GPII 1983 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Vienna (Austria

Recita dell'Angelus - Vienna (Austria

Titolo: La preghiera dell'Angelus segno di speranza cristiana

Cari fratelli e sorelle.

Al termine di questa Messa solenne recitiamo insieme la preghiera mariana di mezzogiorno. Essa ci ricorda tutti i giorni come ha avuto inizio la nostra speranza cristiana nel triplice evento: l'Angelo del Signore porta il messaggio a Maria; Maria dice: avvenga di me quello che hai detto; e il Verbo diventa uno di noi. Noi tutti vogliamo aprirci ancora una volta al messaggio che Dio ci ha inviato in questo "Katholikentag", così che la sua parola diventi carne anche nella nostra vita.

perciò invito tutti alla preghiera comune: voi, che siete riuniti intorno all'altare; voi, che ci seguite attraverso la radio e la televisione; voi in tutti i Paesi d'Europa; ma soprattutto voi, cristiani d'Austria, nelle diocesi di Salisburgo, Vienna, Linz e Sankt Pölten, Graz-Seckau e Eisenstadt, Gurk, Innsbruck e Feldkirch.

Data: 1983-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1983

A malati, handicappati e anziani - Vienna (Austria

Titolo: La croce di chi soffre è parte della croce di Cristo

Cari ammalati! Cari fratelli e sorelle bisognosi di assistenza qui nella "Casa della Misericordia" e fuori, negli ospedali, nelle case di cura e nelle singole case in Austria!


1. Quest'ora della mia visita in Austria è tutta dedicata a voi. Voglio stare insieme a voi, come messaggero di Cristo che vuole rallegrarvi, ma anche come uno che è stato egli stesso, per qualche settimana, vostro compagno di sventura. Per volontà di Dio l'arte medica e l'assistenza specializzata mi hanno ridato la salute. così oggi sono dinanzi a voi, sano ma non come un estraneo. Uniamo i nostri sforzi: non dobbiamo permettere che si crei una frattura tra noi, i sani, e i malati.

Forse qualche volta avete paura di essere un peso per noi. Forse questo vi è stato persino detto o vi è stato fatto sentire. In questo caso vorrei chiedervi perdono. Certamente, voi avete bisogno di noi, del nostro aiuto e della nostra assistenza, delle nostre mani e del nostro cuore. Ma allo stesso modo, noi abbiamo bisogno di voi. Voi dovete accettare tanti doni. Ma anche voi fate dei doni a noi.

La vostra condizione di malati ci rende consapevoli di quanto sia fragile la vita umana, di quanto essa sia precaria e limitata; ci rende consapevoli il fatto che non si riesce a fare tutto quello che vorremmo e che non si può portare a termine tutto quello che si è iniziato.

Naturalmente voi siete contenti di quanto di bello avete vissuto e di quanto di buono avete fatto. Di questo dovete essere grati. Ma adesso vedete tutto sotto una luce differente e qualche cosa viene da voi valutata in modo diverso da prima. Adesso sapete meglio ciò che è realmente importante nella vita e questa sapienza, questa saggezza maturata nella vita purificata dal dolore, potete trasmetterla a noi con quello che voi ci dite, con quello che voi ora state vivendo e con il modo in cui lo sopportate. Il papa vi ringrazia per questa "omelia" che viene da voi, dalla vostra sofferenza sopportata con pazienza. Essa non può essere sostituita da nessun pulpito, da nessuna scuola, da nessun discorso. Le stanze per gli ammalati servono a un popolo non meno che le aule scolastiche e universitarie.

Al centro della vostra vita attuale c'è la Croce. Molti la sfuggono. Ma chi vuole fuggire la Croce, non trova la vera gioia. I giovani non possono diventare forti e gli adulti non possono rimanere fedeli, se non hanno imparato ad accettare una croce. A voi, miei cari ammalati, è stata accollata. Nessuno vi ha chiesto se la volevate. Insegnate a noi sani ad accettarla in tempo e a sopportarla con coraggio, ognuno a modo suo. Essa è sempre una parte della Croce di Cristo. Come Simone di Cirene, noi possiamo portarla insieme a lui per un breve tragitto.


2. E adesso volgo il mio sguardo soprattutto a voi, chini per il peso degli anni e che soffrite per i malanni e le limitazioni della vecchiaia. Anche voi avete bisogno del nostro aiuto, eppure siete voi che ci fate dei doni. Sul vostro lavoro, sulla vostra efficienza, su quello che voi avete, per così dire, "investito" per noi, noi continuiamo a costruire. Noi abbiamo bisogno della vostra esperienza e del vostro giudizio. Noi abbiamo bisogno della vostra esperienza di fede e del vostro esempio. Non dovete appartarvi. Non dovete rimanere fuori dalle nostre porte, dalle nostre case e dalle porte del nostro mondo. Voi siete parte di noi! Una società che si dissocia dagli anziani non solo negherebbe la sua stessa origine, ma si alienerebbe il proprio futuro.

Nè anziani né ammalati devono essere emarginati. La loro presenza è importante. Noi tutti siamo loro debitori. In quest'ora vorrei ringraziare voi tutti che nei molteplici momenti di bisogno dell'umanità donate in sacrificio la vostra sofferenza e le vostre preghiere. Naturalmente anche i sani devono pregare, ma la vostra preghiera ha un peso particolare. Fiumi di benedizioni potete richiamare dal cielo ed elargire ai vostri conoscenti, alla vostra Patria e a tutti gli uomini che hanno bisogno dell'aiuto di Dio.

Qui sulla terra l'uomo non può lodare e adorare Dio in modo migliore che con un cuore che anche nella sofferenza crede alla sua saggezza e al suo amore.

Una pena sopportata con pazienza diventa in qualche modo essa stessa una preghiera, fonte ricca di grazia. Per questo motivo vorrei pregare voi tutti affinché trasformiate in cappelle le vostre stanze, guardiate l'immagine del Signore Crocifisso e preghiate per noi, offriate in sacrificio per noi la vostra sofferenza, anche a favore dell'attività del successore di Pietro, che confida in modo particolare nel vostro aiuto spirituale e che vi benedice con tutto il cuore.


3. Durante il nostro incontro odierno il mio pensiero va in modo particolare a tutti quelli, fra voi, che già dall'infanzia sono così provati, che le loro facoltà fisiche e spirituali non hanno potuto neppure svilupparsi. Penso agli uomini che in seguito a un incidente o a causa di un male subdolo sono gravemente handicappati. Penso a quella forma di invecchiamento a causa della quale il mondo e le persone circostanti perdono la loro consistenza, ad anziani, quindi, che non possono più trasmetterci la saggezza della loro vita e che non percepiscono più il servizio dell'amore. Rivolgendo lo sguardo a queste persone, alle quali sono tolte cose così importanti, ci si pone la domanda: "In che cosa consiste veramente la dignità dell'uomo?".

La nobiltà dell'uomo consiste nel fatto che Dio l'ha chiamato alla vita, gli ha detto di si, l'ha accettato e che egli troverà in lui il suo compimento. Di fronte a questo non è tutta la vita umana in fondo frammentaria e inadeguata, dal momento che ogni opera deve essere sempre compietata da Dio? Su sani e ammalati, vigorosi e stanchi, attivi e handicappati, spiritualmente vivi e non, sta il "si" paterno di Dio e fa di ognuno dei loro giorni un tratto di strada verso il compimento, ed è perciò degno di essere vissuto.

Cari austriaci, vorrei che il Signore potesse dirvi a proposito del vostro atteggiamento verso i vostri conviventi malati e handicappati, nei quali in fondo incontrate lui stesso: "Ero un peso, e voi mi avete portato; ero inutile e voi mi avete apprezzato; ero sfigurato e voi avete riconosciuto la mia dignità; ero malato già dalla nascita e voi mi avete detto di si" (cfr. Mt 25,35ss).


4. Malati e vecchi, handicappati e bisognosi di assistenza ci mostrano in modo particolare quanto abbiamo bisogno l'uno dell'altro e quanto profondamente apparteniamo l'uno all'altro. Essi suscitano fino all'ultimo la nostra solidarietà e il nostro amore verso il prossimo. Quando i malati non sono più in grado di riconoscere l'aiuto dato loro e di contraccambiare con gratitudine, allora diventa evidente quanto altruista e pieno di sacrifici deve essere un amore così servizievole. Malattia e sofferenza sono sempre una prova difficile. Ma anche se può sembrare contraddittorio, un mondo senza malati sarebbe più povero. Perché esso sarebbe più povero di umanità vissuta verso il prossimo, più povero di amore disinteressato e persino, qualche volta, meno eroico.

In quest'ora, perciò, insieme a tutti i malati e agli uomini bisognosi di assistenza qui in Austria, ringrazio con tutto il cuore i medici, gli infermieri e gli assistenti che prestano servizio in questa "Casa della Misericordia" e ovunque nel Paese con fedeltà e passione. Ringrazio tutti coloro che, qui o in altri ospedali, nelle case di cura e nelle famiglie danno il loro contributo con sforzi personali e pieni di abnegazione per alleviare le sofferenze, per curare le malattie e perché le persone anziane riacquistino coraggio e fiducia.

Una parola sincera di incoraggiamento indirizzo a voi, madri e padri, che con altruismo curate e amate - spesso in un ambiente dove non c'è comprensione - il vostro bambino malato, forse handicappato da sempre; a tutti coloro che costituiscono per i propri genitori un appoggio affettuoso e che accettano anche limitazioni per contraccambiare con gratitudine almeno una parte di quell'amore disinteressato che a loro volta avevano ricevuto precedentemente.

Il mio ringraziamento non è soltanto un augurio. Voi avete nello stesso tempo la promessa di Gesù Cristo che è venuto per servire e per curare le ferite.

Tutte le volte che avete fatto qualche cosa a uno solo di questi suoi fratelli più piccoli, l'avete fatto a lui (cfr. Mt 25,40). Lui è la vostra forza, la vostra ricompensa. Lui è - se voi vi aprite a questo messaggio - la gioia silenziosa nella vostra opera.

Allo stesso modo Cristo è anche la consolazione nella vostra sofferenza, cari fratelli e sorelle malati e bisognosi di assistenza. Lui che è vicino ai suoi messaggeri d'amore nel loro servizio, è anche vicino a noi nel momento del bisogno. Siete fatti a sua immagine e somiglianza. Lui che ha curato quelli che soffrono, ha sofferto egli stesso. Egli stesso ha patito l'ultimo abbandono, perché noi non fossimo mai abbandonati. Lui, Cristo, nostro Signore e Salvatore, sia sempre con voi e benedica voi tutti nella sua grande misericordia e amore!

Data: 1983-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1983

Al Presidente della Repubblica austriaca - Vienna (Austria

Titolo: Millenario e profondo il legame del popolo austriaco col Vangelo

Illustre signor Presidente, Illustre signor Cancelliere, Gentili signore e signori.


1. E' un onore e una gioia particolare per me incontrarmi oggi con il signor Presidente, con i membri del governo federale e con i rappresentanti della vita politica e culturale austriaca. All'Austria mi uniscono da lunghi anni una conoscenza personale e vincoli di amicizia.

Già i primi giorni dopo la mia nomina al soglio di Pietro ho ricevuto un cortese invito a visitare il vostro Paese. Ora questa visita è divenuta realtà.

Per questo la ringrazio sinceramente, illustre signor Presidente, ma in modo particolare le sono grato per l'incontro odierno e le cortesi parole del suo saluto. Allo stesso tempo ringrazio il governo federale e tutte le autorità di questa città e dell'Austria tutta, per tutto ciò che hanno fatto, perché la mia visita non avrebbe potuto essere meglio preparata e organizzata e per la cordiale accoglienza che ho trovato.

In voi, i più alti e competenti rappresentanti del vostro Paese, saluto tutti coloro che hanno la responsabilità del benessere e del destino del vostro popolo. Le confermo la mia ammirazione per la storia e a ricchezza culturale e la grande stima che hanno da sempre nel passato e nel presente distinto l'Austria nella comunità dei popoli. Con particolare riconoscenza ricordo in quest'ora il legame profondo e millenario del popolo austriaco con il cristianesimo e le relazioni amichevoli che esistono da lungo tempo tra il vostro Paese e la Santa Sede.

E' passato molto tempo da che un Papa si è recato in visita a Vienna.

Ringrazio Iddio che le circostanze della mia attuale visita pastorale siano diverse da quelle in cui 200 anni fa Pio VI è venuto nella vostra capitale. A quel tempo esistevano gravi motivi di preoccupazione per l'unità della Chiesa e la sua autonomia in Austria. Oggi la vita della Chiesa si può sviluppare liberamente, lo stesso "Katholikentag" è di per sé un segno evidente di ciò. E' stata una gioia per me l'aver potuto parteciparvi. E' stata una forma bellissima dell'annuncio del messaggio di Cristo agli uomini di questo Paese, un atto di speranza vissuta che può dare speranza anche a tanti altri.


2. Il compito che la Chiesa deve assolvere nel mondo in forza della sua chiamata, è un compito religioso e spirituale, non politico. Ma proprio grazie al Vangelo affidatole, la Chiesa proclama, come il Concilio Vaticano II conferma, anche "i diritti umani, e riconosce e apprezza molto il dinamismo con cui ai giorni nostri tali diritti vengono promossi ovunque" (GS 41). Essa prova perciò soddisfazione e riconoscenza, se Stati come la Repubblica austriaca, per il loro ordine democratico e il sentimento fraterno dei loro cittadini, si mettono al servizio dei diritti umani.

Qui non si deve solo pensare al buon ordine della vita pubblica e agli sforzi per la tutela dei fondamentali diritti umani nel proprio Paese, ma anche alla disponibilità ad accogliere popoli di altri Paesi che sono stati privati della loro libertà religiosa, della libertà di esprimere la loro opinione e della stima per la propria dignità umana. Generosamente l'Austria ha sempre offerto asilo a queste persone. così questo Paese dona alla libertà personale dell'uomo quel rispetto che le è dovuto come diritto inalienabile della persona.

perciò il vostro Paese merita una particolare parola di riconoscenza e di incoraggiamento per come sente i suoi doveri europei e internazionali. Come nel passato, così anche oggi l'Austria ha spesso il compito di gettare un ponte tra i popoli. Si è sempre impegnata a dare il suo contributo per assicurare la pace e l'intesa tra le Nazioni e i blocchi di potenza al di là delle proprie frontiere, nella consapevolezza dei comuni impegni dell'Europa e della sua responsabilità nella comunità dei popoli; sarà necessario proseguire in questo impegno in modo decisivo e avere sotto gli occhi queste mete in modo sempre più chiaro.

Così la sollecitudine per la giustizia internazionale ha già portato da molti anni a innumerevoli iniziative di sostegno allo sviluppo delle regioni più povere del mondo. Mi rallegro che anche l'aiuto della Chiesa abbia dato un grande contributo. Nonostante ciò il divario tra ricchi e poveri continua ad aumentare.

Questo fatto deve indurre tutti, nello Stato e nella Chiesa, a sforzi ancora più grandi, che possono anche prevedere profondi cambiamenti nell'ordine economico del mondo. Lo stesso vale anche per il desiderio di giungere all'intesa internazionale e per l'assicurazione della pace mondiale. Proprio in questo il vostro Paese ha una particolare "chance" per un impegno ancora più intenso a favore degli scambi umani e culturali e per un ancora più efficace stimolo agli incontri e al dialogo tra le Nazioni.


3. In questo impegno per il bene degli uomini e dei popoli, gli Stati trovano nella Chiesa cattolica un alleato sempre valido. La Chiesa si sente chiamata, per il suo mandato apostolico, a contribuire al servizio dell'uomo anche nella vita pubblica. E questo soprattutto in un Paese nel quale molti cittadini si professano cristiani e che nella sua storia e nella sua cultura è stato così fortemente permeato dallo spirito cristiano.

La Chiesa non è un'istituzione politica; essa non ha competenze tecnologiche ed economico-politiche e neppure si afferma per mezzo di una politica di forza. Essa rispetta le responsabilità dello Stato, senza inserirsi nei suoi compiti politici. In questo modo essa acquista una maggiore autorità quando si batte per la vera libertà, per i diritti inalienabili della persona umana, per la sua dignità e vocazione divina. Nel nome della vera libertà e della dignità dell'uomo la Chiesa è soprattutto chiamata a garantire il mantenimento della coscienza morale e di un operato morale giustificabile davanti ad essa e questo non solo nella vita individuale ma anche nella vita sociale. E' perciò sempre il compito spirituale della Chiesa che la induce ad adoperarsi in modo così deciso per una collaborazione con gli Stati, anche per gli attuali bisogni dell'uomo, per la giustizia e la pace, per una convivenza degna dell'uomo e per una efficace difesa dell'ordine morale nella famiglia e nella società. Questo servizio concreto è tanto più urgente in un tempo in cui il crescente disprezzo dei valori umani fondamentali mina le basi dell'ordine sociale e minaccia l'uomo stesso nella più intima dignità. Anche il moderno Stato pluralistico non può rinunciare a norme etiche nella legislazione e nella vita pubblica senza che il benessere del singolo e della comunità riportino un grave danno. Questo vale soprattutto quando si tratta di tutelare beni essenziali come la vita dell'uomo in tutte le sue fasi. La Chiesa conferma solidarietà e riconoscenza a tutti i responsabili che si adoperano con lei, per propria convinzione personale, nella difesa dei valori morali fondamentali in seno all'odierna società, e che trasmettono questo impegno ai giovani come un dovere.

Illustre signor Presidente, posso affermare espressamente, con grande stima, che lei si è sempre prodigato in questo senso con molta sincerità e vigore dal momento in cui ha assunto questo incarico così pieno di responsabilità. Per questo e per tutto il suo impegno nel sostenere generosamente l'opera della Chiesa e della Santa Sede nella vita pubblica, le esprimo il mio sincero ringraziamento.


4. Permettetemi, gentilissimi signore e signori, in conclusione, un'osservazione più personale. Voi, che siete qui riuniti, siete stati nominati dal popolo austriaco con elezioni libere e democratiche al vostro incarico politico e i vostri compiti sociali derivano da tale nomina. Voi avete una grande responsabilità nei confronti di questo Paese e della sua posizione nel mondo.

L'onorevole ma difficile professione del politico richiede l'impegno di tutte le vostre forze e di tutta la vostra persona. Quelli tra di voi che possiedono il dono della grazia e della fede sapranno che per questo si può e si deve richiedere l'aiuto di Dio. Possa essere data a tutti voi la forza spirituale e morale di soddisfare le grandi aspettative che la società e soprattutto la gioventù rivolgono oggi ai politici.

Sono grato a lei, illustre signor Presidente, gentilissimi signore e signori, perché rispettate la visione cristiana e il dialogo con la Chiesa secondo le vostre personali convinzioni. Mi auguro che teniate conto di questo anche nello svolgimento della vostra attività carica di responsabilità, per il benessere del vostro popolo. Invoco su di voi, sulla "tanto decantata, tanto provata, tanto amata Austria" (Inno nazionale austriaco) e su tutti i suoi abitanti, la duratura protezione e benedizione dell'Onnipotente e Misericordioso Dio.

Data: 1983-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1983

Al Corpo diplomatico austriaco - Vienna (Austria

Titolo: La diplomazia come arte della pace

Gentilissimi signore e signori!


1. E' per me una gioia particolare, dopo il mio incontro con i più alti rappresentanti dello Stato austriaco, incontrarmi questa sera anche con voi, i diplomatici accreditati presso questo Stato. Vi ringrazio per la vostra presenza e per l'onore che rendete non solo alla mia persona ma anche al Capo della Chiesa cattolica. Insieme al padrone di casa della Nunziatura apostolica che è stata per alcuni giorni anche la mia residenza, porgo a voi tutti il mio più cordiale benvenuto. Un incontro con i membri del corpo diplomatico è diventato regola costante di quasi tutti i miei viaggi pastorali. Con ciò vorrei esprimere la grande stima che la Santa Sede dimostra per il vostro impegno per l'intesa e la collaborazione armonica tra i popoli. Vienna invita in modo particolare a questo.

E' proprio Vienna il luogo in cui la posizione e i compiti delle rappresentanze diplomatiche sono stati per la prima volta stabiliti e formulati tramite accordi internazionali. Questo è accaduto, come è noto, con il Trattato di Vienna del 1815 e la Convenzione sui rapporti diplomatici dell'aprile 1961.

2. Le rappresentanze diplomatiche sono uno strumento importante della diplomazia moderna. Esse non si limitano soltanto a tutelare gli interessi bilaterali tra i singoli Stati, ma estendono la loro azione anche ai bisogni e alle esigenze fondamentali della comunità internazionale dei popoli: il mantenimento o il ristabilimento della pace, la promozione di una fruttuosa collaborazione tra i governi e anche la creazione di rapporti umani, ragionevoli e duraturi tra i popoli tramite accordi comuni e leali.

A ragione la diplomazia viene definita l'"arte della pace".

Riconosciamo, allo stesso tempo, l'immensa attualità e responsabilità che comporta la vostra missione di diplomatici al giorno d'oggi. Il grido di pace che si alza sempre più alto nei cuori degli uomini e in molti luoghi della terra, nelle strade e nelle piazze, sembra confermare i presentimenti di coloro che considerando l'attuale situazione mondiale, parlano già di un passaggio da una fase post-bellica a una nuova fase pre-bellica. perciò oggi abbiamo bisogno, forse ancora più urgentemente che in passato, degli sforzi coraggiosi e continui di un'abile diplomazia che si adoperi con pazienza e costanza ad opporre alla voce della violenza la voce della ragione, ad allentare le tensioni esistenti e a riservare sempre uno spazio al dialogo affinché il grido di pace dell'uomo non venga soffocato un giorno dal fragore delle armi. E' necessaria soprattutto una diplomazia sincera e leale, che rinunci ad astuzie ingannevoli, falsità e intrighi, che rispetti gli interessi e le esigenze delle parti e prepari la via, tramite una leale disposizione al negoziato, per una pacifica soluzione di conflitti bilaterali e internazionali. La slealtà crea sfiducia proprio là dove una fiducia è assolutamente indispensabile e da sola può essere il fondamento realmente portante di un accordo duraturo.

Tutti coloro che vogliono la pace, incoraggiano voi - voi che, come diplomatici, dovete essere gli edificatori della pace - a non perdere la fiducia di fronte alle grandi difficoltà, ma piuttosto a intensificare con prudenza e tenacia il vostro impegno per la giusta causa della pace. Anche se alla fine le decisioni determinanti vengono prese in sede politica, voi, come diplomatici, per la vostra posizione particolare e la conoscenza della situazione, avete la possibilità di influenzare positivamente le decisioni dei vostri governi. Come avevo già sottolineato nel mio discorso alle Nazioni Unite (2 ottobre 79) - egregi signore e signori - "la ragion d'essere di ogni politica è nell'essere al servizio dell'uomo, nell'instancabile e responsabile cura dei problemi e interessi fondamentali della sua esistenza sulla terra, nella sua dimensione e portata sociale, dalla quale allo stesso tempo dipende anche il bene di ogni singola persona". In questo essere al servizio dell'uomo i difficili compiti del politico e del diplomatico si confrontano con la particolare missione di salvezza della Chiesa, che è diretta al bene dell'uomo nel suo insieme e dell'umanità tutta. La Chiesa condivide la preoccupazione dei responsabili degli Stati e delle società specialmente laddove si tratta di conservare e promuovere beni così importanti come la pace, la giustizia, la dignità umana, i diritti umani, la riconciliazione e la collaborazione tra i popoli. Non per ambizione politica, ma per l'uomo e in forza della propria missione, la Chiesa si è impegnata ad offrire a questo scopo il suo appoggio morale e ogni possibile aiuto concreto, anche servendosi dei mezzi e delle vie di una diplomazia degna di fiducia, che è un ottimo strumento di pace.

Come è noto, la Santa Sede ha rappresentanze diplomatiche in diversi Stati, molti dei quali sono qui rappresentati. L'accordo di Vienna, menzionato inizialmente, riconosce anche ufficialmente ai rappresentanti pontifici la possibilità di una certa priorità tra i diplomatici - consuetudine, che già nel passato era prevista dal diritto internazionale -.

Ciò non è tanto un riconoscimento della persona del rappresentante pontificio, quanto una dimostrazione di rispetto per quei valori spirituali e morali che la Chiesa rappresenta nella comunità internazionale dei popoli, la cui priorità con ciò è stata, in sede teorica, riconosciuta come fondamentale dagli Stati firmatari. Conformemente alla missione della Chiesa anche la diplomazia della Santa Sede è fondamentalmente di natura religiosa e spirituale, proprio per questo essa è in grado di dare nel gioco internazionale delle forze delle Nazioni un proprio contributo specifico per la realizzazione degli obiettivi prefissi. Se oggi diplomazia e politica devono corrispondere alle aspettative riposte in esse, i fondamentali valori spirituali ed etici vanno inseriti negli obiettivi dei popoli e rispettati nella loro realizzazione. Storia ed esperienza insegnano quanto sono vani gli sforzi internazionali per la pace o gli impegni per la giustizia e il progresso sociale, quando vengono combattuti soltanto i sintomi dei mali esistenti e non contemporaneamente anche le cause, che sono comportamenti e atteggiamenti morali sbagliati.

Il Concilio Vaticano II ha rilevato a questo proposito nella sua costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo di oggi: "I reggitori dei popoli, infatti, i quali sono mallevadori del bene comune delle proprie Nazioni e fautori insieme del bene dell'umanità intera, dipendono in massima parte dalle opinioni e dai sentimenti delle moltitudini. E' inutile infatti che essi si adoperino con tenacia a costruire la pace, finché sentimenti di ostilità, di disprezzo e di diffidenza, odi razziali e ostinate ideologie dividono gli uomini ponendoli gli uni contro gli altri. Di qui l'estrema urgente necessità di una rinnovata educazione degli animi e di un nuovo orientamento nell'opinione pubblica" (GS 82).

Per poter combattere con efficacia i mali esistenti e i pericoli imminenti nella vita privata e pubblica, è necessario cambiare l'uomo stesso, rinnovarlo moralmente, dargli forza. Per questo compito fondamentale Stato e Chiesa devono lavorare insieme. E' evidente, quale importante contributo la Chiesa e i cristiani possono dare.

Egregi signore e signori, come diplomatici, nella vostra difficile missione piena di responsabilità per la causa della pace, della giustizia, per la collaborazione internazionale e il progresso generale dei popoli, siate sempre consapevoli dell'aiuto solidale della Chiesa e della Santa Sede. Gli alti valori per i quali vi impegnate nella nobile arte della pace a favore della comunità internazionale siano anche i vostri personali, delle vostre famiglie e del popolo che qui rappresentate. Questo vi auguro e vi chiedo con tutto il cuore.

Data: 1983-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1983

Omelia nel Duomo di Santo Stefano - Vienna (Austria

Titolo: I laici e la missione della Chiesa

Sia lodato Gesù Cristo!


1. Vi saluto nel nome di Gesù Cristo; perché "in nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12). Vi saluto nel nome di Maria, che il Vangelo di oggi sottolinea, e la cui festa liturgica ha preso da qui l'avvio trecento anni fa. Saluto tutti voi qui raccolti nel venerabile Duomo consacrato a Santo Stefano.

E' stato edificato dalla comunità delle Diete con sacrifici decennali e, dopo la distruzione della seconda guerra mondiale, è stato ricostruito con le offerte dei cittadini e dei Lander dell'Austria. Come allora, rappresenta la testimonianza della fede cristiana, il centro della città di Vienna e dell'Episcopato.

Oggi, in questa festosa occasione, è riunito, nelle persone dei propri rappresentanti, tutto l'apostolato laico, per celebrare la Santa Messa insieme al suo Cardinale, ai Vescovi, ai sacerdoti e diaconi e al successore di san Pietro.

Siamo tutti uniti da un comune passato cristiano, del quale fa parte anche la storia della liberazione della vostra Patria. Allo stesso tempo ci unisce una missione comune: la missione di proclamare la salvezza nel mondo d'oggi.


2. Cari fratelli e sorelle! "L'angelo Gabriele fu mandato da Dio... a una vergine... La vergine si chiamava Maria" (Lc 1,26-27).

La descrizione dell'Annunciazione secondo Luca parla dell'invio di Gabriele a Maria, la vergine di Nazaret. Nello stesso tempo questo brano ci rivela come sia stato mandato il Figlio di Dio: Dio, il Padre, lo invia nel mondo dandogli una madre terrena. La venuta del Figlio di Dio si realizza nel suo diventare uomo. Il Verbo, uno col Padre, si incarna; nel seno della vergine si fa uomo per mezzo dello Spirito Santo. Maria accoglie l'annuncio dell'Angelo con fede e dice il suo "fiat", il suo si: così diventa la Madre di Cristo.

Questo avvenimento è il vertice della storia della salvezza: inizia da qui l'opera messianica di Cristo fra gli uomini. "Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo... e il suo regno non avrà fine" (Lc 1,32-33).


3. La missione di Cristo, che si compie in Croce sul Calvario e che viene confermata dal Padre attraverso la risurrezione, ha il suo seguito. Il Signore risorto dirà agli Apostoli: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi (Jn 20,21). Li manda come testimoni del Vangelo, testimoni della Croce e della risurrezione. Li manda come ambasciatori del Regno di Dio. Li manda per poter operare da allora in poi, con le loro parole, le loro azione i loro cuori. Per mezzo dello Spirito Santo si è compiuta e realizzata la missione terrena del Figlio di Dio; per mezzo dello stesso Spirito gli Apostoli debbono compiere la missione, che è stata loro affidata.

La seconda lettura della Liturgia di oggi ci mostra gli Apostoli riuniti in attesa dello Spirito Santo insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui" (Ac 1,14). "Tutti loro erano riuniti in preghiera", in preghiera allo Spirito Santo.

Questo primo nucleo della Chiesa delle origini non è già l'immagine del popolo di Dio, formato oggi dai Vescovi, successori degli Apostoli, e dai cristiani laici, uomini e donne? In conformità alla volontà manifestata da Dio e alla sua missione nella storia, la Chiesa conosce effettivamente due dimensioni dell'apostolato: l'apostolato del servizio che le deriva dall'apostolica successione dei Vescovi e l'apostolato dei laici che deriva dalla comune chiamata di ogni cristiano.

Il Concilio Vaticano II ha illustrato efficacemente queste due dimensioni, nel loro valore autentico, indipendenti ma in stretto rapporto tra loro. Qui troviamo il fondamento teologico costante per ogni realizzazione concreta di queste due forme di apostolato nei nostri giorni. L'apostolato dei religiosi e quello dei laici non sono in contrasto, ma si integrano profondamente fra loro. Nella Chiesa delle origini, a Gerusalemme, non c'era una "Chiesa che sta in alto" e una "Chiesa che sta in basso": "insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui, tutti gli Apostoli erano riuniti in preghiera".


4. Fratelli e sorelle! Questa cattedrale, nella quale si respira la storia e la fede costante della vostra Patria, ci ricorda come una volta uomini e donne coraggiosi hanno portato in questo Paese il messaggio di Gesù Cristo. Insieme ai Vescovi, ai sacerdoti, ai preti e alle suore, innumerevoli laici di tutti gli strati sociali e di ogni condizione economica hanno portato il Vangelo, lo hanno piantato, lo hanno curato e fatto fiorire. Soltanto Dio conosce quanta fede, quanta speranza e quanto amore questi uomini hanno vissuto e risvegliato negli altri.

Anche oggi la Chiesa non si stanca di distribuire il dono della misericordia di Dio. Allo stesso tempo si adopera instancabilmente affinché il terreno arido diventi fertile. Perché ciò possa compiersi, potete dare il vostro contributo nella vostra specifica missione di laici. Il laico è allo stesso tempo segno di salvezza nel mondo e ponte tra la Chiesa e il mondo. Spesso siete in contatto molto più stretto con le condizioni di vita, le necessità, le speranze e le contraddizioni spirituali del nostro tempo, di quanto non lo siano sacerdoti e religiosi. Solo con un apostolato dei laici generoso, in unità ai pastori della Chiesa, vivificato dalla Grazia sacramentale, la Chiesa è veramente Chiesa (Cfr. Ag 21).

Come successore di san Pietro vorrei esprimervi il mio sentito ringraziamento per il servizio che rendete in questa missione, che il Figlio del Padre ha affidato alla sua Chiesa. Servite il Vangelo in diversi modi: ognuno nel suo campo e in conformità alla propria personale vocazione, ma tutti in stretta collaborazione fra loro. Siete stati voi a seguire questa vocazione e ad assumervi questi impegni. Allo stesso tempo pero voi siete stati scelti da Dio e riempiti della sua grazia.


5. Siate quindi consapevoli, che ogni vostra opera nell'apostolato laicale è ultimamente il servizio dell'annuncio della Buona Novella di Gesù Cristo. Ciò vale in particolar modo per coloro che sono impegnati direttamente nel servizio della trasmissione della fede. Mi riferisco qui agli insegnanti di religione nelle scuole, e a tutti coloro che educano alla fede in altri campi soprattutto nella preparazione al Battesimo, alla Cresima, alla Confessione e Comunione e al Matrimonio.

Il Vangelo di Giovanni ci rivela che in Gesù il Verbo divino si è fatto carne (Jn 1,14). Dio è verità; e ci è stato concesso di scoprire questa verità nella nostra vita, di ripeterla, di divulgarla e questo nella nostra lingua, con parole e frasi nostre. Di qui l'impegno della Chiesa ad enunciare e divulgare la fede con chiari dogmi. Ciò corrisponde anche alla natura dell'uomo, che possiede il dono regale dell'intelletto per ascoltare, riflettere e apprendere.

Molte correnti spirituali esigono l'insegnamento catechetico: "Noi vogliamo vivere secondo la verità nella carità" (Ep 4,15) rispondiamo con l'apostolo Paolo. Non stancatevi quindi di servire e insegnare la verità, affinché "la verità del vangelo continui a rimanere salda tra di voi (Ga 2,5). La Sacra Scrittura chiama il nemico di Dio "Padre della menzogna" (Jn 8,44); essa chiama invece la nostra collaborazione "Spirito di Verità" (Jn 4,17).

So che il vostro servizio nella catechesi è pieno di ostacoli. Ma confidiamo che lo Spirito di Dio vive nella Chiesa con la sua verità e non permettiamo che coloro che ci sono stati affidati vivano la solitudine di un'interpretazione soggettiva della fede. Cerchiamo di utilizzare tutti i giusti metodi, perché la verità sia trasmessa in modo comprensibile (cfr. 1Co 3,2).

Nello stesso tempo pero teniamo presente l'ammonimento dell'Apostolo: "Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna" (2Tm 4,2).

L'evangelizzazione affidata ai laici si estrinseca soprattutto nel loro ambiente. Giustamente diciamo che i genitori sono i primi catechisti dei propri figli, che il lavoratore è il primo apostolo dei lavoratori, che i giovani ascoltano più facilmente i loro coetanei che non gli adulti. Ovunque voi vivete come cattolici credenti, confermati nel Battesimo e nella Cresima, li siete gli autentici messaggeri della fede, con il compito di liberare gli uomini per mezzo della verità (cfr. Jn 8,32). Sarà un grande aiuto in questo senso creare delle comunità. La Chiesa ha sempre dimostrato una forza inesauribile, tutte le volte che si sono create delle comunità di vita spirituale e di apostolato, nel cammino secolare della sua esistenza. Alcune hanno vita breve, altre rimangono vive e vitali nel corso dei secoli.

Io saluto tutte queste comunità! Conosco il vostro impegno per la formazione della vita sociale e religiosa, che avete fin qui assunto e che anche oggi vi viene richiesto. Adoperatevi quindi per un costante rinnovamento a partire dalle fonti, che ci offrono l'insegnamento della Chiesa e l'esempio di uomini santi. L'Eucaristia deve rappresentare il punto di riferimento fondamentale, dal quale trarre la forza per il vostro apostolato. Da molto tempo anche nel vostro Paese molte persone sono disponibili ad affiancare direttamente Vescovi e sacerdoti nella cura delle anime. Soprattutto le assistenti nella cura delle anime hanno svolto un'opera pionieristica per un servizio che oggi, nelle comunità, è sempre più riconosciuto nella professione dell'assistente pastorale. Penso anche con gratitudine a tanti altri uomini e donne che servono il Regno di Dio nella Chiesa a tempo pieno: sagrestani e organisti, giuristi e amministratori.

Soprattutto i collaboratori della Caritas cattolica, e tutti coloro che, in spirito cristiano, prestano la loro opera nelle diverse organizzazioni assistenziali, sono lo specchio del volto amabile e della mano tesa di Cristo.

Tutto il vostro agire sarà la prova della misericordia di Dio nei confronti degli afflitti. La comunione con chi soffre, nel nome di Gesù, deve essere la ragione di ogni impegno sociale della Chiesa.

Per un opportuno coordinamento di tutti questi servizi nell'ambito della Chiesa, esistono anche presso di voi dei consigli parrocchiali e simili istituzioni a livello più alto. Tutte queste organizzazioni mettono in evidenza la realtà di tutto il popolo di Dio. Esse collaborano affinché sacerdoti e laici possano cercare strade comuni per l'evangelizzazione; consentono alla Chiesa del vostro Paese di far sentir meglio la propria voce.

In ultimo vorrei nominare anche coloro che prestano il loro servizio nel silenzio. Non è indifferente se l'edificio di una chiesa viene curato e ornato con amore; non è indifferente chi si occupa della parrocchia; è importante lo spirito con il quale si affrontano le varie piccole incombenze in una comunità, che possono essere grandi agli occhi di Dio. Anche queste aprono la strada al Vangelo, se sono eseguite con convinzione e col cuore.


6. Cari fratelli e sorelle! Affinché la vostra opera nei vari campi dell'apostolato laico possa essere veramente efficace, dovete essere profondamente convinti e animati dallo Spirito di Cristo. perciò vi esorto a santificare la vostra vita. Nel vostro Paese hanno vissuto e operato Santi la cui memoria è incancellabile. Pensiamo soprattutto, qui a Vienna, a san Clemente Maria Hofbauer.

Erano sacerdoti laici, uomini e donne, religiosi e religiose. E anche in tempi più recenti vi sono stati uomini ai quali guardiamo con gratitudine e speranza anche se non sono stati ancora innalzati all'onore degli altari.

Un santo è, nella vita e nella morte, la traduzione del Vangelo per il suo Paese e il suo tempo. Cristo non esita a richiamare i suoi discepoli alla successione e alla perfezione (cfr. Mt 5,48). Il Discorso della Montagna è un insegnamento esemplare per la santità. Non abbiate paura di questa parola, non abbiate paura della verità di una vita santa! E' vero che la Chiesa ha bisogno delle vostre grandi istituzioni, strutture e mezzi finanziari. La sorgente della sua vita pero è lo Spirito di Dio, che vuole manifestarsi concretamente nell'uomo.

perciò curate la preghiera, soprattutto la preghiera personale. Molte delle vostre chiese sono stupende opere d'arte, ma non devono diventare dei musei. La fede costante della preghiera silenziosa di molti uomini dinanzi al tabernacolo fa si che queste chiese mantengano la loro autentica destinazione e dignità.

Date nuovamente vita nelle vostre comunità al Sacramento della Confessione. Con la parabola del fariseo e del pubblicano (cfr. Lc 18,10ss) il Signore dice chiaramente con quale atteggiamento ognuno deve entrare in chiesa.

Senza il pentimento crescono le accuse e da queste accuse nascono le inimicizie, le inquietudini, perfino la guerra. Il nostro pentimento davanti a Dio non serve soltanto alla salvezza personale, ma anche alla salvezza del mondo che ci circonda. così diventeremo segno vivente della speranza in mezzo agli uomini, che rifiutano le loro colpe o vengono schiacciati da esse.

Pregate Dio perché vi conceda la grazia di poter portare la vostra Croce. Spesso la nostra vita è in pericolo e molti piani falliscono. Ci sono molti uomini - anche nel vostro Paese - che non trovano più alcun senso nella loro vita.

Siate voi, con la vostra umile forza, a dar loro nuovo coraggio nel portare la propria croce. Sarete allora per loro un esempio di liberazione; in voi vedranno la via per giungere, insieme al nostro Redentore, al Monte degli Ulivi e alla risurrezione.

E per concludere: vivete con coraggio tutta la vostra vita personale, anche se vi sembra insignificante. La grande maestra delle piccole cose, Teresa di Lisieux, ci ha dimostrato nei brevi anni della sua vita quanto siano grandi davanti a Dio le piccole, normali incombenze. Vogliamo ricordare anche Charles de Foucauld, che ha riconosciuto il grande esempio la vita nascosta di Gesù a Nazaret. C'è una santità molto evidente di alcuni uomini; ma c'è anche la santità sconosciuta della vita quotidiana.

In tutto questo Maria sia il vostro esempio. "L'angelo entrando da lei" la saluto come "piena di grazia". "Ave Maria, gratia plena", così l'ha salutata la Chiesa nel corso dei secoli. Il Signore è con Lei. Si, il Signore sia anche con voi nella santità delle vostre vite e nel vostro servizio apostolico.

Questo è l'augurio del Papa, e questo è il servizio sacerdotale dei vostri Vescovi, sacerdoti e diaconi alla vostra vocazione.


7. Per finire vorrei tornare ancora sulle parole della Liturgia di oggi. La prima lettura, tratta dal libro del Siracide (24,3) parla della saggezza che, è uscita dalla bocca dell'Altissimo".

Cari fratelli e sorelle! Vogliamo amare questa saggezza. Allora troveremo i nostri amici in un apostolato che è al servizio di questa saggezza divina. Grazie a questo servizio di tante generazioni, la saggezza "ha messo le radici in mezzo a un popolo glorioso", "nella porzione del Signore", nella sua "eredità" (Si 24,12). Grazie a questo servizio i messaggeri della saggezza divina dell'attuale generazione possano mettere radici nel mondo di oggi.

Coltiviamo questo eterno desiderio della saggezza divina. Apriamole il nostro cuore. Trasmettiamola agli uomini e alle cose che ci circondano.

Spianiamole la strada alla morale e alla cultura, alla vita sociale, politica ed economica. La saggezza divina è la luce che riempie tutto il creato. Essa abbraccia nel suo amore il Creatore e la creazione, Dio e l'umanità.

Fratelli e sorelle! Camminiamo lungo la strada di questa saggezza.

Diventiamone i messaggeri! Serviamo la salvezza, che Dio stesso ha dato all'umanità in Gesù Cristo. Amen.

Data: 1983-09-12 Data estesa: Lunedi 12 Settembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Vienna (Austria