GPII 1983 Insegnamenti - Agli operai dell'industria del vetro - San Salvo (Chieti)

Agli operai dell'industria del vetro - San Salvo (Chieti)

Titolo: Il lavoro come realizzazione e occasione di testimonianza

Cari fratelli e sorelle.


1. Grazie per i sentimenti di gioia e di devozione, che mi avete manifestato per il tramite dell'operaio e del dirigente, che hanno appena parlato a nome vostro. A loro e a tutti voi esprimo la mia riconoscenza. Soprattutto voglio rivolgervi il mio saluto più cordiale, e dirvi che sono molto contento di essere qui in mezzo a voi. Poco fa ho avuto modo di compiere un giro nella vostra fabbrica e ho potuto rendermi conto di persona non solo di quanto essa sia grande e moderna, ma anche delle caratteristiche del vostro lavoro. E quando si conosce così da vicino ciò che un uomo fa, soprattutto se questo è la sua vita di ogni giorno, allora non solo lo si apprezza, ma lo si ama anche di più. E' come se si creasse una condivisione e perciò una comunione, che a distanza è normalmente impossibile.

Ebbene, proprio questa corrente si è stabilita tra me e voi. Abbiate, dunque, l'assicurazione della mia stima e, anzi, di tutto il mio affetto.


2. Oggi, come sapete, è la festa di san Giuseppe: la festa di un uomo, cioè, che non solo è stato il padre putativo di Gesù, ma che ha esercitato un lavoro manuale, certamente non per hobby, bensi per procurare il necessario sostentamento a se stesso e alla propria singolare famiglia. Per questo sono venuto oggi qui a San Salvo tra di voi: per venerare il più grande santo lavoratore e, in modo particolare, per onorare il lavoro in se stesso, che costituisce la vostra occupazione quotidiana.

Il lavoro fa parte essenziale della vita dell'uomo su questa terra, già a partire dal momento della sua creazione. Lo stesso Signore nostro Gesù Cristo lo ha accettato e lo ha praticato per lunghi anni: e non poteva essere diversamente, dal momento che egli ha assunto la più comune condizione umana ed è vissuto come uomo tra gli uomini, si potrebbe dire come lavoratore tra i lavoratori.

Queste brevi considerazioni ci permettono di riconoscere nel lavoro un ineguagliabile statuto di dignità. E' vero: esso è anche peso, fatica, sudore. Ma, d'altra parte, esso permette all'uomo di realizzarsi, di rispondere alla propria vocazione di signore del creato, poiché gli dà la possibilità di elaborare e trasformare la materia. E soprattutto gli fornisce il modo per procurare il sostentamento e una vita dignitosa per sé e per i propri cari: una finalità tipicamente umana, senza la quale ci si collocherebbe soltanto sul piano di una macchina o di un robot. Proprio questa sempre maggiore umanizzazione del lavoro mi sta particolarmente a cuore; anzi, come sapete, cerco sempre di promuoverla.


3. Questo, pertanto, è anche l'augurio che faccio alla vostra fabbrica, a ciascuno di voi, dirigenti e operai, e di riflesso alle vostre famiglie. Che il lavoro da voi svolto serva davvero alla vostra maturità umana, vi sia fonte di autentica soddisfazione, sia occasione di testimonianza cristiana, luogo e motivo di affermazione della giustizia, e contribuisca così al benessere sociale di tutti e, insieme, alla vostra personale prosperità nel senso più largo del termine.

Oggi ho la gioia di condividere con voi il pane della vostra mensa. Vi ringrazio anche di questa cortese ospitalità. E sono lieto di ricambiarla, invocando dal Signore su tutti voi e sui vostri cari le più elette benedizioni celesti.

Data: 1983-03-19 Data estesa: Sabato 19 Marzo 1983



Al Consiglio di fabbrica della Magneti Marelli - San Salvo (Chieti)



Cari fratelli, vi ringrazio per questo incontro e per tutte le vostre parole. E' per me un modo di celebrare la giornata di san Giuseppe operaio che vuol dire anche la giornata di Gesù operaio perché Gesù si faceva operaio accanto a san Giuseppe. Vi ringrazio per la possibilità che mi date di salutare personalmente tanti operai, tanti lavoratori di questa fabbrica, di questo ambiente.

Inoltre vi ringrazio per questo incontro che è più tematico. Avete parlato voi ed avete toccato diverse tematiche. Sono, questi, temi concreti.

Alcuni domandano anche un eventuale intervento o una soluzione. Questo non si può fare subito, pero anche questo non può rimanere senza una risposta.

Ci sono stati anche alcuni di voi che hanno riferito la situazione della fabbrica e non solamente della fabbrica ma anche dell'ambiente in cui vive la fabbrica, in cui si lavora, in cui si manifestano le difficoltà del lavoro, in cui manca il lavoro. Infatti ci sono molti disoccupati: grande problema sociale. Mi avete riferito anche il vostro interesse per la dottrina sociale della Chiesa, soprattutto per la "Laborem Exercens", e vi sono molto grato per questa risposta.

Avete, in un certo senso, confermato con le vostre voci, con la vostra lettura, con la vostra analisi, la verità di questa dottrina. Questo è importante per la Chiesa: predicare una verità. La Chiesa non può direttamente cambiare le situazioni ingiuste che esistono nel mondo, e ve ne sono tante.

Ciò è preoccupante perché ci sono tante situazioni ingiuste sia a livello locale che a livello internazionale. Queste preoccupazioni crescono. Io che di recente ho visitato i Paesi dell'America Centrale sono pienamente consapevole di queste tensioni, di queste preoccupazioni che porta con sé la vita umana in quella parte del mondo, ma non solamente in quella parte.

Mi avete parlato dei vostri problemi ed essi devono essere anche misurati con le misure del mondo internazionale - soprattutto nazionale, italiano -, ma poi internazionale; del mondo contemporaneo, del mondo della tecnica, del progresso e soprattutto del mondo del lavoro. Dobbiamo chiederci se il progresso umano è giusto; se il progresso umano, il progresso tecnico non diventa, qualche volta, anche un nemico del lavoro umano perché sempre più la tecnica sostituisce il lavoro umano. Ci sono alcuni che sostengono che questo pericolo non è poi tanto grande. A me sembra un serio pericolo.

Vi ringrazio per tutte le vostre osservazioni, per tutte le vostre parole sincere anche se le verità espresse in queste parole sono verità dure e dolorose. Poi vi ringrazio per tutte le manifestazioni della vostra solidarietà.

Noto che mi avete avvicinato un microfono con su scritto "Solidarnosc" e noi sappiamo bene che cosa vuol dire questo e quale simbolo porta in sé. Vi ringrazio per questo.

Vi ringrazio anche per i diversi doni artistici ma anche doni materiali da condividere con gli altri. Credo che questa sia la connotazione più significativa del mondo operaio, del mondo del lavoro: la solidarietà. Solidarietà con gli altri, con i bisognosi, con i più bisognosi, con tutti coloro che hanno bisogno. Una responsabilità maggiore per l'"altro", per l'uomo, anche per l'uomo lontano e che soffre la fame: questo è profondamente cristiano e naturalmente umano. può provenire da motivazioni umanistiche ma in sé e nello stesso tempo profondamente cristiano: la solidarietà con ogni uomo che soffre. Ciò si trova nel centro del Vangelo. Io, passando tra voi e ascoltando le vostre voci, posso verificare gli elementi del messaggio cristiano che sono molto profondi nel vostro ambiente, nella vostra mentalità. Vi ringrazio per tutto questo.

Ciò che ho detto non è una risposta. Penso che anche quello che diro dopo nel discorso preparato non sarà anch'esso una piena risposta. Ma siamo sempre in ricerca della risposta. La Chiesa, che da cento anni si occupa del problema operaio, problema del lavoro, problema della giustizia sociale, sta camminando alla ricerca di questa risposta sempre più giusta, sempre più adeguata ai problemi umani. Naturalmente, di questa mia risposta generica si devono trarre successivamente le risposte più specifiche, più individuali, come nei casi sollevati durante il nostro incontro e il nostro colloquio. Vi ringrazio, a nome di tutti coloro ai quali avete espresso la vostra solidarietà.

Data: 1983-03-19 Data estesa: Sabato 19 Marzo 1983

Alle autorità civili - Termoli (Campobasso)

Titolo: La questione sociale del Mezzogiorno e i suoi più urgenti problemi

Onorevole Signor Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri! Signor Sindaco! Cari fratelli e sorelle di Termoli e Larino e dell'intera regione del Molise!


1. Desidero, anzitutto, ringraziare le autorità civili per le cortesi e calorose espressioni con le quali mi hanno dato il benvenuto, facendosi anche interpreti dei comuni sentimenti degli abitanti di questa antica e pittoresca città, posta a specchio sul mare Adriatico, al cospetto delle suggestive isole Tremiti, che spiccano come brillanti ben incastonati nell'azzurro del mare.

Ricambio volentieri il loro saluto deferente, abbracciando con affettuoso pensiero quanti sono qui venuti anche da Larino e dalle altre città vicine e tutte le popolazioni di questa regione, carica di millenni di storia, risalente agli antichi e valorosi Sanniti e Frentani, e così ricca di profonde tradizioni religiose, da ben meritare la visita del successore di Pietro. Vengo perciò a suggellare un lungo e meritorio cammino di fede e ad incrementarne il passo, in un momento tanto significativo per la vita della Chiesa, qual è quello dell'ormai imminente apertura dell'Anno Giubilare della Redenzione.


2. Le tracce storiche dello spirito cristiano che ha animato le generazioni passate su queste terre mi sono apparse agli occhi venendo da voi. Sorvolando infatti questo vostro territorio, ho potuto ammirare non solo il vasto e vario paesaggio dominato dai massicci calcarei della Meta e del Matese e solcato dalle ampie valli del Trigno, del Biferno e del Fortore, ma anche gli storici monumenti che hanno segnato delle tappe importanti nella spiritualità e nella cultura di questo popolo: intendo riferirmi all'Abbazia medioevale di San Vincenzo al Volturno, alla Badia-Santuario di Santa Maria del Canneto, alla Badia di Santa Maria della Strada e alle numerose chiese romanico-gotiche disseminate nel territorio. Anche lo splendido duomo romanico di questa città ha attirato la mia attenzione ammirata. Esso infatti, mostrando nella fisionomia di alcune statue di santi un certo stile venuto dall'Oriente, richiama alla mente i contatti avuti nel passato da questa città con la cultura dei popoli di oltremare, verso i quali essa si protende per naturale posizione geografica. E anche oggi qui vivono ancora tre Comunità slave, alle quali pure rivolgo un saluto affettuoso.


3. Accanto a questi confortanti aspetti culturali e spirituali, dei quali vanno giustamente orgogliose le popolazioni di questa regione, non posso pero sottacere quelli, meno consolanti, relativi alla situazione sociale.

Parlando a coloro che hanno la responsabilità della cosa pubblica e a cittadini pensosi del bene comune, desidero dire che questa mia visita vuole essere anche uno stimolo e un incoraggiamento per un impegno sempre più cosciente e fattivo al fine di portare una appropriata e urgente soluzione ai tanti problemi che vanno sotto il nome di "questione sociale del Mezzogiorno". Nel considerare i numerosi e gravi problemi connessi col triste fenomeno dell'emigrazione, della disoccupazione, delle condizioni abitative, dello svuotamento economico e del relativo basso reddito, come pure del livello di istruzione scolastica, non posso non esprimere la mia più viva partecipazione, auspicando che questa mia presenza valga a mobilitare sempre più gli animi per un interessamento davvero efficace, che cancelli i segni lasciati da tanti anni di arretratezza, di isolamento e di dipendenza economica. La Chiesa, che è chiamata anche a promuovere la dignità dell'uomo, non può tacere davanti a queste sfavorevoli condizioni di vita.

Affido questi pensieri e questi voti ai patroni san Basso Martire, san Timoteo, discepolo di san Paolo, e ai Santi Martiri Larinesi, la cui intercessione invoco oggi, in modo particolare, per voi tutti, perché, come loro, sappiate vivere con rinnovato impegno le esigenze della fede e della solidarietà umana, di cui essi furono testimoni e campioni esemplari.

E su tutti voi scenda, propiziatrice di abbondanti grazie celesti, la mia benedizione apostolica.

Data: 1983-03-19 Data estesa: Sabato 19 Marzo 1983

Omelia alla Messa - Termoli (Campobasso)

Titolo: San Giuseppe lavoratore uomo di fede e di preghiera




1. "Cantero senza fine le grazie dei Signore" (Ps 88,1).

Le parole del Salmo responsoriale, che è stato testé proclamato, salgono spontaneamente alle mie labbra volgendo lo sguardo a questa vostra magnifica assemblea, carissimi fratelli e sorelle delle Chiese di Termoli e Larino, di Campobasso, di Isernia e Trivento, che siete qui convenuti per incontrarvi con me, pellegrino nella vostra terra, e per manifestare - con la presenza, con la voce, col canto - la gioia di essere parte viva dell'unico ovile di Cristo.

Si, rendo grazie al Signore per lo spettacolo di fede che mi offrite in questo incontro, nel quale mi è dato di prendere diretto contatto con la popolazione forte e generosa di questa terra molisana dalle antiche tradizioni di laboriosità, di rettitudine, di fedele attaccamento alla religione dei padri.

Rendo grazie al Signore e rivolgo a voi il mio saluto più cordiale.

Un saluto che va innanzitutto al vostro Vescovo, il venerato Fratello Cosmo Francesco Ruppi, che da tre anni circa guida le diocesi unite di Termoli e Larino. So che l'odierno incontro si inserisce nel programma della visita pastorale, che egli sta attuando nelle diverse Comunità nelle quali si articola questa porzione del gregge di Cristo a lui affidata, e ho appreso con gioia del risveglio di fede che si va sviluppando nelle diocesi grazie all'impegno pastorale dei sacerdoti, religiosi e laici. Serva questa mia venuta tra voi a confermare le promettenti primizie di questa rinnovata primavera di vita cristiana.

Saluto pure i Vescovi delle altre diocesi del Molise e della regione d'Abruzzo, i quali hanno voluto partecipare a questa Eucaristia per recarmi la testimonianza dei vincoli di fraterna comunione che legano le loro Chiese al successore di Pietro. Li ringrazio e affido loro l'incarico di portare alle rispettive popolazioni l'assicurazione del mio affetto e della mia preghiera.

Un saluto rispettoso e cordiale rivolgo altresi alle autorità di ogni ordine e grado, qui convenute, e in particolare ai Sindaci dei 136 Comuni molisani, che hanno voluto onorare con la loro presenza questo nostro incontro.

Nell'esprimere grato apprezzamento per questo gesto cortese, amo leggere in esso l'espressione della sincera volontà di collaborare con la Chiesa, entro i limiti delle rispettive competenze, per il raggiungimento di quegli obiettivi di civile progresso ai quali aspirano le forze migliori di questa nobile e spesso duramente provata regione.

Uno speciale saluto, infine, desidero rivolgere alle Comunità italo-albanesi e slave, che da quasi quattro secoli vivono nella diocesi di Termoli e Larino, portando avanti una loro linea di fedeltà al Vangelo di Cristo e alla Chiesa da lui fondata. Auspico che, attingendo al ricco patrimonio delle loro tradizioni, esse sappiano perseverare in tale impegno di operosa coerenza cristiana per far si che la fiaccola della fede possa essere trasmessa, sempre ardente e luminosa, alle generazioni che verranno.


2. Oggi la Chiesa festeggia san Giuseppe, l'"uomo giusto", che nell'umiltà della bottega di Nazaret provvide col lavoro delle proprie mani al sostentamento della Sacra Famiglia. Oggi, quindi, è innanzitutto il giorno degli uomini del lavoro. A voi, dunque, operai, contadini, artigiani, pescatori, a voi lavoratori della terra e del mare che col sudore quotidiano guadagnate il necessario per le vostre famiglie, desidero rivolgere in modo particolare il mio pensiero e la mia parola, per additare alla vostra riflessione l'esempio di Colui che, avendo condiviso la vostra esperienza, può capire i vostri problemi, raccogliere le vostre ansie, orientare i vostri sforzi verso la costruzione di un avvenire migliore.

San Giuseppe sta davanti a voi come uomo di fede e di preghiera. A lui la Liturgia applica la parola di Dio nel Salmo 88 (v. 27): "Egli mi invocherà: Tu sei mio padre, / mio Dio e roccia della mia salvezza". Oh, si: quante volte nel corso delle lunghe giornate di lavoro Giuseppe avrà elevato il suo pensiero a Dio per invocarlo, per offrirgli la sua fatica, per implorare luce, aiuto, conforto.

Quante volte! Ebbene, quest'uomo, il quale con tutta la sua vita sembrava gridare a Dio: "Tu sei mio padre", ottenne questa particolarissima grazia: il Figlio di Dio sulla terra lo tratto da padre. Giuseppe invoca Dio con tutto l'ardore del suo animo di credente: "Padre mio", e Gesù, che lavorava al suo fianco con gli strumenti del carpentiere, si rivolgeva a lui chiamandolo "padre".

Mistero profondo: Cristo che, in quanto Dio, faceva direttamente l'esperienza della Paternità divina nel seno della Santissima Trinità, visse quest'esperienza in quanto uomo attraverso la persona di Giuseppe, suo padre putativo. E Giuseppe, a sua volta, nella casa di Nazaret offri al bambino che gli cresceva accanto il sostegno del suo equilibrio virile, della sua lungimiranza, del suo coraggio, delle doti proprie di ogni buon padre, attingendole a quella fonte suprema "da cui ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome" (Ep 3,15).

Grande compito, questo, della paternità, al quale non pochi genitori, oggi, sono tentati di abdicare, optando per un rapporto "alla pari" con i figli, che finisce per privare questi ultimi di quel sostegno psicologico e di quell'appoggio morale, di cui abbisognano per superare felicemente la fase precaria della fanciullezza e della prima adolescenza. Qualcuno ha detto che oggi stiamo vivendo la crisi di una "società senza padri". Si avverte sempre più chiaramente il bisogno di poter contare su padri che sappiano svolgere il loro ruolo, unendo la tenerezza alla serietà, la comprensione al rigore, il cameratismo all'esercizio dell'autorità, perché solo così i figli potranno crescere armoniosamente, dominando le proprie paure e disponendosi ad affrontare con coraggio le incognite della vita.

Ma dove potrete attingere, carissimi papà, l'energia necessaria per assumere nelle varie circostanze l'atteggiamento giusto che i vostri figli, anche senza saperlo, attendono da voi? La risposta ve la offre san Giuseppe: è in Dio, fonte di ogni paternità, è nel suo modo di agire con gli uomini, quale ci è rivelato dalla Sacra Scrittura, che voi potete trovare il modello di una paternità capace di incidere positivamente sul processo educativo dei vostri figli, non soffocandone, da una parte, la spontaneità, né abbandonandone dall'altra, la personalità ancora immatura alle esperienze traumatizzanti dell'insicurezza e della solitudine.


3. Giuseppe e la sua sposa castissima, la Vergine Maria, non abdicarono all'autorità che loro competeva come genitori. Significativamente di Gesù è detto nel Vangelo: "...e stava loro sottomesso" (Lc 2,52). Una sottomissione "costruttiva" quella di cui furono testimoni le pareti della casa di Nazaret, giacché è detto ancora nel Vangelo che, grazie ad essa, il Bambino "cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio ed agli uomini".

In tale crescita umana Giuseppe guidava e sosteneva il fanciullo Gesù, introducendolo alla conoscenza delle consuetudini religiose e sociali del popolo ebraico e avviandolo alla pratica del mestiere di carpentiere, del quale egli, in tanti anni di esercizio, aveva assimilato ogni segreto. Questo è un aspetto che mi preme, oggi, sottolineare: san Giuseppe insegno a Gesù il lavoro umano, nel quale egli era esperto. Il divino Fanciullo lavorava accanto a lui, ed ascoltandolo e osservandolo imparava a maneggiare anche lui gli strumenti propri del carpentiere con la diligenza e la dedizione che l'esempio del padre putativo gli trasmetteva.

Lezione grande anche questa, carissimi fratelli e sorelle: se il Figlio di Dio ha voluto imparare da un uomo un lavoro umano, ciò sta ad indicare che nel lavoro v'è uno specifico valore morale con un preciso significato per l'uomo e per la sua autorealizzazione. Nell'enciclica "Laborem Exercens" (LE 9) ho appunto annotato che "mediante il lavoro l'uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo e anzi, in un certo senso, diventa più uomo".

Come non riconoscere allora la grande dignità del lavoro, qualunque esso sia nella sua espressione concreta? Come non vedere il ruolo fondamentale che esso svolge nella vita del singolo della famiglia della società? Purtroppo la cupidigia e l'egoismo hanno spesso spinto gli uomini a sfruttare le capacità intellettuali e fisiche dei loro simili e ad imporre loro prestazioni lavorative che si sono rivelate in vari modi lesive della loro personale dignità. Contro queste degenerazioni del rapporto di lavoro giustamente insorgono le associazioni sindacali, per difendere quanti vedono conculcati i loro legittimi diritti.

Se questo è giusto e merita approvazione, non sarebbe peraltro comprensibile un atteggiamento che giungesse a contestare il lavoro come tale, non riconoscendone la funzione provvidenziale, indicata nel comando biblico originario: "Soggiogate la terra!" (cfr. Gn 1,28). Tale funzione san Giuseppe riconobbe e accetto nella propria vita, trasmettendo al piccolo Gesù che gli cresceva accanto il senso di gioiosa disponibilità con cui ogni mattina egli riprendeva la quotidiana fatica. Anche per questo san Giuseppe sta davanti al popolo cristiano come luminoso modello di vita, al quale ogni padre può e deve guardare nelle scelte concrete che gli sono imposte dalla responsabilità di una famiglia.


4. "Ti ho costituito padre di molti popoli" (Rm 4,17), è stato proclamato poc'anzi nella prima Lettura della Messa. Le parole che Dio disse ad Abramo ormai vecchio e privo ancora di una discendenza, la Liturgia le applica oggi a san Giuseppe, il quale non ebbe affatto discendenza carnale; e noi che riflettiamo sulla sua vicenda personale possiamo apprezzare appieno l'opportunità di tale accostamento.

Dopo essere stato, infatti, uno strumento particolare della divina Provvidenza nei confronti di Gesù e di Maria, soprattutto durante la persecuzione di Erode, san Giuseppe continua a svolgere la sua provvidenziale e "paterna" missione nella vita della Chiesa e di tutti gli uomini.

"Padre di molti popoli": la devozione con cui i cristiani di ogni parte del mondo, in ciò incoraggiati dalla Liturgia, si rivolgono a san Giuseppe per confidargli le proprie pene e per implorarne la protezione, conferma il fatto singolare di questa paternità senza confini.

Guardate, dunque, con fiducia a san Giuseppe anche voi, uomini e donne del Molise e dell'Abruzzo, perseverando in una devozione che è tanto profondamente inscritta nelle tradizioni dei vostri avi. Non è egli forse un magnifico esempio per ogni laico impegnato che, all'interno della parrocchia e dei vari movimenti ecclesiali, voglia rendere la sua coraggiosa testimonianza a Cristo? A san Giuseppe ricorrete in particolare voi, sacerdoti e religiosi, voi anime consacrate, che nella sua castità verginale e nella sua spirituale paternità vedete rispecchiati gli ideali più alti della vostra vocazione. Egli vi insegna l'amore al raccoglimento e alla preghiera, la fedeltà generosa agli impegni assunti davanti a Dio e alla Chiesa, la dedizione disinteressata alla Comunità nella quale la Provvidenza vi ha posti, per quanto piccola e ignorata sia. Nella luce del suo esempio voi potete imparare ad apprezzare il valore di tutto ciò che è umile, semplice, nascosto, di ciò che si compie, senza appariscenze e senza clamori, ma con effetti decisivi, nelle profondità insondabili del cuore.

E voi, famiglie di oggi, che state vivendo le rapide trasformazioni della società contemporanea e ne subite a volte preoccupanti contraccolpi, voi potete trovare nella famiglia di Nazaret, su cui Giuseppe vigilava con trepida cura, il modello sempre attuale di una comunità di persone, nella quale l'amore assicuri un'intesa ogni giorno rinnovata. Invocando Gesù, Maria, Giuseppe, possano i componenti di ogni famiglia delle vostre Comunità ecclesiali ritrovare nei vari momenti della loro esistenza la gioia del dono reciproco, il conforto della solidarietà nelle prove, la pace serena di chi sa di poter contare sulla onnipresente, se pur misteriosa, Provvidenza divina.

"Egli mi invocherà: Tu sei mio Padre". Come san Giuseppe, invocate anche voi con una preghiera assidua e fervorosa il Padre celeste e sperimenterete anche voi, come lui, la verità delle successive parole del Salmo: "Gli conservero sempre la mia grazia, la mia alleanza gli sarà fedele" (Ps 88,29).

Così sia!

Data: 1983-03-19 Data estesa: Sabato 19 Marzo 1983



Recita dell'Angelus - In unione spirituale con Roma inizi il Giubileo della Redenzione


1. Lode a te, Verbo di Dio! Quasi ogni giorno pronunciamo questa invocazione nella Liturgia della Quaresima. Oggi desideriamo pronunciarla con un significato particolare. Si avvicina infatti il 25 marzo e, insieme con esso, l'apertura liturgica dell'Anno della Redenzione, del Giubileo straordinario.

Prego tutti i miei fratelli nell'Episcopato perché aprano questo Giubileo insieme con me in ogni diocesi. Infatti desideriamo viverlo contemporaneamente a Roma e in tutta la Chiesa. E perciò nella solennità dell'Annunciazione desideriamo pronunciare insieme: "Lode a te, Verbo di Dio".

Desideriamo farlo richiamando con queste parole tutta la profondità e la semplicità della nostra fede, della speranza e dell'amore.

Lode a te, Verbo eterno, che diventi Carne nel seno della Vergine Immacolata per opera dello Spirito Santo. Lode a te, Verbo - Unigenito Figlio del Padre Eterno - che, con la tua Incarnazione, dai inizio alla Redenzione del mondo.

Ecco, nella tua incarnazione si apre già la prospettiva della Croce e della Risurrezione. Ave Crux! "O Crux, ave, spes unica!".

Lode a te, Figlio dell'Uomo! Ecco, la tua gioia è di dimorare "tra i figli dell'uomo" (Pr 8,31) e "annunciare" loro il tempo della salvezza. Lode a te, alla soglia di questo nuovo tempo! Lode a te, alla soglia dell'Anno Santo della Redenzione! Cari fratelli e sorelle! Riuniti per l'Angelus Domini, preghiamo ardentemente perché l'Anno della Redenzione si inizi tra di noi e compia la sua missione salvifica in tutta la Chiesa.


2. Un affettuoso pensiero desidero oggi rivolgere ai Vescovi della Repubblica di Malta, che ho avuto la gioia di incontrare nel mese di dicembre scorso in occasione deila loro visita "ad limina Apostolorum", e, insieme con essi, saluto anche tutti i cari fratelli e sorelle cattolici, che in quel nobile Paese rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione.

La Chiesa di Dio che è in Malta, santamente fiera delle proprie origini apostoliche, ha dato sempre, e continua a dare al presente, una vivace e sincera testimonianza di fervida vita cristiana: su una popolazione cattolica di 330.000 unità, svolgono il loro intenso apostolato 653 sacerdoti diocesani; 443 sacerdoti religiosi; 108 religiosi non sacerdoti e 1.552 religiose professe; senza contare le migliaia di laici - fanciulli, giovani, uomini e donne - cristianamente impegnati nei loro specifici ambienti di studio, di lavoro, di professione.

Ci sono inoltre 2 Seminari maggiori e 2 Seminari minori: nell'anno scolastico 1980-1981 c'erano 132 seminaristi di Filosofia e Teologia, e 613 seminaristi di Scuole Medie.

Particolarmente feconda, efficace e varia è l'attività della Chiesa nel campo educativo e assistenziale: durante il 1981, le numerose Scuole Cattoliche erano frequentate da circa 25 mila allievi; e nei diversi Centri di assistenza e di beneficenza numerosi operatori pastorali prestavano la loro opera a tutela degli anziani, dei bambini e dei disadattati.

Mentre esprimo a tutti i fedeli cattolici della Repubblica di Malta compiacimento e ammirazione per la loro vitalità spirituale, auspico che, nella piena fedeltà ai loro Pastori, continuino a dare un incisivo esempio della perenne efficacia del messaggio evangelico per l'autentica promozione dell'uomo e della società.

Appelllo ai rapitori di Livio Bernardi Desidero ora esprimere la mia accorata partecipazione all'indicibile angoscia della consorte, dei figli e dei fratelli - dei quali sei sono sacerdoti religiosi - del signor Livio Bernardi, rapito a Rosà di Vicenza alcuni mesi or sono. Faccio mia, altresi, la pena di altre famiglie del Vicentino private proditoriamente di un loro caro, sempre a motivo di ignobili sequestri. Come non rinnovare la deplorazione per simili atti di violenza, che non s'arrestano di fronte al valori supremi della vita e della libertà, patrimonio sacro di ogni civile convivenza? Elevo, con supplice voce, il mio pressante appello al rapitori, affinché lascino prevalere nel loro animo sentimenti di pietà e di umanità. In nome del Signore, chiedo loro di porre fine a tanti tormenti, di rimediare al male compiuto, di ridare pace a famiglie così martoriate. Insieme con voi, innalzo la mia preghiera alla Vergine Santa, perché essa ottenga tali sospirate grazie.

Invito alla preghiera per i cristiani di terra Santa La ricorrenza dell'Anno Giubilare della Redenzione che stiamo per iniziare non può non richiamare alla mente il Paese dove Gesù Cristo è morto e risorto per la nostra salvezza.

Sapete bene, cari fratelli e sorelle, che in Terra Santa, intorno ai Luoghi santificati dal nostro Redentore, vive tuttora un piccolo gregge (Lc 12,32) di cristiani, tanto bisognoso della nostra solidarietà.

Vi invito pertanto a pregare per i cristiani di Terra Santa e ad aiutarli, esprimendo la vostra fede per mezzo della carità (Ga 5,6), partecipando generosamente secondo le proprie possibilità alla colletta compiuta il Venerdi Santo - o in altro giorno stabilito dai Vescovi - per il mantenimento dei Santuari della Terra Santa e per le opere pastorali, assistenziali, educative e sociali che la Chiesa ivi sostiene.

Data: 1983-03-20 Data estesa: Domenica 20 Marzo 1983

A genitori di alunni seminaristi romani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La famiglia cristiana e le vocazioni scerdotali

Cari genitori e familiari dei seminaristi romani.


1. La vostra gradita visita, nell'approssimarsi di giorni tanto pieni di significato liturgico e spirituale, sia per la celebrazione del Mistero pasquale, che per l'inizio dell'Anno Santo, porta al mio animo e - ne sono sicuro - anche al vostro, una gioia speciale.

Infatti il Signore, nel mistero del suo piano d'Amore, ha chiamato un membro della vostra famiglia a prepararsi ad essere un giorno ministro di quella santa Liturgia, nella quale, soprattutto col Sacrificio eucaristico, viene simboleggiata e realizzata la forma più profonda di unione di Dio con l'uomo e degli uomini tra loro, sorgente, come tale, delle gioie più belle e più pure dello spirito.

Se poi riflettiamo sul fatto che i giorni che ci apprestiamo a vivere sono tra i più suggestivi e intensi di tutto l'anno liturgico, comprendiamo bene, in questa luce, il significato di questo nostro incontro.


2. Non è necessario, credo, o miei cari, che sottolinei quanto, come Vescovo di Roma, io porti nel pensiero e nel cuore con tenerissimo affetto questi membri eletti delle vostre famiglie. Con san Paolo, allorché egli si rivolgeva al suo discepolo Timoteo, non esito a chiamarli "miei veri figli nella fede (cfr. 1Tim


1,2). E voi, cari genitori, certo non vi adombrerete, se io mi sento di condividere la vostra paternità e maternità nei confronti di questi vostri figlioli, giacché la "paternità in Gesù Cristo", di cui parla l'Apostolo (cfr. 1Co 4,15), è una generazione soprannaturale, "secondo lo Spirito", che presuppone e nobilita quella naturale, "secondo la carne". Ed anche voi, genitori cristiani, siete stati e siete partecipi di questa generazione spirituale, essendo stati, per i vostri figli, i primi testimoni della fede: i "sacerdoti" - vorrei dire - di quella "Chiesa domestica" che è la comunità familiare cristiana, nella quale l'uomo, venendo al mondo, fa la prima esperienza di Chiesa e assimila, in modo più esistenziale che riflesso, attraverso l'esempio dei genitori, quei concetti di "padre" e di "madre", che aiuteranno successivamente a intendere meglio le grandi nozioni di "paternità divina" e "maternità di Maria santissima e della Chiesa".

Cari genitori, certo sono state queste nozioni elementari dell'esistenza umana - cioè quella di "padre" e di "madre" -, trasfigurate dalla luce della vostra fede vissuta, a depositare nel cuore dei vostri figli, con la straordinaria potenza evocativa che esse posseggono, i germi della vocazione sacerdotale, che è vocazione ad essere segno e strumento di una paternità generosa e universale, forte e misericordiosa, nella quale si riflette come in nessun'altra la paternità stessa di Dio.


3. Cari genitori e familiari, proprio ieri abbiamo festeggiato san Giuseppe e, con lui, la Famiglia di Nazaret, modello di ogni famiglia cristiana. Dai pochi accenni che ho fatto, vediamo quanto la realtà familiare sia importante per il sorgere di sante vocazioni al Sacerdozio, come del resto a qualunque altro stato di vita! E' qui che noi abbiamo una delle prove più chiare di quello strettissimo legame e di quella mutua complementarietà che uniscono matrimonio e famiglia al celibato "per il Regno dei cieli", argomenti, questi, sui quali mi soffermai in alcune udienze generali dell'anno scorso. Il celibato consacrato, nel Sacerdozio come nella vita religiosa, con la sua testimonianza dell'assoluto di Dio e di un'universale fraternità, paternità e maternità spirituali, aiuta coniugi e familiari a mantenere viva la coscienza e la pratica degli ideali più elevati della loro unione; e d'altra parte, gli affetti familiari veramente cristiani, con la loro pratica di un amore generoso verso i componenti della famiglia e anche verso gli altri, non fanno che preparare nel cuore dei figli il terreno più adatto perché il divino Seminatore possa gettarvi con frutto - se e quando egli vuole - il seme della sua chiamata a seguirlo nel Sacerdozio.

Oh, certamente Dio gode di una libertà sovrana nel servirsi dei mezzi e dei canali più diversi e anche più impensati per chiamare a sé le anime e indirizzarle alle più alte missioni. Carenze anche gravi a livello familiare non pongono certamente un limite o un vincolo all'azione che la grazia compie nelle anime per renderle coscienti della divina chiamata; anzi, come a volte constatiamo, questa può farsi sentire anche in ambienti familiari non ancora capaci di apprezzare tale immenso dono di Dio, e talora addirittura ad esso contrari. Le difficoltà che sorgono costituiscono allora una "prova" della vocazione, la quale, se è autentica, finisce per uscirne irrobustita; e non di rado tali difficoltà portano anche gli stessi familiari a una maturazione spirituale, per la quale essi giungono ad apprezzare quella scelta del figlio o del fratello che prima avversavano o disprezzavano.


4. Miei cari genitori e familiari, nel considerare il dono che il Signore ha fatto ad un membro delle vostre famiglie, chiamandolo al Sacerdozio, potete certamente esprimere per questo un'umile e santa fierezza: anche voi, per l'affetto che a lui vi lega, siete chiamati, in qualche modo, a partecipare della sua speciale vicinanza, come Sacerdote, a Dio, onde "abitare nella sua santa dimora" (cfr. Ps 22,4) e "nel luogo dove abita la sua gloria" (cfr. Ps 26,8). Siate grati di tutto ciò al Signore! E soprattutto siate vicini con la preghiera al vostro familiare che si prepara ad essere sacerdote. La meta del Sacerdozio è bellissima e non delude, ma non è sempre facile raggiungerla: occorrono tenacia, convinzione, spirito di sacrificio, grande docilità allo Spirito Santo e alla Chiesa, per poter divenire - come diceva santa Caterina da Siena - "ministri del Sangue", padri delle anime, santi e santificatori. perciò, questi vostri figlioli o fratelli devono essere sostenuti con molta, molta preghiera. In particolare, la preghiera di voi, care mamme. Si, come Maria santissima, la madre dei sacerdoti, voi avete una missione tutta speciale nella preparazione dei vostri figli al Sacerdozio, Come mamme terrene e naturali, voi avete aperto loro le vie della vita in questo mondo; sul modello di Maria e per intercessione di Maria, la Mamma celeste, voi ora potete e dovete aiutarli, come vere madri cristiane, a scoprire nuovi e sconfinati orizzonti: quelli di un Amore "che occhio umano non ha mai visto, né orecchio ha udito, e che in cuore umano non è mai entrato" (cfr. 1Co 2,9).

A tutti voi, cari genitori e familiari dei seminaristi romani, la mia paterna ed affettuosa benedizione.

Data: 1983-03-20 Data estesa: Domenica 20 Marzo 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Agli operai dell'industria del vetro - San Salvo (Chieti)