GPII 1983 Insegnamenti - Ad un pellegrinaggio ecumenico - Città del Vaticano (Roma)

Ad un pellegrinaggio ecumenico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'unità fra Oriente e Occidente esempio di amore e fratellanza

Caro Cardinale Marty, cari fratelli e sorelle.

Quando, nel corso del mio viaggio pastorale del 1980, ho incontrato alla Nunziatura apostolica di Parigi i rappresentanti delle altre Chiese in Francia, ho spontaneamente espresso questa riflessione: "La mia visita fraterna al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli mi ha dato molte speranze. Mi sono trovato molto bene in quell'atmosfera, in quel luogo che, evidentemente, costituisce una grande realtà spirituale. Una realtà complementare: non si può respirare in cristiano, di più, in cattolico, con un polmone solo; bisogna avere due polmoni, quello orientale e quello occidentale. Questo per ricordare solamente questa mia visita a Costantinopoli".

Ed ecco che il vostro gruppo ecumenico, nel quadro della crociera "Mer promise" (Mare promesso), ha avuto anche la grazia di scoprire, non solamente i tesori storici e artistici delle Chiese d'Oriente, ma la loro anima, la loro fede ardente nel Signore risuscitato, e attraverso lui, nella Santa Trinità, la loro attenzione particolare all'opera dello Spirito Santo in noi, alla vita divina nella quale le nostre vite sono radicate, in particolare con i Sacramenti, la loro devozione profonda alla Madre di Dio, la loro venerazione per gli apostoli Pietro e Paolo, Andrea e Giovanni, il loro senso della Chiesa; e tutto questo vissuto in condizioni materiali e sociali molto spesso difficili. così, cristiani d'Oriente e d'Occidente, noi impariamo ad amarci, come fratelli, nella complementarietà delle nostre spiritualità, della nostra fede che è praticamente la stessa, nella comune apostolicità. Sono felice che voi abbiate potuto incontrare il mio Fratello, il Patriarca Dimitrios I.

Ricerchiamo insieme la piena comunione, secondo la volontà del Signore; vogliamo testimoniare sin da oggi la nostra comune preoccupazione di carità e riconciliazione. Il mondo, messo alla prova dall'incredulità, ha bisogno di questa testimonianza di fede, di preghiera; la nostra società che tanto soffre per le divisioni e i conflitti, ha bisogno di uomini e di donne che vivano l'amore di Gesù Cristo, la riconciliazione con Dio e con tutti i loro fratelli. Voi sapete che i Vescovi cattolici riuniti in Sinodo stanno lavorando su questo tema fondamentale.

Vi ringrazio della vostra visita. Prego il Signore di aiutarvi ad approfondire la vostra fede, ad allargare il vostro cuore. Gli raccomando le intenzioni dei vostri parenti, delle vostre comunità. Pregate lo Spirito Santo affinché mi assista nel mio compito di successore di Pietro al servizio dell'unità di tutti coloro che credono in Gesù Cristo. E che Dio Onnipotente vi benedica, Padre, Figlio e Spirito Santo!

Data: 1983-10-20 Data estesa: Giovedi 20 Ottobre 1983

A pellegrini portoghesi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Qui potete sentire la forza salvifica che ha animato i cristiani

Carissimi fratelli e sorelle del Portogallo.


1. E' con molta gioia che vi saluto, in questa casa che è di tutti i figli della Chiesa. La vostra presenza mi ricorda che baciando, nel maggio dell'anno scorso, il suolo della vostra terra, dissi che quel gesto significava "amicizia, per l'amicizia della quale mi sento circondato" dal popolo portoghese. E dopo quattro giorni con voi di intensa emozione popolare, dicendovi addio ho potuto assicurarvi di aver incontrato aperte le porte dei vostri cuori. Per questo vi ho così salutato: "arrivederci".


2. Siete venuti, in questo Anno Santo della Redenzione, come pellegrini nella città eterna. Qui potete sentire, più da vicino, la forza salvifica che ha animato, in questi 1950 anni, una ad una, le generazioni cristiane. Qui avete incontrato la tomba di san Pietro, che fu il primo a riconoscere Gesù di Nazaret come il Cristo, il Figlio di Dio. E quando molti suoi discepoli lo abbandonarono, poiché trovavano eccessivamente duro il suo modo di parlare, Gesù si rivolse ai dodici Apostoli con una domanda decisiva: "Forse anche voi volete andarvene?".

Pietro rispose a nome di tutti: "Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio" (Jn 6,67-69).

Avete incontrato, qui a Roma, anche la tomba di san Paolo, il grande apostolo delle genti, che poté dire di se stesso: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Ga 2,20). Avete incontrato anche le catacombe che continuano a parlare dell'eroismo dei primi cristiani, martiri per la fede in Cristo. Avete incontrato numerose chiese a testimoniare, attraverso i secoli, una fede viva e intrepida.

Carissimi fratelli e sorelle, oggi il successore di san Pietro vi affida questo stesso messaggio di fede degli Apostoli, radicato tanto profondamente in questa città: approfittate di questo vostro pellegrinaggio a Roma per approfondire la fede in Cristo Redentore e il vostro impegno di vita cristiana. Passando per la Porta Santa, arricchitevi di sentimenti di penitenza, di riconciliazione e di fedeltà alla Chiesa. Portate alla vostra terra questo messaggio dell'Anno Santo della Redenzione. Portate la gioia della salvezza e della riconciliazione. E tutti benedico di cuore: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Amen.

Data: 1983-10-21 Data estesa: Venerdi 21 Ottobre 1983

Al termine del concerto - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In occasione del 25° di Ordinazione episcopale del Papa

Desidero esprimere, anche a nome dei presenti, un vivo ringraziamento alla Radio televisione italiana - qui rappresentata dal Presidente e dal Direttore generale - per la pausa di intenso godimento spirituale, che l'esecuzione del "Te Deum" di Hector Berlioz, da essa offerta, ci ha procurato. Il ringraziamento si fa anche più sentito al pensiero che, a suggerire la gentile iniziativa, è stata l'intenzione di onorare, insieme col ricordo del XXV anniversario della mia Ordinazione episcopale, i fratelli nell'Episcopato convenuti a Roma per la VI assemblea del Sinodo. Come non avvertire nell'animo profonda commozione e riconoscenza di fronte ad un gesto di così squisita cortesia? Vada, dunque, un grazie cordiale al Maestro Georges Prêtre, che è stato sensibilissimo interprete dell'ispirata composizione del grande Berlioz. Con lui siano ringraziati pure tutti gli artisti che, nei rispettivi ruoli, hanno dato vita a questo incantevole momento di distensione e di poesia, come anche di quanti mediante il collegamento radiotelevisivo hanno potuto unirsi a noi, nel rivolgere un sincero plauso ai protagonisti di questa straordinaria serata.

"Ogni grande opera d'arte - è stato detto - nella sua ispirazione e nella sua radice è religiosa". Se una simile intuizione può trovare conferma anche nelle composizioni di soggetto profano, quanto maggiormente essa rivela la sua profonda verità nel caso di un'opera, come quella ora ascoltata, nella quale il commento musicale si sviluppa intorno ad un testo essenzialmente centrato sulla lode a Dio, munifico datore di ogni bene. Le parole venerande dell'antico Inno, con cui nel corso dei secoli la Comunità cristiana ha testimoniato davanti a Dio la trepida consapevolezza della propria fragilità e insieme il fiducioso abbandono alla potenza vittoriosa del suo amore, trovano nelle melodie sgorgate dal cuore di Berlioz un mirabile commento che coinvolge l'ascoltatore, lo commuove e lo esalta.

Nell'augurare che le emozioni suscitate nell'animo di ciascuno dall'esecuzione di stasera possano fiorire in preghiera verso Colui che ha creato l'uomo per amore e per amore lo ha redento, imparto di cuore a tutti la mia benedizione.

Data: 1983-10-21 Data estesa: Venerdi 21 Ottobre 1983

A vescovi americani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Parola di Dio e Magistero del Vescovo garanzia di vera dottrina

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo.


1. Alcune settimane fa, durante un'altra visita "ad limina", ho parlato di vari aspetti della identità del Vescovo quale segno vivente di Gesù Cristo, nel contesto della sacramentalità della Chiesa. Vorrei ora continuare su quel tema generale, riflettendo con voi sul ruolo del Vescovo quale ministro della parola di Dio, "ministro del Vangelo" (Ep 3,7). Perché è proprio come ministro della parola di Dio, che agisce per potenza dello Spirito Santo e mediante il carisma del suo servizio episcopale, che il Vescovo manifesta Cristo al mondo, rende Cristo presente nella comunità, e comunica efficacemente Cristo a tutti coloro che aprono largamente i loro cuori.

Come ministro del Vangelo, il Vescovo è espressione vivente di Cristo, il quale, essendo il Verbo Incarnato, è egli stesso suprema rivelazione e comunicazione di Dio. Il ministero della parola definisce chiaramente la nostra identità di servitori di Gesù Cristo, chiamati ad essere apostoli e "consacrati al Vangelo di Dio" (Rm 1,1). Nella predicazione e nel magistero noi adempiamo alla nostra missione specifica. Ognuno di noi attua così il suo speciale carisma di essere segno vivente del Cristo che dice: "E' necessario che io annunci la buona novella del Regno di Dio... Perché appunto per questo sono stato mandato" (Lc 4,43).


2. Il Concilio Vaticano II coglie il senso della nostra identità quando afferma: "Tra i principali doveri del Vescovo, eccelle la predicazione del Vangelo. I Vescovi infatti sono gli araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli; sono dottori autentici, cioè rivestiti dell'autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita" (LG 25). Come predicatori e maestri, i Vescovi hanno un ruolo vitale da adempiere, un messaggio vitale da comunicare. I Vescovi esistono al fine di proclamare il libero dono divino della salvezza offerta all'umanità in Gesù Cristo e realizzata nel suo Mistero Pasquale.

Tutte le attività dei Vescovi devono essere finalizzate alla proclamazione del Vangelo, proprio perché il Vangelo è "la forza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16). La salvezza la si trova nel Vangelo e il Vangelo lo si riceve nella fede. perciò tutto ciò che il Vescovo fa dovrebbe essere finalizzato ad aiutare il popolo a rendere "l'obbedienza della fede" (Rm


1,5) alla parola di Dio, ad aiutarlo ad abbracciare il contenuto integrale dell'insegnamento di Cristo. Il ruolo del Vescovo quale ministro del Vangelo è profondamente pastorale, e, proprio come la proclamazione della parola di Dio, esso raggiunge il suo apice nell'Eucaristia, nella quale l'opera della nostra salvezza è attuata sacramentalmente.


3. Il Concilio ha sottolineato che, per volontà di Dio, tutto ciò che egli ha rivelato per la salvezza del mondo deve essere preservato nella sua piena integrità e trasmesso alle generazioni future. Per questa ragione Cristo ha incaricato i suoi Apostoli di proclamare il Vangelo, e i suoi Apostoli hanno affidato il proprio posto di maestri ai loro successori, i Vescovi (cfr. DV 7). Il Concilio dichiara inoltre che il servizio episcopale del magistero nella Chiesa è conferito dalla consacrazione episcopale e può essere esercitato solo in comunione gerarchica con il capo e i membri del Collegio episcopale (cfr. LG 21). Accenno a queste verità proprio per indicare quanto il ministero della parola è legato alla nostra identità sacramentale e a tutta la nostra missione episcopale. Le nostre vite di Vescovi ruotano attorno al mandato di Cristo di insegnare tutto ciò che egli ha comandato ai suoi Apostoli.

Inoltre, il nostro ministero apostolico partecipa di quella piena autorità conferita a Gesù, che egli stesso ha ricordato prima di mandare i suoi discepoli a fare seguaci in tutte le Nazioni, a battezzare e ad ammaestrare. Il nostro ministero è inoltre rafforzato da quella speciale presenza stabile del Signore con noi fino alla fine del mondo (cfr. Mt 28,18-20). Tutto ciò costituisce il carisma episcopale, trasmesso sacramentalmente, sacramentalmente ricevuto, sacramentalmente esercitato.

La nostra risposta di Vescovi al mandato di Cristo dev'essere espressa in una proclamazione vitale, mediante la predicazione e l'insegnamento, di tutte le verità della fede: le verità che conducono il nostro popolo alla salvezza, le verità che invitano il nostro popolo a rendere l'obbedienza della fede. I Vescovi esercitano il ruolo magisteriale degli Apostoli proprio "affinché l'Evangelo si conservi sempre integro e vivo nella Chiesa" (DV 7). Per questa ragione, il decreto conciliare sul servizio pastorale dei Vescovi incoraggia i Vescovi a interpretare esplicitamente, per la potenza di Spirito Santo, "l'intero mistero di Cristo" (CD 12).


4. E' facile vedere come il compito del Vescovo della predicazione vitale, della fedele custodia del deposito della fede, e del magistero autorevole esercitato in unità col Papa e tutto il Collegio episcopale implica anche il dovere di difendere la parola di Dio contro tutto ciò che comprometterebbe la sua purezza e integrità.

Se noi comprendiamo la natura della Chiesa, nella quale il Mistero Pasquale è continuamente vissuto, non saremo sorpresi di trovare, in ogni generazione della vita della Chiesa, compresa anche la nostra, non soltanto peccato, ma, in qualche misura, anche errore e falsità. Un sereno senso di realismo e la storia della Chiesa ci aiuterà, comunque, ad esercitare il nostro ruolo di autentici maestri della parola di Dio senza né esagerare o minimizzare l'esistenza dell'errore e della falsità che la nostra responsabilità pastorale ci obbliga a identificare e a rifiutare. La nostra fedeltà alla parola di Dio ci richiede anche di comprendere e di mettere in pratica quella grande realtà proclamata dal Concilio: "L'ufficio di interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa è affidato al solo Magistero vivo della Chiesa la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo" (DV 10).

Nello studio e nell'ascolto della parola di Dio, nel custodire e illustrare il deposito della fede, nel predicare e insegnare il mistero di Cristo, vigilanza e fede da parte dei Vescovi sono sinonimi di amore pastorale. Le parole di Paolo a Timoteo riguardano ciascuno di noi: "Predica la parola, insisti a tempo e fuori tempo, riprendi, minaccia, esorta, sempre con pazienza e piena dottrina...

Sii cauto in tutto e sopporta i mali, fa' opera di evangelizzatore, compi bene il tuo ministero" (2Tm 4,2-5).

Noi troviamo immensa consolazione e forza nel renderci conto che noi esercitiamo il nostro speciale servizio alla parola di Dio per mandato divino, con l'aiuto dello Spirito Santo e in virtù di un carisma sacramentale conferito.


5. L'esercizio fruttuoso del Magistero ci richiede di riflettere su vari aspetti del mistero della parola di Dio e la sua trasmissione nella Chiesa. Sappiamo che l'autentico Magistero della Chiesa è caratterizzato dall'unità. Non pretende di essere al di sopra della parola di Dio; piuttosto cerca umilmente di servire quella parola, col suo carisma specifico, esercitato nel nome di Cristo e per sua autorità. Come tale, il Magistero non ha parallelo nella Chiesa. Vi è un solo autentico Magistero ecclesiale, e appartiene ai Vescovi. Da parte dei singoli Vescovi, la comunione nel Magistero col Papa e con tutto il Collegio episcopale è di estrema importanza, poiché è la garanzia dell'autentica dottrina e della efficacia soprannaturale di ogni iniziativa pastorale.

Il carisma magisteriale dei Vescovi è unico nella sua responsabilità.

Come tale esso deve essere esercitato personalmente e non dev'essere delegato. Per consacrazione episcopale il Vescovo ha una relazione unica con Gesù Cristo, il Maestro; per autorità di Cristo egli è in grado di insegnare con efficacia particolare. In modo unico egli è un segno vivente di Gesù Cristo, proclamando la parola di Dio con forza particolare.

I sacerdoti sono intimamente uniti al ministero sacramentale del Vescovo, e con il Vescovo, quali cooperatori dell'ordine episcopale, essi esercitano la loro responsabilità per la parola di Dio. Questa nostra relazione coi nostri sacerdoti nella parola di Dio ci dà un motivo particolare per nutrire un profondo amore pastorale e fraterno per loro, e anche un'opportunità per la loro partecipazione nel Vangelo.


6. Nello stesso tempo i Vescovi compiono il loro servizio pastorale nelle loro Chiese locali, dove l'intera comunità ecclesiale - sacerdoti, diaconi, religiosi e laici - collaborano con loro, secondo la costituzione della Chiesa, nel proclamare e vivere la parola di Dio. Il servizio sacramentale dei Vescovi alla parola di Dio è ordinato al bene dell'intera comunità dei fedeli.

I Vescovi guidano i fedeli alla comprensione della parola di Dio. La proclamazione stessa della parola di Dio da parte dei Vescovi ha il potere di condurre al consenso di fede. E dopo che questo consenso della fede è stato dato, i fedeli stessi contribuiscono alla ulteriore crescita della comprensione ecclesiale della parola di Dio (cfr. DV 8), e, in questo senso, la fede si sviluppa in ogni successiva generazione della Chiesa. Ma, usando le parole di san Vincenzo di Lerins ("Prima Istruzione", cap. 23), "deve essere veramente sviluppo della fede, non alterazione della fede... La comprensione di individui e dell'intera Chiesa dovrebbe allora compiere un grande e vigoroso progresso col passare delle epoche e dei secoli, ma solo lungo la sua linea di sviluppo, cioè, con la stessa dottrina, lo stesso significato e lo stesso senso". Se comprendiamo lo sviluppo della dottrina in questo modo, noi sappiamo che l'insegnamento attuale o "corrente" della Chiesa non ammette uno sviluppo che sia o un'inversione o una contraddizione.


7. Nell'esercizio del loro carisma, i Vescovi compiono un grande servizio ai fedeli e li aiutano a compiere il loro ruolo di contribuire alta crescita della fede. A questo proposito vorrei ripetere ancora una volta ciò che dissi a Chicago a tutti i Vescovi degli Stati Uniti: "Nella comunità dei fedeli - che deve sempre mantenere l'unità cattolica con i Vescovi e la Sede Apostolica - vi sono grandi intuizioni di fede. Lo Spirito Santo agisce illuminando le menti dei fedeli con la sua verità e infiammando i loro cuori del suo amore. Ma queste intuizioni di fede e questo "sensum fidelium" non sono indipendenti dal Magistero della Chiesa che è strumento dello Spirito Santo stesso ed è da lui assistito. E' soltanto quando i fedeli sono stati nutriti dalla parola di Dio, fedelmente trasmessa nella sua purezza e integrità, che i loro carismi sono pienamente operativi e fruttuosi. Se la parola di Dio è fedelmente proclamata alla comunità ed è accettata, essa produce frutti di giustizia e santità di vita in abbondanza. Ma il dinamismo della comunità nel comprendere e vivere la parola di Dio dipende dall'aver ricevuto intatto il "depositum fidei"; e proprio a questo proposito è stato dato alla Chiesa uno speciale carisma pastorale e apostolico. E' l'unico e stesso Spirito di verità che governa i cuori dei fedeli e garantisce il Magistero dei pastori del gregge" (AAS 71 (1979) 1226).


8. In questa occasione desidero, come ho fatto durante la mia visita all'Università cattolica d'America, dire una speciale parola di apprezzamento per il ruolo dei teologi nella Chiesa, e in particolare per l'assistenza che essi danno ai Vescovi e il servizio che essi rendono alla fede. Dal momento che la teologia riceve il suo oggetto dalla fede, e dal momento che è vitalmente interessata al sacro deposito della rivelazione, vi sono molti elementi che sono in comune al ruolo dei Vescovi e a quello dei teologi. Sebbene in modi diversi, sia i Vescovi che i teologi sono chiamati a custodire la parola di Dio, a studiarla più profondamente, a spiegarla, a insegnarla, a difenderla. Sia i Vescovi che i teologi sono chiamati a vivere e lavorare e pregare per la stessa grande causa: "Affinché la parola del Signore si diffonda e sia tenuta in onore" (2Th 3,1). I teologi sono particolarmente qualificati a studiare e spiegare le ragioni del Magistero dottrinale e morale della Chiesa. Mediante il loro studio e il loro sapere, e seguendo il loro specifico metodo, i teologi sono in grado di esplorare e illustrare i dati di fede e l'interpretazione che il Magistero dà di questi dati nella dottrina e nella morale.

Nel loro compito di insegnare la teologia, i teologi sono chiamati ad aprire sempre più il tesoro della fede e a infondere rispetto per il Magistero, che a sua volta garantisce l'interpretazione della parola di Dio. E' questo rispetto per il Magistero che è davvero "un elemento costitutivo del metodo teologico" (cfr. Paolo VI, discorso "ad limina", 20 giugno 1977). Da parte loro i Vescovi sanno che l'esercizio del loro carisma sacramentale è legato alla lettura, lo studio, la consultazione e, soprattutto, alla preghiera. Ma rimane un carisma al servizio della fede di tutta la Chiesa.

Venerabili e cari fratelli, nell'invitarvi a riflettere con me sulla nostra configurazione a Gesù Cristo nel nostro ministero della parola, desidero con tutto il cuore confermarvi nella vostra profondissima identità di Vescovi della Chiesa di Dio. La parola di Dio è la nostra vita e il nostro ministero, la nostra gioia e la nostra forza, la nostra saggezza e la nostra speranza.

Ma, ancor più, è la salvezza del nostro popolo, il suo contatto vitale col Signore. La nostra proclamazione della parola di Dio è legata ad uno speciale potere sacramentale e il nostro insegnamento della parola di Dio è garantito dall'autorità di Cristo, il Maestro. Come ministri del Vangelo siamo davvero segni viventi di Gesù Cristo. Il Concilio ci assicura: "Nella persona dei Vescovi... è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo, Pontefice Sommo" (LG 21).

E che Maria, la madre di Gesù, Verbo Incarnato, sia con noi nel nostro impegno di comunicare la parola del Vangelo del Figlio suo.

Data: 1983-10-22 Data estesa: Sabato 22 Ottobre 1983

A pellegrini umbri - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa guarda agli adulti come forza trainante dei giovani

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Sono lieto di dare il mio benvenuto a tutti voi, pellegrini dell'arcidiocesi di Perugia, giunti così numerosi a Roma per celebrare nella fede e nel rinnovamento della vita questo Anno Santo della Redenzione. Il mio saluto va innanzitutto con fraterno affetto al vostro zelante Arcivescovo, Monsignor Cesare Pagani, e si estende poi con viva cordialità ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai numerosi catechisti presenti, così come intende abbracciare ciascuno di voi qui radunati e, attraverso le vostre persone, i vostri cari, specialmente i bambini e gli ammalati che sono restati a casa.


2. Questo Anno Santo della Redenzione, che avete voluto solennizzare con la venuta a Roma, offre a ciascuno di voi la possibilità di raccogliersi in preghiera e di riflettere, qui, sulla tomba di Pietro, apostolo di Cristo e campione della fede.

Sia questo anno veramente "santo", per tutti! Sia un tempo di grazia e di salvezza attraverso il rinnovamento spirituale. Esso intende essere in primo luogo l'invito a un impegno personale nel cammino della penitenza e del cambiamento di vita, per raggiungere quella libertà dal peccato, che è il frutto e l'esigenza primaria della fede in Cristo Redentore e nella Chiesa.

Il Sinodo dei Vescovi, che vede radunati in questi stessi giorni i rappresentanti dei Vescovi di tutto il mondo, per riflettere sul tema della Riconciliazione e della Penitenza, ci ricorda che dobbiamo ogni giorno riscoprire il mistero dell'amore di Dio verso di noi e il nostro rapporto di creature e di figli verso di lui.


3. Cari pellegrini, ho appreso con gioia che nella vostra diocesi è in atto un grande sforzo di catechesi, diretto particolarmente quest'anno agli adulti.

Come ho ricordato nell'esortazione "Catechesi Tradendae" (CTR 43) dobbiamo essere convinti che "è questa la principale forma della catechesi, in quanto si rivolge a persone che hanno le più grandi responsabilità e la capacità di vivere il messaggio cristiano nella sua forma pienamente sviluppata. La comunità cristiana non potrebbe fare una catechesi permanente senza la diretta e sperimentata partecipazione degli adulti, siano essi i destinatari o i promotori dell'attività catechistica".

Questa lodevole iniziativa chiama in causa ogni componente della comunità diocesana: i sacerdoti, i catechisti e gli animatori prima di tutto, mandati ad annunciare la parola del Signore Gesù agli uomini di oggi. Esprimo l'augurio che ciascuno di essi svolga il suo compito con amore e dedizione, con spirito di sacrificio e con gioia insieme, con competenza e assiduità.

Abbiate tra le vostre mani la Sacra Scrittura, leggetela con assiduità, attingete alla sua perenne ricchezza: essa è "il documento preminente della predicazione della salvezza... essa contiene la Parola di Dio..." come l'Episcopato italiano ha opportunamente sottolineato (cfr. "Il rinnovamento della catechesi", 105). Approfonditela e meditatela in un clima fatto di preghiera e di disponibilità, affinché il vostro colloquio con Dio possa svolgersi nella luce e nella grazia dello Spirito Santo e la vostra bocca possa poi veramente parlare "dalla pienezza del cuore" (Lc 6,45). Allora la catechesi, alimentandosi a questa inesauribile sorgente, illuminerà tutta la vostra vita in ogni aspetto e problema.

Vi farà riscoprire la grandezza e insieme la fragilità dell'essere umano e il suo anelito continuo verso la salvezza; vi farà percepire e vivere sempre più la realtà della Chiesa, dono di Dio all'uomo; vi farà gustare la bellezza dei Sacramenti, segni della bontà e della presenza di Dio nella storia di tutti noi, suo popolo sempre in cammino.


4. La rinnovata intimità con Dio, rinvigorita da una sempre più profonda e personale consapevolezza della sua presenza nella vita di ciascuno, vi renderà protagonisti e testimoni coraggiosi della vostra fede; una fede adulta e profonda.

A voi adulti guarda la Chiesa che vi affida, nella maturità della vostra esperienza umana e cristiana, le ricchezze del suo messaggio. A voi si ispirano i giovani, e in particolare i vostri figli, che da voi si attendono, come da "veri educatori e catechisti delle nuove generazioni" (cfr. "Il rinnovamento della catechesi", 124), l'esempio trascinante, perché quotidianamente vissuto e incarnato, della vostra vita cristiana.

Cari genitori, non sottraetevi a questo compito così sublime e insieme tanto delicato. Le vostre famiglie divengano ogni giorno di più focolari di amore, di vero amore, di amore di Dio. La strada di questo amore, i suoi orizzonti, i suoi contenuti, ve li indica la Bibbia, ve li insegna la Chiesa attraverso la voce dei vostri Pastori: ascoltateli.

Se guardo a voi, giovani, che nella famiglia, nella scuola, nella società arricchite la vostra mente e il vostro cuore, non posso non vedere in voi la speranza dell'umanità. A voi sono destinate le attenzioni e l'impegno dei vostri genitori ed educatori. A voi essi stanno consegnando, giorno per giorno, l'eredità più importante e preziosa: il futuro.

Siate quindi consapevoli del dono che ricevete. Non disprezzatelo, sottovalutandolo o bruciandolo prematuramente nell'egoismo di un oggi immediato o nelle fughe vane e illusorie del disimpegno e dell'evasione. Sappiate invece profittarne con saggezza, perché la vostra vita sia costruita non sulla sabbia instabile, ma su convinzioni salde come la roccia. La Chiesa e il mondo hanno bisogno della vostra presenza cristiana, convinta, attiva e religiosa.


5. Cari pellegrini, quest'Anno Santo vede tutta quanta la vostra diocesi impegnata a rinnovarsi e a crescere nella conoscenza e nell'amore di Dio, per rendere a lui tutta intera la sua testimonianza. Il cammino che in questi mesi state compiendo, e che oggi suggellate qui, sulla tomba di Pietro, dove la fede dei secoli venera la memoria del grande apostolo, sia per ciascuno di voi, per le vostre famiglie, per le vostre comunità parrocchiali, per tutta la vostra diocesi una sorgente di gioia, di continua speranza, di impegno generoso.

Nell'invocare su di voi e sui vostri buoni propositi la materna protezione della Vergine santissima, verso la quale Perugia ha avuto sempre una dedizione tanto intensa e profonda, vi imparto di gran cuore la mia benedizione, pegno del mio affetto e auspicio di copiosi favori del cielo.

Data: 1983-10-22 Data estesa: Sabato 22 Ottobre 1983

Alla federazione Cavalieri del lavoro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fiducia reciproca e dialogo per risolvere i conflitti del lavoro

Carissimi!


1. Desidero esprimervi anzitutto il mio sincero compiacimento per questa odierna visita, che voi, soci della "Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro", avete voluto farmi. Ringrazio il Presidente, senatore Alfredo Diana, per le amabili parole, con cui ha voluto interpretare i vostri sentimenti; saluto i membri del Consiglio, i nuovi "Cavalieri del lavoro", i giovani "Alfieri del lavoro", i Borsisti della residenza universitaria "Lamaro-Pozzani" e tutti i vostri familiari e amici qui presenti.

Questo incontro mi dà la possibilità di riflettere brevemente con voi sulle finalità della vostra Federazione, che ha come scopo primario quello di tenere alto il culto del lavoro, affermandone i valori spirituali.

La Nazione ha voluto darvi un pubblico riconoscimento per il contributo che, in tanti anni di instancabile operosità, avete dato per il suo retto sviluppo economico e sociale. Voi potete essere legittimamente fieri per questo gesto, il quale vuole essere da parte della competente autorità, anche un segno, un esempio e uno sprone per tutta la compagine civile, perché tutti adempiano con serenità e impegno al loro dovere di onesti cittadini per l'edificazione della città terrena.

Desidero pertanto anch'io rivolgere ai nuovi Cavalieri del lavoro i miei fervidi auguri e le mie sincere congratulazioni.


2. L'essere stati qualificati "Cavalieri del lavoro" significa che il mondo contemporaneo considera il lavoro come una vera, autentica "nobiltà" per l'uomo, in quanto esso corrisponde alla dignità della persona umana. Il lavoro è un bene dell'uomo. Ed è - come ho scritto nella mia esortazione apostolica sul lavoro umano - non solo un bene "utile" o "da fruire", ma un bene degno, cioè corrispondente alla dignità dell'uomo, un bene che esprime questa dignità e l'accresce... Il lavoro è un bene dell'uomo - è un bene della sua umanità - perché mediante il lavoro l'uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo e anzi, in un certo senso, "diventa più uomo"" (LE 9).

Auspico che tutti i cittadini acquistino sempre più chiara coscienza del dovere che essi hanno di offrire, giorno dopo giorno, questo personale contributo del loro lavoro perché, nella mutua fiducia e nel sincero dialogo, si superino i conflitti e si affermino sempre più gli ideali di solidarietà, di giustizia, di pace, di concordia e di unione degli sforzi di tutti per il bene comune.

Alla vostra Federazione il mio predecessore Giovanni XXIII di venerata memoria diede nel 1962 come patrono san Benedetto Abate, volendo con tale gesto non soltanto offrirvi un Protettore in cielo, ma presentarvi altresi un luminoso e insigne esempio di profonda fede cristiana e di instancabile operosità a favore dei fratelli e per il progresso delle varie comunità. Al vostro Santo, la cui indiscussa e storica incidenza è stata felicemente sintetizzata nel motto "Ora et labora" ("Prega e lavora"), dovete continuamente specchiarvi per l'espletamento dei vostri impegni quotidiani - familiari e professionali -, perché possiate vivere una vita degna alla luce e nella forza del messaggio cristiano.

Con questi voti invoco su di voi e su tutti i membri della vostra benemerita Federazione e sulle persone care l'abbondanza dei favori divini e vi imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica.

Data: 1983-10-22 Data estesa: Sabato 22 Ottobre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Ad un pellegrinaggio ecumenico - Città del Vaticano (Roma)