GPII 1983 Insegnamenti - Recita del Regina Caeli - Città del Vaticano (Roma)


1. Oggi, 1° maggio, si celebra in tutto il mondo la "Festa del lavoro". Desidero pertanto dedicare questo saluto domenicale a tutti i lavoratori, per dire ad essi una parola di augurio, di solidarietà, di apprezzamento, di speranza.

E' mediante il lavoro che l'uomo procura a se stesso e ai propri cari il quotidiano e necessario sostentamento; e, nello stesso tempo, egli dà un personale e qualificato contributo al progresso scientifico e tecnico della società e, soprattutto, alla continua elevazione etica di tutta l'umanità. Il lavoro, che rappresenta una caratteristica specifica dell'uomo e una dimensione fondamentale della sua esistenza terrena, rientra nel progetto di Dio, il quale, creando l'uomo a propria immagine, gli ha dato il mandato di soggiogare, di dominare terra (cfr. Gn 1,28). La parola di Dio ci offre quello che, nella mia enciclica "Laborem Exercens" ho chiamato il "Vangelo del lavoro", quell'annuncio di gioia e di salvezza, che proclama come il fondamento e il fine del lavoro è l'uomo.


2. In questo giorno di gioia collettiva intendo rivolgere a tutti i lavoratori il sincero augurio che la loro dignità, i loro fondamentali diritti, il loro insostituibile apporto al progresso della società siano sempre e dappertutto riconosciuti, salvaguardati, protetti e rispettati; che il lavoro non sia mai usato contro l'uomo, ma sia svolto, organizzato e impostato in modo da permettere all'uomo di diventare "più uomo" e non di degradarsi, logorando le sue forze ed intaccando la sua dignità. Occorre far si che mediante il lavoro si moltiplichino sulla terra non soltanto i frutti della nostra operosità, ma anche la solidarietà, la fraternità, la libertà. E ai fratelli e sorelle, che sono uniti nella fede in Cristo, voglio ricordare oggi quanto ho scritto nella citata enciclica: "Il cristiano che sta in ascolto della parola del Dio vivo, unendo il lavoro alla preghiera, sappia quale posto occupa il suo lavoro non solo nel progresso terreno, ma anche nello sviluppo del Regno di Dio, al quale siamo tutti chiamati con la potenza dello Spirito Santo e con la parola del Vangelo" (LE 27).

Affido questi miei voti alla Vergine santissima, in questo inizio del mese, che la pietà cristiana ha particolarmente consacrato alla sua esaltazione e glorificazione; li affido a san Giuseppe, celeste patrono dei lavoratori, al cui titolo e dignità di "Artigiano" la Chiesa ha voluto dedicare in modo speciale la Liturgia del 1° maggio.

(Saluti ai gruppi presenti:) Rivolgo un cordiale saluto a tutti i gruppi di lingua italiana, che sono presenti nella Piazza San Pietro ed auspico che in questo Anno Giubilare intensifichino il loro impegno di continua conversione interiore e di chiara testimonianza di vita cristiana, sull'esempio della Patrona d'Italia, di cui abbiamo nella scorsa settimana celebrato la festa liturgica, santa Caterina da Siena, la quale morendo poteva dire di aver consumato e dato la vita nella Chiesa e per la Chiesa. Il suo insegnamento vi sia di guida e di sprone.

Saluto cordialmente i pellegrini e i visitatori di lingua francese! Oggi, nel mondo intero, si festeggiano tutti i lavoratori, e i cristiani lo fanno celebrando san Giuseppe artigiano. Dio vi benedica, benedica le vostre famiglie e il mondo del lavoro.

Sono lieto di avere questa occasione, il primo giorno di maggio, per estendere i miei saluti a tutti i pellegrini di lingua inglese. I nostri pensieri si volgono a san Giuseppe lavoratore, e a tutti coloro che, come lui, lavorano per raggiungere la loro pienezza umana e il loro destino cristiano. E che tutti i lavoratori del mondo possano essere consapevoli della loro dignità e del contributo che essi sono chiamati a dare alla società e al Regno di Dio.

Cari pellegrini, la festa odierna - san Giuseppe lavoratore - deve renderci consapevoli del valore dell'uomo che nel lavoro collabora al compimento della creazione, esprime le sue capacità e forma il suo carattere. Mediante il lavoro egli assicura la sua vita e serve anche la comunità. Rendiamo grazie per il dono del lavoro e preghiamo perché i posti di lavoro siano sufficienti e soddisfacenti.

Al termine di questo incontro di preghiera nel giorno di san Giuseppe lavoratore, saluto tutti i presenti di lingua spagnola, esortandoli a guardare alla figura del Santo Patriarca, per imitare il suo esempio ammirevole di impegno nel lavoro congiunto ad un profondo sentimento di fede. Egli ci conceda la grazia di essere sempre fedeli ad un programma di vita veramente cristiano.

Data: 1983-05-01 Data estesa: Domenica 1 Maggio 1983

Nella parrocchia Santa Maria della Misericordia - Roma

Titolo: La luce della Risurrezione renda la nostra vita "apostolica"

Cari parrocchiani della parrocchia della Madonna della Misericordia!


1. Facciamo insieme una meditazione su ciò che ci dice la Chiesa in questa domenica, la quinta di Pasqua. Ci parla della Risurrezione di Cristo, e insieme ci fa vedere la nostra vita alla luce della Risurrezione. La Risurrezione di Cristo è la sua glorificazione in Dio. Di questa glorificazione Gesù parla al suoi apostoli alla vigilia della passione. Essa si compirà sulla Croce e sarà confermata dalla Risurrezione. Mediante la Croce, Dio sarà glorificato in Cristo: "Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito" (Jn 13,32). Ciò si compirà mediante la Risurrezione.

Nel momento in cui Cristo dice queste parole agli apostoli - ed è la sera del Giovedi Santo - essi sono ancora insieme con il loro Maestro. Ma questi sono già gli ultimi momenti di un tale stare insieme. Cristo lo annunzia loro chiaramente: "Dove vado io voi non potete venire" (Jn 13,33). La via della Croce e della Risurrezione sarà la strada sulla quale Cristo camminerà completamente solo.


2. La Risurrezione ha avuto luogo a Gerusalemme, nell'antica città israelitica.

Mediante la Risurrezione di Cristo inizio a realizzarsi ciò che l'Autore dell'Apocalisse, Giovanni apostolo, vede nella sua prima visione: "Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio pronta come una sposa adorna per il suo sposo" (Ap 21,2).

L'antica Gerusalemme si è rinnovata. Insieme con la Risurrezione di Cristo è divenuta nuova, con una totale novità di Vita. E' divenuta inizio del nuovo cielo e della nuova terra. In essa - in Gerusalemme - si è rivelato l'inizio degli ultimi tempi. Tutto ciò avvenne mediante la gloriosa Risurrezione di Cristo.


3. Alla luce della Risurrezione la nostra vita cristiana è costruita sul fondamento della speranza, che viene aperta nella storia dell'umanità della Nuova Gerusalemme dell'Apocalisse di Giovanni: "Ecco la dimora di Dio con gli uomini! / Egli dimorerà tra di loro / ed essi saranno suo popolo / ed egli sarà il "Dio-con-loro"" (Ap 21,3).

La speranza che la Risurrezione di Cristo porta con sé è speranza della dimora di Dio con gli uomini. La speranza dell'eterno Emanuele. Gli uomini saranno abbracciati da Dio. Dio sarà tutto in tutti (cfr. Col 3,11).

La speranza che si apre davanti all'umanità con la Risurrezione di Cristo è speranza della felicità definitiva e perfetta, che si svelerà mediante la vittoria sulla morte: "E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; / non ci sarà più la morte, / né lutto, né lamento, né affanno, / perché le cose di prima sono passate.

/ E Colui che sedeva sul trono disse: / Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21,4-5).

Alla luce della Risurrezione di Cristo la vostra vita cristiana è stata costruita sul fondamento della speranza della vita nuova, che si apre davanti all'uomo oltre i limiti della morte e della temporaneità.


4. Tuttavia la luce della Risurrezione del Signore raggiunge non soltanto la speranza del mondo futuro. Essa penetra contemporaneamente la nostra vita e il nostro pellegrinaggio terreno.

Penetra prima di tutto con il comandamento dell'amore. Nel cenacolo del Giovedi Santo, Cristo ricorda agli apostoli questo comandamento e lo pone davanti ad essi come un compito principale: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,34-35).

La dipartita di Cristo mediante la Croce e la Risurrezione deve, in un modo nuovo, avvicinare reciprocamente i suoi apostoli tra di loro. La testimonianza del supremo amore, data sulla Croce, deve far sprigionare in essi un amore simile. La Risurrezione getta sulla vita cristiana la luce dell'amore. Se si lasciano guidare da questa luce, i cristiani rendono una vera testimonianza a Cristo crocifisso e risorto.


5. Dando una tale testimonianza, essi imboccano la strada della missione cristiana, ossia dell'apostolato. Di questa via ci parla la prima lettura dell'odierna domenica, tratta agli Atti degli Apostoli, facendo riferimento ai lavori apostolici di Paolo e di Barnaba in diversi luoghi del Medio Oriente. Tra questi lavori nasceva la Chiesa e sorgevano le prime comunità cristiane. Dio infatti operava mediante i suoi apostoli e apriva "ai pagani la porta della fede" (Ac 14,27).

Quando la luce della Risurrezione del Signore cade sulla nostra vita, fa si che anche essa diventi "apostolica". "La vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione all'apostolato", come insegna il Concilio Vaticano II nel decreto sull'apostolato dei laici (AA 2). L'apostolato è frutto di quest'amore che nasce in noi mediante l'intimità con la Croce di Cristo Risorto. Essa giova anche alla speranza del mondo futuro nel Regno di Dio. Noi seguiamo questa speranza anche attraverso le sofferenze, poiché "è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio", come leggiamo nell'odierna liturgia (Ac 14,22).


6. Ecco, cari fratelli e sorelle, i principali pensieri che la Chiesa ci offre nella quinta domenica di Pasqua. Meditiamoci sopra nel corso della visita pastorale alla vostra parrocchia, che ho la fortuna di compiere come Vescovo di Roma.

Dedicata a Santa Maria della Misericordia, essa, in questi trentuno anni di vita, ha attraversato molte tribolazioni per mettersi sul cammino di una comunità cristiana in via di sviluppo. E, per misericordia del Signore e di Maria, la crescita c'è stata.

Il mio pensiero corre con riconoscenza a quanti, prima e dopo la guerra, vi hanno generosamente collaborato. Saluto tutti i presenti, in particolare il Cardinale Ugo Poletti e il Vescovo Ausiliare del Settore, Monsignor Giulio Salimei. Un cordiale pensiero di saluto rivolgo allo zelante parroco Don Giuseppe Favarin e al gruppo sacerdotale della Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, fondata da quell'uomo di eccezione che è stato il Servo di Dio Don Giovanni Calabria, vero strumento della Divina Provvidenza nei tempi moderni.

Il mio saluto va anche alle due Comunità religiose femminili, che con tanto amore e dedizione si prodigano nelle attività pastorali: le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, presenti fin dagli inizi della Borgata. che hanno quale fondatrice una santa come la Madre Cabrini, e le Povere Serve della Divina Provvidenza, fondate dallo stesso don Calabria.

Saluto pure il Consiglio pastorale, che è elemento di stimolo per le scelte pastorali nel quartiere; i Gruppi del Vangelo, l'Agesci, la Comunità giovanile, le Comunità neocatecumenali, il Gruppo di preghiera, operanti nel campo della catechesi, nell'impegno sociale, a servizio dei poveri e degli ammalati, a favore delle vocazioni sacerdotali e religiose. Saluto tutti gli altri gruppi - Apostolato della preghiera, Madri cristiane, Opera dei ritiri - e quanti in qualunque modo operano per la famiglia cristiana e a servizio dei più bisognosi.

Il mio pensiero affettuoso va specialmente ai giovani, agli anziani, agli ammalati, a quanti soffrono per disoccupazione, violenza, emarginazione, a chi lotta per emergere dalla droga. A tutti voglio far sentire la mia affettuosa partecipazione ai problemi che toccano i singoli e la comunità, raccomandandoli all'intercessione della Vergine della Misericordia.

Oggi è il primo maggio. E allora non posso fare a meno d'inviare un affettuoso saluto ai lavoratori. La Chiesa è sempre vicina al mondo del lavoro, ne conosce i problemi, le ansie, le difficoltà del cammino; prega, parla e si sente impegnata per la realizzazione di una società più giusta, dove a tutti sia non solo riconosciuto il diritto, ma anche assicurato il posto di lavoro, nel rispetto della dignità, della libertà, della elevazione della persona umana dei lavoratori e della loro famiglia.


7. La presente visita, e soprattutto la Santa Messa, coincidono al tempo stesso con la celebrazione dell'Anno Santo della Redenzione. Partecipando a questa liturgia voi potete acquistare l'indulgenza speciale, concessa dalla Chiesa in occasione del Giubileo straordinario della Redenzione. Unendovi alle intenzioni generali della Chiesa, che sono penitenza e riconciliazione, voi non solo avete la possibilità di ottenere un arricchimento spirituale estensibile a beneficio dei defunti a voi cari, ma di operare anche in concreto per la riforma del mondo, che è prima di tutto di ordine interiore: infatti, accogliendo l'invito del Signore a cambiare mentalità, si contribuisce pure a rendere la società migliore, perché più fraterna. In questa trasformazione di mentalità e di cuore consiste l'essenza dell'Anno Giubilare.


8. "Ti lodino, Signore, tutte le tue opere / ti benedicano i tuoi fedeli. / Dicano la gloria del tuo regno / e parlino della tua potenza ().

La potenza del Regno di Dio sulla terra si manifestata nella Risurrezione di Cristo crocifisso. Noi, come confessori di Cristo, desideriamo vivere e operare in questa luce che viene dalla Risurrezione del Signore.

Preghiamo Maria, Madre del Risorto, Madre della Misericordia, affinché ci accompagni, dappertutto, sulle vie della fede, DELLA speranza e della carità.

Ringraziamola per essere la Patrona di questa parrocchia.

Data: 1983-05-01 Data estesa: Domenica 1 Maggio 1983



A pellegrini thailandesi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Tornando in Patria, portate con voi il ricordo di questa visita

Miei cari amici.

Siete venuti a Roma per essere presenti alla cerimonia solenne e tanto significativa di ieri nella quale il Cardinale Michael Michai Kitbunchu ha preso possesso della sua chiesa titolare di San Lorenzo in Panisperna.

In questa occasione avete desiderato incontrare il Papa, e io sono davvero molto lieto di trascorrere insieme a voi questo momento purtroppo troppo breve. Saluto ciascuno di voi: i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i laici uomini e donne che sono qui. Voi rappresentate tutta la Chiesa di Thailandia.

Presso la tomba di san Pietro voi manifestate la vibrante vita spirituale e l'impegno evangelico di tutti i vostri fratelli e sorelle nella famiglia di Dio.

Quando tornerete nella vostra Patria, porterete con voi il ricordo di questa visita. Sia per ciascuno di voi un invito pressante "a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto", come ci esorta san Paolo (Ep 4,1). Che i ministri del Signore tra di voi conducano il Popolo di Dio alla conoscenza e alla santità con ogni sollecitudine, generosità e gioia spirituale.

Che i laici, nella loro attività secolare, siano di reciproco aiuto per una più grande santità di vita, affinché il mondo possa essere riempito dello spirito di Cristo e possa più efficacemente raggiungere il suo destino nella giustizia, nell'amore e nella pace (cfr. LG 36).

Miei fratelli e sorelle, vi ringrazio per la vostra cortese visita. Vi chiedo di pregare per la Chiesa e per i molti bisogni della famiglia umana.

Pregate per me. Da parte mia, vi affido tutti all'amore di nostro Signore Gesù Cristo, e all'intercessione di Maria, che noi onoriamo in modo speciale in questo mese di maggio.

Invoco pace, armonia e benessere sul vostro Paese e i suoi governanti.

Dio benedica la Thailandia.

Data: 1983-05-02 Data estesa: Lunedi 2 Maggio 1983



Ad un pellegrinaggio di giovani Croati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Continuate ad essere il "muro della cristianità"

Sia lodato Gesù e Maria! Miei cari giovani Croati. Come negli anni passati, anche questa volta siete venuti in gran numero da Zagabria, Spalato e altri luoghi della Croazia, per visitare Roma. Benvenuti! Il vostro pellegrinaggio nell'Anno Santo della Redenzione ha per voi uno speciale valore: voi desiderate lucrare l'indulgenza nei luoghi santi, tra migliaia e migliaia di pellegrini convenuti da ogni parte del mondo.

Voi vi ispirate alle idee del grande apostolo della gioventù croata, il professor Ivan Merz. Anche lui, come voi oggi, con grande devozione fece il suo pellegrinaggio a Roma nell'Anno Santo del 1925 con un gruppo di cento giovani.

Tutti furono ricevuti in udienza dal mio predecessore di venerata memoria, Papa Pio XI. In quella occasione, il Santo Padre ebbe a dire tra l'altro: "I nostri Predecessori con ragione vi hanno chiamati "Antemurale Christianitatis". Questo glorioso titolo, questo grande onore è stato dato al vostro popolo come segno di una speciale riconoscenza perché veramente rappresentavate il muro della cristianità. Dovreste anche voi con grande coraggio continuare questa gloriosa tradizione ed essere il muro della Santa Chiesa (18 settembre 1925).

Si, miei cari giovani Croati, voi, secondo il vostro ideale, consegnatovi dal professor Merz, dovete amare e rimanere fedeli alla Santa Chiesa e al Santo Padre.

Sono a conoscenza che, quest'anno, voi avete molti Congressi Eucaristici regionali in preparazione per l'anno prossimo, quando celebrerete il Congresso Eucaristico nazionale nel Santuario di Maria Bistrica. Come il dottor Ivan Merz, anche voi curate in modo speciale la vita eucaristica che ha ispirato tante anime giovanili. Egli riceveva ogni giorno la santa comunione, spesso faceva la sua adorazione, si confessava con frequenza ed aveva un particolare amore alla Madre di Dio. Non dimenticate, miei cari giovani, l'importanza di una confessione frequente. Essa è il fondamento della vita spirituale. Essa vi unisce a Cristo.

Tornando alle vostre case, rinforzati nella fede e nell'amore verso Gesù e la Santa Chiesa, portate dalla Città Eterna questa fiamma d'amore e di fedeltà.

Che questo Anno Santo sia veramente per voi l'anno della Redenzione. Siate apostoli tra i vostri colleghi nelle scuole e nel lavoro. Salutate i giovani Croati nella patria, e dite loro che il Papa prega per loro, che pensa a loro e che li ama.

Salutate i vostri genitori, fratelli e sorelle. A voi e tutti loro impartisco di cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1983-05-02 Data estesa: Lunedi 2 Maggio 1983



Al Capitolo della Società delle Missioni Africane - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'Africa ha bisogno di voi per progredire nell'evangelizzazione

Caro Padre Superiore generale, cari fratelli nel sacerdozio.

La Società delle Missioni Africane di Lione ha una lunga e ricca storia: poco più di 125 anni. Se Monsignor Marion de Brésillac, il vostro fondatore, fosse qui a parlarvi al mio posto, penso che comincerebbe col ringraziare Padre Joseph Hardy d'aver così generosamente portato il peso del generalato per dieci anni e incoraggerebbe vivamente il suo successore, Padre Patrick Harrington, figlio della terra irlandese, a proseguire l'epopea missionaria cominciata nel 1856. Penso che, attraverso voi tutti delegati a questa assemblea generale, comunicherebbe un soffio di Pentecoste ai 1350 membri che voi rappresentate.

Ho letto con molto interesse che Monsignor Marion de Brésillac si era proposto come fine quello di far sorgere in Africa, secondo i tempi decisi dalla Provvidenza, comunità ecclesiali capaci di assumersi il proprio avvenire sotto la direzione di Pastori nati in quello stesso Paese; comunità che approfondissero le loro culture a contatto con il Vangelo di Cristo, l'unico Redentore; comunità che fossero riconosciute dalle Chiese e dalle Nazioni fondatrici come degne di rispetto e di ammirazione, capaci di creatività e di condivisione delle loro ricchezze originali. Insomma, il sogno del vostro fondatore è diventato realtà.

Tuttavia, non faccio fatica a immaginare che questa constatazione vi ponga anche una domanda, a voi che non siete né religiosi, né sacerdoti, ma unicamente missionari che vivono in comunione di vita apostolica. La vostra domanda mi sembra essere questa: in queste Chiese particolari che divengono sempre più africane, con i loro dirigenti, il loro personale, le loro legittime ricerche di espressione teologica e liturgica, i loro tentativi pastorali e le loro creazioni di istituti religiosi autoctoni, si, in queste Chiese voi avete ancora posto? Nel corso della vostra assemblea, vi siete interrogati profondamente su questo tema, in un clima di fraternità e di lealtà, di preghiera e di speranza.

Da parte mia, nel nome del Signore e della Chiesa, e essendo cosciente dei mutamenti che si stanno operando e anche che si complicano un po' ovunque, voglio darvi un più grande incoraggiamento: ritrovate insieme, il più profondamente possibile, l'ispirazione del vostro Padre fondatore. Volgetevi tutti insieme verso l'avvenire, con realismo e ottimismo, con fede e serenità. Di conseguenza, in un modo o nell'altro, attraverso tutte le vostre province, rinnovate la vostra consacrazione missionaria, che consiste essenzialmente nell'essere testimoni del Vangelo di Gesù Cristo, solo vero Liberatore e Unificatore degli uomini, e soprattutto tra gli africani. Il loro continente è attualmente un settore estremamente importante per l'avvenire del mondo e della Chiesa.

Continuate a rendere la vostra testimonianza missionaria sempre più rispettosa di ciò che sono gli africani, senza mai perdere pero la vostra propria identità. E' in un dialogo costante con gli uomini, le donne e i giovani dei diversi Paesi africani che dovete essere missionari. Tengo a precisare che è importante fare di tutto affinché voi siate riconosciuti esplicitamente e accettati fraternamente come uomini che si consacrano alla proclamazione del Vangelo tra coloro che non ne hanno mai sentito parlare - sono legioni! - e soprattutto tra i più poveri. E' proprio questa via che fa e farà di voi dei testimoni della cattolicità della Chiesa, sia nelle diocesi che vi accolgono come nelle vostre diocesi di origine. Farete progredire nelle prime come nelle seconde l'apertura alla missione, il risveglio di nuove vocazioni missionarie, la creazione di legami concreti tra le Chiese più antiche e le Chiese più giovani.

Contribuirete a far sentire ai popoli ricchi la voce di questo Terzo mondo troppo lasciato da parte e anche miseramente sfruttato.

Cari Padri e Fratelli delle Missioni Africane, la vostra opera missionaria è ben lontana dall'essere terminata! Monsignor de Brésillac così come i vostri predecessori più ardenti vi supplicano di essere servitori sempre rinnovati del Vangelo, segni trasparenti di comunione e di condivisione tra le Chiese, apostoli costantemente e umilmente attenti ai valori culturali dei popoli, alle ricchezze delle altre Chiese, delle delle altre religioni, restando sempre lealmente fedeli alla vostra identità e chiaramente responsabili della testimonianza totale resa a Vangelo del Signore Gesù.

Terminando, permettetemi di farvi partecipi ancora di una convinzione.

Siete e sarete dei buoni operai di missione, se accetterete profondamente e concretamente le esigenze quotidiane della conversione individuale e comunitaria.

Non è forse il vostro stile di vita che ha sempre bisogno di essere evangelizzato? Non è forse la vostra formazione missionaria che ha sempre bisogno di essere rivista e completata? Non è forse il Cristo stesso che attende una completa apertura delle porte del nostro cuore? Figli di Monsignor de Brésillac, andate avanti! L'Africa ha grande bisogno di voi "affinché diventi grande, perché voi avete saputo farvi piccoli" per riprendere in qualche modo la parola di Jean-Baptiste. Sono felice di dirvi la fiducia della Chiesa, il suo sostegno. Perseverate anche nel vostro dialogo con la Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli. Come tutti i dicasteri romani, la vocazione di quest'ultimo è quella di essere al vostro servizio. Credo che si stia compiendo un lavoro di rinnovamento delle vostre Costituzioni. Possa avere buon esito e senza tardare troppo! E' con fervore che invoco sul vostro nuovo Superiore generale e sul suo Consiglio, sui delegati dell'assemblea e su tutti i membri delle Missioni Africane, abbondanti grazie di pace e di gioia evangelica, di adattamento evangelico giudizioso e costante, di bruciante amore per Cristo e la sua Chiesa.

Data: 1983-05-05 Data estesa: Giovedi 5 Maggio 1983

Lettera al Cardinale Casaroli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per le celebrazioni centenarie dei fratelli Cardinali Cicognani

Al Venerato Fratello Cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato.

Sono vivamente lieto di apprendere che ella sia in procinto di recarsi a Faenza per presiedere col prestigio del suo alto incarico alle solenni onoranze che la diocesi intende tributare agli illustri fratelli i Cardinali Gaetano e Amleto Giovanni Cicognani di cui si ricorda il centenario della nascita.

Se la comunità ecclesiale di Faenza rende meritato onore agli illustri porporati, esprimendo la fierezza di aver loro offerto una solida e duratura formazione, è altresi conveniente che la Santa Sede manifesti, mediante la qualificata rappresentanza del Segretario di Stato, la propria stima per l'opera svolta dai due porporati, come pure la sentita gratitudine per un servizio generoso prestato ai miei venerati predecessori sulla Cattedra di Pietro, dall'inizio di questo secolo.

Nel riandare col pensiero al prolungato impegno dei Cardinali Cicognani, come non sottolineare l'apporto fondamentale e insostituibile che alla loro iniziale formazione umana e cristiana, come anche al successivo germinare della vocazione sacerdotale, ebbe a dare la famiglia, dove la figura della madre occupava un ruolo prevalente? Desidero, altresi, rilevare come sia determinante, per la crescita della medesima vocazione, la presenza di sacerdoti, operosi pastori del Popolo di Dio, che costituiscano un invito esemplare e vivente a dedicarsi totalmente al Regno di Dio e alle anime.

Bisognerà, ancora, richiamare l'attenzione su un altro apporto di prim'ordine, quello offerto dal seminario della diocesi di Faenza dove i fratelli Cicognani trovarono un ambiente equilibrato, saturo di saggezza e di pietà come pure di vasta cultura.

A tale formazione diocesana fece seguito quella romana con i suoi insostituibili apporti di prospettive universali, e di un più approfondito e direi visibile legame col successore di Pietro, a cui compete di confermare i fratelli in virtù della preghiera stessa di Cristo (cfr. Lc 22,32). Da questo terreno romano così ricco di linfe vitali per la conferma della propria "religio in requirendis Dei rebus" (Innocenzo I Papa, "Epist. 29": PL 20, 282), i Cardinali Cigognani trassero l'illuminata determinazione e il fervoroso amore di un servizio che, seguendo le linee imperscrutabili della Provvidenza, li porto ai vertici della responsabilità ecclesiale, ma soprattutto alla dedizione generosa di un'autentica diaconia.

Personalità con interessi vasti e tenaci per il mondo culturale, il Cardinale Gaetano reco un ardore ancora giovanile nell'esercizio della propria missione di Nunzio in Bolivia e Perù affrontando problemi legati alla crescita religiosa di quei Paesi. Ma è nelle missioni di Austria e di Spagna, quest'ultima iniziata in momenti cruciali e protratta per quindici anni, dove si misero in luce la franchezza del suo temperamento, l'amore fervido con cui si immedesimava delle istanze più vive e gravi, e soprattutto la fedeltà alla Sede Apostolica.

Uguale lungimirante visione, pari conoscenza degli uomini e stessa fedeltà alla dottrina il Cardinale Gaetano reco nei suoi compiti di Pro-Prefetto del Supremo tribunale della Segnatura Apostolica e di Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti, accompagnando i primi passi della Riforma liturgica e preparando la costituzione conciliare sulla sacra liturgia.

Grande ed eletto servitore della Santa Sede mostro, altresi, il fratello Cardinale Amleto Giovanni. Egli, dopo un servizio più che ventennale prestato nella Curia Romana, fu, per un quarto di secolo, Delegato Apostolico negli Stati Uniti d'America, dove venne circondato da profonda considerazione e vivo affetto per la sua azione instancabile, diuturna, sempre rispettosa, che tanto contribui al fiorire di una felice stagione ecclesiale. Durante l'ultimo conflitto mondiale egli fu là portavoce ascoltato delle ansie e delle aspirazioni del Papa Pio XII per alleviare le ferite della guerra e per accelerare i tempi della pace.

Fu poi, per otto anni, Segretario di Stato dei Sommi Pontefici Giovanni XXIII e Paolo VI e, durante gli anni del Concilio Ecumenico Vaticano II, offri ad essi, anche quale Presidente della Commissione di coordinamento, un costante discreto apporto di consiglio sapiente e sacerdotale.

Di questi sacerdoti esemplari, servitori e rappresentanti integerrimi della Chiesa Cattolica, di cui fecero propria la missione di letificante salvezza, e che hanno onorato ed esaltato i compiti propri del Sacro Collegio accanto al Vicario di Cristo, mi è stato gradito ricordare i meriti, soprattutto a quanti, i più giovani, hanno lo sguardo costantemente rivolto al futuro della Chiesa, per procurare a tale Madre un avvenire di vera gloria e di profonda consolazione.

Considerando i tempi e i luoghi dove i due porporati svolsero il loro servizio, conforta il rilevare che la Chiesa, anche in mezzo a difficoltà talvolta soverchianti, non cessa di adoperarsi per intessere rapporti equi e positivi con le autorità civili, validi per l'annunzio del Vangelo e per la promozione umana; di dilatare, inoltre, gli spazi della dottrina e della carità cristiana; di suscitare infine nuovi fermenti di apostolato cattolico, a felice incremento delle vocazioni sacerdotali e religiose.

Nella cornice di questa riflessione, rivolgo il mio invito a tutti i partecipanti alla solenne commemorazione e a tutti i faentini a volersi unire a me nella preghiera, affinché il Signore, per intercessione della cara "Madonna delle Grazie" tanto venerata in codesta terra, conceda a Faenza e alla Chiesa intera numerosi e santi testimoni della fede, apostoli dell'eterna salvezza.

In pegno dei desiderati favori celesti, imparto a lei e ai signori Cardinali presenti, al Vescovo diocesano, ai suoi degni predecessori, come pure agli Arcivescovi e Vescovi, alle autorità, al clero e al diletto popolo faentino la mia affettuosa benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 5 maggio 1983

Data: 1983-05-05 Data estesa: Giovedi 5 Maggio 1983

Alle guardie svizzere - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate pronti ad accogliere i gruppi di visitatori che giungono qui

Cari fratelli e sorelle nel Signore.

Le parole del Vangelo odierno (Jn 15,12-17) non fanno parte per noi di un lontano passato, ma ci parlano con forza del tutto immediata qui e ora: a noi, al Papa tra le sue guardie svizzere, e tra loro soprattutto al nuovi arrivati, circondati dai parenti, dagli assistenti spirituali e dagli amici. Anch'io non vi chiamo servi ma amici: perché noi tutti viviamo della stessa fede che Dio ci ha donato in Cristo; noi tutti cerchiamo di vivere l'amore che il Signore ha vissuto prima di noi, un amore che è perfino disposto a dare la vita per gli amici.

"Amatevi l'un l'altro come io ho amato voi!". Questo è il più alto "ordine di servizio" di Cristo per me, il Papa, come per voi, guardie.

Sono lieto di poter oggi salutare un nuovo gruppo tanto numeroso di guardie. Vi esprimo il mio apprezzamento e la mia sincera gratitudine, per aver preso la decisione di compiere questo particolare servizio. Ai genitori e ai fratelli venuti dalla Svizzera vorrei augurare che l'anno di servizio del loro figlio e fratello qui in Vaticano rafforzi la gioiosa consapevolezza dell'intera famiglia di appartenere alla Chiesa cattolica universale nella sua forte unità e imponente molteplicità.

Fin dalle origini della Chiesa attraverso i secoli fino ai nostri giorni è sempre accaduto che i cristiani lasciassero la propria Patria e si ponessero a disposizione del loro prossimo e dei loro fratelli nella fede di tutto il mondo con le loro capacità ed energie, per aiutarli come missionari o per prestare il loro contributo come collaboratori nella costruzione della comunità cristiana. Voi guardie siate pronti ad aiutare il Pastore supremo della Chiesa, il Vescovo di Roma, ad accogliere in modo ordinato e ben congeniato i gruppi di visitatori che giungono qui ed anche a proteggere il suo servizio apostolico in Vaticano. Sono certo che sotto la guida esperta dei vostri superiori, darete prova di questa disponibilità con intelligenza e misura, con decisione e fermezza. Vi auguro anche che il vostro servizio vi lasci tempo sufficiente per conoscere Roma e i dintorni, per fare dello sport, dedicarvi alla musica e divenire inoltre una comunità in cui vi trovate bene.

Imploriamo ora in preghiera e offerta la benedizione di Dio per questo giorno di festa del Corpo della Guardia svizzera, per ogni buona intenzione, per ogni vostra coraggiosa decisione. Il Signore conduca tutto a buon fine! Di tutto cuore saluto le nuove guardie svizzere provenienti dai cantoni francofoni del loro Paese, i loro parenti e i loro amici. Nel corso di questa Eucaristia, domandiamo insieme a Dio di assistere e di benedire questi giovani affinché compiano al meglio il servizio che sono venuti ad intraprendere con generosità.

Data: 1983-05-06 Data estesa: Venerdi 6 Maggio 1983

Alla Congregazione per i religiosi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Gli Istituti secolari, espressione dell'ecclesiologia del Concilio

Venerabili fratelli e carissimi Figli!


GPII 1983 Insegnamenti - Recita del Regina Caeli - Città del Vaticano (Roma)