GPII 1983 Insegnamenti - Omelia a conclusione del XX Congresso Eucaristico - Milano

Omelia a conclusione del XX Congresso Eucaristico - Milano

Titolo: Con l'Eucaristia la vita viene inscritta nel mistero del Dio vivente

"Manda il tuo Spirito, o Signore, a rinnovare la terra!".


1. così grida la Chiesa nella liturgia della solennità di Pentecoste. così grida la Chiesa che è in Milano, la Chiesa che custodisce assiduamente il patrimonio di sant'Ambrogio, di san Carlo e di tante generazioni del Popolo di Dio, raccolto intorno al suoi grandi Pastori.

Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra! così grida oggi la Chiesa in tutta l'Italia, qui riunita per celebrare il suo Congresso Eucaristico.

E', infatti, il XX Congresso Nazionale Eucaristico d'Italia, che trova la sua definitiva manifestazione in questo Santo Sacrificio, celebrato nella festa di Pentecoste.

Ringrazio Dio onnipotente di avere la gioia di compiere, come Vescovo di Roma, insieme con voi, venerati e cari fratelli e sorelle, a conclusione del Congresso, questo atto di lode e di adorazione della Santissima Trinità: del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.


2. Potente è il soffio della Pentecoste. Esso eleva, nella forza dello Spirito Santo, la terra e tutto il mondo creato a Dio, per mezzo del quale esiste tutto ciò che esiste. perciò, noi cantiamo insieme col salmista: "Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! / La terra è piena delle tue creature" ().

Guardiamo l'orbe terrestre, abbracciamo l'immensità del creato e continuiamo a proclamare col salmista: "Se... togli loro il respiro, muoiono / e ritornano nella loro polvere. / Mandi il tuo spirito, sono creati / e rinnovi la faccia della terra" ().

Professiamo la potenza dello Spirito nell'opera della creazione: il mondo visibile ha il suo inizio nell'invisibile Sapienza, Onnipotenza e Amore. E perciò noi desideriamo parlare alle creature con la parola che esse udirono dal loro Creatore all'inizio, quando egli vide che erano "cosa buona", "molto buona".

E perciò noi cantiamo: "Benedici il Signore, anima mia: / Signore, mio Dio, quanto sei grande!... / La gloria del Signore sia per sempre; / gioisca il Signore delle sue opere" (Ps 103(104),


1.31).

3. Nel tempio grande e immenso della creazione desideriamo festeggiare oggi la nascita della Chiesa. Proprio perciò noi ripetiamo: "Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la faccia della terra!". E ripetiamo queste parole riunendoci nel cenacolo della Pentecoste: là, infatti, lo Spirito Santo discese sugli apostoli, raccolti insieme con la Madre di Cristo, e là nacque la Chiesa per servire il rinnovamento della faccia della terra.

Contemporaneamente tra tutte le creature, che diventano opera delle mani umane, noi scegliamo il Pane e il Vino. Li portiamo all'altare. Infatti, la Chiesa, nata nel giorno della Pentecoste dalla potenza dello Spirito Santo, nasce costantemente dall'Eucaristia, nella quale il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue del Redentore. E anche ciò avviene grazie alla potenza dello Spirito Santo.


4. Ci troviamo nel cenacolo di Gerusalemme nel giorno della Pentecoste. Ma contemporaneamente la liturgia di questa Solennità ci conduce allo stesso cenacolo "la sera del giorno della Risurrezione". Proprio là, benché le porte fossero chiuse, tra i discepoli riuniti e ancora timorosi venne Gesù.

Dopo aver mostrato loro le mani e il costato, come prova che era lo stesso che era stato crocifisso, egli disse loro: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi. Dopo aver detto questo, alito su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Jn 20,21-23).

Così, dunque, la sera del giorno della Risurrezione gli apostoli, racchiusi nel silenzio del cenacolo, avevano ricevuto lo stesso Spirito Santo, che discese su di loro dopo cinquanta giorni, affinché, ispirati dalla sua potenza, divenissero testimoni della nascita della Chiesa: "Nessuno può dire Gesù è il Signore, se non sotto l'azione dello Spirito Santo" (1Co 12,3).

La sera del giorno della Risurrezione gli apostoli, per la potenza dello Spirito Santo, confessarono con tutto il cuore: "Gesù è il Signore"; ed è la stessa verità che, a partire dal giorno della Pentecoste, essi hanno proclamato a tutto il popolo, fino allo spargimento del sangue.


5. Quando gli apostoli hanno creduto e confessato col cuore che "Gesù è il Signore", la potenza dello Spirito Santo ha consegnato nelle loro mani l'Eucaristia - il Corpo e il Sangue del Signore -; quell'Eucaristia che nello stesso cenacolo, durante l'ultima cena, Cristo aveva loro affidato, prima della sua passione.

Disse allora, mentre dava loro il pane: "Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi".

E di seguito, dando loro il calice del vino disse: "Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati". E, dopo aver detto questo, aggiunse: "Fate questo in memoria di me".

Quando arrivo il giorno del venerdi santo, e poi del sabato, le parole misteriose dell'ultima cena si compirono mediante la passione di Cristo. Ecco, il suo Corpo era stato dato. Ecco, il suo Sangue era stato versato. E quando Cristo risorto stette in mezzo agli apostoli nella sera di Pasqua, i loro cuori batterono, sotto il soffio dello Spirito Santo, con un nuovo ritmo di fede.

Ecco, sta davanti a loro il Risorto! Ecco, Gesù è il Signore. Ecco, Gesù il Signore ha dato loro il suo Corpo come pane e il suo Sangue come vino, "per la remissione dei peccati". Ha dato loro l'Eucaristia.

Ecco, il Risorto dice adesso: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Ecco, li manda nella potenza dello Spirito Santo con la parola dell'Eucaristia e con il segno dell'Eucaristia, giacché realmente ha detto: "Fate questo in memoria di me".

"Gesù Cristo è Signore". Ecco, manda loro, gli apostoli, con l'eterna memoria del suo Corpo e del suo Sangue, col Sacramento della sua Morte e della sua Risurrezione: egli, Gesù Cristo, Signore e Pastore del suo gregge per tutti i tempi.


6. La Chiesa nasce il giorno della Pentecoste. Essa nasce sotto il potente soffio del Santissimo Spirito, il quale ordina agli apostoli di uscire dal cenacolo e di intraprendere la loro missione.

La sera della Risurrezione Cristo disse loro: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". La mattina della Pentecoste lo Spirito Santo fa si che essi intraprendano questa missione. così essi vanno in mezzo agli uomini e si mettono in cammino per il mondo.

Prima che ciò avvenisse, il mondo - il mondo umano - era entrato nel cenacolo. Poiché ecco: "Essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciavano a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi (Ac 2,4). Con questo dono delle lingue è entrato insieme nel cenacolo il mondo degli uomini, che parlano le varie lingue, e ai quali bisogna parlare in varie lingue per essere compresi nell'annuncio delle "grandi opere di Dio" (Ac 2,11).

Dunque, nel giorno della Pentecoste è nata la Chiesa, sotto il potente soffio dello Spirito Santo. Essa è nata, in un certo senso, in tutto il mondo abitato dagli uomini, che parlano diverse lingue. E' nata per andare in tutto il mondo ammaestrando, con le diverse lingue, tutte le nazioni. E' nata perché, ammaestrando gli uomini e le nazioni, essa nasca sempre di nuovo mediante la parola del Vangelo; perché nasca sempre di nuovo in essi nello Spirito Santo, dalla potenza sacramentale dell'Eucaristia.

Tutti coloro che accolgono la parola del Vangelo, tutti coloro che si nutrono del Corpo e del Sangue di Cristo nell'Eucaristia sotto il soffio dello Spirito Santo professano: "Gesù è il Signore" (1Co 12,3).


7. E così, sotto il soffio dello Spirito Santo, iniziando dalla Pentecoste di Gerusalemme, cresce la Chiesa. In essa vi sono diversità "di carismi", e diversità "di ministeri", e diversità "di operazioni", ma "uno solo è lo Spirito", ma "uno solo è il Signore", ma "uno solo è Dio", "che opera tutto in tutti" (1Co 12,4-6).

In ogni uomo, in ogni comunità umana, in ogni paese, lingua e nazione, in ogni generazione, la Chiesa viene di nuovo concepita e di nuovo cresce. E cresce come corpo, perché, come il corpo unisce in uno molte membra, molti organi, molte cellule, così la Chiesa unisce in uno con Cristo molti uomini.

La molteplicità si manifesta, per opera dello Spirito Santo, nell'unità, e l'unità contiene in sé la molteplicità: "In realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo..., e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito" (1Co 12,13).

E alla base di questa unità spirituale, che nasce e si manifesta ogni giorno sempre di nuovo, è il Sacramento del Corpo e del Sangue, il grande memoriale della Croce e della Risurrezione, il Segno della nuova ed eterna alleanza, che Cristo stesso ha messo nelle mani degli apostoli e ha posto a fondamento della loro missione.

Nella potenza dello Spirito Santo si costruisce la Chiesa come Corpo mediante il Sacramento del Corpo. Nella potenza dello Spirito Santo si costruisce la Chiesa come popolo della nuova alleanza mediante il Sangue delta nuova ed eterna alleanza.

E' inesauribile, nello Spirito Santo, la potenza vivificante di questo Sacramento. La Chiesa vive di esso, nello Spirito Santo, con la vita stessa del suo Signore. "Gesù è Signore".


8. Oggi, in questa Solennità di Pentecoste, nell'Anno Giubilare della Redenzione

1983, nell'illustre città di Milano si trova raccolto il cenacolo della nostra fede. E' il cenacolo della Pentecoste, ma è, in pari tempo, il cenacolo stesso dell'incontro pasquale di Cristo con gli apostoli, è il cenacolo stesso del Giovedi Santo.

Ci siamo riuniti, quindi, nel cenacolo per accogliere nuovamente la testimonianza di tutti i grandi misteri divini, che nel cenacolo ebbero inizio.

Per accogliere la testimonianza, e per rendere testimonianza all'Eucaristia e alla nascita della Chiesa. Per dare unità, mediante il cenacolo, a questa testimonianza.

Un giorno venne al cenacolo della Pentecoste tutto il mondo attraverso il dono delle lingue: fu come una grande sfida per la Chiesa, grido per l'Eucaristia e domanda dell'Eucaristia.

Oggi al cenacolo del Congresso Eucaristico, nella nobile città di Milano, viene prima di tutto l'Italia: viene tutta l'Italia. Non soltanto la Lombardia: ma anche il Piemonte, le tre Venezie e la Liguria; anche la Romagna e l'Emilia; anche l'Umbria e la Toscana, il Lazio e le Marche; anche tutto il Meridione: la Campania, gli Abruzzi e il Molise, la Puglia, la Calabria, la Basilicata. Vengono, infine, le Isole: la Sicilia e la Sardegna, e le altre più piccole sparse sui mari. Tutta l'Italia dalle coste dell'Adriatico e del mare Tirreno attraverso il golfo di Genova e di Venezia, tutta l'Italia lungo gli Appennini, attraverso la valle del Po fino alle alte catene delle Dolomiti e delle Alpi, è qui spiritualmente raccolta.

Animata dal soffio potente della Pentecoste, questa terra italiana annuncia da generazioni e generazioni, quasi da duemila anni, le grandi opere di Dio. Essa annuncia l'Eucaristia, dalla quale nasce la Chiesa.

L'annuncia con particolare solennità in questo giorno nel quale, stringendosi intorno al Sacramento dell'altare in questa celebrazione conclusiva del Congresso Nazionale, presenta al fedeli il Documento sull'Eucaristia elaborato da suoi Vescovi e da essi proprio oggi pubblicato, con l'augurio che ogni comunità cristiana "dall'Eucaristia accolga la rivelazione dell'amore di Dio, la letizia dell'unità fraterna, il coraggio della speranza per essere con Cristo pane spezzato per la vita del mondo".

La Chiesa diventa, mediante l'Eucaristia, la misura della vita e la sorgente della missione di tutto il Popolo di Dio, che è venuto oggi al cenacolo parlando con la lingua degli uomini contemporanei.

Nell'Eucaristia viene iscritto ciò che di più profondo ha la vita di ogni uomo: la vita del padre, della madre, del bambino e dell'anziano, del ragazzo e della ragazza, del professore e dello studente, dell'agricoltore e dell'operaio, dell'uomo colto e dell'uomo semplice, della religiosa e del sacerdote. Di ciascuno senza eccezioni. Ecco, la vita dell'uomo viene inscritta, mediante l'Eucaristia, nel mistero del Dio vivente. In questo mistero - come nell'eterno Libro della Vita - l'uomo oltrepassa i limiti della contemporaneità, avviandosi verso la speranza della vita eterna. Ecco, la Chiesa del Verbo Incarnato fa nascere, mediante l'Eucaristia, gli abitanti dell'eterna Gerusalemme.


9. Ti rendiamo grazie, o Cristo! Ti rendiamo grazie, perché nell'Eucaristia accogli noi, indegni, mediante la potenza dello Spirito Santo nell'unità del tuo Corpo e del tuo Sangue, nell'unità della tua Morte e della tua Risurrezione.

"Gratias agamus Domino Deo Nostro!". Ti rendiamo grazie, o Cristo! Ti rendiamo grazie, perché permetti alla Chiesa di nascere sempre nuovamente su questa terra e perché le permetti di generare figli e figlie di questa terra come figli dell'adozione divina ed eredi dei destini eterni.

"Gratias agamus Domino Deo Nostro!". Ti rendiamo grazie noi tutti, riuniti da tutta l'Italia, mediante questo Congresso Eucaristico. Accogli il nostro ringraziamento comunitario. O Cristo! Ti preghiamo di stare in mezzo a noi, come la sera di Pasqua ti ritrovasti fra gli apostoli del cenacolo; ti preghiamo di dire ancora una volta: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21).

E dona a queste parole il soffio potente della Pentecoste! Fa' che noi rimaniamo fedeli a queste parole! Fa' che noi siamo dovunque tu ci mandi..., perché il Padre ha mandato te.

(Al termine della Santa Messa, il Papa ha così preso commiato:) Cari fratelli e sorelle, ho pregato con voi; ho partecipato alla vostra fede; ho ammirato la vostra fede, vedendo anche in quali condizioni vi trovate. E' stata una prova della nostra fede e speriamo che porterà frutti. Vi ringrazio per questa profonda esperienza di fede eucaristica che è stata il XX Congresso Eucaristico Nazionale italiano. Vi saluto cordialmente prima di tornare a Roma e ancora una volta saluto i miei fratelli Cardinali e Vescovi, i sacerdoti e tutti i miei carissimi fratelli e sorelle, specialmente i malati.

(Rispondendo a chi chiedeva di tornare un'altra volta a Milano:) Solamente chi è già andato via può tornare e io non sono ancora andato via e voi non sapete se andro via. Cercheremo allora di risolvere questo problema tra il tornare, l'andare via e il rimanere. Cercheremo di risolverlo con la grazia di Dio... Ancora una volta ringrazio il vostro Arcivescovo Cardinale Carlo Maria Martini di avermi invitato a questo Congresso Eucaristico Nazionale italiano e ringrazio tutti per avermi accolto e, adesso, di lasciarmi tornare a Roma. Sia lodato Gesù Cristo.

Data: 1983-05-22 Data estesa: Domenica 22 Maggio 1983

Ai promotori di Convegni sul Magistero - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Attraverso il Magistero la Chiesa indica la via del Vangelo

Cari fratelli e sorelle!


1. Esprimo viva e sincera riconoscenza al caro Cardinale Ugo Poletti per le parole con cui ha voluto presentarmi l'idea di fondo, che anima i vostri Convegni. Do il più caldo benvenuto a lui, che ne è il Presidente e a voi, Vescovi, sacerdoti e laici, che costituite il Comitato promotore di detti Convegni; e tutti vi saluto con affetto.

Avendo accettato la successione dell'apostolo Pietro in obbedienza a un disegno di Dio, non posso non ascoltare gli interrogativi, che giungono a me come giungevano già a Pietro stesso il giorno della Pentecoste, quando i suoi ascoltatori gli chiesero: "Che cosa dobbiamo fare?" (Ac 2,37). Di qui deriva l'ansia di poter ripetere, riguardo ad ogni uomo, il gesto e la parola del medesimo Apostolo: "Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo Nazareno, cammina" (Ac 3,6). Sono consapevole di farlo, nella misura dell'annuncio di quello stesso Gesù, della sua parola e del suo insegnamento quale luce per il cammino dell'uomo di tutti i tempi, e in primo luogo del nostro. perciò l'"assillo quotidiano, la premura per tutte le Chiese" (2Co 11,28), nonché il desiderio di essere vicino all'intera umanità nelle sue aspirazioni e necessità, a me affidate, esigono un Magistero solerte e attento, "in ogni occasione opportuna e non opportuna" (2Tm 4,2), adeguato ai bisogni e alla comprensione di tutti.


2. Compito e dovere del Magistero pontificio - come di quello dei Vescovi nelle loro Chiese locali o in seno al Collegio, "cum Petro et sub Petro" - è di illuminare con la verità rivelata ogni situazione umana, ogni aspetto della umana vicenda. perciò, non esito a ripetere in questa circostanza che la Chiesa ha da Dio stesso una via che per tutti è valida per la soluzione dei difficili problemi, che l'uomo contemporaneo si trova ad affrontare. Questa via la Chiesa non può certo imporla, ma ha il dovere di proporla, nel rispetto della libertà dell'uomo che può accettarla o meno. Attraverso il suo Magistero, la Chiesa - e in essa il successore di Pietro - non fa altro che indicare la via del Vangelo.

Non c'è ansia dello spirito o del cuore umano, non c'è problema o interrogativo riguardante l'uomo, che non debba interpellare la Chiesa e al quale essa non senta l'urgenza di dare luce e guida a partire dal tesoro delle verità di cui è depositaria. Ecco perché, senza pretendere di dare soluzioni di carattere tecnico ai problemi sempre più delicati che si pongono nel campo culturale, sociale, economico, politico o altro, ma consapevole della dimensione umana di tali problemi, il Magistero della Chiesa non cessa di trarre dalla Parola del Dio vivente orientamenti chiari, sia per la vita dei singoli che per la convivenza sociale. così il Dio ricco di misericordia, nel suo Figlio Redentore dell'uomo, va incontro all'uomo, sia che egli si trovi ad esercitare il lavoro che lo deve far crescere, sia che si trovi nella compagine familiare.


3. Qui l'iniziativa che il vostro Comitato intende promuovere riceve il suo significato e rivela la sua portata ecclesiale.

Ai Tessalonicesi l'apostolo Paolo scriveva in un momento cruciale del suo servizio pastorale: "Pregate per me, fratelli, perché la parola del Signore si diffonda e sia glorificata come lo è anche tra voi" (2Th 3,1). Voi intendete aggiungere alla preghiera, per la quale vi sono sempre riconoscente, anche un'azione intelligente ed efficace perché la parola del Magistero si diffonda nell'ambito della Chiesa e della società. Il Convegno già realizzato, che ha messo a fuoco l'insegnamento sulla famiglia, e quelli imminenti sui problemi del Mezzogiorno e poi sull'Europa, e poi quelli che verranno in seguito, vogliono offrire all'insegnamento del Magistero un'ulteriore risonanza e dunque un più largo ascolto.

Voi volete anche, nella piena fedeltà agli enunziati del medesimo Magistero, approfondirlo dall'interno, esplicitandolo a partire dalla sua logica propria, dal confronto delle molteplici espressioni che esso assume. così voi ritenete di renderlo più comprensibile a tutti i livelli, sia della comunità ecclesiale, sia di quella umana. Non è una vana speranza la vostra, di rendere questo Magistero più capace di trasformare le coscienze dei nostri contemporanei più responsabili del bene comune, nonché le strutture della nostra società.


4. Vi ringrazio dello spirito creativo con cui avete programmato questi Convegni, ai quali state dando vita. Vi incoraggio nel servizio qualificato, che in questo modo prestate alla Chiesa e al "ministerium Petri". E di cuore vi benedico.

Data: 1983-05-24 Data estesa: Martedi 24 Maggio 1983



Ai Vescovi della Repubblica Dominicana in "visita ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Intensificate l'impegno pastorale per aumentare la grazia sul popolo

Amatissimi fratelli nell'Episcopato.


1. Debbo confessarvi che desideravo molto avere questo incontro collegiale per manifestarvi tutto il mio affetto e la mia sollecitudine, accrescente durante i giorni della vostra visita "ad limina", per le vostre persone e per il Popolo di Dio che guidate nella Repubblica Dominicana.

Nelle successive udienze con ciascuno di voi ho potuto verificare con viva soddisfazione quanto profondo e genuino sia il vostro spirito di comunione con questa Sede apostolica, dalla quale deriva intelligenza e fermezza, incoraggiamento e speranza per il vostro ministero ecclesiale. Fermezza e speranza che trovano a loro volta corrispondenza nel mio animo e nel mio servizio universale per la Chiesa, perché sono frutto del medesimo "amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori, per mezzo dello Spirito Santo che ci è dato" (Rm 5,3-4).

A dare maggiore rilievo a questi comuni sentimenti contribuisce la grata presenza tra noi del nostro amatissimo Signor Cardinale Octavio Beras Rojas, al quale, in riconoscimento della sua ampia e fruttuosa attività pastorale e in testimonianza di affetto, ho voluto rendere meritato omaggio conferendogli il titolo di Presidente "ad honorem", vitalizio, della Conferenza episcopale. E dunque il mio saluto e il mio abbraccio di pace in Cristo Redentore vada a Vostra Eminenza, a voi Pastore della Chiesa, ai vostri infaticabili sacerdoti, religiosi e religiose, e al popolo fedele che vi è stato affidato.


2. Poco più di quattro anni fa, ancora agli albori del mio pontificato romano, ho avuto la gioia, che considero una grazia speciale del Signore, di trascorrere tra di voi una giornata indimenticabile, trasparente di fede e di religiosità cristiana. Era quello il mio primo viaggio apostolico nel Nuovo Continente ed era anche il mio primo incontro apostolico con la Chiesa locale di un intero Paese, il vostro, che oserei chiamare, senza intenzione né timore di affettazione, "la primogenita del Nuovo Mondo nella fede", per aver posto le prime radici del Vangelo nelle nuove terre.

A distanza di quasi cinque secoli da questo avvenimento, vi state preparando a celebrarlo con un adeguato programma decennale di rinnovamento spirituale, i cui obiettivi più immediati sono di intensificare il dinamismo della fede, cosciente e operante, e dare vitalità al clima di unità ecclesiale, di comunione fraterna, con particolare rilievo all'ambito della famiglia cristiana e dei doveri imposti dalla convivenza nella società, al cui compimento i figli della Chiesa debbono essere in ogni momento forza illuminante e propulsiva.

Mi congratulo con voi per questa iniziativa, dalla quale è giusto sperare frutti abbondanti. A questo riguardo, e con il desiderio di confermare il vostro proposito, vorrei oggi evocare, anche se brevemente, qualcosa che considero di importanza primaria dal punto di vista dottrinale e per la prassi pastorale: la verità o, se preferite, l'avvenimento basilare della Redenzione e il suo significato concreto per il vostro popolo.


3. La Chiesa nella Repubblica Dominicana può sentirsi oggetto di grazia poiché il suo nome assume una sfumatura di primizia nel mistero dell'economia divina della salvezza. Dio manifesto la sua volontà misericordiosa guidando uomini volenterosi che giunsero sulle vostre sponde e in seguito diffusero il Vangelo: quella impresa di trascendenza storica suscito un momento di commozione in un'epoca nella quale si aprivano orizzonti nuovi alle conoscenze e alle realizzazioni umane.

Pero non può rimanere in ombra il disegno divino che, anche oggi, vi invita a riconoscerlo e ad accettarlo come evento unico ed essenziale, al di sopra di tante e tanto diverse vicissitudini umane.

Sulla vostra terra e tra le vostre genti, nel momento in cui si scopri il Nuovo Mondo, nacque anche la nuova umanità, purificata e innestata in Cristo mediante il Battesimo. Da allora, lo spirito divino ha ispirato la traiettoria dei dominicani; la linfa redentrice della grazia di Cristo non ha cessato di modellare gli uomini, l'anima della vostra Nazione, conferendo un'impronta comune di fede, vincolo eterno di unione in seno alla Chiesa. Prescindere da questa realtà tanto misteriosa quanto spiritualmente vigorosa sarebbe sfigurare l'immagine interiore e genuina dell'uomo nuovo, amato da Dio e chiamato da lui a liberarsi dai legami del peccato e della morte, grazie alla mediazione di suo Figlio e per l'azione costante dello Spirito Santo.


4. Quest'anno nel quale commemoriamo il 1950° anniversario della Redenzione di Cristo deve incontrarci con le porte aperte alla grazia. La nostra condizione di Pastori, posti da Dio alla guida del suo gregge, ci chiede di essere vigilanti e attenti a dispensare l'autentica novità di vita nella giustizia e nella santità.

Da diverse parti sorgono, continuamente, proposte e offerte di modelli di umanità, che, sotto il segno illusorio del cambiamento, non badano a includere la Chiesa e la sua missione tra i frutti e le opere create dall'uomo, come se la salvezza personale e universale dipendesse dalla mente e dalle mani dell'uomo stesso.

Sapete molto bene, amati fratelli, e l'ho sperimentato nelle vostre comunità, quanto angosciosa e opprimente sia l'esistenza quando si pretende di fare a meno di Dio, quando le azioni abituali della vita quotidiana, a livello personale e sociale, non risuonano nella coscienza come la chiamata della volontà divina che, mediante l'ordine morale, mostra il cammino della felicità eterna, ma come eco di un mondo che non vede altri confini che quelli di un fugace godimento dei beni terreni.

Con questo sentimento, desidero esortarvi oggi a intensificare con ogni mezzo il vostro programma pastorale di elevazione spirituale e morale. E nello stesso tempo approvo la vostra determinazione unanime di dedicare speciale attenzione alle famiglie e ai giovani.

Nessuno meglio di questi settori basilari della Chiesa e della società può essere portatore dei valori genuini della umanità rigenerata in Cristo. La trasmissione della vita, dello spirito divino, continua a passare per i focolari cristiani, da cui nascono e si educano alla vita i figli della Chiesa e gli uomini di cui necessita il nostro tempo. Infondete in loro, dunque, la gioia e la verità dell'uomo nuovo, affinché sentano e operino come si addice ai membri del Corpo di Cristo.

Che questi voti, che affido alla Vergine di Altagracia, siano per voi e anche per i vostri sacerdoti, seminaristi e fedeli, fonte di luce e animino tutti a continuare a lavorare alla coltivazione del campo della Chiesa, l'umanità nuova, nella Repubblica Dominicana.

A voi e alle vostre rispettive comunità cristiane la mia più cordiale benedizione.

Data: 1983-05-27 Data estesa: Venerdi 27 Maggio 1983



Alla Conferenza sulla "Laborem Exercens" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Concretizzare nella realtà il Magistero sociale della Chiesa

Signore e Signori, di cuore vi do oggi il benvenuto in Vaticano.

Con vivo interesse ho saputo della vostra Conferenza sull'enciclica "Laborem Exercens" promossa dalla Fondazione Konrad Adenauer. Accanto ad alcune considerazioni di ordine generale, vi siete a ragione posti anche la domanda di quali concrete possibilità vi siano, seguendo il criterio di questa enciclica sociale, di realizzare sempre più compiutamente la dignità dell'uomo, la solidarietà e la libertà. O, in altre parole: come possono venir migliorate le reali condizioni economiche, sociali e politiche nelle diverse Nazioni e Continenti dal punto di vista della "Laborem Exercens" così come da quello dei precedenti grandi documenti pontifici sulla questione sociale? La concretizzazione compete a voi. Ciò è esattamente conforme alle intenzioni di questa enciclica sociale del Magistero pontificio. Essa presenta principi di fondo, tratti dalla concezione dell'uomo propria della fede cattolica.

Necessariamente essa rimane su di un piano generale. Il Magistero della Chiesa deve mantenere questo riserbo e, su temi sociali ed economici, può fare solo affermazioni di principio. Altrettanto vero e significativo è pero il fatto che poi debbono essere concretamente applicate alla vita della società, nell'ambito e per impulso delle Chiese locali e con l'aiuto di studiosi competenti e di esperti in campo sociologico, socio-politico ed economico. I principi dell'enciclica richiedono un'applicazione concreta. La mancanza di specifici modelli concreti nell'enciclica non può in nessun modo portare ad una comoda evasione dalla loro concreta applicazione, forse con la scusa che essa di per sé non mostra apertamente vie pratiche.

Certamente, la presentazione e l'attuazione di tali modelli economici avviene anche in contrapposizione con esigenze provenienti da un ambito oggettivo, materiale, come ad esempio l'efficienza economica. Questa contrapposizione in sé normale può tuttavia divenire decisiva, anche se non in linea di principio, a favore di cosiddette oggettive condizioni vincolanti. perciò l'enciclica "Laborem Exercens" vuole mostrare proprio questo: l'uomo non può essere definito, in primo luogo e tanto meno solo esclusivamente, come una cosa, come un oggetto ed essere introdotto come un fattore puramente quantitativo in calcoli economici, ma deve essere innanzitutto riconosciuto come soggetto con una sua dignità inviolabile.

La ricerca di un accordo il più possibile degno dell'uomo e sensato dei diversi ambiti di valori, in genere conduce ad una molteplicità di possibili modelli, dei quali deve esserne scelto e verificato uno o l'altro, con disponibilità a concessioni e correzioni. Nel far ciò spesso sperimentiamo dolorosamente che oggi vi sono ancora limitate possibilità di realizzare l'ideale nella sua pienezza. In questa faticosa ricerca, le singole sfere culturali della terra non sono delle isole ma dovrebbero piuttosto aprire gli occhi a possibilità non ancora considerate per l'organizzazione della convivenza sociale e intraprendere coraggiosamente una loro paziente verifica. In considerazione di ciò, ritengo particolarmente significativa la possibilità di un confronto, nell'ambito della vostra Conferenza, tra l'esperienza europea e quella latino-americana ad essa corrispondente.

Per concludere vi posso assicurare che seguo con viva partecipazione spirituale i vostri dibattiti e includo nella mia preghiera la buona riuscita di questa sessione. Dio benedica la vostra opera e faccia si che essa torni a favore dell'uomo! E ora, prima di porre termine a questa udienza, permettetemi di rivolgere il mio cordiale saluto ai partecipanti di lingua spagnola presenti a questa riunione promossa dalla Fondazione Konrad Adenauer.

Amatissimi fratelli, desidero ringraziarvi per l'amabilità e l'affetto che, con questa vostra visita, avete dimostrato al Vicario di Cristo. Vi ringrazio molto per questo nostro incontro.

Come ricordo delle giornate di studio e riflessione sull'enciclica "Laborem Exercens", desidero incoraggiare voi, le vostre famiglie e tutti gli abitanti della indimenticabile America Latina a continuare nel vostro sforzo inteso a creare un'immagine di società da cui si rifletta in modo autentico l'amore disinteressato e generoso di Cristo Redentore. Sarà così possibile anche costruire una società più giusta, più libera e responsabile, nella quale la persona umana sia considerata per quello che è, cioè creatura di Dio, e non per quello che possiede. Che il Signore protegga e accordi l'abbondanza dei suoi doni a tutti i focolari latino-americani.

Di cuore vi imparto la mia benedizione.

Data: 1983-05-27 Data estesa: Venerdi 27 Maggio 1983

Al simposio su "Ivanov e la cultura del suo tempo" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'anima slava appartiene all'Oriente e all'Occidente

Illustri Professori, Signore e Signori.


1. Sono molto onorato della vostra visita ed è per me una gioia particolare ricevervi, al termine di questo Simposio internazionale organizzato dall'Università di Roma, dall'Associazione internazionale Convivium e dalla città di Roma, e dedicato al grande poeta, filosofo e filologo russo, Vjaceslav Ivanov, e alla cultura del suo tempo.

Siete venuti da grandi Università ed Istituti di cultura di Paesi slavi e latini, anglosassoni e mediterranei, dagli Stati Uniti d'America all'Europa orientale ed occidentale. E vorrei sottolineare quanto la vostra presenza sia un simbolo vivo, attorno al professor Jackson, della Yale University e presidente del "Vyacheslav Ivanov Convivium", e al professor Colucci, del dipartimento di letteratura russa dell'Università di Roma, che ringrazio vivamente per le sue parole. Vorrei anche salutare particolarmente Lidija Ivanova e Dmitrij Ivanov, i figli di questo grande pensatore al quale il mio predecessore Pio XI aveva voluto affidare la cattedra di lingua e letteratura russa e paleoslava all'Istituto pontificio orientale.


2. Come non rallegrarsi vedendo le vostre ricerche dedicate ad un'opera che è un vero collegamento tra l'Oriente e l'Occidente, e a questo titolo profondamente europea, essendo per così dire "frutto di due correnti di tradizione cristiana alle quali si aggiungono anche due forme di cultura diverse, ma allo stesso tempo profondamente complementari", come ho scritto dell'Europa nella mia Lettera apostolica "Egregiae Virtutis" (n. 3) sui Santi Cirillo e Metodio. Cosa c'è di più necessario e anche di più urgente, di questo avvicinamento tra il patrimonio spirituale dell'Oriente cristiano e la cultura occidentale, in una "Europa di sangue, di lacrime, di lutti, di rotture, delle crudeltà più spaventose"? Ricomporre l'unità spirituale degli uomini, e innanzitutto dell'uomo, superando la tragica divisione presente all'interno di ciascun uomo e tra gli uomini, e ritrovando le proprie radici spirituali, tale fu il grande disegno dell'illustre convertito, rintracciato con pietà filiale da Dmitrij Ivanov nel recente Congresso sulle comuni radici spirituali delle Nazioni europee: "Vjaceslav Ivanov, o dell'anamnesi universale nel Cristo come fondamento di un umanesimo slavo".


3. Amo rileggere con voi questa pagina lirica: "Da parte mia, cerco la dialettica del processo storico in un faccia a faccia del dialogo incessante e tragico tra l'uomo e Colui che, creandolo libero e immortale, e a sua immagine, e designandolo come suo figlio in potenza, giunse fino a svelargli il suo nome segreto: "Io sono", affinché un giorno potesse, questo figlio prodigo, dopo tanti errori e abusi, smarrimenti e tradimenti, dire a suo padre: "Tu sei", ed è per questo che io sono".

Sei - Quindi sono. L'uomo, icona di Dio, è colui che, in nome di tutta la creazione teofora, dice si a Dio: "Ogni creatura nel cielo e sulla terra è tua davanti a Dio".


4. L'uomo riconciliato con se stesso e con tutta la creazione può così ricostituire l'essenziale comunità, la "Sobornost" degli uomini. Da qui la capitale importanza del dialogo delle culture. "Perché ogni grande cultura, in quanto emanazione della memoria, e l'incarnazione di un fatto spirituale fondamentale, e non può essere che l'espressione molteplice di un'idea religiosa che ne costituisce il centro". E ogni Nazione ha la sua particolare vocazione, attraverso le tragiche vicissitudini della storia, ad incarnare un aspetto particolare della rivelazione del Verbo.

Nella ricca tradizione slava, è tutto il popolo che è teoforo, cristoforo, chiamato com'è a risuscitare nel Cristo, per essere in maniera misteriosa divinizzato. E già su questa terra, la Chiesa appare come il paradiso segreto di una umanità trasfigurata nel Cristo: "La sola forza che organizza il caos della nostra anima, è l'accettazione libera e totale di Cristo, come l'unico principio determinante della nostra vita spirituale e psichica".


5. Ma la divisione storica delle Chiese è una ferita sempre aperta. Confessando, nella basilica di San Pietro di Roma, il 17 marzo 1926, il Credo cattolico, Ivanov aveva coscienza, come scrisse a Charles du Bos, di "sentirmi per la prima volta ortodosso nella pienezza dell'accezione di questa parola, in pieno possesso del tesoro sacro, che era mio dal battesimo, e il cui godimento non era stato da anni libero da un sentimento di malessere, divenuto a poco a poco sofferenza, per essere staccato dall'altra metà di questo tesoro vivo di santità e di grazia, e di respirare, per così dire, come un tisico, che con un solo polmone". E' la stessa cosa che dicevo anch'io a Parigi ai rappresentanti delle comunità cristiane non cattoliche, il 31 maggio 1980, ricordando la mia visita fraterna al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli: "Non si può respirare come cristiani, direi di più, come cattolici, con un solo polmone; bisogna aver due polmoni, cioè quello orientale e quello occidentale".


6. Che tutti noi possiamo ritrovare la saggezza infusa nei nostri cuori dal Creatore, ricostituire l'unità perduta, dall'Est e dall'Ovest, dal Nord e dal Sud, e respirare a pieni polmoni al cuore dell'"oecumene", nella fraternità ricostituita dell'unità spirituale iniziale dei figli di Dio, fratelli di Cristo, e fratelli in Cristo! E' questo un mio profondo voto. La vostra azione culturale unita a quella dei poeti, dei pensatori e degli artisti, si inscrive nel cuore di questo avvicinamento vitale. Perché, permettetemi di confidarvelo alla vigilia di un viaggio apostolico nella mia patria, l'anima slava di cui voi cercate di trasmettere il messaggio appartiene sia all'Oriente che all'Occidente e si nutre a questa doppia sorgente del patrimonio comune, radicato nella fede in Cristo.

Non diceva forse Ivanov: "Sento vivamente come la forza della Polonia aumenti, come quella di Anteo, attraverso il contatto con il suo terreno religioso natale e come essa si esaurisca quando si allentano i legami con la Chiesa universale"! Grazie, cari amici, di collaborare, seguendo Ivanov, alla ricomposizione dell'unità, al vero umanesimo fondato in Dio, e all'anamnesi universale in Cristo.

Data: 1983-05-28 Data estesa: Sabato 28 Maggio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Omelia a conclusione del XX Congresso Eucaristico - Milano