GPII 1984 Insegnamenti - Messaggio alla Rai - Per i trent'anni di attività

Messaggio alla Rai - Per i trent'anni di attività



Sono lieto di prendere la parola in occasione delle celebrazioni promosse dalla Rai-Tv per il 30° anniversario dell'inizio ufficiale delle trasmissioni televisive in Italia. Come non riconoscere l'importante servizio sociale reso dall'Ente televisivo italiano nell'arco di questi trent'anni, mediante la molteplicità e varietà di programmi, il cui livello tecnico, via via perfezionatosi, è unanimemente riconosciuto anche dalle televisioni degli altri Paesi? A me preme, in questo momento, sottolineare in particolare lo spazio che la televisione italiana ha dato all'informazione religiosa, consentendo ad un vastissimo pubblico anche di tanti altri Paesi del mondo di partecipare ad avvenimenti ecclesiali di grande importanza, quali, per esempio lo storico evento del Concilio Vaticano II, i riti dell'Anno Santo del 1975 e di quelli in corso, il ministero apostolico del Papa nei suoi viaggi pastorali, le vicende dolorose connesse con la morte di un Sommo Pontefice e quelle gioiose che accompagnano l'elezione del suo successore. Di certi momenti e di talune immagini conservo io stesso incancellabile memoria.

Nel manifestare apprezzamento e gratitudine per quanto di valido è stato fatto in questo periodo, mi è caro esprimere l'auspicio che quanti lavorano in televisione, e soprattutto i responsabili delle programmazioni, sentano in modo sempre più vivo la responsabilità morale che il loro lavoro impone, e procurino, nell'ispirare costantemente la propria azione a criteri di vera competenza, di rispettare i requisiti fondamentali di ogni comunicazione, e cioè l'obiettività, l'onestà, la sincerità. In particolare sappiano essi salvaguardare sempre - nei contenuti e nelle immagini - le esigenze dei principi della morale personale, familiare, sociale, che hanno formato la gloria tradizionale della Nazione italiana: non scordando che la televisione entra in tutte le case e ha come spettatori, forse i più assidui, i giovani e i fanciulli. In tal caso essi avranno la gioia di rendere un decisivo servizio alla persona umana, rispettandone la dignità e contribuendo alla sua maturazione in ogni campo.

E poiché il senso religioso si situa tra gli essenziali valori costitutivi dell'umano, mi auguro che la programmazione televisiva non ceda alla tentazione dell'agnosticismo o, addirittura, del rifiuto nei confronti della visione religiosa dell'uomo, ma sappia invece, nell'affrontare i problemi di fondo dell'esistenza, lasciare aperta la porta a una loro soluzione nella luce della sana ragione e della fede.

Con questi sentimenti, a quanti spendono le loro energie nei vari settori di questo moderno mezzo di comunicazione auguro di cuore: buon lavoro!

Data: 1984-01-03 Data estesa: Martedi 3 Gennaio 1984




Ordinazione di nove Vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La forza salvifica dell'Epifania si irradi tra gli uomini

Testo:


1. Oggi, all'orizzonte del Natale, appaiono tre nuove figure: i Magi d'Oriente.

Vengono da lontano, seguendo la luce della stella che è loro apparsa. Si dirigono a Gerusalemme, arrivano alla corte di Erode. Domandano: "Dove è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo" (Mt 2,2).


2. Nella liturgia della Chiesa la solennità odierna porta il nome di Epifania del Signore. Epifania vuol dire manifestazione. Questa espressione ci invita a pensare non solo alla stella che è apparsa agli occhi dei Magi, non solo alla via che questi uomini d'Oriente fanno, seguendo il segno della stella. L'Epifania ci invita a pensare alla via interiore, al cui inizio si trova il misterioso incontro dell'intelletto e del cuore umano con la luce di Dio stesso.

"La luce... che illumina ogni uomo quando viene al mondo" (cfr. Jn 1,9).

I tre personaggi dell'Oriente seguivano con certezza questa luce ancora prima che apparisse la stella. Dio parlava loro con l'eloquenza di tutto il creato: diceva che è, che esiste; che è Creatore e Signore del mondo. Ad un certo momento, al di là del velo delle creature, li ha avvicinati ancora di più a se stesso. E, contemporaneamente, ha iniziato ad affidare loro la verità della sua venuta al mondo. Essi, in qualche modo, sono stati messi a conoscenza del disegno divino della salvezza.

I Magi hanno risposto con la fede a quella interiore Epifania di Dio.


3. Questa fede ha permesso loro di riconoscere il significato della stella. Questa fede ha pure ordinato loro di mettersi in cammino. Andavano verso Gerusalemme, capitale di Israele, dove la verità sulla venuta del Messia era tramandata da generazione in generazione. L'avevano predicata i Profeti, e ne avevano scritto i libri santi.

Dio che ha parlato con l'Epifania interiore al cuore dei Magi, aveva parlato lungo i secoli al Popolo eletto e gli aveva predicato la stessa verità sulla sua venuta.


4. Questa verità si è compiuta nella notte della Nascita di Dio a Betlemme. Già quella notte è l'Epifania di Dio, che è venuto: Dio che è nato dalla Vergine ed è stato deposto nella povera mangiatoia. Dio che ha nascosto la sua venuta nella povertà della nascita a Betlemme: ecco l'Epifania del Divino nascondimento.

Soltanto un gruppo di pastori si era affrettato all'incontro... Ma ecco ora vengono i Magi. Dio, che si nasconde agli occhi degli uomini che vivono vicino a lui, si svela agli uomini che vengono da lontano.

Il profeta dice a Gerusalemme: "Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano" (Is 60,3-4).


5. Li guida la fede. Li guida la forza interiore dell'Epifania. Di questa forza così parla il Concilio: "Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ep 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ep 2,18 2P 1,4). Con questa rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15 1Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Ex 33,11 Jn 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Ba 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé" (DV 2).

I Magi dell'Oriente portano in sé quella forza interiore dell'Epifania.

Essa permette loro di riconoscere il Messia nel Bambino giacente nella mangiatoia.

Questa forza ordina loro di prostrarsi dinanzi a lui e offrire i doni: oro, incenso e mirra (cfr. Mt 2,11).

I Magi sono al tempo stesso un preannunzio che l'interiore forza dell'Epifania si diffonderà ampiamente tra i popoli della terra. Dice il profeta: "A quella vista sarai raggiante, / palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, / perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te, / verranno a te i beni dei popoli" (Is 60,5).


6. Cari fratelli, che questa sera siete convenuti nella Basilica di San Pietro dall'Asia, dall'Africa e dall'Europa per ricevere l'ordinazione episcopale dalle mani del Vescovo di Roma, vi saluto cordialmente mediante l'eloquenza della solennità odierna, la quale manifesta il Signore a tutto il mondo, perché la sua venuta è per tutti.

Dall'abbondanza dell'Epifania di Dio nasce oggi il vostro episcopato. La consacrazione è insieme una nuova chiamata a sottomettere tutta la vostra vita alla forza interiore dell'Epifania, mediante la quale Dio infinito affida a ciascuno di voi il suo Mistero salvifico in Gesù Cristo, nato nella notte di Betlemme dalla Vergine Madre.

Accogliete oggi questa chiamata che la Chiesa vi rivolge. Permettete a questa forza divina di irradiarsi nel vostro cuore come in una interiore Gerusalemme, alla quale l'odierna liturgia dice: "Alzati, rivestiti di luce, / perché viene la tua luce, / la gloria del Signore brilla sopra di te" (Is 60,1).

Permettete alla forza salvifica della divina Epifania di irradiarsi tra gli uomini e i popoli, ai quali siete mandati, come testimonianza della verità e della misericordia.

Veramente: "Verranno a te i beni dei popoli" (Is 60,5). E al dono della solennità odierna rispondete con un incessante, continuo dono: offrite oro, incenso e mirra. In questo modo l'abbondanza della Epifania divina permarrà in voi e si rinnoverà sulla via del servizio apostolico. Amen.

Data: 1984-01-06 Data estesa: Venerdi 6 Gennaio 1984




Al Circolo San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vi incoraggio nei vostri ideali di testimonianza e di carità

Testo:

Carissimi dirigenti e soci del "Circolo San Pietro"!


1. Sono molto lieto di accogliervi in questa udienza, ormai tradizionale all'inizio del nuovo anno, e di porgervi il mio cordiale saluto. Anche quest'anno avete voluto presentare personalmente al Papa l'"Obolo di San Pietro", e cioè l'offerta raccolta tra i fedeli nelle chiese e nelle parrocchie di Roma per le necessità della Santa Sede, e insieme avete inteso esprimere i vostri sentimenti di ossequio e di fedeltà.

Desidero ringraziare di cuore voi qui presenti e tutti i soci del vostro benemerito Sodalizio per questo attestato di fede e per il vostro impegno di coerenza e di sensibilità cristiana; ed estendo la mia viva riconoscenza a tutti coloro che hanno partecipato a questa iniziativa di carità.

Incoraggio il vostro Circolo nei suoi ideali di formazione cristiana e di testimonianza di carità: esso è una delle espressioni del bene che viene compiuto nel silenzio, ma che è una realtà preziosa. Una realtà che non fa rumore, ma che esiste anche nella società di oggi, in ogni luogo, in ogni strada, in ogni palazzo, in ogni casa, in ogni parrocchia: essa conforta, spinge ad operare sempre in modo positivo, a realizzare sempre la bontà, a vincere il male facendo il bene con generosità, con gioia, con amore! Il mondo ha certamente bisogno di persone intelligenti e lungimiranti; ma ha soprattutto bisogno di persone buone. Mentre esorto voi, soci del "Circolo di San Pietro", a perseverare con fervore nei vostri impegni di testimonianza cristiana e di amore fraterno, auspico di cuore che l'Anno Nuovo moltiplichi il numero delle persone caritatevoli, generose, sensibili alla fraternità e all'amicizia!


2. La solennità dell'Epifania, che abbiamo celebrato ieri, mi suggerisce una riflessione, che può servirvi come programma di vita cristiana per l'anno appena iniziato. La venuta dei sapienti dall'Oriente a Betlemme per adorare Gesù, ha un valore storico e insieme didattico, perché contiene una verità profondamente dogmatica: la manifestazione di Gesù, il Verbo Divino incarnato, Rivelatore delle Verità trascendenti e Salvatore dell'umanità, ha un valore "universale", è cioè valida in modo assoluto e definitivo per tutti i popoli e per tutti i tempi.

L'Epifania afferma perentoriamente che l'intera storia umana, "la storia della salvezza", ha come perno l'Incarnazione del Verbo, attorno al quale si svolgono tutti gli avvenimenti umani.

La riflessione su questa verità vi stimoli ad essere voi stessi "epifania" di Cristo proprio nelle vicende, talvolta anche tumultuose, della vita quotidiana e della storia contemporanea per avvicinare ogni uomo come fratello e portarlo alla verità.

Con l'augurio di un anno sereno e operoso, con sincero affetto vi imparto ora la propiziatrice benedizione apostolica, che volentieri estendo a tutti i soci e alle vostre famiglie.

Data: 1984-01-07 Data estesa: Sabato 7 Gennaio 1984




Ai giovanile della Coldiretti - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le ricchezze della terra devono essere ricchezze dell'uomo

Testo:

Carissimi giovani.


1. Sono particolarmente lieto di trovarmi con voi, non solo perché gli incontri con i giovani, che la mia attività pastorale mi permette di avere in varie occasioni, costituiscono per me fonte continua di viva gioia, ma anche perché questa è la prima volta che mi trovo con le rappresentanze giovanili del mondo rurale italiano.

Nel febbraio 1952 il mio venerato predecessore Pio XII, ricevendo i partecipanti al sesto Congresso nazionale della Confederazione dei coltivatori diretti, incoraggio la vostra organizzazione ad aprirsi ai giovani, e a prepararli ai doveri, a educarli a larghe vedute spirituali e sociali, in una parola, a formare una gioventù rurale.

Quell'incontro col Papa è da ritenere all'origine, come forza d'ispirazione e di spinta propulsiva, della formazione dei Gruppi giovani coltivatori, avvenuta qualche mese più tardi. E così, ora, voi siete qui per la prima volta, dopo un itinerario di maturazione, a celebrare vicino al Papa la ricorrenza del trentesimo del vostro Movimento.

Saluto tutti e ciascuno con grande affetto, insieme con i vostri dirigenti, che vi hanno accompagnati. So che avete commemorato il trentennio impegnandovi, con una serie di gruppi di studi, a trattare temi di non piccola rilevanza, quali il lavoro, la famiglia, la società, il tempo libero, l'ambiente, la libertà, la cultura, la politica, nel complesso delle loro implicazioni, in un quadro di proposte di valori cristiani rivolte all'interno dell'intero mondo giovanile rurale.

Di tanto mi compiaccio veramente.


2. La Chiesa, consapevole dell'importanza della vostra scelta, per il rilancio di una sana economia e per lo sviluppo dell'uomo si è sempre interessata alla vita dei coltivatori della terra, i cui problemi non potranno essere adeguatamente risolti senza l'apporto delle forze giovanili, della loro capacità di sacrificio e d'entusiasmo.

Impegnata alla soluzione della cosiddetta questione sociale, da quando essa storicamente si pose, la Chiesa si rese subito conto che nello sviluppo della società industrializzata l'interesse prevalente andava a favore di altri settori di attività, e da allora si è adoperata nei suoi documenti a richiamare la dovuta attenzione sull'attività agricola.

Comincio Leone XIII con la "Rerum Novarum". Riprese Pio XI, denunciando l'influenza negativa del capitalismo industriale sull'agricoltura. Giovanni XXIIl vide il problema agricolo in una dimensione mondiale, mettendo in evidenza la necessità di nuovi equilibri e il principio della solidarietà internazionale.

Paolo VI denuncio gli squilibri e i pericoli, a cui è sottoposta l'agricoltura specie nel gioco dei rapporti tra società altamente industrializzate e quelle che emergono. E, nella mia enciclica sul lavoro umano, ho sottolineato l'importanza "fondamentale" che il lavoro agricolo riveste a motivo del rapporto tra agricoltura e uomo (LE 21).

La Chiesa, dunque, conosce i problemi della terra e, nell'elaborazione della sua dottrina sociale, li ha messi via via a fuoco, prospettandone linee di soluzione.


3. Essa sa che la popolazione rurale si trova spesso in una situazione di svantaggio, con un tenore di vita talora inferiore rispetto a quello della popolazione occupata negli altri settori di lavoro.

Il Concilio Vaticano II si mostra preoccupato degli squilibri economici e sociali registrati tra agricoltura, industria e servizi; e, in nome dei diritti dell'uomo che è anche figlio di Dio, alza la voce di fronte al mondo in maniera forte e chiara.

"In molti Paesi economicamente meno sviluppati, esistono proprietà agricole estese o anche molto estese, mediocremente coltivate o tenute in riserva per motivi di speculazione senza coltivarli; mentre la maggioranza della popolazione è sprovvista di terreni da lavorare o fruisce soltanto di poderi troppo limitati, e d'altra parte, l'accrescimento della popolazione agricola presenta un carattere di evidente urgenza. Non è raro che coloro che sono assunti ad un lavoro dipendente da coloro che detengono tali vasti domini ovvero coloro che ne coltivano una parte a titolo di locazione, ricevono un salario o altre forme di remunerazione che sono indegni di un uomo, non dispongono di un'abitazione decorosa o sono sfruttati da intermediari. Mancando così ogni sicurezza, vivono in tale stato di dipendenza personale, che viene loro interdetta quasi ogni possibilità di agire di propria iniziativa e con personale responsabilità, e viene loro impedita ogni crescita nelle espressioni della umana civiltà e ogni partecipazione attiva nella vita sociale o politica (GS 71).

Certo le situazioni appaiono diverse da Paese a Paese, o all'interno di uno stesso Paese. Esistono tuttavia delle costanti. Nei documenti della Chiesa si mette in rilievo la situazione in cui si trova, in taluni casi, il lavoratore dei campi o per un complesso di inferiorità, o per il sentimento di emarginazione sociale, o per il dramma di chi si è visto costretto ad abbandonare la propria terra d'origine per emigrare lontano. E così mentre da un lato si sottolinea il triste fenomeno - che tocca soprattutto il ceto contadino - della migrazione, dall'altro lato si mette a fuoco lo spettacolo di latifondi incolti, di poderi troppo limitati, fino allo scandalo intollerabile della fame nel mondo.


4. Di fronte a simile quadro, che cosa fare? Anche in tal senso la Chiesa, man mano che i problemi emergevano, si è preoccupata di indicare tempestivamente le linee di soluzione a favore dell'agricoltura, a cominciare dalla necessità di creare adeguate infrastrutture, con servizi pubblici essenziali, col miglioramento delle tecniche produttive, fino al varo di politiche economiche concrete e all'elaborazione di riforme nazionali coraggiose e di programmi di collaborazione mondiale.

La Chiesa difende con chiarezza il legittimo diritto alla proprietà, ma non con minor vigore richiama l'attenzione sulla sua ipoteca sociale, perché i beni servano alla destinazione generale voluta da Dio.

Nella mia ultima enciclica ho scritto: "In molte situazioni sono dunque necessari cambiamenti radicali e urgenti per ridare all'agricoltura - agli uomini dei campi - il giusto valore come base di una sana economia, nell'insieme dello sviluppo della comunità sociale. perciò occorre proclamare e promuovere la dignità del lavoro, di ogni lavoro, e specialmente del lavoro agricolo, nel quale l'uomo in modo tanto eloquente "soggioga" la terra ricevuta in dono da Dio ed afferma il suo "dominio" nel mondo visibile" (LE 21).


5. Carissimi giovani agricoltori, voi conoscete senza dubbio la storia delle vicende e delle crisi dell'agricoltura italiana dal dopoguerra in poi; ma avete anche la fortuna di essere stati immessi in un circuito nuovo di formazione professionale e umana, di innovazioni tecniche, e quindi in grado di proiettarvi verso l'avvenire con speranza e mentalità imprenditoriale.

Nell'esprimervi il mio apprezzamento, vi esorto ad avere sempre una visione cristiana dei problemi e vi auguro di saper attingere al tesoro della spiritualità del lavoro agricolo, che vi consentirà di realizzare pienamente voi stessi e di facilitare la soluzione dei problemi concreti ancora sul tappeto, non solo a vantaggio vostro personale e della vostra famiglia, ma anche di tanti altri meno fortunati lavoratori dei campi.

L'attività agricola, anche se faticosa e piena di incognite, ha il privilegio di mettere il lavoratore in diretta comunicazione con la natura e di farlo partecipare in maniera particolare all'opera della creazione. Dio, che nel creare l'universo e la terra vi ha nascosto tante ricchezze, vuole che le ricchezze della terra diventino le ricchezze dell'uomo.

Con l'auspicio di essere collaboratori generosi e lieti di questa grande opera divina, vi imparto di cuore la mia benedizione.

Data: 1984-01-07 Data estesa: Sabato 7 Gennaio 1984




Al Battesimo di ventisette bambini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Aiutateli offrendo loro ogni giorno l'esempio costante

Testo:


1. "Gloria e lode al tuo nome, o Signore!".

L'invito dell'odierna liturgia a glorificare e a lodare il nome del Signore acquista oggi, festa del Battesimo di Gesù, un particolare significato.

Ho voluto celebrare questo "mistero" della vita di Cristo, conferendo in questa Basilica il Sacramento del Battesimo ad alcuni bambini e bambine nell'Anno Giubilare della Redenzione, per sottolineare che mediante questo Sacramento giunge, a coloro che lo ricevono, il dono della Redenzione, e viene ad essi applicata l'opera della salvezza e della santificazione, operata da Gesù con la sua offerta al Padre celeste.

La parola di Dio, che abbiamo ascoltato, ci presenta Gesù di Nazaret come il "servo di Dio", profetizzato nel Libro di Isaia; il servo, oggetto dell'elezione e della compiacenza divina, compirà la sua missione con un atteggiamento di totale adesione alla volontà del Signore e di esemplare umiltà nei confronti degli uomini; sarà stabilito come "alleanza del popolo", come "luce delle Nazioni", cioè dei popoli pagani, per dare la vista ai ciechi e la libertà ai prigionieri.

Questo misterioso "Servo di Dio" è il Cristo, che porta la salvezza all'umanità. Nella narrazione evangelica testé ascoltata, appena Gesù è battezzato da Giovanni, si aprono i cieli, lo Spirito di Dio scende sul Cristo come una colomba e una voce - quella del Padre - dice: "Questi è il mio Figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto".

Alla profezia subentra ormai la realtà: il compiacimento di Dio per il suo Servo è il compiacimento del Padre per il suo Figlio eterno, che ha assunto la natura umana e che, con un gesto di profonda umiltà, ha chiesto a Giovanni quel battesimo, che era solo figura di quello che egli stesso avrebbe istituito non più come preparazione alla grazia ma come conferimento della grazia.

Carissimi fratelli e sorelle qui presenti, e, in particolare, voi che siete i padri, le madri, i padrini e le madrine di questi bimbi che fra poco riceveranno il Battesimo! La Chiesa continua ad obbedire nei secoli alle parole rivolte da Gesù agli Apostoli: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.

Andate dunque e ammaestrate tutte le Nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,18-19).


2. Questi bimbi, frutto stupendo dell'amore dei genitori e altresi del misterioso gesto creativo di Dio, sono nati alla vita naturale. Ma, fra qualche istante, essi saranno protagonisti di una nuova nascita, quella alla vita soprannaturale, meritataci da Cristo: "In verità, in verità ti dico - sono parole di Gesù a Nicodemo -, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne, e quel che è nato dallo Spirito è Spirito" (Jn 3,5-6).

Il Battesimo è una rigenerazione spirituale, una "nascita dall'alto" (cfr. Jn 3,7), non meno vera e reale della nascita alla vita terrena. Questi bimbi mediante il Battesimo - come ci insegna la fede cristiana - saranno liberati dal peccato originale, saranno interiormente santificati per mezzo dell'infusione della grazia santificante, insieme con i doni degli abiti delle virtù teologali della fede, della speranza, della carità e dei doni dello Spirito Santo; saranno incorporati e resi conformi a Cristo e perciò diventeranno, in lui, figli di Dio, inseriti nella Chiesa, corpo mistico del Verbo incarnato.


3. Questa vita divina, che sarà loro comunicata dal Sacramento, dovrà crescere, maturare, perfezionarsi lungo il cammino della loro vita: "I seguaci di Cristo, chiamati da Dio e giustificati in Gesù Cristo, non secondo le loro opere ma secondo il disegno e la grazia di lui, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della vita divina, e perciò realmente santi.

Essi quindi devono, con l'aiuto di Dio, mantenere e perfezionare, vivendola, la santità che hanno ricevuta" (LG 40).

E' compito e dovere di tutta la Chiesa, ma in special modo dei genitori, dei padrini e delle madrine aver cura di aiutare questi nuovi figli di Dio nella loro crescita soprannaturale, offrendo loro ogni giorno l'esempio costante, generoso e costruttivo di una esistenza vissuta integralmente secondo le esigenze del Vangelo.

E' questo l'augurio che oggi io rivolgo a questi piccoli, nuovi cristiani, nuovi membri della Chiesa in esultanza, nuovi frutti della Redenzione! E' questo l'impegno di responsabilità cristiana, che affido e consegno a voi tutti che mi ascoltate, in questa celebrazione comunitaria del santo Battesimo! così sia!

Data: 1984-01-08 Data estesa: Domenica 8 Gennaio 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nell'Epifania il valore ecclesiale della maternità di Maria

Testo:


1. In questa domenica a cui, in molti Paesi, è trasferita la solennità dell'Epifania del Signore, la Chiesa, mentre celebra la manifestazione luminosa del Salvatore alle genti e la vocazione universale alla salvezza, contempla pure la Vergine Madre che offre il Figlio all'adorazione dei Magi. Fin dall'antichità, infatti, l'Epifania è considerata un momento significativo dell'Incarnazione del Salvatore e quindi anche della divina maternità di Maria. Ma nell'avvenimento narratoci da san Matteo, Maria, allorché presenta il Figlio ai Magi, non compie soltanto un suo gesto personale di Madre, ma è anche figura della Chiesa che, in qualità di madre di tutte le genti, nella persona di Maria, dà inizio alla sua opera di evangelizzazione. Questo significato personale ed ecclesiale della maternità verginale di Maria nella solennità odierna, ci sospinge ancora una volta a soffermarci sulla Vergine-Madre, per approfondire il valore ecclesiale di tale mistero.

Maria, infatti, è prototipo della Chiesa nella maternità verginale, mistero essenziale che la unisce alla Chiesa in una comune vocazione e missione.

Il Cristo, come dice il Concilio Vaticano II, è nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, onde poter continuare in un certo senso a nascere e a crescere nella Chiesa sempre per opera dello Spirito Santo.

Ambedue, Maria e la Chiesa, sono templi viventi, santuari e strumenti per mezzo dei quali e nei quali si manifesta lo Spirito Santo. Esse generano in maniera verginale lo stesso Salvatore: Maria porta la vita nel suo seno e la genera verginalmente; la Chiesa la dona nell'acqua battesimale e nell'annuncio della fede, generandola nel cuore dei fedeli.


2. Nel mistero della Chiesa, che a sua volta è giustamente chiamata Madre-Vergine, la beata Vergine Maria dà, per prima e in modo eminente, l'esempio della Vergine e della Madre. In questo stretto rapporto tipologico, la maternità di Maria riceve luce e significato dalla maternità della Chiesa, della quale è membro e figura, e la maternità della Chiesa riceve luce e prende inizio reale dalla maternità di Maria, nella quale si sente già tutta perfettamente realizzata. Come Maria anche la Chiesa è vergine e, nel generare i figli di Dio, essa conserva integralmente la fede, la speranza e la carità.

La maternità verginale, che Maria e la Chiesa hanno in comune, fa di esse un'unità indivisibile e indissolubile, come in un unico sacramento di salvezza per tutti gli uomini.

Rallegriamoci, dunque, fratelli e sorelle, in questo giorno così significativo per la nostra salvezza, nel quale il Salvatore, la sua Chiesa e Maria ci appaiono intimamente uniti.

Data: 1984-01-08 Data estesa: Domenica 8 Gennaio 1984




Al Giubileo dei bambini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cercate di essere sempre, anche da grandi, buoni amici di Gesù

Testo:


1. Cari bambini, sono molto lieto di trovarmi in mezzo a voi, che fate corona al Bambino Gesù. Sono convinto che siete contenti anche voi. Non è vero? Voglio ripetervi quanto già sapete bene: voi siete i prediletti del Papa. Questa cosa l'ho detta tante volte a bambini come voi, di ogni Nazione.

Nella grande famiglia, che è la Chiesa cattolica, composta di tanti membri piccoli e grandi, i bambini sono i figli più cari. Sapete perché? Perché in voi si rispecchia più pura, più limpida, più trasparente l'immagine di Dio, il nostro Padre celeste, che ci ha creati per amore.

E poi voi siete i piccoli amici di Gesù: cioè del Figlio eterno del Padre che si è fatto uomo, uno come noi, per la nostra salvezza: si è fatto bambino, uno come voi, per portare nel mondo i doni dell'amore, della bontà, della pace.


2. Noi contempliamo questo divino Bambino nell'immagine tanto venerata e amata da voi romani, che tutti gli anni salite con i vostri genitori la scalinata che porta all'Aracoeli, per esprimere il vostro amore. Oggi anche il Papa ha la gioia di vederlo e di adorarlo qui, insieme con voi.

I vostri canti, le vostre poesie, le vostre letterine mi hanno commosso.

Voi le avete destinate al Bambino Gesù e anche al Papa, che è sulla terra il Vicario e l'annunciatore dei doni che questo Bambino ha portato nel mondo: la verità e l'amore. Vi ringrazio a nome di Gesù. E ringrazio i bravi cantori, i bravi poeti, i bravi piccoli attori, e tutti coloro che li hanno preparati e guidati.

Ringrazio anche gli ascritti alla Pontificia opera dell'infanzia missionaria, che educa i bambini all'amore per le missioni e all'aiuto spirituale e materiale per tanti coetanei delle Nazioni che non conoscono ancora Gesù.

Ringrazio voi tutti, carissimi, e ciascuno di voi, perché avete fatto tanta festa a Gesù, "il Diletto che pascola il gregge fra i gigli" (Ct 2,16).


3. Ma adesso voglio chiedervi qualche cosa a nome di Gesù. Voi rispondete con sincerità alle mie domande: Ditemi, cari bambini: - Volete proprio bene al Bambino Gesù? - Volete che Gesù regni nei vostri cuori? - Volete che Gesù regni nel mondo? - Volete che in questo Anno Santo della Redenzione Gesù faccia più buoni tutti i bambini e tutti gli uomini della terra? - Volete che in tutto il mondo, in tutte le Nazioni, in tutte le famiglie, scenda la benedizione e la pace del Signore? Il Papa sapeva che avreste risposto tutti con un bel "si", così forte da far quasi tremare le pareti di questa sala. Ma ora vi faccio altre domande, e sono certo che anche a queste domande risponderete con sincerità.

Cari bambini, volete essere buoni, sempre più buoni per amore di Gesù? - Più fedeli ai vostri doveri di preghiera, di studio, di carità fraterna? - Più obbedienti ai vostri genitori e superiori? - Cercherete di essere sempre, anche da grandi, dei buoni amici di Gesù? - Promettete di pregare per la Chiesa e per il Papa? Ed ecco che io devo di nuovo ringraziarvi di questa promessa. Si, vi ringrazio e nel nome di Gesù Bambino vi benedico di tutto cuore, con le vostre famiglie. Lo stesso ringraziamento e la stessa benedizione estendo ai bambini delle varie Nazioni qui presenti, e a quelli che sono a noi uniti mediante la radio e la televisione.

Ora pregheremo insieme e alla fine di questa celebrazione del vostro Giubileo vi impartiro la benedizione col Santo Bambino di Aracoeli.

Data: 1984-01-08 Data estesa: Domenica 8 Gennaio 1984





A parlamentari libanesi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solidarietà e unità necessarie alla sopravvivenza del Libano

Testo:

Signori deputati.

La vostra presenza qui, questa mattina, è per me motivo di profonda soddisfazione. Saluto in voi, innanzitutto, i membri della nobile comunità maronita, che la Chiesa universale ha sempre tenuto in alta considerazione non solo per le sue tradizioni spirituali, ma anche per il coraggio con cui i suoi figli hanno saputo testimoniare la loro fede in Cristo a volte fino al martirio.

Non dimentico poi che avete ricevuto dai vostri concittadini il mandato di esercitare la carica parlamentare in un Paese che ha voluto ispirarsi all'ideale democratico e garantire così una fruttuosa coesistenza tra diverse religioni e culture. In questo modo è possibile comprendere l'influenza del Libano nella regione e anche fuori.

La Santa Sede segue con attenzione particolare l'evoluzione della situazione politica del vostro Paese e non risparmia alcuno sforzo, lo voglio sottolineare, affinché venga ristabilita al più presto la pace e i libanesi possano vivere una vita rispondente alle aspirazioni di un popolo che ha troppo a lungo sofferto per l'atroce scatenarsi delle passioni e dei conflitti, interni o imposti dall'esterno.

Facendo questo, la Sede Apostolica intende non solo contribuire alla difesa dei diritti fondamentali dell'uomo sui quali si fonda la stabilità della società, ma intende sostenere e promuovere risolutamente ogni sforzo per il riconoscimento dell'esistenza e dei diritti delle comunità cristiane. Certamente, non si tratta di reclamare privilegi indotti, ma semplicemente si tratta di garantire, nella giustizia, la presenza, l'attività e lo sviluppo di queste comunità. In questo modo, esse saranno meglio in grado di testimoniare nella società pluralistica libanese i valori evangelici e costituiranno un apporto e una ricchezza di cui beneficerà l'intero Paese.

Desidero dire, inoltre, quanto mi senta vicino a quei padri e madri di famiglia che piangono per la perdita dei loro cari, hanno visto gli sforzi di tutta un'esistenza distrutti nella perdita dei loro beni e sono preoccupati per il futuro dei loro figli, come pure sono vicino a tutti quei libanesi sinceri, che anelano ad un Libano prospero e felice, che non hanno davanti che il desolante spettacolo di un campo di battaglia. Il pericolo da evitare, di fronte alla stanchezza e alla disperazione, è quello di rassegnarsi ad accettare una soluzione politica qualsiasi pur di porre fine alle lotte che distruggono il Paese. Se un tale stato d'animo è ben comprensibile nel drammatico contesto del Libano d'oggi, io sento il dovere di richiamare a tutti il coraggio della speranza che trova la sua origine in Dio misericordioso, nel quale tutti i libanesi, cristiani e musulmani, attingono il loro senso dell'uomo, della sua dignità e della sua capacità di rispetto dell'altro. Sono molto cosciente che tanti anni di guerra - con le vittime, spesso innocenti, le distruzioni e le apprensioni per il futuro - hanno generato reazioni eccessive e atteggiamenti intransigenti. Ma sono tanto più convinto che non è troppo tardi per superare diffidenza e rancore. Lo ricordavo recentemente, nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace: "la pace nasce da un cuore nuovo".

In questo inizio d'anno, non ci sono da formulare auguri migliori per il Libano, se non che i cittadini di questa nazione così provata, uniti attorno alle legittime autorità, trovino la volontà e la forza per far nascere, in un dialogo lucido e sincero, quei valori indispensabili per la sopravvivenza del Libano che sono la solidarietà e l'unità. Un tale progetto suppone che tutte le parti in causa siano disposte a sopportare dei sacrifici, a rinunciare a qualcosa, affinché solo il bene comune sia vittorioso.

Questa riconciliazione - e il rispetto della sovranità e dell'indipendenza del Libano da parte di tutti i Paesi preoccupati della sua dignità - contribuirà a consolidare i generosi sforzi e la buona volontà per l'avvento di una pace duratura alla quale aspirano tutti i libanesi.

Signori, è a voi, deputati maroniti, che affido questi ferventi voti affinché, sempre più convinti delle vostre responsabilità di cristiani e di politici, voi possiate, con tutti coloro che hanno potere decisionale, promuovere il bene del Paese ed essere artefici di un Libano nuovo in cui ciascuno si senta ascoltato, parte attiva di un destino comune! La mia paterna benedizione vi accompagni e si estenda all'intero popolo del Libano!

Data: 1984-01-10 Data estesa: Martedi 10 Gennaio 1984


GPII 1984 Insegnamenti - Messaggio alla Rai - Per i trent'anni di attività