GPII 1983 Insegnamenti - Ai docenti nell'Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano

Ai docenti nell'Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano

Titolo: Orientare lo sforzo della ricerca verso il bene dell'uomo




1. A lei, Signor Rettore di questa Università Cattolica del Sacro Cuore, ai Rettori delle altre Università che hanno voluto essere presenti a questo incontro, ed ai cari Professori del Corpo accademico di questa e delle altre Università va il mio deferente e cordiale saluto! E col saluto l'espressione della mia sincera gratitudine per il calore di un'accoglienza, che ha suscitato nel mio animo viva eco di commozione, resa anche più intensa dalle parole con cui sono stati interpretati i comuni sentimenti.

La visita ai Centri di studi superiori è consuetudine alla quale, nel corso dei miei viaggi pastorali, mi sento particolarmente legato. Essa mi offre l'opportunità di riprendere e di approfondire quel dialogo col mondo universitario che ho iniziato molti anni or sono e che da allora non ho più interrotto.

L'odierno incontro si svolge nel contesto del Congresso Eucaristico Nazionale: un contesto, a ben riflettere, singolarmente propizio. L'Eucaristia infatti, per chi è estraneo alla fede, può apparire come un rito staccato dalla vita o addirittura come una forma di "alienante" evasione; ma per chi crede, essa si pone invece come il centro dell'intera attività umana, giacché in essa è presente Cristo che nella Chiesa "rinnova" il suo Sacrificio per la salvezza dell'uomo. E lo rinnova utilizzando il pane e il vino, frutti della terra e del lavoro umano, nei quali in certo modo si assomma ed esprime l'intero universo.

Coloro che partecipano all'Eucaristia rinvengono perciò nel Signore Gesù, morto e risorto, il significato ultimo e la genesi suprema di ogni manifestazione autenticamente umana, così come in lui trovano la ragione decisiva dell'impegno per il servizio all'uomo nella prospettiva dell'avvento del Regno.


2. Servire l'uomo: non è questo lo scopo di ogni benintesa attività universitaria? L'impegno dell'insegnamento, il dialogo con gli alunni desiderosi di approfondimento, la guida ad essi offerta nell'accostamento personale agli strumenti della ricerca, a che cosa mirano se non a favorire la maturazione umana delle nuove generazioni che si affacciano alla ribalta della storia? E l'immenso sforzo di studio e di ricerca, sviluppato nei vari Centri universitari sparsi nel mondo, quale altro scopo ha se non di consentire all'uomo, mediante il progresso nella conoscenza della verità di realizzare sempre più pienamente se stesso, nel contesto di un rapporto dinamico e costruttivo con l'universo creato, nel quale si svolge la sua vicenda terrena! Non è stata forse questa la convinzione che ha spinto l'uomo, fin dai primordi della storia e poi, via via, nel corso dei secoli, ad avanzare sui sentieri che s'inerpicano, non di rado ripidi e scoscesi, lungo le pendici di quella montagna fascinosa, che ha nome "Verità" e la cui vetta s'immerge nella caligine luminosa del mistero stesso di Dio? E' stato un cammino non facile, nel quale l'uomo ha dovuto pagare di persona prezzi a volte molto alti. Ma nulla lo ha mai potuto arrestare, perché egli intuiva che nella ricerca della verità era in gioco la sua stessa dignità di essere pensante. "Una vita senza ricerca - ha detto bene Platone - non è degna di essere vissuta" ("Apologia di Socrate", 38a).

Nella scoperta del Vero l'uomo realizza se stesso. Questa è, dunque, la finalità essenziale di ogni sforzo, volto alla conoscenza di aspetti nuovi della verità nei vari campi dello scibile. L'uomo, illustri signori, è il fine del vostro lavoro di professionisti della cultura. Ed è importante che non ci si stanchi di guardare a questo obiettivo finale di ogni fatica intellettuale, perché v'è il rischio - purtroppo non ipotetico soltanto - che l'orientamento verso una così nobile meta sia smarrito lungo il cammino o, almeno, che altri utilizzino i frutti della vostra ricerca per fini che col vero bene dell'uomo nulla hanno a che vedere.

Se è vero, infatti, che "l'avvenire dell'uomo dipende dalla cultura", come ho avuto occasione di affermare, tre anni or sono, nel discorso di fronte all'assemblea dell'Unesco (AAS 72 (1980) 751), è pure altrettanto vero che da improvvide impostazioni culturali o da sviluppi sconsiderati della ricerca scientifica derivano anche le minacce più gravi che possono incombere sul futuro del mondo. Consapevole di ciò, l'uomo moderno vive nella paura, perché teme che proprio quei risultati nei quali è racchiusa "una speciale porzione della sua genialità e della sua iniziativa possano essere rivolti in modo radicale contro lui stesso" (RH 15).


3. Mantenere costantemente orientato verso il vero bene dell'uomo lo sforzo della ricerca è compito nel quale non siete soli. La Chiesa, illustri signori, vi è accanto. Essa sa di possedere - non per merito suo, ma per la luce che le viene da Colui che l'ha fondata - una cognizione particolarmente profonda dell'essere umano, della sua natura, delle sue aspirazioni, del suo definitivo destino.

Ebbene, questa conoscenza, ampiamente collaudata in duemila anni di storia, la Chiesa vi offre in spirito di leale e rispettosa collaborazione, affinché ad essa possiate attingere nei momenti in cui la perplessità o il dubbio venissero a gettare la loro ombra sulla strada del vostro quotidiano impegno intellettuale.

L'eccelsa dignità della persona, posta per la sua natura spirituale al di sopra di tutto l'universo sensibile, e l'altissima vocazione che l'amore di Dio le ha dischiuso, chiamandola alla partecipazione della sua stessa vita, sono la grande novità del verbo cristiano. Lo aveva perfettamente intuito sant'Agostino, quando affermava che soltanto il cristianesimo aveva sciolto le incertezze e gli interrogativi della cultura pagana, particolarmente di quella greco-romana, circa la vera identità dell'uomo. E' merito della Rivelazione cristiana l'aver liberato l'uomo dall'inesorabile ingranaggio dell'eterno ritorno dei mondi, nei quali egli era come impigliato e prigioniero, zimbello disarmato del cosmo e del fato, quasi schiavo impotente di un Destino inflessibile, che lo costringeva a rivivere successivamente di èra in èra le stesse miserie, gli stessi dolori, le stesse paure.

Grazie alla concezione biblica dell'uomo "immagine di Dio" all'Incarnazione e alla Risurrezione di Cristo, non soltanto l'uomo è stato innalzato ad altezze vertiginose, ma, liberato una volta per sempre, è divenuto soggetto e signore del mondo: non più indifesa e schernita vittima di forze cieche, a lui superiori, ma autore e protagonista del suo divenire e della sua storia. Grazie all'avvento di Cristo e all'opera della Redenzione, "circuitus illi iam explosi sunt" esclama sant'Agostino ("De Civitate Dei", XII, 20). Con l'annuncio della buona novella del Vangelo il divenire del cosmo e della storia è stato posto definitivamente al servizio dell'uomo.

Forte di questa rivelazione, la Chiesa ha sempre predicato, e non si stancherà mai di farlo, l'inviolabilità della persona umana, di ogni persona umana, giacché in ciascun uomo essa vede risplendere il volto stesso di Cristo: "Con la sua incarnazione - è detto nella costituzione "Gaudium et Spes" - il Figlio stesso di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo" (GS 22).

Questo tema costituisce uno dei motivi dominanti della mia azione pastorale. Per questo ho indirizzato l'enciclica "Redemptor Hominis" (RH 14) non soltanto ai cristiani, ma a tutti gli uomini di buona volontà, per proclamare che l'uomo "è la prima e fondamentale via della Chiesa" che guarda ad ogni essere umano con rispetto e venerazione, a prescindere dalla sua appartenenza attuale, alla sua struttura visibile, perché lo vede aureolato della dignità di uno spirito immortale, "immagine viva di Dio", immensamente amato da lui nel Figlio Unigenito, del quale è chiamato ad essere fratello.


4. Nel servizio all'uomo mediante la ricerca della verità la Chiesa si affianca, dunque, anche a quanti operano nell'Università, offrendo la sua collaborazione in spirito di dialogo franco e aperto. E' un dialogo e una collaborazione che devono rendersi più intensi per il bene dell'una e dell'altra, perché l'umano e il cristiano sono tra loro intimamente collegati. Tutto ciò che contrasta con quanto vi è di autenticamente umano, contrasta parimenti col cristianesimo. E, viceversa, un modo distorto di intendere e di realizzare i valori cristiani ostacola altrettanto lo sviluppo dei valori umani in tutta la loro pienezza. Nulla di genuinamente umano è chiuso al cristianesimo; nulla di autenticamente cristiano è lesivo dell'umano. Nel messaggio cristiano trova arricchimento, sviluppo, pieno chiarimento la genuina sapienza umana.

Molto s'è detto e s'è scritto sul rapporto tra fede e ragione da quando Agostino fisso i criteri per il loro incontro fecondo con l'ammonimento meritatamente famoso: "Intellege ut credas, crede ut intellegas" ("Sermo 43", 9).

A me basta, qui, sottolineare che l'esigenza di un tale incontro, agli occhi del credente, risiede nella verità fondamentale del cristianesimo: quella che riconosce, nell'unità della Persona del Verbo incarnato, la pienezza dell'umanità e la pienezza della divinità, congiunte in modo che tra esse non solo vi è completa armonia nella distinzione, ma anche completa espansione dell'umano nel divino, fino a fare del Cristo il supremo ideale per ogni uomo.

Si comprende allora perché la Chiesa, oltre ad offrire la propria collaborazione agli uomini di cultura, abbia sentito il bisogno di testimoniare la sua volontà di dialogo con la ragione costituendo Università sue proprie nelle quali, in forma per così dire istituzionale, lo sforzo umano della ricerca, lungi dall'essere coartato nella legittima libertà, sia piuttosto stimolato e sorretto dalla chiara visione delle mete ultime, offerta dalla fede.

Con tali intendimenti fu avviata, ormai oltre sessant'anni fa, anche questa Università Cattolica del Sacro Cuore. Auspicata, com'è noto, da molti uomini di cultura quali il beato Contardo Ferrini, Giulio Salvadori, Vico Necchi, essa fu fondata nel 1921 dal padre Agostino Gemelli a coronamento di un sogno cinquantennale dei cattolici italiani. Il Papa Pio XI, che da Arcivescovo di Milano la inauguro, ne fu sempre il patrono forte e sapiente e ne sostenne ed incoraggio i primi, non facili passi. I Papi che gli succedettero ne ereditarono i medesimi sentimenti di affetto e di fiducia, favorendo lo sviluppo dell'Istituzione, che si è dilatata ormai in varie parti d'Italia. Io stesso, in ripetute occasioni, ho voluto farmi interprete delle attese e delle speranze della Chiesa italiana, la quale nell'Università Cattolica del Sacro Cuore vede il luogo privilegiato della sintesi fra le varie forme e gradi del sapere nell'unità superiore della sapienza che scaturisce dalla Rivelazione cristiana.


5. Sono attese e speranze che chiamano direttamente in causa quanti hanno responsabilità di governo, di insegnamento, di formazione in questo glorioso Centro di studi superiori.

Un'Università Cattolica, in quanto struttura di ricerca e di insegnamento ad alto livello alla luce della fede, costituisce una presenza ufficiale e costante della Chiesa nel mondo della cultura. Come tale, essa deve porsi non solo quale esempio di accordo tra fede e ragione, ma altresi quale modello di come una fede autentica, solida e vivace, sappia valutare positivamente le culture che accosta, coglierne gli aspetti di valore umano riconducibili a Cristo, e anzi provocare culture nuove che traducano in concretezza l'umano che è incluso nel cristiano. Sarà grazie all'impegno generoso di tutte le forze operanti nell'Università, in costante dialogo con quelle diffuse nel Paese, che si giungerà ad elaborare una vigorosa cultura cattolica e popolare, in cui liberamente si riconosca sempre più la nazione italiana nella sua tradizione rinnovata e nei suoi valori più autentici.

Gioverà a tale scopo anche il contatto con gli altri Atenei e Centri di elaborazione culturale, con i quali l'Università dovrà restare in continuo e fecondo rapporto, senza tuttavia consentire che si offuschino o vadano perdute la propria radice evangelica e la propria collocazione ecclesiale. In tale radice e in tale collocazione infatti sta il motivo della capacità, che deve esserle propria, di rimanere aperta e anzi di protendersi alla Verità tutta intera.


6. La tensione verso la Verità tutta intera! E' il nobile assillo che vi accomuna, uomini della ricerca nei vari campi del sapere! La mia ultima parola in questo incontro, che è stato per me motivo di gioia particolarmente profonda, è un invito alla fiducia e alla speranza: voi siete le scolte avanzate dell'umanità in cammino sui sentieri della storia. A voi spetta il compito di esplorare le strade sulle quali domani gli altri vi seguiranno. Non vi scoraggino le difficoltà; non vi distolgano le incomprensioni, non vi arrestino gli insuccessi.

Continuate a cercare, senza mai rinunciare, senza mai disperare della verità. Nella misura in cui il vostro impegno è onesto e sincero, Dio lo guida e ne assicura la finale riuscita. A lui io rivolgo in questo momento la mia preghiera, perché vi sia largo di luce e di sostegno, confortando il vostro sforzo con la gioia che viene dalla scoperta di qualche nuova scintilla di quell'eterna fiamma di verità che ha in lui la sua inesauribile sorgente.

Accompagno questi voti con la mia affettuosa benedizione, che vuol essere pegno di copiosi favori celesti su voi, sulla vostra attività accademica, sui vostri alunni e su tutte le persone a voi care.

(Uscendo dall'Università si è così rivolto ai numerosi studenti:) Miei carissimi studenti, vi ringrazio per la vostra presenza, per la vostra solidarietà, una parola diventata direi internazionale, o almeno italiana.

La incontro nei diversi posti della vostra e nostra patria, l'Italia. Allora vi ringrazio per questa solidarietà, e poiché siamo già verso la fine del mese di maggio, vi auguro anche i successi possibili nelle prove che vi attendono, i cosiddetti esami. E vi lascio per il momento con la speranza di incontrarvi di nuovo, non so dove. Ma gli studenti, i giovani, si incontrano dappertutto.

Dappertutto sono le università, dappertutto sono gli studenti, dappertutto sono i giovani e dappertutto è la speranza dell'avvenire".

Data: 1983-05-22 Data estesa: Domenica 22 Maggio 1983

A imprenditori e operatori economici - Fiera Campionaria (Milano)

Titolo: L'uomo e i suoi valori principio e fine dell'economia

Signore e Signori illustrissimi! Cari fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di trovarmi in mezzo a voi, rappresentanti qualificati del mondo imprenditoriale milanese e lombardo, per non dire italiano, sia dell'industria privata e pubblica che del commercio e dell'artigianato. Ringrazio di cuore il signor Ministro dell'industria, onorevole Attilio Pandolfi, il Presidente dell'Iri dottor Romano Prodi e il Presidente della Confindustria dottor Vittorio Merloni per le loro parole di benvenuto. A tutti rivolgo il mio saluto, che non è soltanto di circostanza, ma proviene da sinceri sentimenti di alta considerazione, poiché so bene di quanta parte della vita economica e sociale della diletta Italia voi siete promotori e responsabili. Il grado di benessere di cui gode oggi la società sarebbe impensabile senza la figura dinamica dell'imprenditore, la cui funzione consiste nell'organizzare il lavoro umano e i mezzi di produzione in modo da dare origine ai beni e ai servizi necessari alla prosperità e al progresso della comunità.

Il mio pensiero affettuoso intende abbracciare anche i commercianti e gli artigiani, la cui professione è portatrice di valori umani genuini, e che so qui rappresentati.

Nelle mie visite in Italia ho incontrato sovente i lavoratori, ma è la prima volta che ho l'occasione di rivolgere la mia parola agli operatori economici. E non è a caso che il nostro incontro avviene qui, negli ambienti di questa gloriosa Fiera di Milano, che da molti anni ormai è centro di confluenza, di esposizione e di espansione quanto mai importante dell'imprenditoria non solo italiana, ma anche internazionale. Come ebbe ad esprimersi il mio venerato predecessore Paolo VI in occasione della cinquantesima edizione di questa Fiera, qui ci si trova di fronte a un "monumentale edificio della terrena operosità" e a "una manifestazione altamente significativa d'uno degli aspetti più notevoli e più interessanti della concezione che l'uomo moderno si fa dei valori, per cui la vita dev'essere spesa" ("Insegnamenti di Paolo VI", X (1972) 349-350). Il mio saluto, pertanto, va anche a tutti coloro che operano, ad ogni livello, per il successo delle iniziative di questa provvida istituzione.

La circostanza mi invita ad esporvi alcune considerazioni sulla specifica attività che vi impegna nei diversi settori della vita economica e sui valori etici connessi con l'impresa.


2. Lo spunto mi è offerto da un testo del Concilio Vaticano II particolarmente denso. E' tratto dalla costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: "Nelle imprese economiche si uniscono delle persone, cioè uomini liberi ed autonomi, creati ad immagine di Dio. perciò, avuto riguardo ai compiti di ciascuno - sia proprietari, sia imprenditori, sia dirigenti, sia lavoratori - e salva la necessaria unità di direzione dell'impresa, va promossa, in forme da determinarsi in modo adeguato, l'attiva partecipazione di tutti alla vita dell'impresa" (GS 6B). Riflettendo su questo testo conciliare, appare con immediata evidenza che due sono i principi etici fondamentali nei quali si compendia il pensiero sociale della Chiesa a proposito dell'impresa e della sua vita interna: l'impresa riunisce e associa persone umane, che vanno trattate come tali; il lavoro della persona richiede la sua iniziativa e responsabilità nella vita dell'impresa medesima.

Il mio predecessore di venerata memoria Giovanni XXIII, nell'enciclica "Mater et Magistra" (MM 78), diede espressione a questo profondo ideale sociale e umano dell'impresa: "Si deve tendere - egli scriveva - a che l'impresa divenga una comunità di persone nelle relazioni, nelle funzioni e nella posizione di tutti i suoi soggetti".

Questo concetto dell'impresa come comunità di persone costituisce la fonte delle impegnative esigenze etiche di tutti coloro che, direttamente o indirettamente, hanno a che fare con la vita economica e sociale della medesima.

Come ben sapete, in una economia veramente umana l'impresa non può identificarsi solo con i detentori del capitale, poiché essa è fondamentalmente una comunità di persone caratterizzata dall'unità di lavoro, nella quale prestazioni personali e capitale servono per la produzione dei beni.

Nella mia enciclica "Laborem Exercens" ho parlato del conflitto tra il capitale e il lavoro, quale è vissuto nei Paesi industrializzati, già entrati nella fase della società post-industriale per lo sviluppo di alte tecnologie.

Queste, in alcuni settori, riducono l'esigenza di manodopera, accentuando, insieme con altri fattori, il grave fenomeno della disoccupazione, col pericolo di sottrarre all'impresa quella profonda componente etica e sociale di comunità di persone, che dovrebbe esserle propria.

In questo incontro con voi, imprenditori di vari settori dell'economia e della produzione di un Paese industrializzato come l'Italia, incontro che avviene in un momento difficile per l'economia, voglio riferirmi ad alcuni fenomeni e problemi che particolarmente incidono sul consolidamento o sulla perdita del vero significato etico dell'impresa.


3. Nel contesto della produzione e della sua organizzazione si incontrano, da una parte, gli imprenditori o datori di lavoro sia diretti che indiretti, e, dall'altra, i lavoratori con le loro doti, le capacità di realizzarle nell'impegno delle loro prestazioni e con i loro diritti.

La Chiesa affronta il conflitto tra il capitale e il lavoro cercando di difendere l'uomo nei suoi diritti, di denunciare le ingiustizie e di contribuire positivamente alla soluzione dei problemi (cfr. LE 1). La dottrina sociale, che essa propone, si orienta sempre più verso un ordinamento del lavoro e del processo di produzione industriale, che risponda pienamente alla vera dignità della persona umana, principio e valore etico insostituibile nell'attività economica, poiché l'economia e la produzione sono per il bene dell'uomo e non l'uomo per l'accumulazione del capitale. Un'economia orientata soltanto al profitto non creerebbe comunità di persone, né genererebbe una vera cultura sociale di partecipazione responsabile di tutti i soggetti dell'impresa.

Nell'enciclica "Laborem Exercens" (LE 14) ho presentato una via di soluzione a questo rischio, la quale si ispira al valore etico dell'impresa come comunità di persone: "Associare, per quanto è possibile, il lavoro alla proprietà del capitale e dar vita a una ricca gamma di corpi intermedi con finalità economiche, sociali, culturali". Questa risposta etica al conflitto non permette quell'assoluta autonomia e indipendenza del capitale, da cui appunto deriva l'alienazione e la violazione della dignità della persona umana nell'impresa.


4. Per poter guardare con fiducia al futuro del mondo del lavoro, occorre che il centro di riferimento dell'operare economico sia sempre l'interesse per ogni essere umano: l'uomo e i suoi valori devono sempre essere il principio e il fine dell'economia.

Anche nei momenti di maggiore crisi il criterio che governa le scelte imprenditoriali non può mai essere la sopravvalutazione del profitto. Se si vuole realizzare realmente una comunità di persone al lavoro, occorre tenere conto dell'uomo concreto e dei drammi non solo individuali, ma anche familiari, a cui il ricorso al licenziamento inesorabilmente porterebbe. Certamente questa prassi, per quanto possa essere suggerita dalle circostanze, non favorisce la dignità delle persone e della comunità di lavoro nel suo insieme.

A voi, illustri rappresentanti dell'industria privata e pubblica, dell'agricoltura, del commercio, dei servizi, delle attività artigianali rivolgo il mio accorato appello perché si uniscano e si moltiplichino gli sforzi nell'impegno diretto a creare nuovi posti di lavoro.

Questi permetteranno ai giovani di trovare un impiego e a tutti di contare su di una fonte sicura di sostentamento per sé e per i propri cari. La generale congiuntura di inflazione e di recessione economica non dovrà mai impedire che si cerchi con tutte le forze e con tenace costanza come ovviare sia alle cause che la provocano, sia alle penose situazioni umane, che ne derivano.


5. Quali sono le vie che la Chiesa propone perché siano create delle imprese che siano vere comunità di lavoro, per unire il lavoro al capitale? Nella citata enciclica ho scritto che "i mezzi di produzione non possono essere posseduti contro il lavoro, non possono neppure essere posseduti per possedere, perché l'unico titolo legittimo al loro possesso - e ciò sia nella forma della proprietà privata sia in quella della proprietà pubblica o collettiva - è che essi servano al lavoro (LE 14).

Le proposte dell'insegnamento sociale della Chiesa si riferiscono alla comproprietà dei mezzi di lavoro, alla partecipazione dei lavoratori nella gestione e nei profitti dell'impresa, al cosidddetto "azionariato" del lavoro e altre simili formule di partecipazione. Tutti i soggetti dell'impresa, così come tutte le forze vive della società, devono cercare insieme le forme e le strutture concrete per realizzare tale obiettivo primordiale della collaborazione tra capitale e lavoro nella giusta gerarchia dei valori. La Chiesa non propone a tale scopo soluzioni tecniche uniformi, ma incoraggia la ricerca di soluzioni basate sulla dignità e sulla capacità dei lavoratori e insieme rispettose della funzione economica e sociale dell'impresa.

In questo contesto anche il sindacato entra come fattore dinamico dell'organizzazione sociale. In una società industriale come quella italiana, per non dire di una città così vivace e pulsante di attività come Milano, tali organizzazioni sono elementi indispensabili e insostituibili della vita sociale e dell'impresa-comunità, nonostante le influenze che cercano di snaturare il loro vero valore etico nella promozione della giustizia sociale o di ostacolare le relazioni, all'interno dell'impresa, più conformi al principio della priorità della persona sul capitale.


6. Tra le opposte filosofie - quella della sola competizione economica e quella della partecipazione - l'impresa "comunitaria, esige che nel processo della produzione e delle relazioni sociali interne, si opti per l'applicazione della seconda, la partecipazione, creando tra tutti i componenti dell'impresa una vera ed efficace interdipendenza. Una tale correlazione personale tra i responsabili diretti e indiretti dell'impresa e il "lavoro", sostenuta dalla politica sociale dello Stato, è condizione necessaria per accordare tra loro tutte le componenti del mondo del lavoro nell'impresa, per promuovere il dinamismo personale e comunitario della vita della medesima e per superare i conflitti.

Nel dire questo il mio pensiero si allarga anche al campo dei rapporti internazionali, ove pure è necessario impegnarsi perché si affermi la giustizia sociale. Parlando lo scorso anno alla Sessione inaugurale del Simposio internazionale sulla "Laborem Exercens", osservavo: "Nuove possibilità si intravedono all'orizzonte, che ormai non possono più concepirsi in termini ristretti, unicamente nazionali. Se i problemi, con cui l'uomo moderno deve confrontarsi, non possono essere compresi che tenendo conto della loro dimensione mondiale, sarà pure su scala internazionale che, in molti casi, dovranno essere cercate le soluzioni. Giustamente, pertanto, oggi sempre più frequentemente si auspica un nuovo ordine economico internazionale, che, superando i modelli insufficienti e inadeguati del passato, assicuri all'umanità una giusta partecipazione ai beni della creazione, con particolare sensibilità per i popoli in via di sviluppo" ("Insegnamenti", 1982/I, p. 1096).

L'attuazione di questo sforzo gigantesco, così come è proposto dall'insegnamento sociale della Chiesa, richiede un'alta dose di disponibilità al dialogo sincero e di generosità nell'affrontare il sacrificio, in ogni settore, in modo che il risultato non sia tanto la tutela di interessi dell'una o dell'altra parte, quanto piuttosto una situazione nella quale il lavoratore sia sempre più "uomo" nel suo lavoro, e l'impresa sia espressione dinamica della partecipazione di tutti.


7. Il dialogo della Chiesa col mondo contemporaneo circa i valori etico-comunitari è un suo modo di essere presente, sotto l'azione dello Spirito Santo, nelle realtà temporali. La Chiesa conosce lo sviluppo di questi valori nella coscienza individuale e nelle relazioni interpersonali dell'uomo d'oggi. Ovunque vi sia dipendenza da fattori economici complessi e dallo sviluppo tecnologico, il vero progresso consiste nella comunità "interpersonale".

L'azione dello Spirito Santo e la forza dell'Eucaristia, queste Realtà divine a cui ci riportano l'odierna Solennità di Pentecoste e la conclusione del Congresso Eucaristico Nazionale, ci sospingono verso il superamento di ogni etica individualistica; verso il ritorno costante al valore primario della persona umana, ampliando gli orizzonti dell'amore; verso il conseguimento della giustizia sociale nel rispetto dell'uguaglianza di tutti gli uomini; verso lo sviluppo del senso di responsabilità, dell'impegno comune e della partecipazione (cfr. GS 25-29).

Signore e Signori! fratelli e sorelle! Accogliete queste considerazioni come segno della mia profonda stima per voi e per la vostra importante opera. Il Signore, al quale vi ricordo insieme ai vostri cari, illumini le vostre menti e irrobustisca le vostre volontà nella costruzione di un avvenire per l'umanità, al quale si possa guardare con minore ansietà e con più fiducia, sorretti da una forza che trascende l'uomo. Invoco su di voi l'abbondanza del favori celesti, mentre di cuore vi benedico.

Data: 1983-05-22 Data estesa: Domenica 22 Maggio 1983

Ai degenti del Policlinico - Milano

Titolo: Gli infermi, immagine di Cristo sofferente

Nel programma d'incontri nella mia visita a Milano, non doveva mancare una sosta al Policlinico della città, per esprimere a ciascuno di voi, carissimi infermi, la mia affettuosa solidarietà e per dirvi una parola di incoraggiamento e di speranza.

Rivolgo poi un rispettoso saluto ai dirigenti, ai loro aiuti ed assistenti, come pure agli altri medici, ai paramedici, alle infermiere e infermieri che vi svolgono la loro benefica attività; ai cappellani, alle religiose Suore della Carità delle Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa per il loro impegno di assistenza e di generosa dedizione ai compiti ad essi assegnati.

Estendo il mio saluto a tutti gli Ospedali e Cliniche di Milano, assicurando medici e ricoverati che sono loro vicino con particolare intensità di sentimento e che la mia visita al Policlinico mi porta col pensiero anche a ciascuno di loro.

Tra le centinaia di migliaia di persone che ho potuto vedere durante queste meravigliose giornate, voi, carissimi ammalati, costituite la parte eletta e siete, pertanto, i più vicini al mio cuore. Esprimo l'augurio che le cure a voi apprestate non solo valgano ad alleviare i vostri dolori fisici, ma vi aiutino altresi a recuperare presto la piena salute. Vorrei tuttavia ricordare che anche la malattia, per chi sa accettarla con fede e sopportarla con amore, porta con sé un bene prezioso: essa vi unisce misticamente all'"Uomo dei dolori", divenuto tale "per noi e per la nostra salvezza". Questa unione a Cristo Redentore vi fa oggetto della sua predilezione, e vi offre la risposta ai vostri inquietanti problemi connessi col mistero del dolore fisico e morale. In tale illuminante realtà, ecco il sollievo che non illude: fratelli di Cristo sofferente, ne siete la trasparente immagine: non solo non è inutile la vostra forzata degenza, ma per effetto della docilità alle prove permesse dal Padre celeste, i vostri disagi e le vostre umiliazioni divengono strumento di salvezza per il mondo. E come lo siete per Gesù, siete i fratelli e le sorelle più amati da colui che vi parla. So, infatti, di poter fare assegnamento sull'offerta dei vostri sacrifici e delle preghiere propiziatrici per il bene delle anime, come anche per l'assolvimento del mio universale ministero.

Voglio corrispondere a tanta vostra bontà, assicurandovi la mia costante vicinanza spirituale, supplicando Gesù Eucaristia, nel divin Sacrificio della Messa, affinché effonda su di voi l'abbondanza delle sue consolazioni.

La mia cordiale riconoscenza e stima si estendono a quanti, come il buon Samaritano del Vangelo, hanno merito nell'accogliervi e nell'assistervi, non badando alle peculiari difficoltà del servizio; e formo l'auspicio che al progresso scientifico e tecnologico dei docenti e degli operatori sanitari, a cui sono connessi l'incremento e il perfezionamento di questa Facoltà universitaria, si accompagni costantemente la vigile coscienza dell'alta missione di proteggere fin dal concepimento la vita umana creata da Dio, redenta da Cristo e destinata alla visione, al godimento e al possesso della verità infinita.

L'apostolica benedizione, che ora affettuosamente v'imparto, attiri sempre su di voi tutti, sui vostri cari e su quanti vi stanno a cuore, i doni eletti del Signore, pegno e riflesso della sua compiacenza.

Data: 1983-05-22 Data estesa: Domenica 22 Maggio 1983

Regina Coeli in Piazza Duomo - Milano

Titolo: Invito ai giovani a partecipare al loro Giubileo

"Lo Spirito del Signore ha riempito l'universo, alleluia! (Sg 1,7).


1. Questo canto gioioso sale oggi dal cuore di tutti i redenti, nell'Anno Giubilare della Redenzione. Lo Spirito di Dio ha infuso vita nuova nei nostri animi e ha impresso un nuovo impulso alla storia della salvezza: "Per questo, nella pienezza della gioia pasquale, l'umanità esulta su tutta la terra" (Prefazio Pasquale 1).

Maria è la testimonianza più alta di ciò che lo Spirito di Dio può fare nell'uomo, quando lo rinnova nell'intimo e lo costituisce pietra viva in un mondo nuovo. Prevenuta dalla Grazia del Redentore, Ella rispose con fedele obbedienza ad ogni richiesta di Dio, ad ogni mozione dello Spirito Santo: come umile serva, si dono verginalmente al Signore; come sorella premurosa, fu attenta al bisogni degli altri; come madre consacro interamente se stessa alla persona e alla missione del suo Figlio Redentore, diventandogli perfetta discepola e associandosi generosamente a lui nell'unico sacrificio che cancella il peccato e ci riconcilia col Padre. Lo Spirito Santo le rischiaro passo passo l'oscuro cammino di fede, le illumino ogni parola e ogni gesto del Figlio, la sorresse nel dolore del Calvario e nell'offerta suprema. Poi, dopo la Croce, la configuro a lui nella gloria.


2. La Pentecoste ci parla pero anche della presenza di Maria nella Chiesa: presenza orante nella Chiesa di ogni tempo. Al suo posto come semplice fedele, ma la prima tra i fedeli, perché Madre, sostenne la preghiera comune e con gli Apostoli e gli altri discepoli uni la sua voce nell'implorazione del dono dello Spirito Santo, di quel medesimo Spirito che l'aveva adombrata all'Annunciazione rendendola Madre di Dio.

Annunciazione e Pentecoste: ecco i due momenti che misteriosamente si perpetuano nella Chiesa: ciò che avvenne a Nazaret, ciò che si compi nel Cenacolo, ogni giorno avviene su tutti gli altari del mondo: è così che "lo Spirito del Signore ha riempito l'universo".


3. Carissimi Milanesi, sono questi i pensieri che ci suggerisce l'odierna Solennità di Pentecoste, riuniti come siamo in questa storica Piazza del Duomo, vegliato dalla "Madonnina", con le mille sue guglie elevantisi al cielo come mani in preghiera. Questo monumento, simbolo celebrato della fede e della civiltà di Milano, risveglia memorie e affetti che mi legano a questo capoluogo lombardo, per esservi venuto più volte e per diverse ragioni. Come si può rinunciare a conoscere una delle città, che ha vissuto in profondità il Cristianesimo fin dall'età del grande Vescovo Ambrogio? A Milano, sant'Agostino senti la sua prima chiamata alla fede e inizio il suo prestigioso magistero dottrinale e pastorale.

C'è anche un motivo personale, che mi pone idealmente in mezzo a voi: mi chiamo Carlo, e i genitori nel darmi questo nome mi vollero affidare alla protezione di san Carlo Borromeo. Desidero, infine, ricordare con particolare affetto la figura di colui che qui a Milano fu Arcivescovo, cioè il mio predecessore Paolo VI, che se a me fu maestro, fu per voi e tra voi provvida e illuminata guida spirituale. La comune emozione, che voi e io proviamo nel rievocare la sua memoria, è anch'essa un vincolo e un segno di sincera amicizia.


4. Nel ricordare questi avvenimenti, episodi e circostanze che appartengono ormai al passato, ma che sono stati tra loro collegati da un misterioso filone mariano, quasi in preparazione e a suggello di questo solenne incontro che si svolge sotto lo sguardo della Vergine santissima, solleviamo a lei i nostri cuori e invochiamola quale Regina del cielo e della terra.

A lei e al suo materno patrocinio affidiamo quanti sono periti nella tragica sciagura avvenuta ieri sull'Autostrada dei fiori. Intercediamo per la pronta guarigione dei feriti, imploriamo il conforto per le famiglie colpite da tanto dolore. La Madre Celeste soccorra e consoli tutti.

Mi è grato cogliere l'occasione del collegamento televisivo con vari Paesi per rivolgere il mio invito al giovani, di tutte le nazioni e i continenti, a partecipare allo speciale giubileo, programmato per essi a Roma dall'11 al 15 aprile dell'anno prossimo.

Chi più di voi, giovani, può cogliere l'ampiezza e la profondità della speranza cristiana? Voi imparate, nel presente, l'edificazione di un futuro più giusto per l'uomo. Chi più di voi può sentire il bisogno di Qualcuno che liberi l'uomo dalle molteplici radici del male che è dentro di lui e che segna drammaticamente tanta parte del suo essere e del suo agire? Rivolgere lo sguardo a Cristo che ci ha liberato dal peccato e dal male; deporre davanti a lui la fragilità della nostra esperienza così come la certezza della sua vittoria, questo è lo scopo del grande raduno romano pensato appositamente per voi, giovani. Sarà un incontro di preghiera, di condivisione, di conversazione, di letizia. In una parola, un incontro di verità e di vita che ottenga per ciascuno e per tutti la pace operosa. Un incontro che vi renda edificatori di forme di vita nuove e più espressive del volto dell'uomo di oggi.

E, soprattutto, di quello dell'uomo di domani che nei vostri volti già si prefigura.

Data: 1983-05-22 Data estesa: Domenica 22 Maggio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Ai docenti nell'Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano