GPII 1983 Insegnamenti - Durante l'Adorazione eucaristica - Piazza Duomo (Milano)

Durante l'Adorazione eucaristica - Piazza Duomo (Milano)

Titolo: L'Eucaristia, atto perenne di ringraziamento al Padre

Cari fratelli e sorelle.


1. Sono venuto a Milano per adorare, insieme con voi, Cristo presente nell'Eucaristia. Prima che terminasse la serata del mio arrivo in questa metropoli, non potevo non fermarmi per qualche istante con voi, in preghiera, davanti al Santissimo Sacramento, per chiedere al Signore che il Congresso Nazionale, che ormai sta volgendo al termine, contribuisca a rafforzare nei nostri animi la fede e la pratica del culto eucaristico e a diffonderlo e a riaccenderlo in un sempre più vasto numero di fratelli.

Il nostro incontro acquista un particolare significato, in considerazione del luogo nel quale ci troviamo; il vostro magnifico Duomo, vero inno di gloria dell'arte cristiana, segno vivo della fede eucaristica d'un popolo, testimone ed espressione di secoli di storia e di pietà della comunità diocesana, tempio insigne che in qualche modo - come ebbe a dire il mio predecessore Paolo VI - "definisce, qualifica la città, ne perenna le imprese più nobili" (Discorso alla Venerabile Fabbrica del Duomo, 24 settembre 1963).

La Chiesa Cattedrale è il cuore della diocesi. Non v'era dunque luogo più degno di questo per riunirci, questa sera, in preghiera davanti alla Santissima Eucaristia, che avete adorato e ringraziato, lodato ed esaltato come cuore della Chiesa.


2. Il Concilio Vaticano II ha sottolineato l'intima connessione esistente tra l'Eucaristia e il mistero della Chiesa. L'Eucaristia è il cuore della Chiesa, perché in essa "è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata, dà vita agli uomini, i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire insieme a lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create" (PO 5).

L'Eucaristia costituisce il dono più grande che Cristo ha offerto e permanentemente offre alla sua Sposa. E' radice e culmine della vita cristiana e di ogni azione della Chiesa.

Nel mistero eucaristico è Cristo stesso che viene offerto in dono dal Padre. L'Eucaristia è la glorificazione del suo infinito amore verso di noi.

Insieme con Gesù, fattosi nostro cibo di vita eterna, l'Eucaristia ci dona il suo Spirito, che è Dono per eccellenza, principio generatore e santificatore della Chiesa, vincolo della comunione fraterna, costruttore e garante dell'unità nella varietà dei ministeri e delle funzioni particolari all'interno del Corpo Mistico.


3. L'Eucaristia - come dice il motto del vostro Congresso - è "al centro della comunità e della sua missione", in quanto essa è dono incommensurabile e ineffabile dell'amore della Santissima Trinità per l'umanità, che in tal modo viene salvata dalla morte eterna del peccato e innalzata alla dignità della figliolanza divina.

Il mistero eucaristico fonda dunque la comunità sull'esigenza e il dovere di un perenne atto di ringraziamento al Padre, nel quale si riassume il senso e il valore di tutta la vita personale e sociale. La parola "Eucaristia" significa ringraziamento, confessione di una riconoscenza senza riserve. E' questo il gesto che deve caratterizzare il cristiano.

Tale atteggiamento di gratitudine appare molto distante rispetto a quello di fatto prevalente nella nostra esistenza quotidiana, spesso affannosamente confrontata con ciò che manca, con ciò che, faticosamente cercato, smentisce poi le nostre attese e i nostri desideri. La gratitudine appare così ben lontana dal costituire la prima e fondamentale parola, intorno alla quale e su cui impostare la nostra relazione con Dio e con la comunità.

L'uomo che sovente si lamenta, l'uomo che vede sempre e solo ciò che manca alla propria vita, è l'uomo che non sa vedere la propria esistenza come dono di un Amore infinito, ne sa cogliere la presenza della bontà divina nella comunità nella quale vive. La Santissima Eucaristia ci insegna invece a ringraziare, a ricambiare donando come Melchisedek - come abbiamo testé letto - il quale "offri pane e vino" (Gn 14,18) al Dio Altissimo. E anche le altre letture, se le consideriamo attentamente, sono tutte intessute su questa etica del ringraziamento, del dono, dell'offerta.


4. E' da questa etica "eucaristica" cioè di ringraziamento, che sorge il nostro giusto rapporto con Dio e con la comunità. Il culto eucaristico c'insegna invece il segreto del rapporto comunitario: la gioia che da esso promana sta più nel dare che nel ricevere (cfr. Ac 20,95), sta nel dare un primato all'amore nei confronti della giustizia, imparando a ringraziare anche quando ci vien dato ciò che ci spetta in forza dei nostri diritti. Esso c'insegna che, donando, si riceve da Dio più e meglio di quanto avremmo potuto acquistare o desiderare secondo i nostri piani o le nostre pretese.

L'etica del dono, che sorge dal culto eucaristico, c'insegna la fiducia in Dio, anche quando egli ci lascia per un po' nel bisogno o nella difficoltà e dà al nostro spirito pace e pazienza anche in mezzo alle tribolazioni. Nel pane eucaristico, infatti, è contenuto tutto il Bene della Chiesa, e tutto ciò che possiamo desiderare. La comunione con Gesù sacramento ci dona già subito la grazia e l'amicizia divina, anche in mezzo alle presenti necessità, e ci fa sperare nel possesso del pieno adempimento delle nostre più alte aspirazioni.

L'amore all'Eucaristia c'insegna anche la giusta scala dei valori: a non mettere in primo piano la nostra volontà e le realtà terrene, ma la volontà di Dio e i beni celesti. Esso infatti c'insegna una "fame" che oltrepassa quella del cibo materiale e dei bisogni semplicemente umani, una fame che suppone il primato dello spirituale e ad esso c'indirizza come all'ordine veramente supremo della realtà e del valore. L'uomo infatti non vive di solo pane, ma della Parola che esce dalla bocca di Dio (cfr. Dt 8,3-16).


5. L'Anno Giubilare della Redenzione c'invita ad approfondire con maggiore pietà e sentimento di gratitudine al Padre il significato del mistero eucaristico. Possa esso trovare in molti cuori il giusto posto, in considerazione della sua natura di testimonianza somma dell'amore della Santissima Trinità verso di noi. Susciti esso sempre più vivi e operosi sentimenti di riconoscenza a Dio e alla comunità, rinunciando a sterili forme di sfiducia e di scontentezza. C'insegni di più l'importanza di un'etica fondata sull'amore, sulla generosità, sulla fiducia nella persona, sulla gratitudine. Facciamo in modo che la nostra vita sia veramente un perenne rendimento di grazie (cfr. Ep 5,20 1Th 5,18 2Th 2,13). Possa la gratitudine diventare la forza propulsiva di tutta la nostra condotta verso Dio e la comunità.

La Santissima Eucaristia ci chiama ad un'opera continua di conversione: possa quest'Anno Santo aiutarci ad ascoltare di più il suo messaggio di vita, a disporci meglio a farne fruttare le inesauribili risorse di grazia, per una rivitalizzazione dell'unità fraterna nella comunità della Chiesa e degli uomini.

(Intrattenendosi poi brevemente con le autorità della città e della regione, il Santo Padre ha rivolto loro le seguenti parole:) Non era previsto alcun discorso, ma non possono mancare almeno alcune parole. Devo esprimere la mia gioia di essere a Milano, città in cui sono stato più volte nel passato. Come papa mi trovo qui per la prima volta e, come ho appreso dai diversi discorsi, mi ci trovo come primo Papa dopo più di cinquecento anni. Voglio ringraziare tutti i presenti: sono molto onorato di questa presenza.

Mi sento profondamente onorato dalla presenza di tante persone illustri che corrispondono alle più alte autorità amministrative, parlamentari, scientifiche, militari, cittadine e regionali. Voglio augurare a tutti i presenti tutto il bene per la loro vita personale e familiare, come anche per il compimento dei loro uffici, dei loro impegni pubblici di grande rilievo". "Auguro", vuol dire anche che io trasmetto una benedizione del Signore, di cui sono il dispensatore. Vi benedico di cuore. E mi raccomando alla vostra bontà, non solamente durante questo soggiorno a Milano ma anche nei giorni futuri.

Data: 1983-05-20 Data estesa: Venerdi 20 Maggio 1983

Alla popolazione di Desio (Milano)

Titolo: Ricordo del grande Papa Pio XI

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Mentre ringrazio cordialmente il vostro parroco per le apprezzate parole rivoltemi, vi dico subito la mia gioia di trovarmi oggi in mezzo a voi, che ho voluto visitare per primi, uscendo dalla metropoli milanese. Sono venuto qui per onorare la memoria del mio grande predecessore sulla sede di Pietro, il Papa Pio XI, il vostro Achille Ratti.

La mia visita si iscrive nel quadro più generale del viaggio pastorale a Milano a motivo del Congresso Eucaristico Nazionale. Tuttavia, non potevo tralasciare di prendere contatto con la generosa gente lombarda dell'"hinterland" milanese; anch'essa, come il capoluogo, è caratterizzata da quelle doti di industriosità, di concretezza, di iniziativa e di umanità, che vi sono da tutti riconosciute e che formano contemporaneamente il vostro vanto e il vostro impegno.

Tanto più dovevo venire in questa città, che ha dato i natali ad un grande Papa.

Saluto pertanto di cuore tutti voi, cari cittadini di Desio, a partire dalle Autorità di ogni ordine e grado, e vi ringrazio per la festosa accoglienza che mi avete riservato e che ricambio con l'assicurazione della mia stima e del mio affetto. In maniera particolare, il mio saluto va al qui presente Cardinale Carlo Confalonieri, antico Segretario personale del vostro grande Conterraneo, e ora Decano del Sacro Collegio, il quale certamente meglio di me potrebbe parlare di Papa Ratti.


2. Come dicevo, sono venuto qui soprattutto nel nome del Papa Pio XI. E come non provare un'emozione particolare nel calcare questa terra, nell'ammirare questo cielo, nel respirare questa atmosfera, e soprattutto nel trovarmi immerso tra questa gente: elementi tutti, che costituirono i dati di base della formazione severa e buona di quel grande Pontefice, al quale la mia stessa patria polacca è non poco debitrice? Dopo aver lasciato l'ufficio di Nunzio Apostolico nella rinata Polonia, la sera del 5 settembre 1921, pochi giorni prima di fare il suo ingresso a Milano come nuovo Arcivescovo, egli era qui a Desio, dove dal pulpito di questa stessa chiesa parrocchiale disse tra l'altro: "E' con cuore commosso che ringrazio il Signore che nella sua bontà mi riconduce in questa chiesa, a questo altare, al fonte del mio battesimo, dopo tanti avvenimenti, dopo tante grazie, dopo tanta preparazione, tanta misericordia e bontà" (citato in: Autori Vari, "Pio XI nel trentesimo della morte. Raccolta di studi e memorie", Milano 1969, p. 137).

Egli era nato qui, in questa città, il 31 maggio del 1857, Solennità di Pentecoste, in una umile famiglia di lavoratori. In Achille Ratti spiccavano alcuni tratti caratteristici dell'indole propria della popolazione di questa terra: una profonda religiosità, il senso dell'equilibrio e della concretezza, la volontà ferma e costante.

Egli seppe porre le qualità ereditate dal luogo e dalla gente della sua origine, insieme con le doti e le virtù conquistate con tenace sforzo, preghiera e studio durante gli anni di Seminario, a servizio di un mondo sempre più grande. Da Vicario della parrocchia di Barni in Valsassina, passo all'insegnamento in Seminario. Nel 1888 egli fu accolto fra i Dottori della celebre Biblioteca Ambrosiana, di cui fu Prefetto dal 1907 al 1914, quando il Papa Benedetto XV lo nomino prima Prefetto della Biblioteca apostolica Vaticana e poi, nel 1918, Visitatore Apostolico nella Polonia ancora smembrata tra l'Impero zarista da una parte e gli Imperi Centrali dall'altra. Infine, nel 1919, dopo che la Polonia riacquisto l'indipendenza, vi fu nominato Nunzio Apostolico e ricevette l'ordinazione episcopale a Varsavia, sicché più tardi egli amava chiamarsi "un vescovo polacco". Del suo grande amore alla Polonia è segno, fra i tanti altri, anche l'immagine della Beata Vergine di Czestochowa che Pio XI fece mettere nella Cappella della Villa Pontificia a Castel Gandolfo, dinanzi alla quale anche ai nostri giorni il Papa continua ad inginocchiarsi in preghiera.


3. Fu soprattutto nel pontificato romano che ebbe modo di far fruttificare a vastissimo raggio e in maniera incisiva quei preziosi talenti di natura e di grazia, di cui il Signore l'aveva arricchito: il profondo spirito di preghiera, l'appassionato amore a Cristo e alla Chiesa, la fede salda nella Provvidenza, l'amore agli studi e la formidabile cultura, la forte personalità con temperamento riflessivo e carattere volitivo, facevano di lui un uomo e un Pastore di eccezionale completezza.

Elevato alla Cattedra di Pietro il 6 febbraio del 1922, egli dispiego fino alla morte, avvenuta il 10 febbraio 1939, una multiforme attività, che lascio un segno profondo nella Chiesa, riverberandosi altresi in vari modi sulla società.

Il suo pontificato si svolse in un momento storico assai travagliato, quando il mondo e specialmente l'Europa ancora languivano per le conseguenze della prima guerra mondiale, eppure già si avviavano drammaticamente verso l'immane catastrofe di un nuovo conflitto. Come ebbe a scrivere lo stesso Cardinale. Confalonieri: "In un'epoca come quella... nel generale smarrimento dei più generosi come nell'acquiescente sopportazione delle masse, la sua voce fu quasi sempre la sola a levarsi ogni giorno, libera e forte, a difesa dei diritti conculcati, dagli uni temuta, dagli altri attesa come unica garanzia di sopravvivenza e valida speranza di tempi migliori" (Op. cit., pp. 23-24).

Non mi è possibile oggi, non dico sviluppare, ma neppure accennare in forma completa a tutti gli ambiti della vita cattolica e sociale, nei confronti dei quali egli prese posizione in maniera chiara e ferma. Ma ad alcuni non si può rinunciare: soprattutto a quegli interventi che hanno maggiormente segnato il suo tempo e che ancora lo rendono grande ai nostri occhi.


4. così, è degno di nota il fatto che già nella sua Lettera enciclica inaugurale, "Ubi arcano", del 23 dicembre 1922, di fronte all'impeto dei mali del tempo, egli rivolse un meditato appello al laicato cattolico, riconoscendogli la funzione che gli spetta nella Chiesa per collaborare all'apostolato dei Vescovi. Questa apertura varrà a Pio XI l'appellativo di "Papa dell'Azione Cattolica", che, specialmente in Italia, egli difenderà di fronte a ingerenze e a soprusi del regime politico di allora.

Con l'enciclica "Miserentissimus Redemptor", dell'8 maggio 1928, egli diede un forte impulso alla devozione al Sacro Cuore, richiamando il primato dell'amore salvifico di Dio, a cui il cristiano è totalmente debitore. Del resto, già nell'enciclica "Quas primas", dell'11 dicembre 1925, aveva sottolineato la mite e universale sovranità di Cristo Re, di cui istituiva la festa annuale, che tuttora rimane, sia pur trasferita, nel nuovo calendario liturgico.

L'enciclica "Divini Illius Magistri", del 31 dicembre 1929, rivendico il diritto all'educazione dei giovani da parte della famiglia e della Chiesa contro ogni monopolio statale.

Un posto speciale, in questo richiamo dei documenti pontifici di Pio XI, spetta alla enciclica "Casti Connubii", del 31 dicembre 1930, dedicata al tema del matrimonio e della famiglia. Fu una presa di posizione molto vigorosa, non solo contro i danni del divorzio, dell'aborto, dei metodi anticoncezionali, dei cosiddetti matrimoni "di prova", ma soprattutto in favore della nobiltà naturale e della santità cristiana dell'amore coniugale e dell'istituto familiare. Anche oggi, come scriveva allora Pio XI, "la Chiesa Cattolica, in piedi in mezzo a queste rovine morali, eleva alta la sua voce" in favore di una famiglia, che sia sempre più luogo di autentica maturazione umana e cristiana.

Una sollecitudine particolare egli dedico anche al problema delle Missioni, curando che fossero sempre più staccate dalle potenze coloniali; favori soprattutto la formazione del Clero autoctono, con i grandi gesti profetici della consacrazione in San Pietro dei primi sei Vescovi cinesi, nel 1926, e della nomina dei primi due Vescovi africani per l'Uganda e il Madagascar, nel 1939.

Anche nel campo sociale e politico, Pio XI fece sentire fortemente la sua voce. L'enciclica "Quadragesimo anno", del 15 maggio 1931, commemorando la celebre "Rerum novarum" di Leone XIII, tracciava le grandi linee di una riforma sociale, basata sulla stretta collaborazione fra datori di lavoro e lavoratori di ogni professione, e condannava gli eccessi sia del capitalismo che del socialismo.

Nell'opera di riconciliazione della Santa Sede con lo Stato italiano, come pure nelle iniziative concordatarie dei suoi anni di pontificato, egli ebbe di mira soltanto la libertà della Chiesa, la sua missione di apostolato e il bene delle anime.

Egli era profondamente consapevole che la concordia fra Chiesa e Stato, due sovranità distinte e tanto differenti, è sempre feconda di progresso e di quella pace che fu costantemente in cima ai suoi pensieri, al punto da valere come programma già nel suo motto episcopale: "Pax Christi in Regno Christi" ("La pace di Cristo nel Regno di Cristo").

Per questo egli si oppose sempre, con coraggio e con l'indomita fortezza che gli erano caratteristici, alle sopraffazioni dei regimi totalitari del tempo e alle rispettive ideologie ispiratrici. Basterà ricordare l'enciclica del 1931, "Non abbiamo bisogno", riferentesi al contesto politico italiano del momento, e poi, nel 1937, la "Mit brennender Sorge", con la quale denuncio energicamente l'ideologia nazista, e la "Divini Redemptoris" con cui levo la sua voce contro il materialismo ateo.


5. Cari fratelli e sorelle! Questi sono solo alcuni tratti sintetici della personalità di Papa Pio XI, la quale affonda le sue radici nelle virtù etiche e nella fede cristiana della gente di Desio. E io vorrei qui invitarvi e incoraggiarvi a coltivare con sempre maggiore impegno gli stessi valori di integrità, di disciplina morale, di dedizione al proprio dovere, e ancor più di incrollabile adesione a Gesù Cristo, di generosa partecipazione alla vita della Chiesa, di una decisa testimonianza evangelica nella società. Sono principi, questi, che non tramontano mai, pur nel variare delle situazioni storiche.

La condizione socio-culturale, nella quale siete oggi chiamati a vivere, richiede da voi un rinnovato impegno per far brillare la fede cristiana e i valori del Vangelo nell'ambiente industriale e operaio che vi caratterizza. Siate testimoni lieti, convinti e generosi, sia a livello individuale che familiare e parrocchiale.

Vi sia di stimolo e di aiuto in questi ideali e in questi propositi l'Anno Santo in corso, che si pone in prosecuzione con quello straordinario, già indetto e celebrato proprio da Pio XI nel 1933, per commemorare l'anniversario della Redenzione, cioè della morte e risurrezione di Cristo.

Auspico dal Signore per voi ogni bene, soprattutto per coloro che sono in difficoltà di vario genere, per i sofferenti, per i giovani, per quanti sono in cerca di lavoro o semplicemente in cerca di un assoluto come ragione di vita.

Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera, e di gran cuore vi imparto una speciale benedizione apostolica, che ottenga a voi e alle vostre famiglie le abbondanti e feconde grazie celesti.

(Prima di congedarsi, il Santo Padre si è così rivolto ai presenti:) Prima di offrire la benedizione apostolica a tutti i presenti, vorrei ringraziare per questi doni tanto preziosi. Vi ringrazio di cuore. Mi è venuto in mente che nella mia allocuzione su Papa Pio XI ho dimenticato un elemento molto importante per lui e per me: il suo amore per le montagne. Per confessarvi la verità, devo dire che la mia vita personale è iniziata con il pontificato di Benedetto XV. Ma il Papa della mia giovinezza, dopo i due anni, è stato Pio XI, un Papa molto amato nella mia Patria, molto amato in Polonia.

Devo ricordare che nella mia parrocchia natale di Wadowice, il parroco, molto zelante, ci leggeva molte volte brani delle encicliche di Pio XI, ma io più che le sue encicliche sapevo molto meglio che era un Papa alpinista. Questo volevo confessare qui, a Desio. davanti ai suoi concittadini. Questo volevo confessare per ricordare il legame tra un grande Papa italiano che si diceva Vescovo polacco e questo Vescovo polacco che si deve dire Papa italiano. Per rendere questo legame molto più sincero e molto più cordiale, vi ringrazio carissimi per tutti i vostri doni, soprattutto per questo dono che una volta la Chiesa e la comunità di Desio hanno dato alla Chiesa di Cristo e specialmente alla Chiesa in Polonia, questo dono che si chiama Papa Pio XI, Achille Ratti.

In questo momento vorrei offrirvi la benedizione apostolica insieme con i Signori Cardinali presenti e i Vescovi; una benedizione collegiale alla parrocchia e alla città di Desio, la città di Papa Pio XI.

Data: 1983-05-21 Data estesa: Sabato 21 Maggio 1983

Alla popolazione di Seregno (Milano)

Titolo: I valori cristiani nella vita familiare

Carissimi fratelli e sorelle di Seregno!


1. Vi ringrazio vivamente per la calorosa e amabile accoglienza in questa ospitale città di Seregno, a cui sono legato da una lunga consuetudine di affettuosa amicizia. Ringrazio, in particolare, lo zelante Prevosto, Monsignor Luigi Gandini, il quale, insieme con i suoi confratelli sacerdoti, si è adoperato per rendere possibile questa significativa sosta, in questo mio pellegrinaggio a Milano per il Congresso Eucaristico Nazionale. Rivolgo altresi un deferente pensiero al signor Sindaco e al Consiglio comunale.

Come voi sapete, non è la prima volta che io metto piede in questa bella ed operosa cittadina della Brianza, ricca di fiorente vitalità e di gloriose tradizioni di civiltà e di fede cristiana. Il vincolo che mi lega ad essa risale al lontano 1963, quando, invitato dall'allora Prevosto, Monsignor Bernardo Citterio, venni a celebrare la Santa Messa nella splendida Collegiata di San Giuseppe, che poi, nel 1981, ho avuto la gioia di elevare al rango di Basilica Minore.

E' dunque un ritorno questo che compio oggi; esso avviene anche in adempimento di una promessa da me fatta all'indomani della mia elezione alla Cattedra di Pietro: "Quando verro a Milano, passero da Seregno". Ed ecco, oggi, la promessa si avvera, e io sono qui in mezzo a voi per esprimervi, ancora una volta, la mia benevolenza e il mio particolare attaccamento.


2. Questo incontro richiama alla mia mente tutto quanto ho potuto osservare ed ammirare nelle mie precedenti visite a questa Comunità cristiana veramente attiva ed intraprendente: lo spirito missionario, il senso della solidarietà ecclesiale, l'apertura ai problemi che assillano gli altri fratelli meno fortunati. Mi sono noti gli aiuti da voi offerti alle Missioni e alle Comunità che vivono in difficili condizioni sociali, e non dimentico il dono di tre armoniose campane da voi destinate alla chiesa di San Floriano, nella mia diletta arcidiocesi di Cracovia.

Ma questa vostra presenza, questa vibrante manifestazione di fede sono per me oggi un ulteriore segno della vitalità spirituale e sociale di questa terra e mi fanno ben sperare per il futuro.

Sono certo che voi saprete tenere sempre alto il prestigio, che vi deriva da questi nobili ideali, con una vita esemplare, modellata su quella del Cristo, Redentore dell'uomo.

L'Anno Giubilare della Redenzione sia anche per voi un'occasione propizia per dare un orientamento sempre più decisamente cristiano alla vostra vita, e per tenere sempre nella loro giusta prospettiva quei valori assoluti che possono, soli, dare un significato profondo e uno scopo meritorio alla vostra vita: l'amore di Dio senza alcun compromesso e l'amore generoso verso il prossimo.

L'Anno Santo esige da tutti questo slancio nuovo, questo cuore nuovo e questo spirito nuovo, ma ciò è possibile soltanto se vi lascerete afferrare completamente dal Cristo (cfr. Ph 3,12) e riconciliare nel suo sangue (cfr. Rm 5,11).

So che vi siete già inseriti in questa corrente di rinascita spirituale: mi auguro che l'incontro col Papa sia stimolo e incoraggiamento a proseguire il cammino con perseverante impegno e con sempre maggiore consapevolezza delle esigenze del Vangelo, e insieme sia sorgente feconda di frutti per ciascuno di voi, come per l'intera Comunità ecclesiale, per le istituzioni e associazioni alle quali appartenete.


3. Scorgendo in mezzo a voi interi nuclei familiari, desidero aggiungere un particolare pensiero alle famiglie, e specialmente ai genitori di oggi e di domani, ricordando che il germogliare e lo sviluppo della fede nel cuore dei figli è dovuto in gran parte all'ambiente familiare, che dal Concilio è stato definito "piccola Chiesa" o "Chiesa domestica". Occorre che nella vita familiare i momenti destinati alla promozione dei valori cristiani, all'approfondimento delle principali istanze del Vangelo e dei Sacramenti della fede siano opportunamente moltiplicati e resi alla portata di tutti i membri.

Voi genitori, dando la vita ai vostri figli, avete assunto con questo vostro gesto d'amore la responsabilità di rendere loro ragione del significato, del valore e della speranza che in quel dono sono inclusi: di rendere cioè ragione del dono mirabile della vita che si rinnova di generazione in generazione e che ha un futuro, se si realizza nella fede, nella riconoscenza e nella corrispondenza dell'amore di Dio, che è principio della vita. Di questo amore divino, voi genitori siete testimoni e ministri. Voi infatti non scegliete in vista di un proprio bene egoistico la vita dei figli, ma in virtù di un amore e di un comandamento più grande di voi, per il quale generare è un atto di fede e di speranza.

Solo a questa luce soprannaturale, si potrà edificare una famiglia, che sia segno trasparente del mistero di Dio che la suscita e la sostiene; e rivelazione di quella vita eterna che è al di sopra dell'uomo e al di là della caducità dei tempi e delle generazioni, ma che ha bisogno del tempo e delle generazioni per manifestarsi al mondo.


4. Carissimi Seregnesi! Vi ho detto queste cose perché so che potete e sapete metterle in pratica: conosco la vostra generosità e la vostra fede! Vi aiutino in questo impegno l'intercessione di san Giuseppe, vostro celeste patrono, della santissima Vergine, sua Sposa, da voi venerata nella chiesa di Santa Valeria; da parte mia vi rinnovo la promessa di un costante ricordo nella preghiera e tutti vi benedico nel nome del Signore.

(Prima di concludere ha aggiunto, riferendosi al concetto espresso in precedenza sulla forza della luce soprannaturale:) Direi anche che in questa luce soprannaturale si può capire e si può vivere questo tragico incidente della piccola Silvia di cui il vostro prevosto ha parlato introducendo la nostra assemblea di oggi. Mi sento profondamente commosso e specialmente vicino alla famiglia, ai genitori. Sono fatti non tanto rari in questo Paese. Soffrono i genitori, soffrono i bambini; ma, come dico, solamente nella luce soprannaturale si può vivere e si può sopportare tutto questo, pensando anche che tutti noi e ovunque siamo anche se ci troviamo in balia di mani umane talvolta nefaste siamo sempre nelle mani di Dio".

Data: 1983-05-21 Data estesa: Sabato 21 Maggio 1983

Omelia nel Seminario - Venegono (Varese)

Titolo: L'Eucaristia forza di rinnovamento del mondo contemporaneo




1. Si fa sera nel cielo degli uomini e il giorno volge al declino. Ma il Signore, accogliendo l'accorata preghiera dei discepoli, rimane con noi, per continuare insieme con noi il cammino della vita, condividerne le difficoltà, farci sua eredità per sempre e renderci "un corpo solo".

E' questo il messaggio, profondo e straordinariamente attuale, delle letture bibliche ora ascoltate.

Cari fratelli - Sacerdoti, Religiosi, Seminaristi - della grande, antica, illustre diocesi di Milano, che alla Chiesa ha dato figure eccelse di uomini di Dio, come sant'Ambrogio e san Carlo, e alcuni Romani Pontefici di non comune statura! Sono lieto di trovarmi oggi insieme con voi e rivolgo un affettuoso pensiero di saluto a tutti e a ciascuno in particolare, a cominciare dal vostro Arcivescovo, il Cardinale Martini, e da colui che per tanti anni è stato vostro Pastore, il Cardinale Colombo. Saluto altresi tutti i Vescovi presenti come pure i seminaristi delle altre diocesi d'Italia che sono qui numerosi.

In questa sacra concelebrazione, partendo dai testi liturgici a noi proposti, voglio trattenermi con voi su una considerazione fondamentale: che, cioè, lo sviluppo della comunità cristiana si fonda sulla centralità eucaristica e, di conseguenza, il sacerdote nella qualità di ministro per eccellenza dell'Eucaristia, il religioso per via della sua consacrazione, il seminarista a motivo della sua scelta indirizzata all'obiettivo del sacerdozio, se vogliono collaborare alla costruzione del popolo di Dio, alla quale sono chiamati, non possono non radicare nel Mistero eucaristico tutta la propria vita.


2. L'Eucaristia, innanzitutto, come memoria ed espressione del più grande e più vero amore portato agli uomini, è la forza di rinnovamento del mondo contemporaneo.

Oggi, infatti, il mondo, che per vari segni e a livelli diversi ha falsato o perduto il senso del peccato, è affetto dal male dell'odio, che porta con sé inimicizia, divisione, violenza. Si può vincere l'odio solo con la forza dell'amore. E come l'odio appare antico, così l'amore è sempre nuovo.

Resta vivo nella nostra mente, perché ancora straordinariamente attuale, il quadro descritto dal Concilio Vaticano II sugli uomini del mondo contemporaneo.

Anche se mai come oggi il genere umano ha avuto a disposizione tante ricchezze, possibilità e potenza economica, gran parte tuttavia degli uomini è ancora tormentata dalla fame e dalla miseria. Mentre avverte un senso acuto di libertà, deve poi accusare l'esistenza di nuove forme di schiavitù sociale e psichica. Si parla molto di unificazione, di solidarietà, di mutua interdipendenza, e intanto si è spinti in direzione opposta. Permanendo al vivo i contrasti politici, sociali, economici, razziali ideologici, non viene meno il pericolo di una guerra totale capace di annientare ogni cosa (GS 4).

Cari fratelli, una metropoli come Milano è, in un certo senso, specchio della realtà mondiale, con le sue straordinarie risorse di bene, ma insieme con le sue profonde e acute contraddizioni.

Ebbene, questo mondo ha bisogno di Gesù, del suo messaggio di amore, della sua presenza eucaristica, che è fattore di salvezza e di unità. Solo la mediazione di Cristo può rompere la spirale dell'odio, dell'ingiustizia, della violenza, del peccato. Cristo è la nostra ricchezza, il nostro nutrimento, la nostra pace, la nostra verità, la nostra libertà. Con lui, attraverso l'energia trasformante del suo amore, il cuore dell'uomo può cambiare, può nascere la creatura nuova, che non segue la linea dell'insegnamento vendicativo "Occhio per occhio dente per dente" (Mt 5,38), ma quella evangelica di considerare gli altri come figli del Padre comune, di amare i nemici, di perdonare sempre senza contare il numero dei nostri ricorsi al perdono. Soltanto dalla Parola di Cristo zampilla l'acqua capace di saziare la sete dell'uomo.


3. Per mezzo dell'Eucaristia noi ritroviamo l'identità del nostro essere cristiano. Dio ci ama, perché egli è Amore. Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo (1Jn 4,8). L'amore riveste importanza decisiva nell'insegnamento di Gesù. Ma l'amore dell'uomo per Dio si realizza nell'amore degli uomini. "Chiunque ama, conosce Dio". E "chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1Jn 4,7 1Jn 4,9).

L'amore del prossimo diventa, così, non solo principio di conoscenza di Dio, ma anche regola d'oro dell'amore, modellata sulla misura stessa del Cuore di Cristo. "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati" (Jn 15,12). Come: è l'indicazione di una misura. E Gesù ci ha amati sino al colmo del servizio, fino al limite massimo dell'amore, del dono della sua stessa vita: cioè senza misura.

Era necessario, per la nostra salvezza, che Cristo si donasse al Padre in sacrificio. L'inimicizia e l'odio sono stati dissolti e annientati nella sua carne, con il versamento del suo Sangue sulla croce: perché a rendere testimonianza non sono soltanto lo Spirito e l'acqua, bensi anche il Sangue (1Jn 4,7). così Gesù è la nostra vittima sacrificale, in rendimento di grazie ("eucharistia").

Nell'affermazione paolina che siamo stati scelti e creati per essere nel Figlio e stare davanti al Padre (Ep 1,3), la nostra fede mostra Gesù che ci presenta e ci offre. Lui, l'Agnello, resta davanti a Dio per l'eternità, con le sue piaghe aperte, divenute dimora dei credenti che gli sono incorporati. E il Padre ci considera nella prospettiva del Figlio donatosi per noi in sacrificio.

Sicché, quando celebriamo il mistero eucaristico, che è "mysterium fidei", annunciamo la morte del Signore. Per mezzo dell'Eucaristia i fedeli, già segnati dal Battesimo e dalla Confermazione, non partecipano a una cena qualsiasi, ma ricevono quello che sant'Agostino chiama il nostro "mistero", prendono quello che già sono, inserendosi pienamente nel Corpo di Cristo. E', questa, l'identità propria dell'essere cristiano, che non risiede in noi, ma in Dio.


4. Il Sacramento eucaristico, che è memoria dell'Amore, vincolo di carità, è insieme segno che produce l'unione e la comunità. Annunciando la morte del Signore, si prefigura nello stesso tempo la risurrezione, perché il Corpo eucaristico è anche Corpo glorioso. Il corpo di Cristo è sempre il corpo reale e personale, che è vissuto, è morto e ora glorificato. Nell'Eucaristia si rinnova il mistero pasquale, che è mistero di dolore, di morte e di risurrezione, di Gesù e degli uomini. così, visto nella sua globalità, il corpo della carne, divenuto il corpo della gloria, unisce i fedeli a sé e tra di loro. così si costruisce la Chiesa, organismo vivo in continua crescita.

E' a motivo dell'Eucaristia che i membri della comunità cristiana si identificano misticamente col corpo di Cristo, che è la Chiesa, e divengono una cosa sola tra di loro. Sicché tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere d'apostolato, sono strettamente uniti alla santissima Eucaristia e ad essa ordinati. L'Eucaristia è realmente il cuore e il centro del mondo cristiano. In essa è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, lo stesso Cristo, pane vivo che, mediante la sua Carne vivificata e vivificante nello Spirito Santo, dà vita agli uomini. Non è possibile formare una comunità cristiana "se non avendo come radice la celebrazione della sacra Eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di comunità" (PO 5-6).



5. E' alla luce di tali riflessioni, sviluppate su fondamento biblico e conciliare, che noi possiamo e dobbiamo vedere il mistero eucaristico come il centro e la radice di tutta la vita del Sacerdote, del Religioso, del Seminarista, sia sotto il profilo della spiritualità personale, sia sotto quello della missione pastorale.

E' nel segreto della sorgente eucaristica che l'uomo, scelto per amore di Dio fra gli altri uomini, deve trovare la sua fecondità, se vuole rimanere fedele al proprio ministero e ritornare più ricco, per donare, in mezzo alla comunità dei fratelli. Centralità eucaristica significa porre al centro dei nostri pensieri e delle nostre prospettive non noi stessi, i nostri programmi umani, ma lui, vita della nostra vita. Altrimenti si diventa un ramo secco, una campana senza risonanza.

Cari fratelli, affinché ci trasformiamo sempre più in corpo di Cristo, il Concilio non si stanca di raccomandarci la sequela di Cristo come l'unica cosa necessaria, l'assimilazione della sua scienza sovreminente, il dialogo quotidiano con lui, il culto eucaristico personale e liturgico (PO 18; PC 6; OT 11).

E' l'invito a percorrere con decisione la via della santità, perché solo così siamo in grado di adempiere la nostra missione che è quella di annunciare e di testimoniare Cristo; solo così possiamo dare luce e consolazione agli uomini di oggi, la cui salvezza, come per gli uomini di ieri e di sempre, si trova unicamente nella verità a noi fatta conoscere dalla divina Rivelazione.

Confido e auspico che questo Seminario di Venegono, uno dei più grandi della Chiesa, ideato dal Cardinale Ferrari e realizzato dal Cardinale Schuster, sia, per i futuri sacerdoti del Signore, una scuola di Eucaristia.

La Vergine Madre, che sotto l'azione dello Spirito ha formato il corpo fisico del Salvatore e, come Madre della Chiesa, ha accompagnato la fondazione e lo sviluppo del Corpo Mistico, aiuti tutti i sacerdoti e i seminaristi ad apprendere in profondità il segreto della vita del Figlio divenuto nostro Fratello.

E' questo motivo di fiducia e di speranza per il prossimo avvenire della Chiesa e del mondo.

Data: 1983-05-21 Data estesa: Sabato 21 Maggio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Durante l'Adorazione eucaristica - Piazza Duomo (Milano)