GPII 1983 Insegnamenti - Ai partecipanti ad un Colloquio - Paolo VI principale artefice del dialogo Chiesa-mondo moderno

Ai partecipanti ad un Colloquio - Paolo VI principale artefice del dialogo Chiesa-mondo moderno

Cari fratelli, nsSignore e signori.


1. Siate i benvenuti nella casa del Papa, voi, organizzatori e partecipanti del Colloquio su "Paolo VI e la modernità nella Chiesa", e anche voi, membri dell'Ecole Française di Roma che li accompagnate.

Mentre l'anno scorso, il 26 settembre, visitavo il paese natale del mio predecessore Paolo VI, Concesio, dissi: "Sarà compito degli storici analizzare i multiformi aspetti di quei quindici anni di servizio pontificale"; e, inaugurando a Brescia l'Istituto Paolo VI, aggiunsi: "Quanto verrà fatto perché il ricordo di Paolo VI resti vivo e la luce della sua testimonianza continui ad illuminare il cammino della Chiesa potrà contare sulla mia adesione".

La vostra iniziativa si pone tra questi numerosi sforzi già compiuti, o in via di compimento. Ciò che attira l'attenzione su di essa è che nasce da un'alta organizzazione francese che - con il concorso dell'Istituto Paolo VI di Brescia - ha voluto esaminare già in una prospettiva di critica storica i differenti aspetti della personalità e dell'opera di questo Papa, non solamente le intenzioni, ma l'impatto reale nella Chiesa e nella società.

Per questo, avete fatto appello ad un folto gruppo di specialisti o di persone che l'hanno conosciuto, per affrontare il soggetto dalle diverse angolature. Non devo esprimere oggi una valutazione personale sul contenuto di questi tentativi, che rimangono evidentemente sotto la responsabilità dei loro autori. Il pubblico, esso, domanda e giudica l'obiettività, e si può del resto notare che il fatto di condividere la fede cattolica o di provare simpatia per la persona, lungi dall'essere un ostacolo ad un analisi rigorosa, permette al contrario di meglio coglierne il segreto, dal di dentro. Avete la saggezza di non considerare i risultati di questo Colloquio come la sintesi di un giudizio storico, perché certamente non avete potuto investigare tutti gli aspetti, e soprattutto noi siamo ancora troppo vicini agli avvenimenti. Ma spero che il vostro lavoro sarà un serio contributo alla storia; ed è già, per gli uomini d'oggi, l'occasione di una comprensione migliore. Per questo ringrazio vivamente l'Ecole Française - la cui vocazione abbraccia le diverse culture - di essersi impegnata, con grande fatica, con tenacia e competenza, nello studio dell'opera di un grande Papa contemporaneo. E' un omaggio al mio predecessore al quale sono molto sensibile.


2. Da parte mia, da cui forse attendete anche una testimonianza complementare, non mi è possibile sviluppare questo tema in questo breve incontro. Le mie relazioni personali con Paolo VI - che mi ha onorato della sua confidenza - non hanno fatto che aumentare la stima, la venerazione e l'affetto che mi ispirava in sé l'opera del suo pontificato, di cui la Chiesa ha raccolto l'eredità, e anch'io ad un titolo particolare. Ho già espresso a Concesio e a Brescia l'essenza di questa testimonianza dicendo che Paolo VI è stato un dono che il Signore ha fatto non solamente alla sua Chiesa, ma all'umanità.

La Chiesa! Gli deve una profonda gratitudine. Si può dire in modo particolare di lui che egli fu il Papa della Chiesa; essa è stata il tema fondamentale del suo Magistero. Egli ha guidato la barca di Pietro durante anni in cui le onde la scuotevano da tutte le parti. Ha lavorato senza posa per rendere la Chiesa senza macchia e permetterle di mettersi di fronte al mondo moderno, facendosi essa stessa "messaggio", "parola", "colloquio", secondo le espressioni della sua prima enciclica, in dialogo rispettoso e leale con le persone e le istituzioni di diverse concezioni, senza mai cessare di essere missionaria ed evangelizzatrice. Per questo, ha portato a termine il Concilio e l'ha tradotto in opere con una costanza e una chiaroveggenza sorprendenti. Voleva innanzitutto che la Chiesa approfondisse la coscienza esatta della sua missione, trasformandosi mediante la santificazione personale di ciascuno dei suoi membri, e questo mettendo sempre al centro della Chiesa la persona di Cristo.


3. Io sono convinto anche che Paolo VI sia un dono che il Signore ha fatto all'umanità, e voi vi siete particolarmente impegnati su questo aspetto. Egli ha amato, rispettato, esaltato e difeso l'uomo, perché vi vedeva il riflesso dell'immagine di Dio. Ha difeso i suoi diritti fondamentali, patrocinato la causa dell'uomo ferito, angosciato e sofferente a motivo del sottosviluppo; ha proposto un umanesimo plenario nei campi così diversi come il lavoro, l'amore degli sposi, l'intesa sociale, la pace. E per questo, ha intrapreso dei viaggi apostolici e ha moltiplicato i rapporti con gli uomini di buona volontà o con le loro organizzazioni dal momento che perseguivano fini ugualmente umanitari. Percepiva acutamente la grave posta in gioco di questo difficile umanesimo, possibile solamente in Dio. Nessuno ha dimenticato le parole del suo testamento: "Fermo gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica e magnifica, chiamando ancora una volta su di essa la bontà divina". Si, la bontà; o come egli aveva detto: "Ancora, e soprattutto, amore, amore per gli uomini d'oggi, così come sono, dove sono, per tutti". Pur riconoscendo le tensioni esprimenti la grandezza e la miseria dell'uomo, sorgeva sempre in lui la speranza, che gli derivava dalla sua fede.

Ecco, in una parola, la conferma della mia testimonianza. E grazie a tutti coloro tra voi che, nel corso di questo Colloquio, hanno portato la loro testimonianza, a misura del loro lavoro, della loro esperienza e della loro coscienza.


4. Infine, sono felice di cogliere questa occasione per salutare l'Ecole Française di Roma, riunita attorno a colui che la dirige con bravura, competenza e senso d'accoglienza, da lunghi anni, il signor Georges Vallet. So infatti che questa istituzione apporta alla cultura un contributo scelto, nella città di Roma, nella misura in cui i suoi eminenti ricercatori e direttori di studi applicano all'archeologia e alla storia i metodi di ricerca rigorosi, con la chiarezza e la libertà che caratterizzano spesso il genio francese, congiunte al rispetto dei fatti e delle persone.

Auguro che, grazie a tali sforzi, la ricerca della verità ne sia nobilitata, la cultura approfondita, l'umanesimo promosso.

Su tutti voi, sulle vostre famiglie, imploro le benedizioni del Signore nel quale noi contempliamo insieme la Verità, la Bellezza e l'Amore.

Data: 1983-06-04 Data estesa: Sabato 4 Giugno 1983



Alla "Staffetta dell'amore e della pace" - Vivete con entusiasmo profondo questa vostra età



Signor Cardinale! Carissimi bambini, e voi, loro responsabili e accompagnatori! Siate i benvenuti! E grazie per i doni, che avete raccolto e che mi avete presentato. In essi vedo concretizzati i vostri più fervidi sentimenti di filiale devozione. Sono lieto che siate qui, e sono lieto di rivolgervi il mio saluto, che intende esprimere a tutti voi il mio affetto: per quello che siete, per quello che rappresentate, per quello che volete diventare.

Ringrazio cordialmente il Cardinale Opilio Rossi per le parole che mi ha rivolto, interpretando i vostri sentimenti. La sua presenza mi richiama la figura del compianto Cardinale Samorè, che alla vostra Associazione era molto affezionato.

Cari bambini! Voi siete giovanissimi, e proprio per questo avete un posto particolare nel mio cuore, come del resto lo avete nel Cuore di Gesù, il quale dimostro sempre per i piccoli una speciale predilezione. Cercate di vivere con entusiasmo profondo questa vostra età, anche secondo quanto generosamente e sapientemente mettono a vostra disposizione i vostri educatori.

Voi, inoltre, rappresentate l'Associazione Istituti religiosi e fate parte della "Staffetta dell'amore e della pace" che stamattina ha realizzato un'apposita manifestazione allo Stadio dei Marmi, qui a Roma. Per voi, quindi, gli ideali della fratellanza, dell'amore universale, della convivenza pacifica, devono essere a sostanza della vita. E sono convinto che anche lo sport da voi praticato contribuisca in maniera determinante a formare la vostra persona in questo senso.

Ma dovete pure essere coscienti che quegli ideali non si possono mettere veramente in pratica, se non ispirandosi al Vangelo che, con la sua luce e con la sua forza, ne costituisce come la garanzia di pieno successo.

Voi, infine, volete diventare sempre più grandi e sempre più partecipi della vita e delle responsabilità degli adulti, cioè dell'intera società sia civile che ecclesiale. E devo dirvi, anzi, che il mondo e la Chiesa hanno bisogno di voi: della vostra bontà, della vostra generosità, della vostra limpidezza.

Hanno bisogno del vostro cuore ardente e dei vostri occhi puri. Sappiate conservarli sempre così, anche crescendo, domani come oggi. Il mondo, infatti, diventerà migliore quando saprà fare suoi in pienezza i valori, di cui proprio i bambini sono portatori.

Carissimi, grazie ancora di essere venuti a farmi visita. Siate certi che il Papa vi ama e pensa spesso a voi. Vi raccomando tutti al Signore e alla sua grazia, mentre di cuore vi imparto la mia paterna benedizione apostolica, che estendo particolarmente ai vostri familiari e a tutti coloro che sono benemeriti della vostra educazione, soprattutto nell'ambito dell'Associazione, a cui appartenete.

Data: 1983-06-04 Data estesa: Sabato 4 Giugno 1983




Recita dell'Angelus - La vita verginale e materna di Maria è alla radice dell'Eucaristia


"Ave, verum Corpus natum de Maria Virgine" (Ave, vero Corpo nato da Maria Vergine!).

Nella festa del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, il nostro "grazie" è salito riconoscente al Padre, che ci ha donato il Verbo divino, Pane vivo disceso dal cielo, e si eleva con gioia alla Vergine, che ha offerto al Signore la Carne innocente e il Sangue prezioso che riceviamo all'Altare. "Ave, verum Corpus": Corpo vero, veramente concepito per opera di Spirito Santo, portato in grembo con ineffabile amore (prefazio II di Avvento), nato per noi da Maria Vergine: "natum de Maria Virgine".

Quel Corpo e quel Sangue divino, che dopo la Consacrazione è presente sull'Altare, e viene offerto al Padre e diventa comunione d'amore per tutti, rinsaldandoci nell'unità dello Spirito per fondare la Chiesa, conserva la sua originaria matrice da Maria. Li ha preparati lei quella Carne e quel Sangue, prima di offrirli al Verbo come dono di tutta la famiglia umana, perché egli se ne rivestisse diventando nostro Redentore, sommo Sacerdote e Vittima.

Alla radice dell'Eucaristia c'è dunque la vita verginale e materna di Maria, la sua traboccante esperienza di Dio, il suo cammino di fede e di amore, che fece, per opera dello Spirito Santo, della sua carne un tempio, del suo cuore un altare: poiché concepi non secondo natura, ma mediante la fede, con atto libero e cosciente: un atto di obbedienza. E se il Corpo che noi mangiamo e il Sangue che beviamo è il dono inestimabile del Signore risorto a noi viatori, esso porta ancora in sé, come Pane fragrante, il sapore e il profumo della Vergine Madre.

"Vere passum, immolatum in Cruce pro homine". Quel Corpo ha veramente patito, ed è stato immolato sulla Croce per l'uomo.

Nato dalla Vergine per essere oblazione pura, santa e immacolata, Cristo compi sull'altare della Croce il sacrificio unico e perfetto, che ogni Messa, in modo incruento, rinnova e rende attuale. A quell'unico sacrificio ebbe parte attiva Maria, la prima redenta, la Madre della Chiesa. Stette accanto al Crocifisso, soffrendo profondamente col suo Unigenito; si associo con animo materno al suo sacrificio; acconsenti con amore alla sua immolazione (cfr. LG 58; "Marialis Cultus", 20): lo offri e si offri al Padre. Ogni Eucaristia è memoriale di quel Sacrificio e della Pasqua che ridono vita al mondo; ogni Messa ci pone in comunione intima con lei, la Madre, il cui sacrificio "ritorna presente" come "ritorna presente" il sacrificio del Figlio alle parole della Consacrazione del pane e del vino pronunciate dal sacerdote (cfr. Discorso alla celebrazione della Parola, 1 giugno 1983, n. 2).

(Dopo l'Angelus, si è rivolto ai pellegrini nelle diverse lingue:) Desidero salutare cordialmente tutti i gruppi di lingua italiana, presenti in Piazza San Pietro, in particolare gli italiani originari dell'Istria, i quali sono convenuti a Roma numerosi per festeggiare i loro santi patroni. A voi tutti il mio affettuoso auspicio che offriate sempre e dappertutto una chiara e generosa testimonianza di fede cristiana. Nel pomeriggio di oggi presiedero al Giubileo degli ammalati; concelebreranno con me la Santa Messa un Arcivescovo e alcuni Sacerdoti infermi. In tale circostanza, desidero invitare i figli della Chiesa a riflettere nell'impegno che deve coinvolgere tutti nei confronti dei fratelli e delle sorelle, resi inabili dalla malattia, nei quali la fede ci fa scorgere il volto del Cristo sofferente.

Ai pellegrini e turisti di lingua francese indirizzo un cordiale saluto.

Auguro che questi giorni di distensione siano allo stesso tempo l'occasione di riaffermare la loro fede presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. Molto volentieri accordo a voi, come a tutti coloro che vi sono cari, la mia benedizione apostolica.

I miei saluti vanno anche ai visitatori e pellegrini di lingua inglese.

Possiate trovare qui a Roma, in questo Anno Santo di grazia, rinnovata forza per la vostra vita cristiana, e possiate fare esperienza della gioia della sequela di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.

Di cuore saluto anche tutti i partecipanti di lingua tedesca alla nostra comune preghiera romana. Che questo pellegrinaggio a Roma nell'Anno Giubilare della Redenzione possa rafforzarvi nella fede e donarvi ogni grazia per la vostra esperienza di vita cristiana. Questo impetro per voi di cuore mediante la mia particolare benedizione apostolica.

Concludendo l'incontro di preghiera dedicato alla Madre comune, la Vergine Santissima, saluto cordialmente i presenti di lingua spagnola, provenienti da diversi paesi. A tutti auguro che la devozione mariana, vissuta in tutta la sua pienezza e verità, vi conduca al centro di ogni pietà, a Cristo Gesù, il Redentore, la cui opera salvatrice commemoriamo specialmente in questo Anno Santo.

Data: 1983-06-05 Data estesa: Domenica 5 Giugno 1983



Alla Conferenza dell'Onu per lo sviluppo - Messaggio per l'apertura della VI sessione di lavoro


Al signor Gamani Corea, Segretario generale della Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (Unctad).

La sesta Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo si svolge in un momento in cui molte questioni di grave importanza richiedono l'attenzione dei dirigenti e degli specialisti nei campi della politica, dei problemi sociali, dell'economia e dello sviluppo. In una tale atmosfera, nella quale i problemi sono numerosi e le soluzioni non sono facili, abbastanza spesso è difficile riunire sufficienti risorse ed energie unitamente al necessario impegno politico, per affrontare adeguatamente le molte sfide specifiche nei campi che saranno esaminati dalla vostra Conferenza. Memore del fattore umano stesso visto nella sua realtà e ben informato della storia delle precedenti Conferenze, scrivo a lei, signor Segretario generale, per offrire a questo importante incontro espressioni di appoggio e di incoraggiamento che scaturiscono dal mio profondo desiderio che questa Conferenza possa contribuire al miglioramento delle condizioni di vita e dunque al benessere presente e futuro dei Paesi in via di sviluppo, specialmente i Paesi che hanno più necessità di aiuti concreti.

Come sapete, il compito della Chiesa è di natura spirituale e religiosa.

Animata dal messaggio evangelico di Gesù Cristo, la Chiesa, coerente con quella missione spirituale, non esita mai a pronunciare una parola e a dare una mano, al fine di collaborare alle responsabilità che tutti noi dobbiamo affrontare per promuovere la vita e per assicurare un futuro migliore per tutti i popoli, specialmente quelli che più si trovano nel bisogno.

Nella mia enciclica "Laborem Exercens" (LE 18), ho parlato dell'importanza della collaborazione internazionale, sottolineando che le organizzazioni internazionali si devono lasciar guidare da un'esatta diagnosi delle complesse situazioni e dei condizionamenti naturali, storici, civili ecc.; bisogna che esse, in relazione ai piani di azione stabiliti in comune, abbiano una maggiore operatività, cioè efficacia nella realizzazione.

Numerosi e diversi sono gli studi e le analisi che sono stati compiuti da varie organizzazioni e governi negli ultimi vent'anni sullo sviluppo e il commercio nel mondo e all'interno delle singole Nazioni. Essi sono stati utilizzati con differenti livelli di successo da parte dei responsabili. Comunque, quello che vorrei oggi sottolineare è la necessità di prendere le mosse dagli studi che sono già disponibili, o che potrebbero essere facilmente disponibili dove è necessario, e arrivare al punto successivo. Consci della loro mutua dipendenza e in uno spirito di solidarietà, le organizzazioni internazionali dovrebbero tendere i loro sforzi in questa sesta Unctad per pianificare un'azione decisa in comune che potrebbe essere efficace nella promozione del benessere delle Nazioni e dei popoli che si rivolgono a questo forum in cerca di aiuto.

A questo fine, c'è la necessità, io credo, di un rilancio del dialogo nord-sud con nuove prospettive e con una rinnovata volontà politica di portare avanti programmi che siano di reciproco aiuto. Tutti sono consci dei problemi interni che per un certo periodo tutte le Nazioni del mondo senza eccezioni si sono trovate ad affrontare. Pur grandi quali sono, sarebbe un peccato se le difficoltà interne di una Nazione progredita dovessero essere usate come una scusa per evitare difficoltà nella sfera internazionale. così si può constatare che nell'area dello sviluppo il passo fondamentale deve essere l'avviamento di un dialogo che accetti l'altro come un interlocutore alla pari e che cerchi di trovare, mediante negoziati sinceri e onesti, delle vie per risolvere problemi reali e concreti. Niente può sostituire questo dialogo. Non c'è Nazione che abbia il diritto di esentarsi dalle esigenze di un tale dialogo.

Se il dialogo nord-sud può essere rinnovato e può essergli dato nuovo impulso e orientamento - e questa Conferenza può giocare un ruolo importante in tale sforzo - allora un primo frutto di quel processo sarà la scoperta di una nuova qualità di interdipendenza. L'interdipendenza delle Nazioni è espressa in molti modi, dal più semplice baratto ai più complessi accordi economici e commerciali di ordine internazionale. Sono, comunque, i semplici fatti dell'interdipendenza che ci indicano che nessuna Nazione è in grado di vivere unicamente da se stessa, badando solo ai suoi interessi. Tuttavia in questi fatti si può scoprire una realtà più importante, cioè la qualità dell'interdipendenza o l'interscambio, che può essere espresso e sviluppato al di là dei semplici fatti.

Questo dev'essere promosso nel rinnovamento del dialogo nord-sud: la qualità del dialogo dev'essere migliorata. Deve essere dato spazio ad una visione del mondo che vive insieme in armonia. Si deve approfondire la stima per i valori delle reciproche culture. Soprattutto, si deve proteggere e promuovere la piena dignità e il valore della persona umana nella società. Il dialogo che in questa Conferenza voi dovete portare avanti sull'economia e il commercio, sullo sviluppo e l'appropriata tecnologia sarà guidato ed espressivo di quel valore che voi riconoscete a quei popoli e Nazioni con i quali state trattando. Si tratta, è necessario aggiungere, di una scoperta reciproca e di un reciproco impegno: sviluppare un dialogo nord-sud che rappresenti ed esprima una qualità dell'interdipendenza che dia a tutti gli interessati il loro autentico valore e disponga in questo modo i passi concreti da compiere per arrivare a quel senso del valore della persona umana e del bene comune di tutti.

E' mia ferma speranza che il sesto Unctad darà un contributo serio e durevole a questo dialogo che troverà realizzazione concreta in programmi che superino le odierne disparità e diano nuova speranza alla vita dei popoli e delle Nazioni più bisognose: un contributo che porterà ad un mondo nel quale il valore di ogni persona e Nazione sia pienamente rispettato e onorato.

Prego affinché Dio, nostro Padre comune, benedica questa Conferenza, le vostre deliberazioni e il frutto del vostro lavoro.

Dal Vaticano, 25 maggio 1983

Data: 1983-06-08 Data estesa: Mercoledi 8 Giugno 1983



Ai Vescovi del Burundi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maturità e vitalità della giovane Chiesa in Burundi

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Le amabili parole che ha appena pronunciato il vostro presidente, Monsignor Joachim Ruhuna, e le note redatte in preparazione di questo incontro, mi hanno permesso di apprezzare la maturità raggiunta, in meno di un secolo, dalla Chiesa nel Burundi. Mi è gradito felicitarmi con voi e renderne grazie al Signore.

Certo, ancora di recente, le difficoltà non vi sono mancate. Ma avete saputo accrescere e rendere più salda l'eredità ricevuta dai vostri predecessori.

Guidati saggiamente con le vostre attenzioni, i cristiani hanno mostrato la vitalità della loro fede e del loro amore verso la Chiesa.

Penso, in particolare, ai felici effetti della vostra comune iniziativa, condotta con perseveranza da numerosi anni, affinché le comunità, alla base della vita ecclesiale, si assumano collettivamente la propria responsabilità. Si tratta qui, voglio sottolinearlo, di una impresa spirituale, nata dalla frequentazione dei vostri "ritiri pasquali", fonte del rinnovamento della comunione con Cristo.

Questa azione comunitaria, che del resto corrisponde a strutture sociali preesistenti sulle colline, come dite, ha già portato frutti numerosi. Permettendo nel vostro Paese una miglior presa di coscienza delle esigenze evangeliche, questa intensa vita comune dei cristiani rilancia l'appello alla conversione a coloro che non conoscono Cristo, il ritorno di coloro la cui fede si è attenuata, consolida i legami familiari, favorisce la fioritura delle vocazioni sacerdotali e religiose.

Grazie all'abnegazione degli animatori, essa permette infine di completare armoniosamente il ministero dei sacerdoti. E ne risente armoniosamente perfino la vita sociale. Anche questa iniziativa contribuisce a rafforzare la coesione di tutti per il bene dell'intera Nazione e converge con il desiderio delle autorità civili di favorire l'opera di coesione nazionale e di progresso sociale in cui anch'esse sono impegnate.


2. La vostra preoccupazione di meglio strutturare la vita delle comunità cristiane non va a detrimento dell'evangelizzazione. Al contrario, in questi ultimi anni si nota un numero maggiore di candidati al battesimo. Animati da una fede ardente e da un desiderio di conversione dei costumi, essi accettano volentieri di prepararsi a lungo per ricevere questo sacramento. Dite loro, ve ne prego, che occupano un posto scelto nella preghiera del Papa. Speriamo che saranno ben presto raggiunti da altri, venuti da strati della popolazione per ora meno toccati dall'evangelizzazione.

L'azione evangelizzatrice comprende ugualmente il sostegno che voi prestate alla catechesi dei bambini nelle scuole pubbliche come in quelle recentemente nazionalizzate. In maniera certamente diversa, i bambini devono essere catechizzati con cura pari a quella prestata ai catecumeni adulti. E' l'avvenire stesso della Chiesa che è qui in gioco. Auguro a questo proposito che i "Yaga Mukama", così utili per la promozione di coloro che la scolarizzazione non può ancora raggiungere, rimangano centri vivi di esperienza di vita cristiana fin dall'infanzia.

Tra i metodi di pastorale giovanile, occorre ricordare evidentemente il ruolo primario delle scuole e dei collegi cattolici che, per quanto accoglienti nei confronti di tutti, hanno come fine quello di assicurare, nell'insegnamento delle materie profane come nella catechesi, un'educazione cristiana a servizio delle famiglie. Desidero qui esprimere la mia stima e i miei incoraggiamenti a tutti coloro che vi si impegnano con cuore, devozione e competenza, malgrado diverse difficoltà, la cui soluzione suppone la comprensione attiva di tutte le parti interessate.


3. Nelle condizioni della nostra società in cambiamento, è tanto più opportuno che gli stessi bambini e soprattutto i giovani possano raggrupparsi liberamente in movimenti e associazioni cattoliche adatti ai loro bisogni di formazione dottrinale e apostolica, tenendo conto dei diversi nuovi problemi che li assalgono sempre più presto. So con qualche successo, e con quale efficace sostegno da parte vostra, le comunità cristiane stesse traggono profitto dall'azione di questi movimenti, quali la Jeunesse étudiante, Kiro, "Xaveri", Gen, e altri. Sono felice di indirizzare il mio affettuoso saluto a tutti i loro membri. Dite loro quanto il Papa conta su di essi per poter diventare domani - in seno ad un popolo la cui maggioranza della popolazione non ha ancora trent'anni - un fermento potente d'unità e di solidarietà grazie al loro attaccamento indefettibile e coraggioso all'amore di Cristo e della Chiesa!


4. La pastorale familiare rimane una delle vostre preoccupazioni preminenti, e mi rallegro con voi per il modo con cui la realizzate. Con voi, io conto molto sulla testimonianza delle famiglie cristiane stesse, all'interno di incontri comunitari, per lottare contro la piaga delle unioni irregolari e dei divorzi. Spetta loro ugualmente educare i giovani alla paternità responsabile, nel rispetto delle norme etiche. Più ancora, attraverso la preghiera in comune e la qualità delle relazioni tra tutti i loro membri, tali famiglie saranno vivai di vocazioni sacerdotali e religiose. Aiutarle a camminare, significa anche partecipare direttamente alla costruzione del Burundi di domani.


5. Evangelizzare, sostenere le parrocchie e le comunità, le famiglie cristiane, per catechizzare ed educare i bambini e i giovani, non vi sarebbe possibile se non grazie all'abnegazione e alla competenza di numerosi catechisti e animatori laici.

I vostri appelli si sono felicemente tradotti, in questi ultimi anni, in un sensibile aumento del loro numero. Giustamente, voi domandate loro di consacrare un tempo notevole alla propria formazione, in centri specializzati. Anche ad essi voglio esprimere la riconoscenza della Chiesa, così come a tutti i catechisti dell'Africa. Auguro che sia possibile, secondo la loro intenzione, proseguire questa formazione ad un livello superiore, nello stesso Burundi, secondo principi sperimentali e in stretta collaborazione con gli organismi competenti della Santa Sede.

Come non rallegrarmi ugualmente con quelli e quelle che si prodigano senza risparmio nelle opere medico-sociali, così care a voi stessi e così apprezzate dalla popolazione che ricorre al loro aiuto? Senza questo volto di carità attento ad ogni bisogno, cosa sarebbe l'annuncio del Vangelo? Con voi, auguro che riceviate tutto il sostegno finanziario e tecnico che questa azione necessita, poiché essa è al servizio di tutti i vostri compatrioti.


6. Ma chi non vede, all'enunciazione di questi diversi aspetti così ricchi e significativi della vita della Chiesa nel Burundi, quanto sia indispensabile per il vostro ministero la collaborazione di sacerdoti, di religiosi e di religiose numerosi, dalla vita spirituale profonda? E' confortante poter constatare che la campagna lanciata da voi a favore delle vocazioni abbia avuto un'eco profonda presso molti giovani dalla fede generosa.

Condivido la vostra preoccupazione di fare in modo che costoro ricevano innanzitutto dai maestri dei vostri seminari inferiori e medi una formazione cristiana autentica, che li renda in grado di dar prova di discernimento evangelico, libero e ponderato, sulla loro propria vocazione così come su tutte le cose. Ciò suppone che queste case siano sottoposte ad un regolamento comune stabilito da voi e che i maestri stessi siano animati dal desiderio di realizzare una comunità educativa di Chiesa.

Vi affido il compito di incoraggiare, a nome mio, specialmente i vostri seminaristi maggiori. Con voi auguro che essi siano sufficientemente coscienti delle loro responsabilità di domani, per cercare, fin dal presente, di ricevere dai loro professori una formazione esigente, sul piano della vita spirituale così come su quello dell'intelligenza. Possano essere appassionati di Gesù Cristo, e di lui solo, sapendo lasciare ad altri, senza complessi, specializzazioni in materie profane o meno direttamente utili per il loro futuro ministero, per preparare interamente il loro spirito e il loro cuore a questa arte così nobile quale è quella della pastorale! So che potranno trovare presso i loro predecessori, missionari o nativi del Burundi, l'esempio di sacerdoti pienamente realizzati dal loro lavoro sacerdotale.

Dicendo questo, penso ai sacerdoti stessi, per quello che concerne la natura e la durata di eventuali studi in Europa o altrove, questa questione deve essere pensata in funzione delle esigenze del ministero pastorale; so che essa è talvolta più complessa, e che voi saprete trattare i diversi casi con la prudenza e la bontà necessarie.


7. Nella misura in cui i sacerdoti saranno totalmente consacrati alla predicazione della Parola di Dio e alla preghiera sia liturgica che personale, e preoccupati di un approfondimento dottrinale permanente, potranno meglio aiutare le élites della vostra nazione, nel rispetto delle loro competenze, a integrare gli insegnamenti cristiani nella loro vita personale così come nelle loro responsabilità al servizio dello Stato o della società. Il sostegno opportuno al loro riguardo si traduce per esempio nel bel lavoro compiuto con l'équipe redazionale della vostra rivista interdiocesana, o ancora, a un altro livello, nella tipografia Lavigerie, tenuta dai Padri Bianchi, così infaticabili malgrado l'età che avanza per molti di loro.


8. Questa allusione ai cari Padri Bianchi mi conduce a ricordare l'azione, ancora molto necessaria, dei missionari stranieri a fianco dei sacerdoti del vostro Paese, come anche quella delle religiose missionarie. Mi auguro di essere compreso chiedendo qui che, malgrado le difficoltà sopravvenute negli anni scorsi, le congregazioni non esitino a continuare l'aiuto che vi hanno finora dato senza risparmiarsi. Penso ugualmente alle numerose religiose del Burundi che sono animate da un vero zelo missionario, poiché la vostra giovane Chiesa è, con esse, già presente in altri Paesi africani più carenti. Esse sapranno rimanere vicino alla gente del popolo, amando la vita semplice e povera, e irraggiando gioia! Terminando, vi assicuro che ho potuto apprezzare quanto le vostre diverse iniziative traducano lo spirito di unità e di collaborazione che caratterizza i lavori della vostra Conferenza. E' proprio questo che rafforza la vostra autorità pastorale di fronte a tutti.

Sono sicuro che la Chiesa, aperta naturalmente ad uno spirito di collaborazione, potrà, grazie anche alla comprensione delle autorità dello Stato e di quelle che, nell'amministrazione, sono loro subordinate, permettere alla vostra bella patria di camminare verso un progresso integrale e armonioso.

E mentre benedico le vostre persone, è a tutti i vostri fedeli che va la mia cordiale benedizione apostolica.

Data: 1983-06-09 Data estesa: Giovedi 9 Giugno 1983

A membri di "Nova Spes" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Promuovere la cultura della riunificazione nel rispetto della persona

Illustri Signori e Signore!


1. Dopo l'incontro di lavoro avuto nel mese di settembre dell'anno scorso, sono lieto di incontrarvi di nuovo e di incoraggiarvi a continuare i vostri lavori.

Ringrazio il Cardinale König per le amabili parole che ha voluto rivolgermi, interpretando i comuni sentimenti; e vi saluto cordialmente tutti. In particolare do il mio benvenuto a quanti partecipano per la prima volta agli incontri di "Nova Spes".

Non occorre che riprenda questa mattina davanti a voi le riflessioni, gli orientamenti o i suggerimenti che ebbi occasione di sottoporre alla vostra considerazione nel ricevervi il 26 aprile del 1982. Si tratta ora - vi dicevo - di dare l'avvio alla fase operativa mediante mezzi concreti, efficaci mutamenti e una strategia adeguata, mettendo in opera il generoso progetto di aiutare l'uomo moderno a superare gli squilibri e le molteplici divisioni - che lo mettono talora quasi in rottura con Dio e con i suoi simili - e a lavorare per la riunificazione del suo essere in tutte le sue dimensioni, secondo una sana antropologia che tenga debito conto della soggettività dell'uomo e del mistero della sua persona. "Nova Spes" si ispira pertanto ad un principio di unità, al quale informare le sue scelte e la promozione della cultura della riunificazione.


2. Al presente, voi vi proponete - e io me ne rallegro - di contribuire, nei modi che vi sono propri, alla riaffermazione dei fondamentali valori umani, e di creare uno strumento atto alla loro promozione e alla loro difesa. Nel fare questo, voi avete in animo di stimolare, soprattutto nelle zone di crisi, un nuovo ordine di rapporti umani e nuovi modelli di vita fondati sulla profonda solidarietà degli uomini. In una parola, voi cercate di porre o di rilanciare nuovi "segni di speranza" una "nova spes", per usare la vostra denominazione, mediante strumenti di riflessione adeguati, al fine di favorire, a livello culturale, l'urgente necessità di una società più umana, di questo umanesimo che, per noi cristiani, è inseparabile dall'accoglimento di Dio.


3. Auspico quindi che il vostro appello sia ascoltato da coloro che vogliono e possono allearsi per salvare l'uomo ed assicurare il suo progresso qualitativo, a livello dell'essere, mettendo in comune, con le forze della fede religiosa, le risorse dell'investigazione scientifica, dell'espressione artistica e dei mass-media, della competenza in materia di economia, di organizzazione del lavoro e di giustizia sociale.

Opera complessa e difficile perché molto vasta, dai molteplici aspetti, generalmente spezzettati e malagevoli da saldare in relazione agli altri; opera tuttavia senz'altro necessaria e meritevole di ogni generoso impegno. Continuate soprattutto nel vostro progetto di voler proporre analisi illuminanti e iniziative utili, realistiche e ponderatamente soppesate. Sono sicuro che saprete rimanere aperti ai lavori di tutti coloro che, nella società e nella Chiesa, operano nello stesso senso, coi loro metodi, i loro mezzi e le loro istituzioni; penso in particolare al Pontificio consiglio per la cultura, che è stato fondato l'anno scorso e che, al livello della ricerca, abbraccia le diverse espressioni e sorgenti culturali. E ringrazio vivamente oggi tutti coloro che, in qualsiasi maniera, vi apportano il loro sostegno, il loro aiuto e i mezzi d'azione.

Vi incoraggio nel vostro impegno di creare segni di speranza e di vivere la speranza.

Prego Dio di benedire le vostre persone e i vostri lavori, e di ricompensare i vostri sforzi, mediante i quali contribuite a ridare all'uomo una nuova speranza, mettendolo sulla via in cui egli può ritrovare il suo vero volto: il volto che corrisponde al progetto del Creatore e alla salvezza del Redentore, secondo il suo Cuore divino, che oggi festeggiamo.

Data: 1983-06-10 Data estesa: Venerdi 10 Giugno 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Ai partecipanti ad un Colloquio - Paolo VI principale artefice del dialogo Chiesa-mondo moderno