutto il mondo accorrevano per trovare in lui il confessore e il direttore spirituale. Secondo il modello di Cristo, insegnava loro a cercare Dio e a ritrovare la santità della loro umanità.


7. Oggi, in occasione della mia visita pastorale alla parrocchia di San Giovanni Maria Vianney - la quale compie quest'anno 20 anni dalla sua fondazione canonica - desidero salutare cordialmente il Cardinale Vicario Ugo Poletti, il Vescovo della Zona, Monsignor Giulio Salimei, il Vescovo di Treviso, Mons. Antonio Mistrorigo, che è qui presente in quanto - come è noto - dal 1974 questa parrocchia è affidata a sacerdoti di quella diocesi, appartenenti alla "Società di Vita apostolica del Prado", il cui Superiore generale è anch'egli oggi in mezzo a noi. Alla diocesi di Treviso e alla Società del Prado desidero esprimere, in questa significativa circostanza, la mia gratitudine personale e quella della diocesi per la responsabilità pastorale, che esse hanno assunto al fine di venire incontro ai problemi pastorali di questa zona di Roma.

Un affettuoso saluto rivolgo al Parroco, Don Giovanni Pesce, e al suo collaboratore, Don Antonio Viale; alle Suore francesi dell'Istituto di vita comune del Prado. Voglio ricordare e salutare tutte le componenti della Comunità parrocchiale, che con particolare impegno e generosità intendono dare una testimonianza cristiana nel loro ambiente: i membri del Consiglio pastorale parrocchiale; i vari gruppi dell'Azione Cattolica; i gruppi del Vangelo; i catechisti e le catechiste; i gruppi del dopo-Cresima; il gruppo "San Giuseppe"; quello dell'Opera dei ritiri di perseveranza; il gruppo della Gioc (Gioventù operaia cristiana). E saluto con non minore affetto tutti i dodicimila abitanti, che vivono nell'ambito della parrocchia: i padri, le madri, i giovani, parecchi dei quali ancora in cerca di una occupazione; le giovani, i ragazzi, i bimbi, e uno speciale ricordo indirizzo agli infermi e agli anziani.

La mia visita alla vostra Comunità parrocchiale vuole essere un incoraggiamento per continuare ad operare con entusiasmo e dedizione al fine di crescere e maturare insieme nella fede di Gesù Cristo.


8. "La nostra patria... è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo" (Ph 3,20), il Cristo che la liturgia dell'odierna domenica ci mostra sul monte della trasfigurazione. Aspettiamo questo Cristo e lo seguiamo. Egli è nostra Via, Verità e Vita.

"perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete saldi nel Signore"! (Ph 4,1). Amen!

Data: 1983-02-27 Data estesa: Domenica 27 Febbraio 1983

Messaggio all'America Centrale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vengo tra voi a predicare la fede e la salvezza che viene da Cristo

Cari fratelli nell'Episcopato, amatissimi fratelli e sorelle.


1. Tra alcuni giorni intraprendero, con la grazia di Dio, il viaggio apostolico che mi porterà nelle terre dell'America Centrale, Belice e Haiti.

Desidero perciò inviarvi già da ora questo messaggio, attraverso la televisione, per far giungere un ricordo affettuoso a tutti gli abitanti dei Paesi che ho intenzione di visitare: Costa Rica, Nicaragua, Panama, El Salvador, Guatemala, Honduras, Belize e Haiti. Il mio deferente saluto vada innanzitutto alle autorità responsabili di quelle Nazioni.


2. La mia visita avrà, come tutti i precedenti viaggi apostolici, un carattere eminentemente religioso che deriva dalla missione stessa della Chiesa e dal Ministero affidato da Cristo a Pietro e ai successori: predicare la fede e la salvezza in Cristo Gesù all'uomo d'oggi; e, in questo caso concreto, a voi che abitate in questa area geografica, per confermarvi nella fede e far si che essa si incarni ed ispiri sempre più profondamente la vostra realtà esistenziale d'ogni giorno.

E' precisamente questa realtà nella quale vivete ciò che mi ha spinto a progettare questo viaggio. Per essere più vicino a voi, figli della Chiesa e di Paesi di radici cristiane, che soffrite tanto intensamente; e che sperimentate il flagello della divisione, della guerra, dell'odio, della secolare ingiustizia, delle contrapposizioni ideologiche che sconvolgono il mondo e che creano conflitti aventi come scenario popolazioni innocenti che anelano alla pace.


3. Desidero intraprendere il mio viaggio durante la Quaresima, il tempo liturgico che ci conduce verso Cristo nel suo mistero di dolore e di speranza nella tragedia sanguinosa del Venerdi Santo, inseparabile dalla gioia pasquale del trionfo sulla morte e la sofferenza.

Desidero ardentemente che la mia visita, con la quale desidero condividere il Getsemani e il Calvario dei vostri popoli, favorisca, col suo messaggio di fede, di fraternità e di giustizia, un efficace scambio innanzitutto di atteggiamenti interiori; capaci di aprire tanti cuori affaticati alla fondata speranza di un futuro migliore.

Mosso da questo desiderio; spinto dall'amore per l'uomo e per l'immagine - tanto spesso violata - dell'amore di Dio che egli porta in sé; convinto che ogni cuore può e deve essere toccato dalla grazia, che lo spinge a migliorare il suo cammino morale, mi preparo ad incontrarvi nelle vostre Chiese, strade e piazze; incoraggiando umilmente, come fratello che infonde fiducia ai fratelli.


4. Raccomando alla vostra preghiera questa intenzione, alla quale si uniscono tanti milioni di figli della Chiesa in tutto il mondo, coscienti dell'importanza di questa visita, per le condizioni dei popoli ai quali si rivolge e per il significato esemplare che può avere altrove.

Prego anch'io il Signore, che muove i cuori, affinché effonda l'abbondanza della sua grazia sui propositi di questa visita; perché porti un po' di conforto a tanti spiriti tribolati; e perché, confermati nella vostra fede cristiana, riconciliati nella fratellanza, abbracciati nella tanto sospirata pace, cresciate nella giustizia e nel rispetto per la dignità di ogni uomo, nel vostro cammino verso il Padre.

Che la Vergine Maria, nostra Madre comune, tanto amata nelle vostre Nazioni, sia vostra consolazione e speranza e vi accompagni sempre.

Con un cordiale "arrivederci a presto", benedico di cuore tutti voi, soprattutto i sofferenti, i malati, gli orfani e i rifugiati, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Data: 1983-02-28 Data estesa: Lunedi 28 Febbraio 1983





Scalo tecnico all'aeroporto - Lisbona (Portogallo)

Eccellentissimo Signor Presidente della Repubblica, Signor Cardinale Patriarca di Lisbona e fratelli nell'Episcopato, Signori Ministri ed altre autorità, Signore e Signori, e cari portoghesi.


1. E' per me motivo di grande gioia mettere nuovamente piede, anche se per pochi istanti, in "Terra di Santa Maria". Mi colma il cuore un mondo di sentimenti e di ricordi lieti, mentre vi saluto cordialmente, come mesi fa: Sia lodato Gesù Cristo! Riconoscente a Dio per questo incontro, per me incontro di amici, voglio ringraziarvi per questa cordiale e calda accoglienza: ringrazio Vostra Eccellenza, Signor Presidente della Repubblica, per la deferente presenza personale, nella quale saluto, ora, tutto il diletto Popolo portoghese; ringrazio il Signor Cardinale Patriarca, Vescovo di questa cara diocesi di Lisbona, e i miei fratelli nell'Episcopato, presenti, nei quali saluto la Chiesa del Portogallo; ringrazio i Signori Ministri del Governo e tutte le autorità; ed a quanti non posso nominare, che pero non mancheranno di sentirsi compresi della stima sincera del mio saluto e del mio "ringraziamento" per tutti.

Lisbona! Portogallo! "Terra di Santa Maria"! Questi ricordi destano in me una certa nostalgia, delle giornate intense, ma confortanti, della visita pastorale alla Comunità ecclesiale di questo Paese, del mio incontro con il Portogallo e, forse più precisamente, con l'uomo mio fratello che vive qui, qualcosa più di un anonimo elemento della città degli uomini.

Al di là dell'entusiasmo giovanile, della cordialità degli adulti e della stima e rispetto generale, con i quali allora sono stato accolto, ho cercato di vedere questa fraternità nel volto di ogni portoghese, nella comune "somiglianza" del Creatore di tutti noi e nella comune chiamata alla Salvezza; e ho voluto dire, anzitutto, proprio questo: siamo tutti fratelli; dobbiamo amarci fraternamente, vedendo il nostro "prossimo" in ogni uomo, soprattutto quando soffre o è minacciato nel nucleo stesso della sua esistenza e della sua dignità; a questo ci spinge l'amore di Dio che, in Gesù Cristo, ci si è rivelato come Padre, "ricco di misericordia".


2. Come primo responsabile del messaggio di Cristo, che e soprattutto messaggio di pace, sono venuto fra voi in atteggiamento di dialogo, nel rispetto di tutto ciò che è umano. Ma del mio indimenticabile pellegrinaggio, essenzialmente pastorale e religioso e di carattere mariano, serbo ben vivo il ricordo indelebile della permanenza a Fatima. In questa breve sosta nella "Terra di Santa Maria", voglio rinnovare il mio appello perché sia sentito il "Messaggio" che ci viene da Fatima e che coincide con la chiamata dell'imminente Anno Giubilare della Redenzione.

Facendo eco alla "Madonna del Messaggio", io ripetevo in esso che la Redenzione è sempre più potente del peccato dell'uomo e del "peccato del mondo", che la Redenzione supera infinitamente ogni specie di male che sia nell'uomo e nel mondo.

"Pellegrino tra pellegrini", ho avuto allora occasione di dire, che venivo con il nome della Madonna sulle labbra e con il cantico della misericordia di Dio nel cuore.

Di nuovo in veste di pellegrino, sono identici i pensieri che mi guidano; e la bocca parla per l'abbondanza che porto nel cuore; l'amore di Dio, ricco in misericordia; il potere della Redenzione di Cristo; la Madonna, Madre della nostra fiducia; e l'amore e la pace fra gli uomini.


3. E' un auspicio lungamente coltivato nella preghiera, per un mondo più pacifico, più umano e più fraterno, più conforme cioè con i disegni di Dio Creatore e Redentore, questo viaggio pastorale che sto realizzando e che mi porta incontro agli uomini miei fratelli, in Paesi molto cari al mio cuore, che va pieno di speranza: speranza che l'amore che è nel Padre, per opera del Figlio e dello Spirito Santo, manifesti nel nostro mondo contemporaneo la sua presenza, più forte del male, più forte del peccato e più forte della morte.

Desidererei che fosse esente da ombre l'orizzonte di questa speranza, che illumina la preghiera di tutta la Chiesa per l'America Latina. Ma se il mio cuore soffre con tutti i cuori feriti dal male della violenza, in qualsiasi parte del mondo, in esso prevale la fiducia in Dio "ricco di misericordia", e l'amore per l'uomo, redento da Cristo. E' un viaggio di amore cristiano, dunque, quello che sto facendo, che ha il solo obiettivo di essere riflesso e annuncio dell'Amore misericordioso di Dio.


4. E' con la più grande stima che rinnovo ad ogni figlio di questa diletta Nazione l'invito a coltivare l'amore fraterno nella convivenza umana.

Con particolare affetto esorto la Chiesa del Portogallo ad innalzare a Dio costanti preghiere, in unione con il Papa, specialmente durante questo viaggio pastorale, per il trionfo dell'amore, della concordia e della pace: pace negli spiriti, pace fra gli uomini e pace tra i popoli. Confido nella preghiera di tutti, ma rivolgo un particolare pensiero affettuoso agli anziani, a coloro che soffrono e ai bambini. Alla Madonna e alla preghiera dei bambini innocenti affido il buon successo di questo pellegrinaggio.

E con amicizia cordiale rinnovo gli auguri sinceri per la crescente prosperità del caro Popolo portoghese: prosperità libera da qualsiasi ombra di disamore o di violenza; e sempre illuminata dal senso dell'autentico bene comune, della concordia, della giustizia e della pace, con rispetto della vita, della dignità e della libertà umana, al servizio della grande causa del maggior bene dell'intera famiglia umana. E di questi miei voti faccio preghiera, implorando, con l'intercessione della Madonna di Fatima, per ogni portoghese, per ogni famiglia e per tutta la Nazione i favori e la benedizione di Dio misericordioso.

Data: 1983-03-02 Data estesa: Mercoledi 2 Marzo 1983

Arrivo all'aeroporto di San José (Costa Rica)

Titolo: Vengo a condividere il dolore dei popoli e per comprenderli

Signor Presidente, diletti fratelli nell'Episcopato, carissimi fratelli e sorelle.


1. Sia lodato Gesù Cristo! Ringrazio Dio che mi ha fatto giungere ancora in questo continente americano, dopo le precedenti visite alla Repubblica Dominicana e Messico, agli Stati Uniti, Brasile e Argentina, delle quali conservo così vivi ricordi.

Questa volta i miei passi di pellegrino apostolico si dirigono nell'area geografica dell'America Centrale. Da molto tempo ho tanto pensato ad essa; essa è stata spesso al centro del mio ricordo e delle mie preoccupazioni.

Nella prima tappa mi accoglie la cara terra di Costa Rica, la cui calorosa ospitalità comincio a sentire fin dal mio arrivo all'aeroporto Juan Santa Maria della capitale della Nazione. perciò nel mio spirito affiora un sentimento di profonda gratitudine.

Grazie, signor Presidente, per la sua benevola accoglienza, per le sue nobili parole, per l'invito che mi rivolse insieme all'Episcopato costaricense per visitare il Paese, e di quanto ha fatto per disporre convenientemente la visita.

Questo saluto riconoscente si estende ai membri del governo e alle altre autorità e alle persone che hanno prestato la loro entusiasta collaborazione.

Il mio saluto cordiale e fraterno va anche ai fratelli Vescovi del Sedac, prima di tutto al suo Presidente, Monsignor Roman Arrieta, pastore anche di questa arcidiocesi di San José, che sono venuti a ricevermi e coi quali mi incontrero oggi stesso. Includo in questo saluto tutti i sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi o laici impegnati nelle opere sociali, così come tutti gli uomini e le donne - bambini, giovani, adulti e anziani - di Costa Rica, terra di feconda storia e amante della pace.


2. Ma il mio sguardo non si ferma a questa sola Nazione. Questa visita apostolica ha carattere unitario nel suo globale sviluppo. perciò, dal primo momento in cui metto piede nelle terre dell'America Centrale, il mio pensiero e il mio ricordo vanno, pieni di affetto, a tutte le persone ed ai Paesi che visitero nei prossimi giorni: dal Nicaragua a Panama e al El Salvador; dal Guatemala all'Honduras, Belize e Haiti.

Ho intrapreso questo viaggio pensando a tutti, mosso dal dovere che sento di ravvivare la luce della fede in popoli che già credono in Gesù Cristo; affinché questa fede illumini e ispiri sempre più efficacemente la loro vita individuale e comunitaria.


3. Ma questa permanenza pastorale del successore di Pietro in mezzo a voi vuole avere anche altre finalità. Difatti, con accenti di urgenza ha fatto eco nel mio spirito il lacerante clamore che si eleva da queste terre e che invoca la pace, la fine della guerra e delle morti violente; che implora riconciliazione, con la fine delle divisioni e dell'odio; che anela alla giustizia, ampia e fino ad oggi inutilmente attesa; che vuole essere chiamata ad una maggiore dignità, senza rinunziare alla sua essenza religiosa cristiana.

A questo addolorato clamore vorrei dar voce con la mia visita; la voce che si spegne nella già abituale immagine delle lagrime o della morte del bambino, dello sconforto dell'anziano, della madre che perde i figli, della lunga fila di orfani, di tante migliaia di profughi, esiliati e rifugiati in cerca di una casa, del povero senza speranza né lavoro.

Vengo a condividere il dolore dei popoli, a cercare di comprenderli più da vicino, per lasciare una parola di incoraggiamento e di speranza, fondate in un necessario cambiamento di posizioni.


4. Questo cambiamento è possibile, se accogliamo la voce di Cristo che ci spinge a rispettare ed amare ciascun uomo come nostro fratello; se sappiamo rinunziare a pratiche di cieco egoismo; se impariamo ad essere più solidali; se si applicano con rigore le norme di giustizia sociale proclamate dalla Chiesa; se si fa strada nei responsabili dei popoli un crescente senso di giustizia distributiva degli incarichi e dei doveri fra i diversi settori della società; e se ciascun popolo potesse far fronte ai suoi problemi in un clima di sincero dialogo, senza interferenze estranee.

Si, queste Nazioni hanno la capacità di raggiungere progressivamente mete di maggiore dignificazione per i loro figli. A questo bisognerà tendere con volontà sempre più determinata e con la collaborazione dei diversi settori della popolazione.

Senza ricorrere a metodi di violenza né a sistemi di collettivismo, che possono risultare non meno oppressivi della dignità dell'uomo di un capitalismo puramente economicista. E' la via dell'uomo, l'umanesimo proclamato dalla Chiesa nella sua dottrina sociale quello che potrà superare situazioni deplorevoli, che attendono opportune riforme.


5. La mia è una parola di pace, di concordia e di speranza. Vengo a parlarvi con amore verso tutti e ad esortarvi alla fraternità e all'intesa come figli dello stesso Padre. Proprio questa realtà mi muove a bussare alle coscienze, affinché da una adeguata risposta possa nascere la speranza di queste terre, che ne hanno tanto bisogno.

Fin d'ora incoraggio quanti si sforzano di ottenerla; da posti di pubblica responsabilità, nella Chiesa o nella società. In questo senso manifesto anche la mia stima e incoraggiamento agli illustri membri del Corpo Diplomatico che incontrero in questi giorni, come pure ai responsabili dei mezzi di comunicazione, che possono contribuire tanto con il loro specifico lavoro.

Prego Dio di far fruttificare questi propositi, che affido alla Madre di Cristo e Madre nostra, affinché con il suo materno aiuto ci assista in questi giorni. Confidando in questa protezione celeste, benedico di cuore ciascun figlio di Costa Rica e delle altre Nazioni che visitero durante questa visita apostolica.

Data: 1983-03-02 Data estesa: Mercoledi 2 Marzo 1983

Ai Vescovi del Sedac - San José (Costa Rica)

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. "Ubi charitas et amor Deus ibi est": "Dove regna la carità e l'amore, li c'è Dio". E' il Signore che oggi, all'inizio della mia visita apostolica in America Centrale, Belize e Haiti ci riunisce nel suo amore, stringendoci, come nella comunità primitiva, in "un solo cuore e un'anima sola" (cfr. Ac 1,14).

Come segno di particolare benevolenza e di comunione con voi, pastori del gregge di Cristo, ho voluto che questo pellegrinaggio di amore, di riconciliazione, di pace, che ho intrapreso mosso dallo Spirito Santo e dalla sollecitudine verso tutte le Chiese (cfr. 2Co 11,28), iniziasse con questo incontro. E' l'incontro fraterno del successore di Pietro con i successori degli Apostoli, e l'incontro di tutti con il Pastore dei Pastori, Gesù Cristo.

Vi saluto perciò con grande affetto, e in voi saluto anche tutti singolarmente i membri delle vostre rispettive diocesi e di tutte le Nazioni e popoli dell'America Centrale, fratelli fra di loro per molti titoli.

Durante questi giorni desidero, come san Paolo, annunciare Cristo Crocifisso, morto e risorto (cfr. 1Co 1,23 1Co 15,3ss), nel quale risiede la nostra unità, la nostra speranza e nel quale abbiamo la vita in pienezza. E' la Parola viva del Vangelo che deve cadere, ancora una volta, come seme fecondo su questa buona terra dei vostri popoli.

Durante la visita in diversi paesi mi propongo di sviluppare alcuni temi che considero più importanti nell'attuale momento storico delle vostre amate Chiese particolari. Desidero parlare con cuore di Padre e affetto di fratello a tutto il Popolo di Dio. E poiché la visita vuol avere il carattere unitario consigliato dalle stesse condizioni esterne, ciò che in ciascuna tappa o luogo esprimero a una parte ecclesiale, lo rivolgo a questa stessa parte di tutta l'America Centrale e, più in generale, di tutta l'America Latina. In questo insegnamento globale troverà anche nuovo motivo di radicale unità in Cristo l'ampio mosaico formato da ciascuna delle vostre Chiese locali sparse nelle varie Nazioni e che nell'unico Signore sono inseparabilmente vincolate alla Chiesa universale.


2. La vita di quanti credono che Gesù è il Signore (cfr. Jn 2,11) può svolgersi solo in un dialogo d'amore, nel quale è lui, Gesù, a prendere l'iniziativa. Questo dialogo deve avere un carattere di servizio per il quale egli ci ha scelto (cfr. Jn 15,16). In effetti, al centro della nostra scelta come Pastori della sua Chiesa e dell'invio per annunciare il Vangelo, c'è la domanda che il Signore fece a Pietro: "Simone di Giovanni, mi ami tu? (Jn 21,15). E' la domanda che egli formula, in certa misura, a ciascun Vescovo. Perché solo nell'amore ci è possibile comprendere la nostra vocazione ecclesiale. E il nostro servizio ai fratelli ha il suo punto di partenza nella nostra unità con il Signore, del quale siamo sacramento (cfr. LG 21), ambasciatori (cfr. 2Co 5,20), benché portiamo il profumo di Cristo in vasi fragili (cfr. 2Co 4,7).

Il dialogo d'amore con il Signore che ci permette di dire con piena sincerità, nonostante la nostra debolezza: "Signore, tu sai che ti amo (Jn 21,16), è all'origine della fiducia con la quale egli affida alle nostre cure le comunità ecclesiali. E' questo un impegno di fedeltà, al tempo stesso fonte di fecondità, di energia pastorale. Perché la nostra forza non proviene dalla potenza delle armi, ma dal Vangelo. perciò, già nel discorso inaugurale della Conferenza di Puebla, vi facevo presente che il contributo che in quanto Vescovi potrete apportare, si basa sulle vostre qualità pastorali e non su quelle tecniche o politiche, poiché non è questa la vostra missione. E' quanto adesso desidero ripetervi: prodigatevi nell'essere guida e modello del gregge (cfr. 1P 5,3) e, come Gesù, sappiate essere il buon Pastore che va sempre dinanzi ai propri fedeli, per mostrare loro il cammino sicuro, curare le loro ferite e le loro miserie, le loro divisioni e le loro cadute, e riconciliarli in una nuova unità nel Signore che non cessa di convocare all'unità in lui.


3. Unità nella Chiesa.

Il Signore risorto riunisce la Chiesa. Essa è sacramento di comunione (cfr. GS 42), "koinonia", comunione intorno al Risorto: "Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te (Jn 17,21). Che ammirevole chiamata all'unità, alla vigilia della sua passione! Non si tratta di un'unità frutto di artifici, di calcoli, di compromessi, dell'insieme di indebite transazioni. Non è l'unità raggiunta a scapito della propria identità. Non è nemmeno la semplice unione esterna di una mera convivenza. E' l'unità nella sua forma più piena e perfetta che ci viene proposta come esempio: quella del Figlio con il Padre (cfr. Jn 10,30). E' unità di amore, di comunicazione, di donazione; unità, in una parola, affettiva ed effettiva.

Voi siete nella Chiesa, ricorda l'ultimo Concilio, "principio di unità (cfr. LG 23). Il cardine e la fedeltà della missione di pastori è di essere strumenti di unità nella comunità.

La vostra realtà di Maestri è orientata all'unità nella fede. La Chiesa è comunità di credenti, cioè, di quanti partecipano di una stessa fede. E per tutelare e arricchire l'unità della fede nella comunità, e pertanto, l'identità ecclesiale, lo Spirito di Cristo sostiene la vita dinamica del Magistero, servizio vitale nella Chiesa.

Servizio all'unità è l'evangelizzazione, per mezzo della quale nascono le Chiese. L'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" ha contribuito notevolmente - come avete potuto verificare nella Conferenza di Puebla - ad approfondire ciò che è la missione essenziale della Chiesa. Di qui la forte insistenza sull'assoluta priorità dell'evangelizzazione.

In stretto rapporto c'è la necessità della catechesi, sulla quale vi sono indicazioni concrete nell'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae".

Perché senza un'attiva e infaticabile evangelizzazione, senza una lucida e sistematica catechesi, la fede si indebolirebbe. E correrebbe seri rischi l'autentica unità. Presterete un servizio importantissimo alle vostre Chiese se coinvolgerete sempre di più il laicato in compiti così importanti.


4. Dobbiamo stare sempre attenti affinché tutta la nostra fede non sia né sradicata né vanificata. Potrebbe accadere quando criteri puramente umani soppiantassero i contenuti della fede e quando la coerenza e l'intrinseca coesione del simbolo della fede venissero messe in discussione. A tale fine risulta indispensabile un'adeguata elaborazione nel campo della Cristologia e dell'Ecclesiologia. Alcuni principi chiari al riguardo furono segnalati dal Documento di Puebla, che raccolse quanto manifestai all'inizio della terza Conferenza generale (Puebla, 28 gennaio 1979).

Un'autentica Cristologia non può accantonare né l'integrità della Rivelazione neotestamentaria, che fa tesoro nella maniera dovuta dei seri progressi ottenuti con la ricerca, né l'indispensabile riferimento al Magistero.

Non si può fare una Cristologia che serva di alimento alle nostre comunità se il lavoro teologico non affonda le sue radici nella fede della Chiesa e in una fede personale che fa della propria esistenza un'offerta al Signore.

Come elaborare, d'altra parte, l'Ecclesiologia senza vivere pienamente il "sentire cum Ecclesia?". Come sentire con la Chiesa se non la si ama con cuore di figli? Sull'esigenza di un fervente e profondo amore alla Chiesa come madre, tornero nell'omelia di domani.

So bene, cari fratelli, che state compiendo un deciso sforzo per realizzare la vostra missione e so che si nota in molte parti un impegno di rinnovamento nel quale voi siete alla testa. Perché volete essere servitori dell'unità nella fedeltà alla fede in tutto ciò che costituisce la vita sacramentale della Chiesa. Questa, in effetti, è riunita dalla Parola e dall'Eucaristia, centro di tutta la vita sacramentale. Pertanto non sarebbe completa né comprensibile un'evangelizzazione che non culminasse nella pratica sacramentale. E poiché la comunità cristiana vive dell'Eucaristia, la sua unità non è mai tanto profonda come quando spezza concordemente il pane della Parola e dell'Eucaristia.

Sono realtà che è necessario vivere al calore della Chiesa, famiglia di Dio. Non vi si nascondono, d'altra parte, i pericoli, e non li tacete nelle vostre Lettere pastorali, nella linea di Puebla. A ciò mi sono riferito con preoccupazione nei miei messaggi a qualcuna delle vostre Conferenze Episcopali.


5. L'unità interna della Chiesa esige l'obbedienza pronta e sincera all'insegnamento dei Pastori. Ciò ha potuto creare attraverso i secoli un ricco patrimonio spirituale nell'America Latina: e nell'America Centrale è stato possibile, grazie al senso di leale comunione del popolo fedele.

C'è un senso cristiano del Popolo di Dio, un "sensus fidelium", che costituisce una garanzia e quasi un baluardo inespugnabile di fronte agli attacchi e alle insidie. I vostri popoli sono fedeli; e quando si offre loro il pane puro del Vangelo, lo accolgono con prontezza; e, al contrario, sanno distinguere quando esso è adulterato. "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli (Mt 11,25).

Dal nostro cuore di Pastori s'innalza questa stessa preghiera piena di gratitudine al Padre delle Misericordie per la fede in America Latina, che in molti casi diventa, a buon diritto, esigente.

Procurate quindi con il massimo impegno di conservare e rafforzare innanzitutto la vostra unità. All'interno di ciascuna Conferenza Episcopale e anche a livello più ampio. Come leggiamo nella lettera ai Colossesi: "Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo" (Col 3,14-15).

Non vi mancherà così il rispetto e l'obbedienza del popolo fedele che sa che attraverso il vostro ministero si avvicina a Cristo stesso che il Vescovo rappresenta, vale a dire rende presente, e nel cui nome e nella cui persona, agisce.

Attorno ai Vescovi sia altresi conservata viva l'unità dei sacerdoti, "provvidi collaboratori, del ministero episcopale; l'unità dei religiosi, delle religiose e dei laici. La miglior garanzia per una predicazione feconda è la testimonianza di unità della Chiesa. Adesso come una volta deve essere reale questa verifica che predispone a ricevere la Parola di Dio: "Vedete come si amano". In questa unità nella fede deve crescere il vero ecumenismo, che è desiderio di fedeltà a Cristo nella dottrina e negli atteggiamenti. E deve tradursi in leale collaborazione.


6. Tale unità deve crescere attorno agli insegnamenti dell'ultimo Concilio, fonte di permanente vitalità ecclesiale. Abbiamo in esso il criterio più sicuro di rinnovamento nel momento presente.

I Sinodi dei Vescovi sono un altro valido strumento di ringiovanimento e di unità. E, a un altro livello, il Documento della Terza Conferenza generale dell'Episcopato latino-americano deve anch'esso continuare a contribuire all'unità sia nell'ambito dottrinale che in quello pastorale. Li ratificaste, in effetti, la vostra ferma volontà di unità. Questa unità nella Chiesa di Cristo si realizza, come ben sapete, attorno a Pietro. Oggi, qui riuniti, siamo una testimonianza di comunione in Cristo che, senza alcun dubbio, riempie di gioia e di fiducia tutti i vostri fedeli.

In Costa Rica ha inoltre la sua sede il Segretariato Episcopale dell'America Centrale, il Sedac, nato proprio dalla necessità sentita di coordinare l'azione pastorale nella regione. Con profonda stima saluto tutti i membri di questo Organismo Episcopale che mantiene con il Celam stretti legami che lo aiutano ad un miglior servizio ecclesiale.

Sono diverse e importanti forme di comunione pastorale per un più fecondo lavoro nelle Chiese, che non possono essere isolate ma molto compenetrate reciprocamente.


7. Unità nella società.

La comunità ecclesiale è, e deve essere, fermento nel mondo. E germe sicurissimo di unità e di pace. Vi sono, purtroppo, motivi di divisione che si addensano pericolosamente sui vostri Paesi. Abbondano le tensioni, i contrasti che minacciano di scatenare gravi conflitti, e si sono spalancate le porte al torrente distruttore della violenza in tutte le sue forme. Quante vite stroncate in maniera crudele e inutile! Popoli che hanno diritto alla pace e alla giustizia si vedono scossi da lotte disumane, alimentate dall'odio e dalla vendetta. Genti oneste e laboriose hanno perduto tranquillità e sicurezza.

E tuttavia solo lungo la strada di una pace degna e giusta è possibile ottenere quel progresso al quale i vostri popoli hanno perfetto diritto e che da troppo tempo è stato loro negato. Solo con il rispetto della grande dignità dell'uomo, di tutti gli uomini, si potrà ottenere un frutto migliore, e più conforme alle sue legittime aspirazioni.

Il Vangelo si costituisce a difesa degli uomini, soprattutto dei più poveri e deboli, di quanti mancano dei beni di questa terra e sono emarginati e dimenticati.

L'amore per l'uomo, immagine viva di Dio, dev'essere il maggiore incentivo per rispettare e far rispettare i diritti fondamentali della persona umana. Per questo la Chiesa si leva a difendere l'uomo e al tempo stesso a tenere alta la bandiera della pace, della concordia e dell'unità. Sono anche questi gli obiettivi che non dimentico in questa mia visita.

E' effettivamente necessario e urgente che la Chiesa nei vostri Paesi, nel proclamare la Buona Novella del Vangelo a popoli che soffrono intensamente e da lungo tempo, continui a manifestare coraggiosamente tutte le implicazioni sociali che comporta la condizione di cristiano. Senza dimenticare mai che la sua prima e irrinunciabile missione è quella di predicare la salvezza di Cristo. Ma senza nascondere al tempo stesso situazioni che sono incompatibili con una sincera professione di fede, e cercando di suscitare quegli atteggiamenti di conversione efficace cui deve condurre questa stessa fede.

Nel compiere tale missione, ogni uomo di Chiesa dovrà tener presente che non può ricorrere a metodi violenti che ripugnano alla sua condizione cristiana, né a ideologie ispirate a visioni riduttive dell'uomo e del suo destino trascendente. Al contrario, dalla chiara identità del Vangelo e da una visione integrale dell'essere umano, si sforzerà con tutte le sue energie di eliminare l'oppressione, l'ingiustizia nelle sue diverse forme, cercando di ampliare gli spazi in favore della dignità dell'uomo. Qui deve trovare il suo fedele e indilazionabile compimento l'insegnamento sociale della Chiesa che rifiuta come inadeguate e nocive tanto le impostazioni materialistiche del capitalismo puramente economicista come quelle di un collettivismo parimenti materialista, che opprimono la dignità dell'uomo (cfr. LE 13).

Ammiro la vostra dedizione di Pastori in circostanze così difficili per i vostri Popoli. Il vostro esempio di unità come Vescovi, e quello delle comunità che vi sono affidate, sia garanzia di concordia anche sociale, che dal cuore della Chiesa getta dei ponti all'interno e all'esterno di ciascuna delle vostre Patrie.

Il Signore conceda il dono della concordia e della pace a Nazioni sorelle con una stessa storia, una stessa tradizione e una stessa vocazione di libertà.


8. Non sono, non possono essere le attuali situazioni di lotta e di sfiducia, di disumanità - che disgraziatamente prevalgono in maniera dolorosa in più di una Nazione di questa area geografica -, qualcosa che debba fatalmente prolungarsi.

Per porre fine ad uno stato di cose tanto doloroso, contribuite con tutte le vostre forze, Vescovi dell'America Centrale, a creare un mondo più degno dell'uomo, più giusto, più solidale e fraterno.

La fede ci dice che possiamo prendere responsabilmente le redini della storia per essere artefici del nostro destino. Il Signore della storia rende l'uomo e i popoli protagonisti, soggetti del proprio futuro, quando rispondono al richiamo di Dio. Egli ha posto tutto a disposizione dell'uomo, re della creazione, per fare del creato un inno di lode a Dio; e la gloria di Dio è l'uomo vivente, che ha la sua vita nella visione di Dio (cfr. S. Ireneo, "Contra haereses", IV, 20,7: PG 7, 105).

Durante queste giornate di rinnovamento tornero spesso sul tema della giustizia e della pace. Non lesinero sforzi per chiedere a tutti di mobilitare le energie esistenti al fine di ottenere che l'una e l'altra rischiarino il vostro destino; tanto all'interno di ciascun Paese, quanto a livello internazionale.

Si, preservate a ogni costo la concordia fra le vostre Nazioni. Nulla è così triste e allarmante quanto la sola minaccia di una guerra che distruggerebbe i Paesi contendenti e li trasformerebbe in un luttuoso scenario di interessi estranei.

Siate portatori, cari Pastori, di questi stessi sentimenti, in tutti i Paesi e le comunità che, pieno di entusiasmo e di speranza, visitero. Uniti intimamente a Cristo, seguiamo sempre di più nella nostra azione nella Chiesa e nella società la raccomandazione di san Paolo: "Vi esorto pertanto fratelli, per il nome del Signore Nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di intenti (1Co 1,10). Affido questi propositi e il mio pellegrinaggio alla protezione della Madre di Dio e della Chiesa. Ella che era presente con tenerezza nel collegio degli Apostoli quando questi ricevettero la forza dello Spirito, vi ottenga dal suo Figlio la grazia, la forza e la perseveranza di cui avete bisogno nel vostro abnegato servizio alla Chiesa. così sia!

Data: 1983-03-02 Data estesa: Mercoledi 2 Marzo 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)