GPII 1983 Insegnamenti - Ai missionari della Regalità di Cristo - Città del Vaticano (Roma)

Ai missionari della Regalità di Cristo - Città del Vaticano (Roma)


Titolo: Ribadita l'urgenza dell'annuncio del Vangelo

Carissimi fratelli nel Sacerdozio!


1. Sono sinceramente lieto per questo incontro con voi, Sacerdoti missionari della Regalità di Cristo, che quest'anno celebrate il 30° anniversario di fondazione: nato nel 1953 dal grande cuore dell'indimenticabile Padre Agostino Gemelli, il vostro Istituto secolare si affianca a quello delle missionarie e a quello dei missionari, fondati rispettivamente nel 1919 e nel 1930.

Voi avete voluto ricordare questa data, particolarmente significativa per la vostra vita, nella riflessione e nella preghiera comunitaria degli Esercizi spirituali, ma avete voluto anche poter ricevere dal successore di Pietro una parola di incoraggiamento per le vostre scelte e per i vostri impegni.

Vi esprimo pertanto la mia viva soddisfazione perché posso trascorrere con voi una pausa di meditazione su quelli che sono gli ideali e le finalità, che voi cercate di raggiungere e di realizzare mediante la libera e lieta adesione al vostro Istituto secolare.

Voi intendete formare una comunità di presbiteri diocesani, chiamati dal dono dello Spirito Santo a cercare la perfezione del vostro ministero e della vostra vita per mezzo di quella forma di consacrazione, che è conferita dalla "vera e completa professione dei consigli evangelici nel secolo, riconosciuta dalla Chiesa" (PC 11).

Nello spirito di umiltà, di rinuncia e di disponibilità, tipico di san Francesco d'Assisi, voi avete voluto rispondere alla chiamata di Cristo, lasciando tutto per seguirlo (Mc 8,35), consacrando tutta la vostra vita all'avvento del Regno, pur continuando a vivere nel mondo, ma senza appartenere al mondo (cfr. Jn 17,11-18), in piena comunione di fede e di carità con il vostro Vescovo diocesano, con i sacerdoti e con i membri della Chiesa.


2. Il vostro essere sacerdotale, nella sua globalità, cioè sia nella sua realta interiore, sia nel servizio pastorale a favore del Popolo di Dio, intende radicarsi e fondarsi su Cristo, considerato in modo speciale nella prospettiva della sua "Regalità". Proprio fra qualche giorno la Chiesa tutta celebrerà la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo "Re dell'universo". Sennonché, la Regalità di Cristo - lo sappiamo - non si pone né in contrasto né in concorrenza con la regalità e i poteri umani. E' una Regalità che trova la sua massima espressione nella croce, altare e trono di Gesù: è una Regalità di amore, di dolore, di donazione al Padre e agli uomini.

Come "missionari della Regalità di Cristo", dovete non solo annunciare questo paradossale e consolante messaggio, ma altresi realizzare e vivere in voi stessi questa tipica Regalità del Cristo, che esercita il suo sacerdozio nel sacrificio pasquale di sé, assumendo le miserie e i dolori degli uomini di ogni tempo: configurandovi a Cristo nella realtà sacramentale del sacerdozio ministeriale e con lui in comunione di costante rapporto personale, vivrete con gioia questa vostra partecipazione al mistero della croce, tappa necessaria per la gloria della risurrezione.


3. Nella prospettiva della "Regalità" di Cristo, porrete indubbiamente il massimo impegno nell'assidua preghiera di contemplazione, per affermare il primato dello spirituale; nella concreta testimonianza della povertà evangelica; nella castità consacrata, abbracciata per il Regno; nella docile obbedienza alla Chiesa e ai suoi rappresentanti; nell'instancabile apostolato sacerdotale, compiendo con fedeltà la missione ricevuta dal Vescovo, anche se umile e poco appariscente, e mirando soltanto agli interessi del Regno di Dio e prodigandovi per le anime (cfr. 2Co 12,15); nello spirito di continua conversione e penitenza vi unirete generosamente alle sofferenze di Cristo, per essere partecipi della sua risurrezione - secondo quanto ci suggerisce san Paolo - portando "sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel vostro corpo" (2Co 4,10).

Al centro della vostra vita sia Cristo nel mistero Eucaristico - fonte, centro e culmine di tutta la vita cristiana -, quel mistero del quale, in forza dell'Ordinazione presbiterale siete diventati ministri e dispensatori "pro mundi vita" (Jn 6,51).

Mentre auspico al vostro Istituto secolare una continua crescita per il bene del Popolo di Dio, affido voi tutti e i vostri propositi di bene alla santa Vergine Immacolata, Regina del medesimo Istituto; all'intercessione altresi di san Francesco d'Assisi, nella cui spiritualità voi trovate ispirazione e alimento per la vostra vita di sacerdoti consacrati "totalmente a Dio Onnipotente in servizio della Chiesa".

Con tali voti, imparto a voi, ai vostri confratelli sparsi per il mondo e ai vostri cari la benedizione apostolica.

Data: 1983-11-18 Data estesa: Venerdi 18 Novembre 1983

Alla plenaria di "Co Unum" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il mondo ha immenso bisogno di convertirsi alla carità

Signor Cardinale, cari fratelli e sorelle in Cristo.

Sono molto felice di accogliervi e di celebrare con voi il Sacrificio di Colui che si è offerto totalmente per la salvezza del mondo, ed è grande la vostra gioia di pregare con il Papa! Lasciate innanzitutto che vi ringrazi tutti e ciascuno, in nome di Cristo e della Chiesa, in nome delle persone e delle popolazioni che avete soccorso, in nome degli organismi caritativi ai quali avete offerto il vostro sostegno e i vostri suggerimenti, e proposto delle possibilità di coordinamento efficace. Non posso che incoraggiarvi, in linea con questa dodicesima assemblea plenaria di "Co Unum", a continuare ad assumere la sfida della carità evangelica, promuovendo sempre una vera teologia della carità, mostrando la coerente relazione tra giustizia e carità.

I diritti dell'uomo - potremmo dire i molteplici aspetti della giustizia - hanno assolutamente bisogno di trovare fondamento in un ordine che li supera, altrimenti rischiano di svanire nell'astrazione, o peggio ancora di affondare in una qualche ideologia. Senza sostituirsi alla giustizia, la carità deve essere origine, ricca di inventiva e rispettosa, della sua messa in atto.

Si tratta in effetti e sempre di salvare persone o situazioni concrete, spesso urgenti: sinistrati, esiliati, malati, affamati, morenti. La carità è incomparabile: sgorga dal cuore di Dio nel cuore dei credenti, e anche in quello di ogni uomo di buona volontà. Sfugge al ragionamento! In un senso, la carità in qualche modo inverte il movimento della stretta giustizia, dei soli diritti dell'uomo, pur così fondamentali. La carità è volta a delle persone. E raggiunge il suo scopo quando suscita in queste persone e in queste popolazioni che sono state soccorse il desiderio di inserirsi esse stesse in un movimento di gratuità, anche se non hanno da offrire altro che un po' di tenerezza, un po' di tempo, una presenza silenziosa.

Il nostro mondo ha un immenso bisogno di convertirsi alla carità. Auguro che "Co Unum" continui a contribuirvi al meglio. E' questa grazia che domanderemo insieme nel corso di questa Eucaristia, per la Chiesa e per il mondo.

Data: 1983-11-19 Data estesa: Sabato 19 Novembre 1983

All'Associazione del Trattato atlantico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lo spettro dell'olocausto nucleare impone ricerca di pace stabile

Signore e Signori.

mi fa molto piacere poter dare oggi il benvenuto a voi che avete preso parte alla XXIX assemblea dell'Associazione del Trattato atlantico. Sono lieto di avere questa occasione per rivolgere il mio saluto sia a voi che ai membri delle vostre famiglie. Quali distinte personalità delle vostre rispettive Nazioni vi siete riuniti per discutere una questione di seria importanza per il mondo nel suo insieme. Le vostre deliberazioni e riflessioni sul problema della pace promettono bene per il futuro delle vostre attività e gettano un raggio di speranza su un problema che troppo spesso è oscurato dallo scoraggiamento e dallo sgomento.

Mentre le Nazioni sono naturalmente preoccupate per le esigenze della loro difesa, le cause apparentemente infinite di discordia e di inquietudine nel mondo, e specialmente lo spettro terribile dell'olocausto nucleare, sono potenti incentivi per continuare la ricerca indefessa di mezzi concreti e duraturi per raggiungere la pace.

La Santa Sede trova continuamente opportunità per cooperare al compito urgente di promuovere la pace, non solo perché essa occupa un posto particolare all'interno della comunità internazionale, ma anche a causa del suo ruolo che è quello di compiere la vera e propria missione della Chiesa: proclamare il messaggio salvifico affidatole da Cristo.

Affinché questo divino messaggio possa essere efficacemente annunciato, la Chiesa promuove le condizioni che mettono in grado uomini e donne di conseguire il loro sviluppo integrale: e così essa cerca di partecipare e di incoraggiare quei tentativi che corrispondono a una delle più alte aspirazioni dello spirito umano, cioè l'instaurazione di una pace autentica e duratura. La Chiesa si impegna in questa impresa, inoltre, non come se si trattasse di cosa secondaria o estranea, ma in fedele conformità con l'esortazione del Signore stesso, che ha detto: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9).

La Chiesa, e la Santa Sede in particolare, auspicano che ogni organismo internazionale competente, così come tutta l'umanità nel suo insieme, dedichino vaste risorse di intelligenza e di volontà per l'attuazione di passi attentamente misurati e concreti verso il compimento dell'universale desiderio di ogni popolo: pace e sicurezza in un mondo ben ordinato.

Desidero incoraggiarvi ad essere risoluti in questa ricerca. E siate certi delle mie costanti preghiere, affinché un giorno possiamo pervenire tutti alla durevole gioia di quella pace che sorpassa ogni comprensione.

Dio vi benedica.

Data: 1983-11-19 Data estesa: Sabato 19 Novembre 1983

A pellegrini napoletani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il coraggio del bene e della bontà dinanzi al dramma di Napoli

Signor Cardinale e carissimi fedeli dell'arcidiocesi di Napoli!


1. Sono lieto di rivolgere il mio affettuoso saluto a tutti voi che partecipate al pellegrinaggio del trentesimo Sinodo diocesano. Dopo ben diciassette anni di intenso lavoro, che ha mobilitato e interessato tutte le parrocchie e i vari gruppi laicali e religiosi, avete voluto coronare un così vasto impegno ecclesiale venendo a Roma, al centro della cristianità e alla sede di Pietro, in questo anno particolare di grazia per confermare la vostra fede, pregare per tutta l'arcidiocesi e prendere slancio e fervore per l'avvenire, in modo che i frutti del Sinodo siano copiosi e duraturi. Mentre vi esprimo il mio sincero apprezzamento, vi ringrazio per questa vostra visita, voluta e organizzata dal vostro Cardinale Arcivescovo, al quale rivolgo in modo speciale il mio cordiale saluto.

Desidero pure salutare le autorità, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i responsabili delle varie organizzazioni diocesane, zonali e parrocchiali, tra cui cito solamente la benemerita Arciconfraternita della Santissima Trinità dei Pellegrini, le Associazioni, gli Istituti, i Seminari, la Pontificia Facoltà teologica, e, non ultimi, i diaconi permanenti e tutti i ministri della Liturgia e dell'Eucaristia impegnati a vivere con più fervore la loro fede cristiana.

Voglio anche ringraziarvi per la "Lettera di comunione", che mi avete consegnato e auspico con grande fiducia che la Chiesa di Napoli continui nel suo cammino di fede e di santo entusiasmo.


2. La vostra presenza mi porta col pensiero alla città partenopea contrassegnata da tante vicende storiche; patria di uomini geniali, di pensatori, di artisti, di scrittori; aureolata di indimenticabili bellezze naturali e ricca di sentimenti generosi; e soprattutto fecondata dalla vita e dall'esempio di persone sante, a cominciare dal vostro patrono, il martire san Gennaro particolarmente da voi venerato, fino a sant'Alfonso Maria de' Liguori, a san Gaetano Thiene, a santa Giovanna Antida, e ai beati Vincenzo Romano, Giuseppe Moscati e Nunzio Sulprizio.

Ma la vostra presenza non può non richiamare anche alla mia memoria quella sera, ormai già così lontana, del 21 ottobre 1979, quando, provenendo dal Santuario di Pompei, in Piazza del Plebiscito incontrai la cittadinanza di Napoli, accorsa in massa a darmi il benvenuto. Desidero tuttora ringraziare per quella magnifica assemblea di fraternità e di amicizia e, come in quella memorabile sera, vi esorto alla speranza e alla fiducia, sulla base della fede cristiana che è vostro patrimonio e in nome altresi di quella bontà spontanea e schietta, che distingue la gente della vostra terra.


3. In questo incontro così significativo non si possono, tuttavia, dimenticare le difficoltà e i gravi problemi della vostra grande metropoli e della regione.

Ancora è vivo il ricordo del terremoto del 23 novembre 1980 e i disagi di tante famiglie rimaste senza tetto; come pure è doveroso fare riferimento alla preoccupata e severa "Lettera pastorale" dei Vescovi della Campania, pubblicata lo scorso anno, contro il triste e disumano fenomeno della delinquenza.

Mentre esprimo il mio apprezzamento per tutto ciò che in campo civile e religioso si fa per la cara città di Napoli e per la regione, esorto vivamente voi cattolici ad essere sempre maggiormente impegnati per il bene morale e civile della vostra terra.

Prima di tutto mantenete sempre fermo e illuminato il senso della fede, che è la vostra gioia e la vostra forza. Quando la sofferenza colpisce la vostra esistenza o quando il male imperversa tra le vostre contrade non dimenticate mai che, nonostante tutto, Dio è sempre Padre amoroso e provvidente e che, come diceva san Paolo descrivendo il dramma della storia, nulla ci può separare dall'amore di Cristo (cfr. Rm 35,39).

Abbiate sempre il coraggio del bene e della bontà, vivendo da "uomini nuovi", creati secondo Dio "nella giustizia e nella verità" (cfr. Ep 4,24).

Sia poi costante e dinamico il vostro senso di solidarietà, mediante il servizio, la collaborazione, l'esercizio della carità. Giustamente è stata sottolineata la necessità di una direzione organica e di un coordinamento tra le varie autorità responsabili e tra i vari gruppi e organizzazioni pastorali e caritative. I gravi problemi della disoccupazione giovanile, dell'urbanistica, della sanità, della cultura e del turismo, degli emarginati e dei sotto occupati, esigono davvero l'impegno fattivo di tutti, e quindi specialmente dei fedeli cristiani. In effetti, sappiamo bene che una autentica evangelizzazione non va mai disgiunta da una efficace promozione umana. Non lasciatevi abbattere dalle difficoltà, ma cercate sempre di vincere il male, facendo il bene (cfr. Rm 12,21).


4. Cari pellegrini di Napoli! Sant'Alfonso Maria de' Liguori (1696-1787), gloria della vostra città e Dottore della Chiesa, affermava in un suo opuscolo, che "tutta la nostra perfezione consiste nell'amare il nostro amabilissimo Dio" e che "tutta la perfezione dell'amore a Dio consiste nell'unire la nostra alla sua santissima volontà" (cfr. "Uniformità alla volontà di Dio"). E' il pensiero che desidero lasciarvi come ricordo e come programma del vostro pellegrinaggio giubilare. La Vergine santissima, che vi esorto a sempre amare e pregare con viva e coerente devozione, vi ispiri e vi aiuti a compiere sempre la volontà di Dio nell'opera della vostra santificazione, uniti al vostro Arcivescovo e ai vostri pastori e sacerdoti, attingendo la forza di cui avete bisogno alla frequenza dei Sacramenti.


5. Desidero ora rivolgere un particolare saluto ai fedeli di Torre del Greco: sono lieto di vedervi così numerosi e soprattutto mi compiaccio perché avete voluto onorare in modo speciale il beato Vincenzo Romano, vostro antico parroco, nella fausta ricorrenza del ventesimo della sua beatificazione. Leggendo la sua biografia si rimane impressionati dalla zelante azione pastorale che egli esercito ininterrottamente per ben venticinque anni a Torre del Greco, non allontanandosi mai per un giorno dalla sua parrocchia, talmente era occupato, fin dall'alba, nella preghiera, nella celebrazione della Santa Messa, nell'ascolto delle confessioni, nella catechesi dei bambini e degli adulti, nella visita agli ammalati, nello svolgimento di pratiche familiari e sociali, nell'avvicinare persone lontane dalla fede per stimolarle alla conversione. Egli non cesso mai di predicare la "Parola di Dio", ripetendo ai suoi fedeli: "Fede viva, fede viva!" e dicendo: "Fate bene il bene!".

E' ciò che anch'io, in suo nome, desidero dire a voi, fedeli di Torre del Greco, esortandovi in particolare alla frequenza alla Santa Messa, secondo il suo insegnamento.

Con questi voti, volentieri imparto a tutti la mia benedizione, che con affetto estendo all'intera arcidiocesi di Napoli, ricordando specialmente le persone malate o sofferenti.

Data: 1983-11-19 Data estesa: Sabato 19 Novembre 1983



Giubileo delle associazioni laicali - Città del Vaticano (Roma) - Testimoniate la Riconciliazione


1. Egli è "il Principio e il Primogenito di coloro che risuscitano dai morti" (Col 1,18). San Paolo indica il Golgota: la croce. Infatti là Cristo ha accettato e subito la nostra morte umana. E là pure è diventato "il Primogenito di coloro che risuscitano dai morti".

San Paolo indica contemporaneamente la Risurrezione. Come "Primogenito", Cristo è il "Principio" del Regno di Dio sulla terra. Ed egli stesso è il Re.

A voi tutti qui presenti, cari fratelli e sorelle, ma specialmente ai membri delle varie associazioni e movimenti ecclesiali, voglio anzitutto presentare il Cristo che oggi celebriamo, il Cristo nella sua regalità messianica, così come risulta dalle letture di questa Liturgia. Oggi, infatti, ultima domenica dell'anno liturgico, onoriamo e adoriamo Cristo in quanto Re. Questa solennità è quasi una sintesi dell'intero mistero salvifico. Esso si iscrive con una particolare espressività nel contesto dell'Anno Giubilare della Redenzione; cioè il presente Anno Santo.

Voi, cari fratelli e sorelle che vi siete riuniti oggi nella Basilica di San Pietro, siete e vi sentite particolarmente legati con il mistero di questo Regno in cui Cristo come "Primogenito di coloro che risuscitano dai morti" è "il Principio" di tutte le cose. E' il Re. Da questo mistero deriva la vostra vocazione. Il vostro apostolato.


2. Il Vangelo odierno secondo san Luca racchiude in sé tutta l'eloquenza drammatica della verità sul Cristo-Re. Ecco: Cristo è stato crocifisso. Sopra il suo capo è stata collocata una scritta in greco, latino ed ebraico: "Questi è il re dei Giudei" (Lc 23,38).

Il titolo "Il re dei Giudei" si riferisce nella coscienza dell'Israele di allora alla tradizione dei re, che avevano regnato sulla loro nazione. Prima di tutto ricordava il più grande tra di loro, Davide, della cui unzione a re parla la prima lettura dell'odierna Liturgia.

Tuttavia la scritta "Il re dei Giudei" è soprattutto il capo d'accusa che il Sinedrio ha presentato contro Cristo a Pilato. L'accusa è falsa. Noi sappiamo quale risposta a questo proposito ha dato Cristo a Pilato: non sono re.

Sul Calvario pero non c'è nessuno che combatta in sua difesa. Sono invece presenti sotto la croce gli avversari di Cristo, e i soldati possono impunemente schernirlo: "Se tu sei il re... salva te stesso" (Lc 23,37).

Il titolo "regale" viene riferito al Crocifisso soltanto come uno scherno. Ma ecco tra questi scherni improvvisamente dall'alto di una delle croci vicine si sente la voce: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno" (Lc 23,42). così dice uno dei due malfattori che è stato crocifisso accanto a Cristo.

E Gesù risponde immediatamente: "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso" (Lc 23,43).

E qui ci ricolleghiamo all'ulteriore tratto della risposta data da Gesù a Pilato: "Io sono re... ma il mio Regno non è di questo mondo" (Jn 18,36-37).

Dunque ci troviamo al centro stesso della verità sul Regno di Cristo. Questa verità trova nel Vangelo di oggi una eloquenza drammatica.


3. Cristo è Re mediante la croce e la risurrezione. Proprio in questo modo è diventato "il Primogenito di coloro che risuscitano dai morti" e allo stesso tempo ha riconfermato il suo "primato su tutte le cose".

Questo primato appartiene a lui dal principio. Egli infatti come Figlio della stessa sostanza del Padre - Figlio diletto - "è immagine del Dio invisibile" (Col 1,15), è "generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose... quelle visibili e quelle invisibili... Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui" (Col 1,16-17).

"Generato prima di ogni creatura". E quindi è Re per natura. Il suo Regno è stato iscritto nell'opera stessa della creazione. Egli precede ogni creatura. Ogni creatura dal principio porta su di sé il sigillo del suo Regno: "Poiché in lui sono state create tutte le cose". Questo è dunque il regnare del Verbo Eterno.

L'eterno regnare di Dio nel creato si realizza mediante il Verbo-Figlio.

La creazione è l'inizio del Regno di Dio. E' il Regno del Padre nel Figlio e mediante il Figlio.


4. Questo Regno ha la sua dimensione storica mediante il mistero della Redenzione.

La Redenzione è entrata nella storia dell'uomo insieme col peccato. E proprio per questo il Vangelo odierno ci conduce sul Golgota. Dio non si è tirato indietro dinanzi al peccato dell'uomo. Non ha allontanato dal mondo questo Regno che è iniziato insieme con la creazione nel suo Figlio.

Al contrario: ha riconfermato questo Regno nella croce di Cristo per riconciliare, per mezzo di lui, "a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce..., le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli" (cfr. Col 1,20).

Così dunque Cristo - Colui che è "generato prima di ogni creatura" dal "principio" - ha in questa creatura il "primato", cioè il regnare; e nello stesso tempo, come uomo, per mezzo della sua croce egli stesso "ottiene il primato su tutte le cose", ottiene il primato, cioè di regnare. L'ottiene nel mistero della Redenzione. Per mezzo della croce, diventa Cristo-Re. Per mezzo della croce, come "il Primogenito di coloro che risuscitano dai morti", diventa "il capo del corpo, cioè della Chiesa".

Dio eterno ha deciso che in lui, Verbo-Figlio, "abiti ogni pienezza". E mediante l'opera della Redenzione questa "pienezza" abito in Cristo e per mezzo della croce.

La Liturgia dell'odierna solennità ci fa vedere il Regno di Cristo - il Regno di Dio in Cristo - in queste due dimensioni: della realtà della Creazione e della realtà della Redenzione. In queste dimensioni la verità sul Regno di Cristo parla a noi dalla profondità della Parola di Dio.


5. Voi, cari fratelli e sorelle - che partecipate oggi alla Liturgia del giubileo straordinario dell'Anno della Redenzione - siete in modo particolare legati col mistero del Cristo-Re secondo la duplice dimensione. Ci dice, infatti, il Concilio Vaticano II che "i laici derivano il dovere e il diritto all'apostolato dalla loro stessa unione con Cristo capo. Inseriti nel Corpo Mistico di Cristo per mezzo del Battesimo, fortificati dalla virtù dello Spirito Santo per mezzo della Cresima, sono deputati dal Signore stesso all'apostolato". "Essi, dunque, - dice ancora il Concilio - svolgendo questa missione della Chiesa, esercitano il loro apostolato nella Chiesa e nel mondo, nell'ordine spirituale e in quello temporale: questi ordini, sebbene siano distinti, nell'unico disegno di Dio sono così legati, che Dio stesso intende ricapitolare in Cristo tutto il mondo per formare una nuova creatura: in modo iniziale in questa terra, in modo perfetto nell'ultimo giorno.

In ambedue gli ordini il laico, che è ad un tempo fedele e cittadino, deve continuamente farsi guidare dalla sola coscienza cristiana" (AA 3 AA 5).

Molti altri testi del Concilio ribadiscono questo fondamento di ogni apostolato cristiano nell'ordine laicale e temporale, sotto la guida di Cristo Re dell'universo e Capo della Chiesa. E' una verità derivante dalla stessa unità di Cristo-Verbo e Figlio dell'uomo, nostro Redentore, che prolunga la sua opera nella Chiesa e mediante la Chiesa.

E' anche l'esperienza storica del laicato nella Chiesa, che sempre, anche se in forme mutevoli secondo la diversità dei tempi e dei luoghi, ha adempiuto la sua missione secondo la duplice dimensione della regalità di Cristo, ma in unità di derivazione spirituale e a volte canonica dalla sorgente ecclesiale dove si attinge alla grazia e al potere del Re Crocifisso.


6. E infine la testimonianza che oggi date voi stessi in questa Basilica, cari fratelli e sorelle membri delle varie associazioni e movimenti ecclesiali, che pur lavorando in tanti campi e secondo denominazioni diverse, vi riconoscete sospinti dal medesimo Spirito e chiamati dall'unica Chiesa a impegnarvi per l'unico scopo, del quale il Concilio ha ridestato la coscienza anche nel laicato: l'attuazione del Regno di Cristo in tutto l'ordine della creazione e della storia, restaurato dalla Redenzione.

Quest'opera, in linguaggio cristiano, si chiama anche riconciliazione: finalità dell'Anno Giubilare sulla quale avete fissato i vostri pensieri particolarmente nei giorni che hanno preceduto questa vostra celebrazione giubilare.

Sono lieto che abbiate assunto questa finalità come un vostro impegno speciale, tra di voi e su tutta l'area dei rapporti ecclesiali e sociali. Su questa via sarete dei validi collaboratori nell'avvento del Regno di Cristo.


7. A voi quindi, che nella vostra cristiana vocazione e nel vostro impegno apostolico portate come un particolare sigillo dell'unione con Cristo-Re, mi rivolgo infine con le parole dell'Apostolo delle genti.

Fratelli "ringraziate il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. E' lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel Regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati" (Col 1,12-14).

Fratelli e sorelle! Per questo ringraziamo il Padre! E ringraziando, portiamo in noi questo Regno anche agli altri, al prossimo, a tutti; portiamolo come un tesoro inestimabile! Lo portiamo così, come l'ha portato in sé Cristo stesso, e poi i suoi Apostoli. Portiamolo in modo che questo Regno, con la potenza dello Spirito Santo, si diffonda nel mondo e si approfondisca.

Che si diffonda e si consolidi con la irradiazione della verità e dell'amore. Che mediante il servizio della nostra vita e della nostra condotta - anche malgrado tutto ciò che di meno favorevole sembra crescere al termine del secondo millennio - risuoni, come nell'odierna Liturgia quel grido di ringraziamento "Alleluja, Alleluja, Alleluja. "Benedetto colui che viene nel nome del Signore: benedetto il suo Regno che viene" (Mc 11,10). Alleluja.

Il Padre ci libera incessantemente dal potere delle tenebre e ci trasferisce nel Regno del suo Figlio diletto. Amen.

Data: 1983-11-20 Data estesa: Domenica 20 Novembre 1983

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maria è anticipazione del Regno escatologico di Cristo




1. Il Regno escatologico di Cristo e di Dio (cfr. Col 1,13) si compirà quando il Signore sarà tutto in tutti, dopo aver annientato il dominio di Satana, del peccato e della morte.

Il Regno di Dio è tuttavia già presente "in mistero" nella storia, e opera in coloro che lo accolgono. E' presente nella realtà della Chiesa, che è sacramento di salvezza e nel contempo mistero i cui confini sono noti solo alla misericordia del Padre, che tutti vuole salvare. La santità della Chiesa di quaggiù è prefigurazione della futura pienezza del Regno.

Le splendide espressioni della Lettera ai Colossesi a proposito di tale Regno si riferiscono a tutti i cristiani, ma in particolare a Maria, preservata totalmente dall oppressione del male: "E' lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre / e ci ha trasferiti / nel Regno del suo Figlio diletto". E' in Cristo che il Regno di Dio ha fatto irruzione nella storia, e quanti lo hanno accolto ne sono divenuti partecipi: "A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome" (Jn 1,12). Maria, madre di Cristo e discepola fedele della Parola, è entrata in pienezza nel Regno. Tutta la sua esistenza di creatura amata dal Signore ("kecharitoméne") e animata dallo Spirito, è testimonianza concreta e preludio delle realtà escatologiche.


2. La Vergine Maria, già segno e anticipazione dei beni futuri nella sua vita terrena, glorificata ora accanto a Cristo Signore, è immagine e compimento del Regno di Dio. Ella è la prima ad aver seguito Cristo "primogenito di molti fratelli", "principio della creazione nuova" e "capo della Chiesa" (cfr. Col 1,18-20). La prima che ne ha ereditato la gloria. La glorificazione di Maria, nostra sorella, è la più splendida conferma della parola della Scrittura: "Con Cristo (egli) ci ha risuscitati e ci ha fatti sedere nell'alto dei cieli" (Ep 2,6). Il suo ingresso nel Regno escatologico di Dio è pegno e garanzia della partecipazione di tutta la Chiesa, corpo di Cristo, alla gloria del suo Signore.


3. Domani, memoria liturgica della presentazione di Maria santissima, la Chiesa celebra la "Giornata pro orantibus", cioè la Giornata che ricorda le religiose di clausura sparse per il mondo. Esse - come afferma il Concilio Vaticano II - appartengono a quegli Istituti dediti interamente alla contemplazione, che si occupano solo di Dio nella solitudine e nel silenzio, in continua preghiera e intensa penitenza e conservano un posto eminente nel Corpo mistico di Cristo.

"Offrono infatti a Dio un eccellente sacrificio di lode e, producendo frutti abbondantissimi di santità, sono di onore e di esempio al Popolo di Dio, cui danno incremento con una misteriosa fecondità apostolica. In tal modo costituiscono una gloria per la Chiesa e una sorgente di grazie celesti" (cfr. PC 7).

Le suore di clausura - alle quali va oggi il mio e il vostro beneaugurante pensiero - pregano per noi! E' pertanto doveroso che tutti i membri della Chiesa rispondano a questa loro intensa e spirituale generosità con viva gratitudine, che si manifesti nella fervida orazione, nella sincera stima e nel concreto aiuto per le necessità, anche economiche, di queste nostre sorelle, che hanno esemplarmente e gioiosamente votato la loro vita al Signore! Oggi si celebra in Italia la "Giornata nazionale delle migrazioni" che quest'anno ha per tema: "Uniti nella diversità". Essa ci invita a riflettere sul drammatico problema di quanti sono costretti a lasciare la propria patria.

In questa giornata desidero rivolgere il mio affettuoso saluto agli oltre cinque milioni di italiani all'estero, ai più di 500 mila immigrati esteri in Italia, a quanti lavorano in questo campo di apostolato, assicurandoli che sono presenti nel mio cuore e che li ricordo nelle mie preghiere.

Auspico vivamente che il fenomeno della migrazione contribuisca a fare del mondo una sola famiglia di fratelli, pur nella diversità delle culture e delle razze, riconoscendo in Dio il Padre comune. A tutti la mia benedizione.

Rivolgo ora il mio affettuoso saluto alle associazioni e ai movimenti ecclesiali dei laici convenuti a Roma per celebrare il Giubileo della Redenzione.

Auspico di cuore che sappiano trarre da loro pellegrinaggio alla tomba di san Pietro nuova chiarezza nella loro specifica vocazione ad animare cristianamente le realtà di questo mondo, e nuovo vigore per vivere la loro responsabilità fortificati dalla grazia della penitenza e della riconciliazione.

A voi tutti, fratelli e sorelle del laicato cattolico, il mio caldo augurio perché il Signore vi assista in questi santi propositi. Vi accompagni la mia benedizione, che estendo ai vari gruppi presenti e a tutte le persone.

Data: 1983-11-20 Data estesa: Domenica 20 Novembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Ai missionari della Regalità di Cristo - Città del Vaticano (Roma)