GPII 1983 Insegnamenti - Al "Simon Wiesenthal Center" - Città del Vaticano (Roma)

Al "Simon Wiesenthal Center" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I nostri legami di amicizia e fiducia sono un segno di speranza

Cari amici.

Rivolgo un caloroso saluto a tutti i membri della delegazione organizzata dal "Simon Wiesenthal Center" di Los Angeles. Sono molto lieto di darvi il benvenuto oggi in Vaticano, e di favorire in questo modo il mai interrotto dialogo religioso tra Ebraismo e Chiesa cattolica. Questi nostri incontri approfondiscono i legami di amicizia e fiducia e ci aiutano ad apprezzare più pienamente le ricchezze del nostro comune patrimonio quale popolo che crede in un solo Signore e Dio che si è rivelato all'uomo.

Quali cristiani ed ebrei, quali figli di Abramo, noi siamo chiamati ad essere benedizione per il mondo (cfr. Gn 12,2ss), specialmente mediante la nostra testimonianza a Dio, sorgente di ogni vita, e mediante il nostro impegno a lavorare insieme per la costruzione di pace e giustizia vere tra tutti i popoli e le Nazioni. Intraprendendo la via del dialogo e della mutua collaborazione, approfondiamo i legami di amicizia e di fiducia tra di noi e offriamo agli altri un segno di speranza per il futuro.

Sono felice di sapere che il vostro itinerario ha incluso una visita in Polonia per commemorare il 40° anniversario dell'insurrezione del ghetto di Varsavia. Proprio recentemente, parlando di quell'evento storico tragico e terribile, avevo detto: "Fu un grido disperato per il diritto alla vita, per la libertà e per la salvezza della dignità dell'uomo... Rendendo omaggio alla memoria delle vittime innocenti, preghiamo affinché Dio Eterno accolga questo sacrificio per il bene e la salvezza del mondo".

Che Dio benedica voi e le vostre famiglie dandovi armonia e pace. Che egli vi benedica con la pienezza del "Shalom".

Data: 1983-04-25 Data estesa: Lunedi 25 Aprile 1983

Udienza generale straordinaria - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nel Pellegrinaggio giubilare una testimonianza di fede




1. A tutti voi, carissimi fratelli e sorelle che partecipate a questa udienza, il mio saluto cordiale! Sento il dovere di esprimere ad ogni singolo gruppo qui presente la mia gratitudine per la gioia che questa visita mi reca: il caloroso entusiasmo con cui vi stringete intorno al Papa, successore di Pietro, costituisce una testimonianza eloquente della viva coscienza ecclesiale e della fede che vi animano.

Voi siete venuti a Roma con tanto fervore per acquistare il Giubileo nella ricorrenza dell'Anno Santo della Redenzione, e grande è la vostra gioia di poter usufruire di questo prezioso tesoro spirituale che la Chiesa vi offre, per purificare le vostre anime in una sincera conversione interiore che rappresenti un vero incontro con Cristo, che ci ha amati fino a dare se stesso per noi (cfr. Ga 2,20).

Vi esorto di cuore a fare in modo che questa importante circostanza diventi stimolo ad una vita cristiana sempre più autentica e coerente, ad una testimonianza di fede e di carità sempre più convinta e coraggiosa. Attingete da questo vostro Pellegrinaggio giubilare la forza e la gioia di essere generosi messaggeri di Cristo nelle vostre parrocchie e in tutti i luoghi della vostra attività.


2. Sono lieto ora di rivolgere una speciale parola innanzitutto ai rappresentanti delle Presidenze diocesane di Azione cattolica, qui convenuti insieme con la Presidenza nazionale e con l'Assistente ecclesiastico Monsignor Tagliaferri.

Carissimi, so che vi siete raccolti a Convegno nazionale per riflettere sull'impegno dei cattolici italiani verso il Paese e in particolare sul contributo che la vostra Associazione è chiamata a recare alla società di oggi per essere realmente efficace fermento evangelico.

Parlando di "fermento evangelico" il pensiero si porta spontaneamente a san Marco, di cui oggi ricorre la festa, e al suo Vangelo. Come è noto, il Vangelo che egli ha scritto pone in particolare evidenza il contrasto tra la Chiesa che perdona (Mc 2,10), vince i demoni (Mc 1,24-27 ecc.), guarisce le malattie (Mc 1,31 ecc.), e gli uomini che si beffano di lui (Mc 5,40 Mc 6,3 Mc 15,29-32) e vogliono la sua rovina (Mc 3,6 Mc 12,13 Mc 14,1). Marco vede in questo "scandaloso" contrasto la linea maestra dell'agire di Dio, il quale in tal modo sorprende le persone e le induce ad interrogarsi sull'identità di Cristo ("Chi è costui?": Mc 4,41 Mc 1,27), preparandole, attraverso l'esperienza stessa della sua umiliazione, all'atto di fede nella sua missione salvatrice. "Veramente quest'uomo era figlio di Dio" (Mc 15,39), è la confessione a cui giunge il centurione sotto la Croce.

Come non vedere in ciò una chiara indicazione per chiunque voglia porsi sulle orme di Cristo e farsi suo testimone nel mondo contemporaneo? La mitezza di fronte ad opposizioni e a contrasti, il dominio sulle passioni e sulle forze del male, l'impegno per alleviare ogni forma di sofferenza sono i modi concreti, con cui il cristiano può suscitare anche negli uomini di oggi l'interrogativo su Cristo e disporne i cuori all'accettazione del suo messaggio.

Egli potrà in tal modo operare efficacemente per l'avvento del Regno di Dio e per la costruzione della Città terrena, in lineare coerenza con la visione cristiana del mondo e della storia, la quale non è conciliabile con ideologie e movimenti che si ispirano al materialismo.

Esorto pertanto l'Azione Cattolica a vivere i problemi della realtà italiana e a continuare ad essere valida componente del movimento cattolico italiano, esercitando quell'opera religiosa di formazione che è premessa essenziale di ogni forma di presenza sociale e politica dei cristiani nella società.


3. Il mio pensiero si volge poi ai membri del Movimento lavoratori dell'Azione cattolica, convenuti a Roma per il loro V Congresso nazionale, il cui tema: "Il fine del lavoro è l'uomo", ripropone alla riflessione comune i contenuti dell'enciclica "Laborem Exercens".

Carissimi fratelli e sorelle che volete realizzare una presenza cristiana nel mondo del lavoro, siate consapevoli del grande compito che Cristo vi affida. A fianco dei vostri colleghi, voi dovete farvi carico di ogni giusta iniziativa a tutela della dignità dell'uomo, nell'esplicazione della propria attività. Ma voi dovete pure, accanto ad essi, attestare con la parola e con l'esempio che "non di solo pane vive l'uomo", né soltanto di ciò che le sue mani possono produrre. L'uomo per vivere ha bisogno di una parola, di un senso, di una speranza, che soltanto la sovrana libertà di Dio può accordargli.

Questa parola liberatrice voi l'avete scoperta nel Vangelo di Cristo: portare a quanti lavorano con voi la testimonianza della gioia che essa ha messo nel vostro cuore. Recherete in tal modo un contributo insostituibile all'edificazione di un mondo, in cui ogni lavoratore possa sentirsi pienamente rispettato nella sua dignita di essere umano.


4. Saluto ora con sincero affetto quanti, provenienti da varie regioni d'Italia, rappresentano l'Istituto "Pro Familia" che, fondato a Brescia sessantacinque anni or sono dal sacerdote Giovanni Battista Zuaboni, è presente nell'apostolato familiare attraverso espressioni diverse, ma tutte orientate ad esaltare e promuovere i valori del sacramento del matrimonio.

Carissimi, il Fondatore del vostro Istituto fu, in un certo senso, un anticipatore dei tempi, in quanto seppe individuare la fondamentale importanza della famiglia nel tessuto sociale ed ecclesiale, ponendo in rilievo che i mali della famiglia, in un mondo in continua trasformazione, dipendevano in gran parte dall'impreparazione dei giovani ad essa. Egli capi che per salvare la famiglia, e con essa la società, era necessario e urgente preparare la gioventù al futuri compiti di sposi e di genitori cristiani.

Ora l'Istituto è diventato un albero rigoglioso, che comprende: le Missionarie della famiglia consacrate a Dio con i voti di castità, povertà e ubbidienza, che si prefiggono di servire le famiglie aiutandole a seguire e a vivere la bellezza e la verità dell'insegnamento evangelico sull'amore sponsale e familiare; e gli Apostoli della famiglia, costituiti da coppie di sposi e anche da vedovi, che vivono nel mondo impegnati a tradurre nella loro vita, con riconoscenza e gioia, i valori umani e cristiani del matrimonio e della famiglia, secondo la parola di Dio.

Auspico di cuore che la compresenza, in uno stesso Istituto secolare, di consacrati e di coniugati, sia stimolo a proclamare insieme, secondo lo stato di ciascuno, l'amore di Cristo, significato dell'amore sia verginale che coniugale.

In particolare vi esorto a continuare nel vostro impegno diretto a fare comprendere quale sublime ideale è la famiglia e quali responsabilità comporta.

Siate sempre dei fedeli evangelizzatori del disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia proponendolo nella sua autenticità e facendo comprendere che solo con l'accoglienza del Vangelo trova piena realizzazione ogni speranza che l'uomo legittimamente pone nel matrimonio e nella famiglia. A tal fine incoraggio volentieri il lavoro svolto nelle "Scuole di vita familiare", soprattutto mediante l'organizzazione di opportuni corsi di preparazione specializzata e di formazione spirituale a beneficio dei fidanzati e dei giovani sposi.

Vi assista e vi sostenga la Vergine santissima.


5. Sono inoltre lieto di porgere il benvenuto e di rivolgere un cordiale saluto anche a voi, dirigenti e dipendenti della Banca Popolare di Lodi e della Cassa Rurale ed Artigiana di Casalmorano.

Voi fate parte di quelle forme di istituti di credito che fondano la loro attività sull'obiettivo della cooperazione e della solidarietà al fine di assicurare e sviluppare il lavoro che considera forza propulsiva l'onestà e la laboriosità.

Dalla storia sociale di quest'ultimo secolo in Italia è noto il contributo offerto da questo tipo di organizzazione a favore delle categorie meno agiate; e perciò intendo rivolgervi il mio incoraggiamento nel vostro servizio. Vi auguro di approfittare di questo soggiorno romano per approfondire la fede e il vostro impegno cristiano.

Estendo il mio saluto anche agli altri gruppi presenti. A tutti esprimo il mio sincero affetto e a tutti imparto la mia benedizione.

Data: 1983-04-25 Data estesa: Lunedi 25 Aprile 1983



A Vescovi canadesi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa, per la famiglia, custode e interprete dell'amore

Cari fratelli nell'Episcopato.

Stiamo vivendo e celebrando insieme l'avvenimento della vostra visita "ad limina", nella carità di Cristo e nell'unità della sua Chiesa. Questa visita ci dà l'opportunità di riflettere insieme sul ministero che è il vostro in quanto Vescovi, in quanto Pastori del Popolo di Dio dell'Ontario, del Vicariato militare e della Eparchia dei Santi Cirillo e Metodio di Toronto.

Ma ancor più essa è una opportunità per noi di offrire a Gesù Cristo "il Pastore supremo" (1P 5,4) della Chiesa, tutti gli sforzi pastorali, le iniziative e le attività compiute nel suo nome, in obbedienza alla sua volontà, e mediante il sacro carisma dell'Episcopato. La vostra visita è l'occasione per affidare a Cristo la responsabilità pastorale, per rinnovare il vostro amore per lui e la sua Chiesa e per riporre rinnovata fiducia nell'immenso potere santificante del suo Mistero pasquale. E' anche un'occasione per me, vostro fratello nel Collegio Episcopale, successore di Pietro, per offrirvi una parola di incoraggiamento, di comprensione e di amore fraterno, e dunque per confermarvi nella vostra professione e insegnamento della fede cattolica.


2. Desidero inoltre rendere testimonianza in questa occasione a ciò che è stato compiuto nelle vostre Chiese locali. Certamente, la potenza del Vangelo ha operato nei cuori dei fedeli e ha sostenuto voi e i vostri sacerdoti e diaconi in un generoso zelo pastorale. Anche se, con ogni realismo, dobbiamo ammettere che gli ostacoli a una vita cristiana nel mondo d'oggi sono enormi, noi continuiamo a proclamare che la grazia salvifica di Cristo è molto più potente del peccato e della debolezza umana (cfr. Rm 5,20).

Sono grato a voi e al vostro popolo per tutto ciò che avete fatto per vivere il Vangelo, per trasmetterlo in tutta la sua purezza e potenza ai giovani e per provvedere alla sua trasmissione alle future generazioni. Con grande impegno avete dedicato particolare attenzione all'educazione cattolica e alle Scuole cattoliche ai vari livelli. Tutto ciò ha un rapporto diretto e importante con la fede del popolo di Dio e merita la vostra ininterrotta vigilanza pastorale e il vostro diuturno impegno.

E' merito della grazia di Cristo, del vostro zelo e dell'impegno del vostro popolo come voi avete lavorato per promuovere un senso di condivisa responsabilità tra i fedeli. Questo senso di responsabilità condivisa tra i fedeli, manifestata in un senso di missione ecclesiale, è indubbiamente una delle più grandi benedizioni che sia venuta alla Chiesa grazie al Concilio Vaticano II.

In tanti importanti progetti voi avete lavorato insieme, quale comunità ecclesiale unita; per proclamare i valori evangelici, per difendere la dignità umana e per costruire il Regno di Dio sulla terra. Tutti i vostri sforzi compiuti comunitariamente nell'area della difesa della vita contro tutto ciò che ferisce, indebolisce e distrugge la vita, sono veramente degni di lode e meritano di essere sostenuti. La vostra prontezza ad accogliere gli immigrati nel vostro Paese e ad assisterli nella loro nuova vita è una delle molte autentiche espressioni della vostra carità cristiana. L'esercizio della vostra responsabilità pastorale per promuovere le vocazioni e nel preparare candidati al sacerdozio e alla vita religiosa secondo il Magistero della Chiesa è una questione di estrema importanza per la vita delle vostre Chiese locali. Il vostro desiderio di promuovere l'ecumenismo secondo le direttive conciliari e in unità con la Chiesa universale, così come il vostro impegno pastorale per promuovere i movimenti laicali di apostolato e di provvedere alla cura pastorale dei giovani: tutti questi non sono che aspetti di un unico scopo, quello di proclamare la Buona Novella della salvezza e di annunciare a tutti "le imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8).


3. L'apostolato della Chiesa è multiforme e vi sono molti diversi approcci ad esso. La Chiesa è chiamata a rendere un molteplice servizio nel nome di Cristo Gesù. Oggi vorrei limitarmi a proporre alla vostra riflessione pastorale, alla luce dell'ultimo Sinodo dei Vescovi, alcune considerazioni sulla Chiesa al servizio della famiglia. Proprio perché "l'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia" (FC 86), siamo profondamente convinti, come Pastori, della necessità di difendere la famiglia, di assisterla, di incoraggiarla; siamo profondamente convinti della necessità di proclamare la vocazione e la missione della famiglia nel mondo moderno.

Nella mia esortazione apostolica ho dato rilievo ad un aspetto particolare del ruolo della famiglia nel mondo, affermando che "la famiglia ha la missione di proteggere, rivelare e comunicare l'amore" (n. 12). Questa missione è intimamente connessa al messaggio centrale della rivelazione: Dio ama il suo popolo e ha mandato suo Figlio per redimerlo. Nelle parole di Gesù: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito... non per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,16-17).

Come Vescovi non siamo in grado di far scomparire tutto ciò che ostacola la vita cristiana; non possiamo sollevare tutti i fardelli che pesano sulle nostre famiglie cristiane; e tanto meno siamo autorizzati a cercare di allontanare la Croce dalla Cristianità. Ma siamo in grado di proclamare la grande dignità del matrimonio, la sua identità di immagine, simbolo ed espressione della eterna e indistruttibile alleanza d'amore di Dio con la Chiesa. Noi possiamo amare la famiglia e in questo amore pastorale offrirle l'unico criterio per la reale soluzione dei problemi che essa deve affrontare. Questo criterio è la Parola di Dio: la Parola di Dio in tutta la sua purezza e potenza, in tutta la sua integralità e con tutte le sue esigenze, la parola di Dio come trasmessa dalla Chiesa.

La proclamazione della Buona Novella dell'amore di Dio riflesso nell'amore coniugale e nella vita matrimoniale è uno dei più grandi contributi che possiamo dare al nostro popolo, uno dei modi migliori in cui possiamo mostrargli il nostro totale appoggio, e aiutarlo a vivere il sacramento del matrimonio. Con la grazia sacramentale le coppie sposate sono in grado di capire la loro dignità e sono preparate a fare seri sforzi per vivere la loro missione di "proteggere, rivelare e comunicare l'amore". Ma tutto ciò presuppone che la Chiesa continui fermamente a parlare alle famiglie cristiane, nel nome di Gesù, manifestando costantemente la vera identità della famiglia secondo il disegno di Dio, che è rivelato nelle Sacre Scritture e nella Tradizione e attestata dallo Spirito Santo mediante il Magistero della Chiesa.


4. In quanto Pastori noi abbiamo un ministero d'amore da adempiere nei riguardi della famiglia e questo ministero d'amore si esprime nella preghiera, nell'aiuto, nell'incoraggiamento e nel servizio. Significa predicare costantemente la verità del progetto di Dio sul matrimonio, fintantoché il Signore ci dà la forza di predicare. Nella mia esortazione apostolica ho anche affermato che "amare la famiglia significa individuare i pericoli e i mali che la minacciano per poterli superare. Amare la famiglia significa adoperarsi per crearle un ambiente che favorisca il suo sviluppo". Tutto questo costituisce un programma personale per la gerarchia, ma in esso tutti i settori del Popolo di Dio possono rendere un magnifico contributo.

Precisamente nel contesto della missione della famiglia di "proteggere, rivelare e comunicare l'amore", noi Vescovi siamo costantemente chiamati a presentare quanto più chiaramente, fedelmente e efficacemente possibile l'insegnamento della Chiesa sul matrimonio quale comunità di vita e amore, unità indivisibile e comunione indissolubile. E dipende da noi sollecitare e incoraggiare la collaborazione della Chiesa intera - e anche il contributo degli altri uomini e donne di buona volontà - per sostenere la famiglia nel suo quotidiano pellegrinaggio al Padre, per assisterla nei suoi problemi e per sostenerla nelle sue convinzioni cristiane. Questo impegno concertato ha dato ampiamente prova di sé e merita di essere incoraggiato ancor più per quanto riguarda il problema della legittima regolazione delle nascite.

Come ho affermato nella "Familiaris Consortio" (FC 35), la Chiesa nota con soddisfazione i risultati già raggiunti dalla ricerca scientifica, ma si sente costretta "a sollecitare con rinnovato vigore la responsabilità di quanti - medici, esperti, consulenti coniugali, educatori, coppie - possono aiutare effettivamente i coniugi a vivere il loro amore nel rispetto della struttura e delle finalità dell'atto coniugale che esprime il loro amore. Da questo punto di vista, l'attenzione personale che i Vescovi dedicano all'assistenza delle coppie che cercano di vivere la loro vocazione umana e cristiana dell'amore sponsale in pienezza merita profonda gratitudine e lode dalla Chiesa universale. Lo zelo dei Vescovi susciterà sempre la collaborazione e la fiducia della comunità ecclesiale.


5. Molti altri aspetti della famiglia richiedono il sostegno dei Vescovi e di tutta la comunità ecclesiale. Tra di essi vi è quello della missione e del ministero della coppia nell'educazione dei figli affinché essi giungano a una piena maturità umana e cristiana. Anche qui si tratta, per noi Vescovi, di proclamare l'identità e la dignità della vita nel matrimonio cristiano. Nella forza dello Spirito Santo, dobbiamo anche suscitare una fiducia e una certezza nuove nel popolo affidato alle nostre cure, affinché si realizzi in esso la grandezza dell'amore coniugale. Non dobbiamo stancarci di proclamare che "il matrimonio cristiano... è in sé stesso un atto liturgico di glorificazione a Dio in Gesù Cristo e nella Chiesa" (FC 56).

Infine, è mediante la preghiera - la preghiera familiare e quella di tutta la Chiesa - che si effettuerà il rinnovamento del matrimonio cristiano, e con esso, in gran parte, il rinnovamento, la conversione e l'evangelizzazione del mondo.

Cari e venerati fratelli nell'Episcopato, poniamo con fermezza la nostra fiducia nella potenza del Signore risorto per fortificare l'alleanza dell'amore coniugale in questa generazione della Chiesa. E uniamo tutti i nostri sforzi per proclamare in modo sempre più efficace che questo amore è stato riscattato, che il matrimonio cristiano è veramente il progetto del Signore per il compimento dell'uomo e che la famiglia è per Dio il modo particolare "di conservare, rivelare e comunicare l'amore".

Che Maria, la Madre di Gesù, vi assista nel vostro ministero pastorale al servizio della famiglia e riempia il vostro cuore di gioia profonda e di pace! Attraverso di voi, indirizzo il mio saluto a tutti i fedeli delle vostre Chiese locali, ai vostri sacerdoti, ai religiosi, ai laici e, in particolare, alle Famiglie cristiane.

Benedico in modo particolare i malati e coloro che soffrono, e a coloro che conoscono la solitudine do assicurazione della mia vicinanza a loro nella preghiera. A tutte le comunità ecclesiali di cui voi siete i servitori, i Pastori e i messaggeri di pace, esprimo il mio affetto in Gesù Cristo Salvatore nostro!

Data: 1983-04-28 Data estesa: Giovedi 28 Aprile 1983

Alla Società di San Vincenzo de' Paoli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'impegno della carità è il cuore del Vangelo

Cari fratelli e sorelle.


1. Siate i benvenuti in questa Casa! Mi associo di tutto cuore al giubileo della Società San Vincenzo de' Paoli, la cui opera mi è familiare. E accolgo con gioia i responsabili, i delegati che rappresentano un numero impressionante di "Vincenziani", testimoni attivi della carità, organizzati in gruppi, in tanti Paesi del mondo. La vostra fedeltà alla Chiesa è profonda e io conosco il vostro attaccamento al successore di Pietro, Vescovo della Chiesa, che ha la vocazione di presiedere alla carità. Il vostro Presidente internazionale del resto vuole sempre rendere visita al Papa all'inizio del suo mandato.


2. Sono dunque esattamente centocinquanta anni da che la prima "Conferenza di carità" ha visto la luce a Parigi: una iniziativa di giovani laici cristiani, raggruppati attorno a Frederic Ozanam. Dobbiamo innanzitutto ringraziare Dio per questo dono che ha fatto alla Chiesa nella persona di Ozanam. Si rimane strabiliati da tutto ciò che ha potuto intraprendere per la Chiesa, la società, per i poveri, questo studente, questo professore, questo padre di famiglia, dalla fede ardente e dalla carità creativa, dal corso della sua vita consumatasi troppo presto! Il suo nome resta associato a quello di San Vincenzo de' Paoli che, dieci secoli prima, aveva fondato le Dame di Carità, senza che l'equivalente sia potuto ancora essere istituito per gli uomini. E come non desiderare che la Chiesa ponga anche Ozanam tra i beati e i santi? Vincenzo de' Paoli, Ozanam non furono che i pionieri di una "rete di carità" che si è estesa in tutto il mondo. Dobbiamo ringraziare anche per tutto ciò che lo Spirito Santo ha suscitato nel cuore dei loro discepoli, per ciò che ha realizzato attraverso di loro, mediante l'opera della vostra Società, nei cinque continenti.


3. Questo impegno di carità è il cuore del Vangelo, ed è più che mai di attualità.

Certamente, ciò che preoccupa la Chiesa, è di diffondere la fede, di nutrirla o di risvegliarla, mediante la predicazione, l'insegnamento, la preghiera. Precisamente, Ozanam si era anche e prima di tutto preoccupato di far fronte all'indifferenza religiosa e alla mancanza di fede dei suoi tempi. Ma aveva ben compreso che lavorare ad alleggerire la miseria dei poveri era il modo di mettere in pratica il Vangelo e nello stesso tempo di ravvivare la fede, di fortificarla e di renderla credibile.

Non si può d'altra parte opporre giustizia e carità. Ozanam stesso ha preconizzato audaci misure per migliorare, giustamente, le condizioni di vita dell'ambiente operaio nascente. Fu uno dei precursori del movimento sociale coronato dall'enciclica "Rerum Novarum". Ma sapeva anche che la carità non attende: essa aiuta l'uomo concreto che soffre oggi. Vi sono ancora senza dubbio persone che pensano che la carità che voi praticate rischi di frenare, con i suoi piccoli sollievi, il processo necessario per creare una società umana interamente rinnovata e liberata dall'ingiustizia. Ciò non vi deve preoccupare. Certamente, bisogna sempre prendere posizione contro l'ingiustizia, e precisamente per proteggere a lungo termine i piccoli e i poveri di cui tanto vi preoccupate.

Ma è la stessa carità che suscita l'uno e l'altro sforzo. E non è sufficiente riflettere generosamente sull'amore verso l'umanità intera: bisogna amare concretamente quello che il Vangelo chiama il prossimo, che ci è vicino o a cui ci si avvicina. Ogni sistema sociale, anche se si vuole fondato sulla giustizia e anche ogni aiuto organizzato, che certamente è molto necessario, non dispenserà l'uomo dal volgersi con tutto il suo cuore verso il suo simile. E' questo anche il suo modo di amare Dio che non vede (cfr. 1Jn 4,20).


4. Questa carità concreta è dunque la vostra vocazione primaria, la vostra specialità. Essa si traduce in molte realizzazioni di carattere sociale, perché sapete far fronte ai bisogni che vengono alla luce, sia presso i bambini denutriti, che presso le persone anziane, sole, presso gli emigranti, i rifugiati, i baraccati, i malati e gli handicappati, presso i carcerati, gli emarginati di ogni tipo, le vittime delle catastrofi. Unite i vostri sforzi a quelli di molte altre organizzazioni, movimenti, iniziative di comunità cristiane o della società civile. Mi sembra che si potrebbe tuttavia trovare il vostro carisma specifico nel contatto personale, nella visita a colui che ha bisogno di un aiuto spirituale o materiale, di una condivisione di amicizia. E cercate di fare questo senza baccano, discretamente, con pieno rispetto delle persone. E' una nota preziosa nell'anonimato e nella durezza della nostra civiltà. Se si guardasse solo alle folle, non si comincerebbe mai. Ma ogni persona è unica.


5. Sul piano dei vostri mezzi istituzionali, voi tentate innanzitutto di costituire un gruppo di amici. Come voleva Ozanam, considerate le frequenti riunioni delle vostre Conferenze non solamente dei mezzi pratici per conoscere e servire in modo organico i poveri che avete vicino, ma un approfondimento spirituale, una riflessione cristiana, che equilibri preghiera e azione. Perché bisogna lasciarsi trasformare dalle parole di Cristo per renderlo presente nel nostro mondo.

Sono felice di sapere che giovani sempre più numerosi formano gruppi vincenziani o entrano in gruppi di anziani: auguro che essi apportino uno slancio nuovo, nuove idee, forse uno stile nuovo, ma sempre nello stesso spirito; così, grazie a un'accoglienza reciproca, tutta la vostra Società potrà trarne beneficio e affrontare l'avvenire con serenità.

Mantenendo bene tutto ciò che caratterizza la vostra iniziativa di laici cristiani, dovete anche desiderare di lavorare in stretta unità con tutta la Chiesa: per esempio con i Pastori di ciascuna delle vostre diocesi, con altre istituzioni diocesane, soprattutto con quelle che perseguono come voi un fine caritativo, per prendere così il vostro posto in una pastorale d'insieme, che non può fare a meno di collaborazione e che può beneficiare della vostra testimonianza mentre apre le vostre preoccupazioni alle diverse dimensioni della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha insistito su questa collaborazione.

Sul piano internazionale, i due organismi della Santa Sede che sono qui rappresentati hanno la possibilità di avere con voi un fruttuoso dialogo: il Consiglio pontificio per i laici, che si interessa al vostro impegno di laici, e il Consiglio pontificio "Co Unum", di cui la vostra Società è membro e che ha, tra gli altri, la vocazione di stimolare e di armonizzare lo slancio caritativo nella Chiesa.


6. Cari amici, continuate e rinnovate senza posa, nello stesso spirito, un'opera così ben iniziata, così ben radicata in diversi Paesi, che fa tanto bene e in cui tanti cristiani trovano l'impegno che loro conviene. Date la testimonianza concreta che il Vangelo vissuto è una forza umanizzante e nello stesso tempo rivelazione dell'amore di Dio. E attraverso voi, nonostante la debolezza e la povertà che noi tutti portiamo, è Cristo che si avvicina a tutti questi volti che hanno bisogno di aiuto concreto, di tenerezza, di presenza umana, di speranza. E le persone aiutate offrono a voi stessi un'apertura del cuore e una grazia.

Dio vi illumini e vi fortifichi in questo impegno di carità! E io, di tutto cuore, vi imparto la mia benedizione apostolica, che indirizzo anche a tutti i membri dei gruppi della Società di San Vincenzo de' Paoli.

Data: 1983-04-28 Data estesa: Giovedi 28 Aprile 1983

A esponenti delle Chiese britanniche - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Abbandonarsi completamente alla verità del Vangelo

Cari amici in nostro Signore Gesù Cristo.

E' già passato quasi un anno da quando ho avuto il piacere di incontrare alcuni di voi per una breve discussione nel Decanato di Canterbury, ma il ricordo di quel giorno - anzi di tutti i giorni trascorsi in Gran Bretagna - è ancora fresco nella mia memoria. Dovunque andavo la "dimensione ecumenica" non era soltanto un qualcosa in sovrappiù, ma era una parte integrante degli avvenimenti di quei giorni e mostrava chiaramente che, come io ho osservato poco dopo il mio ritorno a Roma "la Chiesa si trova nelle Isole Britanniche in un particolare terreno ecumenico" (Udienza generale, 9 giugno 1982).

E ora, in risposta all'invito da me rivolto in quell'incontro di Canterbury, voi siete venuti a Roma "per continuare a costruire sulle basi che abbiamo così felicemente gettato" in quella occasione (Ai Capi delle Chiese cristiane, Canterbury, 29 maggio 1982). Ve ne ringrazio di tutto cuore; so che tutti voi avete responsabilità impegnative e che non è stato facile per voi trovare date a tutti convenienti per venire qui insieme, come avete fatto, per una serie di incontri con il Segretariato per l'unione dei cristiani e con alcuni altri dicasteri della Curia Romana. Avete attentamente preparato questi incontri in una serie di consultazioni tra i capi delle Chiese britanniche riuniti dal British Council of Churches e i rappresentanti designati dalle due Conferenze episcopali della Gran Bretagna ad accompagnarvi. Oso sperare che questa stessa collaborazione preparatoria dimostrerà di aver dato un contributo alla crescita di relazioni più strette tra le Chiese che voi rappresentate e la Chiesa cattolica nei vostri Paesi.

I temi che le vostre discussioni vi hanno condotto a proporre per gli incontri di questa settimana sono un'accurata riflessione dello stadio che abbiamo ora raggiunto nel nostro comune pellegrinaggio verso il ristabilimento tra di noi dell'unità voluta da Dio. Già mediante il nostro comune Battesimo noi siamo in una comunione che è reale, ma fino ad ora questa comunione tra di noi non è piena e perfetta. Cercando di rendere insieme testimonianza, noi esprimiamo, e perciò rafforziamo, quel grado di unità battesimale che la grazia di Dio ci permette di godere. E mentre esaminiamo quelle questioni e quei problemi che sorgono quando noi cerchiamo di crescere insieme - e le sentiamo più acutamente quanto più ci avviciniamo - noi riconosciamo umilmente che il nostro cammino non è ancora terminato e che nel nostro cammino abbiamo assoluta necessità della grazia di Dio, una grazia sulla quale possiamo fare sicuro affidamento, "questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio" (2Co 3,4).

E' significativo il fatto che la questione della testimonianza cristiana resa alla pace dovrebbe avere il primo posto nel vostro programma, perché certamente questo è un problema estremamente urgente che sta di fronte alla Chiesa e al mondo di oggi. Ma il tempo non mi permette di commentare ogni singolo tema da voi esaminato. Vorrei allora proporvi una riflessione che è forse più generale ma tuttavia, ne sono certo, molto pratica.

Il lavoro per l'unità dei cristiani possiede una qualità locale innegabile e insostituibile, sue proprie risorse e sue proprie iniziative rispondenti a circostanze locali. Ma esso deve nello stesso tempo guardare all'"oikoumene"; altrimenti verrà meno al suo vero scopo.

Per questa ragione le Conferenze episcopali cattoliche nei vostri Paesi hanno il compito di prendere decisioni rilevanti in molte questioni di comune interesse cristiano e, in questioni più importanti, di farlo consultando la Santa Sede al fine di assicurare e rafforzare i loro legami di comunione con i loro fratelli Vescovi e con il Vescovo di Roma, che è chiamato a servire l'unità di tutti. Ma in tali questioni di interesse comune essi agiscono anche consultando i capi di altre Comunioni, e sono lieto di sapere che nei Paesi dai quali provenite vi sono progetti per più strette consultazioni su alcuni dei fondamentali problemi che stanno di fronte a tutti i cristiani di oggi, e sul come assicurare il progresso locale del movimento ecumenico. Tutte le Comunioni cristiane mondiali che rappresentate sono già in dialogo a livello internazionale con la Chiesa cattolica.

Questi dialoghi possono essere a differenti stadi di sviluppo, ma tutti hanno lo stesso traguardo e tutti ci impongono ora il dovere di collaborare, per quanto possiamo, nel portare Cristo e la sua pace al nostro mondo diviso e, a questo fine, di abbandonarci completamente alla verità del Vangelo (cfr. Dichiarazione comune di Canterbury, 29 maggio 1982).

In queste discussioni internazionali molti studi importanti si sono soffermati sui principi della testimonianza comune ed essi necessitano di una forma concreta in risposta ai bisogni di ogni Paese, di ogni luogo. Nei Paesi dai quali provenite i punti che voi avete scelto affinché venissero qui discussi - pace, ideali fondamentali del matrimonio cristiano, compito dei cristiani nel dialogo con le altre fedi - fanno sperare in un reale progresso nel lavoro comune; e un progresso in questo campo rafforzerà certamente, per grazia di Dio, il nostro comune desiderio della autentica unità e ci renderà capaci, in piena fedeltà a lui, di progredire verso la risoluzione di questi fondamentali problemi ecumenici dei quali avete parlato.

E' in questa luce che io vedo la vostra attuale visita a Roma.

Ripensando alla mia visita in Gran Bretagna dell'anno scorso, sono conscio di quanto io abbia guadagnato nel fare personale esperienza della vita cristiana dei vostri Paesi, non ultima della qualità delle relazioni tra cristiani di tutte le confessioni.

Proprio nello stesso modo spero che la vostra esperienza di questi giorni a Roma contribuirà ad una maggiore comprensione capace di condurre ad una più stretta collaborazione nei vostri stessi Paesi, una collaborazione che avrà i suoi effetti anche altrove, "perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi e voi in lui" (2Th 1,12).

Voi sapete che la Chiesa cattolica sta celebrando uno speciale Anno Giubilare della Redenzione, compiuta una volta per tutte da Gesù Cristo con la sua morte e risurrezione. Voi stessi siete impegnati nelle preparazioni conclusive per l'assemblea di Vancouver sul tema: "Gesù Cristo, vita del mondo". Che Gesù Cristo, nostro Redentore, vita del mondo, ci benedica tutti e ci renda capaci di essere suoi degni strumenti, cercando di servire l'unità della sua Chiesa e la vera unità di tutta l'umanità per la quale egli ha sparso il suo Sangue prezioso sulla Croce "per riconciliare per mezzo di lui tutte le cose, sulla terra e nei cieli" (Col


GPII 1983 Insegnamenti - Al "Simon Wiesenthal Center" - Città del Vaticano (Roma)