GPII 1983 Insegnamenti - Alla Pontificia Accademia delle Scienze - Città del Vaticano (Roma)

Alla Pontificia Accademia delle Scienze - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il sapere edifichi la pace




1. In questa eletta assemblea di scienziati, onorata dalla presenza di voi, signori cardinali, e di voi, fratelli vescovi, dalla partecipazione del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede e di molti rappresentanti e responsabili della cultura, saluto con particolare viva soddisfazione e alta considerazione gli illustri membri della Pontificia Accademia delle Scienze, che si accingono a trattare nella loro sessione plenaria il tema: la scienza a servizio della pace.

Con gli stessi sentimenti saluto gli autorevoli scienziati convenuti da ogni parte del mondo per approfondire, durante una settimana di studio, il tema "Chemical events and their impact on environment" e durante un gruppo di lavoro un argomento altrettanto importante: "Specificity in biological interactions". Tra pochi giorni si riunirà un altro gruppo di lavoro che tratterà il tema "Modern biology applied to agricolture".

Mi rallegro di cuore con lei, signor presidente, professor Carlos Chagas, per la saggezza e l'impegno con cui ha dato nuovi importanti sviluppi alla vita dell'Accademia, per aver progettato e promosso in questi giorni le suddette varie riunioni di personalità, che dedicano le loro energie alla ricerca della verità e al servizio dell'umanità. Cercate instancabilmente il vero.


2. Ogni sapere trae la sua nobiltà e dignità dalla verità che esprime: soltanto nel culto disinteressato della verità la cultura e in particolare la scienza conservano la propria libertà e la possono difendere da ogni strumentalizzazione proveniente dalle ideologie e dal potere.

Le parole evangeliche "la verità vi farà liberi" hanno un valore di perenne attualità e illuminano di luce divina l'attività dello scienziato, che a nessuno subordina il proprio impegno e la propria ricerca se non alla verità.

La verità è il fine di tutto l'universo: "ultimus finis totius universi est veritas", come ha scritto uno dei più grandi geni del pensiero, Tommaso d'Aquino ("Contra Gentiles",


1.1-c.1). L'universo cela nel suo seno la verità di tutti gli esseri, delle loro forme e delle loro leggi e anela la rivelazione della sua verità da parte dell'intelletto umano. Voi signori scienziati che ospitate il mondo nelle vostre menti, lo trattate nei vostri laboratori, lo scrutate nei suoi più intimi meandri con il vostro impegno e le vostre fatiche, che cosa cercate se non la verità? Abbiate il coraggio e l'audacia della ragione che cerca instancabilmente il vero e avrete nella Chiesa e da questa sede apostolica i vostri più convinti alleati. Senza dubbio le conquiste della scienza sono talora provvisorie, sottoposte a ripensamenti e revisioni e non riusciranno mai a esprimere tutta la verità che si cela nell'universo: il senso del mistero fa parte del vostro patrimonio intellettuale e vi avverte che quanto non conoscete è molto di più di quello che conoscete. Nella ricerca della verità l'audacia della ragione si accorda con l'umiltà dei suoi limiti, la gioia del conoscere entra in simbiosi con l'ammirazione dell'ignoto.

Il senso del mistero avvolge inoltre le verità che la scienza non può scoprire, ma che interrogano l'animo dello scienziato nel più intimo del suo essere, là ove egli sperimenta una insopprimibile e struggente aspirazione verso il divino. Il fine dell'universo non è soltanto quello di rivelare la verità che gli è immanente, ma di manifestare la verità prima che ha dato origine e forma al mondo.


3. Qualunque siano le vie della vostra ricerca scientifica, vi assista sempre, signori, il senso del divino. Come non ricordare Isacco Newton, il quale non pensava affatto, come avrebbe successivamente detto Augusto Comte, che la scienza deve sorgere dalla rovina della religione e della metafisica, ma scorgeva nell'universo la presenza di Dio, non immanente, ma trascendente la natura? Nello "Scolio generale" aggiunto alla seconda edizione dei suoi "Philosophiae naturalis principia mathematica", Newton scriveva: "Questa elegantissima compagine del sole, dei pianeti e delle comete non poteva nascere senza il disegno e la potenza di un ente intelligente e potente, egli regge tutte le cose non come anima del mondo, ma come Signore dell'universo... Da una cieca necessità metafisica, che sia assolutamente identica sempre e ovunque, non nasce alcuna varietà di cose.

L'intera verità delle cose, per luoghi e per tempi, poté essere fatta nascere soltanto dalle idee e dalla volontà di un ente necessariamente esistente" (cf. L.

Geymonat, "Storia del pensiero filosofico e scientifico".

Con Newton, che era convinto dell'inseparabilità del pensiero scientifico dal pensiero religioso, si accorda il messaggio rivolto "agli uomini di pensiero e di scienza" dal concilio ecumenico Vaticano II: "Forse mai, grazie a Dio, è apparsa così bene come oggi la possibilità di un accordo profondo tra la vera scienza e la vera fede, entrambe a servizio dell'unica verità. Non disperdete questo incontro prezioso: abbiate fiducia nella fede, questa grande amica dell'intelligenza!".

La verità scientifica, o signori, che nobilita la vostra intelligenza ed eleva la vostra ricerca a valori di contemplazione del mondo e del suo Creatore, dev'essere trasmessa all'intera umanità per la promozione integrale dell'uomo e delle nazioni e dei vostri propositi.


4. Diversi sono i modi con cui l'uomo di cultura vive il prezioso valore del sapere. Bernard de Clairvaux, uno dei più grandi personaggi della storia, che discese dalle più alte vette della mistica per comunicare la verità divina e umana alla società ecclesiale e civile del suo tempo, vero maestro della carità dell'intelligenza, ha delineato i profili, che sempre si trovano nella storia, dell'uomo di cultura. Sono cinque secondo san Bernardo gli stimoli che incitano l'uomo allo studio: "Il est des gens qui ne veulent savoir que pour savoir: c'est une curiosité basse. D'autres cherchent à connaître pour être connus eux-mêmes: c'est une honteuse vanité, et ceux-là n'échappent pas aux railleries du poète satyrique qui disait à l'intention de leurs pareils: "Pour toi, savoir n'est rien, si un autre ne sait pas que tu sais". Il y a encore des gens qui acquièrent la science pour la revendre et, par exemple, pour en tirer de l'argent ou des honneurs: leur mobile est laid. Mais certains veulent savoir pour édifier: c'est la charité. D'autres pour être édifiés: c'est la sagesse. Seuls les hommes de ces deux dernières catégories n'abusent pas de la science, puisqu'ils ne s'appliquent à comprendre que pour faire le bien" (saint Bernard, "Sermon trentesixième sur la Cantique des cantiques").

Le parole del mistico san Bernardo, che dimostra una così profonda conoscenza delle spinte che animano l'uomo di cultura, sono quanto mai attuali per richiamare tanto i maestri del pensiero quanto i discepoli alla vera finalità della scienza. Nel mio discorso a Colonia del 15 novembre 1980 a scienziati e studenti delle università tedesche rilevavo che "la nostra cultura in tutti i suoi settori è impregnata di una scienza, che procede in modo largamente funzionalistico" e ammonivo: "La scienza puramente funzionale, destituita di valore e di verità, può essere completamente asservita dalle ideologie".

Mi piace ricordare quanto, circa quarant'anni or sono, un illustre compianto membro della Pontificia Accademia delle Scienze rilevava in una conferenza a Losanna indirizzata a giovani universitari: "Alla ricerca del vero si è andata sostituendo la ricerca dell'utile. I giovani che prima si volgevano ai maestri del pensiero per avere luce alle intelligenze, incominciarono a chiedere loro quei segreti della natura, da cui sgorgano in si gran copia i beni materiali.

Dei diversi rami del sapere si andarono a poco a poco valorizzando non quelli che tendono alle più alte vette del pensiero, ma quelli che si presentano più fecondi di pratiche applicazioni" (G. Colonnetti, "Pensieri e fatti dall'esilio", conferenza del 12 giugno 1944).

San Bernardo de Clairvaux ha innalzato il sapere al livello dell'amore, della carità, dell'intelligenza: "Sunt qui scire volunt ut aedificent, et charitas est".


5. Signori accademici, signori scienziati! In questo momento così grave della storia io vi chiedo la carità del sapere che edifica la pace. La pace è un dono di Dio offerto agli uomini di buona volontà. La mia parola si rivolge ora a tutti gli uomini di buona volontà, a qualunque fede essi appartengano, e anzitutto a voi che ascoltate.

La scienza che aduna ricercatori, tecnici, operai, che mobilita i poteri politici ed economici, che trasforma la società a tutti i suoi livelli e in tutte le sue istituzioni, ha oggi un compito che mai le è toccato così urgente e indispensabile, quello di cooperare alla salvezza e alla costruzione della pace.

Dalla profondità dei secoli trascorsi si eleva la voce di un profeta disarmato, Isaia (2,4): "Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci". In tempi recenti in un momento foriero di guerra si levo con forza biblica la voce profetica di un pontefice disarmato, Pio XI, che cito il salmo: "Dissipa gentes quae bella volunt" (Ps 67,31).

I profeti disarmati sono stati oggetto di irrisione in tutti i tempi, specialmente da parte degli accorti politici della potenza, ma non deve forse oggi la nostra civiltà riconoscere che di essi l'umanità ha bisogno? Non dovrebbero forse essi soli trovare ascolto nell'unanimità della comunità scientifica mondiale, affinché siano disertati i laboratori e le officine della morte per i laboratori della vita? Lo scienziato può usare della sua libertà per scegliere il campo della propria ricerca: quando in una determinata situazione storica è pressoché inevitabile che una certa ricerca scientifica sia usata per scopi aggressivi, egli deve compiere una scelta di campo che cooperi al bene degli uomini, all'edificio della pace. Nel rifiuto di certi campi di ricerca, inevitabilmente destinati, nelle concrete condizioni storiche, a scopi di morte gli scienziati di tutto il mondo dovrebbero trovarsi uniti in una volontà comune di disarmare la scienza e di formare una provvidenziale forza di pace.

Dinanzi a questo grande malato, in pericolo di morte, che è l'intera umanità, gli scienziati, in collaborazione con tutti gli altri uomini di cultura e con le istituzioni sociali, devono compiere un'opera di salutare salvezza analoga a quella del medico, che ha giurato di impegnare tutte le sue forze per la guarigione degli infermi.


6. La pace non nasce soltanto dall'estinzione dei focolai di guerra; quando anche tutti fossero estinti altri sorgerebbero inevitabilmente se l'ingiustizia e l'oppressione continuano a governare il mondo. La pace nasce dalla giustizia: "opus iustitiae pax" (Is 32,17). Ora la scienza che cerca la verità ed è libera dalle ideologie può e deve promuovere la giustizia nel mondo, può e deve, non rimanendo schiava dei popoli economicamente privilegiati, diffondersi ovunque per far si, con tecniche appropriate, che a ogni popolo e a ogni uomo sia dato il suo.

Il mondo moderno attende la liberazione della scienza che è una conseguenza della liberazione dell'intelligenza. Siate uniti, signori, nella difesa delle vostre libertà per edificare nella giustizia la pace nel mondo.

E' un lavoro instancabile che non cesserà mai, perché continuamente a causa del peccato, sia individuale che sociale, sorgono nel mondo dei focolai d'ingiustizia. Con un attento senso della storia il concilio ecumenico Vaticano II ha avvertito: "Poiché il bene comune del genere umano è regolato, si, nella sua sostanza, dalla legge eterna, ma è soggetto, con il progresso del tempo, per quanto concerne le sue concrete esigenze, a continue variazioni, la pace non è stata mai qualcosa di stabilmente raggiunto, ma è un edificio da costruirsi continuamente" (GS 78).

"Pax perpetuo aedificanda". La pace è uno sforzo continuo affidato, per quanto vi compete, alla vostra ricerca, alle applicazioni tecniche che dovete indirizzare con il vostro prestigio alla promozione della giustizia, con quella liberazione e libertà dell'intelligenza che vi consente altre scelte, ove le vostre ricerche e scoperte subissero delle strumentalizzazioni violente contro la giustizia e la pace.


7. La comunità scientifica è più di ogni altra comunità una comunità di pace, poiché la severa ricerca del vero che vi compete nel campo della natura è indipendente dalle ideologie, quindi dai conflitti che ne derivano: la vostra è un'attività che esige una sincera collaborazione, una schietta comunicazione dei risultati delle vostre ricerche.

La comunità scientifica, comunità di pace, deve essere allargata a tutte le nazioni con la fondazione ovunque di istituti di ricerca e di una sana applicazione tecnologica. Non basta che sia cessato il colonialismo politico, occorre che cessi pure ogni forma di colonialismo scientifico e tecnologico. Non posso non rallegrarmi con la Pontificia Accademia delle Scienze che abbraccia un numero sempre più grande di scienziati appartenenti a tutte le nazioni del mondo, senza alcuna discriminazione razziale e religiosa: è una forma di ecumenismo culturale che la Chiesa, promotrice di un verace ecumenismo religioso, non può non considerare con senso di viva soddisfazione.


8. Dalla comunità scientifica, soprattutto quando si estende a tutte le regioni del mondo, sono scaturite delle scoperte che hanno in ogni campo aiutato lo sviluppo dell'umanità: malattie e pestilenze sono state vinte, nuove risorse alimentari sono state trovate, le comunicazioni tra gli uomini sono state intensificate, i popoli di tutti i continenti sono stati ravvicinati, catastrofi naturali sono state previste e dominate. Chi può enumerare i benefici portati dalla scienza e quanto più grandi essi sarebbero stati se le tecniche che da essa derivano non fossero manipolate da poteri malefici? Chi può negare che la scienza e le applicazioni che ne derivano possono essere poste a servizio dell'uomo e di una più grande giustizia? E' compito insurrogabile della comunità scientifica vagliare, come è nelle vostre intenzioni, signor presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, affinché le scoperte della scienza non siano messe a servizio della guerra, della tirannia e del terrore. La ferma volontà di indirizzare la scienza alla promozione della giustizia e della pace esige un grande amore all'umanità.

Ogni umana virtù è una forma di amore: lo è la giustizia, che è amore verso il prossimo, individui e popoli. Solo chi ama vuole che l'altro abbia giustizia. Chi non ama cerca soltanto di ottenere giustizia per se stesso.


9. Verità, libertà, giustizia, amore siano, signori, i fondamentali capisaldi della vostra generosa scelta di una scienza che edifica la pace. Questi quattro valori, capisaldi della scienza e della civile convivenza, debbono essere alla base di quell'universale appello di scienziati, uomini di cultura, cittadini del mondo, che la Pontificia Accademia delle Scienze, con la mia piena e convinta approvazione, vuole lanciare al mondo per la riconciliazione dei popoli, per il successo dell'unica guerra che deve essere combattuta, quella contro la fame, la malattia, la morte di milioni di esseri umani che potrebbero essere soccorsi e promossi a qualità e dignità di vita col 7 per cento delle spese che ogni anno si fanno per un incessante minaccioso riarmo delle nazioni più ricche.

Permettetemi ora di richiamare con voi, nel nome della scienza e della vostra personale autorità morale, l'esigenza di una universale conversione ai veri beni dell'uomo. La pace non può essere invocata, come lo è da molti a garanzia del permissivismo etico e del consumismo. L'universale invocazione alla pace deve essere permeata da una profonda riflessione sul destino dell'uomo, sul senso e la qualità della vita. Ove la conversione alla verità, alla libertà, alla giustizia e all'amore, non diventi una esigenza diffusa, una prassi ovunque promossa, la pace sociale è instabile, perché priva della sua più profonda radice, che si trova nel cuore dell'uomo.


10. Da Dio è la pace per coloro che sono in comunione con lui e per quanti, pur non avendolo trovato, lo cercano con cuore sincero, con un animo che non soffoca, ma libera dentro di sé il senso del divino.

Io ho fiducia in voi, signor presidente, signori accademici, signori scienziati; e mentre volge al termine questo mio discorso desidero far mie le parole che il mio predecessore Paolo VI rivolse nel 1966 alla Pontificia Accademia delle Scienze: "Più che ogni altro la Chiesa si rallegra di ogni vera conquista dello spirito umano, in qualunque dominio si eserciti. Essa riconosce e apprezza grandemente l'importanza delle scoperte scientifiche... non vi scorge soltanto un magnifico uso dell'intelligenza; ma vi scopre inoltre l'esercizio di alte virtù morali, che conferiscono allo scienziato l'aspetto e il merito di un asceta, talvolta di un eroe, al quale l'umanità deve corrispondere un largo tributo di lode e di riconoscenza" (Discorso del 23 aprile 1966).

A voi, o Signori, uomini di pensiero e di scienza, pellegrini della verità, esploratori nelle diverse branche della scienza e del sapere dell'uomo e dell'universo, a voi che vi sottomettete alla fatica dell'osservare, del pensare, del cercare, affinché l'uomo sia sempre più uomo e trovi nella natura l'ambiente del suo sviluppo, a voi chiedo di lavorare per la giustizia, l'amore e la pace e di credere che, oggi come mai nella storia, la Chiesa cattolica è la vostra alleata, la Chiesa che ama la vera scienza e il retto pensare, la Chiesa che prega per voi e nella mia persona, rispettosa delle vostre credenze, invoca su ognuno di voi la benedizione di Dio.

Data: 1983-11-12 Data estesa: Sabato 12 Novembre 1983

Beatificazione di suor Maria di Gesù Crocifisso - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'amore e la fratellanza fondamento dei rapporti internazionali

"Ascolta figlia"... ().


1. Oggi la Chiesa applica queste parole del Salmo a suor Maria di Gesù Crocifisso, Carmelitana Scalza, nata nella terra che vide lo svolgersi della vita di Gesù di Nazaret; terra che è situata in una regione che anche in questi giorni continua ad essere al centro di gravissime preoccupazioni e dolorose tensioni.

"Ascolta, figlia". Ecco, nella memoria del Popolo di Dio viene profondamente iscritta la via di suor Maria verso lo Sposo divino. Oggi la Chiesa la incorona con l'atto di beatificazione. Tale atto vuole rendere testimonianza alla speciale "bellezza" spirituale di questa figlia della Terra Santa; una "bellezza" che è maturata nel bagliore del mistero della Redenzione: nei raggi della nascita e dell'insegnamento, della croce e della risurrezione di Gesù Cristo.

La liturgia dice alla nuova Beata: "Egli è il tuo Signore: prostrati a lui" (). E allo stesso tempo con le parole del medesimo Salmo la liturgia manifesta la gioia per l'elevazione agli altari dell'umile Serva di Dio.

"La figlia del re è tutta splendore / gemme e tessuto d'oro è il suo vestito..." (Ps 14): tessuto d'oro della fede, della speranza e dell'amore; delle virtù teologali e morali che essa esercito in grado eroico come figlia del Carmelo.


2. In quest'Anno che la Chiesa vive come Giubileo straordinario della Redenzione, molte volte ci siamo riuniti attorno a figure che hanno raggiunto la gloria degli altari. E' un segno particolare della inesauribile potenza della Redenzione, che opera nelle anime dei Servi e delle Serve di Dio, permettendo loro di proseguire tenacemente sulla via della vocazione alla santità.

Questa vocazione ha il suo eterno inizio nel disegno salvifico della santissima Trinità, di cui parla la seconda lettura della Messa: "Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati" (Rm 8,29-30).

In questa grandiosa visuale paolina noi penetriamo, per così dire, nell'intimo stesso del pensiero divino, cogliendo in qualche modo la "logica" del piano della salvezza, nel concatenarsi delle misteriose azioni che conducono alla sua piena attuazione. osi dunque la vocazione alla santità è l'eterno disegno di Dio nei riguardi dell'uomo: nei riguardi, oggi, della nostra sorella Maria di Gesù Crocifisso,


3. La vocazione alla santità, inoltre, è un frutto della rivelazione e della conoscenza. Ne parla con parole penetranti l'odierno Vangelo. Dice Gesù: "Ti benedico o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Si, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Mt 11,25-27).

La vera sapienza e intelligenza suppone la "piccolezza", intesa come docilità allo Spirito Santo. Con essa sola è possibile, nel Figlio, per il Figlio e col Figlio, conoscere i misteri del Padre, che restano invece ignoti ai sapienti e intelligenti di questo mondo, accecati dalla stoltezza e superbia (cfr. 1Co


1,18-21).

La vocazione alla santità viene attuata da quei "piccoli" del Vangelo che con tutto il cuore accettano la Rivelazione divina. Grazie a ciò "conoscono il Figlio", e grazie al Figlio "conoscono il Padre". Tale conoscenza infatti è, al tempo stesso, l'accettazione della vocazione: "Venite a me... Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me..." (Mt 11,28-29).

Ed ecco che si va a Cristo proprio come a lui è venuta suor Maria di Gesù Crocifisso, cioè prendendo sopra di sé il suo giogo, imparando da lui, perché è mite e umile di cuore, e trovando ristoro per la propria anima (cfr. Mt


11,28-29).

4. E tutto ciò è opera dell'amore. La santità si appoggia, prima di tutto, sull'amore. E' il suo frutto maturo. E nella liturgia odierna, in modo particolare, è esaltato l'amore: "l'amore, forte come la morte"; "l'amore che le grandi acque non possono spegnere"; "l'amore, in cambio del quale bisogna dare tutte le ricchezze della propria casa" (cfr. Ct 8,6-7). così ne parla l'autore del Cantico dei cantici.

E san Paolo, nella lettera ai Romani, insegna che "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio". Proprio questa cooperazione traccia la via della santità, direi, giorno per giorno, per tutta la vita. Su questa via si realizza la santità come eterna vocazione di coloro "che sono stati chiamati secondo il disegno di Dio" (cfr. Rm 8,28).


5. Le letture della Liturgia odierna sono uno splendido commento alla vita di suor Maria, nata vicino a Nazaret e morta nel Carmelo di Betlemme a 33 anni. Il suo amore per Cristo è stato forte come la morte; le prove più dolorose non lo hanno spento, ma al contrario lo hanno purificato e irrobustito. Essa ha dato tutto per questo amore.

L'intera vita della piccola araba, colma di straordinari doni mistici, è stata, nella luce dello Spirito Santo, la risposta cosciente e irrevocabile ad una vocazione di santità, vale a dire a quel progetto eterno di salvezza, di cui parla san Paolo, che la misericordia divina ha stabilito per ciascuno di noi.

Tutta la sua vita è frutto di quella suprema "sapienza" evangelica della quale Dio si compiace di arricchire gli umili e i poveri, per confondere i potenti. Dotata di grande limpidezza d'animo, di una fervida intelligenza naturale e di quella fantasia poetica caratteristica dei popoli semitici, la piccola Maria, non ebbe l'opportunità di accedere ad alti studi, ma ciò non le impedi, grazie alla sua eminente virtù, di essere ripiena di quella "conoscenza" che ha il massimo valore, e per donarci la quale Cristo è morto in croce: la conoscenza del Mistero Trinitario, prospettiva tanto importante in quella spiritualità cristiana orientale, nella quale la piccola araba era stata educata.


6. Come si legge nel Decreto canonico di beatificazione, "l'umile serva di Cristo, Maria di Gesù Crocifisso, appartenendo per stirpe, rito, vocazione e peregrinazioni ai popoli dell'Oriente ed essendone in qualche modo rappresentante, è come un dono fatto alla Chiesa universale da coloro che, nelle misere condizioni di lotta e di sangue nelle quali stanno versando, specialmente ora ricorrono con grande fiducia dell'animo alla sua fraterna intercessione, nella speranza che anche grazie alle preghiere della Serva di Dio vengano finalmente restituite la pace e la concordia in quelle terre, dove "il Verbo si è fatto carne" (Jn 1,14), essendo egli stesso la nostra pace".

La Beata Maria è nata in Galilea. Per questo il nostro pensiero orante vuole andare oggi in modo speciale alla Terra dove Gesù ha insegnato l'amore ed è morto perché l'umanità avesse la riconciliazione. "Quella Terra - come ricordavo già in altra occasione - vede, da decenni, due popoli contrapposti in un antagonismo finora irriducibile. Ognuno di loro ha una storia, una tradizione, una vicenda propria, che sembrano rendere difficile una composizione" (Angelus, domenica 4 aprile 1982).

Oggi più che mai le minacce che incombono ci sollecitano a fare dell'amore e della fratellanza la legge fondamentale dei rapporti sociali e internazionali, in uno spirito di riconciliazione e di perdono, prendendo ispirazione dallo stile di vita, del quale la Beata Maria di Gesù Crocifisso è di esempio non solo per il suo popolo, ma per il mondo intero. Questo nuovo stile di vita possa darci una pace fondata non sul terrore, ma sulla reciproca fiducia.


7. Ci rallegriamo oggi presso l'altare della Confessione di san Pietro per la beatificazione di suor Maria. Iscriviamo questa gioia della Chiesa nel conto dell'Anno Giubilare della Redenzione. Lodiamo insieme con Cristo il Padre perché agli occhi dell'anima di suor Maria di Gesù Crocifisso ha rivelato il mistero della verità e dell'amore e l'ha resa partecipe della gloria del suo Regno.

Preghiamo col Salmista la nuova Beata perché il Signore conceda pace alla sua terra: "Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi. Per i miei fratelli e i miei amici io diro: "Su di te sia pace!". Per la casa del Signore nostro Dio, chiedero per te il bene" ().

Data: 1983-11-13 Data estesa: Domenica 13 Novembre 1983

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa in preghiera con Maria per la pace fra i popoli




1. La Chiesa è innanzitutto una comunità orante. Il popolo di Dio è stato liberato per celebrare il culto del Signore. Tutta la vita dei redenti dev'essere un atto di culto, una liturgia di lode, un sacrificio gradito a Dio.

La trasformazione della nostra vita e del mondo in sacrificio di lode non è opera nostra, ma del Signore. Unendoci a Cristo-Sacerdote, al suo sacrificio e alla sua preghiera, noi con tutto l'universo diveniamo un'offerta al Signore.

I credenti sono essenzialmente una comunità liturgica: nel tempio, nelle case, nella vita essi esercitano l'ufficio sacerdotale. Gli Atti degli Apostoli, presentando i tratti fondamentali della Chiesa primitiva, sottolineano l'importanza che aveva in essa la "preghiera": "Essi erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere... Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa... lodando Dio" (Ac 2,42 Ac 2,46-47). E ancora: "Tutti erano assidui e concordi nella preghiera... con Maria, la Madre di Gesù" (Ac 1,14).


2. Nella comunità dei credenti in preghiera, Maria è presente, non solo alle origini della fede, ma in ogni tempo. "così ella appare nella visita alla madre del Precursore, in cui effonde il suo spirito in espressioni di glorificazione a Dio, di umiltà, di fede, di speranza: tale è il Magnificat, la preghiera per eccellenza di Maria, il canto dei tempi messianici nel quale confluiscono l'esultanza dell'antico e del nuovo Israele" ("Marialis Cultus", 18). Maria appare vergine in preghiera a Cana, vergine in preghiera nel Cenacolo. "Presenza orante di Maria nella Chiesa nascente e nella Chiesa in ogni tempo, poiché ella, assunta in cielo, non ha deposto la sua missione di intercessione e di salvezza. Vergine in preghiera è anche la Chiesa, che ogni giorno presenta al Padre le necessità dei suoi figli, "loda il Signore e intercede per la salvezza del mondo"" ("Marialis Cultus", 18).

E oggi, in questa domenica 13 novembre, la Chiesa, avendo una grande gioia per la beatificazione di suor Maria di Gesù Crocifisso, un'araba, presenta al Signore le grandi necessità del suo popolo, di tutti i popoli del Medio Oriente, specialmente di quelli travagliati dalle tensioni, dalle violenze, dalla guerra. E per intercessione di questa nuova Beata la Chiesa orante insieme con Maria, Madre di Gesù, e insieme con Maria di Gesù Crocifisso prega per la pace.

Oggi in Italia si celebra la Giornata del ringraziamento per i frutti della terra e del lavoro. Sono soprattutto i lavoratori dei campi ad essere i protagonisti di questa celebrazione, ma e giusto e doveroso che tutta la comunità ecclesiale e civile avverta il valore di questa circostanza, che suscita in tutti noi gratitudine per l'essenziale contributo dato al bene comune da quella grande categoria di lavoratori, e ci fa altresi sentire partecipi della situazione e dei problemi materiali e umani della gente dei campi. Dal suo lavoro viene a noi tutti il nutrimento base per la nostra vita di quaggiù, e viene offerta anche quella materia - umile e nobile a un tempo - del divin Sacrificio, grazie al quale "si fa memoria della Passione del Signore, la mente si colma della divina grazia, e ci viene dato il pegno della gloria futura".

Nell'esortare tutti a unirsi alle gioie e alle speranze dei coltivatori diretti, invoco l'intercessione di san Giuseppe, affinché il lavoro possa essere sempre e dovunque fattore di progresso, di umana solidarietà e di elevazione dello spirito verso le realtà della salvezza.

(Dolore per le vittime della violenza che sconvolge alcuni Paesi:) In questo mese di novembre, nel quale si fa più intensa la preghiera dei cristiani per i defunti, vi chiedo un ricordo particolare per le numerose vittime delle violenze e delle guerre che sconvolgono tante parti del mondo. Vivo dolore ha recato al mio cuore in questi giorni la notizia dell'assassinio del Padre francescano guatemalteco Ramirez Monasterio, molto conosciuto e amato per la sua opera caritativa.

Ho sempre presenti al mio animo le regioni segnate dalla guerra, che non risparmia sofferenze alle popolazioni civili e non si ferma neppure di fronte all'innocenza dei bambini, come accade anche in altri Paesi del Centro-America, in Libano, in Afghanistan, nel conflitto tra Irak e Iran.

Nell'elevare una fervida preghiera per i morti, chiediamo a Dio di muovere tutti gli uomini di buona volontà perché si adoperino a far cessare le cause che seminano tanta morte e distruzione.

Data: 1983-11-13 Data estesa: Domenica 13 Novembre 1983

A pellegrini del Medio Oriente - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Amore della Chiesa e azione di pace nella vita della nuova Beata

Beatitudine, cari fratelli e sorelle.


1. La beatificazione di suor Maria di Gesù Crocifisso, che vi ha riunito a Roma da tutti i Paesi del Medio Oriente, è sicuramente stata per voi tutti un grande momento di gioia, una sorgente di conforto, un invito al coraggio.

Non è una gioia passeggera: è una fonte di grazie che rimane sempre aperta. La Chiesa che è a Roma ha partecipato a questa gioia e, oso dire, anche l'intera Chiesa universale, guardando con emozione questo piccolo fiore della Terra Santa pervenuto in poco tempo alla pienezza della vita mistica, alla santità. Sono felice di ritrovarmi questa mattina in mezzo a voi, per salutarvi con tutto il mio affetto, per conversare con voi, come in famiglia, meditando ancora sul senso di questa beatificazione, per raccoglierne i frutti.

La vita e le virtù di Mariam Baouardy vi sono ora sufficientemente note e io le ho ricordate nella solenne liturgia di ieri. Ma è per noi cosa molto buona sottolineare questa mattina fino a che punto questa "piccola araba" sia stata una testimone privilegiata di Gesù, di amore per la Chiesa, di azione per la pace. E voi potete così comprendere ancora meglio il valore che la Chiesa attribuisce alle vostre comunita cristiane in Terra Santa e attorno alla Terra Santa.


2. Mariam è il frutto di questa Terra Santa. In lei, tutto ci parla di Gesù. E innanzitutto i luoghi in cui ha vissuto: Nazaret, presso la quale è nata, Betlemme ove ha consumato il suo sacrificio, il monte Carmelo, simbolo della vita di preghiera solitaria che ha costituito il metodo della sua vita religiosa. Ma soprattutto ella ci avvicina al Calvario, poiché non ha mai cessato di portare nella sua vita la croce di Gesù, scegliendo il suo nome di crocifisso. Le beatitudini trovano in lei il loro compimento. Vedendola, si crede di sentire Gesù dirci: beati i poveri, beati gli umili, beati coloro che non desiderano che servire, beati i miti, beati coloro che fanno la pace, beati coloro che sono perseguitati. Tutta la sua vita traduce un'eccezionale familiarità con Dio, l'amore fraterno per gli altri, la gioia, che sono i segni evangelici per eccellenza.


3. Suor Maria di Gesù Crocifisso si mostra allo stesso tempo una figlia senza paragoni della Chiesa. Riflette i differenti volti della Chiesa: la Chiesa greco-melkita nella quale ella è stata battezzata e allevata; la Chiesa latina ove è stata iniziata alla vita carmelitana. Fuori dal suo Paese natale, si è inserita nelle comunità cristiane del Libano, dell'Egitto, della Francia, dell'India. Ha condiviso l'ardore missionario della Chiesa, la sua sete di unità, l'attaccamento ai suoi Pastori e in particolare al Pontefice romano Pio IX. Perché la Chiesa deve essere una nella diversità e nella ricchezza delle lingue, delle culture e dei riti.


4. Infine, ella che è stata spesso maltrattata dagli avvenimenti e dalle persone, non ha mai smesso di seminare la pace, di avvicinare i cuori. Si considerava la "piccola sorella di tutti". Come è prezioso il suo esempio nel nostro mondo lacerato, diviso, che facilmente affonda nell'ingiustizia e nell'odio, senza tener conto del diritto che gli altri hanno a un'esistenza degna e serena!


5. Ecco, cari amici, colei che ora intercede per noi presso Gesù. Oggi, nei diversi Paesi del Medio Oriente, voi vivete in una situazione di pace molto fragile e talvolta anche in guerra. Ciò costituisce una grande miseria per tutti gli abitanti di questa regione, e il mondo intero si preoccupa della loro sorte, senza arrivare ad aiutarli in maniera efficace nel rispetto della loro libertà.

Non voglio questa mattina affrontare gli aspetti politici del problema. Ma a voi, cattolici greco-melkiti, latini o di altri riti che condividete le prove di tutti i vostri compatrioti, cristiani, ebrei o musulmani, io ripeto la sollecitudine della Chiesa, e i suoi fervidi incoraggiamenti. Come ai tempi in cui san Paolo patrocinava la causa dei "santi di Gerusalemme", la Chiesa intera deve sostenervi.

E' un dovere di amore fraterno verso di voi. E' una necessità per la vita, la testimonianza e l'onore di tutti i cristiani. Perché, per quanto siano importanti in Terra Santa le vestigia dell'epoca di Gesù, i ricordi storici, i monumenti dell'arte sacra che le comunità cristiane hanno edificato o ricostruito nel corso dei secoli, ciò che più importa è che risplenda la Chiesa viva, il Tempio che è fatto di membra del Corpo di Cristo, che è testimone anche oggi della fede, della preghiera e dell'amore, secondo il messaggio di Gesù di Nazaret, o piuttosto che assicura la stessa presenza di Cristo Gesù, morto e risorto.


6. E' il vostro onore. E io vi incoraggio a conservare e a manifestare il vostro indefettibile attaccamento a questa terra che è la vostra, ove avete le vostre radici, come Mariam Baouardy che vi è ritornata per fondarvi un Carmelo a Betlemme e progettarne un altro a Nazaret. Questo porta con sé un'esigenza particolare, evangelica. Voi dovete essere prima di tutto degli artefici di pace, animati da sentimenti di apertura, di stima, di amore, di perdono, di riconciliazione verso tutti gli uomini che sono anch'essi legati a questa terra, cristiani, ebrei e musulmani. In questo Paese, non dimenticatelo mai, voi rappresentate Gesù e il suo amore universale.

La beata Maria di Gesù Crocifisso vi accompagni su questo difficile cammino! La santissima Vergine Maria, Madre di Gesù, vi aiuti a diventare ogni giorno di più discepoli del suo divin Figlio! E Dio Onnipotente vi benedica, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi mantenga nella pace, permetta a ciascuna delle vostre Patrie di trovare la via della vera pace, e aiuti ciascuna delle vostre comunità cristiane, greco-melkita e latina - di cui io saluto con gioia il Patriarca e i Vescovi - a diffondere il dono di Dio che è stato loro affidato!

Data: 1983-11-14 Data estesa: Lunedi 14 Novembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Alla Pontificia Accademia delle Scienze - Città del Vaticano (Roma)