GPII 1983 Insegnamenti - Messaggio all'Arcivescovo di Ravenna - Città del Vaticano (Roma)

Messaggio all'Arcivescovo di Ravenna - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Don Minzoni pago col martirio la difesa di verità e libertà

Al venerato Fratello Ersilio Tonini, Arcivescovo di Ravenna.

Ricorrendo il 60° anniversario della morte eroica di don Giovanni Minzoni, già parroco di Argenta, la Chiesa che è in Ravenna, in consonanza con le diocesi dell'Emilia-Romagna, ne celebra la santa memoria per indicare ancora una volta all'attenzione di tutti quell'eccezionale figura di sacerdote. così, codesta comunità diocesana guidata dal suo zelante Pastore - mentre ha avuto luogo un Convegno di studi storici con la partecipazione di illustri esponenti della cultura - ha organizzato solenni manifestazioni religiose che culmineranno con la traslazione delle spoglie mortali di don Giovanni Minzoni dal Cimitero di Ravenna al Duomo di Argenta, dove egli esercito fino alla definitiva immolazione un luminoso servizio sacerdotale.

Tale momento conclusivo diverrà preghiera di tutto il Popolo di Dio mediante una solenne concelebrazione eucaristica, a cui desidero essere spiritualmente presente, ben consapevole dell'eccezionale significato assunto dal sacerdote martire per l'intera Nazione italiana. E' per questo che ho voluto indirizzare a lei, venerato Fratello, e insieme a tutto il Presbiterio di codesta antica e nobilissima arcidiocesi un mio personale messaggio, per il degno tramite dell'Arcivescovo Achille Silvestrini, Segretario del Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa, che è anche figlio di codesta gente di Romagna.

Don Giovanni Minzoni appartiene al popolo romagnolo e ne impersona la tipica esaltatazione per ogni ardua e nobile impresa; è quindi giustificata la grata e affettuosa ammirazione suscitata tra i conterranei che in quella figura sacerdotale riconoscono una genuina espressione della propria anima e un punto di incontro tra i credenti e coloro che, pur privi della fede, ne riconoscono i puri valori.

Don Minzoni mori "vittima scelta" di una violenza cieca e brutale, ma il senso radicale di quella immolazione supera di gran lunga la semplice volontà di opposizione a un regime oppressivo e si colloca sul piano della fede cristiana, mentre ricava la sua giusta prospettiva da un iter sacerdotale e pastorale di smagliante limpidezza.

Egli attinse alle radici stesse della libertà, cioè a quella dignità umana restituita ed elevata dalla Redenzione di Cristo, e poté quindi scrivere con sicurezza: "La religione non ammette servilismo, ma il martirio". Del resto, lo spirito con cui va incontro al suo martirio è quello mite e paziente di Cristo stesso, spirito di amore per la verità e di perdono per quanti non godono della sua luce. Poco prima della morte egli scriveva: "A cuore aperto, con la preghiera che mai si spegnerà sul mio labbro per i miei persecutori, attendo la bufera, la persecuzione, forse la morte per il trionfo della causa di Cristo".

Secondo le testimonianze di quanti lo conobbero, egli fu sacerdote di intensa vita interiore; animato da amore totale alla Chiesa e da vero slancio per il suo ministero di Cappellano militare sul fronte di guerra e di parroco di Argenta; dotato di acuta sensibilità per i problemi sociali, con partecipazione appassionata alla vita civile dell'Italia.

In un contesto sociale, politico e religioso di estrema difficoltà, affronto le problematiche del suo tempo con serenità, con ardimento inventivo, con coraggiosa coerenza, in consonanza con l'aspirazione del movimento cattolico e soprattutto come formatore di coscienze giovanili e animatore della sua comunità, dove - secondo la testimonianza del suo Arcivescovo - fu "stimato, venerato e quasi idolatrato".

Fu il suo fascino spirituale, esercitato sulla popolazione, sulle forze del lavoro e in particolare sui giovani a provocare l'aggressione; si volle stroncare soprattutto la sua azione educativa diretta a formare la gioventù per prepararla nel contempo a una solida vita cristiana e a un conseguente impegno per la trasformazione della società. Per questo gli Esploratori cattolici sono a lui estremamente debitori.

Con una personalità umana e sacerdotale tanto ricca ben si accorda la sua affermazione: "Chi vuol essere un apostolo della nostra idea non può non essere predestinato al martirio". E insistendo sul momento emblematico della sua morte, quasi logico traguardo di un cammino sacerdotale tanto coerente, voglio ricordare quanto disse pochi giorni prima di morire: "Sarebbe bello essere uccisi sull'altare".

La morte intravista come approdo di una irrinunciabile difesa della verità e della libertà, assume in lui il senso di un sacrificio estremo "per il trionfo della causa di Cristo"; sacrificio congiunto a quello di Cristo stesso che liberamente si offri al Padre per affrancare l'uomo da ogni forma di errore e di schiavitù.

I sacerdoti e i laici impegnati in ogni settore della realtà sociale, decisi a pagare costi anche elevati pur di recarvi la verità, la libertà e la carità del Vangelo, sapranno trarre forti stimoli e sante ispirazioni dalla vita e dalla morte di don Giovanni Minzoni.

Quella del sacerdozio è una vocazione che richiede generosità di animo, fede in una grande causa, oblazione di sé. Esercitato spesso in una condizione di isolamento, il ministero sacerdotale comporta sempre sacrificio fedele e silenzioso, pieno rispetto per i lontani, lavoro umile e coraggioso sul confine tra la fede e l'incomprensione. Il problema emergente è quello di trovare un equilibrio tra le esigenze della consacrazione - che implica in certa parte solitudine e segregazione - e quelle dell'inserimento nella viva realtà sociale oggi più che mai richiesto dall'azione pastorale.

A questi "Pastori di anime", a questi "uomini di frontiera" voglio dire una parola di ammirazione e di incoraggiamento, esortandoli a far propria l'ansia missionaria di don Minzoni. Ai laici cattolici, direttamente impegnati nell'azione politica e sociale, don Minzoni - che sognava un'Italia "più pura e più grande" - rivolge una parola di luminoso orientamento. I cattolici hanno l'urgente dovere di operare per un'avvenire sociale più prospero, e a tale scopo sono essenzialmente chiamati a servire i valori umani, a rendere più sano il costume, a perseguire una sempre maggiore onestà nell'amministrazione dello Stato e in tutta la sfera della vita pubblica, con coraggio, con lealtà, con costanza. Tutto ciò implica una testimonianza di ineccepibile condotta personale.

Al termine di queste mie riflessioni, rivolgo il mio invito a tutti i partecipanti alla solenne concelebrazione eucaristica a volersi unire a me nella preghiera, affinché il Signore conceda alla diletta Italia di corrispondere pienamente alla sua vocazione cristiana per un avvenire di vero progresso, secondo le forti aspirazioni ideali di don Giovanni Minzoni.

In pegno di tale ardente voto, imparto a lei venerato e amato Pastore che siede sulla cattedra di Sant'Apollinare, agli Arcivescovi e Vescovi presenti, alle autorità, al clero e in particolare al diletto popolo di Argenta, di Ravenna e dell'intera Emilia-Romagna la mia affettuosa benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 30 settembre 1983

Data: 1983-09-30 Data estesa: Venerdi 30 Settembre 1983

A Vescovi messicani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La famiglia, campo fondamentale per la Chiesa e la società odierna

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Ricevendo oggi voi che formate il primo gruppo di Vescovi del Messico in visita "ad limina", penso al passo evangelico nel quale, alla fine di una missione apostolica, i discepoli tornano a riunirsi con Gesù, "e gli raccontarono quanto avevano fatto e insegnato. Egli disse loro: Venite, ritiriamoci in un luogo deserto per riposarci un poco".

E' un'immagine profondamente suggestiva per questo momento che stiamo vivendo nel quale, come Pastori delle vostre diocesi, vi riunite con il Fratello nell'Episcopato che la Provvidenza ha voluto costituire capo visibile di tutta la Chiesa di Cristo.

Come gli Apostoli che raccontarono al Maestro ciò che avevano fatto e insegnato, anche voi mi avete confidato, nell'incontro privato avuto con ciascuno di voi e che ha preceduto questo momento di fraternità allargata, tante questioni che si riferiscono alla vita delle comunità affidate alla vostra cura e al vostro zelo. E non solo con me, ma anche con le persone e i dicasteri che mi aiutano nella mia missione universale di successore di Pietro, voi avete potuto trattare i dettagli che più vi preoccupano o vi rallegrano nello svolgimento del compito di essere guide delle vostre Chiese particolari.

La comune sollecitudine per il bene di queste Chiese e l'interesse per la loro fedeltà a Cristo Signore, sono stati il grande vincolo che ci ha tenuti intimamente uniti, in un'esperienza di rinnovata intensità ecclesiale. E nella quale trovano espressione visibile gli obiettivi che la visita "ad limina" vuole conseguire.


2. Ma non è solo la vostra missione ecclesiale in quanto tale che tengo presente nei miei contatti con voi e con gli altri Vescovi. Al centro dei miei pensieri vi sono anche le vostre persone e le vostre intenzioni, le difficoltà e i sacrifici così spesso non riconosciuti, i momenti di solitudine o la sensazione di impotenza che, in considerazione dell'ampiezza e della gravità del vostro impegno, possono a volte insinuarsi nel vostro spirito.

Voglio assicurarvi, perciò, che sono unito a voi, mi interesso alle vostre persone e alle vostre opere; che vi accompagno con affetto fraterno, sostenendovi e fortificandovi nella vostra fede e impegno ecclesiale; e che questo si traduce nel frequente ricordo nella preghiera. In essa presento al Signore le difficoltà della vostra vita e del vostro apostolato, insieme a tutte le intenzioni e necessità dei membri delle vostre diocesi.

In questa corrente di comunione ecclesiale, che è unità nella dottrina, unità sostanziale nell'azione, unità nella preghiera e nell'amore dei fratelli, trovano continuità ideale le parole prima ricordate, dirette dal comune Maestro e Signore ai suoi Apostoli.


3. Prima di addentrarmi nella riflessione che voglio fare con voi su alcuni punti che considero opportuni, permettetemi che vi esprima la mia sincera gratitudine per la vostra visita, per le prove di affetto e di adesione che mi avete dato in vari modi e nella preghiera con la quale accompagnate la mia persona e il mio ministero. In modo del tutto particolare desidero ringraziarvi - a nome di Gesù Cristo, il Buon Pastore - per il vostro zelo pastorale, la vostra dedizione e la vostra fatica, poste al servizio di questo Popolo fedele che è stato affidato alla vostra cura pastorale.

Pensando al bene di questi fedeli, all'interno del vostro contesto ecclesiale, desidero richiamare la vostra attenzione su alcuni aspetti della pastorale della famiglia che rivestono un significato particolare nel momento attuale.


4. Si tratta di un campo di importanza preminente per l'opera della Chiesa nella società dei nostri giorni. Infatti lo sviluppo della civiltà moderna, segnata da un acuto processo di secolarizzazione, provoca una crescente decristianizzazione; a causa di ciò la trasmissione e l'esperienza della fede incontrano ostacoli gravi.

Con alcuni di questi processi attuali, si mettono in gioco valori umani essenziali, giacché la famiglia continua ad essere "fondamento della società" e "scuola del più ricco umanesimo" (GS 52; cfr. FC 43 FC 86). Ma nello stesso tempo si mette in gioco l'evangelizzazione "che costituisce la gioia e la vocazione della Chiesa, la sua identità più profonda" (EN 14).

Senza dubbio la trasmissione di una fede profonda, autentica, viva, continua ad essere un servizio prezioso che la Chiesa deve prestare all'uomo e alla società di oggi: a quest'uomo che cerca se stesso con ansia crescente; che vuole scoprirsi nella sua identità radicale; che dimentica a volte che un umanesimo chiuso in se stesso riduce gli orizzonti della sua dignità più profonda, perché "solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" (RH 8).

In questa opera di umanizzazione e di costruzione della società il nucleo familiare trova la dimensione della sua dignità. E questo richiede anche che la si renda centro evangelizzato e luogo evangelizzatore, perché realizzi in pienezza questo importante incarico che è imperativo anche nelle vostre diocesi.


5. Non c'è dubbio che il raggiungimento di questi obiettivi importanti pone una problematica abbastanza complessa ed esigente a livello pastorale.

Voi, maestri nella fede e primi responsabili della formazione morale dei vostri fedeli, dovrete offrire una valida risposta alle loro necessità e aspettative. Partendo da una solida dottrina, cercherete di presentar loro il disegno completo di Dio sull'amore, il matrimonio e la famiglia. E farete in modo di rendere accessibili ad ogni cristiano gli insegnamenti proposti dalla Chiesa; con profondo sentimento pedagogico-pastorale, con grande spirito d'amore e di comprensione, con attenzione alle condizioni di ogni persona o famiglia, ma nella fedeltà al piano di Dio e alle norme emanate dal Magistero della Chiesa.

Quando sia necessario, insieme alla vostra missione di maestri e guide dovrete esercitare la funzione profetica di denuncia dei mali che minacciano la famiglia. Quantunque questo compito non sia sempre facile; quantunque non sia sempre compreso. Avrete compiuto davanti a Dio, almeno da parte vostra, il vostro dovere di guide e testimoni.


6. Per la sua particolare incidenza in campo familiare, voglio dire una parola su alcuni punti concreti, che rientrano nella vostra sollecitudine di Pastori e nella vostra prassi orientatrice.

So che con frequenza parlate ai vostri fedeli della dignità della famiglia, dell'alta missione degli sposi nella trasmissione e nel servizio alla vita, così come dell'assoluto rispetto che devono alla vita umana, che fin dal primo momento della sua esistenza sfugge al loro dominio. Continuate a proclamare la sacralità di questa vita, anche se ancora nel seno materno. E spronateli a rispettare scrupolosamente le regole morali che proteggono la vita umana e che nessuna norma legale esterna può modificare nella sua obbligatorietà per la coscienza.

Nel vostro sforzo in favore dell'unità della famiglia, non tralasciate di insistere sull'identità sostanziale dei doveri che toccano allo sposo e alla sposa nel matrimonio. Senza che una certa tolleranza introdotta nella società autorizzi lo sposo a costituire eventuali unioni extra-coniugali che risultano come delle famiglie parallele. Non giustifica moralmente tali unioni il fatto che ci si prenda cura delle necessità materiali derivate da esse.

Per identici motivi è imputabile, dal punto di vista della morale cristiana, il ricorso all'adulterio; senza che possa modificare la natura etica dell'atto qualche regolazione giuridica positiva che si dia ad esso. Come neanche mancano di profondo significato morale fenomeni come quello dell'alcolismo, che tanta incidenza hanno nella vita personale e familiare, rompendo l'equilibrio interno, la pace, il sentimento responsabile del dovere e provocando seri effetti di disgregazione del focolare.


7. Ovviamente, non pretendo di tracciare un quadro completo degli orientamenti in campo familiare. Vi sono altri punti e priorità pastorali che non sfuggono al vostro zelo e a quello dei vostri collaboratori.

E' chiaro, inoltre, che lo svolgimento della vostra missione vi impone un preciso dovere di orientamento morale del popolo cristiano. La Chiesa, infatti, quando proclama le esigenze della fede o illumina col suo giudizio morale materie anche di ordine temporale, non invade competenze che le sono estranee, ma esercita la sua missione e così facendo - come ha insegnato l'ultimo Concilio - "rafforza la pace tra i popoli a gloria di Dio" (GS 76).

L'alto esempio di entusiasmo, di partecipazione spontanea, di civismo e di ricerca crescente di questi valori umani, morali e spirituali in coloro che credono, dato dal vostro popolo durante la mia indimenticabile visita al vostro Paese - il primo viaggio apostolico del mio pontificato in terre lontane - è una chiara indicazione di come la pratica delle proprie convinzioni e delle loro ineludibili concretizzazioni esterne non solo non ostacola ma può favorire positivamente l'armonia sociale e l'ordinata convivenza nella legittima libertà.

8. Alla Madre di Guadalupe, quale pellegrino di sentieri già noti, accorro con voi e con tutto il popolo del Messico. Ai suoi piedi pongo le vostre intenzioni, la vostra azione pastorale, quella dei vostri collaboratori, persone di speciale consacrazione ecclesiale e fedeli.

All'amata Signora di Tepeyac affido in particolare le famiglie cristiane perché le trasformi in vere "Chiese domestiche" dove ella svolge tutta l'efficacia della sua azione educativa e materna. Con la mia benedizione apostolica per voi e le vostre Chiese locali.

Data: 1983-10-01 Data estesa: Sabato 1 Ottobre 1983

Ai gruppi di preghiera di Padre Pio - Sabato 1 ottobre 1983


Titolo: Obbedire al Magistero non mortifica l'intelligenza del cristiano

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono sinceramente lieto di accogliere oggi il vostro pellegrinaggio, che intende rendere presenti spiritualmente a Roma, accanto al Papa, i duemila Gruppi di preghiera di Padre Pio. La mia gioia si unisce a quella di ciascuno di voi, che volete compiere, in forma solenne, il Giubileo della Redenzione. Rispondendo generosamente ed entusiasticamente al mio invito, voi, non solo avete compiuto il Giubileo nelle vostre diocesi, ma avete voluto rendere una fervida testimonianza comunitaria della vostra adesione alla Sede Apostolica, mediante questa odierna esemplare manifestazione di fede.

Saluto tutti voi singolarmente e, in particolare, il Reverendo Monsignor Riccardo Ruotolo, presidente dell'Opera di Padre Pio. La vostra presenza e il vostro impegno cristiano sono indissolubilmente legati alla personalità e all'opera di Padre Pio da Pietrelcina, l'umile Frate Cappuccino che, per quasi cinquant'anni, nel convento di San Giovanni Rotondo, ha vissuto e realizzato la sua consacrazione religiosa a Dio quasi esclusivamente nella continua, diuturna, fervorosa preghiera e nel ministero della Riconciliazione, guidando e dirigendo migliaia di fedeli, che cercavano l'autentica strada della perfezione e della santità cristiane.

2. Padre Pio è venuto a mancare alla vita di questa terra nel settembre del 1968, quindici anni fa; ma la fecondità misteriosa della sua lunga vita di sacerdote e di religioso figlio di san Francesco d'Assisi, continua ancora ad agire, potremmo dire, con visibile crescendo, in particolare in due Opere che sono tipicamente "sue", perché nate dal suo grande cuore, aperto all'amore di Dio e dei fratelli: i "Gruppi di preghiera" e la "Casa sollievo della sofferenza", universalmente nota per le sue benemerenze anche in campo umanitario e sociale.

Come tutte le Associazioni e i Movimenti cattolici, voi che aderite ai "Gruppi di preghiera" intendete cooperare alla realizzazione del Regno di Dio, secondo l'insegnamento di Gesù sintetizzato nel "Pater Noster": "Adveniat regnum tuum" (Mt 6,10 Lc 11,2)! Ciò che poi caratterizza questa vostra cooperazione è la consapevolezza che il primo, indispensabile mezzo per la dilatazione del Regno di Dio nelle anime è la preghiera, continua, umile, devota.

Il cristiano deve "pregare sempre, senza mai stancarsi" (Lc 18,1), sull'esempio di Gesù, il quale pregava spesso in luoghi deserti e solitari (cfr. Mt 14,23 Lc 9,18) e specialmente prima di alcuni momenti particolarmente importanti per la sua missione: nel battesimo al Giordano (Lc 3,21): nella elezione dei dodici Apostoli (Lc 6,12); alla Trasfigurazione (Lc 9,29) e quando si accingeva ad insegnare ai discepoli la sua preghiera, il "Pater Noster".

Ad imitazione della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme, che in uno stesso cuore era assidua alla preghiera (cfr. Ac 1,14), voi dovete porre la preghiera alla base della vostra vita cristiana: preghiera di adorazione; preghiera di lode; preghiera di impetrazione; preghiera - come affermano con incisività i vostri statuti - "con la Chiesa, per la Chiesa e nella Chiesa".

3. Questa preghiera da individuale diventa comunitaria, si esprime nella consapevole e attiva partecipazione alla Liturgia: trova la sua forza nei Sacramenti, in particolare dell'Eucaristia e della Riconciliazione; diventa esigenza di comunione e di obbedienza al Magistero della Chiesa, al Vicario di Cristo, ai Vescovi, secondo le parole rivolte da Gesù agli Apostoli, valide per i loro successori ai fini della missione di guidare il Popolo di Dio: "Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato" (Lc 10,16).

Questo spirito di comunione e di obbedienza non significa né comporta una menomazione dell'intelligenza del cristiano. Nell'ambito della fede, Dio ha scelto lui stesso gli strumenti e i canali umani incaricati di conservare, di trasmettere e di interpretare il deposito della Verità, che egli si è degnato di rivelare agli uomini.

Voi, aderenti ai "Gruppi di preghiera", siate sempre esemplari in questo spirito di adesione piena e incondizionata alla dottrina della Chiesa cattolica, guidata dal Papa e dai Vescovi, come ha ribadito sempre il vostro Fondatore!

4. La preghiera non isola dagli altri uomini e dai loro problemi concreti. Il cristiano, mentre si rivolge al Padre celeste, non può non essere in intima, profonda unione con i fratelli. Ecco che dalla preghiera adorante rivolta a Dio, la quale ci fa quasi toccare con mano la nostra strutturale precarietà, sgorga l'esigenza della carità fraterna, che spinge ad aprirsi agli altri e a trovare tutti gli strumenti e i modi adeguati per il loro bene spirituale e anche fisico.

La carità verso Dio trova la sua attuazione concreta nella carità fattiva e operosa a favore dei sofferenti e dei bisognosi: è questa la vostra caratteristica, la quale ha la sua tangibile espressione nella "Casa sollievo della sofferenza", centro spirituale e sede dell'Associazione internazionale dei "Gruppi di preghiera".

Anche oggi esistono purtroppo la povertà, la fame, la malattia, l'emarginazione: fenomeni che debbono essere debellati ormai con coordinazione e con strumenti a livello internazionale. Ma ognuno di voi, nello spirito di accettazione della sofferenza e dei sacrifici inerenti alla pratica della vita cristiana, vorrà dedicarsi generosamente alle opere di carità, animate dalla fede, la quale nel povero, nel malato, nel bisognoso ci fa scorgere il volto sofferente di Gesù, il quale ha proclamato che ogni gesto di solidarietà e di comprensione, rivolto agli affamati, agli assetati, ai forestieri, agli ignudi, agli ammalati, ai carcerati, lo considera fatto a lui stesso! (cfr. Mt 25,31-46).

Ecco, carissimi, le caratteristiche fondamentali che debbono qualificare i "Gruppi di preghiera di Padre Pio", di modo che ci sia una perfetta coerenza tra la vostra fede e la vostra vita.

Sant'Agostino esprimeva ai suoi fedeli il rammarico per i molti che si chiamavano cristiani, senza manifestarlo nella realtà, perché non erano veramente ciò che si dicevano, vale a dire "nella vita, nel comportamento, nella speranza, nella carità" ("In Epist. Ioannis tract.", IV, 4: PL 35, 2007).

Tutti i membri dei "Gruppi di preghiera" debbono manifestare con chiarezza e con coraggio quello che sono, cioè autentici e fervorosi cristiani, "in vita, in moribus, in spe, in caritate!".

Con questi voti, invoco dal Signore, per l'intercessione di Maria Santissima. Madre di Gesù e della Chiesa, l'abbondanza dei doni divini e vi imparto di cuore la benedizione apostolica.

Data: 1983-10-01 Data estesa: Sabato 1 Ottobre 1983

Recita del Santo Rosario - Città del Vaticano (Roma) Sabato 1 Ottobre 1983


Titolo: Messaggio ai pellegrini raccolti a Pompei

Desidero far pervenire un cordiale saluto ai numerosi pellegrini, riuniti presso il Santuario mariano di Pompei per una veglia di preghiera in occasione del primo centenario della nota "Supplica", composta dal Beato Bartolo Longo. Per mezzo della Radio Vaticana essi si sono uniti a noi nella recita della corona del Rosario, meditando i misteri della vita del Signore Gesù e della Madre sua, al sereno fluire delle "Ave Maria".

Carissimi fratelli e sorelle, perseverate nella devozione alla Vergine Santissima, lasciandovi da lei guidare in ogni circostanza della vostra vita.

Mettetevi in ascolto di questa Maestra impareggiabile, che vi parla di Gesù in particolare attraverso i "misteri del Rosario", sintesi suggestiva ed efficacissima dell'intero Vangelo. Recitate la "corona" con fervore e semplicità, per attingervi la gioia del dovere compiuto, la fortezza nell'affrontare gli inevitabili dolori della nostra condizione umana, il coraggio ogni giorno rinascente nella contemplazione della gloria promessa da Dio ai suoi servi fedeli.

Nell'affidare voi e i vostri cari alla protezione materna di Maria, a tutti imparto con affetto la mia apostolica benedizione.

Data: 1983-10-01 Data estesa: Sabato 1 Ottobre 1983

Al Cardinale Caprio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nomina a inviato del Papa nel centenario della Supplica di Pompei

Al Venerabile Fratello Cardinal Caprio il mio saluto e la benedizione apostolica.

Il due di ottobre di quest'anno, all'inizio del mese del Rosario, ricorrerà il primo centenario della solenne e felicissima "Supplica", che ha preso il nome dalla Vergine di Pompei. Certamente non sono molti coloro che danno importanza a questo evento, o che tanto meno lo celebrano, in tanto frastuono di occupazioni umane; tuttavia siamo convinti che molti veri cristiani diano grande importanza a queste testimonianze della loro fede e della loro religione. E giustamente: si tratta infatti della preghiera indirizzata alla clementissima Madre di Dio e Regina del cielo, al cui nome gli inferi tremano, che porta un amore grandissimo ai suoi figli bagnati dal sangue di suo Figlio, la cui preghiera può tutto presso Colui che ha generato e che ha donato al mondo; che infine mille volte ha soccorso il popolo cristiano allontanandolo dai pericoli e dalle situazioni difficili, esaudendo con materna pietà le preghiere dei supplici.

Questa sublime "Supplica" nata dall'animo del beato Bartolomeo Longo, uomo egregio, bene ne riproduce l'immagine interiore: dice infatti quanto sia stata sicura la sua opinione sull'efficacia dell'orazione; di quale amore arse per la Vergine Maria, la cui lode singolare e il cui onore gli furono tanto a cuore.

C'è in quella "Supplica", quasi come un'immagine del beato, lo zelo singolare di Bartolomeo per i fratelli, specialmente i bisognosi e gli infelici, di quell'angolo della terra le cui condizioni inique ogni giorno aveva sotto gli occhi e che cerco in ogni modo di sanare. Anzi, superando con il suo animo i confini di quel luogo, avrebbe voluto soccorrere alle necessità di tutto il mondo sommerso dai flutti dei mali; non potendo arrivare a ciò solo la mente e l'opera dell'uomo, lo affidava al patrocinio della Vergine. E' poi tanto alata la "Supplica" alla beata Vergine Maria, che sembra in alcuni punti poesia.

Questa "Supplica", concepita con l'intenzione di invocare la benevolenza della Madre di Cristo sui figli della Valle di Pompei, per la prima volta risuono cent'anni fa, in una solennità, e pervase, come onda di serena speranza, gli animi degli ascoltatori: ora ha superato gli angusti confini del luogo, perché naturalmente attraverso la stampa, la radio, la televisione è stata diffusa in tutto il mondo. Oggi la sua fama è tanto vasta, che quasi non vi è ora in tutto il mondo in cui non venga recitata, come forma singolare di preghiera cattolica e illustre segno dell'unità della Chiesa, che in quel giorno, come allora gli Apostoli, prega la Vergine e Dio con la Vergine.

In nessun luogo tuttavia quella preghiera si recita tanto appropriatamente quanto a Pompei dove è nata e dove si continua a mantenere la tradizione. Ivi partecipano alla solenne "Supplica" piamente e santamente non solo gli umili, gli orfani, le confraternite, ma anche numerosi sacerdoti, Vescovi, persino Cardinali e inviati della Santa Sede, sempre con frutti abbondanti. E per me fu dolce recitarla l'8 maggio di quest'anno, insieme a tutti i fedeli collegati per televisione. Inoltre più volte mi sono recato in pellegrinaggio al Santuario del Rosario, specialmente prima del pontificato.

Ma quest'anno, come è giusto, ai segni abituali della fede e della religione si aggiungeranno quelli solenni del centenario. Per accrescere la gioia di quei figli, e perché l'onore reso alla Vergine fosse il più degno possibile, il Venerabile Fratello Domenico Vacchiani, mio Delegato in quel Santuario, mi ha chiesto di mandare un mio inviato. perciò ho ritenuto che ti avrei fatto cosa gradita se avessi delegato te che sei nato non lontano da quel Santuario mariano, e che fin da fanciullo, come me, ami la Madre santissima, a presiedere alle celebrazioni in nome mio e a fare la Supplica solenne.

Così, Venerabile Fratello, attraverso la tua pia bocca e il tuo pio cuore io supplichero la Regina celeste. Offri a così grande Madre la testimonianza del mio amore e della mia venerazione; porta i voti augurali della mia paterna benevolenza a quei figli. Esortali e incitali ad avere la Madre comune nell'animo e negli occhi, e a prendere l'abitudine di recitare il Rosario, irrigua fonte di grazie celesti, e a recitarlo specialmente nel mese di ottobre. Raccomanda loro di vivere con coerenza la fede che professano, di riferire ai suoi principi e difendere con i suoi principi le loro cause grandi e piccole, se vogliono essere simili a coloro che edificano sulla roccia. Infine imparto la benedizione apostolica a te, Venerabile Fratello, a tutti i sacerdoti presenti nella Chiesa, a tutti gli abitanti del luogo, a tutti i pellegrini e a tutti coloro che ami. Dal Vaticano, 15 settembre 1983

Data: 1983-10-02 Data estesa: Domenica 2 Ottobre 1983

Omelia per i movimenti mariani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Con Maria meditiamo il mistero della redenzione del mondo




1. "Ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto...".

Oggi, prima domenica di ottobre, saluto tutti voi, membri dei movimenti mariani, devoti del "Saluto dell'Angelo", che siete qui a Roma, in occasione del Giubileo straordinario della nostra Redenzione. Saluto con particolare affetto il Cardinale vicario, Ugo Poletti, del quale quest'anno ricorre il XXV anniversario di ordinazione episcopale. A lui rivolgo, per questa circostanza, uno speciale pensiero, assicurando una preghiera al Signore. Saluto poi i componenti del sacro Collegio e i confratelli dell'Episcopato.

Saluto i sacerdoti, religiosi e religiose, iscritti alle Associazioni rosariane degli adulti e dei piccoli; saluto i membri di tutti gli altri movimenti, gruppi, istituti, pie unioni, confraternite, parrocchie, che si impegnano a progredire nella devozione di Maria. Saluto tutti i romani che si sono stretti attorno al Cardinale Vicario, come pure i pellegrini provenienti da varie parti del mondo.

L'evangelista Luca dice che Maria "rimase turbata" alle parole dell'arcangelo Gabriele, a lei rivolte al momento dell'annunciazione, e "si domandava che senso avesse un tale saluto". Questa meditazione di Maria costituisce il primo modello della preghiera del Rosario. Esso è la preghiera di coloro ai quali è caro il saluto dell'Angelo a Maria. Le persone che recitano il Rosario riprendono con il pensiero e con il cuore la meditazione di Maria e recitando meditano "che senso avesse un tale saluto".


2. Prima di tutto ripetono le parole indirizzate a Maria da Dio stesso, mediante il suo messaggero. Coloro ai quali è caro il saluto dell'Angelo a Maria ripetono le parole che provengono da Dio. Nel recitare il Rosario, diciamo più volte queste parole. Questa non è una ripetizione semplicistica. Le parole indirizzate a Maria da Dio stesso e pronunziate dal divin messaggero, racchiudono un contenuto inscrutabile. "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te...", "benedetta tu fra le donne" (Lc 1,28 Lc 1,42).

Questo contenuto è strettamente unito al mistero della redenzione. Le parole del saluto angelico a Maria introducono in questo mistero, e nello stesso tempo trovano in esso la loro spiegazione. Lo esprime la prima Lettura dell'odierna liturgia, che ci porta al Libro della Genesi. E' proprio là - sullo sfondo del primo e insieme originale peccato dell'uomo - che Dio annunzia per la prima volta il mistero della redenzione. Per la prima volta fa conoscere la sua azione nella storia futura dell'uomo e del mondo.

Ecco, al tentatore che si nasconde sotto l'aspetto di un serpente, il Creatore dice così: "Io porro inimicizia tra te e la donna / tra la tua stirpe e la sua stirpe: / questa ti schiaccerà la testa / e tu le insidierai il calcagno".


3. Le parole udite da Maria all'annunciazione rivelano che è giunto il tempo del compimento della promessa contenuta nel Libro della Genesi. Dal protovangelo passiamo al Vangelo. Il mistero della redenzione sta per compiersi. Il messaggio del Dio eterno saluta la "Donna": questa donna è Maria di Nazaret. La saluta in considerazione della "stirpe", che essa dovrà accogliere da Dio stesso: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo... concepirai un figlio. Lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù".

Parole - davvero - decisive. Il saluto del l'Angelo a Maria costituisce l'inizio delle più grandi "opere di Dio" nella storia dell'uomo e del mondo.

Questo saluto apre da vicino la prospettiva della redenzione.

Non c'è da meravigliarsi che Maria, avendo udito le parole di tale saluto, rimanesse "turbata". L'avvicinarsi del Dio vivo suscita sempre un santo timore. Non c'è neanche da meravigliarsi che Maria si domandasse "che senso avesse un tale saluto". Le parole dell'arcangelo l'hanno messa dinanzi a un iscrutabile mistero divino. Per di più, l'hanno coinvolta nell'orbita di quel mistero. Non si può prendere soltanto atto di tale mistero. Occorre meditarlo sempre di nuovo e sempre più profondamente. Esso ha la forza di riempire non soltanto la vita, ma anche l'eternità.

E noi tutti, ai quali è caro il saluto dell'Angelo, cerchiamo di partecipare alla meditazione di Maria. Cerchiamo di farlo anzitutto quando recitiamo il Rosario.


4. Attraverso le parole pronunciate dal Messaggero a Nazaret, Maria quasi intravide, in Dio, tutta la propria vita sulla terra e la sua eternità. Perché, sentendo di dover diventare madre del Figlio di Dio, ella non risponde con trasporto spirituale, ma prima di tutto con l'umile "fiat": "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto"? Non è forse perché già da allora senti il pungente dolore di quel regnare "sul trono di Davide", che doveva spettare a Gesù? Nello stesso tempo l'arcangelo annunzia che "il suo regno non avrà fine". Mediante le parole del saluto angelico a Maria cominciano a svelarsi tutti i misteri, in cui si compirà la redenzione del mondo: misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi. così come avviene nel Rosario.

Maria, la quale "si domandava che senso avesse un tale saluto", sembra entrare in tutti questi misteri, introducendo in essi anche noi. Ci introduce nei misteri di Cristo e insieme nei propri misteri. Il suo atto di meditazione nel momento dell'annunciazione apre le strade alle nostre meditazioni durante la recita del Rosario e grazie ad esso.


5. Il Rosario è la preghiera, per la quale, ripetendo il saluto dell'Angelo a Maria, cerchiamo di trarre dalla meditazione della Vergine santissima le nostre considerazioni sul mistero della redenzione. Questa sua riflessione - iniziata nel momento dell'annunciazione - continua nella gloria dell'assunzione. Nell'eternità Maria, profondamente immersa nel mistero del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, si unisce come nostra Madre alla preghiera di coloro che hanno caro il saluto dell'Angelo e lo esprimono nella recita del Rosario.

In questa preghiera ci uniamo a lei come gli Apostoli radunati nel cenacolo dopo l'ascensione di Cristo. Lo ricorda la seconda Lettura dell'odierna liturgia, riportata dagli Atti degli Apostoli. L'Autore - dopo aver citato i nomi dei singoli Apostoli - scrive: "Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù, e con i fratelli di lui". Con questa preghiera si preparavano a ricevere lo Spirito Santo, il giorno della Pentecoste.

Maria, che il giorno dell'annunciazione aveva ottenuto lo Spirito Santo in una eminente pienezza, pregava con loro. La particolare pienezza dello Spirito Santo determina in lei anche una particolare pienezza della preghiera. Mediante questa singolare pienezza, Maria prega per noi, e prega con noi. Maternamente presiede alla nostra preghiera. Raduna su tutta la terra le immense schiere di coloro ai quali è caro il saluto dell'Angelo: esse, insieme con lei, "meditano" il mistero della redenzione del mondo, recitando il Rosario. così la Chiesa si prepara continuamente a ricevere lo Spirito Santo, come nel giorno della Pentecoste.


6. Ricorre quest'anno il primo centenario dell'enciclica di Papa Leone XIII "Supremi Apostolatus", con la quale il grande Pontefice decretava che il mese di ottobre fosse particolarmente dedicato al culto della Vergine del Rosario. In tale documento egli sottolineava vigorosamente la straordinaria efficacia di questa preghiera, recitata con animo puro e devoto, al fine di ottenere dal Padre celeste, in Cristo, e per l'intercessione della Madre di Dio, la protezione contro i mali più gravi che possono minacciare la cristianità e la stessa umanità, e conseguire quindi i beni sommi della giustizia e della pace tra i singoli e tra i popoli.

Con questo gesto storico Leone XIII non faceva altro che affiancarsi ai numerosi Pontefici che lo avevano preceduto - tra questi San Pio V - e lasciava una consegna a quelli che lo avrebbero seguito nel promuovere la pratica del Rosario. Per questo anch'io voglio dire a voi tutti: fate del Rosario la "catena dolce che vi lega a Dio" per mezzo di Maria.


7. Grande è la mia gioia di poter oggi insieme con voi celebrare la solenne liturgia della Regina del Santo Rosario. In questo modo significativo ci inseriamo tutti nel Giubileo straordinario dell'Anno della Redenzione.

Mi rallegro anche del fatto che a questa liturgia partecipano i rappresentanti delle parrocchie romane, miei diocesani, invitati dal Cardinale vicario, per lodare insieme con me il Signore in occasione del mio Giubileo episcopale.

Ringrazio il Cardinale per le espressioni di devoto affetto che egli, anche a nome dei diocesani, ha avuto nei miei riguardi. In particolare ringrazio per le preghiere che sono state elevate al Signore nella ricorrenza del venticinquesimo della mia ordinazione episcopale.

Tutti insieme ci rivolgiamo con grande affetto alla Madre di Dio, ripetendo le parole dell'arcangelo Gabriele: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu fra le donne".

E dal centro dell'odierna liturgia ascoltiamo la risposta di Maria: "L'anima mia magnifica il Signore / e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, / perché ha guardato l'umiltà della sua serva. / D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata".

Data: 1983-10-02 Data estesa: Domenica 2 Ottobre 1983



GPII 1983 Insegnamenti - Messaggio all'Arcivescovo di Ravenna - Città del Vaticano (Roma)