GPII 1983 Insegnamenti - All'ospedale San Camillo - Roma


1. Le sono grato, Signor Presidente, per le parole con cui, interpretando il pensiero del personale medico e della vasta comunità degli infermi e dei loro familiari, mi ha dato il benvenuto. E grato sono pure a lei, Reverendissimo Superiore generale dei Camilliani, per le cordiali espressioni con cui, anche a nome dei religiosi e delle religiose che lavorano in questo Ospedale, ha voluto accogliermi in occasione di questa visita pastorale, per me tanto significativa.

Rivolgo un affettuoso saluto anche a Monsignor Fiorenzo Angelini, al Direttore, ai medici primari, aiuti, assistenti, ai medici e studenti frequentatori, ai caposala e alle caposala, agli infermieri e alle infermiere, al personale ausiliario e amministrativo, e a tutti i presenti, ai quali va la mia riconoscenza per l'accoglienza calorosa che mi è stata riservata.

Il mio saluto si estende inoltre con particolare affetto ai malati sia del San Camillo che degli altri Ospedali Carlo Forlanini e Lazzaro Spallanzani, che si sono qui raccolti per la circostanza. Guardo a voi, cari fratelli e sorelle, e il mio pensiero va ai malati che non hanno potuto lasciare le corsie, a quelli più gravi e in pericolo di vita, ai bambini. Il mio pensiero valica, anzi, in questo momento le mura dell'Ospedale San Camillo e si allarga ad abbracciare tutti i degenti negli Ospedali e nelle Cliniche di Roma, come anche coloro che lottano con la malattia nelle loro case sostenuti dall'affetto dei familiari. Con questa mia visita intendo ricambiare quella degli ammalati, venuti di recente in Piazza San Pietro per la celebrazione del Giubileo.

Anche l'odierno incontro vuole essere un'occasione di salutare riflessione, ed anzi un momento forte nella celebrazione dell'Anno Santo della Redenzione. Sappiamo e crediamo che il volto dell'uomo sofferente è il volto di Cristo stesso. Gli infermi e quanti si muovono intorno ad essi conoscono questa misteriosa e preziosa configurazione col Signore, il quale redime nella sofferenza e mediante la sofferenza.


2. Questo ospedale porta il nome di uno dei santi che più intensamente hanno vissuto il mistero della Redenzione nel suo quotidiano attuarsi attraverso la Croce: san Camillo de Lellis, la cui opera prese avvio proprio in questa città quattro secoli or sono. Da allora ad oggi l'umanità ha compiuto un lungo cammino e nel nostro tempo i luoghi di ricovero e di cura non sono più isole segregate dal resto della comunità, ma ne rappresentano un aspetto qualificante di impegno e di progresso. La dimensione sociale dell'assistenza sanitaria, gestita dai pubblici poteri mediante il servizio sanitario nazionale, mentre da una parte ha moltiplicato tali luoghi, dall'altra ne ha fatto punti di straordinario e continuo incontro di umanità; malati, familiari e conoscenti dei medesimi, medici e infermieri, personale ausiliario e di volontariato, comitati di gestione e strutture sempre più complesse, sono chiamati a costruire quella "famiglia sanitaria" che, inserendosi sempre più pienamente nel contesto sociale, deve diventare luogo e misura della nostra capacità di sentire e di vivere la fraternità umana nelle sue più compiute espressioni.

Chi meglio del cristiano può aprirsi a un simile ideale? Non è forse rivolta a lui la parola di Cristo, riportata nel brano evangelico ascoltato poc'anzi? Anche oggi, come ieri e come sempre, resta valido il comando: "Quando entrerete in una città... curate i malati che vi si trovano e dite loro: è vicino a voi il Regno di Dio" (Lc 10,8-9). Memore di ciò, la Chiesa s'è fatta promotrice, sin dalle sue origini, dell'assistenza socio-sanitaria, riconoscendo nella sollecitudine per il mondo della sofferenza uno dei dati qualificanti dell'azione redentrice, secondo l'indicazione del Signore, il quale è venuto ad annunziare "ai poveri un lieto messaggio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi, a predicare un anno di grazia del Signore" (Lc 4,1-19 cfr. Is 61,1).

Tale messaggio divenne già nel Signore azione, poiché "Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle... sinagoghe, predicando il Vangelo del Regno e curando ogni malattia e infermità" (Mt 9,35). Non deve destare meraviglia che, in tutti i tempi, anche i discepoli di Gesù abbiano sentito impellente il bisogno di tradurre nei fatti la consegna che aveva ad essi lasciato il Maestro divino.


3. Uno di questi, pronto a raccogliere e ad attuare in maniera eroica l'esempio del Signore, fu proprio san Camillo de Lellis. Dopo avere a lungo sperimentato nel proprio corpo e nello spirito "le stigmate di Cristo" (cfr. Ga 6,17), egli, per divina ispirazione, scelse di formare, come ebbe a dire Benedetto XIV, "una nuova scuola di carità" (Benedetto XIV, Bolla di canonizzazione, 29 giugno 1746), istituendo l'Ordine e la Famiglia Camilliana, oggi presente in molte parti del mondo.

Un contemporaneo di san Camillo de Lellis ci informa che il santo, accanto al malato, ne partecipava a tal punto la condizione "da adorare l'infermo come la persona del Signore" (cfr. P. Sannazzaro, "Camillo de Lellis", in "Dizionario degli Istituti di Perfezione", III, coll. 9-10). Non è forse scritto nel Vangelo: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me" (Mt 25,40)? Le mutate condizioni dei tempi nulla hanno tolto alla validità dell'intuizione di san Camillo, anzi ne sollecitano nuove espressioni, in armonia con le esigenze dell'odierno contesto sociale. Se infatti il progresso della civiltà è dato dall'accresciuta possibilità di servire l'uomo, il carisma camilliano non può che trovare conferma e crescente applicazione.


4. Una singolare coincidenza storica merita di essere rilevata e fatta oggetto di riflessione. Camillo de Lellis nacque nell'Anno Santo del 1550 e si converti, a 25 anni, da una vita dissipata, nell'Anno Santo del 1575. Noi ci incontriamo oggi, in questo luogo così carico di richiami all'eredità spirituale camilliana, per celebrare l'Anno Santo della Redenzione.

Non v'è forse motivo di chiedersi se Camillo de Lellis non abbia qualcosa da dirci a proposito di questo Anno di grazia che stiamo celebrando? Egli ha, in effetti, un messaggio e un messaggio importante per noi. Egli ci ricorda che vi è un rapporto strettissimo tra la sofferenza, spirituale e corporale, e la finalità primaria dell'Anno Santo, costituita dai fondamentali impegni della conversione e del rinnovamento.

In chi soffre, la conversione è un bisogno, che attinge alle radici dell'esistenza, ricupera i valori umani essenziali, santifica il luogo del soffrire, si fa evangelizzazione. Il rinnovamento poi diventa nel malato il nucleo stesso della speranza non solo per quanto concerne la sua salute, ma spesso anche per l'impostazione generale della vita e per le prospettive verso cui orientarne il cammino. Proprio per questo, non v'è forse altro "luogo" umano in cui, meglio che in un ospedale, i termini di conversione e di rinnovamento assumano un significato più vero e più pieno, abbracciando ogni autentico valore umano nella superiore sintesi della visione cristiana.

Da questa comunità e famiglia sanitaria sale certamente una domanda di vita quale non si manifesta altrove: vita fisica e psichica, vita individuale e vita sociale, vita come sopravvivenza e come creatività piena, vita come capacità di donarsi. I luoghi di ricovero e di cura sono luoghi di vita e quanti in essi operano non possono, non devono dimenticare che sono al servizio della vita, di tutta la vita e della vita di tutti.

L'infermo, e chiunque ha bisogno di assistenza e di cure, conosce fino in fondo come sia impensabile una conversione ai valori dell'esistenza, se prioritariamente non sia difesa e affermata la vita, radice e condizione di ogni valore. Non solo: ma proprio dove approdano le vittime della fragilità della condizione umana, delle calamità, degli infortuni, di ogni forma di violenza, che aggredisce l'uomo e la società, il comandamento primario - del quale i responsabili e gli addetti alla sanità sono i destinatari - è quello di difendere e di celebrare la vita fin dal suo primo concepimento e non già di consentire che sia abbattuta o stroncata. In questa luce si manifesta l'alto significato della scelta di coloro che, essendosi votati al servizio della vita, si rifiutano, per coerenza con la propria coscienza, di prestarsi a sopprimerla. A tutti costoro desidero testimoniare la mia stima e il mio incoraggiamento in questo impegno umano e cristiano.

Nessun uomo, credente o non credente, può rifiutarsi di credere alla vita e di sentire il dovere di difenderla, di salvarla, specialmente quando essa non ha ancora neppure la voce per proclamare i suoi diritti. Se tale consapevolezza e tale conseguente messaggio viene da voi, infermi, medici, infermieri, cappellani, suore, volontari, familiari dei malati, esso diventa necessariamente credibile, poiché non si rifà ad enunciati astratti, ma alla vostra personale e quotidiana esperienza. Esso è trascrizione in termini di vita della vostra fede in Dio e nell'uomo e, in definitiva, della vostra fede in Cristo, che è insieme Dio e uomo.


5. Sappiamo, tuttavia - e voi lo sperimentate con particolare realismo - che le forze umane non sono sufficienti da sole a far fronte a compiti tanto alti e impegnativi. E' necessaria le preghiera, vera medicina del corpo e dello spirito, canale e ponte della nostra esperienza. Di fronte a Gesù che sanava, un uomo che implorava guarigione chiese al Signore di accrescere la sua fede (Mc 9,24). Quella sua domanda era una preghiera e forse da nessun luogo della terra, come dai luoghi destinati ad accogliere persone provate dalla sofferenza, la domanda di fede è sincera e spontanea, essenziale e, insieme, efficace.

Preghiera individuale, personale, intima, ma anche preghiera comunitaria, invocazione collettiva, capace di chiamare a raccolta quanti condividono questo servizio alla vita, pur nella diversità della condizione e delle mansioni. Il mio pensiero in questo momento va, in particolare, alla Santa Messa, che spesso viene celebrata nelle corsie di questo ospedale: in essa, Cristo si fa sacramentalmente presente realizzando una autentica comunione tra i malati e coloro che lavorano accanto ad essi.

Tutta la storia della pietà cristiana attesta che la preghiera che sale soprattutto dalle labbra di chi soffre ha sempre cercato l'intercessione della Madre di Dio, universalmente invocata come "Salute degli infermi". A Maria si affidi la vostra supplica perché ella la presenti a Dio, Padre di bontà e di misericordia.

Questo odierno incontro, carissimi, non rimanga un momento isolato, anche se vissuto con commossa partecipazione. Sollecitato e sostenuto dall'Anno Santo della Redenzione, segni l'inizio di un rinnovato impegno dell'intera famiglia sanitaria così che da essa parta un messaggio verso i "sani", i quali devono sentire la presenza degli infermi come parte viva della loro esperienza comunitaria, umana e cristiana.

Nessuno vive e soffre solo per se stesso, ma la vita e la sofferenza ci ciascuno appartengono alla vita e all'esperienza dell'intera comunità sociale e, in maniera del tutto particolare, come vocazione specifica, alla vita della comunità ecclesiale.

Il nome del Santo portato da questo ospedale, la presenza in esso dei Padri Camilliani, ministri degli infermi, e delle religiose della Carità di Santa Antida Touret e dei Sacri Cuori, la dedizione di tanti medici qualificati e di esperti infermieri, l'impegno cristiano di tutte le componenti attive di questa realtà sanitaria, siano garanzia di un servizio sempre solerte e responsabile al fondamentale valore della vita, che in Dio ha la sua sorgente originaria e il suo ultimo destino.

Con questo augurio vi imparto con affetto la mia apostolica benedizione, su tutti invocando l'effusione di copiosi favori celesti, a conforto e sostegno dei propositi e delle speranze che ciascuno si porta nel cuore.

Data: 1983-07-03 Data estesa: Domenica 3 Luglio 1983

Al Congresso del Movimento "Serra" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Guardate ai vostri vescovi per conseguire gli ideali serrani

Cari amici, è un grande piacere per me rivolgere il mio saluto a voi, membri del Movimento internazionale "Serra", che siete venuti a Roma per la vostra annuale Convenzione. Rivolgo a ciascuno ci voi un cordialissimo benvenuto e sono lieto di avere l'occasione per incoraggiare le opere del vostro illustre apostolato laicale.


1. Nei quasi cinquant'anni dalla sua fondazione, il Movimento internazionale "Serra" si è sforzato di rimanere fedele all'appello rivolto a tutto il laicato della Chiesa, l'appello a condividere la missione di Cristo, "sacerdote, profeta e re" e dunque "ad avere una parte attiva nella vita e nell'azione della Chiesa" (AA 10).

Inoltre, mediante la grazia del Battesimo e della Cresima, i Serrani sono spinti ad accettare la vocazione comune a tutti i cristiani, quella di percorrere il cammino che porta alla autentica santità. "Perché questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione" (1Th 4,3), ci dice san Paolo. Siamo chiamati ad essere trasformati nella gloriosa immagine di Cristo stesso (cfr. 2Co 3,18).


2. Scegliendo come vostro patrono il grande missionario, Padre Junipero Serra, voi ben esprimete un fine fondamentale della vostra organizzazione: il desiderio di rendere testimonianza in modo particolare all'operare della grazia di Dio nelle vostre vite. Il desiderio di essere apostoli del vostro tempo - proprio come Padre Serra rese testimonianza a Cristo tra gli Indiani nel XVIII secolo - vi spinge, quali membri del Movimento "Serra", a promuovere la vita cattolica, non solo nelle vostre famiglie ma anche presso i vostri colleghi nel mondo degli affari e nell'ambito professionale, offrendo loro mediante la vostra vita personale di virtù cristiana una concreta testimonianza dell'amore di Dio manifestatosi in Gesù Cristo".

Voi trovate appoggio e incoraggiamento per questo compito nei vostri incontri regolari, che rafforzano i legami di amicizia tra di voi e nutrono gli ideali che vi tengono uniti.


3. Un obiettivo ulteriore e più specifico al vostro impegno di organizzazione mondiale, è quello di promuovere le vocazioni al sacerdozio ministeriale e di favorire il suo rispetto, così come quello per tutte le vocazioni religiose nella Chiesa. La realizzazione di questo obiettivo è stato il principale punto focale dei programmi e dei progetti del Movimento internazionale "Serra" nel corso degli anni. Ha dato impulso al dinamismo apostolico dei gruppi serrani nel mondo.

Particolarmente degno di lode è il primato che voi avete dato alla preghiera per le vocazioni. Nella vostra frequente partecipazione al Sacrificio eucaristico, voi trovate non solo una sorgente profonda di forza spirituale, ma anche i mezzi più efficaci per implorare la grazia di Dio perché tocchi i cuori di giovani uomini e donne, affinché i semi delle vocazioni nella Chiesa possano radicarsi e fortificarsi.


4. Non c'è bisogno di soffermarsi a lungo sulle sfide - anzi le difficoltà - connesse alla cura e alla promozione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa ai nostri giorni. Quali cristiani dediti al sostegno di queste vocazioni, in modo diretto e indiretto, voi capite facilmente quanto ancora deve essere fatto.

Vorrei chiedervi di continuare a compiere questo prezioso servizio alla Chiesa in collaborazione con i vostri Vescovi locali. Quali Pastori supremi delle vostre diocesi, uno dei primi doveri dei vostri Vescovi è quello di preoccuparsi che vi sia sempre un numero sufficiente di vocazioni ecclesiastiche al servizio delle necessità spirituali del popolo di Dio. Nell'adempimento di questo dovere, comunque, i Vescovi sono ben consci di non potere lavorare da soli. Essi devono avvicinare tutte le forze delle loro singole diocesi in uno sforzo unitario. Ciò dipenderà dalla cooperazione e dalla assistenza dei loro fratelli sacerdoti, il cui interesse a questo proposito dovrebbe sempre essere rilevante; ma essi devono anche sollecitare l'aiuto di coloro che condividono il sacerdozio comune dei credenti e come tali partecipano alla missione salvifica della Chiesa, nel loro modo particolare. I Vescovi sanno che i laici, proprio perché sono conformati a immagine di Cristo nel Battesimo, hanno il diritto e il dovere di lavorare attivamente nella costruzione del Corpo di Cristo.

E' per questa ragione che i vostri Vescovi sono desiderosi di accettare la vostra collaborazione in un'attività ecclesiale così importante. Ecco perché essi ben volentieri accolgono il vostro sostegno nella preghiera, affinché gli sforzi compiuti in questo campo possano portar frutto e i loro effetti possano essere duraturi.

Vi invito dunque, miei fratelli del Movimento internazionale "Serra", a contare sulla guida e la direzione dei vostri Vescovi nel perseguimento degli ideali serrani, poiché è da loro che deriva l'impulso e l'ispirazione per l'apostolato nelle vostre diocesi. Offrite ai Vescovi ogni assistenza possibile al fine di incoraggiare i giovani ad accettare la chiamata al servizio nel sacerdozio e nella vita religiosa, perché sono i Vescovi i primi ad essere chiamati a servire Dio e il suo popolo.

E, soprattutto, non scoraggiatevi mai. Abbiate una immensa fiducia nel potere del Mistero pasquale di Cristo di far sorgere nuove vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, nonostante le difficoltà e gli ostacoli di questa come di qualsiasi epoca.


5. Nel perseguimento di questa impresa apostolica, io vi do assicurazione delle mie preghiere per il suo successo, e vi affido alla sollecitudine materna di Maria, regina degli Apostoli, che rimane sempre il modello perfetto di coloro che cercano di essere uniti al Figlio suo e di cooperare alla sua opera salvifica per tutta l'umanità.

Nell'amore di Cristo nostro Redentore, vi imparto la mia benedizione apostolica, che molto volentieri estendo alle vostre famiglie e ai vostri cari rimasti a casa.


6. Nel salutare i gruppi italiani, esprimo la mia gioia per questo incontro con voi, e le mie vive felicitazioni per l'attività svolta dall'Associazione a favore delle vocazioni sacerdotali e religiose. Il fatto che siano proprio dei laici come voi a sentire l'urgenza di tale valore e a spendere con generosità energie per la sua affermazione, è un vero "segno dei tempi" e un motivo di immensa speranza per la Chiesa.

La mia esortazione è che, con l'aiuto di Dio, sappiate proseguire coraggiosamente nella strada intrapresa, nella consapevolezza che il vostro impegno è oggi più che mai necessario per l'avvenire della Comunità ecclesiale e per la diffusione del Regno di Dio.

La realizzazione dei vostri nobili scopi sarà tanto più garantita ed efficace, quanto più si fonderà su di una sempre più salda comunione tra di voi, con i vostri Pastori e con la Chiesa universale: lasciando così entrare nei vostri cuori la luce e la grazia di Cristo, sarete in grado di trasmetterle a schiere sempre più numerose di giovani alla ricerca della volontà di Dio.

Con l'auspicio della protezione di Maria, Madre di Dio e Regina degli Apostoli, imparto a tutti voi la mia affettuosa benedizione, che estendo ai vostri familiari.

Data: 1983-07-04 Data estesa: Lunedi 4 Luglio 1983



A Vescovi statunitensi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'aspetto del culto utile a comprendere la dignità del popolo di Dio

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo.


1. E' una grandissima gioia per me essere con voi oggi in questo incontro collegiale. Venite da diocesi che si estendono da una parte all'altra del vostro Paese: da Baltimora, la Sede primaziale degli Stati Uniti, fino a Fairbanks in Alaska. Portate con voi le speranze e le aspirazioni, le gioie e i dolori di un gran numero di fedeli cattolici d'America. Condividendo, come noi facciamo, una comune responsabilità pastorale per queste vostre Chiese locali, abbiamo allo stesso tempo l'opportunità di offrire a Gesù Cristo, il Pastore supremo della Chiesa universale. Chiedo a lui, per la potenza della sua Risurrezione, di sostenervi tutti nella speranza della vostra vocazione: di rafforzare i vostri sacerdoti, religiosi e laici l'intero Popolo di Dio che voi servite con dedizione, sacrificio e amore.

Esaminando i numerosi argomenti religiosi che la Conferenza Episcopale ha offerto alla mia considerazione, e per i quali la ringrazio, ne ho notato uno che riguarda la celebrazione domenicale: il rafforzamento del giorno del Signore.

E sono lieto di riflettere brevemente con voi su questo problema di importanza così capitale, in particolare sulla celebrazione eucaristica domenicale. Prego affinché voi, a vostra volta, possiate confermare il vostro popolo in una questione che tocca profondamente la loro vita di individui e di comunità. In tutti gli Stati Uniti c'è stata una superba storia di partecipazione eucaristica da parte del popolo, e di ciò dobbiamo ringraziare Dio.


2. In tutta la tradizione della Chiesa, l'Eucaristia domenicale è una speciale espressione della fede della Chiesa nella Risurrezione di Gesù Cristo. E' per virtù dello Spirito Santo che la Chiesa raduna i fedeli per proclamare la loro fede in questo mistero, così come nel mistero della loro "nascita alla speranza che trae la sua vita dalla Risurrezione di Gesù Cristo dai morti (1P 1,13).

L'assemblea liturgica costituitasi attorno all'Eucaristia è sempre stata, dalla sua origine apostolica, il segno particolare della celebrazione della Chiesa del giorno del Signore, e il Concilio Vaticano II ha ribadito l'importanza della Messa domenicale (cfr. SC 106). E' infatti l'intero Mistero pasquale che il Popolo di Dio è chiamato a celebrare e a partecipare ogni domenica: la passione, la risurrezione e la glorificazione del Signore Gesù.


3. La vitalità della Chiesa dipende in larga misura dalla celebrazione eucaristica domenicale, nella quale il mistero di salvezza è reso presente al popolo di Dio ed entra nella sua vita. Secondo l'espressione della "Lumen Gentium" (cfr. LG 9), Dio vuole salvarci e santificarci come popolo, e non c'è momento nel quale siamo più intimamente uniti come comunità, che durante la Messa domenicale. E' in questo momento che l'Eucaristia costruisce la Chiesa, ed è, ad un tempo, il "segno della comunità e la causa della sua crescita", come voi stessi avete puntualizzato qualche tempo fa nel vostro messaggio pastorale: "Ammaestrare come fa Gesù" (n. 24).

L'intera vita della comunità ecclesiale è legata all'Eucaristia domenicale. E' qui che Gesù Cristo prega col suo popolo che, con lui, diviene un popolo di culto, adorando il Padre "in spirito e verità" (Jn 4,23). L'aspetto del culto è fondamentale per comprendere la piena dignità del Popolo di Dio, Gesù Cristo presenta i suoi fratelli e sorelle al Padre suo come un popolo di culto, una comunità liturgica. E in questo ruolo essi adempiono lo scopo di tutta la liturgia, che il Concilio Vaticano II potentemente descrive come "culto della maestà divina" (SC 33).

Sono convinto, venerabili e cari fratelli, che noi possiamo rendere un grande servizio pastorale al popolo, mettendo in luce la sua dignità liturgica e indirizzando i suoi pensieri a propositi di culto. Quando il nostro popolo, per grazia dello Spirito Santo, si rende conto di essere chiamato ad essere "stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa" (1P 2,9), e che è chiamato ad adorare e ringraziare il Padre in unione con Gesù Cristo, un'immensa potenza si effonde nella sua vita cristiana.

Quando esso capisce di essere realmente un sacrificio di lode e di espiazione da offrire insieme a Gesù Cristo, quando esso capisce che tutte le sue preghiere di supplica sono unite a un'azione infinita del Cristo orante, allora vi è nuova speranza e rinnovato incoraggiamento per il popolo cristiano. I giovani si sono mostrati particolarmente sensibili a questa verità.


4. Essenziale a tutto il rinnovamento liturgico di questo secolo, e confermato dall'esperienza fatta, è il principio secondo cui la piena e attiva partecipazione di tutto il popolo alla liturgia, è "la prima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli devono derivare l'autentico spirito cristiano" (SC 14). E per nostra stessa esperienza - vostra e mia - noi sappiamo quanto il nostro popolo è capace di fare, quanto è grande il suo contributo cristiano al mondo, quando il Signore Gesù tocca la sua vita, quando esso stesso partecipa al suo Sacrificio. Continuiamo, cari fratelli, a rafforzare la comprensione dei fedeli e la loro stima del loro ruolo nell'adorazione eucaristica. E continuiamo a lavorare per costruire quella piena e attiva partecipazione, che la Chiesa desidera per ciascuno, ma sempre secondo i diversi ruoli dei vari membri dell'unico Corpo di Cristo.


5. In questi differenti ruoli della partecipazione eucaristica l'unità dell'intero Corpo è assicurata e la dignità di ciascuno è rispettata. Per i laici si tratta di attuare la chiamata al culto connessa al loro Battesimo e Cresima. Per i sacerdoti si tratta anche di compiere il servizio insostituibile di rendere presente il Sacrificio di Cristo nella Chiesa. Per tutti i membri della Chiesa, l'Eucaristia, e specialmente l'Eucaristia domenicale, è la sorgente e il culmine di tutta la vita cristiana. Tutte le attività del nostro popolo - tutti i suoi sforzi di vivere il Vangelo, di rendere testimonianza a Cristo, di mettere in pratica la sua parola nella vita familiare e nella società - tutti questi sforzi sono nobilitati e sostenuti dalla potenza dell'Eucaristia, in particolare nella celebrazione domenicale.

Tutta la tensione dei laici volta a consacrare il mondo dell'attività secolare a Dio trova ispirazione e magnifica conferma nel Sacrificio eucaristico.

La partecipazione all'Eucaristia è solo una piccola porzione della settimana dei laici, ma tutta l'efficacia della loro vita e tutto il rinnovamento cristiano dipende da essa: la prima e indispensabile fonte dell'autentico spirito cristiano.


6. Promuovendo la partecipazione dei fedeli alla liturgia della Parola e dell'Eucaristia, noi rendiamo un servizio eminentemente pastorale e diamo un contributo a tanti aspetti della vita della Chiesa: il matrimonio e la famiglia sono fortificati; l'evangelizzazione è promossa; i diritti umani trovano conferma nel messaggio liberatore di Gesù che è pienamente proclamato nel rinnovamento sacramentale del Mistero pasquale. Mediante la proclamazione della parola di Dio, si nutre lo zelo per la catechesi nel popolo cristiano; le vocazioni sono offerte da Cristo; luce e forza sono date ai fedeli per incontrare i problemi umani, anche i più spinosi e difficili. Tutto ciò testimonia la rilevanza del mistero eucaristico e la sua celebrazione per il Popolo di Dio. Tutto ciò conferma l'importanza della liturgia domenicale nella vita della comunità.


7. E' anche estremamente utile ricordare che il Concilio Vaticano II, nella sua trattazione dell'educazione cristiana, definisce come uno dei propositi dell'educazione cristiana: che i battezzati "imparino ad adorare Dio Padre in Spirito e verità" ("Gravissimun Educationis", 2). Anche l'educazione, in quanto attività cristiana, è orientata al culto di Dio.


8. Desidero dunque sostenervi in tutti i vostri sforzi volti ad aiutare i fedeli a celebrare degnamente la loro dignità cristiana nella liturgia domenicale. Che il Popolo di Dio d'America sia condotto ad una sempre più grande convinzione della sacralità del giorno del Signore. Nonostante i cambiamenti della società e i diversi tipi di pressione, come anche le varie difficoltà, il vostro popolo continui per quanto gli è possibile a mantenere la grande tradizione della vostra terra di santificare la domenica e le feste comandate. Che ogni fedele sappia cogliere il suo privilegio di essere parte della Chiesa orante: "Per tua grazia ti rendero lode nella vasta assemblea" (Ps 22,26).

Oltre alla liturgia eucaristica, gli altri aspetti della celebrazione domenicale - la liturgia delle ore, il riposo e la libertà dal lavoro, il compimento di opere di carità e la trasmissione di programmi radiofonici e televisivi di ispirazione religiosa dove sia possibile - contribuiscono alla dimensione cristiana della società e aiutano ad elevare i cuori del popolo a Dio Creatore e Redentore di tutti.

Cari fratelli, siate certi che, nella carità di Cristo, sono vicino a voi e a tutti i vostri fratelli nel sacerdozio, che condividono con voi il servizio pastorale di rendere il popolo di Dio sempre più conscio della sua dignità di popolo di culto.

Uniti tra di voi, con gli altri Vescovi d'America, e insieme alla Chiesa universale, adoperiamoci con tutte le nostre energie per incoraggiare il nostro popolo nel suo generoso sforzo di mantenere inalterata la tradizione apostolica della partecipazione all'Eucaristia domenicale.

Vi sono molte altre considerazioni che potrebbero completare queste riflessioni. E comunque, in quanto Pastori uniti al nostro popolo, proclamiamo senza posa la fede della Chiesa che è alla base di ogni Eucaristia domenicale: la Risurrezione dai morti di Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore. E' lui che noi attendiamo in gioiosa speranza; ed è nel nome di Gesù Risorto che tutto il nostro ministero episcopale, pastorale e collegiale viene esercitato. Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1983-07-09 Data estesa: Sabato 9 Luglio 1983

Al Capitolo generale dei Vocazionisti - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vocazione sinceramente vissuta veicolo di grazia per l'umanità

Cari fratelli.


1. Voglio esprimere innanzitutto la mia gioia per questo incontro con voi, in occasione della seconda sessione del vostro Capitolo generale, avvenuta di recente qui a Roma.

Motivo importante di tale mio compiacimento è la considerazione dell'attualità e della grande utilità del vostro carisma nella Chiesa: la ricerca e la cultura delle vocazioni al sacerdozio in particolare, e allo stato religioso in generale, di preferenza tra le classi umili del popolo, non solo e non tanto per il vostro Istituto, quanto per le diocesi e per ogni altro Istituto religioso, col generoso intento, altresi, di ottenere da Dio, in spirito di amore e riparazione, la riabilitazione e il ritorno di coloro che, dopo aver posto mano all'aratro, si fossero volti indietro.

Non occorre che io spenda molte parole per sottolineare quanta consolazione e quanta speranza dona al mio cuore di Pastore universale della Chiesa questo vostro santo proposito. Non mi sento altro che di esortarvi a continuare in esso con l'impegno di tutte le vostre forze, nella certezza del pieno appoggio da parte della Chiesa e della potente assistenza dello Spirito Santo, il quale, durante il corso della storia, sa sempre suscitare, per chi lo vuol ascoltare, le inziative necessarie per venire incontro ai bisogni spirituali del momento.


2. Punto centrale della vostra forza spirituale dovrà essere sempre, come per ogni altra Famiglia religiosa, l'ispirazione originaria del vostro Fondatore: l'anima, il cuore, gli intenti di Don Giustino Russolillo: il suo grande e fervidissimo amore per il mistero principale del cristianesimo, il mistero trinitario, alla contemplazione del quale veniva tratto da un'esperienza mistica che, per la sua autenticità e intensità, era sorgente in lui dell'azione caritativa più fervente e feconda, che lo portava a consumarsi totalmente nel santo ideale della promozione ed educazione delle sacre vocazioni.

Don Giustino Russolillo aveva in qualche modo fatto suo il grande progetto divino della Genesi: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza" (Gn 1,26), e si era proposto come ideale di vita quello di fare tutto il possibile per innalzare la dignità dell'uomo, soprattutto dei miseri, degli umili e degli oppressi, a quella meravigliosa e quasi infinita grandezza che corrisponde ai piani della misericordia di Dio Padre. E quale maggior grandezza per l'uomo, che divenire, nella vocazione sacerdotale e religiosa sinceramente vissuta, un segno e un veicolo speciali, per il mondo, del torrente infinito delle divine grazie e benedizioni? Don Giustino pero aveva capito molto bene che, per essere in tal modo strumenti del progetti del Padre nei riguardi dell'uomo, occorre per primi rendersi il più possibile simili a lui in una ricerca fervorosa della santità e di tutto e soltanto ciò che ci parla di Dio, ci mette in relazione con lui.


3. Stiamo vivendo, in questi mesi, un anno di grazia, che deve essere di riconciliazione, di riabilitazione, di perdono: l'Anno Giubilare della Redenzione.

Voglia il cielo che la grazia di questo Anno Santo possa toccare molti cuori: possa dare a molti figli della Chiesa la generosità e l'amore sufficienti per saper richiamare gli erranti e tutti coloro che se ne fossero allontanati; e a questi ultimi, il pentimento e il desiderio di tornare tra le braccia di quella madre, la Chiesa, che, se a volte può sembrare severa, è in realtà amorosissima ed è la via della vera salvezza.

Voglia lo Spirito del Signore aiutare voi in modo speciale in questa nobile prospettiva; infatti, in modo eminente, voi siete chiamati alla sua realizzazione, senza che per questo ovviamente venga meno l'obbligo grave da parte di tutti. Ma voi dovete essere in ciò di esempio e di stimolo per gli altri.


4. Con questi sentimenti, il mio augurio è che il vostro Istituto possa sempre più espandersi e consolidarsi, intervenendo soprattutto in quei luoghi e in quelle zone dove maggiormente la Chiesa ha sofferto per la crisi delle vocazioni: è là che voi potete e dovete portare luce, conforto, speranza, forti della protezione del vostro Fondatore e della Vergine Santissima, Madre dei sacerdoti e delle anime consacrate. Nella ricerca e nell'applicazione coscienziosa di tutti quelli che possono essere i metodi pastorali più avanzati, non dimenticate mai di confidare soprattutto nella potenza che vi è stata data dall'alto.

Con la mia affettuosa benedizione.

Data: 1983-07-09 Data estesa: Sabato 9 Luglio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - All'ospedale San Camillo - Roma