GPII 1983 Insegnamenti - Ai lavoratori dell'Austria e di altri paesi - Vienna (Austria

Ai lavoratori dell'Austria e di altri paesi - Vienna (Austria

Titolo: La solidarietà cristiana spinge all'azione

Cari fratelli e sorelle del mondo del lavoro!


1. Molto cordialmente saluto tutti voi che siete venuti qui oggi; saluto i lavoratori austriaci, e saluto voi che, venuti dai diversi Paesi d'Europa e addirittura d'oltremare, avete trovato lavoro qui in Austria. L'essere venuti insieme è un segno evidente per me della solidarietà che avete già trovato nel lavoro. Saluto in questa occasione anche tutti coloro che in molte aziende del Paese impiegano giorno per giorno la propria capacità lavorativa per il bene di tutti: nell'artigianato, nell'industria, nell'agricoltura, nell'amministrazione e nei servizi.

Questo incontro vuole essere un segno del mio profondo legame con gli uomini che lavorano. Voglio esservi a fianco e condividere le vostre speranze, preoccupazioni e angosce. Voglio infondere a voi e alle vostre famiglie fiducia e coraggio e questo con la forza della nostra fede cristiana, che la maggior parte di voi porta nel cuore.

Cari amici! Siete legati da un comune, spesso pesante, lavoro; ma siete anche diversi per storia, tradizione, lingua, cultura e religione.


2. Mi rivolgo prima a voi, cari lavoratori stranieri. Alla ricerca di lavoro e pane - in parte con le vostre famiglie - avete lasciato la vostra Patria per iniziare una nuova vita in un ambiente nuovo, in un Paese con un'altra cultura e un'altra lingua. Avete portato con voi - e questa è la vostra ricchezza - le vostre molteplici capacità, la vostra volontà e il vostro impegno di lavorare. Nel corso degli anni avete contribuito allo sviluppo economico e al progresso industriale della Nazione austriaca e avete così acquisito il diritto ad un pari trattamento in tutte le questioni sociali del lavoro. Inoltre, portate dalla vostra Patria anche una ricca eredità culturale, la vostra religiosità e la vostra umanità.

Così, di nuovo, sul suolo austriaco si incontrano membri di diversi popoli: in pacifica unione e in comune lavoro. Ciò rende possibile intensi contatti di diverse culture, il conoscersi meglio, la fraterna unione fra i popoli. Il lavoro comune potrebbe portare ad un reciproco arricchimento umano e spirituale. Lavorare insieme nello stesso posto, potrebbe essere un aiuto a superare eventuali pregiudizi verso gli altri, e a rafforzare la stima e la tolleranza nei confronti di chi parla una lingua diversa e professa un altro credo.


3. Il Paese ospite e la sua popolazione hanno quindi il compito di accettare i lavoratori stranieri soprattutto come uomini e di andare loro incontro fraternamente. Essi non devono essere considerati soltanto come forza di lavoro o mezzi di produzione, da acquistare o sfruttare possibilmente a buon mercato, magari eludendo le leggi sociali vigenti. Tutti, ma soprattutto la pubblica amministrazione, devono aiutarli per quanto è possibile a farsi raggiungere dalle proprie famiglie e a trovare un adeguato alloggio. Anche le pubbliche istituzioni, come i sindacati, i partiti, le istituzioni culturali sono chiamate, secondo le loro possibilità, a contribuire al superamento di discriminazioni e pregiudizi, intolleranza e sfiducia.

Richiamo in modo particolare i cristiani di questo Paese ad offrire un'autentica ospitalità, ad interessarsi sinceramente della loro vita personale e del loro lavoro per conoscere meglio i loro problemi. Come lo stesso Gesù Cristo e molti giusti dopo di lui, noi cristiani dobbiamo superare i limiti della nostra tradizione, della nostra posizione sociale, della nostra formazione culturale, riconoscere il nostro fratello proprio nello straniero e nel bisognoso e accettarlo con amore.

A questo punto vorrei ringraziare la Chiesa d'Austria per tutto ciò che ha fatto in campo pastorale a favore dei lavoratori stranieri e per tutto ciò che intende fare in futuro. In particolare vorrei ringraziare quei sacerdoti che hanno seguito i loro fedeli dalla madre Patria, per annunciare loro la Lieta Novella nella lingua madre anche all'estero.


4. E ora, cari fratelli e sorelle, mi rivolgo in particolare a quanti fra voi, uomini e donne, provengono dall'Austria. E' noto, oltre i confini del vostro Paese, che affrontate i conflitti sociali del mondo del lavoro a un livello molto avanzato. Con il sindacato vi siete dati una forte organizzazione e il gran numero di iscritti dimostra un alto livello di solidarietà fra di voi. Attraverso una lunga lotta avete risolto i problemi più importanti nell'ambito del lavoro, vi siete dati una legislazione in merito. Avete raggiunto un certo livello di compartecipazione nel settore economico e dato anche prova di gestire queste possibilità in maniera competente e responsabile. Gli operai di altri Paesi guardano a voi con rispetto. E' confortante il fatto che nel vostro Paese datori di lavoro e lavoratori cerchino di affrontare insieme i problemi da risolvere con una leale "intesa delle parti" e abbiano già raggiunto notevoli risultati.

Desidero esprimervi per questo la mia riconoscenza perché la dottrina sociale cristiana afferma con particolare fermezza il principio di una pacifica solidarietà al servizio di tutti.

Anche da voi, pero, il sistema economico e il mondo operaio si trovano ad affrontare problemi del tutto nuovi. All'orizzonte internazionale si sta affacciando una grave crisi economica, che, come sembra, in molti luoghi genera una disoccupazione duratura. Alcuni esperti prevedono sviluppi che renderanno in misura molto ridotta il lavoro umano per la produzione di beni e di servizi.

Cominciamo già a vedere questi cambiamenti. In tale frangente dobbiamo dimostrare ciò che noi cristiani pensiamo dell'uomo e del suo lavoro. Non deve accadere che chi perde il proprio posto di lavoro perda anche la sua posizione nella società e che venga isolato e privato della stima di se stesso. Il lavoro è di fondamentale importanza per l'uomo, e il cristianesimo stesso ha dato al lavoro una grande importanza.

Ma il messaggio cristiano mostra anche che l'uomo diventa tale non solo attraverso il lavoro. L'uomo è l'immagine di Dio e viene giudicato secondo la sua inalienabile dignità e non secondo il suo lavoro. Per cui la disoccupazione non deve mai essere considerata una colpa personale. Non è possibile trovare una soluzione a questo grave problema senza sacrifici da parte di tutti gli interessati. Dovrete spesso mettere alla prova la vostra solidarietà. Io ho fiducia in voi e so che troverete insieme una soluzione.


5. Non tutti gli uomini sono ugualmente colpiti dalla piaga della disoccupazione.

Vi sono gruppi che hanno bisogno della vostra particolare attenzione. Sono sempre più numerosi i giovani che dopo il periodo di formazione professionale non trovano un lavoro fisso. Si vedono amaramente delusi nella loro preparazione al lavoro e all'impegno di responsabilità nella società. Le donne si vedono tra le prime a perdere il lavoro. Anche se il loro compito nella famiglia merita la più alta considerazione, non devono essere discriminate nella professione. Le donne di oggi lavorano in tutti i settori professionali e devono poter esercitare la loro attività secondo le proprie attitudini senza pregiudizi ed esclusioni da ruoli per i quali sono portate.

La situazione è particolarmente difficile per gli handicappati. Ma sarebbe indegno dell'uomo, e una negazione della comune natura umana, dare lavoro solo a persone in piena efficienza. Gli uomini non si possono dividere tra forti, sani e ben accetti da un lato e deboli e malati mal tollerati dall'altro. Anche in questo caso il lavoro deve essere subordinato alla dignità dell'uomo e non all'interesse economico. Finché, nonostante tutti gli sforzi, ci saranno tra di voi dei disoccupati, dovrete cercare insieme a loro una soluzione.

Infine devo parlare di un problema che mi sta particolarmente a cuore.

Non dimentichiamo, per le giustificate preoccupazioni dell'avvenire economico e sociale dei nostri Paesi, la ben più grave miseria dei Paesi del Terzo Mondo. Non possiamo pensare solo a noi quando si tratta di risolvere i grandi problemi sociali. Proprio noi in quanto cristiani, dobbiamo cercare soluzioni tenendo sempre presente la dignità di quegli uomini i cui fondamentali diritti sono lesi.

Ciò vale anche per il settore del lavoro dipendente in molti Paesi del mondo.

A questo proposito faccio appello alle associazioni cattoliche di datori di lavoro e di lavoratori, alle università e alle istituzioni sociali affinché studino attentamente i problemi attuali dell'ordine economico e professionale mondiale, alla luce della dottrina sociale cattolica - fino all'enciclica "Laborem Exercens" - affinché con la collaborazione di tutte le forze responsabili si trovino soluzioni giuste e realizzabili.


6. Cari fratelli e sorelle! Anche se i problemi di oggi sembrano enormi, non c'è motivo per rassegnarsi. Questo mondo - anche nella sua situazione attuale - ci è stato dato da Dio come compito. La nostra fede cristiana contiene molti motivi e principi per cercare di assolvere questo compito. Le prime pagine della Bibbia - la descrizione dell'atto della creazione - rappresentano in un certo senso il primo Vangelo del lavoro. L'uomo è stato creato a immagine di Dio e con il suo lavoro partecipa all'opera del Creatore. Ciò non si riferisce soltanto a prestazioni straordinarie. Uomini e donne che si procurano con il lavoro quotidiano i mezzi di sussistenza possono essere giustamente convinti di continuare così l'opera di Dio.

L'aumento dei problemi sociali nell'industria e nell'economia, ha spinto i lavoratori, in modo sempre più determinante, a un'azione comune, alla solidarietà. Nell'avanzare insieme, lavoratori e lavoratrici si sono liberati dall'umiliazione e dalla oppressione. Hanno creato le condizioni per una vita degna dell'uomo, per una vita di giustizia e libertà. Per questo i lavoratori cristiani hanno trovato nella dottrina sociale della Chiesa forza e stimolo.

La solidarietà cristiana spinge all'azione. Nei Vangeli noi vediamo Gesù attraversare la sua Patria con occhio vigile. Pieno di amore si rivolge agli uomini afflitti dal dolore e li allontana dall'isolamento della malattia e del disprezzo. così egli si eleva con grande determinazione al di sopra delle opposizioni di quanti lo circondano, anche degli Apostoli. così anche per il cristiano solidale non può esistere neutralità di fronte all'ingiustizia. Egli abbandona la comoda indifferenza ed è pronto all'azione. La decisione di agire è molto importante per la costruzione di un mondo degno dell'uomo.

La solidarietà cristiana spinge all'azione comune. Il passaggio dall'"io" al "noi" comporta la rinuncia all'egoismo e all'ostinazione. La ricerca dell'intesa reciproca è anche una scuola per la crescita e la maturazione personale. Infine l'azione comune è la via giusta per risolvere i problemi esistenti con i diretti interessati. Noi vediamo spesso questi elementi nella storia della Chiesa di Cristo. Anche i discepoli del Signore formano intorno a Gesù un gruppo che apprende e agisce in comunità. Essi sono mandati a due a due e non annunciano solo un messaggio individuale di salvezza - la salvezza è una promessa per tutto il popolo di Dio -.

La solidarietà cristiana vive per il "pro" non per il "contro". L'azione solidale vuole eliminare l'inutile sofferenza provocata dagli uomini o dalla natura. Essa si volge contro coloro che sono interessati a un eventuale mantenimento di tali ingiustizie. In definitiva la spinta all'azione non deve essere il "contro" e che può portare ad una nuova oppressione, ma il "pro" che libera. Noi vediamo in Gesù come egli non tema i contrasti con i malfattori e i sostenitori dell'ingiustizia. Il suo scopo è la redenzione, non la perdizione del peccatore; il suo scopo è la vita, non la morte. Anche lo scopo della solidarietà dei lavoratori non dovrebbe essere la vittoria, il trionfo e il dominio, ma il sostegno, il miglioramento e la comprensione.

Se voi vi unite nella solidarietà per creare un mondo giusto e degno dell'uomo, vi mettete al servizio della vita. La volontà di Dio di salvarci è immensa. Lui vuole che viviamo e che prendiamo la vita a piene mani.


7. Oltre a queste considerazioni sulla solidarietà nel lavoro desidero aggiungere una cordiale parola di riconoscimento per quei fratelli e sorelle del mondo del lavoro che occupano consapevolmente il loro posto di lavoro come cristiani credenti. Io so che, proprio in Austria, da molti decenni, questi uomini e queste donne sono attivi nelle file dei lavoratori e sono testimoni di Cristo. Ed è da questi cristiani che sono partiti molti impulsi per la soluzione dei numerosi problemi dei lavoratori. Tra i lavoratori i primi apostoli e quelli più vicini devono essere i lavoratori stessi. Penso perciò ai molti laici e sacerdoti che si dedicano soprattutto all'apostolato degli operai. Io so che anche in Austria molti si lasciano positivamente influenzare dallo spirito del Cardinale Cardjin. E se oggi il movimento austriaco dei lavoratori cattolici ha invitato in questa piazza i lavoratori stranieri a incontrarsi con me, vedo in questo un segno di piena speranza: i cristiani vogliono dimostrare come la solidarietà nel lavoro non termini ai confini del loro Paese e dei loro interessi. Io vi ringrazio per l'esempio che avete dato.

Cari fratelli e sorelle del mondo del lavoro! Siate consapevoli della vostra dignità e della vostra vocazione: voi siete figli di Dio, collaboratori di Dio, che ha creato questo mondo e ce lo ha consegnato. Impegnatevi perché diventi migliore. Impiegate le vostre forze per creare condizioni sociali che siano giuste e degne dell'uomo. Voi avete un grande passato, non lasciate l'avvenire al caso! Io vi assicuro: la Chiesa si sente profondamente legata a voi e sta al vostro fianco. Essa crede ai valori che ogni uomo possiede e all'ordine che il Creatore del mondo ha assegnato ad ogni uomo.

Io prego Dio in quest'ora affinché la situazione economica migliori nuovamente e affinché voi e le vostre famiglie siate liberati dai fardelli e dalle preoccupazioni, affinché nelle aziende e nei posti di lavoro regni la giustizia e così - in voi e attraverso di voi - sia sempre più manifesto che il Regno di Dio è già cominciato. In questo mondo come in quello del lavoro.

Al termine del discorso il Santo Padre ha rivolto saluti ai gruppi di lavoratori croati, slavi e turchi, aggiungendo per tutti saluti in lingua inglese.

Data: 1983-09-12 Data estesa: Lunedi 12 Settembre 1983

Ai polacchi - Vienna (Austria

Titolo: Siate fedeli al patrimonio della fede e della Patria

Cari fratelli e sorelle, venerati connazionali!


1. Ringrazio Dio per la grazia di questo momento, per l'opportunità di poter incontrare i miei connazionali nella terra austriaca. Do il benvenuto e saluto tutti, ognuno in modo particolare.

In primo luogo saluto l'Arcivescovo di Vienna, Cardinale König, grande amico della Polonia. Saluto i qui presenti: Cardinale primate, il Cardinale Metropolita di Cracovia, tutti i Vescovi polacchi nonché, a noi così cari, i Vescovi del fraterno Paese dei Cechi e Slovacchi. Ringrazio il Vescovo Szczepan Wesoly, delegato addetto all'attività pastorale delle Comunità polacche all'estero per il discorso che ha pronunciato. Saluto di cuore tutti i sacerdoti, pastori, sacerdoti diocesani e religiosi del luogo, e, in particolar modo, i sacerdoti della Congregazione dei resurrezionisti. Sono venuto qui proprio dalla loro chiesa.

Colgo l'occasione per ringraziarli ancora una volta per l'ospitalità con cui hanno accolto me e gli altri Vescovi polacchi in viaggio a Roma. Do un benvenuto particolarmente cordiale ai vostri figli e figlie, giovani e bambini, qui presenti, e a tutti coloro che sono stati guidati a questo incontro dalla fede, speranza, amore e solidarietà fraterna. Saluto nello stesso spirito i rappresentanti delle altre confessioni e tutti gli ospiti. Ringrazio tutti di cuore per la loro presenza e testimonianza.


2. "Beata la Nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che si è scelto come erede" ().

Inizio il mio discorso con queste parole del salmo, poiché esse esprimono la verità più elementare, cioè quella che Dio, il nostro Padre e Creatore, il quale ha inscritto le sue leggi nei cuori umani, è il Dio della storia; egli sta - come una volta nel segno di colonna di fuoco dinanzi a Israele che camminava nel deserto verso la liberazione - sulla strada di ogni uomo, di tutti i popoli e Nazioni, ed è per loro l'ultimo destino e compimento.

Tramite l'alleanza stretta con l'umanità in Gesù Cristo, Dio accoglie e sceglie come "sua eredità" singole persone e popoli, e la fedeltà a questa alleanza fa si che egli diventi il loro Signore e Liberatore. La vita umana, nonché la vita delle singole società e la loro convivenza, rimane continuamente in riferimento all'autorità suprema di Dio stesso. E questo riferimento non è solo la relazione tra Creatore onnipotente e le creature a lui suddite, ma in Cristo, Figlio di Dio e della Vergine di Nazaret, acquista il valore familiare: siamo figli di un unico Dio e tra noi fratelli. Solo in tale riferimento il bene delle singole persone nonché quello comune diventa il bene.

Dinanzi alle minacce, sfortune e flagelli di oggigiorno, dei quali siamo testimoni e partecipanti, la Chiesa osserva con maggior preoccupazione ciò che sta dentro l'uomo, il suo spirito; guarda anche lo spirito delle Nazioni vedendo la guarigione, la salvezza e il futuro nella rinascita spirituale. Osserva lo spirito della Nazione, poiché essa non è solo una comunità di singole persone, legate con deboli vincoli, ma è una particolare sintesi di lingua, modo di pensare, valori, esperienza, fede, tradizione, civilizzazione, cioè della cultura nel suo senso più ampio. Questa sintesi è creata dai singoli uomini, ma anche lo spirito della Nazione in un certo senso crea ogni uomo e forma le generazioni intere. E' per esse forza e ispirazione nel creare sempre nuovi valori, nel plasmare l'immagine della vita in Patria e nella famiglia umana, nel costruire il futuro.


3. E proprio in questo spirito vogliamo commemorare il 300° anniversario della battaglia di Vienna. Vogliamo esprimere la più profonda gratitudine al Dio onnipotente perché lui è il Dio della storia, degli uomini e delle Nazioni che ha scelto come "sua eredità" preservandola da prove ed esperienze talvolta mortali.

Vogliamo esprimere la più profonda gratitudine al Dio onnipotente perché ha donato ai nostri padri l'audacia e la forza. Vogliamo rendere onore - qui a Vienna - alla memoria del re Jan III Sobieski perché difese la Patria minacciata dal nemico e perché s'impegno nella difesa dell'Europa, della Chiesa e della cultura cristiana allorquando si trovarono di fronte a un pericolo mortale. Vogliamo ringraziare Dio per la vittoria ottenuta 300 anni orsono. Ricordiamo gli eserciti, condotti dal re, tra cui soprattutto i nostri compaesani, cavalieri che combatterono a Vienna.

Ricordiamo e rendiamo onore al loro sacrificio e al loro coraggio con i quali vennero e con i quali in loro e tramite loro Dio vinse. Che li illumini la luce secolare, e che la stessa luce di Dio illumini le nostre vie, vie di contemporanee generazioni di nostri fratelli e sorelle in Patria e su tutta la terra. Che essa conduca dappertutto alla vittoria delle giuste ragioni, della giusta causa, del bene, della verità dell'amore e della solidarietà umana, interpersonale e internazionale.


4. Tra un istante pronunceremo la nostra confessione di fede in Dio, che è sempre nello stesso tempo confessione di fede nell'uomo, poiché la grandezza e la dignità dell'uomo nasce dal fatto che è stato creato a immagine e somiglianza di Dio; che è stato redento e ha ricevuto la forza per diventare figlio di Dio e partecipare alla vita di Dio stesso; che è immortale, sebbene debba morire.

Il mio pellegrinaggio in Austria, e anche questo incontro con i miei connazionali che si sono stabiliti o soggiornano solo momentaneamente in questo Paese, si svolge - come sapete - nell'anno del Giubileo straordinario della Redenzione. In questo anno ricordiamo in modo speciale l'opera compiuta da Cristo sul Calvario circa 1950 anni fa. Ricordiamo la Croce del Calvario e ricordiamo la risurrezione alla quale questa Croce ha aperto la strada. Senza la risurrezione la Croce e la morte sarebbero state una tragedia per l'uomo e per l'umanità. Se il Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede - scrive san Paolo, apostolo di Cristo (cfr. 1Co 15,14). Ma lui è venuto per morire e risorgere affinché noi abbiamo la vita, affinché l'abbiamo in abbondanza (cfr. Jn 10,10). Egli porto i nostri peccati nel suo corpo sul legno della Croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti (1P 2,21 1P 2,24).

Questa vittoria è il dono dell'amore, ed è stata ottenuta tramite l'amore. Da quel momento la Croce è diventata simbolo della vittoria tramite l'amore e annuncia all'uomo che la sua causa è vinta, che anche di fronte alla sconfitta, all'umiliazione e alla privazione della libertà, l'uomo è libero; che non può esistere situazione in grado di annientarlo, di togliergli la fede nel futuro.

Cristo ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del Vangelo (2Tm 1,10). Pertanto oggi particolarmente consapevoli e forti, confessiamo: credo nella remissione dei peccati, nella risurrezione dei morti e nella vita eterna. Che questo rimanga in voi come frutto dell'Anno della Redenzione e del nostro incontro.


5. Fratelli e sorelle. Conosco per lo meno in parte i vostri dolori e la vostra amarezza, legati ad un travaglio qual è l'emigrazione. Forse non avete previsto molti di questi dolori, forse ogni tanto avete voglia di cedere a numerose prove e tentazioni che vi sono apparse in questo nuovo mondo. Non le elenchero qui, le conoscete bene, ma vi prego, non lasciatevi prendere da nessuna forza né illusione. Siate maturi con la maturità della fede, e forti con la forza dello spirito.

Impegnatevi per il bene vostro e delle vostre famiglie; che queste famiglie siano fedeli all'evangelica legge dell'amore; che siano scuola di fede.

Lavorate per il bene della comunità che avete scelto o nella quale vi è capitato di vivere. Siate grati per ogni bene e sappiate perdonare da cristiani. Mantenete buono il vostro nome e quello della terra in cui siete cresciuti. Mantenete e moltiplicate il patrimonio che portate in voi. Siategli fedeli in tutto ciò che è buono. E' questa la strada per salvare la propria dignità e per stimare la dignità altrui. Non permettete che il vostro spirito sia ridotto al livello di qualsiasi materialismo. Tramite la parrocchie mantenete e approfondite il vincolo con la Chiesa. Nei suoi Sacramenti apritevi le sorgenti delle grazie del Redentore.


6. Vorrei con una grande fiducia indirizzare il vostro sguardo e i vostri cuori verso la Madre di Jasna Gora alla quale affido la sorte dei miei connazionali.

Affido a lei tutti voi poiché Jasna Gora è segno e sorgente di valori che provengono da Dio; che formano lo spirito e i cuori degli uomini, abitanti della nostra terra; che illuminano con la speranza gli occhi spenti, che trasformano perfino la sconfitta in vittoria.

Il nostro poeta chiamando in una delle sue poesie Dio il Signore del mondo aggiunge con una grande semplicità: "Sapete voi dove sono stato, / dove l'ho imparato? /...Sono di Czestochowa figlio / è da li che cammino / malgrado è lontano, lo faccio volentieri" (C.K. Norwid). Con tali sentimenti preghiamo Dio tramite la nostra Madre, Regina di Jasna Gora: costruisci, o Signore, la nostra casa. Sorveglia la tua città (cfr. ).

Prima di rinnovare insieme le promesse del Sacro Battesimo, vorrei salutare i nostri fratelli Cechi e Slovacchi che sono presenti qui a questo incontro col Papa.

Data: 1983-09-12 Data estesa: Lunedi 12 Settembre 1983

Rievocazione al Kahlenberg della vittoria - Vienna (Austria

Titolo: Fidatevi di cristo!

Con gioia e cuore commosso saluto voi tutti qui convenuti sul Kahlenberg in quest'ultima mattina della mia visita in Austria. Vi ringrazio per la calorosa accoglienza, le belle parole e il canto gioioso.

Quando trecento anni fa iniziava una grande e decisiva battaglia sulle alture del Wienerwald, le parole del Salmo acquistavano per gli uomini della città assediata un nuovo e realistico significato: "Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore" (Ps 121,1ss).

La chiesa sul Kahlenberg ci ricorda che anche i liberatori erano coscienti che il loro successo dipendeva dall'aiuto del cielo. Non volevano iniziare il combattimento senza aver prima implorato l'aiuto di Dio. E questa implorazione li seguiva in battaglia: "Gesù e Maria aiutateci!". Si, la fiducia nella potente intercessione di Maria rincuoro quei popoli minacciati in quei paesi di paura. Ciò li convinse ancor più ad attribuire la vittoria alla sua materna mediazione; per questo il 12 settembre di ogni anno è dedicato a lei, nella festa di Maria.

E' stato per me un suo dono poter celebrare questa festa nel 300° anniversario della liberazione; per l'avvenimento questa festa è stata istituita dal mio predecessore nel Duomo della capitale liberata in unione spirituale con coloro che allora - prima nel bisogno e poi nella gioia - avevano pregato e cantato in quella casa di Dio. Non smettete di pregare e di cantare; il nome di Maria ci è stato dato anche oggi come rifugio, poiché ai nostri giorni non abbiamo minori motivi per implorarla: "Maria, allarga il tuo mantello, fanne uno scudo e una protezione; fa' che ci copra e ci conservi finché tutte le tempeste non siano placate".

Sulla strada verso il santuario di Mariazell, vi porto tutti con me col pensiero. All'amore materno di Maria raccomando i tanti che hanno collaborato alla preparazione e alla realizzazione del grande "Katholikentag". Vorrei ringraziare voi e le vostre famiglie per l'impegno, i sacrifici e vorrei dirvi: "Dio ve ne renda merito!". Ma vorrei pregarvi di ricordare che il lavoro da compiere dopo un tale avvenimento è altrettanto importante quanto la sua preparazione. E' forse un lavoro meno appariscente ma proprio per questo non dobbiamo esitare a dedicarci ad esso con fantasia e costanza.

Anche voi, miei compatrioti polacchi, vorrei portare con me dalla "Magna Mater Austriae" e "Mater Gentium Slavorum". La profonda unione che si è creata il


12 settembre sotto il manto di Maria tra l'Austria e la Polonia ha mostrato proprio in questi giorni la sua capacità di creare un'autentica fraternità.

(In lingua polacca:) Sia lodato Gesù Cristo.

Cari connazionali! Siate i benvenuti. In poche parole desidero sottolineare il significato di questo momento che viviamo insieme qui, a Kahlenberg, ricordando la vittoria delle armi polacche e della coalizione dei Paesi europei sotto la guida del nostro re Giovanni III Sobieski. Questo momento fa sorgere tante riflessioni, poiché si tratta di un evento che ha salvato la cultura e il cristianesimo dell'Europa, inscrivendosi profondamente nella sua storia. Ha deciso del suo destino. Soprattutto pero questo anniversario e questo incontro di oggi suscitano in noi una profonda gratitudine per le grandi opere che Dio compie negli uomini e tramite essi. Pensava proprio così Giovanni III Sobieski quando ha annunciato al Papa la vittoria con le parole "Venimus, vidimus, Deus vicit".

Sulle pagine dell'Antico Testamento i Profeti, capi spirituali del popolo eletto, dicono che l'unico mezzo che porta alla vittoria e al riacquisto della libertà perduta è la conversione interiore, l'ordine morale, la fede e la fedeltà al patto di alleanza concluso con il Signore. E in tali categorie bisogna inquadrare la vittoria di Vienna. E' stata prima di tutto la forza della fede che ha indotto il re e il suo esercito ad affrontare una minaccia morale, in difesa della libertà dell'Europa e della Chiesa e a compiere questa missione storica fino in fondo.

E' molto significativo che il re, durante il suo cammino verso Vienna si sia fermato a Jasna Gora dove si è confessato e ha partecipato a più Messe. Si è inginocchiato a Cracovia nella chiesa dei carmelitani davanti al quadro della "Signora di Cracovia" e ha stabilito per la partenza da questa città il giorno dell'Assunzione. Ha pregato davanti al quadro miracoloso a Piekary Slaskie.

L'atto della consacrazione di una cappella alla Madonna di Jasna Gora oggi, qui, a Kahlenberg, sul posto della vittoriosa battaglia, acquista in questo ambito un particolare significato. E' l'espressione della gratitudine nei confronti della nostra Madre dataci "per difesa" e un omaggio che rendiamo ai nostri Padri, ai nostri antenati per la loro testimonianza dalla quale desideriamo prendere i coraggio per resistere in difesa dei valori oggi minacciati.

Naturalmente vorrei portare a Mariazell soprattutto voi, care studentesse e studenti. Vorrei poter dire a Maria che il vostro cuore è aperto a ogni richiamo di suo Figlio come lei desidera: "Fate quello che vi dirà" (Jn 2,5).

Fidatevi di lui! egli ha bisogno di voi: del vostro slancio, delle vostre idee, della vostra forza, si, anche di questo, ma soprattutto del vostro giovane cuore pieno di speranze. Abbiate fiducia in lui! che vi guiderà nel matrimonio, in una comunità spirituale o nel sacerdozio: ovunque voi siete la Chiesa; ma lasciate che sia lui a decidere.

Egli ha bisogno di matrimoni come cellule vive del suo Regno; come centro di irradiazione del suo amore. Egli ha bisogno di uomini il cui stile di vita faccia capire che è lui il desiderio ultimo cui aspira il nostro cuore e lo scopo di ogni comunità. Egli ha bisogno di uomini che svolgano, all'interno della Chiesa, l'opera del loro Signore in veste di sacerdoti, così come ho fatto io in questi giorni trascorsi in mezzo a voi. Abbiate fiducia in lui! E' un'avventura magnifica che vale ogni sforzo.

Cari amici. Il giorno che la Chiesa ricorda sul Kahlenberg è stato decisivo per la vita e la morte di decine di migliaia di soldati e di cittadini e per il destino politico e religioso di interi popoli attraverso i secoli. Un simile sguardo retrospettivo ci fa sentire molto piccoli. Ma il Signore che guida la storia ha nelle sue mani e nel suo cuore anche il cammino della vita di ognuno di noi. Confidiamo in lui nelle cose grandi e piccole.

Data: 1983-09-13 Data estesa: Martedi 13 Settembre 1983

Omelia sul sagrato del Santuario - Mariazell (Austria

Titolo: Maria che seppe tacere sia maestra di silenzio

Cari pellegrini che insieme a me siete venuti dalla Madre di Dio a Mariazell.


1. Maria si mise in cammino, affrettandosi verso la città sulle montagne della Giudea. Il nome della città era Ain-Karem. Oggi ci siamo messi in cammino per incontrarla sulle montagne della Stiria. Padre Magnus di St. Lambrecht le ha costruito qui una "cella". Da più di 800 anni essa accoglie i pellegrini con le loro preghiere e i loro ringraziamenti, qui nel santuario di Mariazell.

I pellegrini giungevano e giungono ancora oggi da molto lontano - con lo scettro o il bastone - e continuano a raccontare se stessi e i loro congiunti alla "Magna Mater Austriae", alla "Mater Gentium Slavorum", alla "Magna Hungarorum Domina", affinché li protegga e interceda per loro. Con ciò si inseriscono nel grande pellegrinaggio dei popoli, di cui abbiamo appena letto in un brano del profeta Isaia: "Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te... Palpiterà e si dilaterà il tuo cuore" (Is 60,3-5).

Anche in quest'ora si apre di nuovo il cuore materno di Maria, cari fratelli e sorelle, dato che in chiusura di questo grande "Katholikentag" anche noi siamo giunti da lei come pellegrini, per rappresentare davanti a lei e affidare al suo amore e alla sua cura non solo le diocesi dell'Austria e dei Paesi vicini, ma tutta la Chiesa di suo Figlio.


2. Cari confratelli nell'Episcopato, nel sacerdozio e nel diaconato, cari religiosi, cari seminaristi, care novizie e novizi, cari fratelli e sorelle laici! Come popolo di Dio in pellegrinaggio tutti noi siamo "riconosciuti", "destinati" e "chiamati" da Dio ad "essere conformi all'immagine" di suo Figlio (cfr. Rm 8,28-30). Questa vocazione comune assume nelle diverse forme di vita e nei diversi servizi della Chiesa un carattere particolare. Tuttavia nella Chiesa, come in una famiglia, non esistono barriere tra i singoli membri o gruppi. Ognuno ha bisogno dell'altro e ognuno sostiene l'altro. così ogni mio incontro di questi giorni appartiene a voi tutti, miei cari fedeli dell'Austria: la mia parola sulla politica e la cultura, la mia parola ai giovani e ai malati. E a voi tutti appartengono anche i miei pensieri sul sacerdozio e la vita religiosa, e desidero che voi, qui davanti all'immagine misericordiosa della Madre di Dio, li prendiate in considerazione e li approfondiate.


3. Il Vangelo di oggi culmina con la frase: "E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45). Con questa frase l'evangelista passa dalla casa di Elisabetta alla stanza di Nazaret, dal dialogo delle due donne alla Parola di Dio. E' Dio ad aprire il discorso con la Santa Vergine, con l'umanità. Prima c'è sempre la Parola di Dio: "In principio era il Verbo" (Jn 1,1). Per questo, cari sacerdoti e religiosi, l'ascolto dev'essere sempre la prima azione nella nostra vita religiosa. Dapprima dobbiamo apprendere il Verbo di Dio; solo allora possiamo dare una risposta; prima dobbiamo ascoltare, solo allora possiamo obbedire.

Il silenzio e il raccoglimento, la lettura e la riflessione religiosa sono indispensabili alla nostra via e al nostro servizio di ascoltatori e annunciatori del Verbo incarnato. In ciò Maria ci è di esempio e di aiuto. I Vangeli la definiscono come colei che tace, colei che ascolta nel silenzio. Il suo tacere è il grembo del Verbo. Essa custodisce tutto e lo fa maturare nel suo cuore. Come nell'Annunciazione, ascoltare Dio diventa di per sé un dialogo con Dio, in cui possiamo parlargli e lui ascoltarci.

Esprimete allora dinanzi a Dio ciò che vi commuove! Ringraziatelo pieni di gioia per ciò che vi ha fatto e per ciò che attraverso di voi giorno per giorno ha trasmesso ad altri. Esternategli le preoccupazioni per gli uomini a voi affidati, i figli e la gioventù, i coniugi, gli anziani e gli ammalati.

Esternategli le difficoltà e gli insuccessi del vostro servizio, tutti i vostri bisogni e le vostre sofferenze personali! Cari sacerdoti e religiosi, la preghiera è una componente insostituibile della nostra vocazione. Essa è così essenziale che a causa sua altre cose - apparentemente più urgenti - possono e devono essere poste in secondo piano. Anche se la vostra vita di ogni giorno al servizio degli uomini è sovraccarica di lavoro, in essa non deve mancare il tempo dedicato al silenzio e alla preghiera.

La preghiera e il lavoro non devono essere mai separati l'una dall'altro. Se noi meditiamo e raccomandiamo ogni giorno il nostro lavoro a Dio, esso diventa preghiera.

Imparate a pregare! Per questo attingete soprattutto dalla ricchezza della Liturgia delle ore e dell'Eucaristia, che devono accompagnare in modo particolare il vostro lavoro quotidiano. Imparate alla stessa scuola del Signore a pregare, in modo da diventare maestri della preghiera e poter insegnare la preghiera anche a coloro che vi sono affidati. Se insegnate agli uomini a pregare, allora restituirete la parola alla loro fede spesso scossa. Attraverso la preghiera li ricondurrete a Dio e darete nuovamente alla loro vita un contenuto e un senso.

Io guardo a voi pieno di speranza, cari candidati al sacerdozio, cari novizi e novizie. Già i vostri seminari e noviziati devono essere luoghi di raccoglimento, di preghiera e di esercizio per un rapporto di fiducia col Signore.

Io conosco il vostro nuovo desiderio di una preghiera giusta e anche la vostra ricerca di nuove vie per far penetrare ancor più profondamente la preghiera nella vostra vita. Insieme a voi noi tutti vogliamo imparare a pregare in modo nuovo! Facciamoci guidare con entusiasmo dal Salmista del Vecchio Testamento, che prega: "Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore e ammirare il suo santuario" (Ps 27,4).


4. Cari fratelli e sorelle! Il Verbo di Dio ci conduce al silenzio, a noi stessi, all'incontro con lui, ma non ci divide l'uno dall'altro. La parola di Dio non isola, bensi unisce. Nel silenzio del suo colloquio con l'angelo, Maria apprende la maternità di Elisabetta. Dal silenzio di questo colloquio essa si mette in cammino per raggiungere quest'ultima sulle montagne della Giudea. Maria sa che Dio ha agito in Elisabetta come ha agito dentro di lei. Preghiere preziose sono il dono di quell'ora: "Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno", così risponde Elisabetta al saluto di Maria, e il nostro Magnificat quotidiano è la risposta di Maria a Elisabetta. Dal Vangelo di questa nostra Messa dei pellegrini ricordiamo il seguente pensiero: Dio non solo ci chiama, ma aiuta i chiamati a comprendersi nelle loro diverse vocazioni e a accettarsi reciprocamente.

Gesù vuole che i chiamati siano presso di lui (cfr. Mc 3,14), ma non isolatamente, bensi in comunione. Tutto il popolo di Dio, ma anche i singoli chiamati sono in comunione col Signore e tra di loro. Come con Maria ed Elisabetta questa comunione comprende sia la vita della fede come quella di tutti i giorni.

Questo è particolarmente evidente nel caso di voi religiosi. Voi più degli altri vivete secondo l'esempio della Chiesa delle origini, dove "la comunità dei fedeli era un cuor solo e un'anima sola" (cfr. Ac 4,32). Quanto più riuscite a vivere nelle vostre comunità in autentico amore, tanto più testimonierete in modo efficace la credibilità del messaggio cristiano.

Secondo le parole del Concilio, la vostra unione manifesta la venuta di Cristo e da essa promana una grande energia per l'apostolato" (PC 15). Ciò è valido similmente anche per voi sacerdoti delle diocesi e per voi diaconi. Io so che alcuni di voi soffrono di solitudine. Molti di voi - anche a causa della crescente scarsità di sacerdoti - sono soli nel loro lavoro.

Forse vi sentite poco compresi e accettati in un mondo che pensa in modo diverso e vi considera col vostro messaggio qualcosa di estraneo. perciò dobbiamo cercare ancora di più di riflettere e di vivere concretamente ciò che il Concilio dice riguardo alla comunione tra i sacerdoti.

Anche voi clero secolare e diaconi non siete mai veramente soli: voi formate un'intima comunità di vocazione. Poiché attraverso i sacri voti e la missione voi siete, come il Concilio sottolinea efficacemente, come una "fraternità animata dallo spirito di unità" (LG 28), "uniti da intima fraternità sacramentale". Voi siete uniti ai vostri "confratelli con il vincolo della carità, della preghiera e di ogni specie di collaborazione" (PO 8).

Cari confratelli, impegnatevi a vivere in una comunità sacerdotale attiva questa verità che vi viene dal sacramento dell'Ordine e che dà gioia. Anche noi, il Papa e i Vescovi, condividiamo con voi i medesimi intenti. Facciamo tutto ciò che le nostre forze ci consentono con l'aiuto di Dio, per accettarci l'un l'altro come fratelli, per sostenerci a vicenda e per dare così insieme testimonianza a Cristo.

Il celibato che voi, sacerdoti e religiosi, avete scelto per il Regno dei cieli, vi rende più liberi per la comunione con Cristo e per il servizio agli uomini. Ma vi rende anche più liberi per un'unione stretta e profonda tra di voi.

Non lasciate che nulla e nessuno vi tentino a rinunciare a questa generosa disponibilità o a sminuirla. Rendetela invece più feconda per la vostra vita e per il servizio della salvezza degli uomini.

Cari seminaristi! Voi siete pieni di idee sul servizio e sulla vita del sacerdote nel nostro tempo. Vogliamo aprirci insieme a voi a ciò "che lo Spirito dice alle Chiese" (Ap 2,29 Ap 3,6 Ap 3,13 Ap 3,22). Allo stesso tempo io vi prego: vivete fin d'ora i vostri ideali, soprattutto l'ideale della comunità - tra di voi e con il vostro superiore - nella vita di fede, nello studio e nel tempo libero. Quanto più vivo è lo spirito di comunità fra i religiosi e i sacerdoti, tanto più la pace e il loro servizio. Sarà il modo in cui essi vivono la comunità a determinare se un numero maggiore di giovani deciderà di intraprendere la via dell'Ordinazione e del sacerdozio. Laddove esistono conventi attivi, laddove i Pastori delle anime convivono fraternamente, laddove i sacerdoti e i laici collaborano nell'unità del Corpo di Cristo, li fiorisce il maggior numero di vocazioni!


5. Cari fratelli e sorelle! E' per me una gioia particolare poter parlare a voi dinanzi all'immagine misericordiosa della Madre di Dio di Mariazell. Come Madre di Dio e Madre della Chiesa, Maria è in modo meraviglioso anche la Madre di coloro che portano avanti la missione di suo figlio nella storia. Nella sua chiamata, nel suo "si" senza riserve al messaggio dell'angelo, nel suo rendere lode alla misericordia di Dio nel Magnificat noi riconosciamo il mistero e la grandezza della nostra stessa vocazione. Nel "si" pieno di fede alla sua predestinazione e missione, la Parola di Dio si è trasformata dentro di lei in verità storica. Con ciò si è realizzata l'eterna decisione di Dio, di cui parla san Paolo nella seconda lettura di oggi: "Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29).

Grazie alla sua fedele obbedienza alla parola dell'angelo, Maria è diventata il centro del piano divino di salvezza. Con la sua maternità il Figlio di Dio è diventato il fratello di noi tutti, affinché potessimo diventare simili a lui nella giustizia e nella magnificenza. Perché così oggi prosegue san Paolo: quelli che Dio "ha chiamati, li ha anche giustificati, quelli che ha giustificati li ha anche glorificati" (Rm 8,30). L'innalzamento dell'uomo fino a partecipare della magnificenza della Santissima Trinità si è realizzato attraverso Cristo, il Figlio di Dio, che per mezzo del "fiat" pieno di fede di Maria è diventato il Figlio dell'uomo. Si, in effetti: "E' beata colei che ha creduto"; vedete, d'ora in poi tutte le generazioni la chiameranno beata.

Si, cari fratelli e sorelle, saremo beati anche noi che abbiamo creduto, se, come Maria, attraverso il nostro personale incontro con Dio, ci leveremo per annunciare oggi agli abitanti dei monti e delle valli di ogni Paese e Continente quali meravigliosi atti divini si sono verificati nel grembo di Maria, in Cristo, suo Figlio, e in noi, suoi fratelli. Poiché così ci dice il profeta Isaia nella prima lettura: "Le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le Nazione; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te" (Is 60,2).

Attraverso la fede di Maria si è accesa la luce di Dio ed essa illumina ora la nuova Gerusalemme. E' lo splendore della magnificenza dell'Altissimo, di quella luce che già all'inizio illumina ogni uomo, ma che attraverso Gesù Cristo vuole raggiungere tutti con il suo massimo fulgore. perciò è nostro compito annunciare: "Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te (Is 60,1).

Questa missione della Chiesa è rivolta in modo particolare a coloro che esercitano un ministero spirituale. Cristo ha chiamato a sé i suoi seguaci e li ha mandati fra gli uomini, lontano dalla sua presenza rassicurante (cfr. Mc 3,14); "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15). In modo particolare vorrei ricordare in quest'occasione i vostri sacerdoti, fratelli e sorelle che nelle missioni, insieme agli assistenti sociali della Chiesa nei Paesi sottosviluppati, annunciano in tutto il mondo la Buona Novella attraverso la parola e l'azione sociale. Chiunque voi siate e ovunque voi lavoriate il vostro compito religioso è sempre lo stesso, vale a dire con la "luce che brilla dall'alto" illuminare tutti coloro che "stanno nelle tenebre e all'ombra della morte" (cfr. "Benedictus").

Questa è la vostra missione, sia che siate sacerdoti in una parrocchia di città, oppure assistiate una piccola comunità agricola; sia che prestiate la vostra opera come religiosi e religiose nella scuola oppure lavoriate nell'ambito dell'assistenza sociale e medica, sia che siate condannati dalla malattia e dall'età a un'apparente inattività. Proprio a voi sacerdoti e religiosi malati e anziani mi sento particolarmente legato in quest'ora, alla fine salutero personalmente alcuni di voi.

Tutta la Chiesa universale si raccomanda alla vostra premura e al vostro pensiero. Per la vostra missione non esiste più alcun limite di spazio. La vostra lingua è la preghiera e la sofferenza accettata ogni volta con rinnovato coraggio.

Anche a voi il Signore affida sempre nuove missioni. Il vostro servizio particolare - la preghiera e la sofferenza - è una missione insostituibile nella Chiesa. Anche il Signore non ha più predicato al termine della propria vita.

Allora ha soltanto preso la Croce e l'ha portata e sopportata, finché, alla fine, tutto si è compiuto.


6. Cari fratelli e sorelle che siete già sacerdoti e religiosi, e voi tutti che vi preparate a questo ministero. Il Signore vi ha prescelti, affinché siate vicino a lui nella preghiera e nella riflessione, affinché viviate la vostra vocazione in comunità e affinché portiate tra gli uomini la sua salvezza. Al termine della celebrazione dell'Eucaristia io raccomandero questa vostra vocazione alla protezione e al sostegno materno della Madre Misericordiosa di Mariazell.

Per riassumere ciò che desidero trasmettervi con il nostro comune pellegrinaggio, e ciò che Maria stessa, da questo suo santuario vuole che ci accompagni - voi e me - lungo il nostro cammino, scelgo una frase che lei stessa ha certo pronunciato spesso nella sua vita, un verso tratto dall'odierno Salmo responsoriale. Con esso desidero riprendere ancora una volta il grande tema del "Katholikentag" e attraverso Maria dire al cuore di ognuno di voi: "Spera nel Signore, sii forte! Abbi un grande coraggio e spera nel Signore! Amen".

(Invito a pregare per le vittime di ogni guerra eviolenza:) A conclusione, vorrei pregarvi di unirvi a una intenzione di preghiera che mi ha accompagnato durante tutto il corso di questo viaggio pastorale. Intendo la preghiera per le tribolazioni della Chiesa in tutto il mondo e per le dure prove di tanti nostri fratelli e sorelle, per le vittime della fame, dell'odio, del terrorismo e della rivalità tra le Nazioni. Tutti loro sono figli e figlie della stessa famiglia umana! Come dimenticare oggi specialmente le vittime della guerra fratricida del Libano, e inoltre le vittime della violenza in Paesi dell'America Latina e nell'Africa, e infine le vittime del recente tragico abbattimento dell'aereo sud-coreano? Alla materna intercessione della Vergine Maria affidiamo la serenità e la libertà della Chiesa e di tutti i credenti, e metto nelle sue mani l'aspirazione dell'umanità alla pace, alla giustizia, alla fraternità tra i popoli.

Data: 1983-09-13 Data estesa: Martedi 13 Settembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Ai lavoratori dell'Austria e di altri paesi - Vienna (Austria