GPII 1983 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La preghiera illumina e sostiene il corso della vita




1. In molti ambienti, e specie in movimenti giovanili, constatiamo oggi una riscoperta del valore della preghiera. Si ritrova il senso profondamente umano e biblico della preghiera: cioè il mettersi in contatto con Dio, l'aprirsi alla sua volontà per sé e per gli altri, il trovarsi in povertà radicale, senza illusioni, di fronte all'infinita ricchezza divina. In questi momenti privilegiati si comprende - come diceva santa Caterina da Siena - che non abbiamo "da noi" il nostro essere, ma lo abbiamo "da Colui che è".


2. La preghiera è una delle sublimi attività dei Santi nel Regno dei cieli, incominciando da Cristo, il Santo di Dio.

Il Nuovo Testamento ci assicura che Gesù continua a pregare e a intercedere per noi presso il Padre (Jn 14,16 1Jn 2,1 Rm 8,34). La Lettera agli Ebrei precisa che Gesù "può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore" (He 7,25).

Questo atteggiamento orante e salvifico di Cristo non esclude ma esige la preghiera dei fedeli e dei santi, che, in unione con lui, devono implorare per sé e per gli altri le grazie della salvezza.

Mirabile disposizione divina! La preghiera illumina e sostiene il corso della storia e il destino dei fratelli! E' un segno della solidarietà degli uomini e dell'aiuto vicendevole che essi possono offrirsi qualora si rendano disponibili ai disegni di Dio! Ma quale creatura è disponibile al Signore più di Maria, sua Madre e Ancella? Chi più di lei continua in cielo a lodare, adorare e implorare il Signore? Ella - afferma il Concilio Vaticano II - "assunta in cielo non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci le grazie della salute eterna" (LG 62).

Si, Maria è la grande orante, ella allarga le sue mani in un gesto ci apertura a Dio e di implorazione universale, maternamente premurosa per la salvezza di tutti. Ricordiamo sempre che in cielo Maria prega per noi, e appoggiamoci quindi con fiducia alla sua potente intercessione, col desiderio che si compia in noi la volontà di Dio.


3. Alla protezione e all'intercessione di Maria, come anche alle vostre preghiere, affido il pellegrinaggio che, a Dio piacendo, intraprendero giovedi prossimo verso la Polonia, in occasione del seicentesimo anniversario dell'effige di Jasna Gora.

Voglia Dio benedire questa iniziativa pastorale e farne scaturire copiosi frutti di bene per la Chiesa e per tutta la popolazione della cara Nazione polacca.

Saluto a gruppi di pellegrini in varie lingue Rivolgo un affettuoso saluto ai vari gruppi di lingua italiana. Li invito a pregare per i novelli sacerdoti appartenenti a varie Nazioni, che avro la gioia di ordinare questa sera, affinché il loro ministero possa portare copiosi frutti di bene.

Saluto i numerosi partecipanti alla gara ciclo-turistica da Ostia a Roma, patrocinata dal Movimento cattolico dei lavoratori. Carissimi. Mi compiaccio per questa vostra simpatica manifestazione, nella quale avete dato un saggio delle vostre capacità sportive, e anche una testimonianza di fede cristiana, avendo voluto concludere questa competizione qui, in piazza San Pietro, con la preghiera mariana. A tutti i presenti il mio saluto e la mia benedizione.

Vi rivolgo il mio saluto cordiale, pellegrini di lingua francese, augurandovi un fruttuoso pellegrinaggio. Vi invito a pregare per coloro che mi accingo ad ordinare sacerdoti in San Pietro, questo pomeriggio, e per tutti coloro che diverranno sacerdoti in tutta la Chiesa in questo mese di giugno. Che siano testimoni e ministri fedeli del Cuore di Gesù nel mondo! Pregate anche affinché si moltiplichino le vocazioni, per rispondere ai bisogni delle vostre Chiese. Che Dio vi benedica, che benedica le vostre famiglie e i vostri Paesi.

Desidero estendere un cordiale saluto a tutti i visitatori e ai pellegrini di lingua inglese presenti qui in Piazza San Pietro questa mattina. Attraverso di voi io saluto anche le vostre famiglie e gli amici rimasti a casa.

Su tutti voi invoco la grazia e la pace di nostro Signore Gesù Cristo, il Salvatore del mondo.

Un cordiale saluto domenicale anche ai visitatori di lingua tedesca! In spirito vi accompagno per le vie di questa città che racchiude in sé così molteplici radici del cristianesimo e della cultura europea. Dio vi benedica e benedica i vostri cari rimasti a casa! Saluto ora con affetto particolare tutti e ciascuno dei pellegrini, gruppi e famiglie di lingua spagnola, che hanno partecipato a questo incontro spirituale. Carissimi, vi invito, a ricordo della vostra gradita presenza, a vivere in ogni momento e in ogni luogo il grande precetto cristiano dell'amore: amore a Dio e al prossimo. Solo così la società potrà avere un volto più umano e capace di infondere speranza.

Vi benedico di cuore.

Data: 1983-06-12 Data estesa: Domenica 12 Giugno 1983

Per l'ordinazione di nuovi sacerdoti - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siete costituiti ministri dell'Eucaristia e della Riconciliazione

"Cantero senza fine le grazie del Signore!" ().


1. Mi rivolgo, in modo del tutto speciale a voi, carissimi fratelli, che fra alcuni momenti Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, mediante l'imposizione delle mani, renderà partecipi del suo Sacerdozio ministeriale, per l'eternità! Sgorga pertanto spontanea dal mio e dal vostro cuore la gioiosa acclamazione del Salmista: "Cantero senza fine le grazie del Signore!". Io, Vescovo di Roma, successore di Pietro e Pastore della Chiesa universale, elevo il mio canto di giubilo perché ho la grazia di essere il tramite di un dono mirabile, che Dio fa alla sua Chiesa; voi esultate perché state per ricevere il carisma del "presbiterato", al quale vi siete a lungo preparati dopo aver generosamente accolto la chiamata di Gesù a seguirlo, convalidata dal vostri Vescovi! E' una giornata di grazia e di gioia, questa, per me; per voi; per le Chiese particolari in tutto il mondo, dalle quali provenite; per la Chiesa tutta, che vede in voi garantita, nella "storia della salvezza", l'opera misteriosa e feconda del suo Capo e Sposo.

"I presbiteri, in virtù della Sacra Ordinazione e della missione che ricevono dai Vescovi, sono promossi al servizio di Cristo Maestro, Sacerdote e Re, partecipando al suo ministero, mediante il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in Popolo di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito Santo" (PO 1) - così il Concilio Vaticano II ha sintetizzato l'identità spirituale dei sacerdoti.


2. Analogamente al carisma che Dio ha donato al suoi profeti, il presbiterato è una "missione". E' una scelta gratuita da parte di Dio, di cui l'uomo non può mai essere adeguatamente degno. Il profeta Geremia, chiamato dal Signore, protesta la propria incapacità, la propria immaturità - "Io non so parlare, perché sono giovane" - eppure il Signore gli risponde: "Non dire sono giovane, ma va' da coloro cui ti mandero e annuncia ciò che ti ordinero" (Jr 1,6-7).

E' Dio che vi manda, è la Chiesa che vi manda! Per questo voi dovrete essere - nel luogo, nell'ufficio, nella funzione, che - vi saranno disposti dalla Provvidenza divina per il tramite dei legittimi superiori - degli annunciatori, cioè dei proclamatori del Vangelo "che è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16). Sarà pertanto una grave responsabilità l'annunciare e proclamare, con le parole e con la vita, non voi stessi, ma Cristo, e Cristo crocifisso e risorto (cfr. 1Co 1,23 1Co 2,2 2Tm 2,8).

L'uomo contemporaneo, nonostante gli sbandamenti filosofici ed ideologici di questo tempo, conserva una struggente esigenza di verità, di giustizia, di bontà, di pace. Da voi si attende che predichiate Cristo, "via, verità e vita" (cfr. Jn 14,6).

E ciò comporta impegno continuo, costante vigilanza, senso delicato del dovere, fedeltà gioiosa all'impegno del celibato "per il Regno", serena disponibilità a stare "con Cristo" attraverso il sacrificio, la sofferenza, il rinnegamento, la Croce.


3. In questo contesto acquistano pieno significato le affermazioni della Lettera agli Ebrei, che abbiamo ascoltato. Il sacerdote "scelto fra gli uomini viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio..." (He 5,1).

L'Autore ispirato sottolinea la comunanza di natura del sacerdote con gli altri uomini; accentua la finalizzazione comunitaria della sua funzione e della sua missione: egli è un "essere-per-gli-altri"; deve quindi donarsi completamente per i fratelli; ma tutto questo in una essenziale e fondamentale prospettiva spirituale e soprannaturale: ciò deve avvenire nell'ambito del "religioso". La vostra sarà pertanto una vita non di rifiuto o di evasione dal "mondo" degli uomini, ma di sincera e serena incarnazione nella loro storia, per farli vivere nella e della dimensione religiosa, che è ineliminabile dall'esistenza umana.

Il sacerdozio vi configura a Cristo, "Sommo Sacerdote alla maniera di Melchisedek"; egli "pur essendo Figlio, imparo l'obbedienza dalle cose che pati e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono (He 5,8-9). Partecipandovi il suo eterno Sacerdozio, Cristo vi costituirà ministri dei Sacramenti, in particolare dell'Eucaristia e della Riconciliazione: egli vi affiderà totalmente il suo Corpo e il suo Sangue nei segni sacramentali, perché per il vostro ministero, la sua Carne sia offerta per la vita del mondo (cfr. Jn 6,52); inoltre vi affiderà la sua divina potenza di perdono, perché voi facciate sentire la parola della Riconciliazione ai fratelli e alle sorelle bisognosi di misericordia e di pace interiore.

"Cantero senza fine le grazie del Signore!" Si, fratelli miei, la vostra vita sacerdotale - realizzata ogni giorno nella preghiera, nello zelo, nella dedizione alle anime, ai poveri, ai piccoli, agli infermi, ai peccatori - sia sempre un inno di ringraziamento a Dio per la sua infinita liberalità! La grazia del sacerdozio vi trasformerà in "amici" di Gesù: "Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto" (Jn 15,15-16).

"Proprio nel Cenacolo - ho scritto nella mia Lettera ai sacerdoti per il Giovedi Santo di quest'Anno Giubilare della Redenzione (n. 2) - sono state pronunciate queste parole, nel contesto immediato dell'istituzione dell'Eucaristia e del Sacerdozio ministeriale. Cristo ha fatto conoscere agli Apostoli e a tutti coloro, i quali da essi ereditano il sacerdozio ordinato, che in questa vocazione e per questo ministero devono diventare suoi amici, devono diventare amici di quel mistero che egli è venuto a compiere".

Carissimi! Durante gli anni del mio servizio episcopale, uno dei momenti di più intensa gioia e di non minore trepidazione era quello in cui, mediante l'imposizione delle mani, ordinavo nuovi presbiteri per la comunità ecclesiale! Uguale gioia e uguale trepidazione provo oggi, in questa solenne Ordinazione, che si compie sul sepolcro di Pietro, durante il Giubileo della Redenzione. Voi sarete i sacerdoti del 1950° anniversario della Redenzione! Se per tutti i credenti tale evento significa un pressante invito a meditare sulla propria vita e sulla propria vocazione cristiana alla luce del mistero della Redenzione, tale invito è indirizzato in maniera del tutto speciale a quanti sono o saranno - come voi fra alcuni istanti - "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio, (cfr. 1Co 4,1).

All'inizio del mio ministero di Pastore Supremo della Chiesa universale ho affidato tutti i sacerdoti alla Madre di Cristo, la quale in modo particolare è la nostra Madre: la Madre dei sacerdoti. Affido a lei oggi, giorno solenne della vostra Ordinazione sacerdotale, il vostro sacerdozio, ognuno di voi, la vostra giovinezza, il vostro entusiasmo, la vostra generosità, i vostri propositi! Sia Maria Santissima la stella radiosa del vostro cammino sacerdotale! così sia!

Data: 1983-06-12 Data estesa: Domenica 12 Giugno 1983



All'aeroporto di Okecie - Varsavia (Polonia)

Titolo: Pace a te, Polonia, patria mia!




1. Ringrazio cordialmente il signor Presidente del Consiglio di Stato, per le parole di saluto pronunciate anche a nome delle autorità dello Stato della Repubblica popolare polacca.

Ringrazio cordialmente il Cardinale Primate per le parole che mi ha rivolto anche a nome dell'Episcopato e di tutta la Chiesa in Polonia.

Nella sua lettera di invito, il signor Presidente volle cortesemente ricollegarsi alle parole di congedo a Cracovia, nel giugno 1979 - a conclusione della mia precedente visita alla Patria -, e alle parole del Cardinale Stefan Wyszynski. Già allora, il compianto Primate mi invitava ad una nuova visita in Polonia in occasione del Giubileo dei seicento anni della presenza della Madre di Dio nella sua effige a Jasna Gora.

Personalmente ho sempre ritenuto che visitare la Patria in questa storica circostanza fosse ormai non solo un interiore bisogno del mio cuore, ma anche un mio dovere speciale come Vescovo di Roma. Ritengo di dover essere con i miei connazionali in questo sublime ed insieme difficile momento storico della Patria.

Eccomi dunque venuto; e sin dalle prime parole esprimo il ringraziamento per gli inviti sia da parte delle autorità dello Stato, sia da parte dell'Episcopato, che mi rendono possibile questa presenza.


2. Vengo nella Patria. La prima parola, detta nel silenzio e in ginocchio, è stata un bacio a questo suolo: un suolo natale.

Seguendo l'esempio di Paolo VI, faccio così all'inizio di ogni visita pastorale, in onore di Dio Creatore, e dei figli e delle figlie della terra, nella quale giungo.

Il bacio deposto sul suolo polacco ha pero per me un significato particolare. E' come un bacio dato nelle mani della madre, poiché la Patria è la nostra madre terrena. La Polonia è una madre particolare. La sua storia non è facile, specialmente nello spazio degli ultimi secoli. E' una madre che ha sofferto molto, e che soffre sempre di nuovo. perciò essa ha anche diritto ad un amore speciale.


3. Vengo a Jasna Gora. A Jasna Gora si va in pellegrinaggio. E perciò saranno un pellegrinaggio tutti questi giorni, che mi sarà dato di trascorrere nella mia terra natale.

In relazione al Giubileo, milioni di persone in Polonia fanno il pellegrinaggio a Jasna Gora. Desidero essere uno di loro. Desidero insieme con loro pregare, adempiere il servizio della Parola di Dio e dell'Eucaristia. Insieme con loro meditare le grandi opere di Dio (Ac 2,11) e le opere umane, le opere polacche.

Chiedo che vogliano essere particolarmente vicini a me coloro che soffrono. Lo chiedo in nome delle parole di Cristo: "Ero... malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt 26,36). Io stesso non posso visitare tutti i malati, i carcerati, i sofferenti, pero chiedo loro di essere vicini a me con lo spirito. Di sostenermi, così come fanno sempre. Ricevo molte lettere che ne danno testimonianza, specialmente in quest'ultimo periodo.


4. L'itinerario del mio pellegrinaggio a Jasna Gora si svolge secondo il programma stabilito. Tale programma è vasto, ma tuttavia al di sotto del numero degli inviti.

Desidero dunque - prima di raggiungere i luoghi dove mi porta il programma - dire subito che vengo alla mia Patria intera e a tutti i polacchi. Dal nord al sud e dall'est all'ovest. Vi prego dunque di accogliere la mia presenza anche là, dove non passa l'itinerario del mio pellegrinaggio, dove non mi è possibile arrivare questa volta. A tutti coloro che vorranno pregare insieme con me e pellegrinare con lo spirito e con il cuore, saro cordialmente grato.

Ho paragonato il bacio al suolo natale con il bacio alle mani materne.

Che esso sia anche un bacio di pace per tutti coloro che, in qualsiasi modo, vorranno trovarsi in queste grande comunità del pellegrinaggio del Papa polacco.

"Pax vobis!". Pace a te, Polonia! Patria mia!

Data: 1983-06-16 Data estesa: Giovedi 16 Giugno 1983

Omelia nella Cattedrale - Varsavia (Polonia)

Titolo: Con tutti i miei connazionali io sto sotto la croce di Cristo




1. Per noi Cristo si fece "obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome (versetto al Vangelo: Ph 2,8-9).

Rileggiamo queste parole nel solenne momento dell'odierna liturgia, prima del Vangelo, unendole al canto dell'alleluia. Queste parole, nel vigoroso riassunto di Paolo, traducono ciò che costituisce il mistero della Redenzione compiuta da Cristo. Lo costituiscono l'"umiliazione" del Figlio di Dio mediante la morte di Croce e l'"esaltazione", mediante la Risurrezione. Lo costituiscono l'obbedienza al Padre fino alla morte e il reciproco dono del Padre elargito a nome di Cristo all'uomo e all'intera creazione. La Redenzione è una nuova creazione. La creazione è stata il primo e il fondamentale dono, elargito da Dio al mondo e all'uomo. La Redenzione vince la disobbedienza dell'uomo nei riguardi del Creator, cioè il peccato: questo peccato Cristo lo assume su di sé sulla Croce, per aprire con la sua obbedienza fino alla morte la nuova ed eterna alleanza di Dio con l'uomo: la nuova gamma di doni elargiti nello Spirito Santo, la nuova Vita.

La Chiesa è emersa dal mistero della Redenzione e di esso quotidianamente vive. In questo mistero trova la sua più profonda ragion d'essere.

Questo mistero annunzia e predica nel Vangelo. Questo mistero celebra nei Sacramenti e soprattutto nell'Eucaristia.

Il 25 marzo 1983 ha avuto inizio l'Anno della Redenzione, come Giubileo straordinario della Chiesa. Desideriamo far risaltare in questo modo - come nell'anno 1933 - un particolare anniversario della Redenzione: allora il 1900° e, ora, il 1950°.


2. La Chiesa celebra questo Giubileo straordinario dell'Anno della Redenzione, contemporaneamente a Roma e in tutto il mondo. Desidero dunque, mediante questo mio presente pellegrinaggio, celebrare l'Anno Santo della Redenzione insieme con la Chiesa in Polonia. Tutte le funzioni liturgiche da me compiute nell'ambito di questo pellegrinaggio offrono ai partecipanti la possibilità di attingere dal doni soprannaturali del Giubileo: il perdono dei peccati e la remissione delle pene temporali, naturalmente alle solite note condizioni.

Cristo si fece per noi obbediente fino alla morte, perché noi avessimo la Vita e l'avessimo in abbondanza (cfr. Jn 10,10). Desidero che il mio servizio pastorale nella terra natale contribuisca a quella "abbondanza di vita" che tutti gli uomini ricevono dal Padre in Gesù Cristo, crocifisso e risorto. Che esso contribuisca a quella abbondanza di vita, che tutti gli uomini hanno in Cristo per opera dello Spirito Santo. Infatti nel suo operare invisibile - l'operare santificante - si prolunga, sino alla fine del mondo, il salvifico "andar via" di Cristo mediante la morte e la Risurrezione.


3. Il Vangelo odierno dà una testimonianza di quell'"andare via". Udiamo Gesù che grida a gran voce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mc 15,34), esprimendo la profondità insondabile della sua sofferenza salvifica. Siamo testimoni di come egli "spiro" (cfr. Jn 15,37) sulla Croce. Udiamo infine, passato il sabato, ciò che hanno udito le donne venute al sepolcro: "Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E' risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto (Jn 16,6).

Mediante le parole del Vangelo siamo in intimità con il centro stesso degli eventi, per mezzo dei quali si compi la Redenzione del mondo. Questi eventi sono passati alla storia, ci dividono da essi 1950 anni. Ma la Redenzione del mondo continua inesaurita e sempre di nuovo aperta all'uomo, ad ogni uomo. In modo particolare a colui che soffre (e forse soffre di più, quando non riesce a percepire sino in fondo il senso della propria sofferenza e, ancora di più, il senso della sua stessa esistenza).

Lasciamoci avvolgere dal mistero della Redenzione! Come quel centurione sono la Croce, che al momento della morte di Cristo confessa: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio" (Mc 15,39).

Lasciamoci avvolgere dal mistero della Redenzione. Tutti stiamo sotto la Croce. L'umanità intera sta continuamente sotto la Croce. La nostra Nazione sta da mille anni sotto la Croce. Lasciamoci avvolgere dal mistero della Redenzione: dal mistero del Figlio di Dio. In esso si svela anche sino in fondo ciò che a volte è tanto difficile risolvere, il mistero dell'uomo. E si manifesta, attraverso tutte le sue sofferenze e le umiliazioni, la vocazione suprema di lui: dell'uomo.

Insieme con tutti i miei connazionali - specialmente con coloro che in modo più doloroso assaporano l'amarezza della delusione, dell'umiliazione, della sofferenza, della privazione della libertà, del torto, della dignità calpestata dell'uomo - io sto sotto la Croce di Cristo, per celebrare in terra polacca il Giubileo straordinario dell'Anno della Redenzione. Sto qui e so che, come una volta sul Calvario, ai piedi di questa Croce sta la Madre di Cristo.


4. La prima tappa del mio pellegrinaggio a Jasna Gora, in occasione del 600° anniversario della effige della Madre di Cristo, conduce alla Cattedrale di Varsavia, alla tomba del grande Primate del millennio, del Cardinale Stefano Wyszynski.

Non son potuto venire a Varsavia per il suo funerale, il 31 maggio del


1981, a causa dell'attentato compiuto alla mia vita nel giorno 13 maggio, che causo alcuni mesi di ricovero all'ospedale.

Oggi, invece, essendomi dato di venire in Patria, indirizzo i miei primi passi verso la sua tomba. E mi presento all'altare della cattedrale di San Giovanni a celebrare la prima Santa Messa in terra polacca per lui. La celebro per l'anima del defunto Cardinale Stefano, ma unisco questo Santissimo Sacrificio con un profondo ringraziamento. Rendo grazie alla Divina Provvidenza perché nel difficile periodo della nostra storia, dopo la seconda guerra mondiale, a cavallo del primo e del secondo millennio, ci diede questo Primate, quest'uomo di Dio, questo innamorato della Madre di Dio, di Jasna Gora, questo intrepido Servo della Chiesa e della Patria.

L'odierna liturgia evoca nella prima lettura l'immagine del Servo, nel quale tutti riconosciamo la profetica figura di Cristo. Il defunto Cardinale fissava lo sguardo in Cristo come Servo della nostra Redenzione. Con profonda emozione compiva in questa cattedrale la liturgia della lavanda dei piedi il Giovedi Santo, avendo nella memoria queste parole del Maestro: non sono venuto per essere servito, ma per servire (cfr. Mt 20,28 Mc 10,45).

E quando non poteva compiere questo ministero del Vescovo, scriveva con dolore: "...già per la terza volta vivo il mio terribile Giovedi Santo... Non ti dono ai miei discepoli... La mia cattedrale di Primate oggi è senza il Vescovo, che lo Spirito Santo ha voluto per la Chiesa... Tutta la mia Settimana Santa è un Orto degli Ulivi, ancora una volta...". Queste parole troviamo negli "Appunti dalla prigione" del Cardinale Stefano Wyszynski in data 29 marzo 1956.

5. Oggi desidero, insieme con voi, cari fratelli e sorelle, insieme con il successore nella Sede primaziale, con i Vescovi, i sacerdoti, le famiglie religiose maschili e femminili, l'intero Popolo di Dio della capitale e della Polonia, ringraziare per questo servizio provvidenziale, offerto per molti anni dal Cardinale Stefano Wyszynski, Primate della Polonia. Servi l'uomo e la Nazione.

Servi la Chiesa e il mondo, servendo Cristo mediante Maria. Nel suo servizio e nel suo ministero prese per modello colei che - al momento della suprema elezione divina - si chiamo serva del Signore (cfr. Lc 1,38). Di questo servizio e di questo ministero il compianto Primate fece la forza principale del suo compito pastorale. Lo rese forte il servizio, il servizio consapevole della missione affidatagli dal Principe dei Pastori. Lo rese forte il servizio, e con questo suo servizio come Primate rese forte la Chiesa e la Nazione in mezzo alle prove e alle esperienze della storia.

Oggi, insieme con voi, presso la sua tomba, nel cuore di Varsavia, rendo grazie alla Santissima Trinità per questo grande servizio, reso come Primate dal Cardinale Stefano Wyszynsky, chiedendo che i frutti di esso continuino a perdurare nei cuori degli uomini in tutta la Patria.

Egli era forte della sua fede in Dio, che è il Signore della creazione e il Signore della storia per mezzo di Gesù Cristo, crocifisso e risorto. Ancora oggi sembra rivolgersi a noi con le parole del Salmista: "La destra del Signore si è alzata, la destra del Signore ha fatto meraviglie. Non moriro, restero in vita e annunziero le opere del Signore" ().

Egli era forte della sua fede in Cristo, quella pietra angolare della salvezza dell'uomo, dell'umanità, della Nazione. Fece di tutto perché questa pietra angolare non venisse respinta dagli uomini della nostra epoca, ma piuttosto si riconsolidasse nelle fondamenta della costruzione spirituale delle generazioni contemporanee e future. Come l'apostolo Paolo, anche il defunto Primate predico Cristo crocifisso, il quale è potenza di Dio e sapienza di Dio (cfr. 1Co


1,23-24), in mezzo al mondo, che cerca in ogni epoca altre potenze e altre sapienze.

Egli ci ha lasciato nei suoi "Appunti" la seguente preghiera: "...tutte le tue strade sono giustizia e verità! Il dolore si trasforma in amore riconoscente. La punizione cessa di essere una ritorsione, perché è una medicina, offerta con paterna delicatezza. La tristezza, che fa tremare l'animo, è l'aratura del campo prima della nuova semina. La solitudine è un guardarti più da vicino.

L'umana rabbia è scuola di silenzio e di umiltà. Il distacco dal lavoro è impegno maggiore e offerta del cuore. La cella della prigione è segno del fatto che non abbiamo qui una dimora stabile... Affinché nessuno pensi male di te, Padre, perché nessuno osi rimproverarti di eccessiva severità: perché sei buono, perché la tua misericordia è per i secoli dei secoli" (18 gennaio 1954).


6. Ringraziamo oggi la Santissima Trinità per questa eredità evangelica, pasquale del Cardinale Stefano Wyszynski, il quale stava sempre sotto la Croce di Cristo, insieme a Maria. "Tutto ho posto nelle mani di Maria". Nei riguardi di lei si sentiva come l'apostolo Giovanni, come un figlio adottivo, e come l'innamorato della Genitrice di Dio, "schiavo d'amore". In questa donazione senza riserve trovava la propria libertà spirituale: si, era un uomo libero, e insegnava a noi, suoi connazionali, la vera libertà. Era un instancabile araldo della dignità d'ogni uomo e del buon nome della Polonia tra le Nazioni d'Europa e del mondo.

Si potrebbero riferire a lui le parole del poeta: "Mi prostro umilmente in ginocchio / per rialzarmi come operaio forte di Dio. / Quando mi alzero, la mia voce sarà la voce del Signore... / Il mio grido sarà il grido di tutta la Patria (Juliusz Slowacki, "così Dio mi aiuti").

La Provvidenza Divina gli ha risparmiato i dolorosi avvenimenti, che si collegano con la data del 13 dicembre 1981. E' andato al Padre nella solennità dell'Ascensione del Signore, e i suoi funerali si sono svolti nella festività della Visitazione di Maria Santissima. Quasi che la Signora di Jasna Gora volesse imprimere l'ultimo sigillo terreno sulla vita di questo Primate, il quale, insieme con l'Episcopato della Polonia, la invito a visitare tutte le diocesi e parrocchie della nostra Patria.

Rendendo grazie alla Santissima Trinità per il grande servizio del Primate del millennio, preghiamo il Re dei secoli perché nulla distrugga di questo profondo fondamento, che gli fu dato di stabilire nell'animo del Popolo di Dio nell'intera terra polacca.

Data: 1983-06-16 Data estesa: Giovedi 16 Giugno 1983

Alle suore nella Chiesa dei Gesuiti - Varsavia (Polonia)

Titolo: Ognuna di voi sappia ricevere la grazia ed essere clemente

Avete cantato il Magnificat, avete ringraziato con le parole della Madonna: "Ha fatto in me cose grandi". Lei aveva più di tutti diritto di dire: "Ha fatto in me cose grandi". E' la Madonna delle Grazie: così la veneriamo, qui a Varsavia, accanto alla cattedrale di San Giovanni. E' la Madonna piena di grazia e perciò a noi clemente. E' clemente per ognuna di voi, poiché il mistero della vocazione religiosa di ognuna di voi è legato in qualche modo a Maria. Anch'io le chiedo di essere per voi sempre più clemente, perché la sua clemenza dia origine alla vostra clemenza. Ricevendo un dono saprete donare, condividere; e la gente si aspetta che voi doniate a somiglianza di Maria, poiché la gente si aspetta anche da lei proprio questo, in misura semplicemente inconcepibile. Per noi tale misura si esprime con la parola "Jasna Gora", si esprime anche con il concetto del Giubileo di Jasna Gora.

Tutto ciò parla della Madonna delle Grazie, di quella che dona e vuole donare continuamente. Voi dovete seguirla. Io ve lo auguro, vi auguro di seguirla.

Ella è clemente anche con me, poiché mi trovo nuovamente nella terra polacca. E' vero che sono qui da poche ore e tuttavia mi trovo nella terra polacca. E' molto clemente anche con me questa Madonna delle Grazie di Varsavia. La sua immagine, dinanzi alla quale ci troviamo, è del resto cara anche ai cuori degli italiani, poiché è onorata a Faenza. Quindi le chiedo che sia clemente con me, sia durante le ore successive, che durante i giorni successivi, perché anch'io possa essere clemente. Tale è la logica divina: una logica di grazia. E' necessario che ognuna di voi sappia ricevere la grazia ed essere clemente.

Desidero anche che la Madonna delle Grazie sia clemente con i miei fratelli, Cardinali e Vescovi, soprattutto gli ospiti ai quali dobbiamo un rispetto particolare, affinché anch'essi siano clementi là dove ce n'è bisogno, e anche con noi. Che questo luogo sia un buon inizio per tutto ciò che dobbiamo fare nel corso dei prossimi giorni, che sia luogo di ringraziamento per il dono, così come avete cantato: "Ha fatto in me cose grandi". E che cosa diro io di voi, di tutte quante radunate qui, con il Cardinale Primate, con l'Arcivescovo Dabrowski, che tante volte è venuto a Roma con i suoi buoni consigli, e che tanto avete fatto per aiutarmi. Diro che Dio ricompensi questa vostra clemenza e quella delle altre sorelle, soprattutto di quelle che portano la croce della sofferenza (ce ne sono molte, anche qui, in questa chiesa), quelle di clausura, di contemplazione: di tutte le sorelle. Che Dio vi ricompensi. Di fronte alla Madonna delle Grazie, ringrazio per la vostra clemenza nei miei confronti; per avermi ricondotto a queste strade polacche.

Adesso dovete condurmi fino alla fine per le strade della nostra terra.

E ora con il Primate, i Cardinali e i Vescovi vi imparto la mia benedizione apostolica.

Data: 1983-06-16 Data estesa: Giovedi 16 Giugno 1983

Alle autorità nel Palazzo Belvedere - Varsavia (Polonia)

Titolo: Che questo difficile momento diventi via di rinnovamento sociale

Illustre Signor Presidente e Signor Generale! Illustri Signori.


1. "Una Polonia prospera e serena è... nell'interesse della tranquillità e della buona collaborazione fra i popoli d'Europa". Mi permetto di iniziare il mio discorso con le stesse parole, con le quali lo cominciai, in questo stesso palazzo del Belvedere, il mese di giugno del 1979, durante la mia precedente visita in Patria. Ripeto queste parole, perché le ha pronunciate un grande amico della Polonia, il Papa Paolo VI, al quale la Chiesa della nostra Patria deve l'importante opera di normalizzazione nei Territori Settentrionali e in quelli Occidentali. Le ripeto, anche perché queste parole rispecchiano per così dire la costante quintessenza di ciò che la Sede Apostolica pensa della Polonia, e ciò che la Polonia auspica.


2. Questo modo di pensare ha un significato importante sullo sfondo del nostro difficile passato storico, iniziando specialmente dalla fine del XVIII secolo.

Proprio sullo sfondo delle spartizioni della Polonia, il pensiero, secondo cui "una Polonia prospera e serena è... nell'interesse della tranquillità e della buona collaborazione fra i popoli di Europa" è stato un postulato della morale internazionale, come pure della sana ragion di stato europea. Questo pensiero, per oltre cent'anni, dovette farsi strada attraverso gli imperialismi contrari alla nostra indipendenza; per trovare infine espressione, al termine della prima guerra mondiale, nei trattati di pace. La Nazione polacca nutre costante gratitudine verso coloro, che allora sono stati gli araldi della sua esistenza indipendente.

Mentre ci troviamo a Varsavia, la capitale della Polonia, il ricordo di tutte queste esperienze storiche rivive in modo speciale. E perciò sempre rimangono importanti le parole di Paolo VI, le quali constatano non solo che la Polonia ha diritto alla sovrana esistenza di uno Stato, ma anche che essa al suo proprio posto è necessaria per l'Europa e per il mondo.


3. Paolo VI, nelle parole citate, sottolineava che la "Polonia... è nell'interesse della tranquillità e della buona collaborazione fra i popoli di Europa".

Questa affermazione possiede la sua piena eloquenza sullo sfondo della seconda guerra mondiale, che è stata la più grande violazione della pace in questo secolo, soprattutto nel continente europeo. La Polonia si è trovata proprio al centro delle terribili esperienze di quella guerra. Per il suo diritto alla sovranità ha pagato con sei milioni di suoi cittadini, che fecero sacrificio della vita sui diversi fronti della guerra, nelle prigioni e nei campi di sterminio. La Nazione polacca ha confermato ad un prezzo molto alto il proprio diritto ad essere padrona sovrana della terra, che eredita dagli avi.

Il ricordo delle terribili esperienze della guerra, vissute dalla Polonia e dagli altri Popoli d'Europa, fa rinnovare, ancora una volta, l'invocazione appassionata affinché la pace non sia turbata né messa in pericolo, e in particolare perché si ponga rimedio, al più presto e in modo efficace, cioè con negoziati leali e costruttivi, alla minacciosa corsa agli armamenti.


4. Venendo in Polonia, ho davanti agli occhi tutta la sua storia di mille anni e, prima di tutto, le esperienze di questo secolo, unite alla mia vita.

Desidero tanto ringraziare le supreme autorità dello Stato per l'invito in Patria, trasmessomi con lettera del Signor Presidente del Consiglio di Stato.

Vengo nella mia Patria come pellegrino in occasione del Giubileo di Jasna Gora.

Vengo per essere con i miei connazionali in un momento particolarmente difficile della storia della Polonia, dopo la seconda guerra mondiale. Al tempo stesso, non perdo la speranza che questo difficile momento possa diventare una via di rinnovamento sociale, l'inizio del quale è costituito dagli accordi sociali, stipulati dai rappresentanti delle autorità dello Stato con i rappresentanti del mondo del lavoro. E anche se la vita in Patria sin dal 13 dicembre 1981 è stata sottoposta ai severi rigori dello stato di guerra, che dall'inizio dell'anno corrente venne sospeso, tuttavia non cesso di sperare che quella riforma sociale, molte volte annunciata, secondo i principi elaborati con tanta fatica nei giorni critici dell'agosto 1980, e contenuta negli accordi, verrà gradualmente attuata.

Tale rinnovamento è indispensabile per mantenere il buon nome della Polonia nel mondo, come pure per uscire dalla crisi interna e per risparmiare le sofferenze di tanti figli e di tante figlie della nazione, miei connazionali.


5. La Sede Apostolica dedica tanti suoi sforzi alla causa della pace nel mondo contemporaneo. Quest'anno ricorre il ventesimo anniversario della pubblicazione dell'enciclica "Pacem in terris" di Papa Giovanni XXIII. Paolo VI porto avanti, in molte forme, gli sforzi in questo campo. Essi sono molto numerosi, e insieme generalmente conosciuti; sarebbe difficile in questo momento ricordarli dettagliatamente. Ricordero soltanto l'iniziativa della Pontificia accademia delle scienze nell'anno 1981. Eminenti specialisti delle discipline scientifiche come la fisica, la biologia, la genetica e la medicina hanno elaborato un "memorandum" sulle prevedibili conseguenze dell'uso dell'arma atomica. Il "memorandum è stato consegnato dal rappresentanti della suddetta Accademia ai Capi di Stato dell'Unione Sovietica, degli Stati Uniti d'America, dell'Inghilterra, della Francia, al Presidente dell'assemblea dell'Onu e al Segretario generale dell'Onu.

Sin dal tempo di Paolo VI si stabili l'usanza di celebrare nella solennità di Capo d'anno la Giornata mondiale della pace, usanza unita a un messaggio annuale. Quest'anno il messaggio del 1° gennaio 1983 porta il

Titolo: "Il dialogo per la pace, una sfida per il nostro tempo". Mi sono permesso di inviare il testo di questo messaggio anche ai supremi rappresentanti dell'autorità dello Stato in Polonia.

Questo messaggio si richiama alle esperienze dei passato, per indicare che il dialogo a favore della pace, specialmente nella nostra epoca, è necessario.

Esso è anche possibile: "Gli uomini in definitiva sono capaci - ho scritto - di superare le divisioni, i conflitti d'interesse, anche le opposizioni che paiono radicali... se credono al valore del dialogo, se accettano di ritrovarsi tra uomini per cercare una soluzione pacifica e ragionevole ai loro conflitti".


6. In seguito, il documento caratterizza le note distintive del vero dialogo e gli ostacoli che esso incontra. Il messaggio di quest'anno dedica molto spazio al problema del dialogo in favore della pace a livello internazionale. Date le circostanze, mi permettero di attirare l'attenzione sul paragrafo intitolato "Dialogo a livello nazionale", ove si legge: "Il dialogo per la pace si deve instaurare... per risolvere i conflitti sociali e per ricercare il bene comune.

Pur tenendo conto degli interessi dei diversi gruppi, la concertazione pacifica può farsi costantemente, mediante il dialogo, nell'esercizio delle libertà e dei doveri democratici per tutti, grazie alle strutture di partecipazione e alle molteplici istanze di conciliazione... (nelle controversie tra i datori di lavoro e i lavoratori, in modo da rispettare e associare i gruppi culturali, etnici e religiosi che formano una Nazione). Quando purtroppo il dialogo tra governanti e popolo è assente, anche la pace sociale è minacciata o assente: si genera come uno stato di guerra. Ma la storia e l'osservazione attuale mostrano che molti Paesi sono riusciti o riescono a stabilire una vera concertazione permanente, a risolvere i conflitti che sorgono nel loro ambiente, o perfino a prevenirli, dotandosi di strumenti di dialogo veramente efficaci".


7. Illustri Signori! Ritorno ancora una volta alle parole di Paolo VI: "Una Polonia prospera e serena è nell'interesse della tranquillità e della buona collaborazione fra i popoli in Europa...".

Come figlio della terra polacca, faccio di queste parole in modo particolare un mio personale augurio per la Nazione e lo Stato. Quest'augurio indirizzo contemporaneamente ai rappresentanti dell'autorità e all'intera società.

Desidero ardentemente che la Polonia abbia sempre il posto che le è proprio tra le Nazioni d'Europa, tra l'Oriente e l'Occidente. Desidero ardentemente che si creino nuovamente condizioni di una "buona collaborazione, con tutte le Nazioni occidentali sul nostro continente, come pure su quello americano, soprattutto se si tratta degli Stati Uniti dell'America del Nord, ove tanti milioni di cittadini sono di origine polacca. Sono profondamente convinto che dette condizioni possono essere create. Anche questo è uno dei compiti del dialogo - del dialogo internazionale - in favore della pace nel mondo contemporaneo.

So pure che l'Episcopato polacco costantemente dispiega sforzi instancabili, affinché il principio del dialogo proclamato dalla Chiesa, possa diventare una base fruttuosa sia della pace interna, sia della "buona collaborazione" tra la Polonia e le altre Nazioni d'Europa e del mondo.


8. Desidero ancora una volta esprimere il mio ringraziamento per l'invito in Patria. Desidero anche porre nelle mani dei rappresentanti delle supreme autorità della Repubblica polacca, un ringraziamento per tutto ciò che - sia queste autorità, sia gli organi dell'amministrazione locale, ad esse subordinati - hanno fatto per preparare il mio incontro con la Nazione e con la Chiesa nella mia Patria.

Come durante la mia precedente visita, desidero alla fine affermare che continuero a considerare come mio ogni vero bene della mia Patria, come se io continuassi ad abitare in questa terra, e forse ancora di più, a motivo della distanza. Con la stessa forza continuero anche a risentire ciò che potrebbe minacciare la Polonia, ciò che potrebbe recarle danno, portarle disonore, ciò che potrebbe significare una stasi o una depressione.

Nella preghiera per la Polonia si uniscono a me moltitudini di uomini di buona volontà, in tutto il mondo.

Aggiungo le espressioni di stima per tutti i distinti rappresentanti delle autorità e ad ognuno in particolare, secondo l'ufficio che esercitano, secondo la dignità che rivestono, come pure secondo l'importante parte di responsabilità, che grava su ciascuno di voi davanti alla storia e davanti alla vostra coscienza.

Desidero anche ringraziarla per i doni che mi ha offerto, molto preziosi e molto significativi, soprattutto in questo momento storico, allorché ricordiamo i 300 anni dell'assedio di Vienna. A mia volta, la prego di accettare il mio dono, un san Giovanni Battista opera della scuola di Ferrara del XVI secolo, proveniente dal Museo Vaticano. Il nome di questo Santo è legato a quello degli ultimi Papi, a partire da Giovanni XXIII. In memoria di tali predecessori e a ricordo della mia visita, desidero lasciare in Polonia quest'opera, che riunisce in sé i motivi biblici e quelli della tradizione papale. La prego vivamente di accettarla.

Data: 1983-06-17 Data estesa: Venerdi 17 Giugno 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)