GPII 1983 Insegnamenti - Beatificazione di Urszula Ledochowska - Poznan (Polonia)

Beatificazione di Urszula Ledochowska - Poznan (Polonia)

Titolo: Il legame dell'uomo con la terra, base della vita della società




1. "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!" (Mt 16,16). Ho ripetuto questa confessione di Pietro il giorno 22 ottobre 1978, quando, per gli inscrutabili decreti della Divina Provvidenza, mi tocco di iniziare il servizio nella Sede di Pietro in Roma.

Oggi le ripeto qui, a Poznan, nel luogo dove questa confessione veniva pronunciata sin dai tempi più remoti nei territori dei Piast, dopo il Battesimo di Mieszko nell'anno 966. Sin dai tempi più antichi le labbra del Vescovo pronunciavano questa confessione di Pietro, poiché già due anni dopo il Battesimo Poznan, per prima in Polonia, "coepit habere episcopum": comincio ad avere il proprio Vescovo.

"Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!". La stessa confessione di Pietro ripetevano le labbra degli avi sin da quei tempi antichissimi e i cuori si aprivano al Redentore del mondo, prima sconosciuto, che come Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, si fece uomo e nacque dalla Vergine Maria.


2. Su questa confessione di Pietro sin dall'inizio si edifica la Chiesa secondo le parole di Cristo: "Tu sei Pietro e su questa pietra edifichero la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Jn 16,18). così dunque insieme con la confessione del primo Vescovo nella Polonia dei Piast, il cui nome era Jordan, si edifica la Chiesa sul suolo di questa nostra patria. Nell'anno millesimo il Vescovo Unger accoglie a Poznan e a Gniezno l'imperatore Ottone III e i legati pontifici, giunti per il cosiddetto Convegno di Gniezno, accanto alle reliquie del Martire sant'Adalberto.

L'edificazione della Chiesa nella nostra patria procede. Sorge la Metropoli di Gniezno e, ad essa collegate, nuove sedi vescovili a Cracovia, Wroclaw e Kolobrzeg. Cresce la comunità di coloro che ripetono la confessione di Pietro, ancora nell'antica lingua materna. "Tu sei il Cristo, il Figlio dei Dio vivente". E sin dall'inizio, sin dai tempi di Mieszko, la cattedrale vescovile di Poznan rimane col titolo di San Pietro e Paolo. Essi sono anche i patroni di Poznan e le loro figure si trovano sullo stemma della città.


3. Grande è la mia gioia di poter oggi giungere al castello di Przemyslaw, facendo il pellegrinaggio in Polonia per il Giubileo patrio della Signora di Jasna Gora.

Grande è la mia gioia di poter giungere insieme a voi, cari fratelli e sorelle, eredi del trascorso millennio della Nazione e della Chiesa, e ripetere la confessione di Pietro. Sono venuto qui molte volte, specialmente nel periodo dei servizio pastorale del metropolita di Poznan, Antoni Baraniak, di santa memoria, la cui fortezza pastorale, la cui umiltà e i cui meriti noti solo a Dio circondiamo sempre di profonda venerazione.

Oggi saluto qui il suo successore nella sede di Poznan, coetaneo nella mia nomina vescovile, Arcivescovo Jerzy, i Vescovi ausiliari e tutti i rappresentanti dell'Episcopato presenti: il Cardinale Primate, il Cardinale Metropolita di Cracovia, tutti gli Arcivescovi e i Vescovi della Polonia. Saluto il Capitolo Metropolitano, tutto il clero, gli Ordini religiosi maschili e femminili. Saluto tutti gli ospiti giunti a Poznan da fuori dell'arcidiocesi.

Mi rendo conto che il luogo dove mi trovo ha avuto un ruolo fondamentale non solo nella storia del cristianesimo, ma anche nella storia dello Stato e della cultura polacca. La Cattedrale dei Santi Apostoli Pietro e Paolo testimonia che, sin dall'inizio, in questa terra dei Piast e in tutta la Polonia la Chiesa fu unita e Roma. A Roma, non solo come sede di Pietro, ma anche come centro di cultura. perciò la cultura polacca possiede i contrassegni caratteristici soprattutto occidentali europei.


4. Sono lieto di potermi trovare in questo luogo, al centro della più antica delle terre dei Piast, dove oltre mille anni fa ha avuto inizio la storia della Nazione, dello Stato e della Chiesa.

Insieme con Cristo, che Pietro confesso Figlio del Dio vivente, sono giunti qui il Vangelo e l'intera Rivelazione. Dagli abitanti di questa terra vennero consapevolmente accolte le parole del Creatore, pronunciate all'inizio: Crescete e moltiplicatevi soggiogate e dominate la terra (cfr. Gn 1,28). Queste parole hanno legato insieme la chiamata alla vita familiare con il lavoro umano. I nostri avi dominavano la terra su questo vasto territorio della Grande Polonia, tagliando i boschi, coltivando i campi, costruendo villaggi e città.

Dopo secoli siamo qui testimoni del lavoro di tante generazioni. Vi fu un tempo in cui, nel XIX secolo, esse dovevano lottare per il mantenimento del proprio posto di lavoro, in questa terra della Grande Polonia, dove gli occupanti volevano distruggere lo spirito nazionale. Da quell'epoca proviene la tradizione del profondo legame con la terra, la tradizione della coltivazione razionale del terreno e la tradizione dell'organizzazione sociale, che assicuravano lo stato di possesso polacco. Simbolo dell'intransigente difesa dei fondamentali diritti del polacco e dell'agricoltore divento il carro di Drzymala. Sono anche un simbolo i cognomi dei grandi operatori sociali, specialmente del clero, come l'Arcivescovo Florian Stablewski o i sacerdoti, tipo Don Piotr Mawrzyniak. Un sostegno per loro divento a suo tempo l'enciclica "Rerum Novarum" di Leone XIII.


5. Per la generazione contemporanea degli uomini del lavoro e prima di tutto dei lavoratori della terra, un sostegno simile può essere l'enciclica "Mater et Magistra", di Giovanni XXIII: "...un problema di fondo che si pone - scrive in essa il venerato predecessore - è il seguente: come procedere perché sia ridotto lo squilibrio nell'efficienza produttiva tra il settore agricolo da una parte e il settore industriale e quello dei servizi dall'altra, e perché il tenore di vita della popolazione agricolo-rurale sia distanziato quanto meno e possibile dal tenore di vita dei cittadini che traggono il loro reddito dal settore industriale e da quello dei servizi; e quanti lavorano la terra non abbiano un complesso di inferiorità; siano invece persuasi che anche nell'ambiente agricolo-rurale possono affermare e sviluppare la loro persona attraverso il loro lavoro e guardare fiduciosi l'avvenire... Ci è caro esprimere il nostro compiacimento a quei figli che in varie parti del mondo sono impegnati nelle iniziative cooperativistiche, nelle associazioni professionali e nei movimenti sindacali ad elevazione economico-sociale di quanti lavorano la terra" (cfr. AAS 53 (1961) 432.437s).

6. Tuttavia voglio sottolineare queste parole dell'enciclica sociale con ciò che udii, in terra polacca, dalla bocca del defunto Primate Cardinale Stefan Wyszynski. Quanto grande era la sua intuizione per questo legame dell'uomo con la terra, che sta alla base dell'esistenza di tutta la società! Come giustamente egli metteva sull'avviso davanti alla trascuratezza dell'agricoltura, davanti all'esodo dalla terra e all'eccessiva urbanizzazione! Si sentiva nelle sue parole quasi un'eco lontana di quella tradizione risalente al tempi di Piast, che egli apprese dalla Bibbia: la chiamata "soggiogate e dominate la terra", e nell'attuazione di questa chiamata cercava il consolidamento delle fondamenta stesse di questa ragion di stato nazionale e statale della propria Patria.

Ecco che cosa disse il Cardinale Wyszynski il 2 aprile 1981 al rappresentanti di "Solidarietà rurale": "Quando il terreno è coperto d'erba i più grandi tifoni non lo soffiano via facilmente, anche se esso fosse sabbioso. Ma quando il terreno diventa un luogo deserto, è molto facile conquistarlo... Dal romanzo "Contadini" di Reymont conosciamo la commovente storia di Botyna. La sua morte con le braccia tese sulla terra e nel sussurro dei venti: Padrone "resta con noi", è un'immagine molto eloquente. Quando ci si incontra più da vicino con l'enorme forza spirituale, morale e sociale dell'ambiente rurale, si vede chiaramente quanto giusta è la lotta per i diritti fondamentali della persona umana, quanto motivata è un'ulteriore ragione del rispetto di quei diritti che proviene dal fatto di possedere la terra".

Auguro anche a voi, agricoltori della Grande Polonia, a voi agricoltori di tutta le mia Patria, di tenere in mente queste parole del Cardinale Wyszynski, come testamento di un grande polacco, di un grande amante della terra polacca e della Nazione polacca.


7. "Benediro il Signore in ogni tempo, / sulla mia bocca sempre la sua lode. / Io mi glorio nel Signore, / ascoltino gli umili e si rallegrino ().

In questo primo giorno desidero in modo particolare benedire il Signore, poiché mi è dato tra voi, cari connazionali, di poter elevare agli onori degli altari - mediante la beatificazione - la Venerabile Serva di Dio, Madre Orsola Ledochowska.

Certamente grande è la nostra gioia comune, che durante il Giubileo nazionale della Signora di Jasna Gora e insieme nell'ambito dell'Anno della Redenzione, possa aver luogo questa beatificazione. Alla gloria dei Beati viene elevata una Figlia della nota famiglia polacca. La località di Lipnica Murowana (nella diocesi di Tarnow), di dove la famiglia Ledochowski ha avuto la casa, è la stessa località dalla quale proveniva, nel XV secolo, il beato Szymon da Lipnica.

La sorella carnale della Madre Orsola, Maria Teresa Ledochowska, conosciuta comunemente come "madre dell'Africa nera, e fondatrice del Sodalizio di san Pietro Claver (Suore Claveriane), fu beatificata alcuni anni fa da Paolo VI. La vocazione di Orsola fu la gioventù e la sua educazione, inoltre il molteplice aiuto nel lavoro pastorale della Chiesa. Scopri la strada di questa vocazione nel Convento delle Suore Orsoline di Cracovia. Nell'anno 1907 parti di li - con l'assenso del Papa Pio X - per il lavoro apostolico alla città chiamata allora Pietroburgo, in Russia. Costretta ad abbandonare la Russia nel 1914, svolse il suo apostolato nei Paesi scandinavi e, al tempo stesso, sviluppo una molteplice azione in favore della sua Patria tormentata. Quando, dopo la guerra, chiese al Papa Benedetto XV di approvare la nuova Congregazione, sorta in modo così insolito durante questo suo apostolato, ricevette da lui l'approvazione. Il Preposito generale dei Gesuiti di allora, fratello carnale della Madre Orsola, Padre Vladimiro Ledochowski, era il consigliere della sorella presso la Sede apostolica.

Un grande influsso sulla vita della Beata e dei suoi fratelli e sorelle ebbe il loro zio, Cardinale Mieczyslaw Ledochowski, Arcivescovo di Gniezno-Poznan, Primate della Polonia e poi Prefetto della Sacra Congregazione per la Propaganda della fede. E' noto che, anche in prigione, proprio qui a Poznan, egli si oppose alla politica del "Kulturkamph" prussiano, per salvare la fede, lo spirito polacco e l'autonomia della Chiesa in Polonia; per questo motivo fu perseguitato e incarcerato.

Qui a Pniewy, vicino a Poznan, si trova la casa madre della Congregazione delle Suore Orsoline del Cuore di Gesù Agonizzante, comunemente chiamate Orsoline Grigie. Madre Orsola Ledochowska è stata la fondatrice di questo ramo polacco delle Orsoline, e anche della casa di Pniewy. La Congregazione tuttavia si diffuse in diverse parti della Polonia e fuori dell'Europa.

Contemporaneamente, Madre Orsola svolgeva il suo apostolato (dietro richiesta della Sede Apostolica) a Roma, e li concluse i suoi giorni terreni, il 29 maggio


1939; li si trova anche la sua tomba presso la Casa generalizia in via del Casaletto.

Annoverando Madre Orsola Ledochowska nell'albo dei beati, la consegniamo alla Chiesa della Polonia e alla Congregazione delle Suore Orsoline, per la gloria di Dio, per l'elevazione delle anime umane e per la loro eterna salvezza.


8. "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!". Ritorno alle parole della confessione di Pietro, che risuonano nella storia del Popolo di Dio su questa terra della Grande Polonia, unita da oltre mille anni intorno alla cattedrale dei Santi Apostoli.

La Poznan cattolica ripete le parole di Pietro in modo particolare sin dal tempo dell'indipendenza della Patria, riacquistata nell'anno 1918, in base all'unione con Gniezno (che duro sino dal 1821), Poznan era allora anche la sede del Primate di Polonia. La Confessione di Pietro si manifesto, nella storia della città, mediante la costruzione del monumento al Sacratissimo Cuore di Gesù. Questo monumento - come espressione di ringraziamento per la riacquistata indipendenza - venne distrutto dall'invasore durante la seconda guerra mondiale.

Oggi su questo luogo son sorte due croci in memoria delle vittime del 1956. Per diversi motivi - in considerazione del passato più remoto e più recente - questo luogo è venerato dalla società di Poznan e dalla "Grande Polonia". Voglio dunque anch'io inginocchiarmi in questo luogo a rendere onore.


9. Poznan! La Poznan di oggi, una città di grande tradizione. Una città che traccia nella vita della Nazione uno stile speciale di edificazione del bene comune. La città dei grandi stabilimenti industriali. E' la città della cultura universitaria contemporanea. La città, nella quale in modo del tutto particolare sono maturati il pensiero sociale cattolico e la struttura nazionale delle organizzazioni cattoliche. La città dalle molte pubblicazioni e dalle molte case editrici.

Desidero, visitando Poznan sul percorso del pellegrinaggio di quest'anno, vederla ancora una volta nelle dimensioni del millennio, ma anche nelle dimensioni del Giubileo di Jasna Gora. E perciò con tutto il cuore mi avvicino a questo luogo nel quale la principessa Dobrawa, moglie di Mieszko e madrina della Nazione polacca edifico su Ostrow Tumski la cappella del castello, dedicata alla Santissima Vergine Maria.

E' la più antica traccia di questo grande patrimonio, che accogliamo nel solenne Giubileo nazionale di quest'anno. Di questa eredità che desideriamo portare nei secoli successivi.

Mi fermo dunque in questo luogo e ripeto: "Madre di Dio, Vergine / Maria, che per Dio sei lodata. / Dal tuo Figlio, Signore / Ottienici, implora per noi / la sua pietà (Kyrie eleison)".

(Prima della benedizione, ha rivolto all'assemblea un breve saluto:) Prima della benedizione finale, vorrei salutare ancora una volta tutti i presenti, non soltanto i rappresentanti della città e dell'arcidiocesi di Poznan ma anche i pellegrini venuti da fuori arcidiocesi, soprattutto dalla confinante arcidiocesi di Gniezno; dalla diocesi di Wloclawek, insieme con il Vescovo ordinario e con i Vescovi ausiliari; dalla diocesi di Chelmno insieme con il Vescovo ordinario e con i suoi collaboratori nell'Episcopato; dalla diocesi di Gorzow, insieme con il Vescovo Monsignor Wilhelm Pluta e con il Vescovo ausiliare; dalla diocesi di Koszalin insieme con il Vescovo ordinario e con il Vescovo ausiliare.

Prego tutti i pellegrini di portare alle loro comunità, diocesi e parrocchie, questa comunione dei Santi, messa in rilievo dalla beatificazione di Urszula Ledochowska, e anche la comunione della Chiesa polacca che vive la sua unione con i santi apostoli Pietro e Paolo, mediante la presenza del successore di Pietro. Rivolgo la stessa preghiera ai nostri ospiti venuti dall'estero. E' qui presente il Vescovo della diocesi di Sankt Polten in Austria, dove nacque la beata Urszula; il Vescovo di Schwerin in Germania, nonché i Vescovi venuti da Helsinki in Finlandia. Preghiamo questi nostri fratelli nella vocazione episcopale di salutare le loro Chiese e i loro popoli nello spirito della comunione cristiana, che oggi celebriamo qui a Poznan.

Parole particolari spettano ovviamente alle Orsoline Grigie; si può dire che questo è il loro giorno, il loro grande giorno. La loro gioia ci rallegra; auguriamo ad esse che il giorno della beatificazione della loro fondatrice dia inizio a un nuovo periodo nello sviluppo di questa famiglia religiosa, che ci è così cara.

Voglio proprio a Poznan aggiungere a questi saluti uno particolare, a tutti i catechisti e le catechiste, appartenenti al clero, ma soprattutto ai laici. Poznan è un grande centro della catechesi, e del pensiero catechetico.

Voglio salutare tutti i catechisti e le catechiste sia dell'arcidiocesi, sia di tutta la Polonia. Infine, proprio qui, non posso rimanere in debito con i giovani studenti, che mi hanno mandato speciali lettere a Roma. Rispondo a queste lettere con tutto il cuore così come posso. L'ho già fatto una volta sabato sera, durante l'incontro con i giovani e lo faccio ancora qui a Poznan.

Poznan ha dato alla Polonia e alla Chiesa alcuni Vescovi. Desidero salutarli in questa nostra comunione di oggi.

Miei cari fratelli e sorelle, la benedizione in nome della Santissima Trinità deve in un certo modo sigillare questa magnifica, soprannaturale realtà sacramentale: l'Eucaristia. così succede ogni volta. La nostra Eucaristia è particolarmente solenne, particolarmente eloquente, piena di calori antichi e attuali, piena di vita e di vicende umane.

Che su tutto questo si estenda ora la benedizione di Dio onnipotente, uno nella Santissima Trinità.

Voglio benedire anche tutte le prime pietre delle chiese che saranno costruite. Queste pietre si trovano davanti all'altare. Che anch'esse siano benedette insieme agli uomini e per gli uomini.

Data: 1983-06-20 Data estesa: Lunedi 20 Giugno 1983

Al clero nella Cattedrale di Poznan (Polonia)

Titolo: VSiate sempre degni dell'onore che Cristo dà a noi sacerdoti

Ringrazio di cuore l'Arcivescovo Metropolita per avermi invitato a fare un breve discorso. Si suol dire che è più difficile fare un discorso breve che uno lungo.

perciò mi ha invitato anche a fare un discorso difficile.

Miei cari fratelli nel sacerdozio, dell'arcidiocesi di Poznan, delle famiglie religiose, nonché delle diocesi vicine, fratelli sacerdoti, religiosi e religiose! Mi riempie di gioia questo momento del nostro incontro. Questo momento ci deve bastare per confermare la nostra comunione con la Chiesa: comunione con il vostro Vescovo, paragonata da sant'Ignazio d'Antiochia alle corde di uno strumento musicale, e mediante il vostro Vescovo, comunione con il Vescovo di Roma, la quale dà al nostro sacerdozio una dimensione universale, come insegna il Concilio Vaticano II.

In nome della duplice comunione, quella con il vostro Vescovo e quella con il Vescovo di Roma, rendo omaggio al Cristo, Sacerdote Eterno, che vive in ognuno di voi. Ognuno di voi esiste nel suo nome, celebra il mistero della Redenzione, il mistero dell'Eucaristia.

Rendendo omaggio al Cristo, che vive e agisce in voi e per mezzo di voi, quindi, nello stesso tempo, rendo il più grande onore a ognuno di voi. Vi prego, siate sempre degni di questo onore che il Cristo stesso dà a noi sacerdoti; siategli sempre infinitamente grati per questo dono del sacerdozio e ricambiatelo con tutta la vostra vita. Che questa vita sia benedetta nello spirito delle beatitudini che sono la sintesi della vocazione cristiana, della vocazione evangelica. Che la vostra vita sia feconda di quella fecondità, alla quale siete chiamati, rinunciando alla vita familiare e personale per potervi dedicare maggiormente a tutti.

Vi affido al cuore della Madre dei sacerdoti.

Ricordo le generazioni dei grandi sacerdoti dell'arcidiocesi di Poznan uniti ai Vescovi e agli Arcivescovi di questa sede fin dal 968, e assieme al vostro Arcivescovo e ai Cardinali e Vescovi qui presenti vi benedico con tutto il cuore.

Data: 1983-06-20 Data estesa: Lunedi 20 Giugno 1983

Omelia al rito mariano - Katowice (Polonia)

Titolo: Solo l'amore può assicurare la pienezza della giustizia

Sia lodato Gesù Cristo!


1. Cari fratelli e sorelle! Di tutto cuore vi ringrazio dell'invito a Piekary. Il mio pellegrinaggio a Piekary Slaskie, al Santuario della Madre di Dio nella diocesi di Katowice, ha una sua storia di molti anni. Come Metropolita di Cracovia venivo invitato a predicare la Parola di Dio nell'ultima domenica di maggio, quando si svolge l'annuale pellegrinaggio degli uomini e della gioventù maschile.

Questo è un avvenimento speciale nella vita della Chiesa, non solo in Slesia, ma in tutta la Polonia. Giungono allora a Piekary uomini e giovani dalla vasta regione industriale, che oltrepassa i confini della Slesia di Katowice sia all'occidente, verso Opole, sia all'oriente, verso Cracovia. Oggi avviene lo stesso, solo che la cornice del pellegrinaggio si è ampliata. Non è più solo un incontro con gli uomini, ma è un incontro generale; do il benvenuto dunque e saluto di gran cuore tutti voi qui presenti, cari fratelli e sorelle: uomini e donne, gioventù maschile e femminile, tutte le famiglie.

Attendevo questo incontro a Piekary sin dal 1978. L'attendevo con perseveranza e fiducia. E anche voi l'avete atteso con perseveranza e fiducia. E quando è divenuto possibile, si è visto che sul colle di Piekary non saremmo potuti starci tutti. E perciò si è dovuto trasferire Piekary a quest'aeroporto nei pressi di Katowice, ove ci troviamo. Per poter attuare l'odierno pellegrinaggio del Papa a Piekary è stato necessario che questa volta Piekary stessa partisse in pellegrinaggio!


2. E così infatti è successo. Nell'ambito del Giubileo del sesto centenario di Jasna Gora, giungo oggi al santuario di Piekary, e la Madre di Dio mi viene benignamente incontro dal suo santuario.

Quest'incontro ha preso la forma di una grande preghiera della Chiesa di Katowice. La preghiera continua sin dall'ultima domenica di maggio, da quando l'effige della Signora di Piekary si è mossa per l'incontro odierno, visitando per strada le singole parrocchie. E oggi qui - in quest'aeroporto - sin dalla mattina continua la preghiera, che accompagna l'arrivo dell'effige di Piekary Slaskie.

Prima di tutto c'è la preghiera del Rosario, e insieme ad essa ci sono il canto, le letture e le meditazioni, secondo il programma previsto, stabilito e attuato con precisione tutta slesiana.

Mi chiedo: dopo tante ore di preparazione in preghiera avete ancora abbastanza forza per ascoltare il Papa? Non siete troppo affaticati e stanchi? Tuttavia, il ricordo degli incontri antecedenti a Piekary mi dice che la gente della Slesia e, in genere, tutti gli uomini del duro lavoro di questa regione industriale non si stancano facilmente di pregare. Inoltre, sanno pregare in modo così "attraente" nella loro grande comunità, che la preghiera non li stanca. può darsi che si allontanino dal loro santuario stanchi, ma non sfiniti, perché portano con sé le fresche risorse dello spirito nel duro lavoro quotidiano.


3. E perciò ringrazio la Chiesa di Katowice per quest'odierno incontro. Ringrazio il Vescovo Herbert, il quale mi ha invitato molte volte qui come Metropolita e Cardinale, e quando decise di invitarmi anche come Papa, non si è dato pace prima di attuare questa sua decisione. Saluto insieme a lui i Vescovi Jozef, Czeslaw e Janusz, che rimangono uniti nel servizio vescovile. Saluto il Capitolo e tutto il clero: voi, cari fratelli sacerdoti, con i quali mi uniscono legami a volte non meno stretti di quelli con i miei fratelli, sacerdoti dell'arcidiocesi di Cracovia. Saluto di tutto cuore gli Ordini religiosi maschili e femminili, augurando che la loro vocazione evangelica fruttifichi nella messe del grande lavoro umano, che incontrano ogni giorno. Saluto il Seminario maggiore, col quale ero legato nel passato: come professore e come Metropolita di Cracovia. Che questo Seminario continui a fiorire con abbondanza di vocazioni diocesane e missionarie.

A tutte le operose istituzioni diocesane (tra l'altro a "Gosc Niedzielny": "Ospite della domenica"), dico, al cospetto della Madre di Dio di Piekary, come si dice in Slesia: "Szczesc Boze" (Dio vi aiuti).

Permettete che io saluti anche i Cardinali polacchi, qui presenti: Cardinale Primate e Metropolita di Cracovia; e i Cardinali tedeschi: di Magonza e di Berlino, nonché tutti i Vescovi qui presenti, polacchi ed esteri. Vedo che c'è anche il Cardinale John Krol di Filadelfia negli Stati Uniti. Insieme a voi saluto tutti quanti.


4. Entro qui nella grande preghiera, che continua non solo fin dall'ultima domenica di maggio, non solo oggi sin dalla mattina, ma dura da generazioni, riempie ogni anno, ogni settimana e ogni giorno.

Una volta - quando ancora non vi era la Slesia di oggi, ma già c'era l'effige della Madre di Dio a Piekary - in questa preghiera si inseri il re polacco Giovanni III Sobieski, recandosi in soccorso di Vienna.

Oggi io, Vescovo di Roma e al tempo stesso figlio della Nazione polacca, desidero inserirmi nella preghiera della Slesia odierna, che nell'effige della Signora di Piekary fissa lo sguardo come nell'immagine della Madre della giustizia e dell'amore sociale.

E perciò desidero anche prendere lo spunto per questa preghiera dal multiforme lavoro, che voi esercitate ogni giorno, quando - proprio in mezzo al lavoro - vi scambiate questo saluto: "Szczesc Boze!" (Dio vi aiuti), "Szczesc Boze!" (Dio vi aiuti).

E' così. Per arrivare fino alla radice stessa del lavoro umano - sia questo il lavoro nell'industria o quello della terra, la fatica del minatore, del metallurgico oppure di un impiegato, o l'affaccendarsi di una madre nella casa, o la fatica del servizio sanitario accanto al malati - per giungere alla radice stessa di qualunque lavoro umano, bisogna rapportarsi a Dio: "Szczesc Boze!" (Dio vi aiuti).


5. Con questo saluto "Szczesc Boze" (Dio vi aiuti) ci rivolgiamo all'uomo che lavora, e al tempo stesso rapportiamo il suo lavoro a Dio. Rapportiamo il lavoro umano in primo luogo a Dio Creatore. Prima di tutto, infatti, la stessa opera della creazione (cioè il trarre dal nulla l'essere del cosmo) è presentata nel Libro della Genesi come il "lavoro" di Dio, diviso nei sei "giorni della creazione". Dopo questi giorni, Dio cesso da ogni suo lavoro il settimo giorno (cfr. Gn 2,2); con questo la Sacra Scrittura impone anche all'uomo l'obbligo del riposo, l'ossequio di dare a Dio il giorno santo.

Il lavoro umano è rapportato a Dio Creatore. Dio, infatti, creando l'uomo a sua immagine e somiglianza, gli diede il mandato di soggiogare la terra.

Questa espressione biblica è una descrizione del lavoro particolarmente profonda e ricca di contenuto. Sull'analisi di queste parole bibliche, che sono racchiuse già nel Libro della Genesi, dovetti basare in misura rilevante l'enciclica "Laborem Exercens", che due anni fa dedicai al lavoro umano.


6. Quando al lavoro ci salutiamo vicendevolmente con la frase "Szczesc Boze" (Dio vi aiuti), esprimiamo in questo modo la nostra benevolenza verso il prossimo che lavora, e al tempo stesso rapportiamo il suo lavoro a Dio Creatore, a Dio Redentore.

Per redimere l'uomo, il Figlio di Dio si è fatto uomo nel seno di Maria Vergine di Nazaret, per opera dello Spirito Santo. Cristo ci ha redenti mediante la sua croce e Risurrezione, divenendo obbediente fino alla morte. Nell'opera della Redenzione entra anche tutta la vita terrena del Figlio di Dio, la sua missione messianica unita all'annunzio del Vangelo e, prima di ciò, i trent'anni di vita nascosta, che fin dai suoi inizi fu dedicata al lavoro nella bottega a fianco di Giuseppe di Nazaret. così, dunque, nella parola della rivelazione divina è impresso il Vangelo del lavoro, che la Chiesa rilegge sempre di nuovo e di nuovo annuncia a tutti gli uomini. Il lavoro, infatti, è la vocazione fondamentale dell'uomo su questa terra.

Parlo di questo nell'anno che celebra il Giubileo straordinario della Redenzione. Tutta la Chiesa desidera quest'anno attingere in modo particolarmente profondo le sue forze spirituali dal mistero della Redenzione. L'uomo del lavoro è chiamato anche ad unirsi, mediante il suo proprio lavoro, a Cristo redentore del mondo, il quale fu anche "uomo di lavoro".

Tutto questo contenuto così ricco viene racchiuso in queste due parole: "Szczesc Boze" (Dio vi aiuti), che così frequentemente si odono in Polonia, e specialmente in Slesia. A Cristo, al Vangelo del lavoro, al mistero della Redenzione, ci accostiamo per Maria: proprio mediante Colei che, nel suo Santuario a Piekary, è unita ad intere generazioni di uomini del lavoro nella Slesia; proprio mediante Maria, che qui in Slesia invocate come Madre della giustizia e dell'amore sociale.


7. Il lavoro umano, infatti, sta al centro di tutta la vita sociale. Mediante esso si formano la giustizia e l'amore sociale, se tutto il settore di lavoro è governato da un giusto ordine morale. Ma se manca quest'ordine, al posto della giustizia si introduce l'ingiustizia e al posto dell'amore l'odio.

Invocando Maria come Madre della giustizia e dell'amore sociale, voi, cari fratelli e sorelle, come lavoratori della Slesia e di tutta la Polonia, desiderate esprimere quanto vi stia a cuore proprio quell'ordine morale, che dovrebbe governare il settore del lavoro.

Il mondo intero ha seguito, e continua a seguire con emozione, gli avvenimenti che ebbero luogo in Polonia dall'agosto 1980. La cosa che in modo particolare fece riflettere la vasta opinione pubblica fu il fatto che in questi avvenimenti si trattava prima di tutto dell'ordine morale stesso riguardante il lavoro umano, e non solo dell'aumento del salario. Colpi anche la circostanza che questi avvenimenti erano liberi dalla violenza, che nessuno subi la morte o ferite per essi. Infine anche il fatto che gli eventi del mondo polacco del lavoro degli anni Ottanta portavano in loro il segno nettamente religioso.

Nessuno può dunque meravigliarsi che qui in Slesia - in questo grande "bacino di lavoro" - si veneri la Madre di Cristo come Madre della giustizia e dell'amore sociale.


8. Giustizia e amore sociale significano proprio pienezza dell'ordine morale, unito all'intero sistema sociale e in particolare al sistema del lavoro umano.

Il lavoro deriva il suo valore fondamentale dal fatto che viene compiuto dall'uomo. Su questo si basa anche la dignità del lavoro, che deve essere rispettata senza considerare quale tipo di lavoro l'uomo compie. L'essenziale è che lo esegue l'uomo. Compiendo un lavoro qualunque, egli imprime su di esso il segno della persona: della sua immagine e somiglianza con Dio stesso. E' importante pure il fatto che l'uomo compie il lavoro per qualcuno, per gli altri.

Il lavoro è anche un obbligo dell'uomo: sia davanti a Dio come pure davanti agli uomini, sia davanti alla propria famiglia, sia davanti alla Nazione, alla società alla quale appartiene.

A quest'obbligo - cioè il dovere del lavoro - corrispondono anche i diritti dell'uomo del lavoro, che si devono formulare nel vasto contesto dei diritti umani. La giustizia sociale consiste nel rispetto e nell'attuazione dei diritti dell'uomo in rapporto a tutti i membri di una data società.

Su questo sfondo acquistano una giusta eloquenza quei diritti, che riguardano direttamente il lavoro compiuto dall'uomo. Non entro nei dettagli, nomino solo i più importanti. Prima di tutto, il diritto del giusto salario, giusto, cioè tale che basti anche per il mantenimento della famiglia. Poi, il diritto all'assicurazione in caso di incidenti sul lavoro. E ancora il diritto al riposo. (Ricordo quante volte abbiamo toccato a Piekary la questione della domenica libera dal lavoro).



9. Alla sfera dei diritti dei lavoratori si unisce anche il problema dei sindacati. Riporto ciò che a questo proposito ho scritto nell'enciclica "Laborem Exercens" (LE 20): "...i moderni sindacati sono cresciuti sulla base della lotta dei lavoratori, del mondo del lavoro e, prima di tutto, dei lavoratori industriali, per la tutela dei loro giusti diritti nei confronti degli imprenditori e dei proprietari dei mezzi di produzione. La difesa degli interessi esistenziali dei lavoratori in tutti i settori, nei quali entrano in causa i loro diritti, costituisce il loro compito. L'esperienza storica insegna che le organizzazioni di questo tipo sono un indispensabile elemento della vita sociale, specialmente nelle moderne società industrializzate. Ciò, evidentemente, non significa che soltanto i lavoratori dell'industria possano istituire associazioni di questo tipo. I rappresentanti di ogni professione possono servirsene per assicurare i loro rispettivi diritti. Esistono, quindi, i sindacati degli agricoltori e dei lavoratori di concetto..., essi sono un esponente della lotta per la giustizia sociale, per i giusti diritti degli uomini del lavoro a seconda delle singole professioni". In seguito l'enciclica parla anche dei doveri, del modo, dei limiti dell'attività dei sindacati.

In questo spirito mi sono pronunciato nel mese di gennaio del 1981 durante l'udienza concessa in Vaticano alla Delegazione di Solidarnosc accompagnata dal Delegato del Governo polacco per i contatti permanenti di lavoro con la Santa Sede.

E qui, in Polonia, il Cardinale Stefan Wyszynski disse: "Si tratta del diritto ad associarsi degli uomini; non è questo un diritto concesso da qualcuno, poiché è un proprio diritto innato. perciò questo diritto non ci è dato dallo Stato, il quale ha soltanto il dovere di proteggerlo e sorvegliare che esso non venga violato. Questo diritto è dato dal Creatore, che ha fatto l'uomo come un essere sociale. Dal Creatore proviene il carattere sociale delle aspirazioni umane, il bisogno di associarsi e di unirsi gli uni con gli altri" (Discorso, 6 febbraio 1981).


10. così, dunque, carissimi, la questione che è in atto in Polonia nell'arco degli ultimi anni possiede un profondo senso morale. Essa non può essere risolta diversamente, che sulla via di un vero dialogo dell'autorità con la società. A tale dialogo l'Episcopato polacco ha chiamato molte volte.

Perché i lavoratori in Polonia - e, del resto, dappertutto nel mondo - hanno diritto ad un tale dialogo? Perché l'uomo che lavora non è soltanto uno strumento di produzione, ma anche un soggetto, che in tutto il processo della produzione ha la precedenza davanti al capitale. L'uomo, mediante il suo lavoro, diventa il vero gestore del banco di lavoro, del processo del lavoro, dei prodotti del lavoro e della loro distribuzione. E' disposto anche alle rinunce quando si sente un vero cogestore e può influire sulla giusta distribuzione di ciò che si è riuscito a produrre insieme.


11. Ci rivolgiamo a Maria come Madre della giustizia sociale, affinché questi principi fondamentali dell'ordine sociale, dai quali dipende il vero senso del lavoro umano, e insieme ad esso il senso dell'esistenza dell'uomo, si rivestano di una forma reale di vita sociale della nostra terra. L'uomo infatti non è in grado di lavorare, quando non vede il senso del suo lavoro, quando questo senso non è più trasparente. Quando gli viene in un certo modo offuscato. perciò rivolgiamo la nostra ardua preghiera alla Madre della giustizia sociale, affinché ridia il senso al lavoro, lavoro di tutti gli uomini in Polonia.

Al tempo stesso invochiamo Maria come Madre dell'amore sociale. Mettendo in pratica i principi della giustizia sociale diventa possibile l'amore, del quale Cristo parlo ai suoi discepoli: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri (Jn 13,34). Questo amore sociale è niente altro che la "civiltà dell'amore" costantemente ricordata da Papa Paolo VI, verso la quale si deve dirigere tutto lo sviluppo della vita della società e della vita internazionale.

Egli ha detto tra l'altro: "Una civiltà che, proprio perché originata dall'amore per l'umanità e protesa a fargliene godere la beata esperienza, dovrà essere rivolta alla ricerca e all'affermazione dei veri e completi valori della vita, anche ciò solleverà... incomprensioni, difficoltà, opposizioni" (Paolo VI, Udienza generale del 21 gennaio 1976).


12. L'amore è più grande della giustizia. E l'amore sociale è più grande della giustizia sociale. Se è vero che la giustizia deve preparare il terreno all'amore, allora la verità ancora più grande è che solo l'amore può assicurare la pienezza della giustizia. Bisogna dunque che l'uomo sia veramente amato, se devono essere pienamente assicurati i diritti dell'uomo. Questa è la prima e la fondamentale dimensione dell'amore sociale.

La seconda dimensione è la famiglia. La famiglia è anche la prima ed essenziale scuola dell'amore sociale. Bisogna far di tutto, affinché questa scuola possa rimanere se stessa. Al tempo stesso, la famiglia deve essere talmente forte di Dio - cioè dell'amor reciproco di tutti coloro che la formano - da saper rimanere un baluardo per l'uomo in mezzo a tutte le correnti distruttive e le prove dolorose.

Un'ulteriore dimensione dell'amore sociale è la Patria: i figli e le figlie della stessa Nazione permangono nell'amore del bene comune, che attingono dalla cultura e dalla storia, trovando in esse il sostegno per la loro identità sociale, e insieme fornendo questo sostegno al prossimo, ai connazionali. Questa cerchia dell'amore sociale ha un particolare significato nella nostra esperienza storica polacca, e nella nostra contemporaneità.

L'amore sociale è aperto verso tutti gli uomini e verso tutti i popoli.

Se esso si forma profondamente e solidamente nei suoi anelli fondamentali (l'uomo, la famiglia, la patria), allora supera anche l'esame in un ambito più vasto.


13. così, dunque, cari partecipanti all'odierno incontro nella Slesia, accettate ancora una volta dal vostro connazionale e successore di Pietro in questa nostra grande comunità il Vangelo del lavoro, e accettate il Vangelo della giustizia e dell'amore sociale. Che esso ci unisca profondamente intorno alla Madre di Cristo nel suo santuario a Piekary, così come ha unito qui intere generazioni. Che esso si irradi ampiamente sulla vita degli uomini del duro lavoro in Slesia e in tutta la Polonia.

Ricordiamo ancora tutti i lavoratori defunti, coloro ai quali sono occorsi incidenti mortali nelle miniere o negli altri luoghi, coloro che recentemente hanno perso la vita nei tragici avvenimenti. Tutti.

Ci attende, per noi che viviamo, un grande sforzo morale legato al Vangelo del lavoro: lo sforzo che mira a introdurre nella vita polacca la giustizia e l'amore sociale.

Sotto il segno di Maria - con il suo aiuto! Per questo sforzo e per questa fatica: "Szczesc Boze" (Dio vi aiuti)!

Data: 1983-06-20 Data estesa: Lunedi 20 Giugno 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Beatificazione di Urszula Ledochowska - Poznan (Polonia)