GPII 1983 Insegnamenti - Ai giovani nell'autodromo di Monza (Milano)

Ai giovani nell'autodromo di Monza (Milano)

Titolo: Aiutate a costruire una società nuova

Carissimi giovani!


1. Questo nostro incontro, caratterizzato da vicendevole gioia, avviene nel contesto del XX Congresso Eucaristico Nazionale. Io e voi vogliamo oggi con Milano e con tutta l'Italia, proclamare solennemente e pubblicamente la nostra fede in Cristo, presente nel sacramento dell'Eucaristia, fonte, centro e vertice di tutta la vita della Chiesa! E io sono in mezzo a voi per parlarvi di Cristo, per mettere le vostre intelligenze, le vostre volontà, i vostri ideali in confronto con la sua persona, il suo messaggio, le sue esigenze; per incoraggiarvi a vivere con entusiasmo e impegno gli anni della vostra giovinezza, aderendo a lui, proiettati nella realtà del futuro, che sarà quale voi lo state già plasmando e costruendo, giorno per giorno, fin da adesso.

Gli uomini attraverso i secoli, incontrandosi con Cristo, gli hanno rivolto - e continuano oggi a rivolgergli - la domanda fondamentale: "Chi sei? Donde vieni?" (cfr. Jn 19,9). La risposta a tale domanda dipende soprattutto dall'interiore atteggiamento di disponibilità e di apertura di colui che la pone.

Anche voi, in questa vostra età bella e drammatica, in cui fiorisce e matura tutta la vostra realtà personale - corporeità, sensibilità, volontà, intelligenza - state compiendo questa continua ricerca, che è anche una sempre rinnovata scoperta, e comprendete come la vostra risposta coinvolga, nel positivo e nel negativo, tutta la vostra esistenza.


2. Non abbiate paura di Cristo! Lo ripeto oggi a voi e a tutti i giovani! Egli non provoca l'alienazione della vostra identità; non avvilisce, non degrada né mortifica la vostra ragione; non opprime la vostra libertà! Egli è il Figlio di Dio, incarnato, morto, risorto per noi e per la nostra salvezza, cioè per la nostra liberazione autentica e totale! Egli, Dio, ha voluto diventare realmente uno di noi, nostro Salvatore, nostro Redentore, nostro Amico, nostro Fratello; si è inserito nei nostri problemi e nei nostri drammi quotidiani; ha sentito la nostra debolezza, la nostra fragilità, la nostra precarietà, fino all'esperienza angosciosa del tradimento degli intimi e al dolore della morte.

Incarnazione della infinita misericordia di Dio, Cristo ha rivolto all'umanità il suo messaggio di verità e di speranza, ha operato prodigi, ha assicurato il perdono dei peccati, ma soprattutto si è offerto al Padre in un gesto di immenso amore, vittima di espiazione per i nostri peccati! Di fronte a Cristo, carissimi giovani, non si può rimanere indifferenti! Non ci troviamo soltanto di fronte ad un Maestro, per quanto illustre, di ideologie a sfondo etico; o di fronte ad un uomo dalla particolare esperienza religiosa; o ad un grande profeta; o ad un uomo privilegiato, in cui vi sia una speciale presenza morale di Dio. Personalità del genere possono interessarci per qualche tempo nei nostri studi storici, letterari, filosofici o religiosi. Cristo, per la sua singolare realtà umana e divina, per la missione unica ricevuta dal Padre, coinvolge ed afferra tutta la nostra vicenda umana, perché è il Centro della Storia, il Redentore dell'uomo! Per questo dico oggi a voi: cercate con obiettività, con onestà e con coraggio Cristo! Sforzatevi di conoscerlo a fondo; studiatelo continuamente.

Questo vostro costante impegno di approfondimento personale e comunitario dell'Evento-Cristo con la grazia divina è culminato o culminerà nella fede, dono di Dio e risposta personale dell'uomo. Tale atteggiamento di fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, non è una diminuzione delle vostre esigenze culturali, ma un vero arricchimento e un'esaltazione della vostra sete di conoscenza e della vostra ragione, disponibile alla irruzione della Rivelazione divina.


3. Con le espressioni dell'apostolo Giovanni mi rivolgo oggi a voi "giovani, perché siete forti, e la parola di Dio dimora in voi e avete vinto il maligno" (cfr. 1Jn 2,14). Manifestate la forza incoercibile della vostra giovinezza nella gioia e nel coraggio della fede cristiana, quella fede che produce la vittoria sulle forze del male! Credete in Cristo! Fidatevi di Cristo! Amate Cristo! Egli si è incarnato per illuminare la vostra intelligenza con la verità che è lui stesso! Per dare alla vostra volontà la forza di compiere il bene e di spezzare le catene della schiavitù del peccato! Per darvi la capacità esaltante di rivolgervi all'Assoluto, all'Infinito, per chiamarlo con disarmante semplicità: Abbà! Padre! Questa fede in Cristo deve operare una radicale trasformazione interiore, deve diventare una nuova vita: "Vivere in Cristo!". Questa vita in Cristo, animata e fecondata dai Sacramenti, in particolare quelli della Riconciliazione e della Eucaristia, è come un cammino in novità di vita (cfr. Rm 6,4).

Questa vostra unione con Cristo, questa comunione con lui deve risolversi e concretarsi anche in una comunione con gli altri. La vostra fede deve diventare una presenza e una testimonianza nel mondo; deve cioè esprimersi nei vari livelli della vostra quotidianità: dovete vivere da cristiani tutte le dimensioni: quelle familiari, quelle culturali, quelle artistiche, quelle socio-politiche, in una parola tutte le dimensioni umane!


4. Voi giovani del 1983 siete la nuova generazione, che ha superato e accantonato il disorientamento di anni fa. L'epoca della contestazione è superata: appartiene al passato. Voi - come tutti i giovani - volete portare qualcosa di nuovo, di insolito, di originale, di giovanile nella società; volete trasformarla, non epidermicamente, ma dalle fondamenta. E' questa la "grande speranza", di cui voi giovani credenti in Cristo dovete farvi carico, donando generosamente il vostro contributo di idee, di iniziative, di proposte, di tempo, di sacrifici! Aiutate a costruire una società nuova, nella quale la vita dell'uomo sia rispettata, salvaguardata, protetta fin dal suo concepimento e in tutte le sue tappe successive! Sia ascoltato il gemito di tanti innocenti precocemente eliminati! Aiutate a costruire una società nuova, nella quale i bambini e i poveri non muoiano letteralmente di fame, mentre le Nazioni opulente gettano scandalosamente gli avanzi dei loro lauti banchetti! Aiutate a costruire una nuova società, nella quale il pubblico denaro venga devoluto non per la corsa agli armamenti, ma per il progresso sociale dei cittadini, per il loro benessere economico, per la loro salute, per la loro istruzione! Aiutate a costruire una società nuova, nella quale il pluralismo delle idee e delle concezioni sia realmente ammesso e rispettato, perché non succeda che chi ha in mano la forza si creda in diritto di fare scomparire o elimini occultamente quanti non sono allineati con l'ideologia del potere! Aiutate a costruire una società nuova, nella quale la sua continua e ordinata trasformazione non sia affidata all'utopia del terrorismo e della rivoluzione violenta; la violenza - psicologica o fisica - provoca solo lacerazioni, morte, lutti, lacrime! Aiutate a costruire una società nuova, nella quale i giovani vostri coetanei non siano costretti a cercare nella droga l'illusione della felicità; la droga uccide la giovinezza e i suoi ideali! Aiutate a costruire una società nuova, nella quale anche coloro che non possono più produrre o consumare secondo le leggi inesorabili della odierna economia consumistica, siano rispettati, protetti da leggi adeguate alla dignità della persona umana! Aiutate a costruire una società nuova, nella quale risplenda e si realizzi la giustizia, la verità, l'amore, la solidarietà, il servizio! In un mondo che lentamente sembra soccombere alla tentazione dell'indifferentismo, del nichilismo, del materialismo teorico e pratico, della disperazione, voi giovani dovrete essere gli annunciatori, i realizzatori e i testimoni della speranza cristiana, senza paure, senza turbamenti, adorando il Signore, Cristo, nei vostri cuori - come raccomanda san Pietro - pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi (cfr. 1P 3,14-15). In tal modo la vostra vita sarà veramente comunione con Cristo e comunione con i fratelli! Carissimi! Una delle prime parole, che ho detto nel giorno del solenne inizio del mio pontificato, è stata una parola di speciale fiducia nei giovani! Anche oggi, a voi giovani di Monza, di Milano, della Lombardia, dell'Italia tutta, dico: voi siete la mia speranza, la speranza della Chiesa, la speranza della società! Nella forza della vostra fede giovanile voi sostenete la speranza di un mondo rinnovato in Cristo! Sono certo che il prossimo futuro dimostrerà che non avrete deluso le aspettative che vengono oggi riposte in voi! Coraggio! Il Papa è con voi! La Chiesa è con voi! Cristo è con voi!

Data: 1983-05-21 Data estesa: Sabato 21 Maggio 1983

Presso il Duomo di Monza (Milano)

Titolo: Nuova linfa alla cultura in una visione cristiana della vita

Carissimi fratelli e sorelle.

Saluto con viva cordialità tutti voi che vi siete raccolti davanti a questa Cattedrale, insigne monumento della tradizione religiosa lombarda e italica. Questo sacro edificio è al centro di una città che, dopo gli albori celtico-romani, ha visto lo splendore della civiltà Longobarda, e successivamente i riflessi di tutte le grandi culture centro-europee, assimilando da ognuna quella linfa che doveva fare di essa uno dei simboli della nascente nazione italiana.

Tra queste mura sono custoditi alcuni tra i segni più prestigiosi di una storia secolare, insieme civile e cristiana. La storia della cultura italiana, che rimarrebbe incomprensibile se non venisse letta alla luce del Cristianesimo, che ha permeato tutto il vivere civile.

La "corona ferrea", dono di Teodolinda, e il "tesoro", che, assieme alla Croce di Berengario, conserva le ampolle con gli oli provenienti dagli antichi santuari dei martiri Romani e della Palestina, sono un invito costante a conservare e a rivitalizzare il "tesoro" ancora più bello della vostra secolare tradizione, insieme religiosa e civile. E questa, mi compiaccio di dirlo, è tuttora viva ed operante, perché potenziata da grandi personalità, quali san Carlo Borromeo, che anche qui ha avuto uno dei suoi campi pastorali privilegiati.

Non posso dimenticare, pero, che la vostra città, collocata a pochi passi da Milano, si trova al centro di una regione - come ha detto il mio venerato predecessore Paolo VI - "dove i fenomeni trasformatori della società moderna dispiegano la loro potenza, la loro grandezza, la forza innovatrice, più che in altre regioni, e si pronunciano come irresistibili, così da costituire... una pressione almeno sulla concezione cristiana, abituale un tempo, della vita" (cfr. "Insegnamenti di Paolo VI", VI (1968) 67).

A voi spetta dunque l'impegnativo compito di trovare risposte di fede ai problemi di una civiltà proiettata verso il futuro, sapendole attingere da questo splendido patrimonio religioso e morale, e nello stesso tempo civile e culturale, di cui è testimone la vostra città. A voi spetta l'ardito impegno di contribuire a dare nuova linfa alla cultura lombarda, tanto significativa per l'Italia del futuro, così che il suo edificarsi e configurarsi avvenga, come in passato, sulle solide basi di una visione cristiana della vita, tali da renderla capace di continuare a sfidare i secoli.

Nella fedeltà alla vostra antica e sempre viva tradizione, voi potete diventare, carissimi cittadini di Monza, un simbolo della possibilità concreta di fare sintesi, mediante una fede viva, tra i tesori del passato, i problemi del presente, le attese del futuro; di far entrare in simbiosi tra di loro le ricchezze civili e cristiane di popoli e di epoche storiche diverse.

Vi invito perciò, carissimi, a cercare risposte di fede ai problemi del presente, alla luce dell'esperienza storica del passato, in vista della costruzione di quella società del terzo millennio, che non potrà mai trovare spazi adeguati a una vita autenticamente umana, se non si lascia trasformare dai fermenti che provengono dalla fede cristiana.

Come pegno per tale difficile, ma anche entusiasmante compito, vi imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica.

Data: 1983-05-21 Data estesa: Sabato 21 Maggio 1983

Ai lavoratori - Sesto San Giovanni (Milano)

Titolo: Appello affinché sia risolto il grave problema dell'occupazione




1. L'incontro con voi, carissimi uomini e donne del mondo del lavoro, mi è particolarmente caro perché il vostro è un mondo che sento tanto vicino anche per la diretta esperienza che a suo tempo ne ho fatto: anch'io ho vissuto la vita che voi state vivendo, la sua fatica, i suoi disagi, come anche le sue gioie e le sue speranze. Io so che cosa vuol dire entrare in una fabbrica e starvi tutte le ore utili della giornata, tutti i giorni della settimana, tutte le settimane dell'anno: l'ho appreso nella mia carne; non l'ho imparato dai libri.

Ed è lezione che non ho dimenticato, anche se la Provvidenza mi ha successivamente chiamato a compiti diversi. E' per questo che non lascio cadere occasione per incontrarmi con i lavoratori; con voi, carissimi fratelli e sorelle che siete i protagonisti di quel fondamentale settore del vivere sociale che si qualifica col nome di "mondo del lavoro". Mi spingono verso di voi l'antica comunanza di esperienze e insieme l'attuale responsabilità di successore di Pietro. Anche voi infatti siete parte di quel gregge, che in nome di Cristo io devo guidare, sulle orme di lui, verso la vita vera.

Per tutte queste ragioni io sento di poter parlare a voi al tempo stesso come fratello e come Papa.


2. Vi saluto tutti cordialmente; e ringrazio di cuore il Sindaco di Sesto San Giovanni e i lavoratori che si sono fatti interpreti dei comuni sentimenti. Vorrei che ciascuno di voi comprendesse l'affetto con cui gli sono vicino, condividendo le sue ansie e i suoi problemi, le sue aspirazioni e le sue preoccupazioni.

All'inizio di questo momento di solidarietà con voi, in questa città che occupa un posto centrale nel mondo del lavoro, vorrei pregarvi di consentirmi di rendere omaggio, innanzitutto, a Cristo Signore, che, venendo sulla terra quale nostro fratello, volle fare l'esperienza del lavoro manuale. Cristo è vivo e presente anche oggi fra noi nel sacramento dell'Eucaristia. Come sapete, tutta la Chiesa italiana guarda in questi giorni alla vostra Milano, ove si celebra il Congresso Eucaristico Nazionale. Innumerevoli cuori di uomini e di donne si volgono con fede rinnovata verso la candida Ostia dell'altare, riconoscendo in essa la presenza del Creatore dell'universo e del Signore della storia.

Quale stupendo mistero! Per arrivare a Cristo non dobbiamo risalire nel tempo fino a raggiungere i giorni della sua vita terrena, non dobbiamo spostarci nello spazio fino a varcare i confini della Palestina. Basta che entriamo in una chiesa, che ci avviciniamo ad un tabernacolo: lo troviamo li; possiamo parlargli; possiamo ascoltare le sue ispirazioni; possiamo adorarlo. Le prime mie parole, in questo nostro incontro, vogliono essere invito a unirci a tutti gli altri fedeli che si inginocchiano davanti all'Eucaristia e l'adorano.

Parlando dell'Eucaristia, in questo momento e in questo ambiente, come non sottolineare un aspetto che lega in particolare voi, lavoratori e lavoratrici, con tale Sacramento? Siete voi, infatti, che apprestate per così dire, la materia dell'Eucaristia. Non sono forse i lavoratori dei campi che hanno coltivato la vite e il frumento? Non sono i lavoratori dell'industria che hanno apprestato i vari strumenti di cui l'uomo si serve per trasformare i grappoli in vino e le spighe in pane? La liturgia della Chiesa lo riconosce chiaramente quando, all'offerta del pane e del vino nella Messa, ripete due volte, "frutto della terra e del lavoro dell'uomo". I lavoratori possono dire con giusto orgoglio che l'ostia e il vino consacrato sono, per una parte, anche opera loro.


3. A questo motivo di fierezza di ordine specificamente cristiano, altri se ne aggiungono che si situano sul piano più immediatamente umano. Sono i motivi derivanti dalla consapevolezza del ruolo insostituibile che il lavoro ha tanto nella maturazione della persona quanto nella edificazione della società. Come, infatti, la Nazione trae il proprio benessere dall'attività dei cittadini, così i singoli lavoratori trovano nella quotidiana dedizione ai loro compiti una efficace scuola di serietà professionale, di personale responsabilità, di coraggioso attaccamento ai valori fondamentali della convivenza civile.

Come non ricordare, a questo proposito, l'alta testimonianza di civica coscienza, offerta quarant'anni or sono dai lavoratori di questa città, nel dicembre del 1943, che vide gli operai di tutti gli stabilimenti incrociare le braccia, quale testimonianza di protesta contro le prevaricazioni della dittatura? Il lavoro è scuola di umanità e, l'uomo, quando impara ad essere se stesso, impara anche a difendere i valori in cui crede.


4. Questa constatazione, che l'esperienza di quanto accade in tante parti del mondo conferma, non esaurisce ogni aspetto di quel complesso fenomeno che è il lavoro umano. Accanto ai valori positivi, non mancano in esso elementi, anche rilevanti, che sembrano smentire l'ottimistica valutazione or ora proposta.

Il lavoro è monotono e faticoso. Non solo: esso sembra comportare una mortificazione delle esigenze connesse con la spiritualità dell'uomo. Il lavoro, specie quello operaio, sembra richiedere una soggezione dell'essere umano alla sua opera: la macchina e la sempre più sofisticata organizzazione tecnica della produzione impongono leggi obiettive alle prestazioni dei singoli, che spesso ostacolano l'attuazione della loro personale capacità inventiva ed espressiva.

Non qualitativamente diverso dal lavoro dell'operaio è, del resto, il lavoro dell'impiegato e dell'addetto a compiti amministrativi od organizzativi: l'innovazione tecnologica, e oggi in particolare quella cibernetica, producono spesso l'azzeramento di capacità professionali precedentemente acquisite e la necessità di riprendere da capo la propria qualificazione professionale in obbedienza alle mutate caratteristiche dell'organizzazione del lavoro.

Rimane inoltre la legge generale della separazione del lavoratore dalla propria opera: l'uomo che lavora non si dedica immediatamente a un'attività indirizzata alla propria edificazione morale e spirituale, ma presta un servizio volto al bene comune: un servizio il cui effettivo vantaggio per il bene comune è tuttavia condizionato, e insieme minacciato, dalla rete complessa di tutti i rapporti economici. Anche questa circostanza concorre ad alimentare un'impressione di estraneità del lavoratore rispetto alla propria opera.

Non deve, infine, essere dimenticato il fatto che i rapporti economici sono mediati dal denaro: il riconoscimento obiettivo del concorso di ciascuno al bene comune si concreta in un potere d'acquisto. I rapporti economici diventano, sotto questo profilo, anche rapporti di potere, e quindi potenzialmente conflittuali, nei quali le singole categorie inclinano facilmente a scorgere e a rivendicare unicamente i propri diritti o, più semplicemente, i propri interessi.


5. Per tutti questi motivi il lavoro appare una realtà assai meno positiva e libera di quanto una sua considerazione superficiale potrebbe lasciar supporre.

C'è inoltre da considerare un altro aspetto complessivo del lavoro, anch'esso vero e indubitabile, e tuttavia troppo spesso taciuto. Il lavoro è anche il documento della finitezza umana. Finitezza dell'individuo, che abbisogna del concorso di tutti gli altri per realizzare le esigenze fondamentali della propria vita. Ma anche finitezza dell'impresa collettiva degli uomini, che non può mai realizzare l'obiettivo di creare tutto ciò che è indispensabile alla vita di ciascuno. L'uomo infatti non vive soltanto di ciò che le sue mani possono produrre. Egli porta in sé attese e speranze, che nessuna realtà terrena potrà mai compiutamente soddisfare. Questa è infatti la verità: il senso pieno della vita l'uomo lo trova soltanto al di là e al di sopra della vita stessa. Lo trova in Dio che, in Cristo, gli si è fatto incontro per salvarlo.

Non si vuole dire con questo che non debba essere promossa con ogni mezzo ragionevole una sempre più piena liberazione dell'uomo dai condizionamenti che ancor oggi in varia forma lo opprimono. Quel che si afferma è la fatale "incompletezza" di ogni simile sforzo, se non si apre contemporaneamente alla dimensione trascendente della fede.

La libertà e la speranza dell'uomo, nella sua partecipazione quale lavoratore all'opera collettiva, sono garantite soltanto a condizione che egli trovi riposo nella considerazione credente dell'opera di Dio. Non sta qui forse la profonda ragione del precetto biblico che impone all'uomo di sospendere settimanalmente la propria opera, per entrare nel riposo di Dio e offrire a lui, con la partecipazione all'Eucaristia, "i frutti della terra e del proprio lavoro"? Mediante tale sosta l'uomo potrà più facilmente sintonizzarsi col disegno del Signore e trovare nella riflessione sulla sua opera creatrice, che sola è opera compiuta, il fondamento di una "speranza che non delude" (cfr. Rm 5,5). C'è infatti un'esplicita promessa di Dio a tale riguardo: "Beato è l'uomo che teme il Signore, che cammina nelle sue vie": egli solo potrà "vivere del lavoro delle sue mani", perché quel lavoro sarà accompagnato e reso fecondo dalla benedizione di Dio (cfr. Ps 127(128); Gn 1,28).


6. Quale bisogno delle benedizioni di Dio, vi è nel mondo di oggi, sul quale pesano tante e così gravi minacce! Tra i molti malesseri che travagliano l'umanità odierna voglio qui ricordarne uno soltanto, al quale voi siete particolarmente esposti: la disoccupazione. So bene quanto questo problema angusti il mondo del lavoro, stretto in questi anni tra le spire di una crisi economica che minaccia ogni tentativo di ripresa.

Una delle ragioni dell'odierna visita è proprio questa: testimoniare la mia partecipazione alle sofferenze di chi ha perso il posto di lavoro e alle ansie di chi ne vede insidiata la sicurezza. Quello dell'occupazione è "problema fondamentale", come ho scritto nell'enciclica "Laborem Exercens" (LE 18), specialmente se lo si considera in rapporto ai giovani "i quali, dopo essersi preparati mediante un'appropriata formazione culturale, tecnica e professionale, non riescono a trovare un posto di lavoro e vedono penosamente frustrate la loro sincera volontà di lavorare e la loro disponibilità ad assumersi la propria responsabilità per lo sviluppo economico e sociale della comunità.

Si tratta, certo, di problema complesso, sul quale incidono molteplici fattori connessi con i nuovi sviluppi nelle condizioni tecnologiche, economiche e politiche, come riconoscevo all'inizio del menzionato Documento (LE 1). Tra le sue cause, tuttavia, non mancano lentezze colpevoli, carenze di solidarietà, biasimevoli egoismi. Per parte sua la Chiesa non si stanca di richiamare "la dignità e i diritti degli uomini del lavoro e di stigmatizzare le situazioni, in cui essi vengono violati".

Colgo pertanto anche questa circostanza per rinnovare un appello accorato a tutte le persone che hanno potere di iniziativa economica o politica, perché uniscano i loro sforzi in un'azione coordinata e responsabile che, nel quadro di sacrifici equamente distribuiti fra i cittadini, apra nuove prospettive in questo fondamentale settore del vivere sociale. Dal concorde impegno di tutti potrà, infatti, scaturire quel progresso nella giustizia e nel benessere che costituisce la comune aspirazione delle varie componenti della compagine sociale.

Con l'augurio che queste aspettative possano essere finalmente soddisfatte, elevo la mia preghiera al Padre di tutti gli uomini e di tutti i popoli perché illumini ogni persona di buona volontà e ne orienti l'impegno verso la meta di un sempre più maturo rispetto della dignità della persona, soggetto e fine di ogni attività lavorativa, per l'edificazione di una società giusta, libera e in pace.

Il Santo Padre ha infine aggiunto: "Voglio ringraziarvi ancora una volta per i vostri doni. Voglio ringraziarvi per i gesti e le parole di simpatia per la mia Patria, specialmente per la solidarietà con il mondo del lavoro della mia Patria. Grazie!"

Data: 1983-05-21 Data estesa: Sabato 21 Maggio 1983

Al termine del concerto alla Scala - Milano

Titolo: Il mondo della cultura e dell'arte è chiamato a costruire l'uomo




1. Ritrovarmi stasera in questo teatro, universalmente celebrato nel mondo, costituisce non solo una suggestiva pausa di carattere estetico e culturale, ma un onore e come il coronamento di questa intensa giornata che mi ha fatto conoscere tante componenti della realtà socio-religiosa della città e della regione.

Già lo speciale Concerto, che la direzione e la prestigiosa orchestra gentilmente hanno voluto offrirmi, e che mi ha ricordato quello eseguito in Vaticano nell'Aula Paolo VI, nel febbraio del 1979; e poi la significativa presenza di tanti compositori, maestri, esecutori e, più in generale, di esponenti e rappresentanti del mondo dell'arte; e ancora l'intervento delle massime autorità civili con tutti i sindaci del Milanese: sono questi altrettanti stimoli, che mi obbligano a tradurre la mia soddisfazione nell'espressione del più vivo e cordiale ringraziamento. Grazie io dico a voi tutti, e grazie a ciascuno di voi.

Quel che mi avete dimostrato, e mi state tuttora dimostrando, mi tocca profondamente, e, poiché so che trascende la mia stessa persona, la gratitudine è anche per il riconoscimento che ne risulta alla missione, a me demandata nell'universale e unica Chiesa di Cristo.


2. Un Papa alla Scala di Milano è un avvenimento singolare, difficile da definire.

Ma questa venuta, per quanto insolita, vuol essere un atto di presenza nel mondo dell'arte: cioè in un mondo che è a servizio dello spirito, che ha bisogno di evadere dalla fatica quotidiana e di ritrovare nell'azione scenica e nell'ascolto musicale una realtà diversa e più alta. Il mondo artistico, che qui ha avuto e ha sempre uno speciale culto, è legato alle personalità che formano tanta parte, anche oggi, della civiltà universale. Non dite semplicemente musica; dite vita morale, come espressione di più alto sentire; dite poesia.

Ecco affacciarsi subito, nella scena di questo ambiente solenne, l'immagine di Giuseppe Verdi, che canto la patria italiana, canto l'amore, la dignità umana in un complesso di composizioni, che divennero voce e coro di molte generazioni, non esclusa la presente. Per voi intellettuali, e per noi tutti, io credo, una voce come quella di Verdi non può non richiamare la figura di un grande lombardo che egli venero, Alessandro Manzoni, genio e poeta del pensiero cristiano, dei cui passi le strade non lontane da questo Teatro conservano imperituro ricordo. Sia nel cammino di ritrovamento della fede, sia con le sue opere letterarie, il Manzoni annuncio un principio fondamentale della teologia e dell'arte, valevole per ogni tempo: non è possibile separare le verità della fede cattolica dall'impegno morale. Non si devono separare Dio e l'uomo: non c'è fra essi dissidio e lotta, ma solo unione e amore. Egli difese questi principi nelle "Osservazioni sulla morale cattolica" e li rese evidenti nell'intreccio dei "Promessi Sposi", che è storia degli umili, tratta dalla vita, storia di un popolo travagliato e offeso, su cui pero veglia la Provvidenza di Dio, "il quale non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande, (cap. VIII). Libro di poesia, di sapienza, di consolazione, che appartiene al patrimonio universale dell'umanità.


3. Questi due nomi, che ho voluto evocare, mi sembrano ben degni di essere non solo proposti, ma, vorrei dire, affiancati a voi, artisti, scrittori, ricercatori, qui convenuti quali alti rappresentanti della cultura lombarda. Voi avete un grande passato, documentato nelle ricche biblioteche, nei centri accademici, come in questo stesso Teatro. Ma c'è anche un presente, di cui siete proprio voi, con le vostre opere letterarie o pittoriche o musicali, i protagonisti e gli artefici.

Siete voi che col vostro lavoro date vita alla "vita del pensiero".

Che cos'è questa vita del pensiero? E' libertà, è ricerca, è conquista; non è lecito operare una specie di sequestro della cultura in una sola direzione, prescindendo dalla fede o sostituendola con surrogati non definibili. Ecco, proprio in questa ricerca, la fede cristiana desidera essere vicina a tutti, rispettando le ragioni della cultura e dell'arte, accogliendo la verità dovunque si trovi per aiutare a comprenderla e a potenziarla secondo quella luce, che non proviene solo dall'intelligenza dell'uomo. Gesù Cristo - come leggiamo nel Prologo giovanneo (Jn 1,9) - "era la luce vera che illumina ogni uomo": egli era la vera luce del mondo (cfr. Jn 8,12).

Siate sempre pronti ad accogliere da lui questa luce superiore, la quale, essendo un dono che si aggiunge ai vostri personali talenti, non può essere un possesso chiuso ed egoistico: ma, piuttosto, va diffusa e offerta in senso missionario a quanti sono in attesa di un soccorso. L'Anno Giubilare della Redenzione, nel programma di penitenza e di rinnovamento, chiama ciascuno a ritrovarsi, in senso fraterno, con ogni classe sociale per dare alla vita il suo fulcro di speranza e di unione, superando ogni tentazione di lotta e di sopraffazione. Come le opere di misericordia corporale, che sono un dovere di tutti, trovano espressione in istituzioni, ospedali, associazioni, così a voi, artisti e intellettuali, chiedo qui, in una città di così alta cultura, di sviluppare ampiamente nella luce della fede non solo umana, ma anche e soprattutto cristiana le opere di misericordia spirituale, che forse sono oggi, nel contesto di una società consumistica, ancor più necessarie delle prime. Oggi c'è dubbio, c'è tristezza, c'è purtroppo assai diffusa una vasta crisi morale. Oggi c'è bisogno di confortare, di illuminare, di aiutare. Oggi c'è bisogno di costruire.

E il mondo della cultura e dell'arte è chiamato a costruire l'uomo: a sostenere il cammino nella ricerca, spesso tormentata, del vero, del bene, del bello. La cultura e l'arte sono unità, non dispersione; sono ricchezza, non depauperamento; sono ricerca appassionata, talora tragica, ma finalmente anche sintesi stupenda, nella quale i valori supremi dell'esistenza, anche nei suoi contrasti tra luce e tenebre, tra bene e male - chiaramente identificati e identificabili - vengono ordinati alla conoscenza profonda dell'uomo, al suo miglioramento, non al suo degrado. E' necessaria un'ecologia dello spirito al servizio dell'uomo: di quell'uomo che il grande Ambrogio di Milano chiama "la più eccelsa opera di questo mondo... come il compendio dell'universo e la bellezza suprema delle creature del mondo" ("Exameron" VI, 10,75: PL 14, 272).

E in questo compito difficile, ma esaltante, vi è anche bisogno di voi, artisti e intellettuali carissimi, amici miei: con la vostra arte, col prestigio e il magistero della vostra arte, siate presenti! E possa anche la prospettiva del Vangelo trovarvi solidali, come vi ha chiesto il Concilio Vaticano II nella costituzione pastorale "Gaudium et Spes" sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (cfr. GS 53-62; Messaggio del Concilio agli artisti), e come vi ha proposto lo stesso Paolo VI, già vostro Arcivescovo, nel memorabile Discorso rivolto agli artisti nella Cappella Sistina (cfr. "Insegnamenti di Paolo VI", II (1964) 312-318).


4. Venuto a Milano per prendere parte al Congresso Eucaristico Nazionale, io non posso omettere di fare un riferimento specifico a questo importante evento religioso ed ecclesiale, che si impone con la sua vasta tematica a tutti i fedeli cattolici ed è tale da coinvolgere anche voi artisti e in quanto artisti. Dico coinvolgere nel senso di interessare e di attrarre, poiché il mistero eucaristico - "mistero della fede", come diciamo nella Liturgia - sollecita, con le facoltà intellettive dell'anima, anche la fantasia e il cuore a compiere uno sforzo, per quanto inadeguato, di comprensione, di ammirazione, di illustrazione, di interpretazione. E di fatto esso ha spesse volte ispirato il lavoro di architetti, di pittori, di poeti, di musicisti! Le grandi Cattedrali - il vostro Duomo! - che altro sono, se non scrigni preziosi della presenza eucaristica? E come non ricordare, in quest'anno del Centenario di Raffaello, il grande affresco della "Disputa", che si ammira nelle Stanze Vaticane, e che è in effetti l'apoteosi del Santissimo Sacramento? E come tacere della "Cena" di Leonardo, capolavoro di cui è giustamente fiera questa metropoli? Ora un tale sforzo anche voi siete chiamati a condividere, dando secondo la vostra peculiare sensibilità e secondo la rispettiva competenza un contributo, in cui si esprimano ad un tempo la saldezza della fede cattolica e la tempra della vostra arte. "Ogni grande opera d'arte - ho detto nel già citato incontro col mondo della Scala - è, nella sua ispirazione e nella sua radice, religiosa.

Mi auguro che queste mie parole, con cui vi ho aperto il mio cuore - conscio come sono delle particolari responsabilità, che a tutti voi qui presenti in vario modo competono - possano guidarvi sempre non solo nella vostra vita personale, ma anche nel vostro impegno, di comunicazione, di servizio, anzi di esempio e di testimonianza all'intera comunità dei fratelli.

Data: 1983-05-21 Data estesa: Sabato 21 Maggio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Ai giovani nell'autodromo di Monza (Milano)