GPII 1983 Insegnamenti - A marinai olandesi - Città del Vaticano (Roma)

A marinai olandesi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Adempiendo questo servizio contribuite alla stabilità della pace

Carissimi amici.

Sono a voi tutti molto grato per la visita che voi, ufficiali, sottufficiali ed equipaggio della Reale marina olandese, avete voluto fare alla casa del Papa. In modo particolare vorrei qui salutare il vostro Comandante di squadra, Contrammiraglio Brainich von Felth, come pure il vostro Vicario castrense, Monsignor Philippe Bar e i cappellani militari che lo accompagnano. Io apprezzo molto che nella visita alla città di Roma voi abbiate voluto inserire anche questo incontro.

Come membri della Marina voi sapete di essere posti al servizio della vostra comunità nazionale e degli impegni internazionali che i Paesi Bassi sostengono insieme con altri Paesi. Il Concilio Vaticano II ha parlato di voi nel Decreto pastorale "La Chiesa nel mondo contemporaneo": "Coloro che servono la loro Patria sotto le armi devono anche comportarsi come servitori della sicurezza e della libertà del loro popolo; nel corretto adempimento di questo servizio essi portano effettivamente il loro contributo alla stabilità della pace" (GS 79). Forse meglio di chiunque siete coscienti del fatto che la guerra e la forza delle armi mai possono essere viste come mezzo per fondare la pace oppure per appianare contrasti reciproci. La vera pace è qualcosa di più dell'assenza della guerra; la vera pace deve sempre essere "un'opera di giustizia" (Is 32,7).

Insieme con i vostri concittadini nella vita civile ognuno di voi deve essere corresponsabile nello spezzare le catene di odio e di violenza e nel costruire un mondo di pace e di giustizia.

Quelli tra di voi che vogliono seguire Cristo e vogliono dare forma al suo messaggio nella loro vita personale e nella struttura sociale potranno essere fortificati in ciò grazie alla forza dell'amore che ha avuto per noi il Signore Gesù.

Per la prossima Giornata mondiale della pace ho scelto il seguente tema: "Da un cuore rinnovato nasce la pace". E' quindi anche un mio augurio e una mia preghiera per voi che ciascuno di voi possa vivere la propria missione e il proprio dovere nel segno del rispetto e dell'amore verso il prossimo, della giustizia in ogni rapporto e soprattutto dell'amore alla pace.

A tutti auguro: buon viaggio!

Data: 1983-09-24 Data estesa: Sabato 24 Settembre 1983

Alle diocesi di Ancona e Osimo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La famiglia cristiana modello di perfezione per la società

Cari fratelli e sorelle!


1. Dopo la brevissima visita fatta nella vostra bella città di Ancona, or sono quattro anni, di cui conservo ancora gioioso il ricordo, sono lieto di rivedervi oggi qui, in questa Città del Vaticano, numerosi rappresentanti delle care diocesi di Ancona e di Osimo. Vi do il più cordiale benvenuto in questa casa e vi saluto con affetto, mentre vi ringrazio di aver voluto programmare questo incontro nel vostro pellegrinaggio a Roma in occasione del Giubileo straordinario della Redenzione.

In particolare, saluto il vostro zelante Pastore, l'Arcivescovo Carlo Maccari, e lo ringrazio per le vibranti parole rivoltemi come interprete dei devoti sentimenti di tutti voi. così pure, intendo salutare i benemeriti parroci qui presenti, i religiosi e le religiose, i responsabili dei vari movimenti ecclesiali, nonché i signori Sindaci dei comuni, che formano il tessuto socio-amministrativo delle vostre generose terre. A tutti e a ciascuno vada l'assicurazione del mio affetto e della mia gioia nel potermi intrattenere con voi.


2. So che il vostro pellegrinaggio è motivato da due ragioni principali. La prima è la celebrazione del Sinodo diocesano che, pur essendo ancora in fase di maturazione, già si avvia verso la sua solenne conclusione. Mi è noto che esso è incentrato sul tema del matrimonio e della famiglia cristiana, e che la sua preparazione si è sviluppata intensamente, in maniera articolata, con un'ampia catechesi sull'argomento e con iniziative varie di sensibilizzazione della comunità diocesana.

Ebbene, voglio qui esprimere il mio compiacimento per questo provvido avvenimento ecclesiale, che ha impegnato e impegna l'Arcivescovo in prima persona, validamente coadiuvato da numerosi presbiteri e laici, il cui apporto di intelligenza e di apostolato è determinante. Voglio augurarmi che tanto dispiego di energie dia i frutti desiderati per un recupero e forse per una riscoperta di quella fondamentale realtà umana e cristiana, che è la famiglia. Come scrivevo nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" (FC 3), la Chiesa è pienamente "consapevole che il bene della società e di se stessa è profondamente legato al bene della famiglia". Quindi, ciò che viene messo in opera per la sua promozione a tutti i livelli, a partire da quello di base della sua identità morale e spirituale, influisce necessariamente su di una dimensione più umana e più cristiana dell'intera società, sia civile che ecclesiale. C'è infatti un nesso e un mutuo rapporto fra le due entità: la famiglia è certo una piccola società; ma, da parte sua, la più grande convivenza umana, sia nazionale che internazionale, non raggiungerà la propria e vera perfezione, finché non assumerà in qualche modo i tratti appunto di un "consorzio familiare", dove sia legge l'uguale dignità dei membri, la loro indiscriminata cura vicendevole e il rispetto della fisionomia propria di ciascuno.

perciò, vi incoraggio a proseguire con zelo e con intelligenza sulla strada intrapresa, fino a condurre felicemente a termine il vostro impegno, a vantaggio non solo delle generazioni attuali, ma anche e soprattutto di quelle future.


3. Il secondo motivo, che si è aggiunto alla vostra già precedente decisione di compiere questo pellegrinaggio, è costituito dall'Anno Santo in corso. Come diceva poco fa il vostro Arcivescovo, voi già avete compiuto oggi una sosta di meditazione e di preghiera sulla tomba dell'apostolo Pietro per acquistare l'Indulgenza giubilare. Sapete bene che questa ricorrenza intende celebrare il 1950° anniversario della morte di Cristo in Croce e della sua risurrezione. Quello fu il momento culminante del nostro riscatto, e perciò il nostro pensiero di contemplazione, di ringraziamento e di fede va necessariamente a Gesù Cristo, Figlio di Dio e nostro Signore, il quale, come si esprime san Paolo a nome di ciascuno di noi, "mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Ga 2,20). perciò esclamiamo esultanti con lo stesso apostolo: "Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo" (1Co 15,57).

Ma occorre che questa nostra fede gioiosa diventi stimolo concreto di tutta la nostra vita, lievito della nostra quotidiana esistenza, impulso di una incisiva azione di testimonianza, ragione sufficiente per redimere dal di dentro ogni fatica e ogni sofferenza, oltre che per orientare e nobilitare ogni letizia e ogni successo.


4. Cari fratelli e sorelle! Vi esorto a riprendere con maggiore slancio la vostra vita cristiana, dando sempre il debito spazio alla preghiera, sia individuale che comunitaria, e partecipando attivamente e responsabilmente alle iniziative pastorali, sia della diocesi che della vostra parrocchia.

Da parte mia, sono contento di assicurarvi il mio ricordo al Signore. Vi affido tutti alla sua potenza e alla sua grazia, oltre che alla materna protezione di Maria, che voi onorate nel celebre santuario di Loreto.

In particolar modo, il mio pensiero va ai malati delle vostre famiglie, ai disoccupati, agli emarginati di qualunque genere, davanti ai quali si sente acuta la sofferenza di non poter intervenire come si vorrebbe per sanare tutte le situazioni di dolore o di ingiustizia. Mi rivolgo anche ai giovani delle vostre associazioni e in specie ai seminaristi: sappiano essi vivere in profondità la loro adesione a Cristo e farne conoscere la bellezza a tutti i loro coetanei.

Su tutti voi e su quanti vi sono cari invoco l'abbondanza delle grazie celesti, mentre di cuore imparto a voi, al vostro Arcivescovo, al suo Presbitero e alle anime consacrate la propiziatrice benedizione apostolica, che amo estendere universalmente alle dilette comunità diocesane di Ancona e Osimo, delle quali voi qui fate sentire viva la presenza.

Data: 1983-09-24 Data estesa: Sabato 24 Settembre 1983

Omelia alla Messa per l'AISC - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Musica sacra sia vera arte e ispiri devozione e raccoglimento




1. "Canterellano al suono dell'arpa, / si pareggiano a Davide negli strumenti musicali..." (Am 6,4-5).

Carissimi! Queste parole, che abbiamo ascoltato nella prima lettura dell'odierna Liturgia, sono riferite dal profeta Amos "agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria", e che, invece, sono già sull'orlo della rovina e nell'imminenza della deportazione e dell'esilio! Nella nuova alleanza noi cristiani, rinati alla nuova vita, siamo i veri Davide, che lodiamo Dio col canto nuovo, il canto della redenzione. Insieme al Salmista cantiamo al Padre: "Ascolta, Signore, la mia voce... Di te ha detto il mio cuore: "Cercate il suo volto"; il tuo volto, o Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto!" ().

Queste vibranti invocazioni esprimono l'anelito dell'anima verso le realtà soprannaturali, secondo la viva raccomandazione di san Paolo: "Cercate le cose di lassù... Pensate alle cose di lassù" (Col 3,1-2); anelito che si traduce nella preghiera del cuore. Nel cristiano, che gode della vita nuova e in cui vive Cristo stesso - Verbo del Padre - tale preghiera assume un così grande fervore da esprimersi ed esaltarsi in canto.

Questa preghiera, nella forma più perfetta, viene innalzata al Padre da Cristo. Cristo, infatti, come dall'eternità, così dopo la sua incarnazione, risurrezione e ascensione, continua a cantare, in quanto mediatore e interprete di tutta l'umanità, le lodi e la gloria del Padre, e anche le aspirazioni e i desideri degli uomini. E' Cristo, dunque, che - come afferma la costituzione conciliare sulla sacra Liturgia - "ha introdotto in questo esilio terrestre quell'inno che viene eternamente cantato nelle sedi celesti. Egli unisce a sé tutta la comunità degli uomini e se la associa nell'elevare questo divino canto di lode" (SC 83).

A questo canto di lode siete, in modo particolare, associati voi tutti, membri delle "Scholae cantorum", aderenti all'Associazione italiana Santa Cecilia, che oggi fate risonare, della vostra preghiera e dei vostri canti, Piazza San Pietro. Vi esprimo il mio affettuoso e grato compiacimento per il lavoro che svolgete con tanto entusiasmo e altresi per la vostra presenza a Roma, nel corso dell'Anno Giubilare della Redenzione. Saluto cordialmente il Presidente dell'Associazione, Monsignor Antonio Mistrorigo, Vescovo di Treviso, i suoi collaboratori, i dirigenti diocesani, i compositori, i maestri e voi, cantori delle lodi di Dio.

Vostro compito è quello di curare l'esatta esecuzione dei canti sacri nelle celebrazioni liturgiche, come pure di favorire la partecipazione attiva dei fedeli nel canto (cfr. "Musicam Sacram", 19). Una funzione la vostra, quindi, che non si riduce ad un fatto semplicemente ed esclusivamente artistico, ma che coinvolge - insieme con l'arte - la fede e la pietà, tutto l'uomo redento, tutto il cristiano.


2. Come lo Spirito Santo è Colui che dà alle nostre fragili forze la capacità di schiudersi nell'invocazione: "Abbà - Padre" (cfr. Rm 8,15), questo medesimo Spirito ci dà anche la capacità di rendere piena la nostra preghiera, facendola esplodere di gioia santa con la letizia del canto e della musica, secondo l'esortazione di san Paolo: "Siate ricolmi dello Spirito, intrattenetevi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore" (Ep 5,19).

Conseguenza di questa attività interiore dello Spirito Santo sono: l'uomo nuovo, che deve rivestire l'immagine del Creatore e cantare "un canto nuovo"; una nuova vita di comunità e di comunione, di modo che l'ammaestrarsi e l'ammonirsi a vicenda con sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine (cfr. Col 3,16), appaiano come dono pasquale, frutto della risurrezione di Cristo.

Commentando le parole del Salmo 32 (v. 3): "Cantate al Signore un canto nuovo", sant'Agostino così esortava i suoi fedeli e anche noi: "Spogliatevi di ciò che è vecchio ormai; avete conosciuto il canto nuovo. Un uomo nuovo, un Testamento Nuovo, un canto nuovo. Il nuovo canto non si addice ad uomini vecchi. Non lo imparano se non gli uomini nuovi, uomini rinnovati, per mezzo della grazia, da ciò che era vecchio; uomini appartenenti ormai al Nuovo Testamento, che è il Regno dei cieli. Tutto il nostro amore ad esso sospira e canta un canto nuovo. Elevi pero un canto nuovo non con la lingua, ma con la vita" ("Enarr. in Ps. XXXII", Sermo I, 8: PL 36, 283).

Nella nuova alleanza il canto è tipico di coloro che sono risorti con Cristo. Nella Chiesa solo chi canta con questa disposizione di novità pasquale - cioè di rinnovamento interiore di vita - è veramente un risorto. così, mentre nell'Antico Testamento la musica poteva forse risentire del culto legato ai sacrifici materiali, nel Nuovo Testamento essa diventa "spirituale", analogamente al nuovo culto e alla nuova liturgia, di cui è parte integrante, ed è accolta a condizione che ispiri devozione e raccoglimento interiori.


3. Cristo è l'Inno del Padre e, con l'incarnazione, ha consegnato alla sua Chiesa questo medesimo Inno, cioè se stesso, perché essa lo perpetuasse sino al suo ritorno. Ora, ogni cristiano è chiamato a partecipare a questo Inno, e a farsi lui stesso "canto nuovo" in Cristo al Padre celeste. In un grado ancor più profondo è chiamato a partecipare a tale Inno, cioè al mistero di Cristo, il sacerdozio ministeriale, di cui l'Episcopato è la perfetta attuazione. Come Vescovo e come successore di Pietro nella Sede di Roma, mi è quindi spontaneo ripetervi oggi le parole di sant'Agostino: "O fratelli, o figli, o popolo cristiano, o santa e celeste stirpe, o rigenerati in Cristo e rinati dall'alto, ascoltate me, anzi per mezzo mio cantate al Signore un canto nuovo" ("Sermo XXXIV", Sermo III, 6: PL 38, 211).

Naturalmente, tale canto nuovo, il quale risuona in me e in voi come prolungamento dell'Inno eterno che è Cristo, deve essere in sintonia con la perfezione assoluta, con cui il Verbo si rivolge ai Padre, in modo che nella vita, nella potenza degli affetti e nella bellezza dell'arte, si realizzi compiutamente l'unità tra noi, membra vive, con Cristo, nostro Capo: "Quando lodate Dio, lodatelo con tutto il vostro essere; canti la voce, canti il cuore, canti la vita, cantino i fatti!", è ancora l'incisiva raccomandazione di sant'Agostino ("Enarr.

in Ps. CXLIII", 2: PL 37, 1938).

Tale unità esige anzitutto che la Musica sacra sia arte vera - come ho ribadito ai membri della vostra Associazione nella solenne celebrazione del 21 settembre 1980 -; arte vera, che sia cioè capace di trasformare il sentimento dell'uomo in canto, di adeguare il suono alle parole, di raggiungere quella perfetta e feconda sintonia con le alte finalità e le esigenze del culto cattolico. Tale unità esige, allo stesso tempo, che tale Musica sia autenticamente sacra, che possegga cioè una predisposizione adeguata alla sua finalità sacramentale e liturgica, e sia, pertanto, aliena dai caratteri della musica destinata ad altri scopi. Tale unità esige ancora che alla realizzazione di una vera Musica sacra si giunga mediante un'accurata preparazione specifica, sia artistica sia spirituale sia liturgica. In tale prospettiva occorre insistere sulla preparazione dei compositori, ai quali bisogna offrire gli aiuti, i suggerimenti e gli strumenti adeguati; sulla formazione dei fedeli e dei cantori, membri delle "Scholae cantorum", che sono esempio fecondo di organizzazione finalizzato alla dignità delle celebrazioni liturgiche; sullo studio teorico e pratico della Musica sacra, secondo i modelli proposti dalla Santa Sede, in tutti i seminari e gli Istituti religiosi; sulla fondazione e sulla vitalità di vari Istituti e scuole di Musica sacra, per la formazione di maestri che, alla competenza nell'arte musicale, uniscano una fede profonda e una specchiata pratica di vita cristiana (cfr. "", III,2 (1980) 699).


4. Da tutte le Regioni d'Italia, voi membri della "Scholae cantorum" aderenti all'Associazione italiana di Santa Cecilia siete venuti a Roma per unirvi con me al canto di lode al Padre celeste di questa celebrazione eucaristica.

So che siete venuti anche per ricordare, nella preghiera e nel canto, il 25° anniversario della mia Ordinazione episcopale. Sono grato di questo significativo gesto: un sincero grazie a ciascuno di voi e alla vostra benemerita Associazione.

Tre anni or sono, in occasione del suo centenario, io vi esortavo ad amare la vostra Associazione, a seguirla, a sostenerla nella sua opera magnifica, sintesi di arte e di fede. Oggi vi consegno ancora una volta lo stesso impegno di amore e di sostegno e, in pari tempo, vi auguro di essere sempre testimoni generosi ed entusiasti del messaggio evangelico con il vostro canto e con la vostra vita! Amen!

Data: 1983-09-25 Data estesa: Domenica 25 Settembre 1983

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La questione sociale alla luce del Vangelo

"Ha posato lo sguardo sulla poverta della sua serva... Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili" (Lc 1,48 Lc 1,52). Con queste parole la Vergine esalta la sapienza divina, che si compiace degli umili e confonde chi confida unicamente nelle proprie sicurezze.

La "povertà" è una virtù lentamente acquisita dalla spiritualità dell'Antico Testamento. A seguito dell'esilio babilonese, si intensifica un significato più interiorizzato della medesima. Vale a dire: il "povero" è colui che aderisce con tutto il cuore al Signore, obbedendo alla sua volontà, espressa in concreto nella Legge di Mosè (cfr. So 3,12-13 Is 66,2 Jdt 9,11 Is 9,14).

La povertà concepita a questo modo non si riduceva a un vacuo intimismo, capace di eludere i doveri della giustizia sociale. Al contrario, l'osservanza della Legge mosaica produceva effetti visibili di fraternità. Difatti essa faceva l'obbligo pressante di soccorrere l'indigente, la vedova, l'orfano, lo schiavo, lo straniero; prevedeva inoltre il condono dei debiti in occasione dell'anno sabbatico e giubilare.


2. Maria, scrive il Concilio Vaticano II, "primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, i quali attendono e ricevono da lui la salvezza" (LG 55). La povertà di Maria è la sublimazione di quella vissuta dai tanti giusti dell'Antico Testamento. L'Annunciazione è il documento emblematico della Vergine come creatura "povera nello spirito", che col suo "fiat" si apre in docilità perfetta alla volontà di Dio (Lc 1,49-52 Lc 1,54).

Sino al giorno del suo transito alla gloria celeste, la povertà di Maria consisterà nella dedizione generosa alla persona e all'opera del Figlio. E sempre nel chiaroscuro della fede! (cfr. Lc 2,34 Lc 2,35 Lc 2,48-50 Ac 1,14 Ac 4,23-30 Ac 8,1-3 Ac 12,1 Ac 28,22).


3. Anche per noi, discepoli del Signore, la povertà nello spirito equivale all'obbedienza incondizionata al suo Vangelo. E' una educazione del cuore che Paolo sollecitava in questi termini: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù" (Ph 2,5 cfr. Mt 11,28-29 Jc 1,21).

La stessa questione sociale, intesa come giusta distribuzione dei beni sia economici che morali, dipende quantomai da simile stile di povertà. L'adesione sincera alla Parola di Cristo non sopporta la vergogna dell'ingiustizia, dell'oppressione. La primitiva comunità di Gerusalemme, di cui faceva parte Maria (Ac 1,14), era assidua "nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (Ac 2,42), e come conseguenza di questo fervore evangelico non v'era alcun bisogno fra loro (Ac 2,44-45 Ac 4,32 Ac 4,34-35 cfr. 2Co Dt 8,13).

Possa Cristo suscitare in noi la povertà di Maria! Allora la potenza del suo Spirito darà libero corso alle "grandi cose" della Redenzione. Allora saremo beati, perché nostro è il Regno dei cieli (cfr. Mt 5,3).

(Recitato l'Angelus, il Papa ha salutato i pellegrini presenti:) Desidero rinnovare il mio plauso e il mio compiacimento alle "Scholae cantorum" dell'Associazione italiana Santa Cecilia che con tanto entusiasmo hanno oggi partecipato alla solenne Celebrazione eucaristica, rendendola ancora più intensa e suggestiva con la perfetta esecuzione dei canti liturgici. Il mio saluto e il mio incoraggiamento va anche a tutti i membri della benemerita Associazione, sparsi in tutte le Regioni d'Italia.

Saluto inoltre i vari gruppi di lingua italiana presenti a questo incontro, in particolare desidero nominare: il pellegrinaggio della diocesi di Crema; il pellegrinaggio della diocesi di Cesena; il pellegrinaggio della diocesi di San Martino-Montefeltro; il pellegrinaggio della diocesi di Città di Castello; il pellegrinaggio della diocesi di Giovinazzo; i pellegrini della diocesi di Verona; i pellegrini della diocesi di Pistoia.

Un cordiale saluto va anche ai gondolieri di Venezia, che sono qui presenti e che ieri hanno risalito il Tevere controcorrente. A tutti la mia benedizione apostolica.

Saluto anche i giovani dell'arcidiocesi di Braga (Portogallo) che sono venuti a Roma in pellegrinaggio: vi auguro che questo viaggio sia per voi occasione di arricchimento spirituale. Il Signore vi accompagni, vi rafforzi nella fede e nell'amore reciproco, e vi faccia annunciatori del suo messaggio di salvezza.

Data: 1983-09-25 Data estesa: Domenica 25 Settembre 1983

A vescovi honduregni in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Pace e giustizia per i popoli centro-americani

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. E' con vero piacere che mi incontro questa mattina con voi, Pastori della Chiesa di Cristo che vive la sua speranza, nel cammino verso il Padre, nelle terre honduregne. Questo incontro collegiale va a completare i colloqui individuali che ho avuto con ciascuno di voi. E credo che rinnovi, in tutti noi, il ricordo di quei momenti che abbiamo vissuto insieme, l'8 marzo scorso, nella vostra amata Patria.

Quante volte ho evocato i diversi momenti della mia indimenticabile visita in Honduras, ove ho potuto constatare i profondi valori umani e cristiani della sua gente! perciò, fin dal primo momento, mi son sentito "in un clima familiare"! Nel darvi oggi il benvenuto in questa visita "ad limina", che pone al centro del nostro affetto e dei nostri pensieri tutti i membri delle vostre diocesi, desidero rendere grazie a Dio insieme a voi e - come ho detto al mio arrivo a Tegucigalpa - "lodare il Signore per tutte le meraviglie che la grazia divina ha operato nella Chiesa dell'Honduras" (All'aeroporto, 8 marzo 1983).


2. Il vostro Paese, nonostante la scarsità della sua popolazione, ha una ricca storia, disseminata di grandi tradizioni cristiane. E' posta in un'area geografica molto sensibile, flagellata oggi da forti tensioni socio-politiche e da un pericoloso clima di violenza che provoca tante sofferenze e apprensioni. E' necessario perciò che, fedeli alla costante tradizione della Chiesa e in conformità con lo spirito del Vangelo, voi cerchiate di seminare negli animi dei vostri connazionali sentimenti di amore per la pace interna e di pacifica convivenza con gli altri popoli. Ciò è parte della missione della Chiesa, alla quale anch'io ho cercato di offrire aiuto con il mio viaggio pastorale in tutte le Nazioni dell'istmo centro-americano.

Voglia Dio che, a breve termine, divengano splendide realtà le speranze per il futuro suscitate dagli accordi conseguiti recentemente dai ministri degli Esteri dei Paesi centro-americani, sotto gli auspici del gruppo chiamato dei "Contadora". E voglia Dio che si garantisca così una sostanziale riduzione delle discordie e si stabilisca un reale processo di pacificazione. Tutto ciò potrà facilitare, anche in Honduras, un clima di maggiore tranquillità, rendendo possibile inoltre usufruire di abbondanti risorse per il suo armonico sviluppo in campo educativo, economico e sociale.


3. Ma, sebbene la vostra condizione di forgiatori della coscienza morale dei vostri fedeli e il legittimo amore per il vostro popolo vi impongano questo servizio alla causa della pace, è la Chiesa come tale che, quali Pastori del gregge di Cristo, assorbe le vostre sollecitudini prioritarie e i vostri sforzi più risoluti.

So bene che guardate con la debita sollecitudine alla vita ecclesiale delle vostre comunità che presenta sia aspetti consolanti che altri che richiedono particolare attenzione. Infatti, la struttura ecclesiale stessa soffre di una certa debolezza, a causa soprattutto della grave scarsità di clero. Questo pone seri problemi per l'educazione nella fede delle comunità ecclesiali e per la loro guida pastorale che richiede la presenza di ecclesiastici idonei ai diversi ministeri che esigono l'ordine sacro.


4. E' certo che in Honduras, grazie alla vostra opera opportuna e prudente di Vescovi che ravvisano le difficoltà spirituali del vostro ambiente, sono sorte iniziative molto lodevoli come l'istituzione dei Delegati della Parola. Essi, insieme coi catechisti, costituiscono nella Chiesa un'organizzazione capillare che sta dando frutti di evangelizzazione e sta consolidando la fede del popolo cristiano.

Consapevole di questo valido apporto che offrono alla causa ecclesiale tanti laici coscienti della loro vocazione battesimale, ho voluto dedicare a loro l'incontro avuto a San Pedro Sula durante la mia visita pastorale in Honduras (cfr. discorso dell'8 marzo 1983).

Oggi desidero ripetere il mio profondo apprezzamento e la mia riconoscenza, a nome della Chiesa, a questi Delegati della Parola, catechisti e membri di altri movimenti apostolici. Nell'incoraggiarli di cuore nella loro lodevole opera, desidero dar loro fiducia, assicurando loro che così facendo acquistano grandi meriti presso Dio, la Chiesa e i loro fratelli, operando in autentica comunione con i loro Vescovi e sacerdoti.

Da parte vostra so, cari fratelli, che state particolarmente impegnandovi nel dare nuovo impulso alla evangelizzazione e alla catechesi, alla luce delle direttive pastorali che ho tracciato durante il mio viaggio in Centro-America. A questo proposito desidero confidarvi che seguo con viva simpatia i vostri propositi, li incoraggio e li benedico, e prego il Signore che li renda più fecondi.


5. Tuttavia questa auspicata crescente evangelizzazione così come la disponibilità di preziosi collaboratori laici, pone ancor più in rilievo l'imperiosa necessità di sacerdoti perché questa evangelizzazione sia completa.

Ciò ci porta a guardare con una certa inquietudine all'endemica mancanza di sacerdoti, di cui soffre l'Honduras, il Paese più povero di clero di tutta l'America Centrale. Basti pensare alla proporzione esistente, cioè di un sacerdote per ogni quindicimila abitanti e al fatto che oggi i tre quarti del clero non è di origine honduregna. Rendo grazie a Dio, perché con encomiabile spirito ecclesiale - ed è ciò che rende ovunque visibile l'unica e identica Chiesa di Cristo - tanti sacerdoti, religiosi, religiose di altra provenienza hanno fatto della Chiesa in Honduras quella della propria Patria di adozione.

Tutto ciò richiede la messa in pratica di un sistematico piano vocazionale, come uno degli obiettivi prioritari della Chiesa nella vostra Nazione, al fine di trovare una progressiva soluzione a un problema tanto importante. A questo progetto, assunto da voi in prima persona, si dovranno coinvolgere e interessare tutte le forze ecclesiali: sacerdoti, persone di speciale consacrazione e laici, perché tutti prestino la collaborazione possibile a un obiettivo che è così vitale per ogni membro della Chiesa. Gli ambienti parrocchiali, le case e i centri religiosi, la scuola, i movimenti apostolici, dovranno venir sensibilizzati con discrezione e costanza. Si dovrà compiere un lavoro decisivo nell'ambiente della famiglia, affinché essa non ostacoli, come avviene di frequente, la possibile o nascente vocazione di uno dei suoi membri, ma la accolga con gioia, la favorisca e la offra come generoso servizio, anche se ciò comporta sacrificio, a Dio e al bene della società stessa.


6. Menzionando il tema della vocazione e della famiglia mi viene alla mente il vasto ambito della famiglia che è così importante per la Chiesa. So che anche voi le dedicate buona parte delle vostre maggiori sollecitudini.

Non voglio ripetere ora concetti già espressi nella "Familiaris Consortio", desidero pero incoraggiarvi nel vostro rinnovato sforzo in favore dell'istituzione familiare e della sua vita cristiana. In concreto, vi incoraggio a proseguire il vostro dovere pastorale, volto a formare correttamente le coscienze dei fedeli, in riferimento al rispetto assoluto della vita concepita, anche se non ancora nata, senza che alcuna depenalizzazione legale possa mai giustificare moralmente un eventuale attentato contro la vita nascente di un essere umano.

Anche le unioni formate a margine del legittimo vincolo matrimoniale devono essere presenti alla vostra costante sollecitudine pastorale. Ciò servirà a educare i futuri sposi alla responsabilità con la quale devono assumere e essere fedeli al loro nuovo stato, ad aiutarli a valorizzare giustamente la sacramentalità del matrimonio e della sua stabile unità, preservando i grandi valori di questa unione e difendendola contro i mali che la minacciano, tra i quali vi sono i danni provocati dall'alcolismo, che assume a volte pericolose dimensioni sociali.


7. Benché io non possa prolungare oltre questo incontro, non desidero concluderlo senza manifestarvi la mia gioia profonda per la coesione e la sintonia di sentimenti e di propositi che regnano tra di voi. Mantenete questo grande bene, cari fratelli, che tanto favorisce la vostra missione individuale e collettiva.

Suoi frutti sono stati, tra gli altri, le opportune direttive che avete dato in campo sociale, per promuovere la giustizia, superare la violenza, lottare contro la corruzione amministrativa, favorire nella vita comunitaria l'elezione di persone competenti che siano sensibili alle necessità dei più poveri. A questo proposito ricordo con piacere il vostro documento collettivo su "Alcuni aspetti della realtà nazionale dell'Honduras" (del 22 ottobre 1982). Questa stessa apertura verso tutti i problemi del vostro popolo, vi chiederà di prestare l'attenzione che, per la carità ecclesiale, merita la situazione dei numerosi profughi e ai casi delle persone scomparse nella vostra Patria.

Di fronte alla problematica che pone per la fede dei cattolici honduregni l'atteggiamento di certi gruppi o sette - il cui programma di fondo contiene tanti elementi che non sono conciliabili con un programma veramente religioso - desidero esprimervi il mio appoggio per l'esortazione pastorale che la vostra Conferenza episcopale ha pubblicato nel mese di aprile dell'anno in corso.


8. Ricevete infine, cari fratelli, il più vivo ringraziamento del successore di Pietro per il vostro impegno dedicato alla Chiesa. Nell'abbraccio di pace che simbolizza ed esprime la comunione, obiettivo della vostra visita, includo i sacerdoti, le persone di speciale consacrazione, i laici impegnati nella causa della Chiesa e, in generale, i membri delle vostre Chiese locali.

Tutti saluto e benedico di cuore, e con tutti voi mi prostro davanti alla Madre di Suyapa, perché accompagni il nostro cammino, restauri le nostre forze e confermi la nostra speranza, nella fedeltà a Cristo, il Figlio suo, Fratello e Redentore nostro. così sia.

Data: 1983-09-26 Data estesa: Lunedi 26 Settembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - A marinai olandesi - Città del Vaticano (Roma)