GPII 1983 Insegnamenti - Canonizzazione di Leopoldo Mandic - Città del Vaticano (Roma)

Canonizzazione di Leopoldo Mandic - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testiomoniare che Dio è amore nella storia dell'uomo e del mondo




1. "Dio è amore... Noi abbiamo creduto all'amore" (1Jn 4,

8.16).

Venerabili miei fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio. Ecco, noi ci accostiamo oggi all'altare, per esprimere la nostra unità nel sacerdozio di Gesù Cristo. Ci accostiamo per confessare e proclamare, insieme con tutti i partecipanti all'Eucaristia, riuniti in Piazza San Pietro, quello che l'evangelista Giovanni ha scritto nella sua prima Lettera: "Dio è amore... In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi..." (Jn 4,


8.10).

Dio è amore, e l'amore è da Dio. Non dal mondo. E non dall'uomo. E' da Dio stesso. Il mondo non può esistere senza quest'amore. L'uomo non può esistere senza di esso. L'uomo che è sempre più consapevole di ciò che lo minaccia da parte delle potenze di questo mondo, che egli stesso ha sprigionate, e da parte della civiltà, che egli stesso ha costruito, se questa civiltà non diventerà simultaneamente "la civiltà dell'amore".

Dio è amore. E l'amore è da Dio. Una profonda coscienza di questa verità ci ha indotti a incontrarci al Sinodo dei Vescovi intorno al tema: "La riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa". La riconciliazione e la penitenza sono il frutto di quest'amore che è da Dio. Mediante il tema del Sinodo tocchiamo le radici stesse dei problemi che si trovano nel cuore dell'uomo, e insieme dei problemi dai quali dipende la vita dell'intera famiglia umana.


2. L'Amore, che è Dio, si è rivelato una volta per sempre: "...si è manifestato l'amore di Dio per noi... è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" (1Jn 4,9-10).

Questa missione del Figlio sta alle basi della nostra riconciliazione con Dio. Il sacrificio di espiazione per i peccati diventa la sorgente della nuova alleanza, che è l'alleanza dell'amore e della verità. Questa è l'alleanza di Dio con l'uomo e la riconciliazione dell'uomo con Dio, che si realizza contemporaneamente nell'uomo come riconciliazione con i fratelli: "se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri... se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi" (1Jn 4,11-12).

Era necessario, venerabili e cari fratelli, questo Sinodo sul tema della riconciliazione e della penitenza per toccare le questioni più profonde nella missione della Chiesa verso l'uomo e verso il mondo dei nostri giorni. Bisognava preparare in un certo senso il terreno per questo Sinodo mediante il Giubileo straordinario dell'Anno della Redenzione, che celebriamo contemporaneamente a Roma e in tutta la Chiesa. Mediante questo il tema del Sinodo si è radicato in modo particolare in ciascuno di noi.

Siamo qui come coloro che hanno riconosciuto e creduto all'amore, che Dio ha per noi (cfr. 1Jn 4,16). Da tale fede nasce tutto ciò che desideriamo fare mediante i lavori del Sinodo per la riconciliazione e per la penitenza nella missione contemporanea della Chiesa. Lo facciamo, perché "abbiamo creduto all'amore". Lo facciamo fissando gli occhi su Cristo, il Buon Pastore che conosce le sue pecore e offre la vita per le pecore (cfr. Jn 10,14-15).


3. Oggi tutto questo trova un'espressione ancora più particolare mediante l'inscrizione nell'albo dei santi del beato Leopoldo Mandic. Infatti egli fu, nei suoi giorni, un servo eroico della riconciliazione e della penitenza.

Nato a Castelnovo alle Bocche di Cattaro, a 16 anni lascio la famiglia e la sua terra per entrare nel seminario dei Cappuccini di Udine. La sua fu una vita senza grandi avvenimenti: qualche trasferimento da un convento all'altro, come è consuetudine dei Cappuccini; ma niente di più. Poi l'assegnazione al Convento di Padova, ove rimase fino alla morte.

Ebbene, proprio in questa povertà di una vita esteriormente irrilevante, venne lo Spirito ed accese una nuova grandezza: quella di un'eroica fedeltà a Cristo, all'ideale francescano, al servizio sacerdotale verso i fratelli.

San Leopoldo non ha lasciato opere teologiche o letterarie, non ha affascinato con la sua cultura, non ha fondato opere sociali. Per tutti quelli che lo conobbero, egli altro non fu che un povero frate: piccolo, malaticcio. La sua grandezza è altrove: nell'immolarsi, nel donarsi, giorno dopo giorno, per tutto il tempo della sua vita sacerdotale, cioè per 52 anni, nel silenzio, nella riservatezza, nell'umiltà di una celletta-confessionale: "il buon pastore offre la vita per le pecore". Fra Leopoldo era sempre li, pronto e sorridente, prudente e modesto, confidente discreto e padre fedele delle anime, maestro rispettoso e consigliere spirituale comprensivo e paziente.

Se si volesse definirlo con una parola sola, come durante la sua vita facevano i suoi penitenti e confratelli, allora egli è "il confessore"; egli sapeva solo "confessare". Eppure proprio in questo sta la sua grandezza. In questo suo scomparire per far posto al vero Pastore delle anime. Egli manifestava così il suo impegno: "Nascondiamo tutto, anche quello che può avere apparenza di dono di Dio, affinché non se ne faccia mercato. A Dio solo l'onore e la gloria! Se fosse possibile, noi dovremmo passare sulla terra come un'ombra che non lascia traccia di sé". E a chi gli chiedeva come facesse a vivere così, egli rispondeva: "E' la mia vita!".


4. "Il buon pastore offre la vita per le sue pecore". Ad occhio umano la vita del nostro Santo sembra un albero, a cui una mano invisibile e crudele abbia tagliato, uno dopo l'altro, tutti i rami. Padre Leopoldo fu un sacerdote a cui era impossibile predicare per difetto di pronuncia. Fu un sacerdote che desidero ardentemente di dedicarsi alle missioni e fino alla fine attese il giorno della partenza, ma che non parti mai perché la sua salute era fragilissima. Fu un sacerdote che aveva uno spirito ecumenico così grande ad offrirsi vittima al Signore, con donazione quotidiana, perché si ricostituisse la piena unità fra la Chiesa Latina e quelle Orientali ancora separate, e si rifacesse "un solo gregge sotto un solo pastore" (cfr. Jn 10,16); ma che visse la sua vocazione ecumenica in un modo del tutto nascosto. Piangendo confidava: "Saro missionario qui, nell'ubbidienza e nell'esercizio del mio ministero". E ancora: "Ogni anima che chiede il mio ministero sarà frattanto il mio Oriente".

A San Leopoldo che cosa resto? A chi e a che cosa servi la sua vita? Gli restarono i fratelli e le sorelle che avevano perduto Dio, l'amore, la speranza.

Poveri esseri umani che avevano bisogno di Dio lo invocavano implorando il suo perdono, la sua consolazione, la sua pace, la sua serenità. A questi "poveri" san Leopoldo dono la vita, per loro offri i suoi dolori e la sua preghiera; ma soprattutto con loro celebro il sacramento della Riconciliazione. Qui egli visse il suo carisma. Qui si espressero in grado eroico le sue virtù. Egli celebro il sacramento della Riconciliazione, svolgendo il suo ministero come all'ombra di Cristo crocifisso. Il suo sguardo era fisso al Crocifisso, che pendeva sull'inginocchiatoio del penitente. Il Crocifisso era sempre il protagonista. "E' lui che perdona, è lui che assolve!". Lui, il Pastore del gregge...

San Leopoldo immergeva il suo ministero nella preghiera e nella contemplazione. Fu un confessore dalla continua preghiera, un confessore che viveva abitualmente assorto in Dio, in un'atmosfera soprannaturale.


5. La prima lettura dell'odierna Liturgia ci ricorda la preghiera di intercessione di Mosè nel corso del combattimento, che Israele condusse contro Amalek. Quando le mani di Mosè erano alzate, la bilancia della vittoria pendeva dalla parte del suo popolo, quando le mani cadevano per la fatica, prevaleva Amalek.

La Chiesa, mettendo oggi dinanzi a noi la figura del suo umile servo san Leopoldo, che fu una guida per tante anime, vuole anche additare queste mani che si alzano verso l'alto nel corso delle diverse lotte dell'uomo e del Popolo di Dio. Esse si alzano nella preghiera. E si alzano nell'atto dell'assoluzione dei peccati, che raggiunge sempre quell'Amore che è Dio: quell'amore che una volta per sempre si è rivelato a noi nel Cristo crocifisso e risorto. "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Co 5,20).

Che cosa ci dicono, cari fratelli, queste mani di Mosè alzate nella preghiera? Che cosa ci dicono le mani di san Leopoldo, umile servo del confessionale? Esse ci dicono che la Chiesa non si può stancare mai nel dare testimonianza a Dio che è amore! Essa non si può mai scoraggiare e stancare per le contrarietà, dal momento che il culmine di questa testimonianza si alza irremovibilmente, nella Croce di Gesù Cristo, sopra l'intera storia dell'uomo e del mondo. Pure sopra la nostra difficile epoca in cui l'uomo sembra essere minacciato non soltanto dall'autodistruzione e dalla morte nucleare, ma anche dalla morte spirituale. Infatti come deve vivere lo spirito dell'uomo se "non crede all'amore" (cfr. 1Jn 10,16)? Come si può sviluppare nel mondo l'opera della molteplice riconciliazione se - oltre la giustizia e il dialogo - non si sprigiona quella forza massima che è l'amore sociale? E l'amore, è da Dio!


6. Venerati e amati fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio, miei fratelli e sorelle nella grazia della chiamata alla fede mediante il Battesimo, voi tutti che partecipate all'odierna Eucaristia! Ringrazio il cardinale Decano del Sacro Collegio e il Rappresentante del Sinodo dei Vescovi per le parole che hanno indirizzato a me all'inizio di questa Celebrazione. Nel giorno in cui ricorre il quinto anniversario della mia chiamata a svolgere il servizio di Pietro in Roma, nell'anno in cui si compiono 25 anni dalla mia consacrazione episcopale, mi è particolarmente cara e preziosa questa vostra comune preghiera; questa comune Eucaristia.

Infatti tutti noi - e il Vescovo di Roma in particolare - dobbiamo perseverare con le mani alzate verso Dio nonostante tutta la nostra umana debolezza e indegnità. Non possiamo stancarci e scoraggiarci. Tra le esperienze del nostro tempo, tra le minacce che incombono sulla grande famiglia umana, tra le lotte dei popoli e delle Nazioni, tra le sofferenze di tanti cuori e di tante coscienze umane, non possiamo mancare di dare la testimonianza: "Dio è amore... l'amore è da Dio... noi abbiamo creduto all'amore". Amen.

Data: 1983-10-16 Data estesa: Domenica 16 Ottobre 1983

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Liberaci dalla guerra e dai peccati contro la vita"




1. "Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio"! O Madre degli uomini e dei popoli, tu che "conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze", tu che senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, che scuotono il mondo contemporaneo, accogli il nostro grido che, come mossi dallo Spirito Santo, rivolgiamo direttamente al tuo Cuore e abbraccia, con l'amore della Madre e della Serva, questo nostro mondo umano, che ti affidiamo e consacriamo, pieni di inquietudini per la sorte terrena ed eterna degli uomini e dei popoli. In modo speciale ti affidiamo e consacriamo quegli uomini e quelle Nazioni, che di questo affidamento e di questa consacrazione hanno particolarmente bisogno.

"Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio"! Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova! Non disprezzare! Accogli la nostra umile fiducia, e il nostro affidamento!


2. "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Proprio questo amore ha fatto si che il Figlio di Dio abbia consacrato se stesso: "Per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità" (Jn 3,17 Jn 3,19).

In forza di quella consacrazione i discepoli di tutti i tempi sono chiamati a impegnarsi per la salvezza del mondo, ad aggiungere qualcosa ai patimenti di Cristo a favore del suo Corpo che è la Chiesa (cfr. 2Co 12,15 Col


1,24).

Davanti a te, Madre di Cristo, dinanzi al tuo Cuore Immacolato, io desidero oggi, insieme con tutta la Chiesa, unirmi col Redentore nostro in questa sua consacrazione per il mondo e per gli uomini, la quale solo nel suo Cuore divino ha la potenza di ottenere il perdono e di procurare la riparazione.

La potenza di questa consacrazione dura per tutti i tempi e abbraccia tutti gli uomini, i popoli e le Nazioni, e supera ogni male, che lo spirito delle tenebre è capace di ridestare nel cuore dell'uomo e della sua storia e che, di fatto, ha ridestato nei nostri tempi. A questa consacrazione del nostro Redentore, mediante il servizio del successore di Pietro, si unisce la Chiesa, Corpo mistico di Cristo.

Oh, quanto profondamente sentiamo il bisogno di consacrazione per l'umanità e per il mondo: per il mondo contemporaneo, in unità con il Cristo stesso! L'opera redentrice di Cristo, infatti, deve essere partecipata dal mondo per mezzo della Chiesa. Oh, quanto ci fa male, quindi, tutto ciò che nella Chiesa e in ciascuno di noi si oppone alla santità e alla consacrazione! Quanto ci fa male che l'invito alla penitenza, alla conversione, alla preghiera, non abbia riscontrato quell'accoglienza che doveva! Quanto ci fa male che molti partecipino così freddamente all'opera redentrice di Cristo! che così insufficientemente si completi nella nostra carne "quello che manca ai patimenti di Cristo".

Siano quindi benedette tutte le anime che obbediscono alla chiamata dell'eterno amore! Siano benedette coloro che, giorno dopo giorno, con inesausta generosità accolgono il tuo invito, o Madre, a fare quello che dice il tuo Gesù e danno alla Chiesa e al mondo una serena testimonianza di vita ispirata al Vangelo.

Sii benedetta sopra ogni cosa tu, Serva del Signore, che nel modo più pieno hai obbedito alla divina chiamata! Sii salutata, tu, che sei interamente unita alla consacrazione redentrice del tuo Figlio! Madre della Chiesa! Illumina il Popolo di Dio sulle vie della fede, della speranza e della carità! Aiutaci a vivere con tutta la verità della consacrazione di Cristo per l'intera famiglia umana del mondo contemporaneo.


3. Affidandoti, o Madre, il mondo, tutti gli uomini e tutti i popoli, ti affidiamo anche la stessa consacrazione per il mondo, mettendola nel tuo Cuore materno.

Oh Cuore Immacolato! Aiutaci a vincere la minaccia del male, che così facilmente si radica nei cuori degli stessi uomini di oggi e che nei suoi effetti incommensurabili già grava sulla nostra contemporaneità e sembra chiudere le vie verso il futuro! Dalla fame e dalla guerra, liberaci! Dalla guerra nucleare, da un'auto-distruzione incalcolabile, da ogni genere di guerra, liberaci! Dai peccati contro la vita dell'uomo sin dai suoi albori, liberaci! Dall'odio e dall'avvilimento della dignità dei figli di Dio. liberaci! Da ogni genere di ingiustizia nazionale e internazionale, liberaci! Dalla facilità di calpestare i comandamenti di Dio, liberaci! Dai peccati contro lo Spirito Santo, liberaci! Liberaci! Accogli, o Madre di Cristo, questo grido carico della sofferenza di tutti gli uomini! Carico della sofferenza di intere società! Si riveli ancora una volta, nella storia del mondo l'infinita potenza dell'amore misericordioso! Esso fermi il male! Trasformi le coscienze! Nel tuo Cuore Immacolato si sveli per tutti la luce della Speranza! Amen.

(Saluto ai numerosi gruppi di pellegrini presenti:) Cari croati, sono lieto di potervi salutare unitamente a Sua Eminenza il Cardinale Franjo Kuharic e gli altri fratelli nell'Episcopato. Siete venuti in così gran numero non soltanto voi, dalla Jugoslavia, ma anche i pellegrini dalla Germania, dall'Austria, dal Canada e dagli Stati Uniti. Con la vostra presenza dimostrate quale grande amore nutrite verso san Leopoldo Mandic.

Ed ora mi rivolgo in modo speciale a voi, cari croati che vivete sparsi in tutto il mondo. San Leopoldo, lui stesso emigrante come voi, sia sempre un esempio illuminato di come si deve vivere e morire fuori della patria, sempre fedeli a Dio, alla Vergine e alla Chiesa. A voi e a tutti i vostri cari nelle rispettive patrie, imparto di cuore la mia apostolica benedizione.

Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti coloro che sono intervenuti al rito della canonizzazione del beato Leopoldo. Ringrazio in primo luogo le delegazioni ufficiali del Governo jugoslavo e del Governo italiano. Partecipo cordialmente alla gioia dell'Ordine dei Frati Cappuccini.

Fra i numerosi pellegrini, desidero salutare con speciale pensiero il pellegrinaggio proveniente da Padova, dove è custodita la tomba di san Leopoldo.

Con pari intensità di sentimento saluto il pellegrinaggio della diocesi di Prato, guidato dal suo Vescovo, assicurando tutti i partecipanti del mio affetto e del mio ricordo nella preghiera.

Oggi ricorre la III Giornata mondiale per l'alimentazione, promossa dalla Fao. Non è necessario che io sottolinei l'importanza e l'urgenza dell'appello che questa giornata intende rivolgere alle nostre coscienze. Noi cristiani dobbiamo sentirci coinvolti in prima linea nel compiere tutto quanto è nelle nostre possibilità per venire incontro all'immenso grido dei poveri che verso di noi si eleva da tante parti del mondo.

Data: 1983-10-16 Data estesa: Domenica 16 Ottobre 1983

Ai Cavalieri di Colombo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dio vi rafforzi nell'adempiere alla vostra vocazione laicale

Cari amici in Cristo, è per me un piacere incontrare oggi il Consiglio supremo dei direttori dei Cavalieri di Colombo. Vi saluto tutti nella pace di nostro Signore.

Voglio che voi sappiate quanto vi sono grato per tutto quello che avete fatto per la Santa Sede. La vostra lealtà al successore di san Pietro ha fatto parte del vostro ricco patrimonio fin dall'inizio. così, gli speciali contributi alla Santa Sede che avete fatto in anni recenti sono realmente un segno che questo patrimonio continua ad essere forte. Vi ringrazio anche per i vostri vari progetti a favore della Chiesa universale e il modo in cui avete collaborato con i Vescovi, il clero e altri membri del laicato in numerose opere finalizzate alla costruzione di singole Chiese locali e all'assistenza dei membri più bisognosi e indifesi della società.

Prego affinché la vostra generosità e carità, la vostra fraternità e fede continuino a crescere e a fiorire per molti anni a venire.

I Cavalieri di Colombo si sono anche impegnati a promuovere tra i laici una migliore comprensione del loro insostituibile ruolo nella Chiesa, cosa tanto grandemente desiderata dal Concilio Vaticano II. Nelle vostre case e nelle vostre personali professioni e mediante sforzi unitari, sia a livello locale che a raggio più vasto, voi avete reso importanti contributi alla missione della Chiesa e avete ispirato altri laici a simili propositi. A questo riguardo, penso al modo in cui avete cercato di offrire incoraggiamento e aiuto alle famiglie cristiane in un periodo della storia nel quale esse affrontano grandi responsabilità e difficoltà e come avete lavorato per la protezione e la dignità della vita umana a ogni stadio della sua esistenza, dal concepimento fino alla morte. Possa Dio rafforzarvi nel continuare ad adempiere alla vostra vocazione laicale nella Chiesa.

Siete venuti a Roma durante l'Anno Santo della Redenzione. Confido che, tra le vostre molte attività qui, voi troverete il tempo per passare attraverso la Porta Santa come pellegrini, di pregare presso la Tomba dell'apostolo Pietro e chiedere le grazie speciali dell'Anno Santo. Spero che ritornerete a casa con una fede ancora più profonda nel nostro Redentore, ricolmi di un fervido desiderio di spalancare le porte dei vostri cuori alla fonte di ogni verità e amore, a nostro Signore Gesù Cristo. Nella misura in cui Gesù vive in voi, sarete capaci di lavorare per il Regno dei cieli. Perché, come dice san Paolo: "E' Dio che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni" (Ph 2,13).

Vi assicuro delle mie preghiere per voi e le vostre famiglie e invio i miei saluti a tutti i vostri fratelli Cavalieri in tutto il mondo. Possa Cristo, che ci ha redento con la sua Croce e risurrezione, essere sempre vicino a voi, rafforzarvi nella gioia e nella speranza. Possa Dio accordarvi le sue abbondanti benedizioni.

Data: 1983-10-17 Data estesa: Lunedi 17 Ottobre 1983

A pellegrini di Padova - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: San Leopoldo Mandic apostolo del "tribunale della penitenza"

Venerati Confratelli! Carissimi fedeli di Padova!


1. Siete venuti numerosi e festanti a Roma per la canonizzazione di san Leopoldo Mandic, a cui ieri avete preso parte in Piazza San Pietro; ma siete venuti anche per restituire la visita da me compiuta nel settembre dell'anno scorso alla vostra illustre città.

Vi ringrazio per lo spettacolo di questa vostra assemblea, la quale risveglia nel mio animo il ricordo esaltante di quell'incontro memorabile con i cari padovani e con molti fedeli dell'intera regione veneta, convenuti in quella città per onorare la tomba di sant'Antonio, in occasione del 750° anniversario della sua morte. Vi sono riconoscente per la gioia che mi procurate con questa vostra visita così significativa e qualificata.

Saluto tutti e ciascuno di voi con particolare effusione di affetto: "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 17b).

Saluto in modo speciale il vostro Vescovo, Monsignor Filippo Franceschi, e lo ringrazio per le nobili espressioni, con le quali ha voluto introdurre questo incontro familiare; saluto, in pari tempo, il venerando Monsignor Girolamo Bortignon, a cui rinnovo l'espressione del mio apprezzamento per la benemerita opera pastorale da lui svolta e per i privilegiati rapporti che la Provvidenza gli concesse di avere col Padre Leopoldo nella sua qualità di religioso Cappuccino, prima, e in quella di Vescovo di Padova, poi. Saluto tutti i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i laici impegnati nei diversi settori della vita ecclesiale.

Sono lieto di esprimere il mio deferente saluto al sindaco della città e a tutte le autorità civili e militari, che furono così tanto cortesi e premurose durante la mia visita e tanto si adoperarono per rendere ordinata e fruttuosa quella indimenticabile giornata trascorsa a Padova: per le loro persone, per i gravi uffici loro affidati e per le popolazioni che rappresentano a livello comunale, provinciale e regionale, porgo voti sinceri, invocando dalla Divina Bontà doni copiosi di serena prosperità e di progresso civile.


2. Vorrei intrattenermi a lungo con voi, per rivivere insieme, nel ricordo, i momenti salienti di quella stupenda esperienza ecclesiale, che il Signore mi ha dato di trascorrere nella vostra città; ma, attesa la ristrettezza del tempo, devo limitarmi ad alcuni cenni. Non posso non rievocare la vibrante partecipazione dei giovani. Una gioventù veramente numerosa, ricca della vivacità propria dell'età, ma al tempo stesso profondamente compresa della particolare missione, a cui la Chiesa la chiama nell'opera di animazione cristiana; una gioventù che seppe offrire, in quel giorno, pubblica testimonianza della propria fede con gioiosa effusione di canti e di preghiere, dando prova di perfetto inserimento nell'armonioso insieme di tutte le componenti della Comunità diocesana. A tutti loro vada ancora una parola di plauso e di stima per l'impegno dimostrato e di incoraggiamento a perseverare nella generosa milizia in difesa dei valori morali e spirituali, spesso tanto rovinosamente insidiati.

Ma la visita a Padova mi offri anche la felice occasione di sostare in preghiera davanti all'urna miracolosa di san Leopoldo Mandic nella chiesa dei Cappuccini, presso il Prato della Valle. Fu un momento privilegiato per me poter venerare le spoglie mortali di quel piccolo e grande Santo, croato di nascita e padovano per adozione, che in circa quarant'anni di ministero nel confessionale divenne costante punto di riferimento del Veneto e dell'Italia per quanti erano desiderosi di trovare o di ritrovare il Signore nel Sacramento della sua misericordia. Infatti gran parte dei suoi settantasei anni di vita li passo, contrariamente al suo desiderio di essere missionario nel suo amato Oriente per promuovere l'unità dei cristiani, nel breve spazio della sua cella, divenuta ben presto il luogo del suo confessionale. E' a tutti nota la sua figura così mirabilmente segnata dalla bontà, dalla capacità di ascoltare, di comprendere, di avvicinare e di consolare. La sua naturale e soprannaturale amabilità, così comunicativa e accessibile, si irradiava verso tutti gli uomini, comunicando ai loro animi, soprattutto con l'esempio della sua vita, la fede, la carità, la speranza, la fortezza, l'obbedienza, l'umiltà.

Il Santo cappuccino seppe fare della sua cella-confessionale, al dire di molti penitenti, un "salottino della cortesia". Egli si mostrava pieno di bontà e di comprensione con quanti andavano ad inginocchiarsi ai suoi piedi. A chi gli rinfacciava di essere mite e misericordioso anche con i peccatori più incalliti, mostrava il Crocifisso, esclamando: "lui è morto per le anime, non noi...!". Lo distingueva, soprattutto, una grande attenzione per l'uomo e per i suoi problemi, senza per questo sottovalutare la gravità delle colpe. Aveva il dono di far toccare con mano ai penitenti la misericordia di Dio e la gioia del perdono.


3. Sta qui, cari padovani, la grandezza e l'attualità di san Leopoldo. Volutamente la sua canonizzazione ha avuto luogo in questi giorni, in cui la Chiesa è impegnata ad approfondire e a rivalutare la dimensione pastorale della Riconciliazione e della Penitenza nel clima particolare dell'Anno Giubilare della Redenzione. La sua figura viene proposta come modello ai Pastori di anime nell'esercizio del ministero della Confessione e come richiamo ai fratelli perché riscoprano le meraviglie e le esigenze di questo Sacramento, istituito dal Cristo nel giorno di Pasqua, come mezzo di risurrezione spirituale. Invochiamo fervidamente san Leopoldo perché stimoli le nostre anime all'assidua e salutare frequenza del confessionale; perché chiami a questo tribunale della penitenza e a questa risurrezione di grazia molte anime stordite da certi fallaci costumi moderni e faccia loro gustare le intime consolazioni del perdono del Padre, dell'incontro con Cristo Redentore e dell'ebbrezza dello Spirito Santo; perché faccia ringiovanire nei cuori l'ansia del bene, della giustizia e del rispetto della persona altrui.

Questo vostro pellegrinaggio a Roma, nella cornice festosa della proclamazione del nuovo Santo e nello spirito dell'Anno della Redenzione sia per voi tutti occasione provvidenziale di una Confessione straordinaria per l'acquisto dell'indulgenza giubilare e per il conforto e la pace delle vostre anime. Vi sia di stimolo anche la sosta pensosa e orante presso le tombe degli Apostoli per un rinnovato cammino di fede e di speranza cristiana.

E' questo l'augurio che faccio a voi, cari padovani, e a tutti voi qui presenti, che vi siete uniti per rendere omaggio al nuovo Santo. Accompagno e avvaloro questi voti con la mia particolare benedizione apostolica, che ora imparto a voi tutti e volentieri estendo ai vostri cari.

Data: 1983-10-17 Data estesa: Lunedi 17 Ottobre 1983

Ad un pellegrinaggio di Varese - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Questa celebrazione giubilare vi fortifichi nella fedeltà

Benvenuti, carissimi fratelli e sorelle della Parrocchia-Santuario di Santa Maria in Sacro Monte di Varese! Mi è veramente gradito di accogliervi quest'oggi e di rivolgere un saluto particolarmente affettuoso a voi e al vostro Parroco, Monsignor Pasquale Macchi, che vi ha guidati in pellegrinaggio a Roma, presso le Tombe dei Principi degli Apostoli e dei Martiri per acquistare l'Indulgenza giubilare.

Voglio dirvi innanzitutto la gioia che provo nel vedervi e nel sentirvi accanto a me, in questa propizia occasione del Giubileo della Redenzione. La vostra appartenenza ad una terra e ad una gente, a cui mi sento legato per antichi vincoli di affetto, che ho potuto rinsaldare nella mia recente visita nella vostra regione, dà a questo incontro un accento particolare e suscita nel mio animo una suggestiva risonanza.

Faccio voti, pertanto, che la vostra celebrazione giubilare valga a fortificarvi sempre più nella fedeltà a quel patrimonio spirituale, di cui la vostra terra e la vostra parrocchia, in particolare, sono così ricche; valga a riaffermare il comune impegno di amore a Cristo Redentore e alla sua Chiesa, e a ridestare il vostro dinamismo apostolico e la vostra collaborazione col vostro Parroco nella linea della riconciliazione spirituale mediante una profonda vita sacramentale e, in specie, mediante la pratica rigeneratrice del sacramento della Confessione, che è al centro dell'attenzione e delle preoccupazioni della Chiesa.

Che l'Anno Giubilare della Redenzione, col suo messaggio di radicale conversione interiore, produca in voi un rifiorire di autentica vita cristiana, a livello parrocchiale, familiare e individuale! Con questi voti, mentre invoco su voi tutti la protezione celeste della Vergine santissima, da voi invocata nel Sacro Monte di Varese, vi imparto di cuore la mia speciale benedizione apostolica.

Data: 1983-10-17 Data estesa: Lunedi 17 Ottobre 1983

A Vescovi del Quebec in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Continuità tra Chiesa di ieri e di domani per evitare fratture

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. E' una grande gioia per me accogliere insieme i Vescovi del Quebec. Ho già ricevuto tre gruppi di vostri Confratelli del Canada, soprattutto di lingua inglese, ed è evidente che le preoccupazioni pastorali che abbiamo affrontato o gli orientamenti auspicabili che sono stati espressi valgono anche per voi. Non solo voi appartenete al medesimo Paese - che avro la gioia di visitare l'anno prossimo - ma il vostro Paese è esso stesso inserito nel contesto moderno dell'America del Nord, che tende di fatto a imporre il suo stile di vita. Pur tuttavia, pur dando il loro posto agli Anglofoni, agli Indiani e Inuit, il Quebec conserva la sua originalità ben spiccata, le sue tradizioni di origine francese, in particolare la sua lingua, che gli garantiscono dei particolari legami di parentela con l'Europa, di ordine culturale e affettivo. La massiccia appartenenza alla confessione cattolica, inoltre, segna molto profondamente la vostra società nel Quebec.


2. così è con reale interesse che si legge il voluminoso rapporto dell'assemblea dei Vescovi del Quebec, che avete redatto in vista di questa visita "ad limina".

Esso non esaurisce le altre attività, in particolare quelle che avete in comune con il resto della Conferenza dei Vescovi cattolici del Canada. Ho notato per esempio due recenti documenti di questa Conferenza, "sulla sofferenza e la guarigione", e "sul rispetto della vita". Il vostro rapporto ben analizza il nuovo contesto sociale e religioso del Quebec che dovete affrontare. Vi mostrate lucidi sui mutamenti e i rischi, decisi a studiare i differenti mezzi con cui farvi fronte grazie a iniziative e strutture adeguate, e soprattutto pieni di speranza: "Periodo appassionante", dite voi. In questo senso, avete proprio ragione. Questo tempo è sempre il tempo di Dio che non può smettere di suscitare ciò di cui ha bisogno la sua Chiesa, quando essa rimane disponibile, aperta e orante. Messi a conoscenza della sostanza di questo rapporto, i vostri fedeli potranno essi stessi misurare tutto il campo di apostolato che è loro aperto, e il quadro offerto alla loro azione o riflessione.

Evidentemente, spetta a voi Pastori di essere sul terreno e di vegliare affinché le realtà catechetiche, liturgiche, pedagogiche, ecumeniche, corrispondano bene alle intenzioni e al quadro tracciato. Proprio voi Vescovi avete, in ultima analisi, in unione con me e con i Dicasteri romani, la piena responsabilità della fedeltà, dell'unità e degli opportuni orientamenti per l'azione della Chiesa.


3. La prima osservazione generale che mi viene in mente leggendo il capitolo III del vostro rapporto è la necessità di mantenere una continuità tra la Chiesa di ieri e quella di domani, di stabilire dei punti di riferimento e di fornire dei punti di appoggio visibili per permettere a tutte e categorie del popolo di Dio di camminare con sicurezza sulle vie della fede.

Mi sembra proprio vero, come voi stessi descrivete, che dei forti cambiamenti sociali, inevitabili, stanno producendo una nuova cultura, multiforme, aperta a correnti di pensiero molto diverse, e che la Chiesa ne viene scossa, destabilizzata, privata di certe istituzioni influenti che erano unicamente di sua competenza. E voi paragonate la sua esperienza a quella del popolo biblico in esilio, talvolta messo alla prova dallo smarrimento, dalla nostalgia, e che vive tuttavia un tempo di maturazione pieno di speranza. Voi sperate, e io spero con voi, che i credenti provati potranno anche giungere ad una fede più personale, più motivata, e a una partecipazione più attiva, più responsabile nella Chiesa.

Il Concilio Vaticano II è venuto per permettervi di far fronte, sul piano della riflessione e dell'azione, a questa situazione; è questo, del resto, il destino di molti altri Paesi che si consideravano di "cristianita". Tutto questo richiede una pastorale più dinamica, più elastica, vicina alle persone così come sono, caratterizzata dalla comprensione e dal dialogo.

Ma sono sicuro che vedete anche la necessità, durante questo periodo di riadattamento, di non lasciare che si formi un fossato, una rottura, un vuoto, sul piano della fede, della preghiera, dell'influsso cristiano, soprattutto nella formazione delle nuove generazioni. Bisogna, tanto più, vegliare sulla serenità di coloro che sono sperduti, talvolta scioccati, che non comprendono il senso delle nuove iniziative, o che ne vedono soprattutto i limiti. Tutti d'altra parte hanno sempre più bisogno di segni della fede e della Chiesa, d'appoggio, di mezzi, proprio per mantenere la loro identità cristiana in un mondo che cambia, e portare il loro contributo alla nuova società. Il popolo d'Israele in esilio per un periodo era stato strappato dal suo tempio e dalle sue istituzioni, ma appena ritornato, non ha potuto fare a meno di ricostruire un tempio e di darsi mezzi nuovi con cui vivere il mistero dell'alleanza in un contesto diverso.

Insomma, la Chiesa non potrà accontentarsi, né accettare, consolandosi del progresso di un piccolo numero, che una gran parte del suo gregge "si disperda" come dice il Vangelo - penso all'ignoranza religiosa, alla diminuzione della pratica, in particolare tra i giovani, alla vita morale priva di riferimenti cristiani, alla diminuizione delle vocazioni -; la Chiesa deve fare di tutto per esercitare la sua missione, nel rispetto delle coscienze e in profondità, di fronte a tutti i battezzati e all'intera società. Ed essa deve dunque trovarne arditamente i mezzi.


4. Non è del resto proprio questo uno degli assi della vostra linea pastorale, e cioè: mettere in grado i laici cristiani, uomini e donne, di essere ben presenti e attivi nei luoghi ove si elaborano gli orientamenti della società, sul piano educativo, familiare, sociale, politico? Ma, oltre al fatto che essi debbano essere formati e introdotti in questi campi, affinché trovino un atteggiamento autenticamente umano e cristiano, bisogna far loro riscoprire, vivere intensamente la loro fede, con i mezzi di approfondimento appropriati, provarne la convinzione e la gioia, viverla nella preghiera, testimoniarla direttamente, insomma avvicinarsi al Redentore, che li rinnova spiritualmente e dona loro lo slancio missionario. Voi volete, lo so, promuovere questa educazione della fede degli adulti, e io incoraggio volentieri tutto ciò che farete in questo senso, nei differenti campi, vegliando sempre affinché sia la fede autentica della Chiesa ad essere ricercata o espressa, nell'insegnamento teologico, nella comprensione del nuovo diritto canonico, nelle attività catechetiche, nelle celebrazioni liturgiche, negli interventi dei mass-media, in una parola nella vita delle comunità cristiane.


5. Come voi, penso anche all'importanza dell'educazione cristiana delle nuove generazioni. Sarà molto difficile formare dei cristiani adulti, o saranno molto pochi, se non ci sarà stata un'iniziazione profonda alla fede fin dalla prima infanzia - e qui occorre sensibilizzare i genitori - e durante l'infanzia, l'adolescenza e la giovinezza, a misura anche della cultura ricevuta o dei problemi posti dagli studi o dalla vita. Una tale educazione richiede sempre che vengano offerte ai giovani una catechesi e una animazione pastorale di qualità.

Nei vostri interventi del 1978 e del 1982 avete chiaramente indicato i valori che devono essere promossi. Questi interventi mostrano molto bene la grande preoccupazione che non avete smesso di manifestare nei confronti del progetto di ristrutturazione delle scuole elementari e secondarie pubbliche. Con voi, la Santa Sede considera cosa equa che, secondo la nobile tradizione del vostro Paese, vi sia posto in questo campo per le scuole confessionali, dunque ufficialmente cattoliche, tutte le volte che questi orientamenti corrispondono alle speranze della maggioranza dei genitori, primi responsabili dell'educazione, e che siano fornite garanzie che permettano di proporre l'insegnamento religioso e l'animazione pastorale in tutte le scuole. E' questo un diritto normale per il rispetto delle coscienze dei genitori e dei giovani. Ed è importante ricordare a questi genitori la necessità di esercitare pienamente le proprie responsabilità in questo campo di capitale importanza. Io non dubito che i governanti stessi comprenderanno l'importanza di favorire presso le giovani generazioni la formazione ai valori morali e spirituali che corrispondono alla loro appartenenza religiosa. Ne va del valore della società del domani.

Vi è anche il caso di istituzioni private cattoliche, di cui è importante mantenere il diritto e i mezzi di sussistenza, e il giusto sostegno.

Gli orientamenti che esse si danno e l'educazione che forniscono permettano loro di essere, esse stesse, autenticamente cattoliche. E ancora, occorre che gli insegnanti vi siano ben preparati.


6. Siete legittimamente preoccupati della situazione delle famiglie. Vi si comprende quando si viene a conoscenza del numero delle famiglie divise, o di quello delle unioni libere, o ancora di quello delle coabitazioni prematrimoniali.

Non vi devo ripetere le esigenze della Chiesa in questo campo, come in quello, ancora più grave, del rispetto della vita. Ne ho del resto parlato lungamente con i vostri Confratelli dell'Ontario, il 28 aprile scorso. E tuttavia, io sono sicuro che da voi c'è ancora un grande attaccamento alla famiglia, e anche un bisogno, sempre più sentito, di quell'equilibrio che conosce e che diffonde una coppia che vive l'amore umano così come lo vuole il Creatore, come lo richiama la Chiesa. La pastorale familiare deve dunque aver un grande spazio nel vostro Paese, per poter insegnare tutta la dottrina della Chiesa sull'amore e il matrimonio, per spiegarla, per convincere, per testimoniare, per aiutare i giovani, i futuri sposi. E anche, bisogna vegliare affinché l'educazione sessuale offerta dagli educatori cattolici presenti tutte le garanzie volute.


7. Di fronte a tutto il lavoro apostolico che vi sta davanti, di cui non ho fatto che ricordare alcuni punti, voglio confermare la vostra speranza e incoraggiare tutti coloro che sono chiamati a collaborare con voi.

I laici, solidamente formati, assumano tutte le responsabilità che spettano loro secondo l'insegnamento del Concilio, come uomini e come donne, sia nelle comunità cristiane che nella società, per essere lievito nella pasta! Testimonino apertamente il Vangelo che avranno innanzitutto meditato, amato, vissuto personalmente, e spesso condiviso nei loro movimenti cristiani! Comprendano anche sempre meglio il ruolo specifico del ministero ordinato dei sacerdoti e dei diaconi, che trasmettono la vita di Cristo, Capo della Chiesa, radunano la comunità in suo nome, si consacrano alla guida delle coscienze. Gli stessi sacerdoti siano ben coscienti delle loro gravi responsabilità, e pieni di speranza, perché il Signore lavora con loro a misura della loro fedeltà. Sviluppino ancora di più la pastorale delle vocazioni, di cui ho già parlato a lungo con i vostri Confratelli, in particolare con quelli delle province atlantiche il 23 settembre.

I religiosi e le religiose, che nel Quebec sono sempre stati molto numerosi, apprezzino la gratuità dell'amore che la loro vocazione rappresenta; testimonino lo spirito delle beatitudini in un mondo affascinato dalla ricchezza, dalla comodità, dal piacere; dal materialismo, e collaborino attivamente ai grandi compiti apostolici secondo il loro carisma. La preghiera ha il suo posto particolare in questa opera di Chiesa.

A tutti io auguro che l'Anno Giubilare della Redenzione, e gli orientamenti di questo Sinodo dei Vescovi, apportino un nuovo slancio di conversione, di rinnovamento spirituale, di pace, di riconciliazione, d'amore di Dio e degli altri, affinché la nuova società che si sta formando da voi, lungi dal rinnegare la fede cristiana, che l'ha così a lungo nutrita, se ne ispiri per migliorare il suo sviluppo! Imploro su tutti, e innanzitutto su di voi, cari fratelli nell'Episcopato, la luce e la forza dello Spirito Santo. Con la mia affettuosa benedizione apostolica.

Data: 1983-10-18 Data estesa: Martedi 18 Ottobre 1983





GPII 1983 Insegnamenti - Canonizzazione di Leopoldo Mandic - Città del Vaticano (Roma)