GPII 1984 Insegnamenti - Ad un pellegrinaggio da Desio - Città del Vaticano (Roma)

Ad un pellegrinaggio da Desio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I fedeli di Desio ricambiano la visita del Santo Padre

Testo:

Cari fratelli e sorelle di Desio.


1. Saluto affettuosamente voi tutti, che siete oggi qui presenti per ricambiare la visita che feci alla vostra città la primavera scorsa. Vi saluto in modo particolarmente cordiale, lieto di rivedervi, di darvi il benvenuto e di confermarvi nel vostro amore a Cristo, come pure nella fede che è il fondamento di ogni virtù.

Siate sempre grati e gelosi della vostra fede. Essa è un grande dono di Dio, dato ai vostri padri, custodito lungo gli anni con generosità e sacrificio, che ha dato frutti rigogliosi, fra i quali emerge Papa Pio XI, il vostro Achille Ratti, nobile figlio di Desio, figura che affonda le sue radici nelle virtù morali e nella vita cristiana della vostra terra.


2. Sono stati la fede e l'affetto che vi hanno sollecitati a venire a Roma perché potessimo insieme vivere l'Anno della Redenzione. La Chiesa santa ricorda costantemente Gesù Cristo: ogni giorno, ogni ora, ogni momento. E non solo lo ricorda ma vive della sua vita. Tuttavia vi sono anni particolari, anni di misericordia, in cui la Chiesa invita tutti a far memoria di Cristo e a vivere in modo particolarmente profondo il mistero della Redenzione da lui operata. E proprio quest'anno trascorre sotto il segno di tale invito: rispondiamo tutti ad esso, il più fervidamente possibile.

Gesù Cristo attende che noi celebriamo con l'animo e con il cuore il grande Giubileo della sua Redenzione. E avendoci resi simili a lui, mediante la grazia del Battesimo e di tutta la vita cristiana che ne è scaturita, ha elevato i nostri cuori con la sua santa verità e con il suo amore.

Cari fratelli, il frutto di questo processo di assimilazione a Cristo, la partecipazione alla sua vita è il significato vero della nostra vita; senza questa unione noi saremmo nell'impossibilità di capire la nostra vera natura di figli di Dio.


3. Ma, teniamolo ben presente, è in forza dello Spirito Santo che siamo immedesimati nella vita di Cristo, in modo che la sua stessa vita diventi la nostra; ci è dato lo Spirito perché la nostra umanità si trasformi nell'umanità del Figlio di Dio. Sotto la guida dello Spirito del Signore, comincia a compiersi quel processo di trasformazione che rende la nostra vita simile a quella di Gesù e la compie: "Allo stesso modo lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio" (Rm 8,26-28). A tal fine è necessario che sia insistente, fiduciosa la nostra preghiera, e che sia secondo la misura di Cristo, secondo la misura del cuore.


4. Lo Spirito, dunque, ci dona la certezza di una presenza accanto a noi, quella di Gesù Cristo, e fa si che il processo avviato non venga interrotto, ma porti alla formazione in noi di una personalità ecclesiale, di una personalità che entra in sintonia con la vita del Corpo Mistico, perché entra nello Spirito di Cristo e diventa partecipe dell'identità di Gesù, Figlio di Dio, presente nel mondo tramite il suo Corpo. Allora l'identità del cristiano rispecchia l'identità della Chiesa e nella vita del cristiano è la Chiesa stessa che si attua, prendendo radice nella profondità della coscienza e del cuore.

Questa coincidenza della persona con la Chiesa, cioè il fatto che la persona cristiana sia chiamata a vivere l'identità di Cristo, le preoccupazioni di Cristo, è illustrata dal Concilio Vaticano II, con l'immagine del Popolo di Dio come popolo sacerdotale, profetico e regale, che oggi vi voglio ricordare affinché, cari fratelli e sorelle, con impegno alacre siate testimoni autentici della fede e dei valori evangelici.

Uniamoci dunque a Cristo, con generoso proposito di coerente testimonianza secondo le esigenze del Vangelo, chiedendo a lui di fare di noi un sacrificio gradito al Padre, rendendoci al tempo stesso protagonisti dell'animazione cristiana del mondo, corroborati dalle grazie di quest'anno giubilare della Redenzione.

Il mio ricordo, il mio affetto e la mia benedizione vi siano sempre di aiuto e di stimolo a fare della vostra comunità parrocchiale e delle vostre famiglie il luogo dove Dio è incontrabile e dove l'uomo è accolto.

Data: 1983-12-09 Data estesa: Venerdi 9 Dicembre 1983




Ad un corso sul nuovo Codice - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il nuovo Codice è strumento di ordine, vincolo di comunione

Testo:

A voi tutti, cari fratelli e sorelle, pace e gioia nel Signore! Sono lieto di intrattenermi con voi, Vescovi, sacerdoti e laici, religiosi e religiose, che, presso la Pontificia Università Gregoriana avete preso parte a un corso di introduzione al nuovo Codice di Diritto canonico. Il mio saluto cordiale si estende anche agli illustri professori, che, con saggezza e competenza, vi hanno guidato a comprendere e a mettere in attuazione questa nuova legislazione della Chiesa.

Il Codice porta a coronamento l'opera del Concilio Vaticano II. Mai un Concilio ecumenico ha dato l'avvio a un tale rinnovamento; mai un Codice si è prefissato con tanta cura di cercare di inserire un Concilio nella vita.


2. A voi certamente non è sfuggita l'importanza di questo momento storico, unico nella vita della Chiesa: e già ne pregustate i felici risultati! Il favorevole eco di consensi col quale il Codice è stato accolto nella Chiesa è una grazia, è un segno dello Spirito.

ciò che è stato meditato e pregato nel Concilio, che è stato voluto come comunione di tutti, nella forza dello Spirito, consentirà alla Chiesa di essere quella grande fraternità sacramentale dei battezzati, immagine della Santa Trinità, da cui essa trae la sua unità: "plebs sancta de unitate Patris ed Filii et Spiritus Sancti coadunata".


3. Il Codice è frutto di questa contemplazione; pertanto è in tale luce che esso deve essere compreso e diligentemente applicato: esso diventerà, così, strumento di ordine e di pace, vincolo di comunione, diritto di carità, diritto dello Spirito.

Nel vedere in quante lingue è già stato tradotto, come è studiato, compreso e diffuso, voi vi rallegrerete con me per i frutti che esso apporta e prepara e per ciò che rinnova: le nostre attitudini e le nostre mentalità, i nostri pensieri e i nostri cuori.

Ultimo documento conciliare, il Codice sarà il primo a inserire tutto il Concilio in tutta la vita. Io gioisco con tutti voi; e, insieme con voi, ne ringrazio vivamente il Signore, datore di ogni bene.

A voi tutti porgo le mie felicitazioni per l'intenso studio compiuto in questi giorni, i miei voti per le vostre persone e per il vostro impegno di cultori del diritto, la mia più cordiale benedizione apostolica.

Data: 1983-12-09 Data estesa: Venerdi 9 Dicembre 1983




Ai giuristi cattolici italiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Riforme e rinnovamento morale, alimenti della solidarietà

Testo:

Illustri Signori.


1. Sono particolarmente lieto di avere l'opportunità di salutare in quest'Anno Santo della Redenzione i partecipanti al XXXIV Convegno nazionale di studio dell'Unione giuristi cattolici italiani. La vostra Unione dal suo inizio, ma in modo particolare negli ultimi anni, si è continuamente impegnata a diffondere e ad approfondire lo spirito di riconciliazione e di pace nella società italiana. Di questo i Convegni nazionali sono una viva testimonianza e, nello stesso tempo, una ispirazione all'impegno per il futuro. Vi incoraggio tutti cordialmente, assicurandovi del mio apprezzamento e del mio affetto.


2. La vostra Unione ha scelto per quest'anno un tema di particolare attualità: "La rappresentanza politica", cioè il grave problema di un'attiva presenza e di un'effettiva partecipazione di tutte le componenti sociali all'edificazione della società.

Celebriamo, in quest'anno, il XXI anniversario dell'inizio del Concilio Vaticano II che, nel suo documento "Gaudium et Spes", ha formulato due principi che mi sembrano di particolare importanza per il tema del vostro Convegno.

Il primo principio riguarda lo Stato, la sua struttura e la sua realtà politica quotidiana. La partecipazione effettiva da parte delle componenti sociali al bene comune presuppone, come dice il Concilio Vaticano II, uno Stato che sia fondato e si attui nella convinzione che "il bene comune si concreta nell'insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono il conseguimento più pieno della loro perfezione". Fra le diverse condizioni richieste a questo scopo spicca innanzitutto quella di un'autorità pubblica capace di dirigere le energie delle varie formazioni sociali verso il bene comune "non in forma meccanica e dispotica, ma prima di tutto come una forza morale" (GS 74-75).

La "forza morale" consiste essenzialmente nella viva coscienza dei membri che compongono l'autorità pubblica, cioè nel loro esempio e nella loro testimonianza di onestà e di servizio. La crisi attuale della credibilità dell'autorità pubblica è, in ultima analisi, una crisi morale.

Un'altra fondamentale condizione per la partecipazione effettiva delle componenti sociali è, secondo il Concilio Vaticano II, "un ordinamento giuridico positivo" (GS 75). La vita organizzata della nostra società è diventata così complessa e interdipendente che non può essere lasciata alle continue improvvisazioni e neanche alle involuzioni autoritarie che portano al primato di un gruppo sugli altri. Questo ordinamento giuridico positivo come condizione e strumento della partecipazione dei diversi gruppi sociali alla realizzazione del bene comune, è oggi molto necessario, ma, nello stesso tempo, il suo strutturarsi richiede grande attenzione e riflessione di fondo. Deve unire in se stesso il rispetto per i diritti della persona, della famiglia, dei diversi gruppi e istituzioni, ma contemporaneamente deve sempre prendere in considerazione il bene comune. perciò anche questo compito non si realizza in modo meccanico e positivistico, ma richiede un alto livello di responsabilità morale. E' proprio in questo campo che l'Unione giuristi cattolici italiani può contribuire in modo eccellente per la presenza e la difesa dei valori morali nell'ordine giuridico positivo.


3. Quanto è stato detto finora riguarda lo Stato, la sua struttura e il suo ordine giuridico. Ma il concilio Vaticano II ha formulato ancora un altro principio per una partecipazione effettiva da parte delle componenti sociali all'edificazione della società e ciò riguarda sia i singoli membri sia i gruppi sociali stessi.

Dice il Concilio: "Essi (cioè i singoli membri), devono essere d'esempio, sviluppando in se stessi il senso della responsabilità e la dedizione al bene comune; così da mostrare con i fatti come possono armonizzarsi l'autorità e la libertà, l'iniziativa personale e la solidarietà di tutto il corpo sociale" (GS 75). La crisi della società moderna non è soltanto una crisi delle istituzioni, ma profondamente, anche, una crisi morale dell'uomo stesso.

perciò, il Concilio Vaticano II e tutta la dottrina sociale insistono a che le riforme istituzionali siano accompagnate da un rinnovamento morale dell'uomo.

Queste due componenti sono interdipendenti e tutte e due devono essere fondate sui valori morali per sviluppare nella società di oggi una cultura di solidarietà.


4. Per arrivare a questo scopo, bisogna anche tenere presente che la solidarietà dell'uomo si attua, generalmente, a diversi livelli e con differente intensità, dalla famiglia ai diversi gruppi e istituzioni intermedi fino allo Stato e alla società internazionale. La crescita di questa solidarietà dipende molto dalla capacità dei corpi intermedi di offrire ai loro membri un'autentica possibilità di corresponsabilità e di servizio e dalla capacità di non diventare sistemi burocratici che aumentano l'alienazione sociale dell'uomo e il suo atteggiamento consumistico verso la società. Non è possibile aspettarsi dall'uomo un comportamento di solidarietà pienamente sviluppata verso lo Stato e la società internazionale se non è stata nutrita e praticata anche a livello dei gruppi e istituzioni intermedi. Anche questo è un aspetto del principio di sussidiarietà così centrale nell'atteggiamento sociale della Chiesa. E anche qui vedo una chiamata particolare per l'Unione giuristi cattolici italiani, cioè la necessità di una riflessione particolare su come i corpi intermedi possano essere protetti dal pericolo di una sclerosi burocratica e su come possano diventare centri di vera solidarietà.

Signore e signori: il programma del vostro Convegno mostra che l'Unione giuristi cattolici italiani è profondamente preoccupata per lo sviluppo di una cultura di solidarietà nel vostro Paese. Sono lieto e grato per questo vostro impegno che è anche un contributo validissimo all'Anno Santo della Redenzione.

La mia benedizione accompagni i vostri lavori e le vostre famiglie.

Data: 1983-12-10 Data estesa: Sabato 10 Dicembre 1983




Udienza generale straordinaria - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Avvento, dialogo con la Verità per costruire una cultura cristiana

Testo:


1. "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!" (Ps

131[132],1). Tornano spontaneamente alla memoria le parole del Salmo 132 nel contemplare la vostra adunanza festosa, carissimi fratelli e sorelle, qui convenuti in questo incontro che tanta gioia reca al mio cuore.

Nel rivolgervi il mio saluto affettuoso, desidero manifestarvi grato apprezzamento per la testimonianza di fede e di comunione ecclesiale, che il vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli così eloquentemente esprime. Voi provenite da diverse contrade d'Italia, ma non per questo vi sentite estranei gli uni agli altri. Condividete infatti le stesse convinzioni cristiane, siete sostenuti dagli stessi ideali, camminate su strade diverse verso l'identica meta.

Come non gioire dell'esperienza di cattolicità vissuta, che vi è offerta da questa presenza al centro della cristianità? Auspico che essa valga a suscitare in ciascuno di voi rinnovati propositi di coerenza con gli impegni derivanti dal Battesimo e con scelte di fondo, che hanno dato un volto definito alla vostra esistenza.


2. La mia parola si rivolge innanzitutto ai pellegrini delle diocesi di Velletri e Segni, che il Vescovo, Monsignor Martino Gomiero, ha qui accompagnato in occasione del Giubileo Straordinario della Redenzione.

Carissimi, nel salutarvi con sincera cordialità, il mio pensiero si porta alla visita che ebbi il piacere di compiere, nel settembre del 1980, alla città di Velletri, ricevendo una calorosissima accoglienza, della quale porto sempre vivo nell'animo il ricordo. L'incontro di stamane mi consente di continuare il dialogo allora avviato con la vostra comunità.

Quel che oggi vorrei dirvi mi è suggerito dal periodo liturgico, nel quale ci troviamo: l'Avvento è il tempo dell'attesa. Noi stiamo vivendo un'attesa, che di anno in anno si rinnova, ma che, a ben guardare, investe ogni giorno della nostra vita; perché l'attendere è parte essenziale della nostra esperienza umana.

L'uomo, infatti, non basta a se stesso, né si ritrova pienamente in ciò che vive nell'ambito del quotidiano. Egli, seguendo l'impulso più profondo del cuore, sente il bisogno di superare se stesso, per trovare qualcosa o Qualcuno, che sia in grado di dare senso pieno all'avventura di cui è protagonista sulla terra.

L'Avvento ci invita a prendere rinnovata coscienza di questa attesa esistenziale, che "segna" il nostro essere e lo orienta a trascendersi, per disporsi all'incontro con "Colui che deve venire". Anzi, l'invito della Liturgia ci impegna ad aiutare anche gli altri nella scoperta di questa struttura di fondo del loro essere, quella che chiamerei la "struttura d'Avvento" propria dell'uomo.

Infatti, solo chi sa scoprire la propria incompletezza, può desiderare di andare oltre se stesso per cercare la propria realizzazione là dove soltanto può trovarla.

L'Anno Giubilare della Redenzione costituisce un'occasione privilegiata per questo incontro, a cui ogni cuore aspira anche senza saperlo. Possa questo tempo di grazia offrire a voi, fedeli di Velletri e di Segni, e a tutti voi che siete qui convenuti, la gioia di una più personale e intensa esperienza della liberante presenza di Cristo, così che ciascuno si senta impegnato a recare a chi avvicina, con lo stesso entusiasmo dell'apostolo Andrea dopo il primo incontro con Gesù, la lieta notizia: "Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)" (Jn 1,41).


3. E ora il mio pensiero si volge, con un cordiale benvenuto, ai membri dell'Unione cattolica italiana insegnanti medi, che hanno voluto coronare il loro Convegno giubilare di Cassino con una solenne Eucaristia nella Basilica Vaticana e con la partecipazione a questa udienza.

Carissimi, l'idea che avete avuto di celebrare un "Anno Santo del docente" è molto significativa, e atta ad illuminare lo strettissimo rapporto che esiste, per il cristiano, tra la missione dell'insegnamento e il cammino della conversione e della riconciliazione con Dio e con i fratelli. L'etica di docente tocca, infatti, la sostanza stessa della vita morale e spirituale, e deve essere tenuta sempre nella più alta considerazione.

Egli sta continuamente in contatto con quel valore così determinante per la dignità e il destino dell'uomo, che è il valore della verità: verità innanzitutto da rispettare e da acquisire mediante una seria e sofferta ricerca, e poi da comunicare ai fratelli con lealtà - a volte con delicatezza, a volte con fermezza, ma sempre con carità - cercando, nel modo di presentarla, di renderla il più possibile a tutti accessibile, senza tuttavia diminuirne le esigenze e le prospettive, soprattutto nel campo morale e spirituale.

Non mi fermo a sottolineare l'importanza e l'urgenza del vostro compito specifico di laici cattolici, operanti nella scuola e nel settore della cultura di oggi. E' più che evidente. Vorrei solo ricordarvi la necessità di un impegno che, pur nel rispetto di un legittimo pluralismo, sappia affrontare con vero spirito di unità i problemi da risolvere e i grandi ed esaltanti compiti di rinnovamento e di diffusione della cultura cattolica prospettati dal Concilio.

In ambienti scolastici, nei quali è forte la presenza di ideologie anticristiane o indifferenti ai valori della trascendenza, il docente cattolico può e deve essere, secondo il mandato di Cristo, "luce del mondo e sale della terra". ciò lo obbliga a un previo e serio lavoro di preparazione morale e culturale, che gli permetta di animare con le proprie convinzioni di fede anche l'insegnamento delle stesse materie profane, e di far ciò con spirito di servizio e a un tempo nel rispetto delle coscienze.

Il vostro compito, cari insegnanti, certamente non è facile: occorre, nella trasmissione della verità, un'unità aliena da pusillanimità e opportunismo, e una coraggiosa chiarezza capace di comporre in sintesi armoniosa fede e cultura, cristianesimo e vita. E' praticamente impossibile ottenere tale sintesi senza una continua tensione morale e, soprattutto, senza l'assistenza dello Spirito Santo.

Ecco allora che risalta ancora una volta l'opportunità della vostra iniziativa, per la quale non posso che esprimere la mia calda approvazione, insieme con l'affettuoso incoraggiamento a perseverare nei generosi propositi da essa suscitati nei vostri animi.


4. Desidero ora rivolgermi direttamente a voi, cari rappresentanti del Movimento cristiano lavoratori, che, celebrando a Roma il vostro Congresso nazionale, avete voluto rinnovare con questa vostra visita l'espressione di devoto ossequio al successore di Pietro e di fedeltà al magistero della Chiesa.

Voi vi siete proposti di dibattere, in questi giorni, importanti temi, come quelli della presenza dei movimenti cattolici nella società contemporanea, dell'ecclesialità del loro impegno e dell'affermazione di una nuova cultura del lavoro, intesa soprattutto a promuovere la persona.

Si, cari fratelli, non vi stancate mai di favorire una cultura autenticamente cristiana che abbia come obiettivo principale la tutela e la salvaguardia della persona del lavoratore! E' questa una causa così nobile e nobilitante che vale la pena di consacrarle tutte le vostre energie e tutti i vostri sforzi. A tal fine occorre promuovere l'armonica collaborazione di tutte le componenti sociali, grazie alla quale siano garantite la partecipazione doverosa al progresso economico e civile, la giusta distribuzione dei benefici derivanti dal comune lavoro e la necessaria solidarietà umana e spirituale, quale si addice a uomini che portano impressa nel loro animo l'immagine e la somiglianza di Dio, e come conviene a fratelli che si riconoscono in un medesimo Padre che è nei cieli.

Sappiate trarre forza da questi principi cristiani per aprirvi sempre di più ai valori dello spirito e per tradurre in pratica la dottrina sociale della Chiesa. In tal modo non vi lascerete prendere dalla tentazione di risolvere i problemi facendo ricorso a dottrine o formule imbevute di materialismo, le quali pretendono di salvare l'uomo con le sole forze umane. Vi guidi in questo sforzo la virtù della carità, umile e forte, che il Cristo ci insegna con la parola e con l'esempio.

Il mio saluto particolarmente affettuoso va altresi ai lavoratori della Società industriale di Marcianise, in diocesi di Caserta, qui accompagnati dal loro Vescovo, Monsignor Vito Roberti. Carissimi, vi ringrazio per questa vostra visita e vi esprimo l'augurio che la celebrazione del vostro Giubileo dia grande gioia al vostro cuore, vi renda veramente fratelli, stimolandovi alla solidarietà nel lavoro e a un'adesione a Cristo Redentore sempre più consapevole e operante.


5. E infine il mio saluto si allarga ad abbracciare tutti gli altri pellegrini di questa udienza: in particolare, la rappresentanza della comunità marchigiana in Roma; il gruppo di industriali provenienti da Bologna; la rappresentanza dell'Associazione "Famiglia Dauna" di Roma, che raccoglie i professionisti originari della provincia di Foggia; il pellegrinaggio della parrocchia di Arcellasco d'Erba, in diocesi di Milano; il pellegrinaggio della cooperativa "Nuova Scuola" di Reggio Emilia.

A tutti auguro che la venuta a Roma nella ricorrenza giubilare sia fonte di intima gioia e di rinnovato slancio nell'impegno di coerente testimonianza cristiana. E' un auspicio che affido all'intercessione della Madonna Immacolata, la cui solenne festa abbiamo da poco celebrato. La protezione della Vergine santissima sia su di voi e sui vostri cari, per salvaguardarvi da ogni male e guidarvi con mano sicura sulle vie del bene.

Con questi voti, a tutti imparto di cuore la mia apostolica benedizione.

Data: 1983-12-10 Data estesa: Sabato 10 Dicembre 1983




All'Ordine equestre del Santo Sepolcro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Esortazione a intensificare l'aiuto alla Chiesa in terra Santa

Testo:


1. Sono lieto di potermi incontrare, oggi, con voi, Cavalieri e Dame dell'Ordine equestre del Sacro Sepolcro, convenuti in rappresentanza delle Luogotenenze dell'Italia centrale e settentrionale. Mentre godete della grazia straordinaria del Giubileo, non avete voluto che vi mancasse la parola del Papa e la sua benedizione.

Voglio innanzitutto ringraziarvi per questo gesto. Nelle espressioni del vostro Luogotenente, ho colto tutta la consapevolezza con cui intendete rispondere alla vostra vocazione specifica. La vostra missione è grande; pur potendosi richiamare ad origini che si pongono tanto indietro nel tempo, essa conserva tutta la sua attualità e provvidenziale funzione nella nostra società, così evoluta e insieme così povera e minacciata.

All'interno della famiglia, sul lavoro e dovunque il Signore vi chiama, voi intendete essere - con il vostro stile caratteristico - testimoni del Cristo, nella pratica coraggiosa e quotidiana della vita cristiana e nella fedeltà al Sommo Pontefice e alle direttive della Chiesa. Molto opportunamente il vostro interprete ha ricordato il monito che san Paolo rivolgeva al discepolo Timoteo perché fosse buon soldato di Cristo Gesù e assumesse anche lui la sua parte di sofferenza: è monito che, divenuto per ciascuno di voi espresso impegno di vita nella Confermazione, chiede di essere tradotto in opere concrete a difesa e propagazione della fede.


2. Tra queste opere c'è al primo posto l'assistenza alla Chiesa cattolica in Terra Santa. Non è senza commozione che il pensiero corre a quella terra che ha visto nascere il Figlio di Dio e nella quale egli ha consumato il suo sacrificio redentore. E' una terra che, al dire del mio predecessore Paolo VI, "è divenuta il patrimonio spirituale dei cristiani di tutto il mondo"; è una terra, per altro, dove la comunità dei credenti in Cristo vive e opera in condizioni umane, morali e spirituali notoriamente difficili. Voi avete, come specifica missione, il compito di recare ad essa aiuto, offrendo un contributo effettivo affinché le opere e le istituzioni culturali, caritative e sociali della Chiesa cattolica in Terra Santa possano sopravvivere e possibilmente consolidarsi.

In questa linea, degna di rilievo sembra l'iniziativa con la quale avete inviato a quei nostri fratelli abbondante materiale audiovisivo per l'insegnamento del catechismo, e inoltre avete voluto loro destinare un contributo straordinario per la stampa dei testi catechistici in lingua araba.

Nel proseguimento di tale necessaria e provvidenziale sollecitudine, intendo esservi vicino con la mia parola di incoraggiamento. Ancora con san Paolo vi dico: "Non stancatevi di fare il bene" (2Th 3,13). Io conto molto sulla vostra presenza, sulla dedizione generosa e completamente disinteressata a così nobile causa, sull'entusiasmo che vi viene dal servire la Chiesa, provvedendo alle necessità più urgenti di una eletta porzione di suoi figli.

In tale testimonianza cristiana e in così valida attività caritativa desidero che continuiate a distinguervi, e prego perché il Signore vi sostenga e il suo Spirito vi illumini nelle scelte di ogni giorno.

Così, mentre vi auguro costanza e successo nella vostra opera apostolica, vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1983-12-10 Data estesa: Sabato 10 Dicembre 1983




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Maria, immagine della Chiesa"

Testo:

In questa domenica d'Avvento, susseguente alla festività dell'Immacolata Concezione e che precede, ormai di poco, le celebrazioni del Natale e, quindi, dell'inizio della nostra redenzione, il nostro pensiero si sofferma ancora sul ricco significato di quel grande evento della salvezza che si riferisce non solamente alla persona di Maria, ma anche all'inizio del nuovo popolo di Dio, cioè la Chiesa di Cristo, e di una nuova umanità che con lei diventa famiglia di Dio.

Maria, infatti, se considerata nella pienezza del suo mistero e della sua missione, non esprime soltanto la sua personalità autonoma, al vertice e all'inizio della Chiesa, ma, nella dinamica della storia della salvezza, Essa è anche così intimamente congiunta con la Chiesa, da apparire quasi come un'incarnazione e un'immagine viva della personalità mistica della Chiesa stessa, sposa di Cristo, significandone fin dal primo istante del suo essere tutta la ricchezza di grazia che la anima. A riguardo ci torna in mente la preziosa indicazione del capitolo ottavo della "Lumen Gentium", che, interpretando l'intuizione di san Luca, ci dice: "...Con lei, eccelsa Figlia di Sion, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova economia".

Posta, cioè, alla confluenza fra l'antica e la nuova alleanza, Maria è il termine della Chiesa messianica d'Israele e l'inizio della Chiesa nascente di Cristo. E' lei l'ultima e perfetta espressione dell'antico popolo di Dio, nato da Abramo, e la prima, sublime realizzazione del nuovo popolo di figli di Dio, che nasce da Cristo. Con Maria, quindi, si concludono le promesse, le prefigurazioni, le profezie e la spiritualità della Chiesa veterotestamentaria, e inizia la Chiesa neotestamentaria, senza macchia né ruga, nella pienezza della grazia dello Spirito Santo.

E' questa dimensione ecclesiologica, proclamata dal Concilio Vaticano II, il nuovo itinerario che ci consente di leggere e di capire in tutta la sua estensione e profondità il mistero di Maria. Considerata in questa dimensione, anche l'Immacolata Concezione della Madre di Dio e Madre nostra acquista un significato più ricco ed ecclesiale. Con lei, capolavoro di Dio Padre e riverbero purissimo della grazia dello Spirito Santo, ha inizio la Chiesa di Cristo. In Maria vediamo l'Immacolata Concezione della Chiesa, che è tempio e sposa senza macchia né ruga. E' in lei che la Chiesa sente di aver raggiunto la sua più alta perfezione, senz'ombra di peccato; ed è lei come prototipo, segno, aiuto, che la comunità ecclesiale, ancora pellegrina sulla terra, si ispira, sforzandosi di avanzare nella santità e nella lotta contro il peccato.

Data: 1983-12-11 Data estesa: Domenica 11 Dicembre 1983




Alla parrocchia di San Camillo de Lellis - Roma

Titolo: Il coraggio della speranza e l'invito alla gioia dell'Avvento

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. La terza domenica d'Avvento porta con sé un pressante invito alla gioia ed è chiamata, a motivo delle prime parole del testo latino dell'"antifona d'ingresso", la domenica Gaudete (cfr. Ph 4,4 Ph 4,5). La stessa natura è invitata dal profeta a manifestare con vivace tripudio segni di esultanza: "Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa" (Is 35,1), perché vedranno presto "la gloria del Signore".

E' la gioia dell'Avvento, che viene accompagnata, nel fedele, dall'umile e intensa invocazione a Dio: "Vieni!". E' la supplica ardente, che fa da ritornello al Salmo responsoriale dell'odierna Liturgia: "Vieni, Signore, a salvarci!".


2. La gioia dell'Avvento, tipica di questa domenica, trova la sua sorgente nella risposta, che hanno ricevuto dal Cristo i messaggeri, a lui inviati da Giovanni il Battista. Questi, mentre si trovava in carcere, avendo sentito parlare delle opere di Gesù, gli mando i suoi discepoli, latori della domanda cruciale, che attendeva una risposta definitiva: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?" (Mt 11,3). Ed ecco la risposta del Cristo: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato chi non si scandalizza di me" (Mt 11,4-6).

Gesù di Nazaret, nella sua solenne risposta a Giovanni il Battista, si richiama, con evidenza, al compimento delle promesse messianiche. E sono quelle promesse, che si trovano profetizzate nel Libro di Isaia, e che abbiamo testé ascoltato nella prima lettura: "Egli viene a salvarvi. / Allora si apriranno gli occhi dei ciechi / e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. / Allora lo zoppo salterà come un cervo, / griderà di gioia la lingua del muto, / perché scaturiranno acque nel deserto, / scorreranno torrenti nella steppa... / Ci sarà una strada appianata / e la chiameranno "Via santa"... / Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore / e verranno in Sion con giubilo; / felicità perenne splenderà sul loro capo; / gioia e felicità li seguiranno / e fuggiranno tristezza e pianto" (Is 35,4-10).

Così pertanto risponde il Cristo a Giovanni il Battista: Non si stanno forse compiendo, le promesse messianiche? Dunque, è giunto il tempo del primo Avvento! Questo tempo noi lo abbiamo già alle nostre spalle e, contemporaneamente, perseveriamo sempre in esso. La Liturgia, infatti, lo rende ogni anno presente. Ed è questa la sorgente della nostra gioia.


3. Questa gioia dell'Avvento ha una sua sorgente profonda. Il fatto che si sono compiute in Gesù di Nazaret le promesse messianiche è la dimostrazione che Dio è fedele alla sua parola. Possiamo veramente ripetere con il Salmista: "Il Signore è fedele per sempre!" (Ps 145[146],6). L'Avvento ci ricorda, ogni anno, il compimento delle promesse messianiche riguardanti il Cristo, al fine di orientare le nostre anime verso tali promesse, la cui realizzazione abbiamo ricevuto in Cristo e per Cristo. Queste promesse conducono verso gli ultimi destini dell'uomo.

In Cristo e per Cristo "il Signore è fedele per sempre". In lui e per lui si apre, di generazione in generazione, il secondo Avvento che è "il tempo della Chiesa". Per Cristo la Chiesa vive l'avvento di ogni giorno - cioè la propria fede nella fedeltà di Dio, che è "fedeltà per sempre". L'Avvento riconferma sempre, in tal modo, nella vita della Chiesa la dimensione escatologica della speranza. Per questo san Giacomo ci raccomanda: "Siate... pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore" (Jc 5,7).


4. In tale prospettiva, la Liturgia di questa terza domenica d'Avvento è non solo un invito alla gioia, ma anche al coraggio. Se, infatti, dobbiamo gioire nella serena speranza della futura pienezza dei beni messianici, dobbiamo anche passare con coraggio in mezzo e al di sopra della realtà temporanea e transitoria, con lo sguardo e l'impegno rivolti verso ciò che è eterno e immutabile.

Tale coraggio nasce dalla speranza cristiana e, in un certo senso, è la stessa speranza cristiana. L'invito al coraggio risuona nella profezia del Libro di Isaia: "Irrobustite le mani fiacche, / rendete salde le ginocchia vacillanti. / Dite agli smarriti di cuore: / Coraggio! Non temete!" (Is 35,3).

L'Avvento, come dimensione stabile della nostra esistenza cristiana, si manifesta in questa speranza, che porta in sé, allo stesso tempo, il coraggio "escatologico" della fede! Questo coraggio - forza della fede - è, come dice il profeta, magnanimità. Esso è, allo stesso tempo, pazienza. E' simile alla pazienza dell'agricoltore, che "aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera" (Jc 5,7). E san Giacomo aggiunge: "Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina" (Jc 5,8).

Dal Vangelo di questa domenica ci viene presentato uno splendido esempio di questa magnaminità paziente: Giovanni il Battista. Gesù parla di lui alla folla in termini elogiativi: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?... Un profeta? Si, vi dico, anche più di un profeta" (Mt 11,7-9). E continua: "Tra i nati di donna non è nato uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di lui" (Mt 11,11).

La fede magnanima e il coraggio paziente della speranza aprono a tutti noi la via al Regno dei cieli.


5. Questa fede magnanima e questo coraggio paziente desidero augurare oggi a tutti i fedeli di questa parrocchia, dedicata al grande apostolo della carità cristiana, san Camillo de Lellis, e costruita nel 1910 per desiderio del mio santo predecessore, Pio X, e affidata allo zelo indefesso dei religiosi della provincia romana dell'Ordine dei Chierici regolari Ministri degli infermi, detti "Camilliani".

Un cordiale e sincero saluto rivolgo a don Vincenzo Cardone, che dal


1963 è parroco, e ai sacerdoti e religiosi suoi collaboratori, i quali nello spirito del loro santo Fondatore, dedicano le loro migliori energie alla vostra cura pastorale, pur in mezzo a molteplici e oggettive difficoltà di vario genere.

Porgo un saluto anche alle Comunita religiose maschili e femminili, residenti nell'ambito della parrocchia: gli Agostiniani irlandesi, i Carmelitani scalzi, i Cappuccini, i Padri paulisti, i monaci basiliani; le monache cistercensi, le Suore missionarie della nigrizia, le Missionarie del Sacro Cuore della Santa Francesca Saverio Cabrini, le suore Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, le suore Ancelle della Venerabile Caterina Volpicelli. Un pensiero anche ai superiori e agli alunni del Pontificio Collegio germanico-ungarico.

Desidero rivolgermi ai 4.500 fedeli e alle 1.600 famiglie, che costituiscono il tessuto vivente della comunità parrocchiale. Un particolare pensiero di incoraggiamento ai membri dell'Azione cattolica, della Conferenza di san Vincenzo de' Paoli, al Volontariato vincenziano, all'associazione delle Guardie d'onore al Sacro Cuore di Gesù, che ha proprio in questa Chiesa la sede della direzione nazionale; al Consiglio parrocchiale, al Movimento giovanile eucaristico.

Una parola di augurio desidero indirizzare ai padri e alle madri di famiglia, a tutti i giovani e alle giovani, ai bambini e alle bambine, agli anziani e agli infermi.


6. Cari fratelli e sorelle della Basilica parrocchiale di san Camillo de Lellis! Auspico che, mediante il nostro incontro e il ministero del Vescovo di Roma, si rinnovi in tutti voi l'invito alla gioia d'Avvento, che risuona nella liturgia della domenica odierna.

Che si rinnovi, al tempo stesso, l'invito alla speranza magnanima, che ha la sua sorgente nel coraggio soprannaturale della fede! Coltiviamo con pazienza la terra della nostra vita, come l'agricoltore che "aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra"! Questo frutto della terra"! Questo frutto si manifesterà nella venuta del Signore! Amen.

[Ai bambini:] Voglio rispondere alla domanda che mi è stata posta dal vostro coetaneo che si prepara alla Cresima. Chiedeva come si deve vivere da cristiano maturo, come deve essere maturo un cresimato. Trovo la risposta nel primo discorso, quello di Giancarlo. Diceva che la Chiesa deve agire energicamente per combattere i diversi vizi nella società, come la droga nella scuola, e altri mali che minacciano la vita dell'umanità intera. Energicamente. Essere un cristiano maturo, dopo la Cresima, vuol dire essere un cristiano energico, che con l'energia soprannaturale della Grazia e anche del suo carattere, della sua personalità sa confessare la sua fede, sa testimoniarla con le idee, con le parole e soprattutto con l'agire, con il comportamento. così un cristiano maturo, dopo la Cresima, deve avere questa energia cristiana.

Considerando la ricorrenza della terza domenica d'Avvento voglio augurare a tutti, specialmente a questa "parrocchia più giovane" la gioia dell'Avvento, della venuta di Cristo, la gioia della presenza di Cristo. Durante il periodo liturgico dell'Avvento ci prepariamo ad incontrare Dio Figlio, Dio Verbo nascente in Betlemme. E questa sua nascita terrena è sorgente delle sue nascite in ciascuno di noi, nei nostri cuori. Allora vi auguro questo Avvento dei cuori: aprire i cuori per ricevere Gesù e che egli possa abitare nei vostri cuori come nella sua dimora. Sappiamo bene che mancava questa casa nel momento della sua nascita a Betlemme. Che non manchi questa dimora fra noi, nelle nostre case, nelle nostre famiglie, specialmente nei vostri cuori. Questo è il mio augurio che rivolgo a voi, piccola parrocchia, e a tutti i parrocchiani.

[Al Consiglio pastorale:] L'Avvento è il periodo in cui tutti ci sentiamo come bambini, giovani, ragazzi. Io vi auguro veramente di cuore di sentirvi tutti giovani con questa gioia spirituale che ci dà la fede, che ci dà la speranza, che ci dà Cristo. E' la gioia attraverso la quale si vive il Natale non solo esteriormente, ma anche interiormente come la venuta di Dio, di Cristo incarnato nel nostro cuore. Vi auguro questo buon Natale; e vi auguro anche di essere un buon Consiglio pastorale in questa parrocchia così qualificata.

[Alle religiose:] Il giorno della III domenica d'Avvento si chiama "Gaudete". Portate questo "Gaudete" nella vostra vita religiosa, consacrata al Signore nostro Gesù Cristo, a nostro Signore che deve nascere povero, bambino a Betlemme. Io vi auguro di incontrarlo con tutto il cuore, con tutto l'amore che è proprio dei vostri cuori, della vostra vocazione, dei vostri voti. Questo è il mio augurio di buon Natale per voi.

[Ai giovani:] Voi giovani proclamate con le vostre canzoni un grande messaggio di gioia e speranza. Con voi è tutta la Chiesa che canta, canta la gioia che è nei vostri cuori. Vorrei tornare ancora una volta su un tema che ricorre nella liturgia di questa terza domenica d'Avvento, laddove si parla di un agricoltore che coltiva la sua terra. Questa suggestiva immagine, così come tante altre immagini proposte dalla Sacra Scrittura, deriva dall'esperienza umana, e ha un significato diretto e uno metaforico. Proprio questo secondo significato, parla di ciascuno di noi, e di un'altra terra che è poi la nostra umanità, la nostra anima, il nostro cuore, la nostra personalità. Tutto ciò costituisce nel suo insieme il nostro "io" umano. Questa terra allora deve essere coltivata. San Giacomo ci dice che dev'essere coltivata con "magnanimità". E' una gran bella parola di origine latina, e anche greca, che dice molto sull'atteggiamento necessario a ciascuno di noi, specialmente se giovane: è necessario cioè avere un grande animo, un grande spirito in questa coltivazione del proprio "io", della propria umanità, nella coltivazione di quella terra che si identifica così con il nostro "io", con la nostra personalità. Ma si deve avere anche una grande pazienza, così come ha una grande pazienza l'agricoltore che attende l'arrivo dei frutti del suo lavoro, dei frutti della terra. così anche la nostra persona, il nostro io deve portare dei "frutti". Frutti di questa vita, cosiddetti temporali, che si contano con le categorie di questo mondo - per esempio nella scuola, nell'università, nella professione, nell'ambiente - ma specialmente deve portare frutti che si contano seguendo i criteri della nostra coscienza: i frutti morali, le virtù, i meriti. Ma la nostra umanità deve anche portare frutti duraturi, che oltrepassano cioè la dimensione della vita. Allora entriamo nell'ordine dei frutti che si qualificano con i criteri divini, del giudizio dell'assoluta verità, dell'assoluta carità, amore, misericordia del Padre. Ecco, noi dobbiamo vivere con questa prospettiva. E questo ci dice l'Avvento: Gesù è già venuto a Betlemme, nella sua grotta, nella sua stalla. Si, è già venuto.

Ma in ciascuno di voi Gesù deve venire ancora una volta o, se non è ancora venuto come non è ancora venuto nel cuore di molti uomini in modo sufficiente, deve venire ancora a maggior ragione. Ma l'Avvento ci parla soprattutto della prospettiva ultima, cosiddetta escatologica, e così la nostra vita umana riceve un significato: io vivo nella prospettiva di incontrare Dio Padre, quello che mi ha creato, quello che mi ha redento, quello che mi conosce meglio. Mi conosce e mi ama. La testimonianza del suo amore è proprio la sua venuta, il suo Vangelo, la sua croce, la sua morte, la sua risurrezione. E' la testimonianza del suo amore verso ciascuno di noi. Io vi auguro di coltivare così "la terra della vostra anima", della vostra giovane anima: con grande speranza, con gioia.

Per questo fate bene ad incontrarvi nella parrocchia, cantando, pregando, gioendo insieme. Continuate a fare così anche in futuro. E' il mio augurio per il vostro Natale.

Data: 1983-12-11 Data estesa: Domenica 11 Dicembre 1983






GPII 1984 Insegnamenti - Ad un pellegrinaggio da Desio - Città del Vaticano (Roma)