GPII 1983 Insegnamenti - Ai giovani, nello stadio del Prater - Vienna (Austria

Ai giovani, nello stadio del Prater - Vienna (Austria

Titolo: Cristo vi chiama a testimoniarlo nella Chiesa e nel mondo

Cari giovani amici! Fratelli e sorelle!


1. Questa sera sono vostro! Siete giunti qui da ogni parte dell'Austria e avete portato con voi anche amici di Paesi vicini. Molti di voi hanno già un lavoro.

Altri frequentano la scuola oppure l'università. Avete in comune questo meraviglioso Paese nel cuore dell'Europa. Avete in comune anche la fede in Gesù Cristo o perlomeno la ricerca di lui. Per tale motivo il nostro incontro di questa sera ha per tema "Gesù Cristo - la nostra via".

Quando osservo voi e i giovani di altri Paesi mi sento riempito di un grande affetto e una grande speranza. Il destino del vostro Paese, per una gran parte del prossimo millennio, è riposto anche nelle vostre mani. E anche il destino della fede in Austria e nei Paesi vicini viene in parte determinato da voi. Dalle vostre domande e dalle vostre indicazioni, con cui spesso criticate l'opera dei responsabili dello Stato e della Chiesa, io riconosco la vostra disponibilità ad affrontare i problemi posti dalla situazione attuale. Questi ultimi sono incredibilmente gravi ed esigono il vostro totale impegno.

Voi stessi l'avete appena espresso in modo efficace e serio: il mondo e il tempo in cui oggi viviamo sono per voi una grande sfida. Siete colpiti dalla miseria e dalla fame in vaste regioni della terra e da tanta ingiustizia. Vi mettete in guardia di fronte al pericolo mortale dei giganteschi arsenali di armi e di fronte alla minaccia di una guerra atomica. Vi preoccupate per l'ambiente.

Sapete che molte persone, soprattutto giovani, sono minacciate dalla disoccupazione o già adesso sono senza lavoro. Molti uomini in altri Paesi vengono repressi intellettualmente e non possono professare in piena libertà la propria fede. Tutto ciò crea qui e là la sensazione che la vita non abbia più un futuro e un senso. In una simile situazione alcuni sfuggono le responsabilità: con piaceri effimeri, con il mondo fittizio dell'alcool e della droga, con rapporti sessuali non vincolanti, con l'indifferenza, il cinismo o anche con la violenza. Per alcuni la fuga nella morte diventa apparentemente l'ultima soluzione.


2. Ma la mezzanotte è, come qualcuno ha detto, nello stesso tempo già l'inizio del giorno. Le difficoltà del nostro tempo risvegliano in molti uomini, soprattutto nei giovani, anche i sogni più audaci, le migliori forze dello spirito, del cuore, delle mani. Si risveglia la disponibilità a dividere e ad impegnare la propria vita senza alcun calcolo.

Dappertutto nel mondo gli uomini hanno iniziato a porre a se stessi e agli altri la domanda: Cosa posso fare? Cosa possiamo fare? Dove conduce la nostra strada? Sono soprattutto i giovani a porsi queste domande. Desiderano dare il loro contributo per guarire una società in gran parte stanca e malata. In questo modo essi danno alla propria vita e a quella dei loro amici un senso nuovo. Questo senso per molti di loro ha già un nome: il nome di Gesù Cristo. Essi hanno trovato Gesù. Egli è diventato la loro nuova speranza. Altri giovani invece cercano Gesù.

Mostrate loro la via che porta a lui.

Siete giunti per strade diverse a piedi in questo stadio. Queste diverse strade che avete percorso confluivano tutte verso la croce, che alcuni di voi, in rappresentanza degli altri, hanno posto sul terreno, hanno disegnato per terra nel centro dello stadio. E' una croce fatta di fiori, una croce che fiorisce. E' il segno vincente di Gesù, che è morto crocifisso e allo stesso tempo è risorto. Un segno della fede nella Pasqua contro tutto ciò che vi potrebbe paralizzare.

Le vostre strade e questa croce in mezzo a noi ci indicano Gesù Cristo, che ha detto di se stesso: "Io sono la via" (Jn 14,6). Quasi duemila anni fa egli ha chiamato a sé i giovani come voi. Essi hanno abbandonato le barche e le reti e sono diventati suoi seguaci. Pescatori e pubblicani divennero apostoli. Gesù chiama anche oggi. Egli vi chiama! Egli vi mostra la via per mezzo dei Vangeli, che parlano dei suoi rapporti con gli uomini.


3. Ci colpisce subito la grande tenerezza e il grande affetto con cui egli si rivolge agli uomini: come benedice i bambini e come dà confidenza ai peccatori durante il banchetto; come si preoccupa dei suoi seguaci e come li guida passo per passo verso il piano di vita; come condivide il dolore della vedova di Naim, come ascolta il mendicante cieco che grida ai bordi della strada, e come parla con la donna presso la fontana. Ogni pagina del Vangelo ci parla dell'infinita carità di Colui, che "camminava per il mondo facendo opere di bene...".

Oltre agli uomini, Gesù si dimostra profondamente legato a tutta la creazione: egli osserva come la semente cresce sul campo arato e come l'albero del fico dà i suoi frutti. Bada al vento e alle nuvole. Il granello di senape e la vigna, i lillà e i passeri diventano la parabola per il Regno di Dio, che egli annuncia. Certamente non bisogna meravigliarsi che i giovani di oggi si rivolgano nuovamente a Gesù: voi infatti vi preoccupate in modo particolare che l'uomo e la natura vengano considerati nella loro giusta dignità e nel loro giusto valore.

E' chiaro che Gesù incarna di più che qualche ideale dell'uomo moderno.

Egli dimostra che la natura e l'uomo hanno un senso profondo: la terra e la creazione di Dio; in essa opera incessantemente Dio, il Padre Eterno. così attraverso tutto il creato si può vedere fino a Dio: attraverso i grandi avvenimenti come attraverso le cose apparentemente insignificanti, alle quali spesso non si presta attenzione. I Vangeli testimoniano quindi che la forza, che condiziona Gesù e tutta la sua vita, è il suo legame d'amore con Dio Padre.

Questo messaggio di Gesù sulla continua presenza di Dio in mezzo a tale creazione dovrebbe essere per noi una fonte di fiducia: Dio ci conosce. Egli ci conosce meglio di noi stessi. Egli ci ama anche se spesso quest'amore è celato.

Egli è un Dio che ci dà un futuro. Egli non è un Dio dei morti bensi un Dio che è vivo e che dona la vita. In lui possiamo avere fiducia, in lui possiamo mettere radici. Anche quando sbagliamo, siamo sempre nelle mani di Dio. Questo ci ha insegnato Gesù durante i 33 anni del suo pellegrinaggio in mezzo agli uomini.

Questo egli ha inteso, quando ha detto "Io sono la via".

Il messaggio di Gesù è allo stesso tempo una richiesta. Dall'affetto e dalla fiducia in lui deve scaturire, come conseguenza, una risposta. I sentimenti da soli non sono sufficienti: dobbiamo essere pronti a orientare tutta la nostra volontà e il nostro agire verso di lui. In ciò il Signore non lascia alcun dubbio: "Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama" (Jn 14,21).

Forse ora vorrete chiedere: Cosa vuole il Signore? Come possiamo realizzare la sua volontà? "Tu conosci i comandamenti", risponde lo stesso Gesù nel Vangelo al giovane che gli pone questa domanda. "Voi conoscete i comandamenti"! Prendeteli sul serio! Essi vi indicano la via.


4. Cari giovani amici! Su questa via Cristo vi ha chiamati. E come con i seguaci di Emmaus egli cammina insieme a voi sulla vostra via incontro agli uomini, nel lavoro, nella società.

Voi andate incontro agli uomini. Molti di loro vi sono ancora sconosciuti. Uno diventerà forse il compagno della vostra vita, decisivo per voi come per i bambini di cui sarete genitori. Come vi incontrerete? Come imparerete quell'amore che supera anche le delusioni? Come imparerete quella vera realizzazione di se stessi, che conosce non solo l'io, ma anche il tu e il noi? Gesù ha detto: "Venite e imparate da me!".

Voi andate incontro anche a un lavoro e di cuore auguro che tutti trovino di fatto un lavoro. Per molti non sarà il lavoro che hanno sognato, bensi molto semplicemente un posto di lavoro, dove pero è richiesto ugualmente tutto il vostro impegno. Lavorate in modo leale, siate buoni colleghi. E quando è il caso, siate pronti ad assumervi responsabilità particolari. Non abbiate alcuna paura a dichiararvi cristiani nel vostro ambiente. Questo credo vi procura una profonda gioia, anche se qualche volta non verrete capiti o verrete addirittura derisi.

Voi andate incontro infine anche ad una società futura. Voi desiderate che essa sia migliore di quella attuale. Il vostro desiderio è giustificato.

Sarebbe pero ingiusto non ringraziare coloro che a suo tempo hanno già fatto molto per voi. Sarebbe ingiusto, guardando indietro e col senno di poi, valutare in modo restrittivo tutti gli avvenimenti. Come cristiani crediamo pero anche nella possibilità di un ulteriore sviluppo verso il miglioramento. Ciò naturalmente presuppone spesso un profondo ripensamento e cambiamento.

Voi volete una società con più sincerità, giustizia e misericordia. Voi volete una società con più senso di responsabilità nei confronti dell'uomo e dell'ambiente, con più tolleranza e soprattutto con più pace. Iniziate voi ad essere più sinceri e giusti, più misericordiosi e impegnati per la pace, la pace che ci si può aspettare dagli altri solo se la viviamo noi stessi.

Voi andate incontro ad una società, alla cui formazione dovete collaborare. La prossima generazione vi porrà la stessa domanda che voi oggi ponete ai più anziani: che ne avete fatto della vostra vita e del mondo?


5. Anche voi, cari amici, darete l'impronta alla storia futura della Chiesa. Io sono convinto che non volete una Chiesa che limiti le richieste di Gesù o che svenda i tesori della fede. Voi volete una Chiesa che parli chiaramente e che viva in modo credibile. Senza abbandonarsi allo spirito del tempo, essa deve trasmettere speranza agli uomini di oggi. Essa fa ciò tenendo viva negli uomini la convinzione che la salvezza delle strutture dipende dalla salvezza dei cuori; aspettando la salvezza non soltanto grazie ai nostri sforzi personali, bensi soprattutto come un dono di Dio; annunciando Dio come il nostro compimento definitivo e togliendoci la paura di perdere la fortuna, se non ce la procuriamo prontamente da noi stessi; vivendo con serena semplicità, perché vede in Dio la sua vera ricchezza.

Gesù oggi dice ad ognuno di voi, ciò che una volta ha detto a san Francesco d'Assisi: Tu devi ricostruire la mia casa, la Chiesa. Molti sognano una Chiesa diversa, del tutto nuova. Cristo tuttavia vi incita a profondere il vostro impegno per la Chiesa attuale: questa dovete "ricostruire", questa dev'essere rinnovata.

Già da oggi potete iniziare a dare il vostro contributo alla costruzione della Chiesa di domani: una Chiesa che non conosce la separazione, né quella delle confessioni né quella delle generazioni; una Chiesa che offre a molti una patria e che tuttavia rende palese il fatto che questo mondo non è la nostra dimora definitiva.

In questa Chiesa tutti voi avete un posto e un compito. Voi costruite questa Chiesa in qualità di giovani cristiani, di futuri padri e madri, di uomini credenti in molte professioni e ambiti di vita.

Tra di voi sicuramente non sono pochi coloro che Cristo vuole chiamare al suo servizio come sacerdoti, suore e frati. Non sottraetevi al suo richiamo.

Prestate attenzione alla sua debole voce tra le voci più forti che vogliono dirvi qualcos'altro.


6. Il vostro compito è grande, giovani amici! Ma Gesù vi dice anche: "Non abbiate paura". Non lasciatevi paralizzare dai profeti di sventure. Non sottomettetevi al motto: "Tutto o niente", bensi abbiate il coraggio e la pazienza dei piccoli passi. Pensate da voi stessi e non fatevi guidare da frasi altrui.

Gesù vi dice anche: "Fate penitenza, convertitevi". Non addossate ad altri le vostre responsabilità, alla società, allo Stato, alla Chiesa. Passate dalle lamentele e dalle accuse all'autoresponsabilità. Riappacificatevi attraverso il sacramento della Riconciliazione con Dio e con gli uomini, allora potrete essere degli uomini felici e rendere felici anche gli altri.

Gesù vi chiede anche, come ha chiesto a Pietro: "Mi ami?". Se voi lo amate, quanto può allora costare quest'amore? Voi siete ricchi di talento, di idee e di buona volontà. Voi vi impegnate per la pace e contro la miseria nel Terzo mondo. Voi siete giovani. Anche oggi è bello essere giovani, aperti al mondo e alla vita. E' bello dare e ricevere. Gesù vi dice: "Io vi mando". Non rimanete comodamente seduti, non rimanete seduti con i vostri dubbi e le vostre paure, ma andate. Voi conoscete la via. La nostra via è Gesù Cristo. Percorriamo questa via insieme!

Data: 1983-09-10 Data estesa: Sabato 10 Settembre 1983

Ai Rappresentanti delle Chiese cristiane - Vienna (Austria

Titolo: Un giorno pregheremo con una sola lingua, in spirito e verità




1. Cari fratelli nell'unico Signore! Abbiamo pregato insieme in quest'ora mattutina Dio, nostro Padre, e abbiamo visto quanto profondamente siamo uniti con quest'unico Battesimo e la fede cristiana nell'unico Signore Gesù Cristo e come noi tutti veniamo nutriti da queste sorgenti. perciò ora vi chiamo fratelli in piena consapevolezza.

Con grande gioia e gratitudine ho colto l'occasione di incontrarmi oggi con voi, i responsabili delle Chiese cristiane in Austria. Rivolgo un particolare ringraziamento a lei Eccellenza signor Metropolita dottor Thiter e a lei signor Vescovo Magister Knall, per le vostre cortesi parole di benvenuto e i suggerimenti in esse contenuti. Siamo ben lieti che questi suggerimenti sono già a diversi livelli largamente oggetto del dialogo ecumenico.

Le nostre lodi e i nostri ringraziamenti vanno al di là delle parole e dei segni fraterni verso Colui che tutto ha donato, che ha messo i suoi in condizione di incontrarsi oggi in questa comunità dell'unico Spirito.


2. Tutti noi qui riuniti guardiamo indietro con profonda emozione il corso dei secoli, durante i quali l'Austria - come alcuni altri Paesi europei - era percossa dai turbamenti dei conflitti confessionali. La vita della Chiesa, la vita culturale e sociale del Paese era caratterizzata da discordie religiose e addirittura da intolleranza, oppressione e persecuzione. Noi come cristiani siamo particolarmente coscienti dei limiti e della debolezza dell'uomo, siamo consapevoli della possibilità del fallimento dinanzi alla grande e chiara esigenza del Vangelo. Le colpe di cui i cristiani si sono realmente macchiati, non devono essere negate. Esse attendono sempre nuova confessione e perdono. Con ciò non giudichiamo un passato di cui noi stessi siamo eredi e che può essere compreso soltanto nelle sue particolari circostanze storiche. La nostra Chiesa unisce al doloroso ricordo e alla richiesta di perdono secondo il Concilio Vaticano II, la sincera volontà di superare le conseguenze disastrose del passato.

Con la dichiarazione della libertà di religione e il decreto sull'ecumenismo ci è indicata la via verso il futuro che indica nuovi orizzonti per una crescente unità e comunione dei cristiani. Il seme sparso dal Concilio ha già evidentemente messo radici in questo Paese. Il processo di riconciliazione tra i cristiani di diversa tradizione ha portato a risultati visibili che rendono fiduciosi e che possono anche essere considerati esemplari. Voglio incoraggiarvi a proseguire nei vostri sforzi.


3. Mi rallegra in particolar modo che la Chiesa cattolica in Austria da anni è consapevole della sua responsabilità ecumenica anche molto al di là dei confini del Paese. Essa cerca di creare un ponte sul quale si incontrino Est e Ovest, Nord e Sud. All'Arcivescovo di Vienna, il cui impegno per la Chiesa del mondo e l'ecumenismo è largamente noto, si affianca l'opera di teologi, sacerdoti e laici i quali, ognuno a proprio modo, cerca di rispondere alla chiamata di Nostro Signore.

Attraverso la Fondazione "Pro Oriente" la Chiesa cattolica ha dato un importante contributo al dialogo con gli Ortodossi, e attraverso il colloquio ecclesiologico "Koinonia" ha aiutato a spianare la strada per il dialogo tra la Chiesa ortodossa quella cattolica romana. Allo stesso modo sono stati curati i contatti fraterni con le antiche Chiese orientali nei cosiddetti "Dialoghi di Linz". Possano tutti questi lavori proseguire positivamente in grande fiducia reciproca, con sincera considerazione e amore.

Ho appreso anche con gioia che da anni siete una comunità di preghiera.

In particolare la "Okumenische Morgenfeier" ha già una ricca tradizione. Anche i dialoghi tra teologi cattolici ed evangelici hanno contribuito a ridurre i pregiudizi tradizionali, hanno creato un nuovo clima di collaborazione e addirittura aperto nuove strade per l'attuazione di nuovi programmi pastorali comuni. Tali progressi a livello nazionale sono elementi irrinunciabili del movimento ecumenico generale. Essi sostengono e ispirano con lo scambio reciproco la vita e lo sviluppo dell'intero popolo di Dio. Soltanto così può dare frutti una vera collaborazione tra tutti coloro che portano sulla fronte il segno di Cristo.

Il mio ringraziamento è rivolto a tutti i membri e i consiglieri delle Commissioni ufficiali di dialogo. Il loro lavoro trova considerazione e riconoscimento anche presso il Segretariato per l'unità dei cristiani.


4. Vediamo con particolare fiducia e soddisfazione che la Chiesa cattolica dell'Austria si è riunita in questi giorni in un "Katholikentag", che apre le porte a tutti gli ospiti, i quali, tramite il legame del Battesimo in nome della Santissima Trinità, si mettono in una vera - se non ancora piena - unità con la nostra Chiesa. Lo spirito di questa grande confluenza come le sue forme esteriori sono caratterizzati dalla volontà cristiana all'apertura nei confronti degli altri, al reciproco conforto e arricchimento spirituale, alla meditazione per una comune testimonianza e alla missione in un mondo che ha desiderio di luce e calore.

L'indirizzo di questo "Katholikentag" risponde a un impegno essenziale, proclamato dal Concilio Vaticano II nel decreto sull'ecumenismo. Esso esorta "tutti i fedeli cattolici perché, riconoscendo i segni dei tempi, partecipino con slancio all'opera ecumenica". E più avanti proclama: "La cura di ristabilire l'unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e tocca ognuno secondo la propria capacità, tanto nella vita cristiana quotidiana quanto negli studi teologici e storici" (UR 4-5).


5. Cari fratelli! Il nostro incontro avviene in un momento in cui i cristiani evangelici ricordano in diverse maniere il 500° anniversario della nascita di Martin Lutero e di Huldrych Zwingli. Queste date fanno parte della nostra storia comune. Siamo eredi degli avvenimenti ricchi di significato storico della Riforma, le cui conseguenze dobbiamo affrontare ancora oggi. Dopo secoli di scontri polemici o di fredda vicinanza ci siamo "riscoperti" nel vero senso della parola, nel comune fondamento della fede nell'unico Signore e Salvatore Gesù Cristo, ma anche nella ricerca di una comprensione più profonda e generale del Messaggio.

Per questa disponibilità alla comprensione, proprio qui, a Vienna, vorrei ricordare la figura di quel grande testimone del Vangelo, il quale ha manifestato agli uomini con le parole e le azioni la forza riconciliatrice della Redenzione operata da Gesù Cristo. Mi riferisco al patrono della città, san Clemente Maria Hofbauer. Ha lasciato nella Chiesa tracce luminose con il suo impegno per una sincera disponibilità alla comprensione verso i cristiani della Riforma in spirito di verità e di amore. Egli ci ha mostrato che possiamo superare il peso della storia delle nostre divisioni al di là della polemica e delle reciproche false interpretazioni, soltanto con la disponibilità all'ascolto e l'incontro fraterno. In tutti i nostri sforzi restiamo fedeli a quell'importante principio della storia della salvezza: "Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere. Ora né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere... Siamo infatti collaboratori di Dio" (1Co 3,6ss).

Se l'unità della Chiesa ha il suo assoluto fondamento nel mistero della Trinità di Dio, nell'uguaglianza e distinzione delle tre Persone divine, il popolo chiamato da Dio cerca di vivere nella forza di questo mistero che abbraccia tutti noi: nella varietà dei doni dello Spirito realizza la koinonia; nella professione del Signore Gesù Cristo vede il fondamento e la sorgente di ogni comune vocazione.

Recentemente i cristiani convenuti a Vancouver in occasione dell'assemblea generale del Consiglio ecumenico delle Chiese hanno riflettuto con la preghiera comune e la meditazione su questo profondo mistero e hanno potuto professare e lodare - in unione spirituale - Gesù Cristo, vita del mondo.

Sia lodato il Signore che, in questo tempo di speranza, ci ha chiamati a servire umilmente l'unità del suo popolo, sulla via del pellegrinaggio alla soglia del secondo millennio della nostra Redenzione. Noi siamo quindi guidati dalla salda speranza, che un giorno pregheremo Dio, nostro Padre con una sola lingua, in spirito e verità (cfr. Jn 4,24).

Data: 1983-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1983

Alla chiusura del "Katholikentag" - Vienna (Austria

Titolo: Il cammino della speranza per un ritorno alle radici spirituali

"Mi levero e andro da mio padre" (Lc 15,18).


1. Cari fratelli e sorelle! Dalla lettura del Vangelo di oggi ci colpiscono queste parole. Esse assumono un significato particolare alla chiusura di questo "Katholikentag", il cui tema "Vivere la speranza - dare la speranza" illustra le prospettive della nostra speranza. Si, queste parole del Vangelo contengono effettivamente la prospettiva della speranza, che Gesù Cristo ci ha annunciato quando, con la sua Buona Novella, ha posto in una nuova luce l'intera vita dell'uomo.

La solenne Messa di chiusura di oggi mi dà l'opportunità di salutare cordialmente, nello spirito di una comune speranza cristiana, tutti i partecipanti a questa celebrazione eucaristica e tutto il "Katholikentag".

Porgo i miei saluti ai fedeli delle diverse diocesi austriache. La mia visita qui a Vienna si estende contemporaneamente a tutti i luoghi della vostra Patria vicini e lontani. Rivolgo inoltre il mio saluto di confratello ai Cardinali e ai Vescovi qui presenti, guidati dall'illustre Cardinale König, ai sacerdoti e ai diaconi e anche ai rappresentanti delle altre Chiese cristiane e di altre comunità religiose. Altrettanto cordialmente saluto le alte personalità dello Stato e della società che partecipano a questa solenne Messa di chiusura. Infine saluto con gioia i numerosi ospiti, giunti a questa celebrazione dell'Eucaristia da molti altri Paesi, anche dall'Est.


2. Voi, cari austriaci, avete dato al vostro "Katholikentag" il tema della speranza. Per esperienza, voi sapete che oggi molti uomini, giovani e anziani, hanno perso la speranza. Ma alla lunga non si può vivere senza speranza! Come possiamo quindi ritrovare la speranza? Come possiamo indicare agli altri la via verso la speranza? La parabola del Vangelo, che abbiamo appena ascoltato, parla di un giovane che, orgoglioso e pieno di sé, abbandono la casa paterna per luoghi lontani, dove sperava di trovare maggiore libertà e fortuna. Ma quando il suo patrimonio si esauri ed egli fu costretto a sottostare a condizioni nuove e indegne dell'uomo, tutta la sua speranza svani. Finché, finalmente, ammise la propria colpa, si ricordo del padre e decise di fare ritorno alla casa paterna.

Pieno di speranza, contro ogni speranza!


3. Proprio in questo passo del Vangelo troviamo le parole: "Mi levero e andro da mio padre". In questa profonda parabola di Cristo è contenuto in realtà tutto l'eterno dramma dell'uomo: il dramma della libertà, il dramma di una libertà usata male.

L'uomo ha ottenuto dal suo Creatore il dono della libertà. Con la libertà egli può formare e ordinare questo mondo, può creare le meravigliose opere dello spirito umano, di cui questo Paese e la terra sono pieni: scienza e arte, economia e tecnica, l'intera cultura. La libertà dà all'uomo la possibilità di esprimere quell'amore che è solo dell'uomo, che non è soltanto conseguenza di un'attrazione naturale, bensi un libero atto del cuore. La libertà lo rende capace - come atto più alto della dignità umana - di amare e di adorare Dio. La libertà ha pero il suo prezzo. Tutti coloro che sono liberi dovrebbero chiedersi: Abbiamo conservato nella libertà la nostra dignità? Libertà non significa arbitrio. L'uomo non può fare tutto ciò che può o che vuole. Non esiste una libertà senza legame.

L'uomo è responsabile di se stesso, del suo prossimo e del mondo. Egli è responsabile davanti a Dio. Una società che sminuisce la responsabilità, la legge e la coscienza mina le fondamenta della vita umana.

L'uomo senza responsabilità si lascerà andare ai piaceri di questa vita e, come il figlio prodigo, dovrà sottostare a condizioni indegne e perderà la sua patria e la libertà. Con un egoismo senza riguardi egli abuserà del suo prossimo oppure si approprierà di beni materiali senza alcun limite. Dove non viene riconosciuto il legame con gli ultimi valori, là si dissolvono il matrimonio e la famiglia, là viene tenuta in poco conto la vita degli altri uomini, soprattutto dei nascituri, degli anziani e dei malati. L'adorazione di Dio si trasforma nell'adorazione del denaro, o del potere.

Tutta la storia dell'umanità non è anche una storia dell'abuso della libertà? Anche oggi molti non percorrono la via del figlio prodigo? Hanno di fronte una vita distrutta, un amore tradito, in una sofferenza colpevole, pieni di paura e di disperazione. "Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, (Rm 3,23). Essi si chiedono: dove sono arrivato? Dov'è la soluzione?


4. Nella parabola di Cristo il figlio prodigo è l'uomo che ha usato male la propria libertà. In questa parabola possiamo scorgere le conseguenze dell'abuso della libertà - cioè del peccato -: quelle conseguenze che pesano sulla coscienza del singolo, come anche quelle che pesano sulla vita delle diverse comunità umane e del loro ambiente, addirittura quelle che pesano sui popoli e sull'intera umanità. Il peccato è uno svilimento dell'uomo (cfr. GS 13): esso contraddice la sua reale dignità e causa allo stesso tempo una ferita nella vita sociale. Il peccato ha di per sé una dimensione personale e sociale. Ambedue oscurano la vista del bene e sottraggono alla vita umana la luce della speranza.

La parabola di Cristo tuttavia non ci abbandona di fronte alla triste situazione dell'uomo caduto nel peccato con tutta la sua degradazione. Le parole: "Mi levero e andro da mio padre" ci fanno intravedere nel cuore del figlio prodigo l'anelito verso il bene e la luce della sicura speranza. In queste parole gli si apre la prospettiva della speranza. Una simile visione ci è sempre data, poiché ogni uomo e l'intera umanità possono levarsi insieme e andare dal padre. Questa è la verità che è al centro della Buona Novella. Le parole: "Mi levero e andro da mio padre" sono il segno del cambiamento interiore. Poiché il figlio prodigo prosegue: "Gli diro: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te" (Lc 15,18).

Al centro del lieto messaggio sta la verità della "metanoia", del cambiamento: il cambiamento è possibile, il cambiamento è necessario!


5. E perché è così? Perché qui si mostra ciò che è posto nel più profondo dell'anima di ogni uomo e là vive e agisce nonostante il peccato e addirittura attraverso il peccato. Quella insaziabile fame di verità e di amore, che ci testimonia come lo spirito dell'uomo tenda, attraverso tutto il creato, verso Dio, è nell'uomo il punto di partenza della conversione. A questo corrisponde il punto di partenza da parte di Dio.

Nella parabola questo punto di partenza divino è rappresentato con una semplicità efficace e allo stesso tempo con una forza convincente. Il padre attende. Egli attende il ritorno del figlio perduto, come se fosse già sicuro che egli ritornerà. Il padre scende sulle strade lungo le quali il figlio potrebbe tornare a casa. Egli vuole incontrarlo. In questa misericordia si annuncia quell'amore con cui Dio, attraverso il suo Figlio Eterno ha amato fin dall'inizio l'uomo (cfr. Ep 1,4-5). E' l'amore che, celato fin dall'eternità nel cuore del Padre, è stato rivelato al nostro tempo attraverso Gesù Cristo. La Croce e la risurrezione costituiscono il culmine di tale rivelazione.

perciò è stato molto significativo il fatto che ieri, nel corso dell'"Europavesper" abbiamo onorato la Croce di Cristo come segno della speranza: perché da ciò il "Katholikentag" 1983 austriaco - insieme a tutta la Chiesa - trae la sua forza vitale. Nel segno della Croce è sempre presente il punto di partenza divino di ogni conversione nella storia dell'uomo e di tutta l'umanità. Poiché nella Croce sta l'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo che è sceso una volta per tutte sull'umanità, un amore che non si esaurisce mai. Convertirsi significa incontrare questo amore e accoglierlo nel proprio cuore; significa costruire su questo amore il comportamento futuro.

Proprio questo è accaduto nella vita del figlio prodigo, quando ha deciso: "Mi levero e andro da mio padre". Allo stesso tempo pero era chiaramente consapevole che, ritornando dal padre, doveva riconoscere la propria colpa: "Padre, ho peccato" (Lc 15,18). Conversione e riconciliazione. La riconciliazione è pero possibile soltanto quando si riconoscono i propri peccati. Riconoscere i propri peccati significa testimoniare la verità che Dio è il Padre, un Padre che perdona. Colui che nel suo credo testimonia questa verità, è di nuovo accolto dal Padre come suo figlio. Il figliol prodigo è consapevole che solo l'amore paterno di Dio gli può rimettere i peccati.

L'amore è più forte di ogni colpa!


6. Cari fratelli e sorelle! Voi avete posto al centro di questo "Katholikentag" la prospettiva della speranza: entrate nello spirito della parabola di Cristo sul figlio prodigo. E' realistica a tutti gli effetti. Qui la prospettiva della speranza è strettamente legata alla via verso la conversione. Meditate su tutto ciò che riguarda questa via: l'esame di coscienza, il pentimento con il fermo proposito di cambiare, il credo con la confessione. Rinnovate in voi la stima per questo sacramento, che è chiamato anche "sacramento della Riconciliazione". E' strettamente legato al sacramento dell'Eucaristia, il sacramento dell'amore: la Confessione ci libera dal male; l'Eucaristia ci dona la comunione con il sommo bene.

Prendete sul serio l'invito vincolante della Chiesa di partecipare ogni domenica alla Santa Messa. Qui in mezzo alla comunità potete incontrare ogni volta il Padre e ricevere il dono del suo amore, la Santa Comunione, il pane della nostra speranza. Da questa sorgente di forza trasformate tutta la domenica in un giorno dedicato a Dio. Poiché a lui appartiene la nostra vita, a lui spetta la nostra adorazione. così nella vita di ogni giorno il vostro legame con Dio può rimanere vivo e tutto il vostro operato diventare una testimonianza cristiana.

Tutto ciò significano le parole: "Mi levero e andro da mio padre". Un programma della nostra speranza che non si può inimmaginare più profondo e allo stesso tempo più semplice! (cfr. enciclica "Dives in Misericordia" sulla misericordia divina, DM 5-6).


7. Partendo da questo programma spirituale desidero riflettere insieme a voi su alcuni punti della conversione nell'ambito della famiglia e della società.

Il matrimonio e la famiglia sono oggi in pericolo. Per questo motivo tanti uomini soffrono: i coniugi e ancora di più i loro figli, ma in ultima analisi l'intera società. Due anni fa, attraverso l'esperienza dei Vescovi di tutto il mondo, ho tratteggiato nel modo seguente la crisi della famiglia di oggi.

Esistono "segni di preoccupante degradazione di alcuni valori fondamentali: una errata concezione... dell'indipendenza dei coniugi fra di loro; le gravi ambiguità circa il rapporto di autorità fra genitori e figli; le difficoltà concrete che la famiglia spesso sperimenta nella trasmissione dei valori; il numero crescente dei divorzi; la piaga dell'aborto" (esortazione apostolica FC 6).

Un male, cui non siamo ancora riusciti a porre un freno e della cui gravità troppo pochi uomini ancora sono consapevoli.

La radice di questa crisi sembra essere soprattutto un concetto errato di libertà. Una libertà, "concepita non come la capacità di realizzare la verità del concetto di Dio sul matrimonio e sulla famiglia, ma come autonoma forza di affermazione, non di rado contro gli altri, per il proprio egoistico benessere" (FC 6). Questi aspetti negativi vengono inoltre rafforzati da un'opinione pubblica che mette in dubbio l'istituzione del matrimonio e della famiglia e che cerca di giustificare altre forme di convivenza. Malgrado l'affermazione di molti che la famiglia è tanto importante per la società, ancora oggi si fa troppo poco per proteggerla veramente. Io credo pero che il motivo determinante di questa crisi abbia origini più profonde. Il matrimonio e la famiglia sono in pericolo perché molto spesso in essi la fede e il senso religioso sono scomparsi. Perché i coniugi stessi e con ciò anche i figli sono diventati indifferenti nei confronti di Dio.

Cari padri e madri! Care famiglie! Levatevi anche voi e andate dal Padre! Solo nella responsabilità di fronte a Dio potete riconoscere e vivere tutta la ricchezza del matrimonio e della famiglia. So che in Austria molti sacerdoti e laici hanno tentato negli ultimi anni di rinnovare il matrimonio e la famiglia nello spirito cristiano. Conosco i vostri sforzi nell'aiutare i coniugi a vivere un rapporto autentico; il vostro impegno per dare alla donna un posto adatto alla sua dignità e alla sua natura nel matrimonio e nella famiglia, nella società e nella Chiesa. Voi avete compreso che il nucleo familiare deve aprirsi anche agli altri per poter offrire loro, attraverso l'amore vissuto, un aiuto spirituale e materiale. Sono sempre più numerose le famiglie che si rendono conto che esse costituiscono una piccola chiesa, vale a dire una "chiesa domestica". Continuate in questo senso! Cercate pero, con la stessa serietà, dei modi per vivere una paternità e una maternità responsabili di fronte a Dio, le quali corrispondano a dei criteri oggettivi, come quelli proposti in tutto il mondo dall'insegnamento religioso insieme al successore di Pietro. A tal proposito voglio ricordare in particolare la breve esortazione apostolica "Familiaris Consortio", che dà forma all'indicazione dell'enciclica "Humanae Vitae".

Famiglia cristiana! Diventa di nuovo una famiglia che prega! Una famiglia che vive di fede! Una famiglia dove i genitori sono i primi catechisti dei loro figli. Dove si può incontrare lo spirito di Dio che è l'amore. Imparate dal Padre misericordioso a perdonarvi sempre a vicenda. Genitori, imparate anche da lui a dare libertà ai vostri figli e tuttavia ad essere sempre vicini a loro.

Traete dalla nostra parabola la speranza che proprio il figlio perduto ha infine ritrovato un padre che prima non conosceva.


8. "Mi levero e andro da mio padre". Queste parole ci hanno indicato la via della speranza per le famiglie. La famiglia pero appartiene a una determinata società, a un popolo e, nel senso più lato, a tutta l'umanità. così anch'essa è coinvolta nei molti eventi della civiltà attuale.

Non sentiamo anche in tutti questi avvenimenti e sviluppi il grido disperato di quel figlio della parabola di Cristo? O perlomeno una debole eco di questo grido? Il figlio, nel suo desiderio esaltato di libertà, mi sembra che rappresenti l'uomo nella società degli Stati altamente sviluppati. Un rapido progresso nella tecnica e nell'economia, uno standard di vita che è cresciuto in fretta hanno causato cambiamenti fondamentali in questa società. Molti vengono presi dall'euforia, come se l'uomo fosse finalmente in grado di avere in pugno il mondo e di plasmarlo per sempre. In questa orgogliosa consapevolezza non pochi hanno abbandonato la loro innata concezione del mondo, secondo cui Dio era l'origine e il fine di ogni essere. Ora Dio non sembra più essere indispensabile.

Ma a questo egoistico allontanamento da Dio ha fatto subito seguito una grande disillusione, accompagnata dalla paura: la paura del futuro, la paura di fronte alle possibilità che ora l'uomo ha in mano.

Paura quindi degli stessi uomini. Anche l'Austria nel cuore dell'Europa non è stata risparmiata da questo processo. Ora cercate nuove vie, nuove risposte ai problemi di questo tempo. Ritornate alla vostra origine spirituale! Tornate indietro, volgetevi di nuovo a Dio e organizzate la vita della vostra società secondo le sue leggi! La Chiesa, con i suoi Pastori e insegnanti, vuole in ciò esservi d'aiuto. Attraverso la costituzione pastorale del Concilio essa pone continuamente le domande fondamentali: "Cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte?... Che reca l'uomo alla società, e cosa può attendersi da essa? Che cosa ci sarà dopo questa vita?" (GS 10).


9. Cari fratelli e sorelle! Tali questioni di fondo del Concilio Vaticano II toccano il nocciolo del problema, cui sono dedicati i lavori del "Katholikentag"

1983. La risposta a questi problemi è data dal Vangelo. In questa risposta appare all'uomo la prospettiva della speranza. Senza questa risposta non esiste alcuna probabilità di speranza.

Non ne consegue che dobbiamo accettare in modo nuovo la lieta novella? Non la dobbiamo accettare come un messaggio che è della stessa vitale importanza per gli uomini di oggi come lo fu per gli uomini di duemila anni fa? Non la dobbiamo accettare con l'interiore convinzione e decisione di convertirsi? Si, noi dobbiamo iniziare una nuova annunciazione. L'annunciazione della conversione e del ritorno dell'uomo al Padre. Il Padre ci attende. Il Padre ci viene incontro. Il Padre desidera accogliere di nuovo ogni uomo come figlio o figlia. Leviamoci e andiamo a lui! Questa è la nostra speranza! Amen.

Data: 1983-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Ai giovani, nello stadio del Prater - Vienna (Austria