GPII 1983 Insegnamenti - Ai delegati della Fuci e del Meic - Città del Vaticano (Roma)

Ai delegati della Fuci e del Meic - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Presenza chiara e incisiva nelle università e nella cultura




1. Ringrazio cordialmente per le cortesi espressioni rivoltemi a nome delle due Associazioni Fuci e Meic, qui convenute con i delegati dei singoli gruppi sparsi per l'Italia, in occasione di un'assemblea congiunta, indetta nel 50° anniversario di fondazione del Movimento ecclesiale di impegno culturale, allora chiamato Movimento laureati di Azione cattolica.

L'origine e lo sviluppo storico della Fuci e del Meic hanno comuni matrici e conoscono identici ideali di servizio alla Chiesa e alla Nazione, pur nella loro articolata differenziazione, determinata dall'età e dalla collocazione sociale dei rispettivi aderenti. Se, infatti, i primi datano la loro nascita fin dal 1896 col Congresso cattolico di Fiesole, e da allora hanno svolto un'intensa azione di apostolato fra gli universitari, suscitando con la loro vivacità, riflessione critica e impegno culturale importanti fermenti di bene nella complessa storia della Chiesa italiana di quest'ultimo secolo; i secondi, che oggi ricordano i cinquant'anni di vita, hanno avuto origine in seguito alle decisioni del Congresso nazionale della Fuci, tenutosi a Cagliari nel 1932, nel quale si volle che non andasse perduto un patrimonio di idee, di formazione, di volontà di testimonianza nella professione e nel vasto mondo della cultura, da essi in tanto tempo accumulato. Di questa volontà furono artefici in primo luogo Monsignor Giovanni Battista Montini e Igino Righetti, la cui memoria rimane in benedizione non solo per quanto hanno significato per le vostre Associazioni, ma anche per l'impareggiabile loro servizio alla Chiesa e alla Patria.

Non si può dimenticare, infatti, che le basi della moderna impostazione spirituale, culturale e di esperienza, a cui vi ispirate, sono principalmente dovute ad essi e ai benemeriti presidenti e dirigenti che si sono succeduti nel corso degli anni. Con questi vanno ricordati in modo particolare taluni spiccati modelli di santità e di integrale vita cristiana, quali i beati Moscati e Pampuri, il servo di Dio Vico Necchi, Itala Mela, Piergiorgio Frassati.

Sul solco da essi tracciato voi intendete continuare il vostro impegno di vita, convinti come non mai che "la rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre. Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esattamente delle culture" (EN 20).


2. Già rivolgendomi ai vostri Pastori ho ricordato, in occasione della XIX assemblea straordinaria della Conferenza episcopale italiana, la necessità di insistere "sul problema della pastorale universitaria, sulla costituzione o rivitalizzazione dei centri di cultura", non dimenticando che "i laici cattolici italiani hanno una magnifica ed esemplare storia di azione, di impegno, di fedeltà alla Chiesa, nonché alla Nazione". Ed aggiungevo: "Occorre rendere più intensa la loro formazione culturale e spirituale mediante opportune iniziative a carattere permanente, perché essi siano sempre più seriamente preparati ad assumere quelle responsabilità ecclesiali che voi Vescovi ritenete di affidare loro" ("", 1982,1, 829).

Proprio nell'intento di approfondire questo impegno, cari fucini e membri del Meic, è necessario compiere un continuo sforzo di analisi e di sintesi di ciò che dev'essere il paziente e a volte sofferto contributo del credente nel mondo della cultura. Esso parte ovviamente dalla storia, si misura con essa, ne interpreta il divenire, servendosi di quella lettura dei segni dei tempi che appartiene al popolo di Dio mosso dalla fede e "condotto dallo Spirito del Signore, che riempie l'universo". In tale superiore luce, questo popolo "cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio" (GS 11).

Ciò significa che l'uomo di fede è consapevole di compiere un cammino insieme con gli altri uomini dentro una storia, nella quale Dio realizza il suo piano d'amore; e nello sforzo diuturno del suo impegno, illuminato dalla Parola di Dio, egli cerca di cogliere i fili sparsi di questa storia, che non potrà essere, in definitiva, che una storia di salvezza.

Questa visione dell'uomo e della storia si congiunge con la propria adesione a Cristo e alla sua Chiesa, perché da Cristo e dal suo Sacramento si riceve la grazia di una corretta lettura del tempo. La fede, quindi, in rapporto con la cultura, si pone come chiarificazione del progetto di Dio, soccorso e completamento della razionalità. Quest'ultima, per altro, non è impoverita delle sue risorse. Infatti "il sacro Concilio, richiamando ciò che insegno il Concilio Vaticano I, dichiara che "esistono due ordini di conoscenza" distinti, cioè quello della fede e quello della ragione, e che la Chiesa non vieta che "le arti e le discipline umane... si servano nell'ambito proprio a ciascuna, dei propri principi e di un proprio metodo"; perciò "riconoscendo questa giusta libertà", la Chiesa afferma la legittima autonomia della cultura e specialmente delle scienze" (GS 59).

Non sono certo da nascondere i rischi insiti nelle opposte radicalizzazioni, ma, individuando nelle citate parole del Concilio il giusto riconoscimento dei rispettivi ambiti, si deve ricordare come nella lettura dei segni dei tempi, che è l'anima di una vera cultura rivolta dall'esame del presente a progettare il domani, esista un'intima connessione tra fede e cultura, tra fede e storia.

Emerge così il vero significato dell'evangelizzazione delle culture, che a voi in particolare è riservata secondo l'indole secolare della vostra vocazione.

A tale compito voi dovete attendere nello stile di una vera laicità, la quale è caratterizzata da due elementi, per nulla in contrasto con la coerenza cristiana, ma rivelatori di una sensibilità ispirata alla lezione del Concilio: la ricerca e la coscienza.


3. La ricerca non suppone nel credente l'instabilità o il dubbio metodico su ciò che già possiede. Essa è piuttosto fiducia nello Spirito che guida la Chiesa e gli uomini verso la pienezza della verità: "Egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà di sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future" (Jn 16,13). La ricerca postula fedeltà alla Parola di Dio e all'insegnamento del magistero ecclesiale, senza che ciò diminuisca quella fatica del pensare che, soprattutto nel dialogo con le culture, comporta a un tempo il senso della piena adesione alla propria fede nel tentativo di comprendere le diversificate posizioni delle varie espressioni culturali.

E' su questa strada, segnata dal senso critico e dalla complessità della situazione esistente, che si gioca la possibilità del dialogo con l'uomo e la scoperta di quei "semi del Verbo" che si ritrovano sparsi nel mondo. La reciproca conoscenza, la rappacificazione universale, l'incontro stesso con Cristo sono sempre frutto di un'appassionata e sofferta ricerca. In questo ci sostengono le parole di quel profondo uomo di cultura, che fu sant'Agostino: egli ci ricorda con una celebre formula che, se dobbiamo cercare per trovare, dobbiamo anche trovare per cercare ancora (cfr. sant'Agostino, "De Trinitate", IX, 1,1: PL 42, 961).


4. La coscienza è, poi, "il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria" (GS 16). Essa non è la sede dell'arbitrio, ma dell'incontro. Non è svincolata dalla legge morale, ma ne è costantemente illuminata ed è impegnata a scoprire l'appello di Dio che la restituisce all'amore verso di lui e i fratelli. La coscienza, quando si è cristianamente formata alla fonte della Parola di Dio e con l'ausilio del magistero della Chiesa, diventa coscienza veramente libera, che riporta al dialogo con Dio nell'ordine della creazione, attraverso la luce che proviene da Cristo.

Questa luce, che la fede ci dà la gioia di possedere, fa scoprire anche l'uomo a se stesso e lo riscatta alla sua primitiva dignità con il soccorso della grazia. Essa inonda pure, in vario modo, il tempo e gli uomini di buona volontà e in molti di questi, forse inconsapevolmente, agisce esprimendo una rettitudine che è in attesa solo del disvelarsi più pieno di Dio.

L'impegno apostolico a cui voi tendete, nell'università, nella professione, nella docenza, comporta coinvolgimento, illuminazione, servizio nel cammino con gli altri: "Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità tanti problemi morali, che sorgono tanto nella vita dei singoli quanto in quella sociale" (GS 16). Comporta altresi fedeltà alla propria identità cristiana, chiaramente testimoniata, evitando equivoche connivenze che ignorino i limiti intrinseci ed estrinseci del pluralismo.

Questa coscienza, quando è così formata e illuminata, è il criterio ultimo del nostro comportamento ed è la strada dell'incontro con la verità. Essa chiede rispetto, accoglienza, discernimento.


5. Nel vostro impegno culturale ciò significa anche assunzione delle questioni più radicali, che il nostro tempo di crisi pone ai credenti, e capacità di valutarle con obiettivita ponendosi all'interno di esse, non per restarne condizionati, ma per farvi giungere il messaggio cristiano.

Ricerca e coscienza sono luogo teologico nel quale il credente colloca i problemi di cui è segnata la nostra storia e li legge sulla scorta del mistero pasquale, sentendosene compartecipe e testimone come è assieme al suo Signore che salva.

In questa vocazione, che oggi diventa confronto col moderno, vi esorto a impegnarvi, mantenendo un costante riferimento al messaggio evangelico e all'insegnamento della Chiesa. In particolare desidero invitarvi a riflettere sul ruolo storico dei vostri movimenti, in relazione sia alla comunità ecclesiale alla quale appartenete, sia all'effettiva incidenza nella società italiana nella quale operate.

E' noto che, dopo il 1968, associazioni e movimenti ecclesiali hanno sofferto una crisi di identità e di disorientamento, che non ha risparmiato neppure i laureati cattolici e la Fuci. Credo che ormai questa crisi debba ritenersi superata, ma rimane sempre la necessità di un più grande impegno affinché i vostri movimenti abbiano a ritrovare quel seguito che corrisponde al prestigio della vostra storia. A tal fine occorre perfezionare le strategie dell'apostolato così da rendere sempre più chiara e incisiva la vostra presenza e testimonianza cristiana nel mondo dell'università e della cultura italiana.

In questo vostro impegno vi accompagni sempre anche lo sforzo di una fraterna collaborazione e di una visibile comunione con i vari movimenti che, per impulso dello Spirito Santo, sono sorti in questi anni nella realtà ecclesiale, e attraverso i quali, sotto forme diverse, si esprimono i medesimi ideali di apostolato del laicato cattolico.


6. Volendo dare una visione di sintesi al vostro impegno, essa va rintracciata nel mistero di Cristo, il quale, inaugurando qui in terra il Regno dei cieli, ci ha convocati alla sua Chiesa perché contribuissimo nella fase del pellegrinaggio alla riconciliazione universale da lui operata sulla croce: "E io, quando saro levato in alto da terra, tutti attirero a me" (Jn 12,32). Infatti "la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza perché l'uomo possa rispondere alla suprema sua vocazione". Inoltre essa "crede ugualmente di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana" (GS 10).

Questo fondamento cristologico vi dispone, in atteggiamento di grande apertura e in profonda adesione a Dio e alla Chiesa, a un servizio di verità e di carità verso gli uomini e le donne di oggi. così voi contribuirete "quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo" e "a rendere visibile Cristo agli altri", principalmente con la testimonianza della vita e col fulgore della fede, della speranza e della carità (cfr. LG 31).

Le vostre Associazioni, cui è affidato un compito tanto grave e decisivo, possano farsi eco di queste parole ai fratelli nella fede. Nel sottolineare che la presente ricorrenza giubilare del Meic avviene nell'Anno Santo straordinario della Redenzione, e si ricollega all'altro indetto dall'indimenticabile mio predecessore Pio XI, auguro alla Federazione universitaria cattolica italiana e al Movimento ecclesiale di impegno culturale, di proseguire nel solco della loro storia e secondo i loro propositi, che conforto con la mia benedizione apostolica.

Data: 1983-12-03 Data estesa: Sabato 3 Dicembre 1983



Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maria, nostra Madre nella fede




1. La salvezza scende dal cielo, ma germoglia anche dalla terra.

Il Messia-Salvatore è il Figlio dell'Altissimo, ma insieme frutto del grembo di una donna, la Vergine Maria. La storia della salvezza, che è storia di un'alleanza con Dio, si svolge in un dialogo tra di lui e il suo popolo. Tutto è parola e risposta. Alla parola creatrice e salvifica di Dio deve seguire la risposta di fede dell'umanità. Questa logica è presente in sommo grado nell'evento fondamentale della salvezza, l'Incarnazione del Figlio di Dio. Come in Cristo Gesù, Parola del Padre, si riassumono tutte le gesta salvifiche di Dio, così nella risposta di Maria si compendiano e giungono a compimento le adesioni di fede del popolo di Dio e di tutti i suoi membri.

Maria, in particolare, è l'erede e il compimento della fede di Abramo.

Come il patriarca e considerato "padre nostro", così Maria, a più forte ragione, dev'essere ritenuta "madre nostra" nella fede. Abramo è all'origine, Maria al vertice delle generazioni d'Israele. Egli anticipa e rappresenta davanti a Dio il popolo della promessa; ella, discendente di Abramo ed erede privilegiata della sua fede, ottiene il frutto della promessa. Per la fede e l'obbedienza di Maria sono benedette tutte le famiglie della terra, secondo la promessa fatta ad Abramo (cfr. Gn 12,3).


2. Le parole della Vergine: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quel che hai detto" (Lc 1,38) evocano non solo la figura e l'atteggiamento di Abramo, ma l'immagine di tutti i servi e serve del Signore che hanno collaborato con lui nella storia della salvezza.

Ricordano, più in generale, le parole dei figli d'Israele ai piedi del Sinai, il giorno dell'alleanza: "Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo!" (Ex 24,3). La risposta di Maria è personale ma ha anche un significato comunitario. Nel suo si confluisce la fede dell'antico Israele e si inaugura quella della Chiesa. La sua adesione al Signore, per una solidarietà di grazia, è benedizione per tutti quelli che credono. Alla sua fede è legata la salvezza del mondo.

Data: 1983-12-04 Data estesa: Domenica 4 Dicembre 1983

Nella parrocchia di Santa Francesca Saverio Cabrini - Roma

Titolo: Accogliamo il Re della pace e della giustizia

Questa seconda domenica di Avvento si svolge tutta sui temi della venuta di Cristo e della preparazione necessaria a questo mirabile evento.

Al centro della Liturgia sta la persona di Giovanni Battista.

L'evangelista Matteo lo descrive come uomo di intensa preghiera, di austera penitenza, di fede profonda: egli infatti è l'ultimo dei Profeti dell'Antico Testamento, che fa da passaggio al Nuovo, indicando in Gesù il Messia atteso dal popolo ebreo. Nei pressi del fiume Giordano Giovanni Battista conferisce il battesimo di penitenza: molte persone "accorrevano da lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; e, confessando i loro peccati si facevano battezzare da lui" (Mt 3,5-6). Questo battesimo non è semplice rito di adesione, ma indica ed esige il pentimento dei propri peccati e il sincero senso di attesa del Messia.

E Giovanni insegna. Predica la conversione: convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino!". Giovanni insegna. E conforme al preannuncio di Isaia, "raddrizza i sentieri" per il Signore (cfr. Mt 3,1-3).


2. Anche oggi questa parola risuona per noi. Chi è quel Signore che deve venire? Dalle sue stesse parole noi possiamo qualificare la persona, la missione e l'autorità del Messia.

Giovanni Battista prima di tutto ne inquadra chiaramente la "persona": "egli - dice il Battista - è più potente di me e io non sono degno neanche di portargli i sandali" (Mt 3,11). Con queste parole tipiche orientali egli riconosce la distanza infinita che passa tra lui e Colui che deve venire, e sottolinea anche il suo compito di immediata preparazione al grande avvenimento.

Indica poi la missione del Messia: "Vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco" (Mt 3,12). E' la prima volta che, dopo l'annunzio dell'angelo a Maria, compare l'impressionante dizione "Spirito Santo", che farà poi parte del fondamentale insegnamento trinitario di Gesù. Giovanni Battista, divinamente illuminato, annuncia che Gesù, il Messia, continuerà a conferire il Battesimo, ma questo rito darà la "grazia" di Dio, lo Spirito Santo, inteso biblicamente come un "fuoco" mistico, che cancella (brucia) il peccato e inserisce nella stessa vita divina (accende di amore).

Infine, il Battista chiarifica l'autorità del Messia: "Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile" (Mt 3,12). Secondo la parola dell'insegnamento di Giovanni, Colui che verrà è il "giudice delle coscienze"; in altre parole, è lui che stabilisce ciò che è bene e ciò che è male (il grano e la pula), la verità e l'errore; è lui che determina quali sono gli alberi che portano frutti buoni e quelli che portano invece frutti cattivi e che devono essere tagliati e bruciati! Con queste affermazioni Giovanni Battista annunzia la "divinità" del Messia, perché solo Dio può essere l'arbitro supremo del bene, indicare con assoluta certezza la via positiva della condotta morale, giudicare le coscienze, premiare o condannare.

Di qui la necessità di preparare la venuta del Messia. Il Natale è certamente un giorno di grande gioia e di serena letizia anche esteriore; ma è innanzitutto un avvenimento soprannaturale e determinante, per cui è necessaria la seria preparazione morale: "Preparate la via del Signore! Raddrizzate i suoi sentieri!". Nelle parole di Giovanni è tutta l'eredità profonda dell'Antica alleanza.


3. Ma, nello stesso tempo, si apre in esse la Nuova alleanza: in Colui che deve venire "ogni uomo vedrà la salvezza di Dio" (Lc 3,6). Colui che viene - il Cristo - è mandato "per raccogliere voi per la gloria di Dio" (Rm 15,7). Viene per dimostrare la "veracità di Dio, per compiere le promesse dei Padri..." (Rm 15,8); viene per rivelare che il Signore è "il Dio della perseveranza e della consolazione (Rm 15,5); viene per "accogliere voi per la gloria di Dio" (Rm 15,7).

E quindi Colui che viene deve far si che voi vi "accogliate gli uni gli altri" (Rm 15,7). Egli infatti indica la vera e autentica condotta morale, che consiste nel dare gloria a Dio Padre, sul suo esempio e con gli stessi suoi sentimenti, e nell'amare il prossimo. san Paolo, scrivendo ai Romani, aveva in mente sia i convertiti dall'ebraismo sia quelli dal paganesimo; ma per tutti parlava dell'impegno dell'"accoglienza": il Verbo di Dio, che viene, deve far si che abbiate "gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù... perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio Padre" (cfr. Rm 15,5-6).


4. In questo modo, dunque, il "raddrizzare i sentieri", predicato da Giovanni Battista, diventa alla luce dell'insegnamento di san Paolo nella Lettera ai Romani, accogliere tutto il programma messianico del Vangelo: il programma dell'adorazione a Dio - la gloria! - mediante l'amore dell'uomo, l'amore reciproco. In questo spirito la Chiesa annunzia l'Avvento come la dimensione continua dell'esistenza dell'uomo verso Dio: verso quel Dio "che è, che era e che viene" (Ap 1,4).

Questa dimensione essenziale dell'esistenza cristiana dell'uomo corrisponde alla "preparazione" insegnata dalla Liturgia odierna. L'uomo deve sempre risalire al cuore, alla coscienza, per esistere nella prospettiva della "Venuta".

Per realizzare tale esigenza, il cristiano deve pur essere sensibile all'azione dello Spirito Santo: Colui che viene, viene nello Spirito Santo, come ha annunziato Isaia: "Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore" (Is 11,2). Con il Messia e con la presenza dello Spirito Santo entrano nella storia dell'uomo la giustizia e la pace, come doni del regno di Dio: si apre così la prospettiva della riconciliazione "cosmica" in tutto il creato - nell'uomo e nel mondo - che era stata smarrita a causa del peccato. "Vieni, Signore, re di giustizia e di pace": abbiamo pregato insieme nel Salmo responsoriale.


5. Carissimi fedeli della parrocchia di Santa Francesca Saverio Cabrini! Sono molto lieto di trovarmi oggi con voi, di incontrarvi e di aver potuto svolgere con voi questa meditazione sulle letture liturgiche, così dense di luce soprannaturale, di consolanti affermazioni e di concrete linee direttive per la vita quotidiana. Porgo il mio saluto cordiale e deferente al Cardinale vicario, al Vescovo del settore, ai Padri Maristi, parroco e viceparroci, che fin dall'inizio presiedono a questa comunità: ai sacerdoti responsabili del "Cammino neocatecumenale"; ai vari movimenti laicali: l'Azione cattolica, il Terz'Ordine Marista, la Conferenza di san Vincenzo, l'Apostolato della preghiera, la Legione di Maria, il gruppo Scouts, il gruppo biblico; alle religiose; e, attraverso voi, intendo salutare tutte le quattromilaseicento famiglie della parrocchia, ricordando in modo speciale i malati e i degenti del "Policlinico Italia".

In questo giorno gioioso, che ricorda il 25° della consacrazione della vostra chiesa parrocchiale, esprimo con viva ammirazione il mio plauso e il mio apprezzamento per l'opera compiuta nel passato a vantaggio delle singole anime e delle famiglie, e vi esorto di cuore a perseverare con profonda dedizione nell'itinerario tracciato, secondo le quattro direttive della pastorale catechetica, sacramentale, caritativa e vocazionale. E' un magnifico programma, costruttivo e dinamico, che fa della parrocchia sempre più una famiglia e che crea profonde convinzioni, valide anche per la vita sociale e civile. Pensando alla vostra santa patrona, intrepida missionaria tra gli emigrati, auguro a tutti voi, sacerdoti, fedeli e religiose, il suo stesso coraggio ed entusiasmo nel bene, con una fiduciosa e generosa devozione al Sacro Cuore di Gesù, in modo che nella vostra parrocchia aumenti grandemente in futuro la frequenza alla Santa Messa e ai Sacramenti. Fate vostra la sua preghiera quotidiana: "Dammi, o Signore, un cuore vasto come l'universo!".


6. Carissimi! Ringrazio la santissima Trinità, perché mi è stato dato di visitare la vostra parrocchia. Come Vescovo di Roma rimango in particolare unione con questa comunità del Popolo di Dio nella Città Eterna. Ringrazio Gesù Cristo, il Verbo Eterno, perché mi è stato dato di annunziare il messaggio liturgico della II domenica di Avvento nella vostra parrocchia: "Preparate la via del Signore".

Questo messaggio è attuale, sempre e per tutti. Tutti, infatti, viviamo nella dimensione dell'avvento di Dio. La nostra vita è una continua "preparazione".

Prego infine la Madre di Colui che deve venire, affinché i beni messianici del regno di Dio - la giustizia e la pace - vengano da voi partecipati in Gesù Cristo, suo Figlio divino.

Si, Vieni, Signore, re di giustizia e di pace. Per Maria! Amen.

(Ai gruppi parrocchiali prima e dopo l'omelia. A bambini e giovani:) Carissimi (bambini e ragazzi). Mi rallegro molto di poter visitare la vostra parrocchia nella seconda domenica di Avvento. Mi rallegro di poter vivere questo periodo di Avvento insieme con voi. L'Avvento, come sappiamo, è il periodo della preparazione. Ci prepariamo alla grande solennità del Natale del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Questo è l'Avvento nel suo senso storico e liturgico; ma noi sappiamo bene che Gesù vuole nascere sempre, perché è venuto per nascere in noi, nelle nostre anime, nei nostri cuori. Ecco quello che auguro a tutti i parrocchiani, ma specialmente ai più giovani con i quali mi incontro ora: la nascita di Gesù nei vostri cuori. E' una grande felicità, una gioia, quando Cristo nasce nel cuore, nell'anima di ciascuno di noi, dei giovani, dei ragazzi, delle ragazze; quando questo cuore giovanile è aperto, è capace di accogliere il Figlio di Dio, di accogliere Gesù, il nostro Salvatore. In questo periodo di Avvento si dice normalmente: buon Natale. Voglio dirvi buon Natale, ma dando a questa espressione tradizionale un contenuto molto concreto: buon Natale vuol dire Gesù nel tuo cuore, Gesù nella tua vita. Ecco questo è un buon Natale per tutti i componenti della parrocchia e specialmente per i più giovani, per i ragazzi e le ragazze. Tramite i giovani, saluto le scuole e le famiglie: i genitori, gli insegnanti, i catechisti, tutto l'ambiente educativo, familiare e scolastico. Vi incontro nella vostra comunità parrocchiale, perché la parrocchia come una Chiesa locale è un ambiente in cui il processo dell'educazione, familiare e scolastico, viene completato, approfondito con la realtà soprannaturale, definitiva che è confermata con la nascita di Gesù Cristo per tutti i tempi. Vorrei concludere il mio augurio di Avvento per il prossimo Natale, con una benedizione che vorrei andasse in tutte le case della vostra parrocchia, in tutti gli ambienti, in tutte le comunità portando ciò che essa esprime, cioè la benedizione di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

(A tutti i parrocchiani:) Mi rallegro per questa chiesa, consacrata 25 anni fa, ma la mia gioia più grande è la Chiesa viva, le pietre vive che siamo noi tutti, ciascuno di noi personalmente, come cristiani, come battezzati, come toccati interiormente, nel fondo del nostro essere umano, da Cristo, Redentore del mondo. Ecco, così ciascuno di noi è una pietra viva, è una Chiesa. Siamo la Chiesa, Chiesa vivente, noi come comunità e anche questa comunità che porta il nome della grande missionaria Santa Francesca Cabrini. Saluto voi tutti nel nome di questa vostra patrona e auguro a tutti, a tutte le famiglie, a tutta la comunità di essere veramente pietre vive della Chiesa nella sua universalità. Come Vescovo di Roma, successore di san Pietro vi saluto nel nome di questa Chiesa di Roma e insieme nel nome della Chiesa universale. Dovete sentirvi nella dimensione dell'una e dell'altra, vi dovete comportare degnamente come si deve a dei cristiani, agli appartenenti al popolo di Dio, ad una nazione eletta da Dio.

Comportatevi così, carissimi fratelli e sorelle, e che il Signore sia a voi propizio in questo anno della Redenzione.

(Ai religiosi Maristi compiacendosi per la scelta del nome:) Una scelta significativa perché scegliere Maria vuol dire anche scegliere Gesù. E Maria, Madre nostra perché Madre di Gesù, vi guidi nella vostra vocazione, per seguire il vostro fondatore padre Colin. Mantenetevi sempre fedeli a questo carisma. Vi auguro che la vostra attività missionaria, specie in Oceania, rechi frutti benedetti sia per quei popoli che per voi stessi, frutti come quelli rappresentati dal vostro santo martire padre Chanel, di cui la Chiesa celebra il 28 aprile la festa titolare. Come Vescovo di Roma vi ringrazio per l'opera specifica che svolgete in questa città, in particolare a favore di questa parrocchia che vi è stata affidata.

(Alle suore di sant'Orsola:) Un ringraziamento del tutto particolare voglio rivolgere a voi in quanto persone consacrate. In quanto cioè recate i segni della speranza ultima, del futuro ultimo dell'uomo: il Regno dei cieli. Ed è in questa prospettiva escatologica che voi siete pienamente inserite in questa terra romana, qui, in questa parrocchia di Santa Francesca Saverio Cabrini.

(Ad Azione cattolica e Scouts:) Carissimi, vi ringrazio per il bene che portate, si, portate, a questa parrocchia. Azione cattolica vuol dire infatti che i cattolici sono chiamati ad agire in diverse attività secondo le caratteristiche di ciascuna associazione. E tutti, attraverso le loro diverse attività, sono chiamati a recare un bene specifico, parte di quel bene di cui la Chiesa è incaricata nella sua missione salvifica. Vi ringrazio per questo. Adesso una parola agli Scout. E' una strada, la vostra, molto conosciuta e apprezzata nel mondo, in molti Paesi e Nazioni, e sono contento perché vedo che questa strada conduce anche a Roma. Molti giovani trovano tra gli Scout un indirizzo sicuro, imparano ad essere più uomini e anche più cristiani. Vi auguro di continuare su questa strada.

(Ai giovani:) Possiamo dire che l'Avvento, che la Chiesa vive in questo periodo, non è solamente per la Chiesa, ma è nello stesso tempo per la società, per il mondo, per la vostra Nazione, per l'umanità intera. Avvento, vuol dire che c'è un futuro, c'è un avvenire, al quale ci prepariamo. Per noi, questo futuro, questo avvenire definitivo, ultimo, è costituito dalla venuta di Gesù Cristo. Ma l'avvento, in senso più generico, parla dell'avvenire di ogni persona, di ogni ambiente, di ogni famiglia, di ogni popolo, anche in senso temporale, storico.

Ecco, questo avvento passa per la famiglia, naturalmente e soprattutto, ma, con la famiglia questo avvento passa per la scuola.

Avvento vuol dire futuro della vostra società, dell'Italia e di tutta l'umanità. Dipende dalla scuola, da quello che la scuola rappresenta, dall'istruzione che porta, dalla formazione che dà. Tanto dipende dalla scuola.

Allora, voglio augurare ai vostri istituti scolastici che preparino un "buon Avvento" del popolo italiano, della vostra società e anche della Chiesa, naturalmente, anche del popolo di Dio. Ma le due dimensioni, temporale e trascendente, si coinvolgono reciprocamente e nelle due dimensioni si deve preparare l'uomo. Vi auguro che tale preparazione dell'uomo, del cristiano, del giovane, sia efficace, sia fruttuosa, sia profonda, autentica, umana e cristiana insieme.

Augurando questo ai vostri istituti, auguro nello stesso tempo a voi giovani un futuro, altrettanto positivo perché si tratta del bene di ciascuno di voi, del bene autentico, del bene integrale dell'uomo. Questo bene si deve conoscere, si deve verificare, si deve ottenere, si deve realizzare giorno per giorno. E' un lavoro, è uno sforzo che richiede fatica, ma questa fatica quotidiana che noi imponiamo alla nostra formazione, ci reca anche gioia e ci prepara alla felicità. In questo consiste anche l'Avvento, perché l'Avvento è il periodo della gioiosa attesa. Aspettiamo nella gioia. Io vi auguro un tale Avvento.

Benedico di cuore tutti i presenti e i vostri cari, insieme con il Cardinale e i Vescovi presenti. Buon Natale.

(Alle comunità neocatecumenali:) Vi vedo molto volentieri, voi e le vostre famiglie. Noi tutti siamo figli di Dio, diventiamo figli di Dio attraverso il Sacramento grande e tremendo, anche se nello stesso tempo tanto dolce: il Battesimo, che siamo abituati a veder conferito ai bambini appena nati. Un Sacramento dalla tremenda profondità, perché ci fa immergere nella morte redentrice di Cristo per farci poi risorgere con lui. Per partecipare alla vita che Cristo ci ha donato. Ed ecco, tocco qui la specificità del Movimento neocatecumenale. Il catecumenato è istituzione molto antica, risale ai primi secoli del cristianesimo, e anche nell'antica Roma molti erano gli adulti che si accostavano al Battesimo, non come oggi che il Battesimo si amministra soprattutto ai piccoli. E infatti oggi il catecumenato riguarda il dopo Battesimo, ma in realtà interessa tutta la nostra vita. Dunque il vostro movimento, di cui vedo qui presente l'ispiratore, che conosco bene, è tutto centrato su questo processo del "diventare cristiani". Questo è molto importante perché molti dicono: "sono cristiano" senza pensare che non basta essere cristiano, occorre diventarlo, giorno per giorno. E scoprire cosa vuol dire essere cristiano. Scoprire cioè la profondità del mistero del Battesimo. Mistero divino e umano. Certo, su questi misteri voi neocatecumenali meditate e vedo che siete il lievito che permea questa comunità, 20.000 persone, la permeate in una nuova consapevolezza del mistero divino e della dignità umana. Fate, in questo, molto bene. Inoltre il Battesimo reca con sé una grande gioia che si deve manifestare col canto, con l'entusiasmo.

Anche se i nostri mezzi umani non sono sufficienti ad esprimere pienamente questa realtà, frutto del nostro Battesimo. Grazie dunque a tutti per la vostra presenza e in particolare per l'animazione che offrite alla parrocchia.

Data: 1983-12-04 Data estesa: Domenica 4 Dicembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Ai delegati della Fuci e del Meic - Città del Vaticano (Roma)