GPII 1984 Insegnamenti - Nella chiesa del Seminario romano maggiore - Roma





Concelebrazione con i vescovi d'Europa - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: San Casimiro testimone della Redenzione e segno di speranza

Testo:


1. "Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2). Con queste parole della prima lettura dell'odierna liturgia, mi porto col pensiero e col cuore, insieme con voi, fratelli e sorelle, presso la tomba di san Casimiro a Vilnius.

Quest'anno si compiono cinque secoli da quando quelle reliquie, care a tutta la Chiesa, sono state deposte tra il popolo di Dio della terra natia. Da cinque secoli san Casimiro, patrono della Lituania, rimane in mezzo a quel popolo, con tutta l'eredità della sua santità, rimane come testimone del mistero della redenzione e come segno di quella speranza nella quale siamo stati salvati (Rm 8,24).

Da cinque secoli egli parla ai suoi connazionali e, insieme, fratelli e sorelle nella grazia della fede e del santo Battesimo: "Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo".


2. Ieri la Chiesa in Lituania ha dato inizio al giubileo per il 500° anniversario della morte di san Casimiro, mediante una solenne concelebrazione a Vilnius dell'episcopato lituano sulla tomba del santo. Desideriamo inaugurare questo giubileo anche qui, nella basilica di San Pietro, che è il centro visibile dell'unità della Chiesa. In questo modo tutta la Chiesa universale manifesta la sua unità cattolica con la Chiesa, che in Lituania si raccoglie attorno alla tradizione cinque volte secolare di san Casimiro. Si può pure dire che tutta la Chiesa universale insieme col Vescovo di Roma, successore di Pietro, si dirige in pellegrinaggio spirituale verso il santuario di Vilnius, dove riposa il santo patrono della Lituania. E' un pellegrinaggio di fede e di amore, che ci congiunge e unisce in Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio di Maria, come figli adottivi del Padre, come testimoni della stessa verità, la verità che libera l'uomo nella potenza dello Spirito consolatore.


3. Il ricordo di san Casimiro è caro ai figli e alle figlie di quella terra, che un tempo si è sviluppata sotto i granduchi della stirpe Gediminas e sotto lo scettro degli Jagelloni. Io stesso non posso pensare senza intima commozione del cuore al fatto che questo santo è nato nel castello reale di Cracovia nell'anno


1458 ed è figlio del grande Casimiro Jagellone, re di Polonia e insieme granduca della Lituania, e sua madre fu Elisabetta (della famiglia degli Asburgo), chiamata "madre di re".

Casimiro eredito il nome dal padre. E fu discendente di quella grande stirpe, alla quale la Lituania deve il Battesimo nel 1386 (quindi quasi 600 anni fa). Quanto è eloquente che dall'eredità di quel Battesimo sia cresciuto in breve tempo un frutto di santità così maturo! Quanto è eloquente che nel luogo stesso in cui gli antenati ricevettero quello storico Battesimo - a Vilnius - sia stato sepolto quasi un secolo dopo un santo! In lui si è riconfermata quella vocazione alla santità, che viene partecipata a tutto il popolo di Dio e, attraverso le generazioni, si irradia su tutti i connazionali di san Casimiro. Non mancano pure in Lituania, in Polonia e anche tra le altre nazioni cristiane coloro che ricevono nel santo Battesimo il nome di Casimiro, affinché sia per loro guida ed esempio sulla via della vita cristiana.


4. La vita terrena di Casimiro fu breve: 26 anni. Al tempo stesso si può dire con le parole della Scrittura che questa vita di poca durata è "giunta in breve alla perfezione" (Sg 4,13).

Il metro della vita umana è infatti la maturità morale, e soprattutto il grado dell'amore di Dio e del prossimo, col quale essa riesce a colmare tutti i giorni della sua esistenza. Ci parlano di questo le letture della liturgia odierna: sia il salmista, sia san Paolo nella Lettera ai Filippesi, sia infine san Giovanni nel suo Vangelo.

Con certezza si può ripetere di Casimiro, della stirpe degli Jagelloni: ecco "colui che cammina senza colpa, agisce con giustizia e parla lealmente" (Ps


14,2), indicando in questo modo la grande lealtà della sua vita. Nello spirito di questa lealtà egli non esitava nemmeno ad influire sul re suo padre come ne attestano le cronache, quando lo richiedevano le ragioni della giustizia nei confronti dei sudditi.

Casimiro fu soprattutto il discepolo e il seguace di Gesù Cristo, che potrebbe ripetere di se stesso le parole dell'apostolo: "Ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, alfine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui" (Ph 3,8 Ph 3,9). Questo grande desiderio consumava la sua anima come una fiamma interiore.

Fu come quell'"atleta" evangelico che "proteso verso il futuro, corre verso la meta..." (cfr. Ph 3,13-14). Casimiro è infatti rimasto nella memoria dei

posteri come un asceta zelante, che si accontenta di poco, ma è esigente con sé.


5. La via della santità, con cui quell'anima giovane si avvicino a Dio in Gesù Cristo, ebbe la sua sorgente principale nell'amore. Casimiro visse il comandamento dell'amore di Cristo come un nutrimento sostanzioso dei suoi pensieri, sentimenti e opere. Questo "rimanere nell'amore" lo apprese quotidianamente dal divino Maestro, che dice; "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore" (Jn 15,9-11).

Casimiro dunque rimaneva nell'amore di Cristo, Figlio di Dio, diventando "amico" sempre più perfetto del suo Maestro. Si consolidava pure sempre di più in quella scelta e in quella struttura consistente, di cui parla lo stesso Maestro agli apostoli: "Io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, ve lo conceda" (Jn 15,16).

Così, dunque, appare dinanzi a noi - in base alle letture liturgiche - Casimiro: uomo di preghiera, uomo delle opere nate dall'amore, un vero testimone del Vangelo di Cristo!


6. "...Che vi amiate gli uni gli altri" (Jn 15,12 Jn 15,17), dice il Maestro; e il discepolo e seguace cerca di manifestare questo amore in tutta la sua vita. Dato che è figlio del re, trova una particolare manifestazione di questo amore reciproco nel servizio umile degli altri, specialmente dei poveri, dei malati, dei bisognosi.

Ecco che cosa leggiamo a questo proposito nella descrizione della sua vita, che proviene da un autore a lui quasi contemporaneo: "Difendeva e abbracciava come sue le cause dei poveri e dei miserabili, per cui dal popolo veniva chiamato difensore dei poveri. E benché fosse figlio del re e nobile per la dignità della nascita, mai si mostrava superiore nel tratto e nella conversazione con qualsiasi persona, per quanto umile e di bassa condizione" (Liturgia delle Ore).

Sempre aveva davanti gli occhi l'immagine di Cristo, che lava i piedi ai discepoli, e le parole: "Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri" (Jn 13,14).


7. E con una tale eredità della santità Casimiro, figlio del re, è rimasto tra il Popolo di Dio della sua terra. Patrono della Lituania.

E oggi dunque i nostri cuori e la nostra preghiera si rivolgono in modo particolare a quella terra e a quel popolo. Abbracciamo con amore tutti i figli e le figlie della Lituania che - geograficamente avanzata verso Oriente - da sei secoli è legata, col vincolo della fede e dell'unità cattolica, alla sede di san Pietro a Roma.

Col pensiero e con la preghiera desidero raggiungere ciascuno dei figli e delle figlie di quella nazione.

Voi, carissimi fratelli nell'episcopato che, con la sollecitudine del Buon Pastore, dovete guidare, in mezzo a tanti ostacoli, il popolo lituano sulla via della salvezza, confortati dalla luminosa, e talvolta eroica, testimonianza di fedeltà e di amore a Cristo e alla Chiesa, resa da tanti pastori d'anime della vostra patria.

Voi, sacerdoti, zelanti e fedeli "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1): la luce della vostra fede, temprata con il fuoco di tante prove condivise con i vostri fedeli, risplenda sempre davanti agli uomini. Ricordo con particolare affetto i sacerdoti anziani e infermi, che lavorano instancabilmente, fino all'ultimo respiro, nella vigna del Signore.

Voi, persone consacrate a Dio mediante la professione dei consigli evangelici: con la testimonianza della vostra donazione totale a Dio e con la vita silenziosa, spesso nascosta, ma feconda di opere di carità, voi edificate il Corpo di Cristo.

Voi, seminaristi: con generosità, con coraggio e con perseveranza, superando ogni difficoltà, sappiate corrispondere alla chiamata del Signore.

Abbraccio tutte le famiglie cristiane, perché in un mondo che ignora i valori religiosi, sappiano trasmettere ai figli i beni preziosi: la fede ricevuta nel Battesimo, le virtù che fondano la vera dignità dell'uomo, le belle tradizioni cristiane che da secoli impregnano la cultura della nazione lituana.

Ricordo in particolare voi giovani, affinché seguiate l'esempio di san Casimiro nella fedeltà a Dio e nella santità di vita.

La mia e la vostra preghiera, infine, si fa implorazione per gli ammalati, per quanti sono nella prova, per tutti coloro che vivono lo spirito delle beatitudini: "Beati voi quanto vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché è grande la vostra ricompensa nei Cieli" (Mt 5,11).


8. "In tutte le nazioni della terra è radicato un solo Popolo di Dio, poiché di mezzo a tutte le stirpi egli prende i cittadini del suo regno, non terreno ma celeste... In virtù di questa cattolicità, le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, e così il tutto e le singole parti sono rafforzate..." (LG 13).

Chiesa in terra lituana! Oggi la sede di san Pietro celebra con gratitudine quel dono particolare, che il popolo di Dio della tua terra ha contribuito a dare all'unità spirituale della Chiesa. Quel dono è san Casimiro! Chiesa in terra lituana! Sei presente nell'unità spirituale della Chiesa cattolica mediante questo dono e mediante tutta l'eredità della fede, della speranza e dell'amore che nel corso di cinque secoli - e specialmente nell'era contemporanea - si è sviluppato attorno a san Casimiro, patrono della Lituania.

Oh Chiesa! così vicina, e ad un tempo così lontana, sei cara a tutte le Chiese della comunità universale dell'unica Chiesa cattolica. Ed è caro quel popolo che conserva in sé così tenacemente le reliquie e l'eredità spirituale di san Casimiro.

Inginocchiati presso le reliquie di san Casimiro, nello spirito di affidamento ci rivolgiamo alla Madre della misericordia nella Porta dell'aurora di Vilnius, e gridiamo a lei uniti con la stessa sollecitudine, con la stessa speranza e con lo stesso amore, che per lei ardeva nel cuore di san Casimiro: "Spes nostra, salve! / Ad te clamamus! / Sub tuum praesidium confugimus, Mater misericordiae!".

[Prima della benedizione, ai pellegrini lituani:] Cari fratelli e sorelle lituani, concludendo, desidero rivolgermi a voi, qui presenti, come pure a coloro che sono in Lituania, nella vostra lingua materna.

Celebrando a Roma - centro della cattolicità - il quinto centenario della morte di san Casimiro, in spirito ci raccogliamo davanti al sepolcro del patrono della Lituania, a Vilnius. Davanti ai nostri occhi si leva la figura del giovane santo, esempio di vita di preghiera, di opere ispirate dalla carità, di testimonianza di Cristo e di un particolarissimo amore per Maria santissima. Egli è un dono di Dio per tutta la Chiesa, ma in modo particolare per la nazione con i destini della quale la sua vita si è intrecciata e nella quale l'eredità della sua santità rimane viva.

Alla preghiera della Chiesa di Roma è presente oggi la Chiesa che è in Lituania, tutta quella nazione così cara al nostro cuore, da secoli fedele alla Sede Apostolica nella comunione della fede.

Ricordiamo i vescovi della Lituania, i sacerdoti, i seminaristi, le persone consacrate a Dio e la gioventù di cui san Casimiro è speciale patrono. In comunione di carità con tutti i fratelli e le sorelle lituane in patria, soprattutto quelli che soffrono per la fede, imploriamo da Dio per tutti la grazia della fedeltà a Cristo.

Ai piedi della Madre di misericordia, presso la Porta dell'aurora, deponiamo le gioie e le pene della Chiesa lituana, insieme con il nostro amore e la nostra speranza: "Maria, Maria, giglio purissimo / tu c'illumini dall'alto dei cieli. / Alleggerisci il peso della schiavitù, vieni in aiuto all'umanità... / perché tutto puoi presso Dio".

Data: 1984-03-04 Data estesa: Domenica 4 Marzo 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rispetto della dignità e della missione della donna

Testo:


1. In questo incontro domenicale desidero proseguire la riflessione sulla presenza della Vergine nella celebrazione liturgica, azione di Cristo e della Chiesa, a cui Maria è indissolubilmente congiunta. La Chiesa ne ha l'intima persuasione, che le deriva dalla fede e, per così dire, dall'esperienza.

La Chiesa infatti crede che la beata Vergine, assunta in cielo, è accanto a Cristo, sempre vivo per intercedere a nostro favore (cfr. He 7,25), e che alla divina implorazione del Figlio si unisce l'incessante preghiera della Madre: in cielo la voce della Vergine è divenuta liturgia supplice in favore degli uomini suoi figli, che ella contempla nella luce di Dio e di cui conosce le necessità e il travaglio.

La Chiesa poi possiede l'esperienza intima, vitale, maturata in lunghi secoli di consuetudine orante, della presenza attiva della Vergine, degli angeli e dei santi nella liturgia. E traduce tale esperienza, depositata soprattutto nella preghiera liturgica, in molteplici atteggiamenti culturali, fra i quali desidero ricordare la richiesta dell'intercessione materna della Vergine e la comunione con lei.

Nell'ambito dell'unica mediazione di Cristo, Dio padre ha voluto che il materno amore della Vergine accompagnasse la Chiesa nel cammino verso la patria.

Essa quindi vuole percorrere quel cammino con la Madre del Signore, la cui voce primeggia nella lode di Dio, il cui cuore trepida nella pura oblazione di sé ed esulta nel canto di riconoscenza all'Altissimo.


2. In questo giorno, in cui ricorre il quinto centenario della morte di san Casimiro, ho voluto spiritualmente unirmi ai vescovi della Lituania, i quali ieri, presso la tomba del santo di Vilnius, hanno dato inizio alle solenni celebrazioni giubilari in onore del loro celeste patrono.

Figlio di Casimiro IV Jagellone, re di Polonia e granduca di Lituania, san Casimiro, nella sua breve vita di soli 26 anni, si distinse per la fede adamantina, per la costante preghiera, per la limpida purezza, per il fattivo amore verso i poveri e i bisognosi, per la fervida devozione alla Vergine santissima. Per tale esemplare testimonianza cristiana e per i vari vincoli di parentela, la vita del santo è legata alla storia civile e religiosa dell'Europa e del suo tempo.

La presenza di rappresentanti delle Conferenze episcopali europee alla odierna celebrazione in san Pietro ha voluto pertanto sottolineare questo patrimonio comune, culturale e spirituale, che unisce le varie nazioni dell'Europa e ricordare altresi le "radici cristiane", che hanno fecondato e alimentato per secoli tutte le manifestazioni della storia di questo continente; ha voluto inoltre esprimere l'affetto, la sollecitudine e la solidarietà della Chiesa di Roma e delle altre Chiese particolari d'Europa nei confronti di tutto il popolo di Dio, che è in Lituania.

A tutti i lituani, che vivono in patria o che sono sparsi nel mondo, rivolgo il sincero auspicio - accompagnato dall'invocazione al Signore - che siano sempre fedeli alla preziosa eredità spirituale del loro santo patrono, saldi nella fede degli avi, lieti nella speranza, radicati nell'amore e nella comunione con Dio, con la Chiesa, con i fratelli.

Mercoledi prossimo, primo giorno di Quaresima, mi rechero alle catacombe di san Callisto, per celebrarvi la santa messa con i giovani di Roma. Esprimo l'augurio che l'inizio del periodo quaresimale segni per tutti l'avvio di un cammino di purificazione interiore, in sintonia con i grandi temi di riflessione e di preghiera che la liturgia quotidiana e domenicale propone. La Pasqua sarà tanto bella e gioiosa quanto maggiore sarà stato l'impegno posto da ciascuno durante i giorni "forti" della preparazione.

Com'è noto, giovedi prossimo, 8 marzo, ricorre la Giornata internazionale della donna. Le donne cristiane vogliono portare l'originale contributo di un messaggio di speranza in una società che spesso sembra aver smarrito la fiducia, di un messaggio di solidarietà umana, anzi di comunione in un mondo nel quale agiscono i veleni della violenza e dell'egoismo. Benedico il loro impegno, auspicando che nella fede in Cristo, Redentore degli uomini, "nostra pace e nostra riconciliazione", esse sappiano trovare l'incentivo per quella testimonianza di idealismo, di comprensione, di operosa concordia di cui il nostro mondo abbisogna. Il mio pensiero si estende a tutte le donne con l'augurio che nella mentalità e nel costume si affermi sempre più il rispetto della loro dignità e della loro missione.

Data: 1984-03-04 Data estesa: Domenica 4 Marzo 1984





Ai fedeli lituani della diaspora - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Restate solidali con la Chiesa nella vostra terra d'origine

Testo:

Cari fratelli e sorelle Sono molto lieto di rivolgere oggi il mio saluto a voi lituani provenienti da tutto il mondo, che siete venuti a Roma per commemorare il cinquecentesimo anniversario della morte di san Casimiro, patrono della Lituania.

Pur non risiedendo ora in Lituania, voi siete tuttavia uniti da un comune patrimonio che vi è stato trasmesso dai vostri antenati e nutrite leale solidarietà con i vostri fratelli e sorelle nella vostra terra d'origine che non possono essere qui con noi. Molti di loro compiranno oggi una celebrazione insieme ai loro vescovi, nella città di Vilnius, dove per secoli sono stati venerati i resti di san Casimiro. Uniamoci oggi spiritualmente a loro nella preghiera, implorando l'intercessione speciale di san Casimiro per il popolo e la nazione lituana.

Molti lituani, a partire dal XIX secolo e in particolare dopo la seconda guerra mondiale, hanno dovuto lasciare la loro patria per varie ragioni. Emigrando in terre nuove, hanno portato con sé i loro tesori spirituali e culturali, specialmente la loro venerazione per san Casimiro. Molte istituzioni religiose e sociali portano il suo nome. Molte chiese, costruite con grande sforzo e sacrificio, sono state dedicate a questo nobile santo. Associazioni di giovani come i Cavalieri di Lituania e i boy scout lituani hanno scelto san Casimiro come loro patrono. La Chiesa è stata benedetta dalla fondazione delle Suore di san Casimiro e intere province di frati Mariani e Francescani si sono poste sotto la sua speciale protezione. Qui a Roma esiste il Pontificio collegio lituano che, sotto l'egida di san Casimiro, ha preparato e prepara giovani di origine lituana a servire la Chiesa. San Casimiro è diventato un forte legame tra coloro che ancora vivono in patria e i lituani di tutto il mondo.

Secoli fa, la Chiesa ha proclamato santo san Casimiro e l'ha proposto a noi non soltanto perché fosse venerato, ma anche perché noi potessimo imitare le sue eroiche virtù e seguire il suo esempio di santità. La sua testimonianza di grande fede e fervida pietà continua ad avere uno speciale significato per noi oggi. Ai giovani egli offre una chiamata carica di sfide. La sua vita di purezza e preghiera vi chiama a praticare la vostra fede con coraggio e zelo, a rifiutare le ingannevoli tentazioni della moderna società permissiva e a vivere le vostre convinzioni con fede impavida e con gioia.

La sua vita ci mostra anche l'importanza della famiglia cristiana, san Casimiro visse in una famiglia formata da dodici figli e fin dalla più tenera età imparo che ogni figlio è un dono unico di Dio e che una casa costruita sull'amore di Dio è realmente una perla di grande valore.

I religiosi e le religiose possono trovare in san Casimiro un ispiratore per le loro vite consacrate, ricordando come egli abbraccio una vita di celibato, si sottomise umilmente alla volontà di Dio in ogni cosa, si dedico con amore tenero alla beata vergine Maria e sviluppo una fervente pratica di adorazione di Cristo presente nel santissimo Sacramento. Per tutti egli fu un luminoso esempio di povertà e di amore pronto al sacrificio per i poveri e bisognosi.

Cari figli e figlie della Lituania, celebrando il cinquecentesimo anniversario della morte di san Casimiro, vi rivolgo questo speciale appello: rimanete uniti e solidali con la Chiesa nella vostra terra d'origine. I vostri fratelli e sorelle che ancora vivono là guardano ardentemente a voi nelle loro pene e nelle loro gioie, nelle quotidiane difficoltà della vita. Essi apprezzano il vostro sostegno. Contano sulle vostre preghiere. Siate saldi nella predicazione del dono della fede cristiana che avete ricevuto, ricordando come i vostri antenati la preservarono e difesero sino allo spargimento del loro sangue.

E venite in soccorso di coloro che vivono in Lituania rivolgendo fervide preghiere a Dio e raccomandandoli alla protezione di san Casimiro. Soprattutto, affidateli, nella preghiera, al nostro Signore e Redentore, la sorgente di tutto il nostro coraggio e della nostra speranza.

Vi incoraggio a conservare con cura le molte tradizioni religiose e culturali che avete ereditato. L'anima stessa della Lituania si riflette nella vostra cultura, quella cultura che ha contribuito grandemente, nel corso della storia, a trasmettere i valori del Vangelo da una generazione all'altra. Rimanete dunque fedeli al vostro patrimonio religioso e culturale. Siatene giustamente orgogliosi. Fatene il fondamento dell'educazione dei giovani, nel vostro tentativo di fare di essi leali figli e figlie della Chiesa. E io vi chiedo di unirvi a me nella preghiera per l'incremento delle vocazioni religiose. Che il Signore chiami molti dei vostri giovani a una vita di gioioso servizio nel sacerdozio o nella vita religiosa.

Questo quinto centenario della morte di san Casimiro ricorre felicemente durante l'Anno Santo della Redenzione, un tempo di grazia per tutti nella Chiesa, un avvenimento che ci chiama tutti alla conversione e al rinnovamento spirituale.

San Casimiro vi ispiri a ricevere in abbondanza le grazie speciali del Giubileo.

Che il suo esempio vi spinga ad una ricerca ancora maggiore della santità e a un amore sempre più profondo per Cristo nostro Redentore.

A tutti voi qui presenti oggi, alle vostre famiglie e parenti rimasti a casa e a tutti coloro che lottano per vivere la fede cristiana in Lituania, imparto di cuore la mia apostolica benedizione.

Data: 1984-03-05 Data estesa: Lunedi 5 Marzo 1984





A parlamentari francesi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La società ha bisogno di instancabili ricercatori della verità

Testo:

Signore e signori Ringrazio cordialmente il signor presidente Alain Poher per i sentimenti che mi ha ora espresso a nome di tutti i membri del gruppo di spiritualità delle assemblee parlamentari francesi. La vostra visita, nell'ambito del vostro pellegrinaggio dell'Anno Santo, mi ricorda il gradito incontro del 3 marzo 1981 e mi procura tanta gioia e conforto.

In questo incontro vorrei soltanto incoraggiare il vostro gruppo a perseverare lungo queste direzioni che mi appaiono tanto impegnative quanto di primaria importanza: quella della ricerca incessante della verità e quella della speranza evangelica.

Le alte responsabilità socio-politiche che voi esercitate - o che esercitavate fino a poco tempo fa - richiedono non soltanto competenze particolari che vi onorano, ma anche una ricerca permanente dei valori umani da diffondere nei diversi settori della società, per i quali vi è stato conferito un mandato. So che gli incontri periodici attorno al vostro caro cappellano o attorno a esperti in teologia, etica, spiritualità vi aiutano molto a progredire nella luce cristiana.

ciò è indispensabile per la vostra azione. Tante persone, nella società attuale, non tollerano che ci si riferisca a una verità oggettiva al di fuori di noi: ciò sembra loro sinonimo di dogmatismo o anche di intolleranza e spesso di qualcosa di contrario alla scienza.

Ora uno spirito scientifico - almeno quando è onesto e libero - arriva generalmente a riconoscere che le sue conoscenze lo portano a porre il problema di qualcosa al di là della scienza. Le realtà che toccano l'uomo e la sua vita multiforme possono essere di pertinenza dell'analisi scientifica, della filosofia morale, di una tradizione religiosa, al tempo stesso, ma a livelli differenti. Le scienze sovente non raggiungono che "il contesto" dell'essere umano.

Resta sempre una distanza considerevole tra queste coordinate scientifiche e ciò che vi è di più profondo: la misteriosa somiglianza con Dio generatrice del carattere sacro di ogni persona umana, la sorprendente capacità di entrare in dialogo con lui, la sete inestinguibile di comunicare con la sorgente stessa di tutta la vita e di ogni luce. Riconoscere la realtà ultima e sovrana di Dio è un senso di intelligenza, anche se ciò va contro corrente rispetto alla mentalità di molti contemporanei. E' giustamente questa apertura permanente e ardente a Dio che permette di discernere e di affermare i veri valori, in mezzo ai non valori e ai falsi valori, per edificare la propria personalità e contribuire alla costruzione di una società capace di dare priorità alla dignità umana e alla qualità delle relazioni interpersonali. Questo lavoro di discernimento della verità oggettiva è impegnativo, dal momento che siamo assediati da una serie di preoccupazioni materiali. Che lucidità di giudizio, che volontà di scelta, che ascetismo nell'uso ragionevole di tutto s'impongono ai cristiani! Queste sono le condizioni di un modo di vivere che, nello stesso tempo, crea la felicità dell'uomo e rende gloria a Dio.

Vi incoraggio non solamente a questa ricerca ardente e a questa azione intrepida in favore della verità, in favore dei veri valori, ma anche alla diffusione della speranza evangelica. Non ignoro che voi - voi come anche molti altri uomini, donne e giovani attorno a voi - potete avere motivi di sconforto, persino di disperazione. E' importante non sbagliarsi sul senso e sulla portata della speranza. Essa è una virtù meravigliosamente esigente della quale i deboli non sono capaci. Sperare è un'altra cosa che essere ottimisti. L'ottimismo può talvolta divenire rifiuto di vedere le cose come stanno, una forma di menzogna con se stessi e con gli altri. Caratteristica della speranza è di affrontare la realtà con un atteggiamento di chiaroveggenza, d'energia e d'amore. E' volontà di superare le difficoltà, per quanto grandi esse siano. Per il credente, la speranza è ben più della fiducia, basata su motivi puramente umani. Il vostro libro prediletto è, mi auguro, la Sacra Bibbia: essa ci insegna concretamente come i testimoni della speranza hanno dovuto lottare duramente per continuare a sperare.

Concludero queste mie riflessioni sottolineando un aspetto di questa convinzione che vi auguro di approfondire sempre di più in voi: si è portatori e diffusori di speranza nella misura in cui si è anche portatori di verità. E' impossibile pensare di risvegliare il cuore e lo spirito degli uomini se si lascia che menzogna e illusioni si diffondano attraverso i canali, così numerosi e diversi, che raggiungono gli uomini del nostro tempo, se si lascia via libera a slogan che vorrebbero far credere a una felicità derivata dal lassismo, dall'abbandono puro e semplice della responsabilità personale a favore di una colpevolezza collettiva che nuoce alla sana messa in questione di se stessi.

Formulando per voi auguri di promozione cristiana, il più possibile profonda, invoco sulle vostre persone, sui vostri rispettivi compiti, sul vostro gruppo di spiritualità i doni dello Spirito Santo e un rinnovamento della speranza fondata sul Signore.

Data: 1984-03-05 Data estesa: Lunedi 5 Marzo 1984







Messaggio per la Quaresima - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cristo soffre nei fratelli affamati, privati della libertà...

Testo:

Cari fratelli e sorelle in Cristo, quante volte abbiamo letto e ascoltato il testo sconvolgente del capitolo 25° del Vangelo secondo san Matteo; "Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria... dirà: "Venite, benedetti dal Padre mio...

perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare"..."! Si, il Redentore del mondo conosce e condivide ogni forma di fame degli uomini suoi fratelli. Egli soffre con quelli che non possono nutrire i loro corpi: con tutte le popolazioni vittime della siccità o delle cattive condizioni economiche, con tutte le famiglie colpite dalla disoccupazione o dalla precarietà del lavoro. E, tuttavia, la nostra terra può e deve nutrire tutti i suoi abitanti, dai bambini in tenera età a tutte le categorie di lavoratori, fino alle persone anziane.

Cristo soffre ugualmente con quelli che sono legittimamente affamati di giustizia e di rispetto della propria dignità umana, con quelli che sono privati delle loro libertà fondamentali, con quelli che sono abbandonati o, peggio ancora, sfruttati nella loro situazione di povertà.

Cristo soffre con quelli che aspirano a una pace equa e generale, mentre essa è distrutta o minacciata da tanti conflitti o da un riarmo assurdo. E' permesso dimenticare che il mondo è da costruire e non da distruggere? In una parola, Cristo soffre con tutte le vittime della miseria materiale, morale e spirituale. "Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare... ero forestiero e mi avete ospitato, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti e trovarmi" (Mt 25,35-36). Il giorno del Giudizio queste parole saranno rivolte a ciascuno di noi, ma già ora esse ci interpellano e ci giudicano.

Dare del proprio superfluo e anche del necessario non è sempre uno slancio spontaneo della nostra natura. E' proprio per questa ragione che dobbiamo aprire instancabilmente gli occhi fraterni sulla persona e la vita dei nostri simili, stimolare in noi stessi questa fame e sete di condivisione, di giustizia, di pace, al fine di passare realmente ad azioni che contribuiranno a soccorrere le persone e le popolazioni duramente provate.

Cari fratelli e sorelle, in questo tempo di Quaresima dell'Anno Giubilare della Redenzione, convertiamoci ancora, riconciliamoci più sinceramente con Dio e con i nostri fratelli. Questo spirito di penitenza, di condivisione e di digiuno si tradurrà in gesti concreti, ai quali le vostre Chiese locali certamente vi inviteranno.

"Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia" (2Co 9,7). Questa esortazione di san Paolo ai Corinzi è proprio di attualità. Possa ciascuno provare profondamente la gioia per il nutrimento condiviso, per l'ospitalità offerta al forestiero, per gli aiuti dati alla promozione umana dei poveri, per il lavoro procurato ai disoccupati, per l'esercizio onesto e coraggioso delle proprie responsabilità civili e socio-professionali, per la pace vissuta nel santuario familiare e in tutte le vostre relazioni umane! E' tutto ciò l'amore di Dio, a cui dobbiamo convertirci. Amore inseparabile dal servizio così spesso urgente del nostro prossimo. Auguriamoci, e meritiamolo, di poter udire da Cristo nell'ultimo giorno che, nella misura in cui abbiamo fatto del bene a uno dei più piccoli fra i suoi fratelli, l'abbiamo fatto a lui!

Data: 1984-03-07 Data estesa: Mercoledi 7 Marzo 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Nella chiesa del Seminario romano maggiore - Roma