GPII 1984 Insegnamenti - Messaggio ai vescovi lituani - Città del Vaticano (Roma)

Messaggio ai vescovi lituani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Celebrazioni del quinto centenario della morte di san Casimiro

Testo:

Apprendendo con gioia che codesto episcopato lituano inizierà domani, sabato, le celebrazioni commemorative del quinto centenario della morte di san Casimiro con una solenne celebrazione della santa messa a Vilnius presso le reliquie del glorioso patrono di Lituania, rinnovo cordialmente l'espressione della comunione spirituale e della solidarietà della Chiesa di Roma e dell'intera Chiesa con la vostra comunità cattolica. I medesimi sentimenti profondi saranno espressi anche domenica 4 marzo nella santa messa che concelebrero nella Basilica vaticana con rappresentanti degli episcopati di Europa e con cui tutti i presenti si sentiranno uniti in modo particolare ai fedeli lituani, ai quali andranno il mio pensiero e la mia parola. In pegno di abbondanti grazie celesti a coloro che parteciperanno domani alla prevista cerimonia in Vilnius e a quanti in Lituania vorranno spiritualmente associarvisi, invio di cuore tramite il ministero dei venerati fratelli nell'episcopato ivi concelebranti una speciale benedizione apostolica.

Data: 1984-03-02 Data estesa: Venerdi 2 Marzo 1984





Ad un pellegrinaggio di Liverpool - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'Anno Santo è una chiamata a una rinnovata vita cristiana

Testo:

Cari fratelli vescovi, cari fratelli e sorelle.

Sono molto lieto di avere l'opportunità di incontrarvi in questa udienza particolare ed è con grande gioia che vi do il benvenuto qui in Vaticano.

Quest'incontro mi ricorda la cordiale accoglienza che il popolo di Liverpool mi ha offerto durante la mia visita nella vostra città nel 1982. Recate il mio saluto a tutti i vostri concittadini e alle autorità della città.

Il vostro pellegrinaggio fa parte della vostra celebrazione dell'Anno Giubilare della Redenzione. E voi siete venuti a chiedere la grazia giubilare presso la tomba dell'apostolo Pietro, la cui aperta professione di fede in nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio (cfr. Mt 16,16) deve essere modello della nostra fede. Come cristiani, è nostro compito professare la nostra fede in Cristo in parole e opere. Tutto il nostro comportamento dovrebbe essere una chiara proclamazione della nostra fiducia nella potenza del Signore risorto.

Un importantissimo aspetto dell'Anno Giubilare della Redenzione è che ci porta ad apprezzare di più, o a riscoprire se necessario, l'importanza della Confessione individuale che santifica i peccatori e ravviva il rapporto personale dell'uomo col suo Salvatore. L'Anno Santo è davvero una chiamata al pentimento, alla conversione e ad una rinnovata vita cristiana. Prego perché la vostra visita a Roma, alle basiliche e agli altri luoghi sacri, che vi aiutano a capire la fedeltà della Chiesa a Cristo lungo i secoli, infonda ispirazione e gioia nelle vostre vite quotidiane. Che Dio, ricco di misericordia, sia vicino a ognuno di voi! Che le sue benedizioni rendano capaci voi e i vostri concittadini di avere il coraggio e la solidarietà necessari per andare incontro alle numerose e serie sfide che dovete affrontare. Che la sua pace e la sua protezione accompagnino le vostre famiglie, i vecchi e i giovani e, in modo del tutto particolare, i malati e gli infermi. Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1984-03-02 Data estesa: Venerdi 2 Marzo 1984





Alla commissione cattolico-luterana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dalle celebrazioni per Lutero nuovo impulso alla riconciliazione

Testo:

Cari amici di Cristo, vi do cordialmente il benvenuto e vi saluto con profondo rispetto e un acuto senso dei vincoli che ci legano. I nostri cuori sono colmi di gratitudine. "Ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere" (1Th 1,2).

I nostri pensieri vanno agli anni memorabili del Concilio Vaticano II.

Fu allora, nell'assemblea dei suoi pastori uniti al successore di Pietro, che la Chiesa cattolica, agendo sotto l'impulso dello Spirito Santo, decise di rinnovare con tutta la sua forza il suo impegno per l'unità cristiana. A quel tempo il nostro primo legame fu con gli illustri osservatori delegati del Concilio. Questo porto ben presto al dialogo ufficiale, come quello che abbiamo qui tra Federazione mondiale luterana e Segretariato per l'unità dei cristiani. Noi vediamo queste relazioni speciali, ufficiali, come una necessità e un dono di Dio.

Ora, per circa vent'anni, la provvidenza di Dio ci ha condotto lungo i sentieri del dialogo. Durante questo tempo, voi stessi, come membri e consultori della commissione congiunta cattolico-luterana, avete tenuto dieci sessioni plenarie e numerosi incontri minori. Come risultato siete stati in grado di stabilire elementi importanti e significativi perché siano usati per erigere la costruzione dell'unità che stiamo edificando insieme. Con gratitudine voi ricordate quegli anni di intenso lavoro segnato da spirito di sacrificio. Lungo tutto il cammino i vostri sforzi sono stati sostenuti dalle preghiere del popolo cristiano e poggiati sulla fiducia nei doni dati dallo Spirito Santo.

La vostra è stata una grande responsabilità, compiuta con passione per la verità che è Cristo stesso, con umiltà davanti al mistero della santa volontà di Dio e con fedeltà alla vostra tradizione. Nei vostri sforzi è cresciuta tra di voi un'atmosfera di stretta affinità ed è cresciuto anche uno spirito di solidarietà con coloro che soffrono per la divisione; i frutti del vostro lavoro sono ampiamente conosciuti in tutto il mondo cristiano. Molti riflettono, studiano ed esaminano i documenti comuni da voi redatti.

Che le vostre relazioni contribuiscano al movimento verso l'unità cristiana, affinché questo movimento guidato dalle rispettive autorità ecclesiastiche, si radichi profondamente nei cuori di tutti i fedeli e che essi a loro volta siano motivati a portare il loro specifico contributo.

Quattro anni fa ebbe luogo la celebrazione dell'anniversario della presentazione del documento confessionale luterano alla dieta di Augusta nel 1530.

Avete notato con profonda soddisfazione un accordo su alcune centrali verità di fede. ciò che ci unisce e ci accomuna ci incoraggia nella speranza di raggiungere l'unità anche in quegli ambienti di fede e di vita cristiana nei quali siamo ancora divisi.

Nell'anno commemorativo appena trascorso della nascita di Martin Lutero, abbiamo potuto constatare che gli sforzi di ricerca evangelico-cattolici ci offrono un quadro più completo della persona e dell'insegnamento di Lutero, e anche una visione più adeguata dei complicati eventi storici del XVI secolo. Si tratta di elementi importanti per la riconciliazione e la comune crescita insieme di cattolici e luterani.

Sono pietre miliari sul lungo e difficile cammino che ci fa progredire.

Non cesseremo mai di cercare nuove opportunità per la graduale realizzazione di quell'unità per la quale Cristo ha pregato alla vigilia della sua morte sacrificale. Tutto ciò che è possibile tra noi, qui e ora, sulla via della comune testimonianza cristiana, a ciò desideriamo dare vita e realtà.

Vi ringrazio ancora una volta per tutto ciò che avete fatto in obbedienza alla volontà di Gesù Cristo, nella fedeltà alla verità e nel servizio al Vangelo in un mondo che desidera luce e guida. Che il vostro lavoro sia riccamente benedetto e possa portare frutto. Prego affinché lo Spirito di Dio aiuti abbondantemente l'assemblea della Federazione mondiale luterana l'estate prossima. Prego anche per il futuro del nostro dialogo, affinché insieme, in obbedienza ai suggerimenti dello Spirito Santo, possiamo "crescere nella grazia e conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. A lui la gloria ora e nel giorno dell'eternità. Amen" (2P 3,18).

Data: 1984-03-02 Data estesa: Venerdi 2 Marzo 1984




Al Segretariato per i non cristiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Tutti i cristiani sono chiamati a dialogare con ogni credente

Testo:

Signori cardinali, venerati fratelli.


1. Sono lieto di incontrarmi con voi, al termine dei lavori della riunione plenaria, che vi ha impegnati nello studio e nell'approfondimento del tema generale "Dialogo e missione", proposto dal Segretariato per i non cristiani a vent'anni dalla fondazione di cotesto dicastero e della prima enciclica di Paolo VI, "Ecclesiam Suam", considerata giustamente la "magna charta" del dialogo nelle sue varie forme. In questi anni è stato compiuto un lavoro ingente per "cercare il metodo e le vie al fine di aprire un dialogo adatto con i non cristiani" ("Regimini Ecclesiae", AAS 59 [1967] 919).

Tra coloro che hanno collaborato alla realizzazione di questo progetto, ricordo il cardinale Pignedoli che, con i suoi contatti amichevoli, ha attirato la stima di membri di diverse religioni e ha sostenuto iniziative adatte alle esigenze dei tempi. Un grazie sincero va pure al pro-presidente monsignor Jadot, che non cessa di promuovere opportuni incontri al fine di favorire il dialogo tra appartenenti a religioni diverse.


2. A nessuno sfugge, infatti, l'importanza e la necessità che il dialogo interreligioso assume per tutte le religioni e per tutti i credenti, chiamati oggi più che mai a collaborare affinché ogni uomo raggiunga la sua meta trascendente e realizzi la sua crescita autentica, e aiuti le culture a salvare i propri valori religiosi e spirituali, in presenza di rapidi cambiamenti sociali.

Il dialogo è fondamentale per la Chiesa, la quale è chiamata a collaborare al piano di Dio con i suoi metodi di presenza, di rispetto e di amore verso tutti gli uomini (cfr. AGD 10-12; "Ecclesiam Suam", 41-42; RH 11-12). Per questo io stesso fin dalla prima enciclica e poi nei vari incontri con diverse personalità e, soprattutto, in occasione dei miei viaggi non ho cessato di sottolineare l'importanza, le motivazioni e le finalità di tale dialogo. Per la Chiesa esso si fonda sulla vita stessa di Dio uno e trino.

Dio è padre di tutta la famiglia umana; Cristo ha unito a sé ogni uomo; lo Spirito opera in ogni uomo: perciò il dialogo si fonda anche sull'amore per l'uomo in quanto tale, che è la via primaria e fondamentale della Chiesa, e sul legame esistente tra cultura e le religioni professate dagli uomini. Questo rapporto amichevole tra credenti di diverse religioni nasce dal rispetto e dall'amore per l'altro, presuppone l'esercizio delle libertà fondamentali per praticare interamente la propria fede e confrontarla con quella degli altri (cfr. RH 12-14).


3. In questi anni l'esercizio del dialogo ha mostrato nuove vie ed esigenze.

Innanzitutto le Chiese particolari hanno allacciato rapporti, sinceri e costruttivi con i credenti di altre religioni presenti nella loro stessa cultura.

Codesto stesso Segretariato è stato stimolo a tale sviluppo; esso deve continuare a precisare e approfondire un'appropriata pastorale per le relazioni con i non cristiani, favorendo lo scambio di idee e di riflessione. Le Chiese particolari, dal canto loro, devono impegnarsi in questa direzione, aiutando tutti i fedeli a rispettare e stimare i valori, le tradizioni, le convinzioni degli altri credenti, e promuovere, allo stesso tempo, una solida e adatta formazione religiosa dei cristiani stessi, perché sappiano dare una convinta testimonianza del grande dono della fede.

Nessuna Chiesa particolare è esente da questo dovere, reso urgente dai continui mutamenti. A causa delle migrazioni, dei viaggi, delle comunicazioni sociali e delle scelte personali, i credenti di diverse religioni e culti si incontrano facilmente e spesso vivono insieme. E' necessaria quindi una pastorale che promuova il rispetto, l'accoglienza, la testimonianza, affinché i valori spirituali animino le nostre società tentate dall'egoismo, dall'ateismo e dal materialismo. Per promuovere la pastorale è quanto mai opportuno costruire in seno ad ogni conferenza dei vescovi una commissione speciale.


4. L'esperienza dimostra anche che il dialogo si realizza in molteplici forme. Non c'è solo il campo dottrinale, pur tanto importante per una comprensione profonda, ma anche quello dei rapporti quotidiani tra i credenti che sono chiamati al rispetto reciproco e alla conoscenza comune. Il dialogo di vita infatti favorisce la coesistenza pacifica e la collaborazione per una società più giusta, affinché l'uomo cresca nell'essere e non solo nell'avere. In questo campo la famiglia merita una particolare attenzione. Tali frequenti rapporti domestici permettono di conoscere le persone nella loro storia e nei loro valori e di confrontarle con il Vangelo. Nella coerenza con la propria fede è possibile anche condividere, confrontare, arricchire le esperienze spirituali e le forme di preghiera, come vie di incontro con Dio.

Tutti i cristiani sono chiamati al dialogo. Se la specializzazione di alcuni è di grande utilità, l'apporto di altri è un contributo notevole. Penso in particolare al dialogo intermonastico e di altri movimenti, gruppi e istituzioni.

Per tutti è necessaria una preparazione adeguata e un approfondimento costante della propria identità ecclesiale.

Il dialogo con i non cristiani può essere anche una via per realizzare l'unità tra le Chiese cristiane, animate dallo stesso amore di Cristo. La mutua collaborazione in questo campo è resa visibile dalla partecipazione a codesta plenaria dello stesso direttore del corrispondente sottogruppo del Consiglio mondiale delle Chiese. Ma il dialogo non è cosa facile. La stessa religione può essere strumentalizzata e diventare pretesto di polarizzazione e di divisione.

Nell'attuale situazione del mondo, dialogare significa imparare a perdonare, dal momento che tutte le comunità religiose possono rinfacciare eventuali torti subiti lungo i secoli. Significa cercare di capire il cuore degli altri, il che è particolarmente difficile quando non esiste un'intesa. Significa, innanzitutto, mettersi al servizio dell'umanità intera e dell'unico Dio. Non bisogna fermarsi ai facili o apparenti risultati. Questo impegno nasce dalle virtù teologali e cresce con esse.


5. Il tema della vostra plenaria sul rapporto tra missione e dialogo è quanto mai importante. La vostra esperienza pastorale e la vostra comune riflessione, carissimi membri del Segretariato, hanno certamente aiutato a chiarire i legami e i rapporti tra missione e dialogo e ad indicare orientamenti pastorali adatti.

Vorrei sottolineare soltanto alcuni aspetti.

Il dialogo si inserisce nella missione salvifica della Chiesa; per questo è un dialogo di salvezza: "I discepoli di Cristo, mantenendosi in stretto contatto con gli uomini nella vita e nell'attività, si ripromettono così di offrire loro un'autentica testimonianza cristiana e di lavorare alla loro salvezza, anche là dove non possono annunciare pienamente il Cristo (Ag 12).

Anche in questa attività ecclesiale bisogna evitare gli esclusivismi e le dicotomie. L'autentico dialogo diventa testimonianza, e la vera evangelizzazione si realizza nel rispetto e nell'ascolto dell'altro (RH 12).

Anche se c'è un tempo per ogni cosa (cfr. Qo 3,1-8), la prudenza e il discernimento insegneranno che cosa sia appropriato in ogni particolare situazione: la collaborazione, la testimonianza, l'ascolto, lo scambio di valori.

I santi, come Francesco d'Assisi e i grandi missionari, come Matteo Ricci e Charles de Foucauld, ci sono di esempio. Se viviamo pienamente in Cristo, diventeremo strumenti sempre meglio adatti della sua cooperazione e seguiremo il suo metodo, espressione dell'amore di colui che ha dato se stesso per noi.

In questo Anno Giubilare non possiamo dimenticare il ruolo del dialogo per la riconciliazione tra i popoli e con Dio; questa è condizione essenziale per la pacifica convivenza e l'unità voluta da Dio (GS 24 GS 29 LG 9 LG 13 LG 42) e ristabilita da Cristo (GS 78).


6. Le sfide sono molteplici e l'orizzonte degli impegni è quanto mai ampio.

Rivolgiamoci perciò a Cristo; impariamo da lui come comportarci con gli altri.

Così in lui vivremo l'amore misericordioso del Padre, che attraverso lo Spirito, invita tutti gli uomini a riconciliarsi in Cristo e a riconciliarsi tra di loro.

Con questi pensieri e con questi voti imparto a tutti e a ciascuno di voi una speciale benedizione apostolica, a stimolo e incoraggiamento del vostro impegno così meritorio.

Data: 1984-03-03 Data estesa: Sabato 3 Marzo 1984




A gruppi di pellegrini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Gli elementi necessari per una buona e fruttuosa confessione

Testo:


1. Sono veramente lieto di accogliere quest'oggi voi tutti, carissimi fedeli delle diocesi di Camerino e di San Severino, di Fano, Fossombrone, Cagli e Pergola; e saluto con particolare affetto il gruppo di Palestrina, che ho avuto la gioia di visitare nella scorsa estate. Insieme a voi saluto cordialmente gli zelanti pastori delle rispettive diocesi, i quali hanno promosso questi pellegrinaggi e vi hanno qui accompagnati; i monsignori Bruno Frattegiani, Costanzo Micci e Renato Spallanzani. Saluto parimenti i sacerdoti, le religiose, i rappresentanti dell'Azione cattolica e dei movimenti ecclesiali, tutti ringraziando per questa gradita visita e per la viva testimonianza di fede leale e operosa.

Siete venuti a Roma da diverse località d'Italia, ma unico lo scopo che ha ispirato il vostro pellegrinaggio; la celebrazione del Giubileo della Redenzione. E' commovente notare dal vostro atteggiamento edificante con quale fervore avete voluto inserirvi nella corrente di rinnovamento spirituale, al quale tutto il popolo cristiano è chiamato in questo anno di misericordia, di perdono e di grazia.


2. La spiritualità di questo Anno Giubilare ci porta a considerare brevemente le due realtà della penitenza e riconciliazione, da cui nessuno può prescindere se vuole celebrare con frutto questo evento straordinario, qui al centro del cristianesimo e se desidera veramente compiere un cammino di fede.

La conversione tocca il suo vertice nel sacramento della Penitenza o Confessione; è meraviglioso pensare quanto sia grande la bontà di Dio, il quale ha dato la possibilità al cristiano, caduto per fragilità umana nel peccato, di ritornare nella sua amicizia vivificante e nella comunione della Chiesa. Credo che sia importante per una degna celebrazione del vostro Giubileo fermare l'attenzione, anzi l'ammirazione, sul fatto che Cristo redentore ci ha ottenuto con la sua passione, morte e risurrezione l'inestimabile favore della remissione dei peccati: vero atto d'infinita misericordia, vero intervento della divina potenza (cfr. Mc 2,7) per la risurrezione delle anime a vita nuova.

Ma è altrettanto importante ricordare che tale intervento salvifico esige sincera partecipazione ed intima collaborazione da parte dell'uomo. Per compiere una fruttuosa confessione occorrono infatti una predisposizione interiore, una riprovazione del peccato commesso, col proposito di non peccare più: occorre, in una parola, una vera contrizione, cioè il dispiacere per l'offesa rivolta a Dio e per la maliziosa deformità del peccato.

Non abbiate timore di ricorrere spesso alla virtù del sacramento della Penitenza. Esso può sembrare una cosa ardua per chi non ha mai fatto l'esperienza liberatrice e consolatrice dell'assoluzione sacramentale, ma colui che ne ha sperimentato i benefici sa che i momenti di una Confessione sincera sono fra i più confortanti e i più decisivi della vita. Cogliete, perciò, questa singolare occasione per restituire a questo sacramento tutta la devozione, la gratitudine e la gioia, che esso merita dalla vostra fede e dalla vostra pietà.


3. L'altro motivo ispiratore di questo Anno Santo è, come è stato prima accennato, quello della riconciliazione. Essa, sotto certi aspetti, è l'altro nome del sacramento della Penitenza, ma qui non la consideriamo nella sua dimensione strettamente sacramentale, bensi in quella spirituale e sociale.

Essa suppone una rottura da riparare e rientra in quel disegno di reciproco perdono, che tesse tutta la trama del Vangelo. Ricorderete l'inquietante interrogativo di Pietro al Maestro divino: "Signore, quante volte dovro perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte? E Gesù gli rispose: non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette" (Mt 18,21-22). La riconciliazione, presa in questo senso, regola i rapporti degli uomini tra di loro.

Qui entra in gioco tutta la vasta e complessa problematica della guerra e della pace, del rancore e del perdono, della concordia familiare e comunitaria; qui trovano soluzione tutti i conflitti del prestigio e dell'onore, dell'odio e dell'egoismo.

Sarebbe mera utopia prescindere dal Vangelo, per chi volesse sanare in radice queste e altre questioni che toccano direttamente il cuore dell'uomo. Solo nell'ideale evangelico della carità eroica, che Cristo ha osato proporre ai suoi seguaci, risiede il segreto della vittoria su queste passioni, che avvelenano gli spiriti: "Io anzi vi dico: amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia, e pregate per quelli che vi hanno perseguitato e vi calunniano" (Mt 5,44). Da qui prende forza e significato la riconciliazione, e da qui deriva pure la sua necessità, per appartenere al regno di Dio.

E' questo il senso della riconciliazione che l'Anno Santo esige da ciascuno di voi e che il Giubileo che celebrate qui a Roma vuole sanzionare in modo solenne. Sono certo che nessuno di voi mancherà di formulare generosi e fermi propositi, impegnandosi veramente a perdonare e a dimenticare le offese, a far rinascere relazioni amichevoli, a riprendere la conversazione, che era stata interrotta.

Carissimi fedeli, portate con voi, ritornando alle vostre case, queste due consegne che l'Anno della Redenzione vi ha affidato: penitenza e riconciliazione. Ritroverete la gioia di vivere una vita nuova, autenticamente evangelica; troverete l'ebbrezza di una rinascita spirituale, che accenderà nei vostri cuori la fiaccola della speranza che non delude.


4. Rivolgo ora un saluto particolarmente affettuoso al folto gruppo dei ragazzi e dei giovani del Rosario vivente, convenuti a Roma, per un loro raduno, dalla Campania, dalla Puglia e dalla Calabria. Carissimi rosarianti, mi compiaccio vivamente con voi e con i padri Domenicani che vi assistono in questa vostra esperienza spirituale che vi fa sentire la bellezza della preghiera e della devozione alla Vergine santissima, nostra madre celeste. Vi ringrazio per questo meraviglioso spettacolo e per la consolazione che mi procurate con la vostra devozione alla Madonna.

Vorrei farvi molte raccomandazioni, ma ve ne lascio una essenziale: continuate ad amare il santo Rosario e diffondetene la pratica in tutti gli ambienti, in cui venite a trovarvi. E' una preghiera che vi forma alla scuola del Vangelo vissuto, educa il vostro animo alla pietà, vi rende perseveranti nel bene, vi prepara alla vita e, soprattutto, vi fa cari a Maria santissima, la quale vi custodirà e vi difenderà dalle insidie del male. Pregate la Madonna anche per me, mentre io affido ciascuno di voi alla sua materna protezione.

E ora, sotto lo sguardo amorevole della Vergine santissima, imparto a tutti i presenti la benedizione apostolica in pegno di abbondanti grazie celesti e in segno della mia benevolenza.

Data: 1984-03-03 Data estesa: Sabato 3 Marzo 1984





Incontro con i seminaristi del Seminario romano - Roma

Titolo: Noi operiamo "in persona Christi"

Testo:

Per prima cosa, una parola di ringraziamento a questo vostro collega, che ha parlato così bene, così semplicemente. Ha svolto una meditazione sulle parole e sui fatti che sono - possiamo ben dirlo - costitutivi della mia vocazione. E' stato per me molto consolante poter sentire quelle parole pronunciate a nome di tutti voi, dell'intero Seminario romano.

Ecco, il Seminario romano. Del Vescovo di Roma, si sa bene quali sono le relazioni organiche tra l'uno e l'altro: "pupilla oculi Episcopi"; questo io l'ho imparato da molti anni, prima come seminarista, poi come sacerdote, come vescovo, e adesso come Vescovo di Roma.

Dunque, voi siete "pupilla oculi" del Vescovo di Roma: questa è la verità su di voi, sul Seminario romano, come su ogni seminario del mondo. E questo è vero anche se io, avendo tanti compiti, tanti doveri e tante attività quotidiane, non posso soddisfare - nel senso del tempo, dello spazio, nel senso della presenza fattiva - al compito che il vescovo dovrebbe assolvere verso il suo seminario. Ma questo non diminuisce la mia intenzionalità, che è quella propria di ogni vescovo del mondo e della Chiesa. Sono tanto più riconoscente al cardinale vicario, a monsignor vicegerente, a tutti i vescovi che mi sostituiscono in questa relazione quotidiana, frequente, con il Seminario romano. Come anche sono riconoscente a monsignor rettore, a tutti i superiori, ai padri spirituali, a tutti i vostri precettori e professori e poi a tutti voi.

Se manteniamo quel paragone dell'"oculus Episcopi", dobbiamo dire che l'occhio vive con il proprio organismo, è una realtà organica. così anche quell'"oculus Episcopi" o piuttosto quella "pupilla oculi Episcopi" - il seminario - vive come un organismo spirituale in cui ciascuno cerca di adempiere al suo compito per il bene di tutti, per il bene di tutto il corpo. L'analogia del "corpo di Cristo", che san Paolo ha attribuito alla Chiesa, si può certamente attribuire, in senso specifico, a questa Chiesa che è il seminario: questo non è infatti solamente un organo della Chiesa, una istituzione della Chiesa, ma è anche una Chiesa "per partecipazione", una Chiesa per analogia, una Chiesa con una finalità del tutto speciale, una Chiesa dove viene messo in grande rilievo il mistero sacerdotale: mistero del sacerdozio di Cristo, mistero del sacerdozio universale di tutti i battezzati, ma specialmente il mistero dei presbiteri. Un mistero e un ministero: le due realtà vanno insieme. Certamente, si parla molto del sacerdozio ministeriale, ma questo costituisce in ciascuno di noi un mistero, un mistero divino, un mistero intimo, un mistero irripetibile, una realtà che si spiega nelle profondità della vita divina, dell'economia divina, dell'economia della salvezza, che si spiega tramite il mistero della Redenzione, che soprattutto si spiega nel mistero di Cristo, nella sua realtà divino-umana, nella sua mediazione, nella sua missione.

Si dice - e questo è vero - che il Papa è vicario di Cristo. E' vero e io l'accetto con tutta umiltà. L'accetto più facilmente dopo il Vaticano II perché nei documenti del Concilio questa stessa definizione di vicario di Cristo viene attribuita a tutti i vescovi: ciascun vescovo è vicario di Cristo per la sua Chiesa. Il Papa è vicario di Cristo per la Chiesa di Roma e a causa della vocazione, della caratteristica di questa Chiesa romana è anche vicario di Cristo per la Chiesa universale. Si tratta certamente di un'attribuzione, di una parola forte: una parola che fa trepidare. Devo dirvi che preferisco non abusare di questa parola e adoperarla raramente. Preferisco dire "successore di Pietro", si; ma ancor più preferisco dire "Vescovo di Roma". Quell'altra parola deve venir riservata ai momenti più solenni dove la Chiesa deve presentarsi nella sua identità cristologica, nella sua dimensione cristologica, come corpo di Cristo. In questa circostanza e in questo contesto anche la parola "Vicario di Cristo" sembra più giustificata.

Ma ho detto tutto questo per potervi dire ancora un'altra cosa: se è vero che la parola "vicario di Cristo" è tanto impegnativa per ogni vescovo rispetto alla sua Chiesa, c'è un'altra parola che è ancora più forte e che si riferisce a ciascuno di noi come sacerdote. Questa parola ci dice che noi dobbiamo operare "in persona Christi". E' molto più forte dire "in persona Christi": c'è, di più, l'identificazione, l'immedesimazione, l'intimità. Questo si riferisce a ciascuno di noi come sacerdote o come futuro sacerdote: operare "in persona Christi". Ho sentito con grande umiltà e anche con grande gratitudine le parole del vostro collega, la sua meditazione, e mi hanno colpito per la loro semplicità e profondità. Volevo restituirgli questa semplicità e questa profondità della vostra meditazione al riguardo della mia persona dicendogli quello che ho detto.

Voi tutti, come noi tutti, siete chiamati a operare "in persona Christi" e dovete prepararvi bene, profondamente, a questa realtà affascinante - non si può immaginare un fascino maggiore - che è anche una realtà tremenda: "mysterium fascinosum et mysterium tremendum". Vi auguro, carissimi, di vivere questi due misteri, "fascinosum et tremendum", che si incrociano in Cristo, "in persona Christi" nel modo più efficace possibile. Questi sono i miei auguri e questa è la mia risposta ai vostri auguri e per questo nostro incontro annuale, che facciamo sotto gli occhi della Madonna: Maria della fiducia, Madre della fiducia.

Un'ultima cosa. Se è vero che il seminario è "pupilla oculi Episcopi", io, come Vescovo di Roma, mi sento tanto felice di sapere che questo seminario romano si trova sotto lo sguardo materno della Madonna della fiducia; di sapere che esso vive tutti i giorni sotto gli occhi della Madre di Cristo, che si sviluppa spiritualmente e anche numericamente sotto questi occhi. Io confido in questo sguardo materno, in questi occhi che hanno seguito Gesù Cristo in persona.

Gli stessi occhi, in modo spirituale e morale, devono seguire ciascuno di noi che siamo chiamati a operare "in persona Christi", ad essere "alter Christus". Lo stesso sguardo materno deve seguire Cristo in ciascuno di noi.

Questa è la mia consolazione. Questa è la vostra consolazione.

Data: 1984-03-03 Data estesa: Sabato 3 Marzo 1984





Nella chiesa del Seminario romano maggiore - Roma

Titolo: Meditazione sul compito dei cristiani nella Redenzione

Testo:

[Dopo l'ascolto dell'oratorio sacro "Madre del Redentore. Passione secondo Maria":] Carissimi amici miei, siamo venuti qui, nel Seminario romano, in questo periodo in cui si commemora in modo speciale la Madonna della fiducia, la Madre della fiducia: "Mater mea, fiducia mea". Ci siamo riuniti qui nell'Anno della Redenzione, nell'Anno del Giubileo straordinario, con la finalità di vivere in un certo modo il mistero della redenzione.

Lo viviamo continuamente: tutto il mondo, tutta l'umanità vive incessantemente il mistero della redenzione. Questo mistero è la dimensione vera della nostra esistenza. Forse molti non lo sanno; molti non se ne rendono conto, ma è così, è così. Noi siamo redenti, noi viviamo continuamente il divino mistero della nostra redenzione. Siamo venuti qui per vivere questo mistero in un modo specifico. Infatti lo viviamo, sempre, ontologicamente; lo viviamo, molte volte, sacramentalmente, in modo speciale nel mistero eucaristico, nella santa Eucaristia; lo abbiamo vissuto, questa sera, artisticamente. Il mistero della Redenzione, specialmente quello della passione di Cristo, è un grande tema cui si ritorna senza fine e viene affrontato continuamente per presentarlo e approfondirlo artisticamente. Siamo tutti molto grati agli artisti del Seminario romano come anche agli artisti ospiti per averci dato questa possibilità di vivere artisticamente il mistero della redenzione, la passione di Gesù: "Passio Domini nostri Iesu Christi, secundum Seminarium Romanum".

Sono convinto che questo modo artistico di vivere il mistero della redenzione si avvicina al suo vivere ontologico e al suo vivere sacramentale: alla sacramentalità e all'ontologia della redenzione. Tutto questo ci spiega anche sempre più profondamente che cosa vuol dire la "Madonna della fiducia"; che cosa vuol dire la "Mater mea, fiducia mea" che è amata e venerata da generazioni in questo Seminario. Questo titolo di Maria non si spiega fuori del mistero della redenzione. Ella è la nostra fiducia perché è stata chiamata dal Padre ad essere Madre del Redentore. Anzi, ad essere "alma socia Redemptoris". Siamo convinti tutti - per me questa convinzione è un tesoro specifico - che non c'è un'altra persona umana che abbia potuto vivere e approfondire il mistero della redenzione meglio di lei, di Maria. Non c'è un'altra persona umana nella storia del mondo e nella storia della salvezza che conosca altrettanto bene la realtà profonda della redenzione e tutte le sue dimensioni, che sono tante.

Noi siamo tutti cristiani, alcuni di noi sono candidati al sacerdozio e tutto questo - essere cristiani e, ancor più, prepararci ad essere sacerdoti - si spiega con un'intenzione fondamentale, capitale: avere parte nel mistero della redenzione. Averne parte più matura e sempre più matura. Essere partecipi di questo mistero, con cui Dio ci ha riabilitati, ci ha ritrovati, ci ha salvati, ci ha restituito alla nostra dignità originaria, alla nostra dignità di figli di Dio, di eredi di Dio, coeredi di Cristo. Ecco, Madonna della fiducia vuol dire che noi in questa strada - che è la strada di una vita cristiana autentica, di una maturazione cristiana - scopriamo lei: "Mater mea, fiducia mea", chi meglio di te potrà introdurci in questo mistero, in questa realtà! Chi meglio di te potrà farci maturare in questa nostra vocazione sacerdotale - umana, si, perché partecipare al mistero della redenzione vuol dire essere più uomo, uomo pienamente umano! Ci affidiamo dunque a Maria per questo grande compito, questa grande vocazione, questa grande chiamata della nostra vita; ci affidiamo a Maria perché lei ci insegni e ci aiuti in questo grande compito, in questa strada spirituale, in questa identificazione sempre più profonda della nostra umanità, del nostro essere cristiani, del nostro essere sacerdoti, del nostro essere Vescovo, del nostro essere Papa.

In questo Seminario avete un bellissimo motto: "Mater mea, fiducia mea".

Questo motto è stato amato da tanti Vescovi di Roma e voglio ricordare almeno Papa Giovanni XXIII; ma tutti, senza eccezione, lo hanno amato. E voi fate bene a celebrare ogni anno, alla fine di febbraio e all'inizio di marzo, la Madonna della fiducia, la vostra patrona; fate anche bene ad invitare a questa celebrazione noi tutti: il Vescovo di Roma, il cardinale vicario, altri vescovi, tanti sacerdoti, tutti questi ospiti, tanti giovani, tante donne, tanti uomini, i bambini; perché qui c'è un grande tesoro e io devo ringraziarvi per averci aperto questo tesoro questa sera e vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per aprirci questo tesoro in un modo così pieno, così bello, così artistico, così autentico.

Ecco, questo è quanto volevo dirvi: sono le riflessioni che ho compiuto durante l'esecuzione del vostro oratorio. Voglio ancora una volta ringraziarvi per questa vostra opera e augurarvi altre opere simili in futuro, perché così si deve augurare a degli artisti.

Data: 1984-03-03 Data estesa: Sabato 3 Marzo 1984


GPII 1984 Insegnamenti - Messaggio ai vescovi lituani - Città del Vaticano (Roma)