GPII 1983 Insegnamenti - A giovani portoghesi - Castel Gandolfo (Roma)

A giovani portoghesi - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Rifiutate comunque la violenza, testimoniate la redenzione

Amati fratelli e cari giovani - ragazzi e ragazze - amici miei: Sia lodato nostro Signore Gesù Cristo.


1. Avete cantato: "La speranza è possibile!". Guardandovi, permettetemi il gioco di parole: la speranza è reale. La speranza siete voi! Mille grazie per la visita e per l'allegria che avete voluto dare al Papa che stava quasi "morendo di nostalgia" per il Portogallo e per la sua laboriosa gioventù. Mille grazie al mio fratello, Cardinale Antonio Ribeiro, Patriarca di Lisbona e ai Vescovi, vostri Pastori. E grazie alla giovane che ha interpretato il sentimento di tutti voi.

Siete i benvenuti, cari giovani del Patriarcato di Lisbona e del Portogallo.

Avrei nel cuore molte cose da dirvi; ma debbo accontentarmi di comunicarvene solamente alcune, dettatemi dall'amore in Cristo, con le quali desidero corrispondere alla vostra entusiastica giovane amicizia.


2. Come ricorderete, un giorno un giovane come voi si incontro con il Signore ed espose il proprio sogno ideale. E conoscete la risposta interpellatrice: se sei coerente con i tuoi impegni religiosi sei sulla retta via. E il ragazzo rispose: "Si, Signore, tutte queste cose le ho già osservate". Allora Gesù "fissatolo con amore" gli rivolse la proposta: se vuoi "essere ancora di più", libera il tuo cuore, "cercando un tesoro nel cielo". Poi, vieni e rischia (cfr. Mc 10,17ss).

In questo momento vorrei, faccia a faccia e cuore a cuore, avere con ciascuno di voi una conversazione analoga, sulla coerenza cristiana, sulla libertà del cuore - la libertà dei figli di Dio - e sulla decisione nel rischio. Il punto di riferimento sarebbe la Croce, segnata dal sangue redentore di Cristo resuscitato, fondamento della nostra fede e sfida al nostro amore. Sono sicuro che arriveremmo alla conclusione: "l'amore è possibile". Anzi: l'amore è reale; nella storia dell'uomo esso ha un nome e una forma: si chiama Gesù Cristo.


3. Venite da Lisbona, dal Portogallo: "vedo" nelle vostre mani una "fiaccola" splendente, lasciatavi dai vostri predecessori. In quest'epoca di cambiamenti profondi - quasi un terremoto rispetto alla storia scritta dai vostri antenati - siete voi che, raccogliendo i valori del passato, dovete continuare il cammino: la costruzione della società del domani. La speranza è reale: la speranza del Portogallo, del Papa, della Chiesa e del suo Fondatore Gesù Cristo, siete voi! E come possiamo fare? E' la domanda principale che siete venuti a formulare qui, assetati di ideale e pieni di volontà.

La risposta è sempre quella di Cristo, il grande Vivente, l'eternamente Giovane, il Risorto: se siete coerenti con il vostro cristianesimo, siete sulla retta via. Ma - direte - io vorrei essere "un poco di lievito capace di fermentare tutta la pasta" (cfr. 1Co 5,6); e pongo tanta resistenza e tanto rifiuto e posseggo un'indifferenza così profonda... "Ma cos'è che mi manca?" per dare alla mia fede l'efficacia apostolica, in un mondo secolarizzato, materialista e chiuso di fronte alla trascendenza? La "parola d'ordine", lasciatavi a Lisbona, vedendo in voi gli "alleati naturali di Cristo" per l'evangelizzazione, come ricorderete, era: "Assumere la missione come risposta al dono di Dio" che, in Cristo, ci ha chiamati alla salvezza. La fede cristiana è sempre una missione, ed è per questo che è difficile. Per conservare l'energia del "lievito" dobbiamo lasciarci afferrare da quella forza di verità e di amore che emana dalla Redenzione e plasma in noi l'"uomo nuovo", capace di trasformare il mondo (cfr. Omelia a Lisbona 14 maggio 1982, n. 7).

Non abbiate paura! Per affrontare realisticamente e fiduciosamente la sfida, che vi è proposta, di partecipare in modo attivo, come cristiani, alla vita sociale, prendete sempre la "forza" dallo Spirito Santo. Prendete coscienza di ciò nella preghiera, nel coraggio alla rinuncia e nello sforzo generoso alla fedeltà, alla pratica della carità e al lavoro onesto, santificato e santificatore. Siate sempre l'"uomo nuovo" in grazia di Dio, nella convivenza con i fratelli, uniti a voi da stabili legami di vita culturale e sociale: "l'amore è possibile!".


4. Varrebbe qui la pena di ripetere la puntualizzazione che facevo pochi giorni fa ai vostri coetanei dell'Inghilterra e del Galles sull'opposizione che vi fa il mondo - nel senso che a questa parola dà l'apostolo Giovanni - il quale vi giudicherà forse sognatori, ingenui, arretrati, poco chiari e persino reazionari.

Ma abbiate fiducia: Gesù Cristo, Redentore dell'uomo, ha vinto il mondo. E "l'amore è possibile!".

Non vi lasciate mai sedurre dalle dottrine e dalle ideologie in cui non vi è spazio per il "comandamento nuovo", per tutto quanto è genuinamente umano: dal diritto alla verità, sino alla libertà di seguirla. Cercate di formare in voi il senso critico cristiano, per saper discernere i controvalori culturali che certe ideologie cercano di imporre e per opporvi all'odio e alla violenza, a tutti i livelli, e sotto tutte le etichette. Le parole del Concilio Vaticano II sono voto e programma: "E' necessario promuovere incessantemente l'ordine sociale, basato sulla verità, costruito sulla giustizia e reso vivo dall'amore, cercando di conferirgli, con la libertà di tutti, un equilibrio sempre più umano" (GS 26).

L'opzione per Cristo, Cristo vero, non è opzione contro la realtà terrena, ma è grazia che conferirà ad essa un significato più completo, che aprirà gli occhi ai nostri fratelli, nell'unica famiglia umana. Senza aspettare che siano essi, illusi o disillusi, a porsi al nostro fianco, per le "strade di Emmaus" di questo mondo, dobbiamo essere noi cristiani a prendere l'iniziativa di camminare insieme a loro, di saper con loro convivere, sino a che si aprano loro gli occhi e possano incontrarsi con Cristo (cfr. Lc 24,13ss).


5. Riuscirete tanto più facilmente in ciò, quanto più avrete nella vostra coscienza di Chiesa, una e unica, la sottomissione allo Spirito che parla attraverso i Pastori della grande Comunità. E' qui il porto sicuro dove ancorare, nella preparazione e dopo il rischio, poiché a ciascuno di voi spetterà qualche volta di sentire la parola del Maestro che dice: "Prendi il largo" anche se contro l'"evidenza" umana che esso sia sforzo inutile (cfr. Lc 5,4).

Sembra che sia un'antica tentazione, ed è presente anche tra voi, quella di contrapporre mondo religioso a mondo profano, clero a laicato. A voi, amici miei, spetta rinnovare, alla luce del Concilio, la mentalità dell'ambiente, che avrà solo da guadagnare una matura, lucida e serena coscienza della Chiesa, un tradursi in "comunione" e corresponsabilità interne, un irradiare amore e fraternità nella vita sociale.

La scuola per la realizzazione di questo programma - animata da una catechesi e da una pastorale adeguate - può ben funzionare nelle associazioni, nei movimenti e nei gruppi ecclesiali che hanno avuto e continuano ad avere, anche nel vostro Paese, un grande sviluppo e un lodevole ruolo. Basterà ricordare l'Azione cattolica portoghese che celebrerà tra breve il suo cinquantenario. Alla vostra generosità e creatività spetta il compito di assecondare i desideri e le direttive dei Pastori, per concretizzare le mediazioni della vita ecclesiale nella quale si possa esprimere la vostra fede, la spiritualità laicale, la fiamma apostolica e lo spirito missionario.


6. Avete voluto esprimermi, tra le altre cose, l'anelito e il proposito di vivere pacificamente e l'aspirazione ad un mondo con maggior pace. E' desiderio degli uomini di buona volontà, come tutti noi vorremmo essere, che si smetta di pensare ai problemi della pace nelle categorie esclusivamente e prevalentemente politiche e strategiche. Decidere per la pace e cessare ogni tipo di guerra implica il problema del disarmo. Ed è tragico verificare che si discute continuamente per il non uso degli armamenti quando si producono nuove armi.

Nella Lettera che ho scritto sulla misericordia divina (nn. 11 e 14), ho voluto riprendere e attualizzare l'immagine della nostra generazione fornita dal Concilio; la nostra è una generazione segnata dall'inquietudine e dal timore che i mezzi inventati dall'uomo possano, in un determinato tipo di società, essere tragicamente usati contro l'uomo stesso. E senza voler ridurre o disconoscere i problemi mi appellavo alla misericordia, all'amore misericordioso, capace di plasmare le relazioni tra gli uomini, in uno spirito di totale rispetto per ciò che è umano e per la fratellanza reciproca.

Ma ciò presuppone il superamento di una logica che sembra esigere sempre maggiore e più agguerrita potenza bellica per difendere la pace; presuppone l'eliminazione delle possibili ostilità nelle diverse dimensioni della vita umana, per una conversione delle mentalità e dei cuori alla verità dell'uomo, alla luce della Redenzione di Cristo. E ciò non è accademico, né astratto, né semplice "pacifismo"; è giusta convinzione che deve diventare in ognuno di noi vita e impegno, presenti nella preghiera, nello studio e nella riflessione, in sintonia con la Chiesa, Madre e Maestra. "L'amore è possibile".

Ed è attraverso il cammino dell'amore, con l'anima illuminata dal sole della Pasqua, purificandovi e riprendendo costantemente vigore alle "fonti del Salvatore", per la riconciliazione, che sarete costruttori di pace.


7. Con la rinnovata certezza dell'affetto del successore di Pietro e con la sua benedizione, estesa alle vostre famiglie e a tutti i giovani del Portogallo, ci avviamo alla fine di questo incontro. Uniti in Cristo, cercando di rivestirci dei meriti della Redenzione, consci dell'eternità delle parole: "senza di me non potete far nulla", preghiamo come egli ci ha insegnato: Padre nostro.

E vi è ancora qualcuno che non possiamo dimenticare, oggi, giorno del suo compleanno: la Madre, la Vergine. Con voi, un pensiero rivolto a Fatima; e al suo Cuore verginale e materno, al Cuore Immacolato di Maria, che sotto la particolare azione dello Spirito Santo ha accompagnato tutta l'opera redentrice e continua a palpitare d'amore per tutti coloro che suo Figlio Gesù ha abbracciato e abbraccia continuamente, con amore inesauribile, di ogni popolo e Nazione, affidiamo i nostri propositi e la nostra preghiera per i giovani del mondo intero, pregando come figli: Ave Maria.

Data: 1983-09-08 Data estesa: Giovedi 8 Settembre 1983

A ex alunni del Pontificio seminario lombardo - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Stima per l'istituzione che prepara a compiti ministeriali

Cari fratelli, Rettore ed ex alunni del Pontificio seminario lombardo! Sono lieto di celebrare con voi questa Santa Messa nel giorno liturgico della Natività di Maria, professando un comune atto di fede, che è insieme, sull'esempio di lei, piena disponibilità alla grazia divina e generosa tensione verso una vita tutta votata al Signore.

So che siete venuti a Roma per celebrare l'Anno Santo della Redenzione, e io prego Iddio che siate ogni giorno instancabili portatori della Redenzione operata da Cristo agli uomini del nostro tempo, a misura delle loro necessità.

L'occasione mi è propizia anche per manifestare la mia stima per la provvida istituzione, che vi ha preparati ai vostri attuali compiti ministeriali e che vi accomuna in un profondo vincolo di fraternità. Le vostre diocesi devono molto della loro vitalità al vostro zelo e alla vostra intelligenza, così come l'intera Chiesa si sente debitrice nei confronti dell'indimenticabile Papa Paolo VI, che della vostra Associazione resta l'esponente più illustre e più venerato.

Continuate su questa strada luminosa, al servizio del Vangelo e per il progresso spirituale della Santa Chiesa di Dio. E io, che dedicai proprio al Seminario lombardo la mia prima visita ai Collegi romani, mentre confermo le mie speranze in voi riposte, vi assicuro del mio affetto, che ora si fa preghiera in questa liturgia eucaristica.

Data: 1983-09-08 Data estesa: Giovedi 8 Settembre 1983

A Vescovi statunitensi in visita "ad limina" - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Ruolo vitale del sacerdote come ministro dell'Eucaristia

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo.

Pochi giorni fa ho avuto la gioia di incontrarmi con un altro gruppo di Vescovi americani. In quell'occasione abbiamo riflettuto sull'Ufficio episcopale che, come la Chiesa stessa, è un mistero radicato in Gesù Cristo e nel suo amore redentore per l'umanità. Abbiamo riflettuto sulla vocazione del Vescovo ad essere segno vivente del Verbo Incarnato, segno vivente di Gesù Cristo. Oggi possiamo sottolineare ancor meglio il ruolo personale del Vescovo nell'insegnare, governare e santificare il Popolo di Dio; l'intera responsabilità particolare nella trasmissione del Vangelo, e l'eccezionale compito che ha come costruttore della comunità all'interno della Chiesa. Per l'amore e lo zelo con cui adempite al vostro particolare ministero nella Chiesa, io vi ringrazio in nome di Cristo nostro Signore.


1. Vi è inoltre un'altra grande realtà ecclesiale che completa la nostra considerazione dell'Episcopato, ed è l'unità del sacerdozio di Cristo, che condividiamo con i nostri fratelli sacerdoti. E' a loro che rivolgiamo oggi il nostro pensiero, ai nostri stimati e amati cooperatori, che partecipano con noi a un ministero e a una missione che viene da Cristo, che appartiene a Cristo e che conduce a Cristo.

E se il ruolo del Vescovo è unico, è anche unica la grande testimonianza nella Chiesa di un clero unito. Unica è anche la meravigliosa fraternità del presbiterio riunito intorno al Vescovo e che lavora con lui e sotto la sua guida, per costruire l'unità della Chiesa, ma che già esprime la sua unicità nella potente e dinamica unità della consacrazione e della missione sacerdotale. E' unica anche la profondità delle responsabilità condivise tra il Vescovo e i suoi sacerdoti. Per il Vescovo i sacerdoti sono fratelli, figli, amici, consiglieri e aiutanti necessari nel vasto compito di proclamare efficacemente Gesù Cristo e la salvezza nel suo nome. I sacerdoti svolgono questi ruoli non solo individualmente, ma i consigli dei sacerdoti assistono provvidenzialmente il Vescovo nel governo pastorale della diocesi, ed essi devono essere sostenuti secondo le norme del nuovo Codice di diritto canonico (cfr. CIC 495-502).


2. Volgendoci alla realtà del sacerdozio, dobbiamo accettare una speciale sfida personale e apostolica. Veniamo chiamati soprattutto a vivere il mistero del sacerdozio come validi esempi per i nostri fratelli sacerdoti. A questo proposito, la nostra celebrazione dell'Eucaristia dice molto ai nostri sacerdoti, così come al mondo intero, riguardo la nostra fede Eucaristica. Anche dopo anni in cui abbiamo sperimentato le gioie derivateci dalle molte attività apostoliche, possiamo gettare uno sguardo retrospettivo e dire che la nostra forza più grande e la più profonda fonte di gioia per i nostri cuori è stata la celebrazione quotidiana della Messa, a cominciare dai primi giorni della nostra ordinazione sacerdotale. E siamo sempre stati convinti che l'Eucaristia è il nostro più rilevante contributo alla Chiesa, il nostro maggior servizio sacerdotale al popolo, il significato più profondo di questa splendida vocazione che noi condividiamo con i nostri fratelli sacerdoti.


3. Proprio ieri, con la mia approvazione, la Sacra Congregazione per la dottrina della fede, in una Lettera ai Vescovi della Chiesa, ribadiva il ruolo vitale del sacerdote come ministro dell'Eucaristia. Solo il clero può fornire l'Eucaristia al popolo di Dio. E solo i sacerdoti hanno la stupenda possibilità di servire il popolo di Dio sostenendolo con il pane di vita. Già nel giorno della sua pubblicazione, questo documento della Santa Sede ha ricevuto il commento di sostegno di una Lettera pastorale di un vostro fratello Vescovo. Egli ha espresso tutta la comprensione della Chiesa per il sacerdozio in questi termini: "Il ministero sacerdotale ci richiede di fare molte cose: predicare la Parola di Dio, amministrare gli altri Sacramenti, incoraggiare, consolare, servire le necessità umane, servire la Chiesa nella sua amministrazione, che il Nuovo Testamento enumera tra i carismi, e fare varie altre cose in virtù della missione che riceviamo dalla Chiesa. Questo significa, naturalmente, che la missione del clero non consiste esclusivamente nella celebrazione dell'Eucaristia. E tuttavia, se riflettiamo attentamente sulla fede della Chiesa per quanto riguarda il legame essenziale tra il Sacramento degli Ordini Sacri e l'Eucaristia, ciò vuol dire che la celebrazione dell'Eucaristia sta alla radice di ciò che significa essere sacerdote. Significa che in un modo o nell'altro e in ultima analisi il sacerdote trova la sua identità in questo legame tra il suo Sacerdozio e l'Eucaristia" (Lettera Pastorale dell'Arcivescovo John Quinn, p. 4).

Allora, proprio perché ci sforziamo di vivere questo mistero del sacerdozio, abbiamo il dovere di lodare l'importanza del sacerdozio presso il popolo cristiano. Spiegando la relazione tra l'Eucaristia e il sacerdozio, proclamiamo infatti il mistero della vita della Chiesa.


4. Un altro aspetto dell'incarico apostolico a noi affidato è quello di confermare i nostri fratelli sacerdoti nella loro identità di ministri dell'Eucaristia, e perciò di ministri della Chiesa. Di fronte alla gente e di fronte ai sacerdoti, in momenti di tranquillità e in tempi di crisi, dobbiamo affermare le priorità del sacerdozio. Ogni fratello sacerdote deve essere con noi, secondo le parole di san Paolo: "servo di Cristo, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il Vangelo di Dio" (Rm 1,1). E' proprio in questo atto di "proclamazione" che affermiamo la nostra comune identità e confermiamo i nostri fratelli. Anche nei primissimi tempi della Chiesa, la scelta fatta dai Dodici fu molto chiara. Le priorità apostoliche del sacerdozio, come sono espresse negli Atti degli Apostoli, sono di "dedicarsi alla preghiera e al ministero della parola" (Ac 6,4).


5. Il Concilio Vaticano II non manco di sottolineare entrambi gli elementi per i sacerdoti di oggi. Per esempio, esso dichiara chiaramente: "Il ministero dei sacerdoti comincia con l'annuncio del Vangelo" (PO 2). Nello stesso tempo il Concilio mette in evidenza che il ministero della parola termina nell'Eucaristia, che è essa stessa "la fonte e il culmine di tutta l'evangelizzazione" (PO 5). Si, se leggiamo con attenzione i segni dei tempi nella loro attinenza al sacerdozio, possiamo discernere che l'Eucaristia determina il significato del sacerdozio e l'identità dei nostri sacerdoti. Il Concilio è chiaro e conciso. La sua testimonianza è molto importante per chiarire il significato del nostro sacerdozio, per fare luce sulle discussioni postconciliari e sulle riflessioni teologiche.

Ascoltiamolo tutti ancora, insieme con i nostri presbiteri. E' lo Spirito Santo che parla attraverso il Concilio e dice: "Nel mistero del Sacrificio Eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l'opera della nostra redenzione" (PO 13). E' di una chiarezza cristallina oggi e per il futuro: il sacerdozio è legato per sempre al Sacrificio dell'Eucaristia e all'attuazione della Redenzione. Ma l'Eucaristia è anche legata alla costruzione della comunità. Anche qui tutti i nostri sacerdoti possono compiere la loro vocazione divina e le loro aspirazioni umane. Attraverso i nostri sacerdoti, ogni comunità locale viene costruita nella fede e nella carità, e in un'apertura verso la Chiesa universale della quale è un'espressione in miniatura.


6. Nel Sacrificio dell'Eucaristia il sacerdote trova la fonte di tutta la sua carità pastorale (cfr. PO 14). La spiritualità di tutti i sacerdoti diocesani e di tutti i sacerdoti religiosi è legata all'Eucaristia. Qui essi traggono la forza per offrire le loro vite insieme a Gesù, Sommo Sacerdote e Vittima di salvezza. Attraverso il Sacrificio dell'Eucaristia, il celibato è confermato e rafforzato. Dalla sua Croce il Signore Gesù parla a tutti i suoi sacerdoti, invitandoli ad essere, con lui, segni di contraddizione per il mondo.

La contraddizione di Gesù è entrata nella tradizione apostolica: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo" (Rm 12,2).


7. In ogni epoca della Chiesa ci sono molte significative attuazioni del ministero sacerdotale. Ma dopo l'Eucaristia, che cosa potrebbe essere più importante del "ministero di riconciliazione" (1Co 5,18) esercitato nel sacramento della Penitenza? Esiste realizzazione umana più grande del toccare i cuori umani per potenza dello Spirito Santo e nel nome del misericordioso e compassionevole Redentore del mondo? Come i laici, i nostri sacerdoti devono sforzarsi di compiere ogni giorno molti e importanti servizi, ma solo essi possono perdonare i peccati nel nome del Signore Gesù. E col perdono dei peccati c'è nuova vita e speranza e gioia per il Popolo di Dio.

Nella fedeltà a Cristo, nella cui "persona" egli agisce, il sacerdote realizza la sua identità e la sua missione anche attraverso la Liturgia delle Ore, con diverse forme di preghiera, nella lettura della Parola di Dio e attraverso l'oblazione della sua volontà fatta in unione con Cristo. L'amore particolare del sacerdote sarà sempre per i malati e i morenti, per coloro che soffrono, e per coloro che peccano. Per ogni Vescovo e sacerdote c'è un solo ideale, colui che dice: "Io sono il buon pastore... e sacrifico la mia vita per il gregge" (Jn


10,14-15).

8. Alla luce di questo principio si chiariscono tanti altri aspetti del sacerdozio: viene proclamato il valore del celibato, non tanto come esigenza pratica, ma come espressione di un'offerta perfetta e una configurazione a Gesù Cristo. La comprensione della necessità per i sacerdoti di compiere, con pieno impegno umano e profonda compassione, quelle attività che solo un sacerdote ordinato può svolgere, conferma il giudizio del Sinodo dei Vescovi del 1971, per quanto riguarda l'esclusione generale dei sacerdoti dall'attività secolare e politica. E' più che mai necessario che "come regola generale il ministero sacerdotale debba essere un'occupazione a tempo pieno" (Seconda parte, 2,a).


9. Cari fratelli Vescovi, poiché tanto della vita della Chiesa dipende dal ministero sacerdotale, mobilitiamo il Popolo di Dio a pregare e lavorare per le vocazioni. E incoraggiamo i nostri fratelli sacerdoti a fare tutto il possibile per aiutare i giovani a rispondere alla chiamata di Gesù Cristo, costi quel che costi. Il Signore della messe non abbandonerà la sua Chiesa".


10. Prima di concludere, lasciate che vi ringrazi per lo zelo con il quale avete accolto e sostenuto il Programma di visita pastorale dei seminari, condotta dal Vescovo John Marshall, che si sta svolgendo ora in America. Lo si sta compiendo per mia autorizzazione ma in spirito di piena responsabilità collegiale. Per questa ragione vi invito ad aprire volentieri i vostri seminari a questa visita pastorale, e a fare tutto il possibile per il suo successo. Quello che è in gioco è l'efficace tirocinio delle presenti e future generazioni di sacerdoti, affinché essi siano in grado di trasmettere il messaggio di salvezza in tutta la sua purezza e integrità, secondo l'ordine di Cristo: "Insegnate loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,20).

Cari fratelli Vescovi, costruendo il sacerdozio di Gesù Cristo, uno dei nostri più grandi strumenti è l'amore fraterno: amore fraterno tra di noi e per i nostri sacerdoti. Ma quest'amore deve essere chiaramente manifestato, affinché i nostri sacerdoti conoscano, senza ombra di dubbio, la stima e la solidarietà che l'amore suscita in noi. Nel carattere dei nostri contatti giornalieri pastorali con loro, ripetiamo con convinzione in parole e opere: Per voi io sono un Vescovo, con voi sono un sacerdote.

Sia lodato Gesù Cristo, l'unico Sommo Sacerdote della nostra salvezza. E che sua Madre Maria sia Madre per noi tutti!

Data: 1983-09-09 Data estesa: Venerdi 9 Settembre 1983

Arrivo all'aeroporto di Schwechat - Vienna (Austria

Titolo: Dio benedica l'Austria perché sia cuore del Continente




1. Con gioia ed emozione metto oggi piede sul suolo d'Austria. Con tutto il cuore saluto tutte le alte personalità e gli ospiti che mi onorano qui con la loro presenza. Nello stesso tempo saluto tutti i cittadini di questo bel Paese, che già da molto tempo mi è noto e familiare.

Signor Presidente della Repubblica, la ringrazio sinceramente per le cordiali parole di benvenuto, che tanto gentilmente mi ha rivolto. Porgo il mio ringraziamento a lei e alla Conferenza episcopale austriaca per l'invito a questa visita che mi onora. Essa è dedicata a tutti gli uomini, a tutte le diocesi e a tutti i comuni dell'Austria, anche se il programma del mio viaggio è limitato a Vienna e Mariazell.

La mia partecipazione al "Katholikentag" austriaco, che per la Provvidenza del Signore posso festeggiare insieme a molti fratelli e sorelle nella fede di tutte le parti del Paese, dà a questa visita un carattere particolare.


2. La mia visita pastorale in occasione del "Karholikentag" deve dimostrare con particolare chiarezza quanto mi senta unito ai fedeli e a coloro che pregano, i quali, nel mondo di oggi, carico di problemi, vivono la speranza e vogliono dare la speranza. Si tratta qui dello stesso impegno fondamentale, che è anche quello della solennità del Giubileo della Redenzione. Si tratta di quella speranza cristiana che supera ogni rassegnazione umana e ogni sentirsi perduti e senza via d'uscita, che viene da un cuore redento e che ha nella Croce di Gesù Cristo la sua sorgente inesauribile.

L'Austria, il cui popolo in gran maggioranza professa la fede cristiana e che come Stato si è impegnato alla neutralità attiva, non è soltanto portatrice di una grande tradizione storica, ma ha anche molto da offrire all'Europa e al mondo nel momento presente e in futuro. "Sei nel centro del Continente, come un cuore forte" dice così giustamente il vostro Inno nazionale. Insieme ai cittadini d'Austria io spero e prego che questo cuore palpiti sempre sano e pieno di speranza. E' mio desiderio profondo che dall'intensa preparazione e dalla solennità del "Katholikentag" scaturiscano impulsi per una nuova coscienza cristiana nella Chiesa e nella società che avranno conseguenze fruttuose per il bene di tutti.


3. Mi sembra una circostanza fortunata della mia visita pastorale in Austria, il fatto che essa inizi con un Vespro europeo che è nel segno della Croce e del Magnificat e che termini nel Santuario della "Magna Mater Austriae". A Cristo crocifisso, in cui solo c'è speranza e salvezza, e a sua Madre, che è la Madre di tutti, io raccomando i giorni successivi del mio incontro con il popolo e la Chiesa d'Austria; altrettanto dicasi per la nostra comune commemorazione dell'evento storico del 1683, che non deve essere né considerato come un semplice ricordo, né tanto meno essere contrassegnato da trionfalismo. Ci deve essere piuttosto un impegno e un obbligo di trarre lezione dalla storia e di realizzarla nello spirito della nostra fede per un comune futuro dell'umanità più ricco di speranze.

Per questo il mio ringraziamento è rivolto a lei, illustre signor Presidente, a lei, caro signor Cardinale, con la mia gioia di essere nel vostro Paese e la gioia anticipata per i prossimi giorni di comunione in fede, speranza e preghiera. A tutti gli uomini di questo Paese dico con tutto il cuore: Dio benedica e protegga la vostra amata Austria!

Data: 1983-09-10 Data estesa: Sabato 10 Settembre 1983

Celebrazione dei Vespri nella Heldenplatz - Vienna (Austria

Titolo: Un'Europa unita dalla fede in Cristo




1. La pace sia con voi! Pace a questa città! A questa Austria! E a tutti i Paesi confinanti a Nord, Est, Sud e Ovest! A voi cattolici austriaci, convenuti in occasione di questo "Katholikentag" da tutte le diocesi, dalle parrocchie, dalle grandi e piccole comunità, un augurio di pace e un particolare saluto. Pace a tutti coloro che sono venuti qui da altri Paesi o che stanno partecipando a questo solenne Vespro attraverso la radio e la televisione! Pace a tutti i cristiani, a tutte le Chiese cristiane! Pace anche a tutti gli uomini che credono in un Dio e affidano a lui umilmente il loro destino! A tutti voi porgo questo saluto di pace nel nome di Gesù Cristo, sotto la cui Croce siamo oggi qui riuniti. La vera pace proviene dal cuore aperto di colui che - innalzato sulla Croce - richiama tutti a sé. Da oggi il suo simbolo sarà elevato qui a Vienna, luogo importante e ricco di storia, come speranza e ammonimento ai cristiani, come ricordo dell'Anno di Salvezza, dell'anno del Giubileo della Redenzione, di un "Katholikentag", che deve essere per la storia di questo Paese un giorno di speranza cristiana.

Sotto questo segno della Croce mettiamo l'Austria e l'Europa. Poiché solo nella Croce c'è speranza! Con essa la vita ha vinto la morte. La Croce è simbolo dell'amore di Dio verso noi uomini, un amore che riconcilia, che supera dolore e morte, e che è promessa di fraternità per tutti gli uomini e i popoli, divina sorgente di forza, per l'inizio di un rinnovamento di tutta la Creazione.


2. Oggi, questa solenne festa d'Europa in occasione del "Katholikentag" austriaco, attira il nostro sguardo oltre ogni confine naturale, nazionale e artificiale su tutta l'Europa, su tutti i popoli di questo Continente con il loro passato comune, dall'Atlantico agli Urali, dal Mar del Nord al Mediterraneo. L'Austria, situata nel cuore dell'Europa, ha in particolar modo condiviso e contribuito ai suoi destini. Ha mostrato in modo esemplare come una varietà di popoli possa convivere in uno spazio ristretto, non senza problemi, in modo creativo, trovando nella molteplicità un'unità: sul territorio di questa piccola Austria odierna, caratteristiche tipiche di Celti e Romani, di Germani e Slavi sono profondamente incise e vive nella popolazione. In questo l'Austria è uno specchio e un modello per l'Europa.

Ciò che ha portato il Continente europeo all'unità nella varietà è stata soprattutto la diffusione di un'unica fede cristiana. Le vie dei missionari e dei pellegrini cristiani hanno pacificamente collegato Paesi e popoli dell'Europa, anche in questo l'Austria è un esempio importante. All'evangelizzazione del vostro Paese ha contribuito san Severino, un romano, il cui giubileo avete da poco festeggiato, insieme ad altri missionari provenienti da diversi Paesi europei. Il vostro Paese non ha soltanto ricevuto aiuto da missionari, ma spesso lo ha anche dato ad altri popoli. Tra molti altri ricordiamo ad esempio, per un'occasione attuale, la fondatrice delle Orsoline Grigie, Sorella Maria Julia Ledochowska.

Nata a Loosdorf presso Melk, ha operato in modo così benefico in Polonia, che a giugno di quest'anno, durante il mio viaggio nella Patria polacca, poté essere beatificata.

Alle vie unificanti dei portatori di fede si aggiungono le vie dei pellegrini. Pellegrinaggi a Roma, al sepolcro di san Pietro, a Santiago di Compostela sulle orme di san Giacomo, ai luoghi dove altri santi hanno agito o sono sepolti, e ai grandi santuari mariani, non hanno soltanto curato in tutta l'Europa il pio ricordo della Madre del Signore, degli Apostoli e dei santi, ma hanno anche promosso la reciproca intesa tra popoli e Nazioni così diversi.

In questo modo hanno anche contributo a creare l'identità dell'Europa. E proprio a Mariazell, nel vostro Paese, da secoli sono venuti in pellegrinaggio cristiani da tutta l'Europa, e anche molti dai Paesi slavi. Io stesso, polacco e romano, son ben felice in questi giorni di venire a Mariazell come pellegrino.

L'unità culturale del Continente europeo, che continua nonostante tutte le crisi e le scissioni, non è comprensibile senza il contenuto del messaggio cristiano. Questa unità, fusa in maniera meravigliosa con lo spirito antico, costituisce una comune eredità, alla quale l'Europa deve la sua ricchezza e la sua forza, il fiorente sviluppo dell'arte e della scienza, della formazione culturale e della ricerca, della filosofia e della cultura dello spirito. Nell'ambito di questa eredità spirituale cristiana, l'immagine cristiana dell'uomo ha particolarmente determinato la cultura europea. La convinzione della somiglianza dell'uomo a Dio e della sua Redenzione attraverso Gesù Cristo, il figlio dell'uomo, ha dato un fondamento storico-religioso alla considerazione e alla dignità della persona, e al rispetto della sua esigenza di un libero sviluppo nella solidarietà umana. In questo modo è stata una conseguenza logica che la formulazione e la proclamazione dei diritti umani in genere provenissero dall'Occidente.

Questa Europa unita e formata dalla fede in Cristo, mettiamo nuovamente sotto il segno della Croce; poiché "nella Croce c'è speranza".


3. Nessuno può chiudere gli occhi davanti al fatto - e chi non ne è profondamente colpito? - che la comune storia europea non abbia avuto soltanto momenti luminosi, ma anche momenti scuri, terribili, i quali sono inconciliabili con lo spirito dell'idea dell'umanità e del lieto messaggio di Gesù Cristo. Troppo spesso Stati e partiti, con odio e crudeltà, hanno provocato guerre. Troppo spesso uomini sono stati privati della loro patria; sono stati espulsi o costretti a fuggire per miseria, discriminazione e persecuzione. Milioni di uomini sono stati assassinati a causa della loro razza, Nazione, e per le loro idee, o, semplicemente, perché scomodi ad altri. E' deprimente vedere che anche fedeli cristiani facevano parte di quanti opprimevano e perseguitavano il loro prossimo. Se da un lato noi possiamo vantarci del nostro Signore Gesù Cristo e del suo messaggio, dall'altro dobbiamo confessare, e chiedere perdono, per le molte colpe di cui noi cristiani ci siamo macchiati, in pensieri, parole e opere, e attraverso l'inerme indifferenza di fronte all'ingiustizia.

Non soltanto nella vita statale e politica la storia dell'Europa è caratterizzata dalla discordia. Scissioni religiose hanno tracciato limiti e confini anche nell'unica Chiesa di Gesù Cristo. Insieme poi a interessi politici e a problemi sociali sono avvenute lotte agguerrite, oppressioni, costrizioni ed espulsioni di coloro che professavano una diversa fede. Come eredi dei nostri padri noi portiamo sotto la Croce anche questa Europa carica di colpe. Poiché in essa c'è speranza.


4. L'Austria di oggi - purtroppo non tutta l'Europa! - è libera dal dominio straniero e dalla violenza della guerra, libera da una immediata minaccia esterna, priva di gravi conflitti interni. Quale differenza positiva e memorabile nei confronti di alcune epoche precedenti e in particolare dell'anno 1683. Questo anno è una data importante, non solo per la storia austriaca, ma anche per quella europea, motivo valido di riflessione e di ricordo a cui siamo grati.

A tutti noi è noto che 300 anni orsono le truppe dell'Impero ottomano cinsero d'assedio questa città, come già nel 1529, con grande superiorità di forze. Il percorso di queste armate era segnato dal terrore degli incendi, delle stragi e delle deportazioni; indicibili erano la miseria, i lamenti, la sofferenza, ammirevole il coraggio dei difensori di Vienna. Prendevano forza dalla loro fede, dalla preghiera e dalla convinzione di combattere non solo per il loro Paese, ma anche per l'Europa e per il cristianesimo. Al Papa spetta il compito di ricordare che il suo predecessore di allora, il beato Innocenzo XI, appoggio efficacemente l'Austria e i suoi alleati con sovvenzioni, con aiuti diplomatici e con un appello alla preghiera rivolto alla cristianità. Anche al Papa polacco sia concesso di parlare con particolare commozione del re polacco Jan Sobieski alla guida delle truppe di soccorso alleate che liberarono Vienna, in un momento in cui gli eroici difensori della città, ormai soltanto con le loro ultime forze, potevano evitare l'occupazione.

E' giusto ricordare con ammirazione i difensori e i liberatori di Vienna che hanno opposto resistenza all'attacco con una collaborazione esemplare. Ci sono stati tramandati appelli di predicatori che cercavano di spingere gli uomini di quel tempo non solo all'audacia, ma soprattutto ad un ritorno al cristianesimo. La storia ci impone di interpretare gli eventi di allora con lo spirito dell'epoca e non semplicemente di misurarli al nostro presente. Essa impone di evitare una condanna e un'esaltazione unilaterale. Noi sappiamo che orribili crudeltà venivano inflitte non solo dall'esercito osmanico, ma anche dall'armata dell'imperatore e dei suoi alleati. Per quanto possiamo essere contenti del successo nella difesa dell'Occidente cristiano, dobbiamo prendere coscienza con vergogna del fatto che la solidarietà cristiana allora non era né spontanea né europea.

Noi siamo soprattutto consapevoli del fatto che la lingua delle armi non è la lingua di Gesù Cristo e neppure la lingua di sua Madre, alla quale allora come oggi ci si appella come "aiuto dei cristiani". Ci sono casi in cui la lotta armata è un realtà inevitabile a cui in circostanze tragiche non possono sottrarsi neanche i cristiani. Ma anche in questo caso è vincolante l'imperativo cristiano dell'amore per il nemico, della misericordia: colui che è morto sulla Croce per i suoi carnefici trasforma ogni mio nemico in un fratello, cui spetta il mio amore, anche se mi difendo dal suo attacco.

Così questo Giubileo non sia il festeggiamento di una vittoria bellica bensi il festeggiamento di una pace donataci oggi in contrasto, annunciato con gratitudine, con un avvenimento che era legato a una così grande sofferenza.

Dobbiamo dimostrarci degni della libertà che allora è stata difesa con così grande impegno.


5. L'Austria si sforza oggi, come in passato, di far fronte alla sua particolare responsabilità e compito nel cuore dell'Europa. Il vostro Paese si impegna con efficacia per la pace e per la comunicazione tra i popoli, per la giustizia sociale, per il rispetto e la rivendicazione dei diritti umani su scala nazionale e internazionale. Voi stessi avete accolto migliaia di profughi e rifugiati; ospiti da tutti i Paesi del mondo vengono nel vostro Paese e trovano accoglienza e riposo. Voi non avete soltanto ricevuto un aiuto efficace in tempi difficili da generosi soccorritori ma avete a vostra volta soccorso altri Paesi tra i quali la mia Patria polacca. Il riconoscimento della solidarietà europea non vi fa chiudere gli occhi davanti alla miseria e alle necessità di aiuto dei territori extraeuropei. Con gratitudine penso al vostro contributo per lo sviluppo, e all'impegno personale di tanti missionari, suore e assistenti. Il vostro Paese ha - per la sua particolare posizione e la sua eredità storica - un ruolo importante soprattutto per la creazione di un'Europa più stabile e più umana e per la riduzione delle tensioni internazionali. Questi sforzi meritano elogi e incoraggiamento. Essi richiedono pero allo stesso tempo di fronte alle continue gravi difficoltà all'interno della comunità dei popoli un impegno sempre maggiore.

La Chiesa cattolica è in questo caso, nell'ambito della sua missione, un alleato sempre generoso e solidale.

Il testamento dell'avvenimento decisivo del 1683 lasciato alle Chiese cristiane, contiene soprattutto l'esigenza della pace religiosa: la pace tra gli eredi di Abramo e l'unità tra i fratelli di Gesù Cristo. I seguaci di Maometto che allora erano accampati come nemici davanti alle porte della vostra capitale, vivono oggi in mezzo a voi e non di rado ci sono di esempio nella loro adorazione fedele all'unico Dio. La comunità ebraica che allora conviveva fruttuosamente con i popoli d'Europa e che adesso è così tragicamente decimata ci ammonisce proprio per questo di cogliere ogni possibilità di avvicinamento umano e spirituale, di presentarci insieme a Dio e di servire gli uomini attraverso di lui. La frattura tra i cristiani, nel 1683 che ebbe effetti tragici persino nella politica, è oggi spunto e richiamo ad una comunità consapevole nell'incontro, nella preghiera e nel diaconato.


6. Cari fratelli e sorelle! Come ho sottolineato nel mio messaggio televisivo nel giugno dell'anno scorso, l'impegno fecondo del cristianesimo per la difesa dell'Occidente nell'anno 1683 e la commemorazione di oggi nel corso del "Katholikentag" austriaco dovrebbero richiamare soprattutto "i cristiani di oggi alla loro comune responsabilità per l'Europa e infondere loro nuovo coraggio per un impegno di sacrificio per la pace e la giustizia, per i diritti umani e la solidarietà tra i popoli". In quella stessa occasione ho espresso la mia speranza che dal vostro Katholikentag "scaturisse una riflessione cristiana sulle comuni e profonde radici spirituali della vostra Patria e di tutta l'Europa". Ognuno di voi è chiamato a portare il suo contributo personale nel luogo ove si trova e secondo le sue possibilità. Noi cristiani abbiamo il compito che ci viene dalla profondità della nostra fede e dall'impegno solidale per il bene degli uomini e della società, di testimoniare in modo efficace che solo nella Croce sta la vera speranza: per il singolo, per il proprio Paese, per l'Europa e per tutta l'umanità.

Voi cristiani in Austria e in tutti gli altri Paesi del Continente! Date testimonianza delle profonde radici cristiane nei valori umani e culturali, che sono sacri a voi - e a tutta l'Europa -, che hanno dato un'impronta così decisiva al passato e che sono una garanzia per il futuro. Mostratevi degni di quei fratelli nella fede che anche oggi devono subire persecuzioni per la loro convinzione religiosa e per il loro modo di vivere il cristianesimo, e che devono fare grandi sacrifici. Abbiate il coraggio e la forza - che vi vengono dalla nostra responsabilità cristiana - di impegnarvi anche nella politica e nella vita pubblica per il bene dell'uomo e della società nel vostro Paese e oltre le frontiere.

Nella Croce sta la speranza di un rinnovamento cristiano dell'Europa, ma solo se i cristiani stessi prendono sul serio il messaggio della Croce. Croce vuol dire: dare la vita per il fratello per salvare, con la sua, la nostra vita. Croce vuol dire: l'amore è più forte dell'odio e della vendetta: dare dà gioia più che ricevere. Impegnarsi è più efficace che chiedere.

Croce vuol dire: non c'è naufragio senza speranza, non esiste buio senza stella. Nessuna tempesta è senza porto sicuro. Croce vuol dire: l'amore non conosce limiti: inizia col tuo prossimo ma non dimenticare chi è lontano. Croce vuol dire: Dio è sempre più grande di noi uomini, è la salvezza anche nel più grande fallimento. La vita è sempre più forte della morte.

Come seguaci di Cristo, cari fratelli e sorelle, voi siete chiamati a dare una risposta liberatoria e una speranza agli uomini di oggi che vivono fra molteplici minacce e turbamenti, con la forza che vi deriva dalla Croce di Cristo, con la vostra parola piena di speranza e con l'esempio cristiano di vita.

E curate soprattutto la preghiera. Pregate come hanno fatto i cristiani nella sofferenza del 1683. Pregate, come è stato fatto nel vostro Paese da decenni in modo esemplare nel "Rosenkranz-Sühnenkreuzzug um den Frieden der Welt".

Raccoglietevi con me in quest'ora sotto il segno della Croce, che oggi abbiamo innalzato in questa piazza per quella vera crociata dell'impegno cristiano e della preghiera. Come allora il beato Papa Innocenzo XI chiamava i popoli minacciati alla Santa alleanza, così oggi il suo successore al soglio di Pietro si appella alle vostre coscienze: la battaglia spirituale per una sopravvivenza in pace e libertà richiede lo stesso impegno e coraggio eroico, la stessa disponibilità al sacrificio, la stessa forza di resistenza con la quale i nostri Padri salvarono allora Vienna e l'Europa! Prendiamo questa decisione e affidiamola al simbolo della Croce di Cristo, del Signore di tutta la storia poiché nella sua Croce c'è veramente speranza e salvezza! "Noi ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, e ti lodiamo, perché attraverso la tua Santa Croce tu hai salvato il mondo". Amen.

Data: 1983-09-10 Data estesa: Sabato 10 Settembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - A giovani portoghesi - Castel Gandolfo (Roma)