GPII 1984 Insegnamenti - Omelia nella parrocchia di San Giorgio Martire - Roma

Omelia nella parrocchia di San Giorgio Martire - Roma

Titolo: Disoccupazione, droga e solitudine: tre mali contro la famiglia

Testo:


1. "Chi salirà il monte del Signore / chi starà nel suo luogo santo? / Chi ha mani innocenti e cuore puro..." (Ps 23,3-4).

Carissimi fratelli e sorelle, la liturgia dell'odierna domenica, quarta e ultima d'Avvento, insiste sul tema della vicinanza, richiamando l'arrivo imminente di Colui che deve venire e tracciando contemporaneamente le caratteristiche di chi, a motivo di questa venuta, s'avvicina a sua volta a Dio.

Fin dalle prime battute il salmo responsoriale ci riporta in alto, a Colui che è Signore della terra, di quanto in essa è contenuto, dell'universo e dei suoi abitanti. Dio ha creato tutto per farne dono all'uomo, perché questi, attraverso la contemplazione del creato, possa riconoscerlo e avvicinarsi a lui.

Secondo l'espressione del Salmista, Dio, poiché trascende tutto l'universo materiale, sta "al di sopra" del mondo; e così l'avvicinamento a lui è presentato come un "salire". Ma questo non è uno spostamento materiale nello spazio, ma un'apertura, un orientamento dello spirito; un'attività "santa", propria dei cercatori di Dio, "la generazione che cerca il volto del Dio di Giacobbe".

La liturgia ci fa vedere oggi, concretamente, le due figure alle quali è stato dato di avvicinarsi maggiormente a Colui che doveva venire: Maria e Giuseppe. Sono le due persone culminanti del tempo di Avvento, poste sulla tappa del più grande avvicinamento di Dio stesso.


2. La figura di Maria, nella presente liturgia, delineata in due brani della Scrittura: come prefigurazione, nel Vecchio Testamento, col testo d'Isaia (Is 7,10-14); come attuazione, nel Nuovo, col testo di Matteo (Mt 1,18-24).

I libri del Vecchio Testamento, descrivendoci la storia della salvezza, mettono passo passo - come osserva il Concilio (LG 55) - sempre più chiaramente in evidenza la Madre del Redentore. Sotto questo fascio di luce essa viene già profeticamente abbozzata nell'immagine della Vergine che concepirà e partorirà un Figlio, il cui nome sarà Emmanuele, che vuol dire "Dio con noi". E' appena un'anticipazione, efficace a prefigurare un essere senza pari, predestinato da Dio, il quale, già parecchi secoli in anticipo, comincia a proiettare verso di noi alcuni tratti della sua grandezza.

Questo testo d'Isaia, nel corso dei secoli, è letto nella Chiesa e capito alla luce dell'ulteriore rivelazione. ciò che nel Vecchio Testamento, con le sue aperture messianiche, era un inizio, nel Nuovo diventa chiarezza. San Matteo riconosce nelle parole di Isaia la donna che per opera dello Spirito Santo concepisce verginalmente, con l'esclusione dell'intervento dell'uomo.

Gesù è colui che salverà il popolo dai suoi peccati. E lei, Maria, è la madre di Gesù. Il Figlio di Dio "viene" nel suo seno per diventare uomo. Lei lo accoglie. Mai Dio si è avvicinato così all'essere umano come in questo caso di realizzazione di rapporto tra Figlio e Madre.


3. Al tempo stesso, Matteo ha cura di mettere in vista anche l'accoglienza consapevole e amorosa da parte di Giuseppe. Lui, lo sposo, che da solo non può darsi una spiegazione dell'evento nuovo che vedeva verificarsi sotto gli occhi, viene illuminato dall'intervento dell'Angelo del Signore sulla natura della maternità di Maria. "Colui che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo".

Così Giuseppe è messo al corrente dei fatti e chiamato a inserirsi nel salvifico disegno di Dio. Ora, lui sa chi è il Bambino che deve nascere e chi è la Madre. Secondo l'invito dell'Angelo, prese con sé la sua sposa, non la ripudio.

"Accogliendo" Maria, accoglie colui che in lei è stato concepito per opera mirabile di Dio, a cui nulla è impossibile.

Concentrandosi su questi due personaggi dell'Avvento, la liturgia ci conduce già sul terreno del Natale.


4. A questo punto noi siamo messi in ascolto della seconda lettura, tratta dalla lettera indirizzata dall'apostolo Paolo ai Romani. Essa suona proprio per noi, come se - anche oggi - fosse indirizzata a noi, abitanti della Roma moderna.

L'apostolo Paolo proclama la venuta di Cristo proprio a Roma, alla nostra città: è la venuta mediante il Vangelo, "il Vangelo di Dio... riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo. nostro Signore. Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato" (Rm 1,1-5).


5. Da quando l'apostolo Paolo ha scritto queste parole sono passati quasi duemila anni. Ma esse sono sempre attuali, e tuttora indirizzate ai Romani.

Non ci resta che metterci in atteggiamento di disponibilità ad accogliere Gesù Cristo per mezzo del Vangelo annunziato dalla Chiesa, così come lo accolsero i primi cristiani, i primi romani, la cui fede era conosciuta in tutto il mondo. Vogliamo accoglierlo, per usare l'espressione dell'apostolo, in tutta la verità della sua divinità e della sua Umanità.

Accogliamolo la notte di Betlemme nell'insieme del suo mistero pasquale.

"Mediante la risurrezione dai morti" Cristo è stato "costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione". Mediante il mistero pasquale si è pienamente rivelata la figliolanza divina di Colui che è nato la notte di Betlemme.

Accogliamo Gesù Cristo, Figlio di Dio, Colui che deve venire, e, accogliendolo, ci impegniamo a rassomigliare a Maria e a Giuseppe, che per primi l'hanno accolto mediante la fede nella potenza dello Spirito Santo. E' in loro, infatti, che si manifesta la piena maturita dell'Avvento.


6. Tale maturità di vita cristiana e disponibilità aperta e generosa ad accogliere nella ricchezza della sua verità il Figlio di Dio, nato secondo la carne, desidero augurare oggi a tutti i fedeli di questa parrocchia, dedicata al martire san Giorgio, nata 25 anni fa e affidata allo zelo dei Padri Canossiani.

Sono lieto di trovarmi in mezzo a voi ad annunciare il messaggio liturgico della quarta domenica di Avvento, alla vigilia del Santo Natale. Rivolgo un cordiale e fervido saluto al parroco, padre Bruno Moràs, ai viceparroci, ai religiosi collaboratori, che fin dagli inizi hanno svolto il loro ministero nella zona, seguendone la crescita demografica ed ecclesiale.

Porgo il mio saluto anche alle comunità religiose femminili, che affiancano l'attività sacerdotale: le Suore del Verbo Incarnato, le Suore Canossiane; al Consiglio pastorale, già avviato nel suo cammino; al gruppo dei catechisti; ai Cursillos di cristianità; al gruppo Scout; ai volenterosi impegnati nel settore del volontariato; alla Comunità di Sant'Egidio; ai ragazzi che, sotto la guida di un gruppo di genitori, animano i coetanei con le loro attività sportive.

Mi rivolgo complessivamente alle


2.200 famiglie, che compongono la più grande famiglia della comunità parrocchiale: ai papà, mamme, bambini, bambine; agli ammalati di tutte le età. A tutti voglio dire che sono vicino ai vostri problemi, rendendomi conto delle difficoltà che incontrate nella vita quotidiana: nella famiglia, così insidiata dalla disoccupazione, dall'urgenza economica, dalla tentazione di fattori disgreganti; nel mondo giovanile, con la minaccia crescente della droga e della violenza; nel settore degli anziani, specie dei non autosufficienti, spesso abbandonati alla loro solitudine.

So che molto è stato fatto per impulso di solidarietà cristiana. Ma molto resta ancora da fare. A ciascuno di voi il mio incoraggiamento ad andare avanti.


7. Carissimi fratelli e sorelle. "Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato". In virtù del ministero apostolico, come successore di san Pietro e Vescovo di Roma, compio oggi il servizio pastorale nella vostra parrocchia.

Auguro che questo servizio porti la Grazia del divino Avvento.

"Ecco la vergine concepirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele: Dio-con-noi" (Mt 1,23). Che il Natale porti il compimento dell'Avvento in ciascuno di noi e in tutta la diletta Chiesa che è in Roma. L'Emmanuele, il Dio-noi, diventi la gioia e la speranza di tutti i cuori umani.

[Ai bambini e agli anziani:] Vengo a voi in questa IV domenica di Avvento, quando il Natale è ormai vicino. E io voglio portare a voi la gioia proprio di questo Natale che si avvicina. Il Natale del resto è una festa da sempre molto cara e assai vicina ai bambini perché Iddio si è fatto bambino nella grotta di Betlemme.

E' venuto su questa terra come viene ciascuno di noi. E' nato da sua madre. Quando viene un bambino il padre e la madre diventano genitori e tutti insieme costituiscono una famiglia; quando nascono dei bambini si realizza la famiglia. E così Gesù venendo come figlio dell'uomo in questo mondo ha fatto di tutti noi uomini una famiglia, la famiglia di Dio. Ci ha donato il suo Padre, e avendo quel Padre celeste siamo una grande famiglia. E ci ha donato sua Madre, questa Madre così cara a tutti noi. Ecco, grazie a Gesù Bambino, siamo tutti una famiglia.

Figlio di Dio è diventato figlio dell'uomo e così tutti gli uomini hanno avuto una famiglia. Nonostante tutti i contrasti, tutti gli odi e tutte le guerre del mondo, tutte le minacce del male noi rimaniamo questa famiglia perché una volta Cristo, Figlio di Dio, si è fatto uomo, è venuto come bambino a Betlemme e ci ha reso definitivamente famiglia di Dio. In nome di questo Gesù io vi saluto, giovanissimi, bambini di questa parrocchia, voi che costituite le famiglie di questa parrocchia, saluto con voi genitori e insegnanti. E saluto anche le suore, i vostri Pastori che vi conoscono bene perché vi guidano spiritualmente.

Ma nello stesso momento mi è particolarmente gradito di salutare, mentre saluto voi più giovani, anche i più anziani di questa parrocchia, che si trovano qui vicino a voi. E' una bella composizione quella che mostrate. In tante famiglie i giovanissimi, i bambini, si capiscono molto meglio proprio con i nonni, con gli anziani. Gli anziani cercano a loro volta di capire bene i bambini e cercano di far parte della loro educazione. Io vi saluto carissimi anziani e carissimi ammalati che state certamente nel cuore di questa parrocchia essendo più simili a Gesù sofferente, a Gesù Crocifisso. Voi portate la vostra croce e non solo la portate per voi ma la portate per noi tutti, la portate per gli altri perché la croce, la sofferenza ha un grande significato altruistico. Come Cristo ha sofferto per tutta l'umanità così chi soffre insieme a Cristo, soffre per gli altri e con la sua sofferenza edifica spiritualmente gli altri. Nella Messa che celebreremo tra poco voglio portare le vostre sofferenze come anche la vita di tutte le famiglie della parrocchia e la gioia di tutti i bambini e di tutti i giovani qui presenti. Vi auguro un Buon Natale.

[Ai laici:] Il lavoro pastorale dei laici è la continuazione dell'apostolato dei primi discepoli di Cristo, degli Apostoli stessi. Negli Apostoli Cristo ha inaugurato ogni forma di apostolato: quello gerarchico e quello laicale, quello cioè dei fedeli. Io vi auguro di svolgere sempre meglio questo vostro compito nella Chiesa, identificandovi con il vostro apostolato nelle diverse dimensioni della Chiesa, della vita personale, della famiglia, della scuola, del lavoro, dell'ambiente sociale. Queste dimensioni della vita sono aperte all'apostolato dei laici. Sostenete con la vostra generosità, col vostro impegno la comunità parrocchiale. Che sia, la vostra, una comunità viva, che porta il Vangelo e l'evangelizzazione, Cristo e spirito a tutti gli uomini.

[Al Consiglio pastorale:] La fede e l'esperienza cristiana sono fondamentali per aiutare a crescere nella comunità. Voi avete questa fede e questa esperienza e in più avete il consiglio dello Spirito e quindi potete aiutare la vostra comunità ad essere più matura come cristiana.

[Ai catechisti:] Restate e camminate sempre al fianco di quei giovani che preparate a diventare più maturi nel proprio cristianesimo, quelli che ricevono i Sacramenti, attraverso i quali cresce la nostra identità cristiana, nel senso carismatico, nel senso della grazia, della figliolanza divina; cresce la nostra somiglianza a Gesù Cristo. In questo cammino l'opera del catechista è molto importante. Direi che è essenziale e costitutiva. Allora non risparmiatevi, preparandovi anche a questo compito. Bisogna amare la Parola di Dio, bisogna amare profondamente il Vangelo, come bisogna amare anche la gioventù per trasmettere bene questo messaggio divino a un sempre maggior numero di uomini nuovi.

[Alle religiose:] Sappiamo bene, e lo confermano tanti Padri della Chiesa, che Maria era Madre di Gesù soprattutto nello spirito, che ha concepito e partorito nello Spirito Santo e questo era il nucleo stesso della sua maternità. E così quella maternità mariana spirituale può essere imitata, dalle "madri" consacrate, che vivono secondo le regole della vostra vocazione, nella povertà, nella castità e nell'obbedienza. Vi auguro di trovare questo Gesù che nasce in tanti cuori, ma soprattutto vi auguro che il vostro apostolato possa facilitare la nascita di Gesù in tanti cuori umani.

[Ai membri dei "Cursillos de cristianidad":] Vi auguro un grande amore per la Parola e un gran fascino per la grazia. Io penso che questi due amori debbano trovare espressione in noi. Dobbiamo essere affascinati dalla Parola di Dio e dalla grazia di Dio, dall'opera che egli fa nella nostra anima. così possiamo far conoscere e portare anche agli altri questo nostro fascino, questo nostro amore. così si è animatori, così come voi siete animatori in questa parrocchia. Gli animatori sono come il lievito che trasforma la massa. così per analogia possiamo dire che la parrocchia è una massa che deve essere trasformata dal lievito dei molti suoi animatori. Vi auguro di compiere bene la vostra missione di frequentatori di "cursillos" e vi auguro di compiere bene anche la vostra missione in quanto famiglia. Ogni gruppo inserito nella comunità parrocchiale ha un suo significato specifico in relazione alla pastorale della parrocchia, alla sua missione nell'insieme della vita cristiana di questa parrocchia, all'apostolato. Per esempio nello sport: sappiamo bene come già san Paolo ba saputo fare dello sport un alleato prezioso per l'apostolato cristiano.

Vi auguro che sappiate sempre meglio trovare la strada per far avvicinare gli altri, quelli che sono più lontani dalla parrocchia e dalla Chiesa".

[Ai giovani:] Il vostro collega mi ha riferito dei vostri problemi, delle vostre preoccupazioni. Problemi e preoccupazioni che sono certamente dei vostri Pastori e dei cristiani di tutta la vostra comunità. Quale può essere la mia risposta? può essere una risposta breve e apostolica; è quella che una volta ha dato san Paolo: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene".

Io penso che questo è il programma che dovete seguire. E' un programma universale.

Io penso che sia un programma completamente applicabile alla vostra situazione. E' un programma cristiano, un programma per voi, per questa parrocchia, e specialmente per i giovani di questa parrocchia. I problemi di cui il vostro collega ha parlato non sono irrisolvibili se si affrontano con questo principio espresso da san Paolo. Se possiamo e vogliamo realizzare queste sue parole i problemi si risolveranno. Io vi auguro di essere protagonisti di questo sforzo comune di questa parrocchia che ha nella sua missione il compito di risolvere questi problemi; deve vincere il male con il bene. E vi auguro che la vostra generazione possa contribuire in larga misura a questa soluzione cristiana dei problemi sociali del vostro ambiente. La parrocchia è giovane grazie ai giovani.

Siete dunque voi che fate giovane questa parrocchia; siete voi che fate, potrei dire, Cristo giovane in questa parrocchia. In questo senso vi auguro, carissimi giovani, Buon Natale! Questa è la festa dei giovani; questa è la festa in cui la Chiesa tutta ringiovanisce, si sente giovane. E sono soprattutto i giovani che partecipano a questo ringiovanimento della Chiesa vivendo profondamente il mistero umano e divino del Santo Natale".

Data: 1983-12-18 Data estesa: Domenica 18 Dicembre 1983





All'inaugurazione di una mostra - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La mostra a ricordo della battaglia di Vienna (1683)

Testo:

Sono grato al professor Carlo Pietrangeli per le cortesi parole, con le quali ha introdotto questa cerimonia di inaugurazione della Mostra commemorativa del III centenario della battaglia di Vienna, organizzata dalla Direzione generale dei monumenti, musei e gallerie pontificie in collaborazione con la Biblioteca apostolica vaticana.

Il mio primo sentimento è quello di ammirazione: quante cose da vedere e da scoprire in una rassegna così accurata di reperti, di documenti e di cimeli destinati a far rivivere nella memoria tanti aspetti di quella battaglia, il cui protagonista Giovanni III Sobieski campeggia, dalle alture del Wienerwald, nella grande tela del pittore Jan Alois Matejko, conservata in una sala qui accanto.

Un secondo sentimento è di apprezzamento per questa interessante iniziativa che favorisce un'approfondita conoscenza di quell'evento storico che fece dell'Austria il centro delle preoccupazioni dell'Europa, allorché le truppe dell'Impero ottomano cinsero d'assedio Vienna. In questa mostra non mancano chiare testimonianze dell'ammirevole coraggio, anzi dell'eroismo, dei difensori di quella città, i quali presero sostegno dalla loro fede, dalla preghiera e dalla convinzione di combattere non solo per il loro Paese, ma anche per l'Europa e per il cristianesimo.

Un terzo è di ringraziamento a quanti hanno dato il proprio contributo di idee e di ricerca nella realizzazione di questa mostra, che rende accessibile, secondo un criterio scientifico, un materiale tanto importante e prezioso destinato a facilitare e ad agevolare la conoscenza di quell'avvenimento, dando ad esso esatta e larga circolazione, proprio secondo il motto di Papa Niccolo V, fondatore della Biblioteca apostolica, la quale ha prestato qui la sua lodevole collaborazione, "pro communi doctorum virorum commodo", cioè per facilitare la divulgazione della cultura.

Tutto ciò che appartiene alla storia dell'uomo, la Chiesa lo raccoglie e lo custodisce, perché nulla di ciò che è umano le è estraneo o indifferente.

Con questi pensieri vi rinnovo il mio grato compiacimento e vi benedico nel nome del Signore.

Data: 1983-12-20 Data estesa: Martedi 20 Dicembre 1983





Al personale dei Musei vaticani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'opera di evangelizzazione passa anche attraverso l'arte

Testo:

Fratelli carissimi.

Ringrazio anzitutto Sua Eccellenza Monsignor Paul Marcinkus per le amabili parole che mi ha rivolto anche a nome di tutti, e desidero altresi esprimervi, nell'imminenza della solennità del Santo Natale e del Nuovo Anno, i miei sinceri e sentiti auguri di ogni desiderato bene nel Signore; auguri che - a motivo dell'Anno Giubilare della Redenzione, in cui la Chiesa tutta è coinvolta per una riflessione e per un impegno di riconciliazione e di conversione - acquistano nella odierna circostanza un significato particolare e anche un pressante invito a vivere con sempre rinnovato fervore le esigenze spirituali del nostro Battesimo, cioè del nostro soprannaturale inserimento in Cristo, il Dio fatto Uomo.

Intendo inoltre dirvi la mia letizia per questo incontro, da tempo desiderato e atteso da me e da voi. Rinnovo il mio cordiale saluto al direttore generale, professor Carlo Pietrangeli, ai direttori dei vari reparti, ai singoli impiegati.

A voi tutti è affidato un compito particolarmente delicato: l'incremento, la conservazione, la custodia dei Musei vaticani, di quella parte, cioè, dei Palazzi apostolici, che da alcuni secoli i miei predecessori hanno, man mano, aperto ai visitatori per dare a tutti la possibilità di contemplare alcune tra le più alte creazioni dell'arte di tutti i tempi. Per questo, voglio manifestarvi il mio grato apprezzamento per il lavoro che, con tanta dedizione e competenza, esercitate perché questo monumentale complesso sia sempre più efficiente nei suoi servizi e nelle sue strutture, più adeguato alle esigenze delle folle, che vengono a visitarlo. Ma intendo anche sottolineare l'importanza della vostra collaborazione. Per molte persone, provenienti da tutti i Continenti e appartenenti a religioni anche diverse dalla nostra, la Chiesa cattolica viene talvolta conosciuta soltanto per il tramite delle opere d'arte conservate nei Musei vaticani. Ed allora, la conservazione, la valorizzazione, il restauro di queste sale, di questi affreschi, di questi quadri, di queste statue, non contribuiscono soltanto alla fedele trasmissione di tali tesori ai posteri, ma ancor più possono rappresentare la prima occasione per un felice e significativo contatto con il messaggio cristiano, illustrato ed espresso mediante l'affascinante e suadente linguaggio dell'arte: chi non si è sentito interiormente elevato nel contemplare gli affreschi delle "Stanze" di Raffaello, o quelli delle "Storie bibliche" di Michelangelo nella volta della Cappella Sistina; o profondamente scosso nel rimirare il "Giudizio universale" dello stesso Buonarroti? Dalle pareti di questi Musei - come d'altronde da quelle delle cattedrali e dei templi cristiani sparsi per il mondo - la Chiesa continua ad adempiere uno dei suoi compiti fondamentali, che è quello della evangelizzazione.

Siate pertanto consapevoli e fieri della grande responsabilità di carattere storico, artistico e religioso, che è collegata intimamente con il vostro quotidiano lavoro, e siate sempre esemplari nella aperta e sincera professione della fede cristiana.

Con tutto il cuore benedico voi e le vostre famiglie, rinnovando l'augurio: Buon Natale!

Data: 1983-12-20 Data estesa: Martedi 20 Dicembre 1983




Al Sacro Collegio e alla Curia romana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Collaborazione della Chiesa perché si spengano focolai di tensione

Testo:

Signori Cardinali, venerati fratelli e Collaboratori.


1. Ringrazio cordialmente il venerato Cardinale decano, per il suo indirizzo di augurio, sempre nobile e fervoroso, che, come ogni anno, mi ha rivolto a nome di tutti voi, in questa immediata vicinanza delle festività natalizie. Se è sempre una particolare gioia accogliervi in tale circostanza, col timbro inconfondibile di serenità e di attesa che caratterizza questo momento forte della vita di Curia, quest'anno, senza dubbio, la gioia è più grande. E' il Natale dell'Anno della Redenzione. Tutti avvertiamo che la realtà della nascita di Gesù è profondamente radicata, quest'anno, nella realtà del Giubileo. Getta su di esso una luce vivissima, straordinaria.

Gesù viene a salvarci. Il Figlio di Dio si mostra nell'umiltà velata della natura umana, che egli ha assunto per redimerci. Il Verbo si fa uomo per portare l'uomo all'altezza di Dio, per comunicargli, con la sua morte, la vita divina. "Factus ille quod tu, filius hominis - commenta icasticamente sant'Agostino -, ut nos efficeremur filii Dei!... Suscepit a te in quo moreretur pro te; suscepit a te quod offerret pro te" ("Enarr. in Ps. LXX", II, 10: CCL 39, 968). L'ombra della croce redentrice si proietta già sul mondo, pur nella luce della notte santa. Il Redentore nasce per morire per noi! Ecco tutta la soavità, la tenerezza, la commozione che riempiono i nostri cuori di credenti, in questo Anno Giubilare, che più vivo dipinge ai nostri occhi, e presenta alla nostra fede, il sacrificio dell'Amore misericordioso, che inizia il suo misterioso offertorio nel seno di Maria e nel silenzio della grotta di Betlemme!


2. L'anno scorso, in questa stessa occasione, vi ho esposto il mio pensiero sui significati e sulle intenzioni del Giubileo, E, riferendomi all'invito rivolto all'inizio del mio pontificato, concludevo: "Di qui, a tutta la Chiesa io grido: "Aprite le porte al Redentore!"" (AAS 75 [1983] 218).

L'invito diventa tanto più concreto e realistico in questo Natale dell'Anno Giubilare. Dobbiamo veramente aprirci a Cristo che viene. Che le porte dei cuori non rimangano come quelle di Betlemme, freddamente, agnosticamente chiuse! Il richiamo vuol essere tanto più attuale in quanto non è immaginario il pericolo che la venuta del Signore trovi gli uomini assenti, impreparati, o troppo presi dalle illusioni, dalle faccende, dalle ansie del mondo che passa. Non è immaginario questo pericolo in un mondo che, spesso, rifiuta la vita, sfida la pace, rimane indifferente di fronte alle sofferenze dei piccoli, dei senza tetto, dei rifugiati, di chi muore di fame.

Aprite le porte! Lo ripeto con forza incrollabile, nella certezza che solo Cristo porta all'umanità la pienezza delle sue attese. Si aprano i cuori al Cristo che viene: "Super lignum ostii nostri sacrae redemptionis confessio resplendeat", ci ammonisce sant'Ambrogio: "risplenda sui battenti della nostra porta la confessione della sacra redenzione!" ("Ep. 23", 22). Accogliendo lui, trovano adempimento tutte le aspirazioni del cuore umano; e quella pace "che il mondo non può dare", e pure desidera con tutte le proprie forze, soltanto in lui si avvera pienamente, perché soltanto con la sua venuta la pace è portata agli uomini che Dio ama (cfr. Lc 2,14).


3. La prossima Festività del Natale trova la Chiesa impegnata a vivere a pieno ritmo, e a tutti i livelli, la celebrazione del Giubileo della Redenzione.

Vorrei anzitutto far giungere l'espressione gioiosa della mia lode e del mio ringraziamento a tutti i venerati fratelli nell'Episcopato, e a tutti i sacerdoti loro collaboratori, che, accogliendo prontamente il mio annuncio e comprendendone pienamente lo spirito, hanno preso le iniziative opportune perché il Giubileo fosse attuato a livello di Chiese locali, offrendo ai fedeli di tutto il mondo la possibilità di approfondire meglio il mistero della Redenzione, e di viverlo a livello esistenziale soprattutto mediante i sacramenti della Riconciliazione e dell'Eucaristia. Si è così corrisposto a quanto auspicavo nel messaggio natalizio dello scorso anno: "ciò favorirà nei credenti il senso dell'universalità della Chiesa, la sua nota "cattolica"; e proporro a tutti di vivere più intimamente il messaggio della Redenzione, e l'impegno di conversione e di rinnovamento spirituale che esso contiene, e che il Giubileo richiama con potente suggestività" (AAS 75 [1983] 214).

Eccoci, dunque, ormai a nove mesi dall'inaugurazione dell'Anno Giubilare, nel cuore di esso. Notizie consolanti giungono incessantemente dalle diocesi di tutto il mondo.

La Chiesa vive l'Anno della Redenzione. Le diocesi hanno stabilito un programma puntuale, che tiene conto delle finalità del Giubileo; e i fedeli rispondono con generosità e con ammirevole buona volontà. Celebrazioni penitenziali nelle chiese cattedrali, in noti santuari specie mariani, come nelle singole parrocchie a ciò designate, hanno luogo con frutto ed edificazione.

Iniziative diverse sono state indette per le varie categorie di persone, che vi prendono parte con grande serietà e raccoglimento: e mi piace ricordare in modo particolare i giovani, che dimostrano di aver compreso bene la realtà del Giubileo, e di volerla vivere con uno sforzo sincero di rinnovamento e di confidente apertura a Dio e ai fratelli. I malati ottengono anche premure speciali, e di questo mi compiaccio con cuore commosso, ben consapevole del posto che la loro sofferenza ha nel piano della Redenzione. Ed è soprattutto il rifiorire della pratica penitenziale, mediante il sacramento della Riconciliazione, a indicare come le profonde ragioni del Giubileo siano state accolte nel segreto delle coscienze, a livello di conversione e di elevazione personale, assicurando così in profondità il conseguimento degli scopi per cui esso è stato indetto.

Rinnovo pertanto il mio ampio apprezzamento ai miei fratelli nell'Episcopato e a tutto il clero. Inoltre, la realtà dei pellegrinaggi a Roma, a questo centro della fede cattolica che conserva un irresistibile forza di attrazione per i "trofei degli Apostoli" e le incomparabili memorie dei martiri, è continuamente sotto i nostri occhi, e non c'è bisogno di sottolinearla. Il flusso dei "romei" è costante, ha toccato punte eccezionali nei tempi forti della Quaresima e della Pasqua, come generalmente durante tutta l'estate, privilegiando la partecipazione squisitamente spirituale specialmente di piccoli gruppi, a livello parrocchiale, diocesano, di organizzazione capillare. E' un vantaggio indubitato, un acquisto in profondità, una crescita di maturazione spirituale. E di tanto ringrazio anzitutto il Signore, quindi tutti coloro che, con sforzi notevolissimi sul piano dell'organizzazione, con puntualità, con abnegazione, hanno reso e rendono possibile un'esperienza ecclesiale tanto valida.


4. Per una più cosciente e incisiva celebrazione dell Anno Santo ha avuto un'eccezionale forza d'urto la concomitante celebrazione della VI assemblea generale del Sinodo dei Vescovi, nello scorso mese di ottobre. E' noto come il tema fosse in piena consonanza con le finalità del Giubileo: e, di fatto, la trattazione circa "la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa" non ha potuto non risvegliare nella coscienza dei fedeli più vivo il senso del peccato e l'attesa di quei frutti della Redenzione, che effettivamente la Chiesa comunica con l'annuncio pubblico della conversione e con l'esercizio del potere delle chiavi nel segreto delle coscienze.

Inviando a tutti i Vescovi la mia lettera del 25 gennaio scorso, che accompagnava l'"Instrumentum laboris" preparato per l'assemblea, sottolineavo: "Alla radice dei mali morali, che dividono e lacerano la società, sta il peccato.

Tutta la vita umana si presenta quindi come una lotta, spesso drammatica, tra il bene e il male. Soltanto se si toglie la radice dei mali si può raggiungere una valida riconciliazione. perciò la conversione personale a Dio è insieme la miglior strada per il duraturo rinnovamento della società, giacché in ogni atto di vera riconciliazione con Dio mediante la penitenza è intrinsecamente presente, accanto alla dimensione personale, anche quella sociale. Fin dalla sua preparazione il Sinodo mira a questa penetrazione della Redenzione nell'azione della Chiesa a beneficio della società umana. Il fervore di preparazione al Sinodo produrrà quindi nelle Chiese locali una riflessione e una fermentazione che coincidono con le finalità dell'Anno Santo" ("", VI,1 [1983], p.210; cfr. p. 216).

Dal canto loro, nell'appassionato messaggio emesso al termine dell'assemblea, i Padri Sinodali si sono così espressi: "La Parola di Dio interpella il genere umano circa il suo dolore e la sua speranza; ci sollecita a convertirci e a tornare di nuovo a Dio. La Parola proclamata dal Signore fin dall'inizio del suo ministero di riconciliazione si rivolge con particolare vigore a tutti, credenti e non credenti, specialmente in quest'Anno Santo: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15). Questa Parola ci richiama alla penitenza e alla conversione del cuore, affinché chiediamo perdono e ci riconciliamo col Padre. Il piano voluto dal Padre per la nostra società è che viviamo come un'unica famiglia, nella giustizia e nella verità, nella liberta e nell'amore" (cfr. "L'Osservatore Romano", 20 ottobre 1983).

E' un richiamo che faccio mio, in attesa che le conclusioni del Sinodo siano raccolte in un apposito documento del Magistero ordinario della Chiesa; e tale richiamo diventa tanto più eloquente in questa vicinanza del Natale, in cui il Verbo si fa uomo per bussare alle porte di ogni cuore, e ottenere l'assenso dell'amore.


5. Tutto ciò rende particolarmente significativa l'imminente celebrazione. E' il Natale della Redenzione. Risentiamo echeggiare nella Notte Santa il canto degli Angeli, inneggiante alla gloria di Dio nei cieli e alla pace degli uomini in terra, canto che esploderà nell'Alleluja della Veglia pasquale; inizia il cammino di salvezza, che il Verbo di Dio è venuto a condividere con gli uomini per farli partecipi della sua risurrezione. Se, come ho detto qui annunciando il Giubileo, questo "è un anno ordinario celebrato in modo straordinario", questo Natale deve portare con sé tale caratteristica di straordinarietà: nell'aprire i nostri cuori al Bambino che nasce; nel produrre frutti di vera conversione: sia sul piano personale e individuale, ove si operano i ritorni definitivi a Dio pur dopo l'amara esperienza dell'infedeltà e del peccato; sia sul piano sociale e comunitario, sul quale le mancanze dei singoli si ripercuotono per una misteriosa legge di comunione e di corresponsabilità. Come hanno scritto i Vescovi nel già citato messaggio conclusivo dei lavori del Sinodo, "il cuore umano è in se stesso diviso e piagato dal peccato; da ciò spesso derivano anche le crudeltà e l'ingiustizia della nostra società" ("L'Osservatore Romano", 28 ottobre 1983).

Il Natale di questo Anno Giubilare della Redenzione invita tutti gli uomini, e in modo particolare i credenti in Cristo, a prendere coscienza delle proprie responsabilità per giungere alla vera conversione, cioè alla profonda pacificazione con Dio, e, di conseguenza, per contribuire alla riconciliazione nella società, cioè alla sincera pacificazione tra gli uomini.


6. In effetti, ci troviamo oggi in una situazione di drammatica divisione, a tutti i livelli, che fa riflettere le persone più pensose dell'avvenire dell'umanità.

L'uomo è interiormente dissociato dalle opposte tensioni che sente in se stesso, come la costituzione pastorale "Gaudium et Spes" (GS 10) del Concilio Vaticano II ha richiamato con accenti di estrema lucidità, trattando della condizione dell'uomo nel mondo contemporaneo. L'uomo, come è stato là sottolineato, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe (cfr. Rm 7,14ss), per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società".

Questa dissociazione si riflette dolorosamente nell'ambiente in cui vive l'uomo. Prima di tutto nella famiglia, che in modo più immediato e in forma più sensibile rivela il profondo malessere dell'uomo. Accanto a grandi e innegabili aspetti positivi, come ho messo in luce nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio", "non mancano segni di preoccupante degradazione di alcuni valori fondamentali: un'errata concezione teorica e pratica dell'indipendenza dei coniugi fra di loro; le gravi ambiguità circa il rapporto di autorità tra genitori e figli; le difficoltà concrete, che la famiglia spesso sperimenta nella trasmissione dei valori; il numero crescente dei divorzi; la piaga dell'aborto; il ricorso sempre più frequente alla sterilizzazione; l'instaurarsi di una vera e propria mentalità contraccettiva" (AAS 74 [1982] 87).

Sono elementi negativi che coinvolgono la più importante cellula vitale, entro cui si sviluppa l'uomo, e che dimostrano come la crisi della persona, bisognosa di Redenzione, si estenda in primo piano alla famiglia, che ha anch'essa bisogno della ricomposizione dell'ordine voluto da Dio, se vuole ritrovare la propria identità di vita e la propria funzione plasmatrice delle coscienze.


7. Il malessere dell'uomo dissociato si estende poi all'intera società. Vi sono nel mondo d'oggi - e ogni giorno ne giungono le tragiche conferme - continui focolai di situazioni che attentano al messaggio della riconciliazione e della conversione, che la Chiesa proclama in nome di Cristo. La guerra minaccia l'esistenza della società, lacerata da pericolosi egoismi, ed esposta a continue sfide. Le Nazioni, nonostante nobili sforzi di Organismi internazionali e sopranazionali, sembrano sempre più profondamente divise, e i loro rapporti librati su giochi di equilibri, spesso fragili e precari.

Un'esaltazione della libertà, che prescinde da ogni norma morale, minaccia di annientare l'uomo nella sua meravigliosa ricchezza spirituale e nelle sue energie, da cui dipende l'avvenire dell'intera umanità. E, d'altra parte, la limitazione, in molte parti del mondo, delle elementari libertà sancite dalla Dichiarazione sui diritti dell'uomo e dai documenti internazionali che vi hanno fatto seguito fino a quest'ultimo periodo, vorrebbe soffocare nell'uomo l'anelito insopprimibile della sua dignità primigenia e fondamentale, che porta stampata in se stessa l'orma immortale dell'immagine di Dio. Nel mondo intero si ripercuotono le lacerazioni dell'uomo singolo, e creano situazioni intollerabili di oppressione e di crisi. Il peccato personale acquista dimensioni planetarie. Ecco perché vi è il bisogno urgente di una pacificazione, che parta dalla verace conversione interiore delle persone singole per giungere alla sfera più ampia della vita sociale e politica.


8. La Chiesa, con tutta umiltà ma con franchezza totale, che nasce dalla piena fiducia nell'aiuto promessole dal Signore, è consapevole di compiere tutto quanto le è possibile perché la vita umana si dipani secondo l'ordine fondamentale voluto da Dio.

Anzitutto, per la sua vita interna, che vuole regolata da norme, dettate dalla carità e improntate alla giustizia. E in questa luce si colloca l'avvenimento storico, accaduto in quest'Anno Giubilare, della promulgazione del nuovo Codice di Diritto canonico dopo 24 anni dal suo primo annuncio fatto dal mio predecessore Giovanni XXIII. Anche questa è stata, ed è, un'opera di ecclesialità, i cui influssi benefici sono da vedere nella luce dell'Incarnazione del Verbo.

Cristo che si fa uomo obbedisce alla volontà del Padre che lo ha mandato (cfr. He 10,5-11 Jn 6,38). Nell'obbedienza del Figlio al Padre, che brilla nel mistero del Natale, ha radice l'obbedienza dei figli nel Figlio. Il complesso delle leggi della Chiesa, ora riveduto alla luce del Vaticano II, non tende ad altro che a "creare un tale ordine nella società ecclesiale - come è scritto nella costituzione apostolica "Sacrae disciplinae" - che, assegnando il primato alla fede, alla grazia e ai carismi, renda più agevole contemporaneamente il loro organico sviluppo nella vita sia della società ecclesiale, sia anche delle singole persone che ad essa appartengono". In altre parole, la legge scritta serve alla vita di grazia, la facilita, fornisce le condizioni entro cui possa svilupparsi.

E' la Chiesa che assicura a se stessa le condizioni primarie per la vita dei suoi figli.

In secondo luogo, la Chiesa non cessa di offrire lealmente la sua collaborazione anche all'esterno affinché si spengano i già menzionati focolai di divisione e di odio. Essa annuncia la riconciliazione sia ai singoli come a livello di popoli: nei rapporti delle loro varie componenti sociali per una operosa concordia civile, come nelle relazioni internazionali per una effettiva intesa e una vera pace. E' un messaggio che coinvolge tutti, nessuno escluso. Come ho voluto sottolineare nell'omelia a San Salvador, il 6 marzo scorso, il cristiano sa che tutti i peccatori possono essere riscattati: che il ricco può e deve cambiare atteggiamento; che chi fa ricorso al terrorismo può e deve cambiare: che chi serba rancori e odio può e deve liberarsi da tale schiavitù: che i conflitti possono essere superati; che dove impera il linguaggio delle armi in lotta può e deve regnare l'amore, fattore irrinunciabile di pace. E parlando di conversione come strada verso la pace, non auspico una pace artificiale che nasconde i problemi e ignora i meccanismi corrotti che occorre risistemare. Si tratta di una pace vera, nella giustizia, nel riconoscimento integrale dei diritti della persona umana. E' una pace per tutti" ("Insegnamenti", VI,1 [1983] 603-604).

L'azione della Chiesa si rivolge a tutti. E la Chiesa prega affinché tutti ottengano quella pace, a cui aspira l'intimo anelito dei loro cuori. A questa universale sollecitudine di preghiera ho esortato anche l'immensa folla, che gremiva l'Esplanade del Santuario di Lourdes, alla veglia dell'Assunta. "Che trovino posto nella nostra preghiera quegli uomini e quelle donne che, in ogni luogo dell'universo, soffrono per le devastazioni della guerra, per le migrazioni, coloro che sono vittima del terrorismo - politico o no - che colpisce senza scrupolo gli innocenti, con l'odio, le oppressioni, le ingiustizie di ogni genere, rapiti, sequestrati, torturati, condannati senza garanzia di giustizia; tutti coloro che subiscono attentati intollerabili alla loro dignità umana e ai loro diritti fondamentali, che sono ostacolati nella loro giusta libertà di pensare e di agire, umiliati nelle loro legittime aspirazioni nazionali. Affinché cambi l'atteggiamento dei responsabili e le vittime ricevano conforto e coraggio! Pensiamo anche alla miseria totale di coloro che sono travolti nella corruzione di ogni genere. Preghiamo ancora per coloro che conoscono gravi difficoltà in seguito alla loro condizione di immigrati, di disoccupati, di malati, di infermi, poiché sono soli. E' il Cristo, il Figlio dell'uomo che soffre in loro" ("L'Osservatore Romano", Suppl., 16-17 agosto 1983).

La pace all'interno delle Nazioni, la pace nelle relazioni tra i popoli: è questa l'opera che la Chiesa sta svolgendo, e la collaborazione che vuole offrire a tutti gli uomini di buona volontà, ai Governanti come all'uomo della strada. E' un colloquio che non mi stanco di intrecciare nei miei incontri con i Capi di Stato, con i responsabili della politica internazionale, con le folle durante i miei viaggi: ricordo in modo particolare l'America Centrale, la Polonia, l'Austria. Anche questo rientra in quella logica della conversione che, in questo Giubileo della Redenzione, deve coinvolgere tutte le Nazioni. Ne va della loro vita! Ne è di mezzo il futuro dell'umanità!


9. Vedete dunque come in quest'Anno Giubilare si assommano e confluiscono tutte le situazioni in cui oggi vive l'umanità, nel bene come nel male. Le sofferenze, a cui accennavo lo scorso anno in questa occasione, che permettono all'uomo contemporaneo di prolungare e di rivivere in se stesso la Passione di Cristo - "adimpleo ea quae desunt" (Col 1,24) - si sono ulteriormente aggravate: si pensi soltanto alla crescente drammaticità delle vicende nel Libano e in altre zone del Medio Oriente come dell'America Centrale, al terrorismo che continua implacabile, ai sequestri che tengono in ansia intere famiglie.

Ma questi fatti pur tanto dolorosi, ai quali accenno solo sommariamente, non possono far dimenticare tutto il gran bene che vi è nel mondo: l'impegno di preghiera e di approfondimento evangelico nella gioventù; la fedeltà generosa della maggioranza delle famiglie, pur in reali e gravi situazioni di difficoltà; la solidarietà che si afferma in favore dei fratelli meno privilegiati dalla sorte; l'azione missionaria della Chiesa; l'aspirazione ad un ritorno alle sorgenti, specie mediante la sacra Liturgia, che anima tante persone, e tante organizzazioni di apostolato laicale. Il Giubileo, che fonde nella sua chiamata alla conversione tutte queste voci, liete o tristi, dell'odierna storia del mondo, dà ad esse la giusta luce, le inquadra nella retta comprensione, e fa sperare in un domani migliore, per la maturazione delle coscienze alla luce del Vangelo di Cristo.


10. Ecco perché questo Natale dell'Anno Santo deve avere per tutti un particolare richiamo. Deve invitarci a riflettere più a fondo sulle responsabilità che il Signore, facendosi uomo, affida alla Chiesa per la salvezza dell'uomo. Deve spingerci a lavorare di più perché la sua venuta porti davvero l'umanità a vivere nella direzione che egli ha impresso nella storia del mondo. Dopo la nascita di Cristo. tutto è cambiato: "Ecce nova facio omnia" (Ap 21,5). La sua venuta porta con sé un rinnovamento cosmico, poiché, come ha scritto il Crisostomo: "L'Incarnazione del Figlio di Dio è il compendio e la radice di tutti i beni" ("In Matth. Hom." II, 3: PG 57, 27).

E' il rinnovamento dell'uomo: "Era necessario per il genere umano che Dio diventasse uomo - dice san Tommaso - per dimostrare la dignità della natura umana... Col farsi uomo, Dio volle manifestare apertamente il suo amore per gli uomini, da indurli a sottomettersi a Dio non per paura della morte... ma per amore di carità" ("Compendium Theologiae", 201).

E il rinnovamento della famiglia, che a Betlemme e a Nazaret trova l'esemplare perfetto della propria vita, e l'ispirazione e la forza per i quotidiani eroismi, a cui è chiamata. La recente "Carta della famiglia" pubblicata da questa Santa Sede, ha ribadito che "la famiglia costituisce, più ancora di un mero nucleo giuridico, sociale ed economico, una comunità di amore e di solidarietà che è in modo unico adatta a insegnare e a trasmettere valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi, essenziali per lo sviluppo e il benessere dei propri membri e della società" (Carta dei diritti della famiglia, 22 ottobre 1983, Preambolo, E). E questo amore e questa solidarietà trovano nel Natale l'incentivo forte e soave, l'ambiente ideale, la giustificazione suprema.

Infine, è il rinnovamento della società, nella proclamazione di quella pace, che solo in Dio trova la propria realizzazione e difesa, e che oggi manca nel mondo appunto perché non si trova il coraggio di appellarsi a Dio, autore della pace; perché solo la vittoria sul peccato e sugli egoismi personali può portare con sé la pace.


11. Spunterà finalmente un'alba di pace? E' il sospiro che sale da tutta l'umanità. La fede ci dice che questo è possibile; nella misura in cui il mondo saprà cogliere il Cristo che viene: nella misura in cui gli uomini faranno tacere i richiami dell'egoismo e sapranno, nella rinuncia al piacere irrazionale e umiliante, disporsi alla conversione del cuore.

Affido questa speranza incrollabile all'intercessione della Vergine Santa. Ella è il "tipo" della Chiesa particolarmente in questo tempo di attesa, come Vergine in ascolto della Parola di Dio, e come Madre che offre al mondo la Parola incarnata del Padre; ella sola pertanto può guidare la Chiesa, in questo Natale dell'Anno Giubilare della Redenzione, sul cammino della vera riconciliazione e della pace, con Dio e con i fratelli. Con lei andiamo verso il Redentore: mentre, anno dopo anno, ci avviciniamo al grande Giubileo del Duemila, possiamo fin d'ora, con lei e come lei, realizzare in noi le promesse del Redentore, accogliere il suo invito alla conversione, vivere nella verità del suo Vangelo e nella forza del suo amore.

"Erroris umbras discute / Syrtes dolosas amove, / fluctus tot inter, deviis / tutam reclude semitam". Si, Maria ci apra la via sicura a Cristo Redentore, e ci conduca a lui col suo amore materno.

Nell'attesa di questo Natale, nella dolcezza che questi sentimenti suscitano in noi, tutti vi benedico, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Buon Natale e sereno Anno! [Il Santo Padre ha così proseguito:] Da qualche ora è stata diffusa la notizia che un Vescovo del Nicaragua, Monsignor Salvator Schläefer, Vicario apostolico di Bluefields, è stato ucciso in circostanze ancora non bene conosciute. Egli era stato rapito ieri, insieme a tre suoi sacerdoti e ad un numero imprecisato di persone, mentre era in visita pastorale ad una comunità di Indiani Miskitos della sua diocesi. Se confermata, sarebbe una notizia molto dolorosa, che vela di mestizia questa vigilia natalizia.

Essa fa subito pensare alla grave parola della Scrittura: "Percuotero il pastore e saranno disperse le pecore del gregge" (Mt 26,31).

Vorrei elevare con voi una preghiera per quel zelante Presule, benemerito missionario in una terra già così tormentata, testimone dell'amore di Cristo in mezzo alla umile gente di cui era amato Pastore, ed esprimere la nostra solidarietà con i Vescovi e la Chiesa che soffre in Nicaragua e nei Paesi dell'America Centrale.

Data: 1983-12-22 Data estesa: Giovedi 22 Dicembre 1983





GPII 1984 Insegnamenti - Omelia nella parrocchia di San Giorgio Martire - Roma