GPII 1983 Insegnamenti - All'assemblea del Celam - Port-au-Prince (Haiti)

All'assemblea del Celam - Port-au-Prince (Haiti)

Titolo: Essere al servizio del popolo di Dio nell'attuale momento storico

Diletti fratelli nell'Episcopato.

Vi invito ad unirvi al mio vivo ringraziamento alla divina Provvidenza per aver disposto che il mio viaggio apostolico nell'America Centrale, che ho voluto visitare rispondendo ad un vero impulso del cuore, culminasse con questo atto.

Rendono quest'incontro particolarmente prezioso per me le circostanze di persone, di tempo e di luogo. Le persone siete voi, membri direttivi o delegati a questa riunione del Consiglio Episcopale latino-americano. Il tempo e l'occasione è l'apertura della XIX assemblea generale del Celam. Il luogo è quest'isola nella cui parte orientale giunse Cristoforo Colombo quasi mezzo millennio fa, quando scopri il Nuovo Mondo al quale arrivo contemporaneamente la luce del Vangelo.

Mentre ho la gioia di intrattenermi con voi - come fratello maggiore tra fratelli - desidero riflettere con voi su alcuni punti suggeritici dalle presenti circostanze.

I - Essere Vescovo oggi in America Latina Voi rappresentate i quasi 700 Vescovi latino-americani, i padri e le guide di un gregge che entro poco costituirà quasi la metà dei cattolici di tutto il mondo. Con la vostra dedizione, fra non piccole difficoltà, sacrifici e rinunce, voi compite la missione affidatavi dal Buon Pastore per la salvezza dei vostri fedeli.

Siete i capi visibili di altrettante Chiese particolari, disseminate lungo tutta questa parte del Continente, desiderosi di essere fedeli al vostro esigente compito di Vescovi nell'attuale momento dell'America Latina.


1. Vescovi di un popolo profondamente religioso Quattro anni fa, i Vescovi presenti a Puebla cercarono di esaminare a fondo le caratteristiche del popolo di cui il Signore li costitui Pastori.

Un popolo profondamente religioso, il quale chiede il pane della Parola di Dio, dunque pone in lui la sua fiducia. Un popolo la cui religione, nella sua forma culturale più caratteristica, è espressione della fede cattolica. Per questo si è potuto dire che, nonostante le attuali deficienze, la fede della Chiesa ha plasmato l'anima dell'America Latina, costituendosi come matrice culturale del Continente. Per questo non si può essere oggi Vescovo in America Latina senza tener presente questi fatti. Essi danno ai vostri Paesi una fisionomia distinta da quella di altri.

I vostri popoli, segnati intimamente dalla fede cattolica, implorano l'approfondimento e il rafforzamento della loro fede, l'istruzione religiosa, il dono dei sacramenti, tutte le forme di alimento per la loro fame spirituale.

Tuttavia - ed occorre rendersi conto di ciò con umile lucidità e realismo - problemi gravi pesano su questo popolo dal punto di vista religioso ed ecclesiale: la cronica ed acuta scarsezza di vocazioni sacerdotali, religiose e di altri agenti della pastorale, con conseguente risultato di ignoranza religiosa, di superstizione e di sincretismo, fra le persone più umili; il crescente indifferentismo, se non addirittura l'ateismo, causato dall'odierno secolarismo, specialmente nelle grandi città e negli strati più istruiti della popolazione; l'amarezza di molti che, a causa di un'equivoca opzione per i poveri, si sentono abbandonati e disattesi nelle loro aspirazioni e necessità religiose; il moltiplicarsi di gruppi religiosi, a volte carenti di vero messaggio evangelico, i quali con i loro metodi di azione poco rispettosi della vera libertà religiosa, pongono seri ostacoli alla missione della Chiesa Cattolica ed anche delle altre confessioni cristiane.

Il Vescovo latino-americano non può omettere di esaminare questo ampio quadro di esigenze pastorali. Lo farà col timore ispirato dalla chiara coscienza del dovere assunto davanti alla Chiesa, ma al tempo stesso con viva fiducia nelle risorse della Grazia. così si collocherà davanti a questa folla di piccoli che chiedono ansiosamente il pane della Parola, della conoscenza di Dio, dell'incoraggiamento spirituale, del pane dell'Eucaristia, per la cui distribuzione mancano drammaticamente ministri (cfr. Lm 4,4).


2. Vescovi dedicati alla loro missione spirituale Essere Vescovi oggi in America Latina è cercare, molte volte anche a spese di una grande quantità di tempo, di salute e di talento, risposte adeguate a questa ansiosa ricerca spirituale di tutto un popolo; per evitare che debba andare a mendicare in altri luoghi il pane forse non trovato nella sua Chiesa o nei suoi Pastori. Non è questo il luogo per approfondire temi che ho già trattato in altri momenti di questo viaggio apostolico. A voi e ai vostri fratelli Vescovi, solidali con le mie sofferenze e con la mia consolazione (cfr. 2Co 1,7), affido l'insieme delle riflessioni e degli orientamenti pastorali seminati durante i giorni scorsi, che possono aiutare la Chiesa in tutta questa parte del Continente. A voi lascio la cura di farli fruttificare più profondamente nel terreno fecondo delle vostre Chiese.

Pero non posso fare a meno di accennare concretamente ad alcuni compiti importanti, tipicamente episcopali, sufficienti per riempire l'azione pastorale di un Vescovo e che al contrario lascerebbero un vuoto, se non fossero debitamente compiuti. Mi riferisco - come potete facilmente immaginare - alla convocazione di numerosi e qualificati giovani e alla loro formazione completa al sacerdozio o alla vita religiosa; alla massima cura da prestare ai laici per conseguire il loro inserimento attivo nella Chiesa e la loro efficace azione nella società; alla catechesi, strumento unico per l'educazione nella fede delle future generazioni, per orientarle ad un dinamismo sociale; alla preoccupazione pastorale per la famiglia.

Per ottenere tutto ciò, essere Vescovo oggi in America Latina consisterà sempre, e con urgenza crescente, nell'essere anzitutto predicatori della Parola rivelata. Vi esorto a farlo, diletti fratelli, non solo con la vostra predicazione personale, ma anche - poiché ogni Vescovo è "dispensatore della Parola della verità (2Tm 2,15) - cercando, con l'aiuto delle vostre Chiese, di evitare che la Parola di Dio divenga rara (cfr. 1S 3,1).

In questa importante missione, siate maestri e guide nella fede, proponendo senza ambiguità la dottrina della Chiesa; vigilate con bontà e fermezza per la sua integrità e purezza ed eventualmente correggete le deviazioni dottrinali o morali che tanto danno e confusione creano tra i fedeli. Siate anche santificatori di un popolo aperto, grazie a Dio, all'Assoluto di Dio ed anelante alle risposte della fede sulle questioni che si pone su se stesso, sulla vita, sulla sofferenza, sulla morte, sull'aldilà.

Non cessate di esortare e convocare i vostri sacerdoti per la loro missione, così vicina alla vostra. Preparate bene i giovani che aspirano al sacerdozio ministeriale, affinché siano domani servitori del loro popolo nelle necessità spirituali, senza dimenticare quelle di carattere materiale.

Esigete dai religiosi e dalle religiose che apportino il loro indispensabile contributo all'evangelizzazione di questa gente, assetata di valori soprannaturali, con il loro carisma specifico, con la piena disponibilità assicurata loro dalla consacrazione e con la testimonianza della loro vita caratterizzata dall'adorazione, dallo spirito delle beatitudini e dalla dimensione escatologica.

Per un Vescovo dell'America Latina sarà la sua croce, ma costituirà anche il suo compito più gratificante, consacrare il suo tempo, le sue energie, i suoi doni di spirito e di cuore, a costruire - anche in mezzo a tribolazioni, carenze e difficoltà - comunità cristiane, povere forse di risorse umane, ma ricche di fede e di una inesauribile carità.


3. Vescovi per un popolo che soffre Essere Vescovo oggi in America Latina vuol dire anche sentirsi Pastore di un popolo che negli ultimi anni ha conosciuto certamente notevoli progressi materiali e comincia ad offrire al mondo il risultato dei suoi sforzi in molti campi della civiltà, ma conosce ancora - e questa è la sua contraddizione radicale - immense zone di miseria, di analfabetismo, di malattia, di emarginazione.

Un'analisi sincera della situazione indica come radice di questi mali le profonde ingiustizie, lo sfruttamento di alcuni a danno di altri, la grave mancanza di equità nella distribuzione delle ricchezze e dei beni della cultura.

A questo grave problema se ne aggiunge un altro di uguale gravità: la storia recente fa vedere che molti giovani cedono alla tentazione di combattere l'ingiustizia con la violenza sia a causa di un idealismo mal orientato, sia per la pressione ideologica, sia per interessi di partito o di sistema all'interno del gioco delle egemonie. E così, pretendendo di reprimere la violenza con altra violenza, si scatena il processo che affligge e inquieta tutti noi.

La vostra sensibilità pastorale vi suggerisce - e in questo vi confermano gli orientamenti di Puebla - che in mezzo alle estese masse di poveri, di cui sono costituite in gran parte le vostre Chiese, i più poveri devono avere una preferenza nel vostro cuore di Padri e nella vostra sollecitudine di Pastori.

Pero sappiate e proclamate che tale opzione a loro vantaggio non sarebbe pastorale né cristiana se si ispirasse a criteri puramente politici o ideologici; se fosse esclusiva o escludente; se generasse sentimenti di odio o di lotta tra fratelli.

Le Chiese di tutto il mondo vi ringraziano per la vostra testimonianza di un'opzione che consiste nello stare vicino ai più poveri senza escludere nessuno, per insegnare loro a superare quanto è indegno dell'uomo. Per insegnar loro a progredire non soltanto per diventare ricchi, ma per essere di più.

Vi invito ad essere paternamente sensibili alla sofferenza dei vostri fedeli e figli più poveri ed abbandonati; a far si che, come quella di Roma, le vostre Chiese "presiedano" anch'esse, secondo la loro capacità, "alla carità"; che le vostre comunità, con i loro presbiteri e diaconi in testa, siano, sempre più, promotrici di sviluppo umano integrale, di giustizia e di equità, in beneficio anzitutto dei più bisognosi; che crescano la comunione e la partecipazione e che i compiti temporali della giustizia, della pace, del benessere, dell'istruzione e dell'educazione, della salute e del lavoro possano contare sempre su laici ben preparati e sicuri perché ricevono opportunamente la luce della fede e l'appoggio spirituale che, in virtù della vostra ordinazione, voi e i vostri sacerdoti non negate mai loro.


4. Vescovi costruttori di unità Tra i conflitti, il circolo vizioso della morte, il dramma della violenza che ha già fatto scorrere tanto sangue innocente, siano i Vescovi quei "principi, segni e strumenti di comunione" che riconosce in loro il Concilio.

Non sempre, disgraziatamente, riuscirete a abbattere il muro della separazione (cfr. Ep 2,14); ma, come uomini ai quali "fu affidato il ministero della riconciliazione (cfr. Co 5,18), giammai la vostra parola o i vostri gesti dovranno allargare le divisioni o aggravare le rotture.

Lavorate sempre, nella misura delle vostre possibilità, con saggezza e pazienza, in favore della concordia e della pace. Sia la vostra presenza e attività di Pastori uno stimolo costante e un aiuto per la ricostruzione di questa pace che supera i conflitti.

II - Il Celam Incontrando qui riuniti voi, Vescovi, per un'assemblea del Celam, sento il dovere di rivolgervi una parola, anche se breve, a questo proposito. Ho avuto la gioia di rivolgere un particolare saluto ai membri di questo Organismo ecclesiale, in occasione del 25° anniversario della sua fondazione, nella stessa città in cui nacque: Rio de Janeiro. Lo faccio di nuovo in questo incontro con i suoi responsabili e delegati, convenuti per un'importante riunione di lavoro.

Il Celam ha indubbiamente un posto speciale nella Chiesa per la sua originalità. Le caratteristiche geo-sociali dell'America Latina favorirono la nascita e propiziarono l'esistenza di questo organismo, difficilmente realizzabile in altri Continenti.

E' superfluo dirvi con quanto interesse e attenzione seguo i suoi programmi e le sue attività. Anche gli Episcopati di altri Continenti, che conoscono la vostra storia e seguono le vostre realizzazioni, non nascondono la loro ammirazione ed il loro incitamento. Tutti abbiamo ben presente che il Celam non è né può essere una super-Conferenza; non sostituisce né rimpiazza le diverse Conferenze Episcopali nelle loro competenze e responsabilità. Per la sua natura e per la sua definizione originaria, esso è un servizio a queste Conferenze, nella linea delle esigenze e delle necessità da queste presentate.

Tuttavia i quasi 28 anni di esistenza e di attuazione hanno dimostrato quanto sia prezioso tale servizio; per questo motivo il Celam è divenuto un punto di incontro, in cui i Pastori hanno la possibilità di riunirsi per scambiarsi esperienze, aiutarsi ed incoraggiarsi vicendevolmente nel comune impegno pastorale. In questa linea di servizio succede anche che, prescindendo da connotazioni giuridiche, il Celam serva da punto di riferimento o da spazio di coordinamento pastorale, in beneficio dell'una o dell'altra Conferenza Episcopale o dei Vescovi individualmente considerati.

Vorrei incoraggiarvi a portare avanti, senza cedimenti, la vocazione e la missione di questa istituzione ecclesiale. Auspico che non cessino di perfezionarsi e crescere in efficacia le sue strutture, né di chiarirsi i suoi obiettivi. Desidero che si organizzino sempre meglio i Dipartimenti, i Segretariati e gli Istituti, e le persone che in esso lavorano abbiano sempre la convinzione di servire una causa degna della Chiesa.

Invoco la benedizione divina sui lavori che cominciano, dando grazie a Dio per quanto quest'organismo ha fatto lungo i suoi 28 anni di vita. E nell'esprimere la mia gratitudine ai dirigenti che terminano ora il loro incarico, chiedo al Signore di illuminare coloro che prenderanno in mano i destini del Celam perché lo conducano per cammini di fedele servizio alla Chiesa in America Latina, in spirito di comunione e di leale collaborazione con la Chiesa universale e con il successore di Pietro.

III - Vescovi per un rinnovata evangelizzazione E ora, fratelli Vescovi, da queste terre che videro l'alba della fede nel Nuovo Continente, è naturale ricordare "l'opera evangelizzatrice della Chiesa in America Latina", iniziata con la sua scoperta. Opera irta di difficoltà, segnata da limiti e lacune, ma anche da generosi e ammirevoli risultati.

Guardando oggi la carta geografica dell'America Latina con più di 700 diocesi, col suo personale insufficiente ma pieno di dedizione, con i suoi quadri e strutture, con le sue linee di azione, con l'autorità morale di cui gode la Chiesa, bisogna riconoscere in tutto ciò il frutto di secoli di paziente e perseverante evangelizzazione. Quasi cinque secoli: infatti nell'anno 1992, già abbastanza vicino, ricorrerà il V centenario della scoperta d'America e dell'inizio dell'evangelizzazione.

Come latino-americani dovrete celebrare questa data con una seria riflessione sui cammini storici di questa parte del Continente, ma anche con gioia e con orgoglio. Come cristiani e cattolici è giusto ricordarla con uno sguardo verso questi 500 anni di lavoro per annunciare il Vangelo ed edificare la Chiesa in queste terre. Sguardo di gratitudine a Dio, per la vocazione cristiana e cattolica dell'America Latina, e di gratitudine a quanti furono strumenti vivi e attivi dell'evangelizzazione. Sguardo di fedeltà al vostro passato di fede.

Sguardo alle sfide del presente e agli sforzi che si realizzano. Sguardo al futuro, per vedere come consolidare l'opera iniziata.

La commemorazione del mezzo millennio di evangelizzazione avrà il suo pieno significato se sarà un impegno vostro come Vescovi, assieme al vostro Presbiterio e ai vostri fedeli; impegno non certo di rievangelizzazione, bensi di una nuova evangelizzazione. Nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni.

A questo proposito, permettetemi di consegnarvi, sintetizzati in brevi parole, gli aspetti che mi paiono presupposti fondamentali per la nuova evangelizzazione.

Il primo si riferisce ai ministri ordinati. Al momento di terminare il suo mezzo millennio di esistenza e alle porte del terzo millennio cristiano, la Chiesa in America Latina dovrà avere una vitalità che sarà impossibile se non si conta su sacerdoti numerosi e ben preparati. Suscitare nuove vocazioni e prepararle convenientemente, negli aspetti spirituali, dottrinali e pastorali è per un Vescovo, un gesto profetico. E' come anticipare il futuro della Chiesa. Vi raccomando, pertanto, questo compito che vi costerà inquietudini e pene, ma porterà anche gioia e speranza.

Il secondo aspetto si riferisce ai laici. Non solamente la carenza di sacerdoti, ma anche e soprattutto l'autocomprensione della Chiesa in America Latina, alla luce del Vaticano II e di Puebla, parlano con forza del ruolo dei laici nella Chiesa e nella società. Al suo avvicinarsi, il 500° anniversario della vostra evangelizzazione deve trovare i Vescovi, assieme alle loro Chiese, impegnati a formare un numero crescente di laici, pronti a collaborare efficacemente nell'opera evangelizzatrice.

Una luce in grado di orientare la nuova evangelizzazione - ed è il terzo aspetto - dovrà essere quella del documento di Puebla, dedicato a questo tema, in quanto esso è impregnato dell'insegnamento del Vaticano II ed è coerente col Vangelo. In questo senso è necessario diffondere ed eventualmente ricuperare l'integrità del messaggio di Puebla, senza interpretazioni deformate, senza riduzionismi deformanti né indebite applicazioni di alcune parti ed omissioni di altre.

Desidero che questi prossimi anni che si avvicinano ad avvenimenti tanto significativi, vi trovino, diletti fratelli, pieni di fiducia in un nuovo sforzo evangelizzatore.

Siano pegno e garanzia di successo in questa missione le tre caratteristiche che distinguono la pietà dei vostri popoli: l'amore all'Eucaristia, la devozione alla Madre di Dio, l'unione affettuosa al Papa, come successore di san Pietro.

Vi accompagni in questo cammino la benedizione apostolica che vi impartisco di cuore. Amen.

Data: 1983-03-09 Data estesa: Mercoledi 9 Marzo 1983

Partenza da Port-au-Prince (Haiti)

Titolo: Costruite un avvenire degno della fede cristiana

Nel lasciare questa terra di Haiti, tengo a rinnovare l'espressione della mia gratitudine a tutti coloro che mi hanno riservato un'accoglienza così calorosa.

Soprattutto a Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica, il quale si è direttamente interessato alla preparazione della mia visita e ai responsabili dei vari servizi che hanno permesso il felice svolgimento del mio breve soggiorno e il mio contatto con il popolo di Haiti.

Di questo popolo porto con me un ricordo indimenticabile e gli esprimo i miei voti più fervidi per il suo benessere e la sua prosperità. In questo intento, incoraggio gli sforzi che i dirigenti stanno compiendo. Sono consapevole delle gravi difficoltà che essi incontrano e assicuro loro la mia preghiera, mentre lancio un vibrante appello ai Paesi amici di Haiti e agli organismi internazionali affinché gli apportino il loro appoggio generoso. Rinnovo anche la mia gratitudine e i miei voti augurali a tutti i Paesi dell'America Centrale che ho potuto visitare e a tutta l'America Latina, qui rappresentata dai Pastori che fanno parte del Celam.

Che Iddio vi consenta, con tutte le forze vive di queste Nazioni piene di gioventù, di costruire per ogni individuo e per ogni comunità un avvenire degno dell'uomo, degno della fede cristiana così largamente condivisa in questo Continente.

Il mio grazie particolare va evidentemente a tutti gli abitanti di Haiti, che mi sono venuti incontro con benevolenza e fiducia, fratelli di altre confessioni cristiane e amici della nostra religione.

Ringrazio particolarmente tutti i miei fratelli e sorelle cattolici con i quali ho avuto la gioia di vivere un tempo forte, l'apice del loro Congresso Eucaristico e Mariano: questo deve proseguire, voglio dire portare i suoi frutti.

Cari amici, date libero corso alla vostra fervente preghiera, attingete alle fonti autentiche della fede, rimanete fedeli alla Chiesa.

I cristiani di qui fanno parte della grande Chiesa di Cristo sparsa in tutti i Continenti, ch'io ho ricevuto la missione di conservare nella fedeltà e nella dignità al servizio di Nostro Signore Gesù Cristo. Io rimarro a voi unito, reco con me tutte le vostre intenzioni, tutte le vostre preoccupazioni, tutte le vostre ispirazioni nella mia preghiera; pregate anche per me. Abbraccio i miei fratelli nell'Episcopato e rassicuro tutti i collaboratori, sacerdoti, religiosi, religiose e laici del mio affetto.

(In lingua locale:) Tenete duro. Andate d'accordo, la mano nella mano.

Grazie infinite. Arrivederci!).

Data: 1983-03-09 Data estesa: Mercoledi 9 Marzo 1983

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Giustizia e pace per l'America Centrale




1. Cari fratelli e sorelle! "E stato Dio... a riconciliare a sé il mondo in Cristo (2Co 5,19).

Queste parole di san Paolo si trovano al centro stesso della liturgia odierna, domenica quarta di Quaresima. Sono parole della seconda lettera ai Corinzi, e le leggiamo sullo sfondo della parabola del figlio prodigo del Vangelo secondo Luca.

Questa parabola parla a noi in modo particolarmente convincente. Essa dice: ecco come è questo Dio che viene incontro a ogni uomo, e che in Gesù Cristo ha riconciliato a sé il mondo. Veramente questo Dio è "ricco di misericordia" ("dives,.. in misericordia", Ep 2,4).

Ecco, per ciascuno di noi, la chiamata alla conversione, alla riconciliazione con Dio nel Mistero pasquale. Ecco la parola, che ci prepara alla celebrazione dell'Anno della Redenzione, che tra breve comincerà nella Chiesa.


2. Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo.

Oggi mi è dato di parlare per la prima volta dopo il mio ritorno all'America Centrale. Desidero ringraziare la Divina Provvidenza per questo singolare servizio pastorale. Nel corso dei giorni scorsi ho potuto visitare i seguenti paesi: Costa Rica, Nicaragua, Panama, El Salvador, Guatemala, Honduras, Belize e Haiti. Ho avuto la gioia di partecipare al Congresso Eucaristico in Haiti. Mi è stato dato di incontrarmi con gli Episcopati dell'America Centrale e col Consiglio episcopale dell'America Latina.

Ringrazio i miei fratelli nell'Episcopato, come anche i sacerdoti, i religiosi e le religiose dei vari Ordini e delle varie Congregazioni. Ringrazio le autorità dei singoli Paesi.

Unisco tutti questi ringraziamenti in uno solo, indirizzandolo alle società dei Paesi visitati. Essi, infatti, insieme con i loro Vescovi costituiscono il Popolo di Dio dell'America Centrale.

Sono tante le tensioni e le sofferenze che gravano sulla vita di queste società. Gli avvenimenti degli ultimi anni hanno causato tante vittime. Ho cercato di darne testimonianza. Ho cercato soprattutto di manifestare l'amore, che i poveri e coloro che sono provati da qualsiasi sofferenza trovano nel cuore della Chiesa. Quest'amore grida giustizia e pace per le società dell'America Centrale.

Quest'amore ha la sua sorgente in Cristo: in Cristo, nel quale Dio ha riconciliato a sé il mondo!


3. So che il mio ministero pastorale in America Centrale è stato accompagnato dalla preghiera di tutta la Chiesa. Tale preghiera è stata particolarmente fervida a Roma e in Italia. Ringrazio il Presidente della Conferenza episcopale italiana, e il Cardinale Vicario di Roma; e ringrazio gli intellettuali cattolici per il loro speciale appello. Esprimo la mia riconoscenza ai vari Movimenti, fra i quali vedo numerosi gli appartenenti alle Comunità neo-catecumenali. Ringrazio voi tutti per la presenza quest'oggi in piazza San Pietro, Che la nostra comune preghiera aiuti i popoli dell'America Centrale a realizzare la giustizia sulla via della pace. Che la Chiesa serva la grande causa del Vangelo; esso infatti indica le vie della pace e della riconciliazione.

(Dopo la benedizione il Santo Padre ha aggiunto:) Continuando nel saluto alle Conferenze episcopali venute in visita "ad limina" sulla fine dell'anno scorso, rivolgo un grato pensiero, ai Vescovi del Kenya. La loro è una Chiesa relativamente giovane, ma con salde basi nel Paese, costituendo ormai i cattolici quasi il 20 per cento della popolazione totale. Uno sguardo ai dati degli ultimi anni mostra l'alto grado di vitalità e di efficienza, che caratterizza l'attività pastorale di quella Chiesa. Si è registrato infatti un notevole incremento degli operatori pastorali, e - ciò che più conta in una prospettiva aperta sul futuro -le vocazioni sacerdotali hanno conosciuto un "crescendo" confortante: dal 1977 al


1981 l'aumento dei seminaristi è stato del 49 per cento.

Vi invito a ringraziare con me il Signore per il bene che egli va suscitando in quella nobile Chiesa sorella, alla quale, nel ricordo sempre vivo delle profonde emozioni provate durante il pellegrinaggio apostolico del maggio


1980, rinnovo l'espressione anche in questa circostanza del mio affetto.

Data: 1983-03-13 Data estesa: Domenica 13 Marzo 1983

Inaugurazione del Centro giovanile San Lorenzo - Roma

Titolo: Attraverso la conversione pemetriamo nell'amore di Dio

Cari fratelli e sorelle!


1. Ho accolto volentieri l'invito a presiedere questa Celebrazione Eucaristica in occasione dell'inaugurazione del Centro internazionale giovanile "San Lorenzo".

Alle iniziative spirituali già esistenti nella diocesi del Papa se ne aggiunge dunque un'altra, di non poco rilievo. E proprio da qui desidero additarla ai Vescovi di tutto il mondo, perché facciano conoscere adeguatamente questo Centro ai giovani delle loro diocesi e vi pongano essi stessi un'attenzione speciale in occasione delle loro visite nella Città Eterna.

E' per me una gioia particolare sapere che questo Centro è stato pensato soprattutto per i giovani pellegrini che giungono a Roma, e che voi vi siete messi a disposizione per realizzarlo e per animarlo. Conoscete il mio grande desiderio di essere vicino ai giovani, di valorizzare anche con la mia presenza il vostro modo di credere e di concepire l'esistenza. L'ho affermato all'inizio del mio pontificato e voglio ripeterlo oggi: "voi siete l'avvenire del mondo, la speranza della Chiesa: voi siete la mia speranza" (22 ottobre 1978, in "L'Osservatore Romano" 23-24 ottobre 1978, p. 2).

Voi vi siete posti al servizio del Centro internazionale in atteggiamento quasi mariano, con generosità, senza poter misurare tutta la portata di questo impegno. Lo avete fatto, spinti dallo Spirito Santo, pronti a spiegare le vele affinché lo Spirito di Dio vi muova secondo la sua volontà.


2. Questo Centro dipende dal meglio di voi e può consolidare il meglio di voi; infatti la vostra attenzione e il vostro servizio disinteressato ai giovani provenienti da varie parti del mondo, vi porterà inevitabilmente a parlare delle motivazioni della vostra disponibilità, a svelare ai vostri interlocutori il vostro mondo interiore. Parlerete di ciò che vi muove, vi entusiasma, di ciò che orienta la vostra vita. E quindi anche del fatto che siete stati toccati da Cristo; che lo avete scoperto come fratello e amico; che avete sperimentato la gioia della sua vicinanza e della parola che egli riserva ai suoi testimoni; che il Signore vi ha mostrato, seppur velatamente, il volto del Padre che ama.

E perché escludere che, in questo impegno, l'uno o l'altro di voi senta la chiamata di Dio a dedicarsi totalmente ad un servizio spirituale nella Chiesa? Qui, ne sono certo, proverete più forte che mai la gioia del testimone, che corrobora la fede degli altri, che comunica ad altri quanto di meglio egli possiede, cioè la fiducia nel Padre di Gesù Cristo. Ed è proprio questa esperienza che suscita la vocazione spirituale.


3. Il servizio di annunciare che "Dio è amore" tocca proprio a noi che crediamo! Ad esso ci richiama il messaggio del Vangelo di oggi, che è come un dono per il Centro "San Lorenzo": un dono e un orientamento speciali, perché è uno dei messaggi più belli che Gesù ci abbia affidato.

Chiamiamo questo passo del Vangelo di Luca: "La parabola del figlio prodigo". Dobbiamo lasciare che questa parola s'iscriva nel nostro cuore. Dobbiamo portarla nel nostro cuore anche quando il buio di una strada senza uscita ci dispera. Ma questo Vangelo non annuncia solo speranza a chi si crede perduto.

Questa parabola si potrebbe anche chiamare: "La parabola del Padre che ama", il cui cuore irresistibile e la cui misericordia sono il vero motivo della speranza.

Così, per un attimo solo, vogliamo volgere lo sguardo al Padre, che il Figlio unigenito ci ha rivelato. "Quando era ancora lontano, il padre lo vide..." (Lc 15,20), ci dice Gesù. Il padre deve aver atteso il figlio; deve essere stato in pena per lui. Non solo gli ha perdonato la cruda insistenza nel reclamare i propri diritti: "Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta (Lc 15,12). Ma lo ama a tal punto da volerlo ancora accanto a sé. Quando finalmente il figlio compare all'orizzonte non pensa assolutamente a punirlo. E sembra non curarsi nemmeno di quanto il figlio sia debitore alla sua dignità e autorità. Sembra non curarsi della sottomissione del figlio perduto, della sua autoaccusa, della sua umiliazione, che potrebbero invece sembrare necessarie per motivi di pedagogia e di ordine. Al contrario, gli corre incontro, gli si getta al collo e lo bacia. Lo fa rivestire del vestito più bello, gli fa mettere l'anello al dito e i calzari ai piedi, fa ammazzare il vitello grasso perché si faccia festa. Il Padre è così; così ce lo mostra Gesù. Egli è per ognuno di noi il Tu, che aspetta sempre; è sempre pronto ad aprirci le sue braccia di Padre qualsiasi cosa sia successa. A lui desideriamo volgere lo sguardo per lasciarci penetrare dal suo amore e dalla sua misericordia.


4. La parola di Gesù, carissimi fratelli e sorelle, ci ha condotti ad una meditazione sul Padre Celeste. Le sue parole diventano così per noi Vangelo, vera "Buona Novella". Ma la gioia e la gratitudine suscitate non devono offuscare la visione di noi stessi e della nostra situazione. L'esperienza della bontà del Padre coincide, nel figlio prodigo, con la conoscenza di se stesso, con il pentimento e la conversione. La conversione è elemento essenziale della gioia procurata dalla vicinanza del Dio che ci ama. Chi cerca Dio non può rinunciare a convertirsi: né noi lo possiamo, né quelli che vogliamo condurre all'incontro col Padre.


5. Il Vangelo di oggi e l'inaugurazione del Centro "San Lorenzo" diventano così per noi un ponte verso l'Anno Santo della Redenzione. L'apertura del Giubileo è ormai imminente e con la nostra meditazione ci siamo avvicinati al suo contenuto. Questo Anno Santo, come ho detto nella Bolla d'indizione (n. 8), deve portare ad una "rinnovata scoperta dell'amore di Dio che si dona". Chi si lascia colmare da questo amore non può negare più a lungo la sua colpa. La "perdita del senso del peccato, deriva in ultima analisi dalla "perdita più radicale e più nascosta del senso di Dio".

Questo impegno di penetrare più a fondo nell'amore di Dio, doppiamente motivato dalla parabola del figlio prodigo e dall'Anno Santo, diventa per il "San Lorenzo" un testamento. Il Centro vuole risvegliare in tutti i suoi visitatori la sensibilità per la realtà di Dio, la sensibilità per le esigenze che egli pone. Se l'uomo si riconosce peccatore, ciò non lo deve umiliare, ma dirgli che la strada verso la gioia della vicinanza del Padre passa per la conversione e il perdono.

Il Centro diviene così necessariamente un luogo, in cui deve regnare la Croce. Dove andare in questo mondo, col peccato e la colpa, senza la Croce? La Croce prende su di sé tutta la miseria del mondo, che nasce dal peccato. Essa si rivela come segno di grazia. Raccoglie la nostra solidarietà e ci incoraggia al sacrificio per gli altri. Anche nella croce dei sofferenti e nella nostra propria croce riconosciamo lo strumento della Redenzione, la porta della Risurrezione.

Perché è nella croce che il Signore ha vinto il peccato e la morte.

E' bene, perciò, che in questa chiesa abbiate collocato, a dominarla con la sua grandezza e la sua bellezza, la famosa croce di San Damiano. Venite sotto questa croce, insieme con Maria, la Madre di Dio, che vi è raffigurata. Imparate la sua disponibilità. Divenite, voi stessi, redentori per i giovani del mondo.

Compirete così anche voi la missione, che il Signore ha affidato a Francesco, suo umile messaggero: "Va' e costruisci la mia casa, la mia Chiesa".

Insieme col ricordo di San Damiano, dell'esempio di san Francesco, voglio ricordarvi come stimolo a tendere verso alti ideali anche la figura di un giovane vissuto nella nostra epoca, Pier Giorgio Frassati. Egli è stato un giovane "moderno", aperto ai problemi della cultura, dello sport, alle questioni sociali, ai valori veri della vita, e insieme un uomo profondamente credente, nutrito del messaggio evangelico, appassionato nel servire i fratelli e consumato in un ardore di carità che lo portava ad avvicinare i poveri e i malati. Egli ha vissuto le Beatitudini del Vangelo.

Desidero che questo Centro diventi una fucina di formazione di veri giovani cristiani, che sappiano testimoniare coerentemente il Vangelo nel mondo di oggi.

Questo vi auguro e questo affidiamo insieme al Signore nella comune preghiera durante la celebrazione dell'Eucaristia.

Data: 1983-03-13 Data estesa: Domenica 13 Marzo 1983


GPII 1983 Insegnamenti - All'assemblea del Celam - Port-au-Prince (Haiti)