GPII 1983 Insegnamenti - Al Pontificio Istituto Missioni Estere - Città del Vaticano (Roma)

Al Pontificio Istituto Missioni Estere - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sacerdoti e missionari per la promozione dei popoli

Carissimi missionari del Pime.


1. In occasione del Capitolo generale del vostro Istituto avete desiderato questo incontro. Vi sono molto riconoscente e sono lieto di porgervi il mio saluto affettuoso, che voglio estendere a tutti i Confratelli, sacerdoti e laici, sparsi nel mondo, specialmente a quelli che a causa del Vangelo più soffrono e sopportano disagi e tribolazioni, e anche a tutti i benemeriti cooperatori della vostra Opera.

Il mio saluto è unito all'auspicio che le deliberazioni del Capitolo possano essere di efficace stimolo per un impegno missionario sempre più fervoroso, secondo lo spirito dei vostri Fondatori e della gloriosa schiera dei missionari del Pime. Dal 1850, anno in cui fu fondato da Monsignor Angelo Ramazzotti, dietro ispirazione di Pio IX, per infondere lo spirito missionario nel clero secolare, il vostro Istituto ha formato migliaia di intrepidi missionari, tra i quali ben quattordici hanno dato la vita per la fede e alcuni hanno raggiunto l'aureola della santità, come il beato Alberico Crescitelli e il martire servo di Dio padre Giovanni Mazzucconi; ad essi possiamo aggiungere anche l'indimenticabile padre Paolo Manna, fondatore della Pia Unione missionaria del clero. Sono esempi e sono glorie del vostro Istituto che è giusto ricordare e su cui è bene meditare, per mantenere sempre accesa la fiaccola dell'ideale e ardente lo slancio apostolico.


2. Il Capitolo generale di un Istituto religioso è sempre una tappa molto importante nella sua storia, perché si rivede il cammino percorso e si tracciano le linee direttive per il futuro. Tuttavia, rimane sempre nel sottofondo di ogni decisione e come stella polare di ogni progetto la caratteristica tipica dell'Organismo, quale è stata voluta dai Fondatori e approvata dall'autorità ecclesiastica. Nel caso del Pime, tra le tante e valide attività apostoliche, formative, editoriali, sociali, didattiche, rimane fondamentale e tipica l'evangelizzazione dei popoli non ancora cristiani. Evidentemente è un impegno che riguarda tutta la Chiesa, e perciò ogni cristiano e tanto più ogni Istituto missionario; ma per voi rimane una specifica qualificazione, di grande importanza nei nostri tempi.


3. Per svolgere tale compito è indispensabile una rigorosa formazione teologica, sia in campo dogmatico che in quello morale, liturgico, giuridico, in modo da agire sempre con piena convinzione e totale ortodossia, nella Chiesa, con la Chiesa e per la Chiesa, pur impegnandosi anche sempre a fondo per la promozione umana, per l'esercizio della carità, per il concreto aiuto nello sviluppo dei popoli e nel progresso dei singoli individui, specialmente là dove è più estesa la miseria e l'emarginazione sociale, e pur rispettando e valutando i contenuti positivi presenti nelle varie culture e nelle varie espressioni religiose. E' necessaria una soda spiritualità cristiana, sacerdotale e missionaria, che porti, con la grazia divina, alla propria santificazione e a quella degli altri.

Il Fondatore, i martiri, i santi, gli infaticabili missionari del vostro Istituto vi suggeriscono questa linea di azione, coraggiosa e fiduciosa: accoglietela e seguitela con amore e con riconoscenza!


4. Mi piace concludere questo significativo incontro, ricordando un pensiero di padre Paolo Manna, apostolo moderno e sensibile ai tempi, il quale in una circolare così descriveva il missionario ideale: "Preti mediocri non ci servono; abbiamo bisogno di una schiera eletta di uomini superiori, ripieni dello Spirito di Dio, capaci di fondare, organizzare nuove cristianità e Chiese, capaci anche di molto soffrire... veri Pastori d'anime nel senso più sublime della parola, che sappiano dare Gesù alle anime dalla sovrabbondanza del loro tesoro di grazia e di virtù" (Lettera Circolare n. 9 dell'8 aprile 1929).

La Vergine santissima, che vi esorto a invocare con incessanti preghiere e a imitare, illumini e protegga sempre voi, Padri Capitolari, e tutti i membri del vostro Istituto. E vi accompagni anche la mia propiziatrice benedizione, che volentieri ora vi imparto ed estendo al vostro amato Istituto.

Data: 1983-11-14 Data estesa: Lunedi 14 Novembre 1983



Ai Superiori maggiori d'Europa - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Emarginati, migranti, rifugiati nel piano di evangelizzazione

Signor Cardinale, cari fratelli e sorelle.


1. Sono molto felice di ricevervi. E' il primo incontro ufficiale del Papa con i rappresentanti - uomini e donne - della Conferenza dei Superiori maggiori religiosi d'Europa, che è ancora ai suoi inizi.

Siamo riuniti nel momento in cui la Chiesa si prepara a celebrare la festa di Cristo, Re dell'universo, luce che brilla a conclusione del cammino degli uomini, lui che è il solo capace di offrire a tutti i popoli i benefici dell'unità e della pace. Il vostro gruppo ha proprio come finalità quella di aiutare i religiosi europei ad offrire, più intensamente e in maniera sempre più adatta ai bisogni degli uomini, la testimonianza del Vangelo per costruire il Regno di Cristo.

E come non essere stimolati dall'esperienza passata? I vostri predecessori, i religiosi europei, hanno veramente compiuto un'opera di evangelizzazione in tutti i significati della parola; non solo hanno incontrato i loro fratelli geograficamente vicini, ma hanno portato il Vangelo e il messaggio di Cristo in numerose regioni divenute, grazie a loro, autentiche terre di cristianità, spiritualmente ricche e feconde.

Vi trovate nella privilegiata situazione del Continente europeo, con sensibili differenze a seconda delle regioni. Malgrado la diminuzione delle vocazioni in un buon numero di Paesi, il ruolo tradizionale dei religiosi oggi crea loro degli obblighi seri e gravi nell'evangelizzazione.


2. La vostra stessa vocazione è, per voi, religiosi e religiose, un mezzo privilegiato di evangelizzazione; voi rendete testimonianza alla santità della Chiesa incarnando il suo desiderio profondo di elevarsi al radicalismo delle beatitudini. Con la vostra vita, voi siete segni di totale disponibilità a Dio, per la Chiesa, per i fratelli (cfr. EN 69). Il primo mezzo di evangelizzazione per i religiosi è dunque quello di conformare sempre più la propria vita alla persona e al messaggio di Gesù Cristo. Prima di ogni proclamazione della parola, è la loro stessa vita che deve rivelare Gesù Cristo e il suo Vangelo. In certi momenti della loro vita, e anche continuamente per gli Istituti contemplativi, questa testimonianza costituirà la sola evangelizzazione, come bene mostra il caso di santa Teresa del Bambino Gesù, divenuta nel suo Carmelo di provincia patrona delle missioni, e come attestano ugualmente i numerosi religiosi ignorati durante la loro vita, la cui preghiera e i sacrifici che sono giunti talvolta fino alla morte, sono stati veramente una testimonianza ammirevole della fecondità del Vangelo e una fonte di conversioni. Sia sufficiente qui citare il caso di san Massimiliano Kolbe e quello della beata Maria Gabriella, trappista, apostola dell'unità! E' in questo senso che a Lourdes io parlavo alle religiose della gratuità dell'amore.


3. Il ruolo primario del vostro gruppo deve dunque essere quello di aiutare i religiosi e le religiose europei a meglio realizzare la loro missione evangelica vivendo più pienamente la loro vocazione. Le vostre Conferenze nazionali e tutti i religiosi hanno il diritto di aspettarsi un aiuto, un incoraggiamento e un sostegno collegiale da parte dei fratelli e delle sorelle delle altre Nazioni, per affrontare i problemi che oltrepassano le frontiere e che riguardano la vita religiosa del continente. così voi sarete meglio in grado di mettere in atto una effettiva collaborazione tra le Conferenze nazionali dei religiosi. Questa azione deve essere realizzata, evidentemente, nel rispetto della giusta autonomia di queste Conferenze nazionali e degli Istituti, così come delle legittime diversità di culture, di costumi, di modi di vita e al di fuori di ogni riferimento a concezioni politiche. Soprattutto, essa deve contribuire allo sviluppo e all'affermazione del carattere proprio della vita religiosa.

Infatti, ciò che diversifica tra di loro i membri della Chiesa costituisce una reciproca complementarietà ed è ordinato all'unica comunione e alla missione che appartiene a tutto il Corpo. Bisogna dunque vegliare affinché la vita religiosa conservi le sue caratteristiche particolari e la sua visibilità. Se la Chiesa ha bisogno di una visibilità per testimoniare, la vita religiosa ha lo stesso bisogno. L'attenuazione fino alla scomparsa quasi totale agli occhi del mondo di ciò che caratterizza la vita religiosa non è un bene né per i religiosi, né per la Chiesa, né per l'evangelizzazione. Questo rispetto delle ricchezze specifiche della vita religiosa deve tener conto della natura particolare degli Istituti, così come essa è stata ammessa dalla Chiesa al momento del loro riconoscimento ufficiale.


4. Il fatto che numerosi Paesi d'Europa stiano conoscendo una accentuata scristianizzazione, con battezzati che vivono praticamente fuori dalla Chiesa, pone con acutezza più intensa ai cristiani e ai religiosi la questione della loro testimonianza e del loro apostolato. Certamente le ragioni sono complesse e derivano in parte da difficoltà esterne alla Chiesa. Ma ci si può anche domandare: questi cristiani sono stati abbastanza evangelizzatori, e la loro testimonianza, come quella dei religiosi europei, è stata sufficientemente autentica e percepibile? Più ancora degli altri i religiosi devono vegliare per fare in modo che non diventi insipido "il sale" del Vangelo in pratiche e in atteggiamenti secolarizzati, che sacrificano la preghiera a un'azione troppo umana, che adottano dei comportamenti socio-politici determinati da criteri che non sono sempre evangelici. So bene che siete convinti di questo; non è forse uno degli aspetti del rinnovamento spirituale che voi cercate riprendendo le vostre costituzioni? La testimonianza evangelica autentica dei religiosi riguarda anche un numero ogni giorno sempre più grande di lavoratori immigrati non cristiani venuti da altri continenti a cercare in Europa condizioni di vita più favorevoli. E' importante che questi poveri trovino presso i religiosi un riflesso della carità di Cristo. E' un modo nuovo di continuare ciò che hanno compiuto, lontano, i missionari delle precedenti generazioni.


5. Questa carità fraterna deve esser vissuta innanzitutto tra i religiosi stessi.

Il CIC 602 vede nella "comunione fraterna, fondata e radicata nella carità, l'esempio della riconciliazione universale in Cristo", tema approfondito dal recente Sinodo dei Vescovi. Se l'unione nella famiglia religiosa è una potente testimonianza evangelica, la divisione tra i fratelli, tra le sorelle, è una pietra di inciampo per l'evangelizzazione. Ora la divisione non si trova solamente tra le diverse comunità cristiane in Europa, essa si incontra anche tra i fedeli della Chiesa cattolica e perfino tra i religiosi ove le polarizzazioni sono un ostacolo non trascurabile alla testimonianza della carità fraterna.

Queste divisioni provengono del resto per lo più dalla dimenticanza pratica della natura ecclesiale dell'evangelizzazione; questa deve essere sempre realizzata in nome della Chiesa, in comunione con i suoi Pastori e non secondo criteri e prospettive individualistiche (cfr. EN 60). L'unione fraterna vissuta in fedeltà al Magistero contribuirà a fondare la Chiesa, che non esiste senza il respiro che è la vita sacramentale culminante nell'Eucaristia (cfr. EN 28).

Si, è in unità con la missione della Chiesa, di fronte ai suoi bisogni più urgenti, come li vedono i Pastori responsabili, che bisogna esaminare i numerosi servizi apostolici di cui i vostri Istituti sono capaci. Perché la Chiesa conta su di voi, ha bisogno di voi e sa di trovare in voi, nei vostri Istituti, delle risorse immense e meravigliose per le diverse forme del suo annuncio diretto e indiretto del Vangelo.


6. Nell'ora attuale, il Vangelo deve essere annunciato ad un mondo che soffre di fame e di privazioni. Malgrado sensibili differenze fra le varie regioni, il Continente europeo resta privilegiato sul piano economico; non bisognerà che dei religiosi, lasciandosi vincere dalla ricerca del comodo e dall'egoismo di molte persone che li circondano, fissino gli occhi su categorie sociali sfavorite e regioni immerse nella miseria. Essi devono con la loro disponibilità e il loro disinteresse accorrere in soccorso dei poveri di ogni tipo. Ma non insisto, perché so a che punto tanti Istituti, tanti religiosi e religiose hanno oggi la preoccupazione di vivere poveri e tra i nuovi poveri che la nostra società genera.

Questa testimonianza non impedisce, al contrario, di assumere vere responsabilità che sono un servizio. Infatti l'azione educativa e sociale degli Istituti, secondo il loro particolare carisma riconosciuto dalla Chiesa e in collaborazione organica con il laicato, rimane sempre d'attualità, soprattutto se i religiosi vi mantengono la preoccupazione dei poveri, degli emarginati, degli immigrati, dei rifugiati, ecc. La loro azione in questo senso è più che mai necessaria per l'evangelizzazione, essendo una manifestazione visibile dell'amore di Dio per l'uomo.

La visione più ampia che la vostra Unione ha sul mondo, le relazioni feconde che stabilisce con il Consiglio delle Conferenze episcopali europee, devono permetterle di aiutare le Conferenze nazionali dei religiosi e gli Istituti a portare sempre meglio la testimonianza evangelica arricchendo le differenti culture con la Buona Novella annunciata da Cristo, senza asservirsi ad esse.

Nel mattino della Pentecoste, la Vergine Maria, Madre della Chiesa, era presente nella preghiera agli inizi dell'evangelizzazione sotto l'azione dello Spirito Santo. Possa ella essere sempre la Stella che guida i religiosi nella loro missione e li rende generosi e gioiosamente fedeli al Vangelo e alla Chiesa! Confidando nell'azione che il vostro gruppo saprà condurre per aiutare i religiosi del Continente europeo ad essere testimoni sempre più credibili del Vangelo, io vi benedico di tutto cuore.

Data: 1983-11-17 Data estesa: Giovedi 17 Novembre 1983



Ai Vescovi panamensi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La società panamense minacciata da una campagna contro la famiglia

Cari fratelli nell'Episcopato,


1. Giunti a Roma per compiere il dovere della visita "ad limina" e riuniti attorno al successore di Pietro, voi, Vescovi della Chiesa di Dio in Panama che rendete qui presenti le vostre rispettive comunità ecclesiali, state vivendo insieme a me un momento singolare di questa realtà di fede che ci unisce profondamente a tutti: il mistero della santa Chiesa, visibile e spirituale nello stesso tempo, che si costituisce come sacramento di salvezza per quanti aderiscono a Cristo (cfr. LG 5 LG 8).

perciò, accogliendovi con cordialità fraterna, in spirito di intima comunione che unisce tra loro il "Pastore di tutti i fedeli" e "coloro ai quali è affidata la cura di una Chiesa particolare, sotto l'autorità del Sommo Pontefice", accolgo anche con sincero affetto tutti quei membri delle circoscrizioni ecclesiali che guidate "come loro Pastori propri, ordinari e immediati" (CD 2 CD 11).

Ritornando alle vostre diocesi, vi prego di portare ai sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi, collaboratori laici e a tutti i fedeli il mio saluto e il mio incoraggiamento a perseverare nella fedeltà alla loro vocazione cristiana; assicurando loro anche il mio ricordo nella preghiera per loro, per le loro necessità e opere apostoliche.


2. Volgendo ora il mio sguardo alla realtà ecclesiale nel vostro Paese, tornano anzitutto alla mia mente diversi risultati positivi che aprono il cuore alla speranza. Dopo il Concilio Vaticano II e le Conferenze di Medellin e Puebla, si sta creando una situazione che presenta aspetti nuovi nella vita della Chiesa nel Panama. Le due Assemblee arcidiocesane celebrate alcuni anni fa e l'assemblea nazionale pastorale, sono segni di vitalità interiore.

Così mediante la riflessione e il dialogo, le forze vive ecclesiali, alla luce dei documenti del Magistero, hanno riconosciuto i punti positivi e hanno scoperto le necessità o le carenze di una Chiesa che si affaccia piena di speranza al futuro. Su questa linea ha voluto svolgersi la celebrazione del IV Congresso eucaristico bolivariano che si è tenuto nel Panama l'anno scorso, e che ha incluso la predicazione di missioni popolari in tutta la Nazione.

Non posso fare a meno di menzionare la Lettera pastorale che avete pubblicato lo scorso febbraio, nella quale avete raccolto le opzioni pastorali che debbono orientare il cammino della Chiesa in ambiti di interesse generale. A questo sforzo ecclesiale ho voluto dare il mio apporto col viaggio apostolico che ho realizzato, lo scorso mese di marzo, nelle Nazioni dell'America Centrale e in particolare nella vostra Patria. Di esso e della cordiale accoglienza che mi fu riservata, conservo ricordi graditissimi, soprattutto degli incontri con le famiglie cristiane e con la gente del mondo rurale.

Se ho voluto menzionare queste varie tappe della vostra vita ecclesiale, è per incoraggiare le vostre realizzazioni e le vostre speranze, così come per animarvi ad uno spirito di stretta collaborazione nei vostri progetti ecclesiali.

Da questa intima comunione e fraterno scambio germoglieranno, infatti, molti frutti di coordinamento pastorale su scala nazionale, a vantaggio di ciascuna delle vostre circoscrizioni ecclesiali e dell'opera apostolica ad esse collegata.


3. Parlando dei progetti di formazione cristiana per i vostri fedeli, bisogna far riferimento agli agenti della pastorale che devono portarla a termine o devono animare la sua esecuzione. E in questo senso non si può rimanere indifferenti al fatto che dei 276 sacerdoti e religiosi che lavorano attualmente nel Panama, più dei due terzi sono stranieri; o che delle 514 religiose, solo 65 sono panamensi.

Ciò implica un dovere di gratitudine verso le persone, le diocesi e le congregazioni religiose di altri Paesi che generosamente vi prestano la loro collaborazione. E così fate voi, giacché riconoscete - come avete scritto nella vostra Lettera pastorale dello scorso mese di febbraio - che "ciò che siamo come Chiesa, lo dobbiamo in gran parte a loro". Ciononostante, questa situazione deve dare impulso a uno sforzo rinnovato e unanime, nel quale partecipino tutte le forze della Chiesa, per cercare di aumentare le vocazioni dei panamensi alla vita sacerdotale e religiosa.

Non poco potrà contribuire in questo campo la elaborazione di opportuni piani diocesani d'azione. così come sarà desiderabile un'opera paziente e ben preparata che coordini debitamente e ricerchi la costruzione di un'armonia tra le diverse forze della Chiesa, perché nel lavoro apostolico esse non si indeboliscano in atteggiamenti dispersivi.

Una meta importante da perseguire è quella di creare una tradizione di clero diocesano locale, per cui si dovrà curare la solida formazione di questi sacerdoti, affinché rispondano alle esigenze del momento. Ciò implicherà un lavoro che continuerà anche dopo l'ordinazione, per offrire loro validi aiuti nel campo spirituale e intellettuale, insieme ai mezzi necessari per affrontare una sana azione pastorale. Senza dimenticare neppure, per quanto sia possibile, altri mezzi coi quali si seguano adeguatamente le loro necessità di tipo assistenziale e di sicurezza sociale.

Sarà anche vostro impegno orientare i vostri sacerdoti nel compito ecclesiale, che a loro spetta, mantenendoli lontano da discutibili coinvolgimenti in attività politiche concrete che debbono rimanere dei laici, debitamente formati nella loro coscienza cristiana.


4. Un ambito che raccomando alla vostra cura particolare è quello dei seminari. Mi rallegra sapere che il numero degli allievi è in aumento, sia nel Seminario maggiore di San José, che nel Seminario minore di San Liborio, ai quali devo aggiungere il Seminario di Cristo Seminatore per i "campesinos".

Il fatto che questi centri acquistino in pratica una dimensione sovradiocesana, vi impone un interesse comune e una collaborazione, al fine di ottenere la migliore formazione dei futuri sacerdoti. Questo dovrà applicarsi innanzitutto alla selezione di équipes di buoni educatori, che seguano le direttive emanate dalla Santa Sede attraverso la Sacra Congregazione per l'educazione cattolica, la qual cosa implica, tra l'altro, la pronta disponibilità della "ratio fundamentalis" che orienti nei diversi aspetti della formazione sacerdotale.

Per quanto riguarda l'attività da svolgere in questo campo, si dovrà tenere conto di alcuni principi fondamentali: applicare i criteri di selezione vocazionale segnalati dalla Santa Sede, senza concessioni indebite all'urgenza o alla necessità che possono creare problemi in futuro; cercare di suscitare vocazioni a tutti i livelli sociali, curando particolarmente l'ambiente della scuola e della famiglia; curare una formazione accurata del clero locale, perché sia all'altezza di ciò che il momento presente della Chiesa richiede.


5. Un altro punto che desidero proporre alla vostra particolare attenzione è quello della pastorale universitaria. So bene che siete sensibili alla grande importanza di questo settore dell'attività ecclesiale e che già da più di due decenni si è iniziata una pastorale organizzata negli ambienti universitari del Panama.

Tuttavia, nelle circostanze attuali è necessario che voi, Pastori responsabili della comunità cristiana, prendiate in forma collegiale le iniziative che si riferiscono a questo importante settore della pastorale, al fine di assicurare una presenza dinamica di ispirazione cattolica nell'ambito dell'insegnamento superiore. perciò dovete studiare forme di rivitalizzazione dell'azione pastorale, dando maggior impulso possibile all'assistenza spirituale nelle università, attraverso équipes specializzate in questo tipo di apostolato.

Non sono poche le difficoltà che si interpongono in questo cammino, a causa della complessità delle situazioni. Ma la considerazione dell'enorme potenziale spirituale e umano che rappresentano, per la Chiesa e per la società, queste migliaia di alunni che avranno nelle loro mani il futuro, deve incoraggiare un'azione decisa e piena di speranza. Essa dovrà curare l'insegnamento delle verità religiose ed etniche, il contatto con alunni e professori, la promozione dei veri valori umani che sono patrimonio comune di ogni retta coscienza e altre attività di presenza cristiana tra gli studenti.

E' evidente che a questo scopo è necessario selezionare attentamente coloro che dovranno assicurare questa presenza ecclesiale nel mondo universitario, affidando tale missione a persone di riconosciuta competenza, di sicuro orientamento dottrinale, e fedeli alle direttive della gerarchia.

Parallelamente a quanto ho detto prima, dovete continuare a prestare diligente attenzione all'educazione cattolica ai livelli inferiori, dove, grazie all'aiuto di buoni collaboratori e di associazioni ben coordinate, si è creata una vitalità che sta producendo i suoi frutti.


6. Il tema della famiglia è un altro punto che di frequente assorbe la vostra sollecitudine di Pastori, giustamente preoccupati dai fenomeni di disgregazione che osservate in questo importantissimo ambito e che fanno sentire i loro effetti nocivi nella società panamense. Purtroppo, la sistematica applicazione di un piano preordinato e finanziato dall'estero e che va dagli anticoncezionali e la sterilizzazione fino al progetto di legalizzazione dell'aborto, incide negativamente sulla salute del nucleo familiare.

perciò, desidero incoraggiare cordialmente i vostri sforzi e iniziative in favore della famiglia, alla quale avete dedicato una delle opzioni preferenziali nella vostra Lettera collettiva del febbraio di quest'anno. Sono in questa linea anche gli orientamenti che vi ho dato durante la mia visita nel vostro Paese, nell'incontro che ho avuto con le famiglie cristiane.


7. Cari fratelli, mi piacerebbe intrattenermi anche sugli altri temi che occupano la vostra sollecitudine e il vostro amore per la Chiesa, ma dobbiamo concludere questo incontro. Ciononostante non posso fare a meno di rinnovarvi la mia profonda stima fraterna, mentre vi sono grato in nome di Cristo per i vostri sacrifici e la vostra dedizione generosa alla Chiesa.

Ai piedi di Santa Maria, nostra Madre comune, pongo tutte le vostre intenzioni personali e ministeriali. Che ella vi incoraggi, vi sostenga, vi consoli nel vostro impegno per la causa della Chiesa. E come prova di benevolenza, imparto a voi e a ciascuno dei membri delle vostre Chiese particolari, la mia affettuosa benedizione.

Data: 1983-11-17 Data estesa: Giovedi 17 Novembre 1983

Al Capitolo generale dei Pallottini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Formazione dei laici all'apostolato compito primario della Chiesa

Carissimi fratelli in Cristo!


1. Il mio animo si apre al più cordiale saluto nell'accogliere in voi i qualificati rappresentanti della Società dell'apostolato cattolico, nata dal cuore di san Vincenzo Pallotti, prete romano e araldo infaticabile del Vangelo di Cristo. Vi ringrazio per la vostra visita in questo Anno Giubilare della Redenzione. Ringrazio, in particolare, il nuovo Superiore generale, Padre Martin Juritsch, per le cordiali espressioni, con le quali ha introdotto questo incontro familiare, e, in pari tempo, gli rivolgo fervidi auguri per il successo nel delicato e grave compito, a cui è stato chiamato nel corso del vostro Capitolo generale, che vi ha riuniti dalle 10 Province e 7 Regioni, sparse nei cinque continenti.


2. So che durante i vostri lavori avete affrontato le questioni riguardanti l'apostolato nella Chiesa di oggi e di domani; vi siete chiesti come realizzare gli intenti del Pallotti, che fece dell'apostolato cattolico la ragione della sua vita e del suo zelo sacerdotale, tanto da essere definito dal mio predecessore, Pio XI, "antesignano dell'Azione Cattolica". Vi siete interrogati anche su quale sia il contributo specifico che la vostra "Società" deve prestare alla Chiesa nella sua opera di animazione cristiana del mondo contemporaneo. Per dare un'espressione articolata e compiuta a queste ed altre istanze, che salgono dalle vostre file, voi avete redatto un documento di lavoro, nel quale riaffermate la precisa volontà di impegnarvi con maggiore vigore, affinché gli insegnamenti del Concilio Vaticano II sull'apostolato dei laici diventino patrimonio comune di tutti i fedeli, in modo che essi possano raggiungere una fede matura e operante, siano animati da vero spirito cristiano e messi in grado di svolgere, a loro volta, un apostolato capillare negli ambienti in cui si trovano.


3. Mi compiaccio vivamente per questo impegno che intendete assumere per rispondere sempre più generosamente alle esigenze della Chiesa nello spirito del vostro venerato Fondatore, il quale concepi il suo Istituto "come una tromba evangelica che chiama tutti, che invita tutti, che risveglia lo zelo e la carità di tutti i fedeli di ogni stato, grado e condizione, affinché come è istituito da Gesù Cristo nella sua Chiesa e affinché, in proporzione dei vari bisogni della stessa Chiesa di Gesù Cristo, in tutti i tempi presenti e futuri, tutti efficacemente e costantemente cooperino alle imprese evangeliche dell'apostolato cattolico" (san Vincenzo Pallotti, "Opere Complete", 1P 4).

Alla luce di queste parole programmatiche, voi intendete costruire un ponte tra il clero e il laicato per ridare vita a quella forma di apostolato che associa i fedeli all'opera di evangelizzazione e di santificazione che la Chiesa tutta intera, nel suo capo e nelle sue membra, è chiamata a svolgere nel mondo di oggi e di domani. I laici, infatti, se stimolati e resi consapevoli del loro ruolo imprescindibile, possono svolgere in seno alla Chiesa una preziosa opera, la quale non si giustifica solo dalla necessità di arrivare là dove il sacerdote non riesce a giungere, ma anche e direi soprattutto dal fatto che essi, come cristiani, hanno il dovere di confessare la propria fede e di annunciare la propria speranza. In questo il vostro indirizzo è in perfetta consonanza con le indicazioni del Concilio, il quale nel Decreto sull'apostolato dei laici afferma testualmente: "I fedeli esercitano il loro apostolato in spirito di unità. Siano apostoli tanto nelle proprie comunità familiari, quanto in quelle parrocchiali e diocesane, che già sono esse stesse espressione dell'indole comunitaria dell'apostolato, e in quelle libere istituzioni nelle quali si vorranno riunire" (AA 18). Ma perché i laici possano adempiere fruttuosamente questa missione, occorre che abbiano una solida formazione umana e cristiana e imparino a vedere, giudicare e agire alla luce della fede. A tale fine il medesimo Decreto raccomanda che "i sacerdoti nella catechesi e nel ministero della parola, nella direzione delle anime, come negli altri ministeri pastorali, abbiano dinanzi agli occhi la formazione all'apostolato" (n. 30).


4. E' appunto questo il compito a cui, carissimi Padri Capitolari, vi chiama il vostro Fondatore e su cui la Chiesa fa grande assegnamento. Ma per corrispondere degnamente a queste attese, è necessario che sappiate trarre ispirazione, energia e forza dal vostro carisma originale, il quale è profondamente segnato dalla contemplazione e dall'azione, dalla preghiera e dalla predicazione. Sarete autentici figli di san Vincenzo Pallotti, e quindi testimoni attendibili del Cristo, solo se la vostra vita religiosa sarà vissuta in modo esemplare: esemplare nello stile, quale la vostra regola ha saputo delineare; esemplare nella religiosità, che fa anteporre a tutto l'amore di Cristo; esemplare nell'adesione alla Chiesa, che il vostro Fondatore amo come vera madre.

Auspico che dalle deliberazioni del Capitolo generale la vostra Congregazione attinga nuovo vigore e nuova forza per tradurre in pratica i propositi che saranno formulati. Ritornando fra i vostri confratelli, dite che tutti li porto nel cuore e li ringrazio per l'aiuto che danno all'opera della Chiesa nel mondo; tutti li esorto a vivere a fondo la propria vocazione. Scenda, a conferma di questi voti, la benedizione apostolica, che ora imparto a voi e a tutti i membri del vostro Istituto.

Data: 1983-11-17 Data estesa: Giovedi 17 Novembre 1983




Ad un Convegno sui problemi del lavoro - Disoccupazione, cassintegrati e altre crisi provocano il cristiano


1. Con viva gioia porgo il mio saluto a voi tutti, delegati delle diocesi d'Italia e delle associazioni cristiane, che vi siete riuniti a Roma per il Convegno pastorale ispirato alla Lettera enciclica "Laborem Exercens", nell'intento di approfondirne i contenuti per meglio proclamare e realizzare il Vangelo del lavoro nel contesto della situazione italiana.

L'Anno Santo della Redenzione con il suo appello, "Aprite le porte al Redentore", è anche per voi necessario punto di riferimento e richiamo ad affidarvi alla "forza trasformatrice della Redenzione di Cristo". Il mondo del lavoro ha bisogno, oggi come ieri, di Cristo Signore; ha bisogno di Gesù, uomo del lavoro, e del suo Vangelo.

Come cristiani, voi avete avvertito l'esigenza di raccogliervi per riflettere su di un tema così attuale, come quello del lavoro, in riferimento alla gravità e all'importanza del momento storico, che sta vivendo anche l'Italia.

"Scoprire i nuovi significati del lavoro umano e formulare i nuovi compiti che in questo settore sono posti di fronte ad ogni uomo, alla famiglia, alle singole Nazioni, a tutto il genere umano e anche alla Chiesa" costituisce la prima, significativa fedeltà al nucleo essenziale della Dottrina sociale della Chiesa stessa, che nel lavoro ha sempre visto "una componente fissa della vita sociale" e "una chiave, e probabilmente la chiave essenziale, di tutta la questione sociale" (cfr. LE 2-3).

Il farsi carico, il condividere i problemi che, spesso in maniera preoccupante, coinvolgono vasti strati del popolo italiano, è parte metodologica dell'annuncio del senso cristiano del lavoro. Per questo non posso che incoraggiarvi nel vostro impegno di illuminare le numerose situazioni cariche di dolore, complesse e spesso difficili da interpretare e da risolvere, nella quotidiana testimonianza di quel Vangelo del lavoro che va proclamato e attualizzato ai giorni nostri con coraggio profetico e con sapiente realismo.


2. I problemi relativi alla crisi quantitativa del lavoro sono sotto gli occhi di tutti: il dramma della disoccupazione, la difficile situazione dei "cassintegrati", i giovani che non riescono ad ottenere un loro "banco di lavoro"; e poi gli emigranti e gli stranieri, gli handicappati e gli anziani; senza inoltre dimenticare i problemi riguardanti il doppio lavoro, la mobilità professionale, la casa, i trasporti, l'uso stesso della cassa integrazione e l'abuso che a volte si fa del diritto di sciopero. Si legge al riguardo nel documento dei vostri Vescovi su "La Chiesa italiana e le prospettive del Paese" (n. 4): "Gli impegni prioritari sono quelli che riguardano la gente tuttora priva dell'essenziale: la salute, la casa, il lavoro, il salario familiare, l'accesso alla cultura, la partecipazione".

C'è bisogno di una rinnovata e puntuale attenzione e di una chiara testimonianza nel mondo del lavoro, "perché in esso sorgono sempre nuovi interrogativi e problemi, nascono sempre nuove speranze, ma anche timori e minacce connesse con questa fondamentale dimensione dell'umano esistere, con la quale la vita dell'uomo è costruita ogni giorno, dalla quale essa attinge la propria specifica dignità, ma nella quale è contemporaneamente contenuta la costante misura dell'umana fatica, della sofferenza e anche del danno e dell'ingiustizia che penetrano profondamente nella vita sociale" (LE 1). Poiché l'uomo "concreto", "storico" è "la prima e fondamentale via della Chiesa" (RH 14), e ciò proprio in base al mistero della Redenzione di Cristo, voglio invitarvi a non dissociare mai la doverosa ricerca del senso del lavoro e lo studio delle attuali condizioni socio-economiche in cui esso si svolge, dall'impegno profetico e dagli orientamenti morali, al fine di non cadere o nell'astrattismo o nel pragmatismo. Si dovrà invece alimentare con una certa qual urgenza la prospettiva biblica, etica e teologica di fronte alla crisi delle ideologie del lavoro fondate il più delle volte sul "materialismo pratico" o sul "materialismo teorico".


3. Questa prospettiva etica deve alimentarsi alla teologia trinitaria, alla teologia della croce e della risurrezione del Signore, come ho richiamato nella parte finale della Lettera "Laborem Exercens", in modo che l'attività lavorativa dell'uomo, ripensata nel contesto complessivo del messaggio evangelico, acquisisca in pienezza il suo significato. Essa infatti è immersa nell'orizzonte dell'opera divina che, inaugurata dal Padre nella creazione, fu portata a sostanziale compimento dal Figlio nel mistero pasquale ed è avviata ora verso la sua definitiva pienezza grazie all'azione dello Spirito Santo, che sospinge la storia verso il traguardo del Regno.

L'analisi del lavoro umano, fatta nell'orizzonte dell'opera divina della salvezza, penetra al centro stesso della problematica etico-sociale, e sfocia in un'etica del lavoro che a buon diritto si può qualificare nuova. Questa etica sociale, senza disattendere gli obblighi dei singoli, sottolinea quei fattori nazionali e sovrannazionali che, sul piano economico, politico e finanziario, condizionano in maniera spesso negativa sia la quantità sia la qualità del lavoro.

Problemi come il lavoro iniquo, disumano, non tutelato, o disprezzato esigono da parte dei cristiani una rinnovata assunzione di responsabilità. L'etica del lavoro riguarda, soprattutto, la dimensione soggettiva di esso, cioè l'uomo come persona, come soggetto del lavoro.

Il primo fondamento del lavoro è infatti l'uomo stesso, e benché l'uomo sia chiamato e destinato al lavoro, il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro. Affermare la preminenza del valore soggettivo del lavoro su quello oggettivo, significa che la misura del valore del lavoro è la dignità del soggetto umano che compie il lavoro.


4. Sullo sfondo di queste considerazioni, voi vi siete soffermati in questi giorni a riflettere su tre aspetti del lavoro di vivissima attualità: l'occupazione, la programmazione, la partecipazione.

Nella Lettera enciclica "Laborem Exercens" (cfr. LE 18) ho indicato nella disoccupazione uno dei mali sociali più gravi, capace di trasformarsi, in determinati casi, in una vera calamità. A quelle pagine vi esorto a rivolgere la vostra attenzione e la vostra riflessione, per illuminare sempre meglio il diritto che l'uomo ha ad un lavoro. L'impegno di dare realizzazione al diritto-dovere di lavorare, che inserisce ad ogni soggetto umano, richiede oggi arditezze nuove di vedute e di programmazione.

Con la riflessione avviata dal vostro Convegno avete convenuto che, per lottare contro i mali e i pericoli della disoccupazione, è opportuno che lo Stato e i vari Enti ed Associazioni pubbliche e private predispongano una seria programmazione del lavoro; che le scuole preparino gli uomini al lavoro, e che nel contempo si dia attuazione generosa a una collaborazione internazionale capace di assicurare i dovuti equilibri tra Stato e Stato. Se i modelli di sviluppo sono oggetto di considerazione in tema di programmazione del lavoro, non si può non guardare con preoccupazione allo spreco che si fa, al giorno d'oggi, di risorse non rinnovabili, come anche agli squilibri che certe scelte determinano.

La coscienza sociale avverte, inoltre, con chiarezza sempre maggiore il bisogno di partecipazione. E' un'esigenza che si impone anche nel mondo del lavoro: ad essa occorre cercare di dare soddisfazione facendo partecipare gli uomini del lavoro a tutto il processo produttivo in modo che venga riconosciuto il valore soggettivo dell'attività umana. Le modalità e le forme non possono essere qui determinate; esse debbono essere tuttavia ben presenti nei vostri approfondimenti e nella vostra ricerca.

Non possono, inoltre, non preoccuparci le opinioni di coloro che, al giorno d'oggi, ritengono ormai superato e vano il discorso di una più intensa partecipazione e demandano la realizzazione della soggettività umana al cosiddetto tempo libero. Non appare giusto, infatti, opporre il tempo dedicato al lavoro al tempo libero dal lavoro, in quanto tutto il tempo dell'uomo deve essere visto come un dono meraviglioso di Dio per la globale e integrale umanizzazione. Sono, tuttavia, convinto che il tempo libero meriti particolare attenzione perché è il tempo in cui le persone possono e devono soddisfare ai loro doveri familiari, religiosi, sociali. Anzi, tale tempo, per essere liberante e utile socialmente, va vissuto con matura consapevolezza etica in una prospettiva di solidarietà, che si esprima anche in adeguate forme di generoso volontariato.


5. Da questi pochi accenni voi capite quali impegni pastorali attendano la Chiesa italiana nel prossimo futuro proprio sul decisivo tema del lavoro. Certamente non spetta ad essa analizzare scientificamente tutte le implicanze economiche e socio-politiche che il lavoro presenta. "La Chiesa, pero, ritiene suo compito di richiamare sempre la dignità e i diritti degli uomini del lavoro e di stigmatizzare le situazioni, in cui essi vengono violati, e di contribuire a orientare questi cambiamenti perché si avveri un autentico progresso dell'uomo e della società" (LE 1).

Appare, pertanto, indispensabile che si rafforzi nelle Chiese locali in forma sempre più organica e compiuta un'adeguata azione pastorale di viva attenzione ai problemi e alla cultura degli uomini del lavoro, in modo che ad essi non venga mai a mancare un'adeguata proposta della Redenzione che Cristo ha realizzato nella pienezza dei tempi.

Questa pastorale per gli uomini del lavoro è tanto più necessaria oggi che è tempo "di nuovo avvento, tempo di attesa" (cfr. RH 1). E, ancora, un'autentica pastorale del lavoro non può svilupparsi se non è radicata in una profonda spiritualità cristiana, che dimostri quella maturità che esigono le tensioni e le inquietudini delle menti e dei cuori. Permettetemi di richiamare perciò la vostra attenzione sulla necessità "di una spiritualità del lavoro tale da aiutare tutti gli uomini ad avvicinarsi per il suo tramite a Dio, Creatore e Redentore, a partecipare ai suoi piani salvifici nei riguardi dell'uomo e del mondo e ad approfondire nella loro vita l'amicizia con Cristo, assumendo mediante la fede una viva partecipazione alla sua triplice missione: di sacerdote, di profeta, di re" (LE 24).

Il vostro Convegno è felice occasione per riconfermare una presenza e un impegno, che auspico sempre più incisivo e fruttuoso, tra gli uomini del lavoro con l'aiuto della Grazia di Dio.

A voi tutti e a coloro che nelle Chiese italiane condividono il gioioso peso di una pastorale del lavoro imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1983-11-18 Data estesa: Venerdi 18 Novembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Al Pontificio Istituto Missioni Estere - Città del Vaticano (Roma)