GPII 1984 Insegnamenti - Nella parrocchia di San Giovanni Battista al Collatino - Roma

Nella parrocchia di San Giovanni Battista al Collatino - Roma

Titolo: La Chiesa vicina al mondo del lavoro

Testo:


1. "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (1Co 1,3).

Con queste parole dell'apostolo Paolo, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura dell'odierna liturgia, mi rivolgo a tutti voi, carissimi fratelli e sorelle di questa parrocchia di San Giovanni Battista al Collatino, e vi esprimo la mia profonda gioia di poter celebrare con voi il Sacrificio eucaristico.

Questa è la prima visita che compio ad una parrocchia romana nell'anno 1984: perciò auguro, anzitutto, un anno sereno, prospero e benedetto a tutti voi di questa comunità e a tutti i fedeli di Roma. Come successore di Pietro in questa Sede episcopale, vedo in voi gli eredi dell'antica Chiesa, che da quasi duemila anni è a Roma, da cui abbraccia tutti i popoli, vessillo di unità e di salvezza.

Siate fieri di appartenere a questa Chiesa, la quale esprime e garantisce la sua universalità ed è romana non tanto per quello che può aver assimilato dalla cultura e dall'ordinamento dell'Impero, ma principalmente per quello che essa vi ha inserito, cioè fa rivelazione divina, le sorgenti della grazia, la promulgazione dell'amore e la successione apostolica che la unisce a Gesù Cristo.

Si comprende così come sant'Ireneo potesse dire che alla Chiesa romana fa capo ogni altra Chiesa "propter potentiorem principalitatem" (cfr. "Adversus haereses" 3,2: PG 7, 848).

Alla luce di questa tradizione romana, il nostro incontro si arricchisce di un significato ecclesiale particolare nella celebrazione dell'Anno Santo della Redenzione, perché è a Roma, sulle memorie degli apostoli Pietro e Paolo, che si trova il centro dell'unità e della vitalità di tutte le Chiese. Nello spirito di queste stimolanti realtà, vogliamo oggi anche noi celebrare il Giubileo straordinario e acquistare l'Indulgenza plenaria per noi o per le anime dei nostri cari defunti.


2. A questo nostro incontro presiede spiritualmente san Giovanni Battista, sia perché egli è qui venerato come titolare della parrocchia, sia ancora perché il brano del Vangelo di Giovanni, che abbiamo poco fa ascoltato, ce lo presenta come testimone intrepido del Cristo. La figura del Battista ci richiama quel tempo dell'anno liturgico che va dalla prima domenica di Avvento fino alla festa del Battesimo del Signore, che abbiamo celebrato la scorsa settimana. In questo periodo l'abbiamo visto come il battezzatore e il precursore del Signore nello scenario austero e suggestivo insieme del fiume Giordano e del deserto di Giuda.

Oggi egli con la proclamazione di Gesù, quale "Agnello di Dio... che toglie il peccato del mondo" (Jn 1,29) apre il ciclo del tempo ordinario dell'anno liturgico, che è tutto incentrato sulla storia della salvezza, operata da Cristo.

Poiché l'immagine dell'Agnello di Dio è strettamente collegata con quella del servo sofferente, descritto dal profeta Isaia come "agnello condotto al macello" (Is 53,7) e all'agnello pasquale (Ex 12) che è simbolo della redenzione di Israele, con essa Giovanni ci addita il Cristo come Redentore. Gesù deve passare attraverso la passione, morte e risurrezione per poter battezzare "nello Spirito Santo" e operare la salvezza, come "figlio di Dio".

L'atteggiamento del Battista in questo brano è quello di colui che, a tappe, progredisce nella fede e nella conoscenza di Dio: dapprima dice di non conoscerlo, poi vede in lui il Messia-sofferente, infine il Santificatore e il Figlio di Dio (cfr. Jn 1,31-34). Questo atteggiamento è per noi esemplare, perché ci insegna ad accogliere il Cristo come colui che con il Battesimo instaura in noi una nuova realtà, una "nuova creazione", un nuovo regno: quello che è vivificato dallo Spirito Santo; ma ci insegna anche a iniziare un cammino di fede, in cui ci sentiamo sempre più impegnati nel rendere testimonianza a Cristo non solo come Figlio dell'uomo, ma anche come Figlio di Dio venuto a togliere dal cuore dell'uomo la radice di ogni male, cioè il peccato. Tutto questo evoca la delicata e commovente immagine dell'Agnello, con cui Giovanni Battista ha "manifestato" Cristo al mondo, in quel lontano giorno lungo le rive del Giordano.


3. Dobbiamo avere la mente e il cuore aperti per ricevere questa manifestazione, che non vuol essere tanto una conoscenza del mistero di Cristo, quanto una nostra immersione e un nostro assorbimento in esso. Si tratta in qualche modo di far nostri quei sentimenti espressi nel Salmo responsoriale, nei quali la tradizione cristiana ha visto raffigurato il Cristo stesso (cfr. He 10,5 He 10,7): "Sacrificio ed offerta non gradisci, / gli orecchi mi hai aperto. / Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. / Allora ho detto: "Ecco io vengo". / Sul rotolo del libro, di me è scritto / di compiere il tuo volere" (Ps 39,7-9).

Come abbiamo già accennato, il mistero di Cristo è mistero di obbedienza e di sacrificio: egli è come un docile agnello che si offre per tutti noi. Si direbbe che Giovanni Battista, dopo la sua confessione, abbia cominciato a tacere per dare voce a Cristo, il quale in questo salmo messianico, che è uno dei più avvincenti di tutto il Salterio, annunzia il compimento della nuova alleanza, cioè quel "canto nuovo" che si realizzerà con la venuta nella sua persona: "nel profondo del mio cuore". Non più i sacrifici dell'antica alleanza, ma l'unico e irripetibile sacrificio del "Figlio di Dio", il sacrificio del suo cuore, squarciato per la redenzione dell'uomo. E' questa "la giustizia" che egli ha annunziato "nella grande assemblea", cioè la salvezza operata in faccia al mondo, a riscatto di ogni uomo e di ogni donna che sono sotto il cielo.


4. Le ultime parole di questo Salmo rivelano la dimensione universale dell'opera del Redentore, la quale è stata già espressa nella prima lettura dal profeta Isaia: "E' troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di lsraele. Io ti rendero luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra" (Is 49,5-6). A questa visione profetica fa eco san Paolo nella seconda lettura di questa domenica, il quale parla dei cristiani di Corinto come di coloro che "sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro e loro" (1Co 1,1-2).

Come appare con chiara evidenza sia nella prima che nella seconda lettura, si tratta di una salvezza universale, avente carattere spirituale. In Isaia si parla di una grande luce, che apporterà alle Nazioni la conoscenza dell'unico vero Dio e del suo inviato, Cristo Signore. così infatti il vecchio Simeone saluto il fanciullo Gesù, allorché i genitori glielo presentarono al tempio: "Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo lsraele" (Lc 2,32).

Appunto di Cristo, luce e salvezza, hanno bisogno oggi, come ieri, tutti gli uomini: quelli vicini e quelli lontani, quelli credenti e quelli non credenti, essendo egli diventato per tutti "causa di salvezza eterna" (He 5,9).


5. Con questi pensieri, che ci provengono dalla liturgia di questa domenica e, in particolare, dalla figura vigorosa e affascinante del Battista, che voi onorate come patrono, esprimo unitamente al Cardinale Vicario Ugo Poletti e al Vescovo ausiliare del settore, Monsignor Alessandro Plotti, a tutti voi qui presenti e a tutti i componenti questa Comunità parrocchiale i miei saluti più cordiali. Saluto i sacerdoti dell'Opus Dei, a cui è affidata la cura pastorale di questo quartiere tiburtino; in particolare rivolgo un affettuoso pensiero a Monsignor Alvaro del Portillo, Prelato dell'Opus Dei, che già come collaboratore dell'ispirato fondatore, il Servo di Dio Josemaria Escriva de Balaguer, contribui all'erezione di questa parrocchia e del Centro internazionale di "Educazione, lavoro, istruzione, sport". Sono lieto di apprendere che in questa parrocchia si trovano ad operare tre comunità religiose femminili: le Suore della Divina Vocazione, che dirigono la scuola materna ed elementare di Nostra Signora di Guadalupe; le Figlie della carità di San Vincenzo de' Paoli per l'apostolato sociale, le Monache religiose della visitazione di Santa Maria, che vivono in clausura.

Mi fa anche piacere conoscere che in parrocchia esiste un ufficio assistenziale e un gruppo di volontariato vincenziano, che prestano concreto aiuto ai poveri e alle famiglie bisognose del quartiere. E' operante pure un gruppo della terza età che provvede all'assistenza degli anziani. Il mio plauso va anche ai catechisti, i quali sotto la direzione del parroco, don Francesco Angelicchio, e dei viceparroci, svolgono una capillare azione di evangelizzazione nei vari ambienti del quartiere, raggiungendo persone di ogni condizione di età.

Ma soprattutto desidero rivolgere un particolare saluto ai dirigenti e appartenenti al centro Elis, i quali con la loro opera di promozione umana e sociale rendono fecondo il terreno dell'intero quartiere in maniera da spianare la via all'azione pastorale della parrocchia. Questo centro è una chiara testimonianza dell'interesse della Chiesa per le classi lavoratrici. Come ebbe a dire Paolo VI nel giorno dell'inaugurazione, questa "è un'opera del Vangelo, tutta rivolta cioè a beneficio di quelli che ne profittano. Non è un semplice albergo, non una semplice officina o una semplice scuola, non è un campo sportivo qualsiasi: è un centro dove l'amicizia, la fiducia, la letizia formano atmosfera; dove la vita ha una sua dignità, un suo senso, una sua speranza; è la vita cristiana che qui si afferma e si svolge, e che qui vuol dimostrare all'atto pratico molte cose assai interessanti per il nostro tempo" ("Insegnamenti di Paolo VI", 1965, p. 649).

Cari giovani, sappiate profittare di questa opportunità che vi si offre per imparare a vivere nella gioia, nell'impegno umano e cristiano, e nella leale convivenza con gli uomini. Mentre vi addestrate professionalmente in questo centro, date prova di essere capaci di vivere in modo responsabile e di compiere quell'esperienza spirituale, che prende luce e significato dalla persona e dalla dottrina del Cristo.


6. Cari fratelli e sorelle! Sono passati quasi duemila anni da quando i vostri lontani antenati - i romani - nei tempi dei Cesari dell'antico impero, hanno ricevuto dalle labbra degli apostoli Pietro e Paolo il messaggio evangelico.

Dall'inizio il raggio del mistero della Redenzione si è esteso su questa città, di cui voi siete oggi cittadini.

Vengo a voi come Vescovo di Roma per dare testimonianza a questo mistero salvifico: per professare il Verbo che si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Contemporaneamente, in virtù di questo mio ministero episcopale, vi faccio la domanda che nasce dalla liturgia di oggi: Accolgono tutti questo Verbo che si fece carne? Attingono tutti da lui questa potenza per diventare figli di Dio? Sono domande fondamentali.

Il servizio vescovile consiste appunto nel porre instancabilmente queste domande fondamentali perché se ne trovino sempre le risposte nella comunità di ogni parrocchia. Infatti l'intera comunità della Chiesa porta in sé una viva partecipazione a quel "Battesimo con lo Spirito Santo" che, secondo le parole del suo Precursore, ebbe inizio sulle sponde del Giordano con Gesù di Nazaret: nato da Maria Vergine, Figlio del Dio vivente.

Che anche questa comunità partecipi sempre vitalmente a questo mistero di grazia e di rinnovamento e viva della grazia della Redenzione.

Ai singoli gruppi [Ai bambini:] Voi vi state preparando a ricevere Cristo, a ricevere il suo Santo Spirito nei vostri cuori, vi preparate a diventare Chiesa. Questa porzione della Chiesa che si chiama parrocchia San Giovanni Battista si apre oggi alla visita del Papa e il Papa cerca di entrare in questa vostra comunità come in una famiglia. Voi siete la parte più giovane di questa famiglia, costituite il futuro di questa comunità parrocchiale. Gesù, lo sappiamo, ha molto amato i bambini, e li ha sempre fatti avvicinare; anzi, rimproverava gli apostoli quando non volevano permettere che si avvicinassero a lui i bambini e con loro le mamme.

E così è ancora oggi nella Chiesa: noi diveniamo comunione o meglio ci mettiamo in comunione con Gesù tramite i bambini. E così vogliamo fare oggi, per realizzare una speciale comunione con la vostra parrocchia: dobbiamo far avvicinare i bambini. Sono loro che ci aprono le porte a Cristo. Voi oggi avete fatto come si dice nel canto che avete eseguito poco fa, "Aprite le porte a Cristo": voi avete aperto le porte della vostra parrocchia al successore di Cristo, che viene in suo nome e vuole essere tra voi il servitore di Gesù, come lo erano gli apostoli e come lo sono i loro successori. Io auguro a voi bambini, a voi più giovani parrocchiani, di crescere spiritualmente, di crescere nella fede, di crescere nella grazia, e anche nell'età, certamente. Voi sapete che Gesù è si cresciuto di età, ma è soprattutto cresciuto nella grazia e nella sapienza. Io vi auguro la stessa cosa. Siamo ancora vicini alla giornata del Natale e dunque ci troviamo ancora quasi nell'ambiente di questa santissima famiglia di Nazaret: io voglio augurare che nelle vostre famiglie si crei quell'ambiente, e che si crei in questa grande famiglia che è la vostra parrocchia e che ciascun bambino cresca nella fede, cresca nella grazia, cresca come uomo e come cristiano, cresca come un santo perché con la grazia siamo chiamati anche alla santità. E se dobbiamo avvicinare Gesù, se dobbiamo riceverlo nei nostri cuori, se dobbiamo ricevere lo Spirito Santo, lo dobbiamo ricevere nella santità, per crescere nella santità. così, augurandovi questa crescita saluto tutta la comunità parrocchiale, i vostri genitori, i vostri insegnanti, le vostre suore, e finalmente i vostri pastori, il parroco coi suoi collaboratori.

[Al Consiglio pastorale e al volontariato vincenziano:] Vi ringrazio per l'apostolato da voi svolto a seconda dei vostri diversi carismi. Anche nella Chiesa delle origini esistevano carismi diversi così come carismi diversi esistono nella Chiesa di oggi. Ed è una cosa che si vede dappertutto, in ogni parrocchia. E forse lo si vede di più in una parrocchia, perché una parrocchia è una comunità di base, dove la Chiesa è più visibile come realtà umana e insieme carismatica: ciò vuol dire che è una realtà umana segnata da diversi carismi. Io vi auguro di seguire sempre questi vostri carismi perché sono doni dello Spirito per il bene della comunità. perciò vi auguro di seguirli anche per il bene della vostra comunità.

[Ai catechisti:] La vostra è un'opera importantissima e fondamentale. Lo è tanto per i catechizzati quanto per i catechizzanti perché qualche volta, come mi ha detto poco fa uno di voi, siete i testimoni delle meraviglie della grazia di Dio. Per la conversione ci vuole la fede; per la fede ci vuole la Parola, la Parola predicata, la Parola portata, portata con la fede, portata nella successione apostolica. Questo ci vuole per la fede e per la conversione. Vi auguro di vivere ancora più profondamente questa vostra opera e di continuarla in uno spirito più apostolico e più corrispondente alla vostra formazione specifica.

Io so che molti di voi sono membri dell'Opus Dei e quindi avete una vocazione ancora più specifica. Vi auguro di essere sempre più Opus Dei e di fare Opus Dei in ogni dimensione del mondo umano e anche del mondo creato. E forse in questa formula si trova la realtà teologica, la natura stessa della vostra vocazione in quest'epoca della Chiesa che stiamo vivendo e in cui voi siete chiamati a vivere e ad operare.

[Ai giovani:] Sono certo che voi, oltre ad essere i giovani del quartiere, della parrocchia, siete anche gli allievi, i componenti di questo centro Elis. Volevo richiamare ora la vostra attenzione su due cose che possono sembrare occasionali. La prima è la parola testimonianza. Voi mi avete presentato una serie abbastanza breve ma significativa di questa testimonianza. E' una cosa molto bella: si deve pensare sempre che il Signore Risorto ha chiesto agli Apostoli una testimonianza. La testimonianza soprattutto della sua risurrezione; poi naturalmente della sua vita e della sua morte, e del suo Vangelo. E se noi rendiamo le testimonianze di cui avete parlato voi questa sera, o di tante altre in circostanze diverse, rendiamo pur sempre delle testimonianze, perché in tutti i casi, anche quelli molto semplici, molto particolari, in ogni racconto riferito a un amico, a un'amica, a un dialogo, a una conversione, a una confessione c'è sempre un elemento di quella testimonianza fondamentale: la forza di Cristo. Io, seguendo le vostre testimonianze, più volte, anche questa sera, vedo che in ognuna di esse si manifesta tale forza di Cristo. Questa osservazione forse può aiutarvi a proseguire con questo metodo. Poi voglio fermare la vostra attenzione proprio sulle vostre chitarre. Lo voglio fare congiungendo questo tema al tema delle testimonianze. La Chiesa nei duemila anni della sua missione ha saputo servirsi di diverse arti, divenendone alleata, soprattutto della musica. Noi sappiamo qual è il ruolo della musica nella liturgia e nell'espressione anche popolare della fede.

Noi sappiamo quanta ricchezza esiste nella musica liturgica e nei canti di tanti Paesi. Penso per esempio alla ricchezza dei canti natalizi della mia Nazione, nella tradizione polacca. Ma vedo ricchezze analoghe qui in Italia e certamente in tanti altri Paesi e popoli del mondo. Perché la chitarra? La generazione moderna ha fatto della chitarra una sua alleata nella testimonianza, una testimonianza fatta a Cristo perché con questo strumento musicale si esprime in modo moderno quello che il giovane di oggi vuole esprimere nella sua testimonianza, e la chitarra lo aiuta nel rendere questa testimonianza a Cristo crocifisso, risorto, a Cristo nato, a Cristo battezzato, a Cristo Maestro, a Cristo semplicemente. Io vi auguro di continuare con questo metodo nel dare la vostra testimonianza a Cristo e di essere sempre aggiornati, moderni in questa vostra testimonianza, perché voi siete i figli della vostra generazione, della vostra epoca e dovete anche essere apostoli della vostra generazione".

Data: 1984-01-15 Data estesa: Domenica 15 Gennaio 1984




Alla Giunta comunale di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Collaboriamo per il bene dei cittadini"

Testo:

Signor sindaco! Signori membri della Giunta e del Consiglio del comune di Roma!


1. Vi ringrazio per questa vostra visita, in occasione del nuovo anno da poco iniziato e vi saluto tutti cordialmente, esprimendo il mio compiacimento per questo incontro: esso, infatti, nonostante il suo ricorrente ritmo annuale, è sempre un'occasione gradita sia per la possibilità di porgere gli auguri alle vostre persone, sia per riflettere insieme un istante sulle vicende di questa città, le quali di anno in anno intessono la sua storia e, mentre fanno pensare ai suoi problemi immediati, si intrecciano strettamente con gli avvenimenti del suo augusto passato.

La vostra presenza rievoca anzitutto nel mio animo le grandezze di questa città, ricca di monumenti profani e sacri studiati e amati dagli storici, dagli artisti, dai letterati e dai santi di ogni epoca; di questa "patria communis" che ha affascinato i grandi spiriti di ogni secolo. Già nell'antichità classica Orazio la salutava come "caput rerum" ("Hist." II,32) e Virgilio, facendogli eco, la definiva "pulcherrima" ("Georg." 11,534); mentre Rutilio Namaziano ne lodava la capacità di aver saputo armonizzare le varie esigenze di popolazioni differenti per cultura e civiltà in una visione unitaria, quando esclamava nel noto verso: "fecisti patriam diversis gentibus unam" ("De reditu suo", I,63).


2. Ma Roma è altresi la città a cui approdo il pescatore di Betsaida, l'apostolo Pietro, il portatore della Lieta Novella, la quale, lungo le strade che da qui si diramavano e si diramano, si diffuse nel mondo, si estese alle Nazioni lontane, diventando centro irradiatore di fede, di amore, di pace e di speranza. Questa duplice missione di Roma, cioè di essere centro della civiltà latina e insieme fulcro di propulsione del messaggio evangelico e della carità universale è una realtà stupenda.

Per questo Roma è stata, attraverso i secoli, meta incessante di visitatori e di pellegrini, i quali vi hanno ricevuto e insieme portato inestimabili valori di carattere sociale, culturale e spirituale, oltre che vantaggi economici. Essa si è sempre distinta per quel tipico spirito di accoglienza e ospitalità che l'ha resa famosa e ammirata nel mondo intero. Chi non ricorda, ad esempio, le pagine vibranti e ricche di sentimento del libro "Italienische Reise" di Wolfgang Goethe, il quale durante il suo secondo soggiorno a Roma, annotava: "Ritrovo la mia prima giovinezza... e, nello stesso tempo, l'elevatezza e la maestà delle cose che vedo mi spingono ad altezze quali potrà attingere solo la mia tarda età... C'è una sola Roma al mondo e mi ci trovo come un pesce nell'acqua". Egli più tardi dirà: "E' a Roma soltanto che io ho sentito ciò che significa essere un uomo nel vero senso della parola". Voce di poeta, si dirà, ma sta di fatto che Roma infonde, a chi ne coltiva l'amore, forze spirituali originali e potenti.


3. Ma la vostra presenza richiama al mio animo anche i numerosi ed enormi problemi che oggi, più che mai, la città pone a quanti, come voi, sono pensosi della cosa pubblica. Infatti, il suo sviluppo vertiginoso esige un impegno responsabile e operante per venire incontro alle attese dei cittadini, i quali soprattutto nei nuovi quartieri avvertono il bisogno di un'azione efficace in campo urbanistico, sociale, culturale e spirituale.

In particolare i problemi dell'urbanesimo pongono una questione che tocca gran parte dei cittadini. Molti di essi, infatti, sono costretti a vivere in condizioni di vita talora disumanizzanti, le quali degradano le coscienze e nuocciono all'istituzione familiare, essendo esse un attentato alla stessa dignità della persona umana, oltre che al suo sviluppo e alla sua promozione. Le nuove coppie di sposi che attendono invano un'abitazione decente a un prezzo accessibile e tante famiglie che vivono sotto l'incubo di uno sfratto in corso spesso si demoralizzano e si chiudono in un amaro atteggiamento di protesta. I ragazzi rifuggono da una casa inospitale e cercano nella strada compensazioni spesso fatali per il loro avvenire. E' urgente costruire nuove strutture abitative, in cui l'uomo possa soddisfare le esigenze della sua personalità. E' vero, sono problemi comuni a tutte le grandi città, ma a Roma essi assumono aspetti specialissimi e pongono interrogativi inquietanti. Sono queste le tremende responsabilità che assillano il vostro quotidiano impegno di amministratori. Si tratta di aiutare i più abbandonati, gli emarginati, gli svantaggiati fisicamente e psichicamente e gli anziani, la cui situazione sembra diventare sempre più difficile e richiede perciò una particolare attenzione e urgenti interventi che tengano conto dell'attuale stato di abbandono e di solitudine in cui spesso sono relegati e della necessità di lungimiranti provvedimenti. Si tratta, in una parola, di porre ogni sforzo per risolvere quelle "contraddizioni" e sperequazioni sociali, di cui ha fatto menzione il signor sindaco.


4. Accanto a questi problemi, e ad altri che non cessano di preoccupare, come i tristi fenomeni della disoccupazione, della droga e dei rapimenti a fine di estorsione, desidero accennare ad un altro impegno che non può essere disatteso.

Intendo riferirmi alla sollecitudine per le sorti spirituali e materiali di Roma, a cui sia le autorità ecclesiastiche, sia quelle civili, sempre nel rispetto delle proprie sfere e competenze, sono tenute a portare il proprio contributo. Esprimo apprezzamento, a questo riguardo, per l'attenzione e l'aiuto prestati alla Caritas diocesana, a favore dell'istituzione della mensa con i fondi stanziati dalla regione.

Ecco un'espressione significativa della possibile collaborazione tra le autorità dei due ordinamenti, civile e religioso, posta a servizio dell'uomo, con la lodevole partecipazione del volontariato. Mi auguro che questa collaborazione possa trovare altre espressioni al servizio di tanti bisognosi.


5. Specialmente in questo Anno Santo della Redenzione, deve restare un punto di onore la tutela del carattere specifico di Roma, centro del cattolicesimo. La singolare fisionomia dell'Urbe, custode di memorie che sono tra le più sacre e che formano un punto d'incontro di innumerevoli pellegrini che ad esse vengono con preciso intento spirituale, non può permettere che siano disattese le particolari esigenze e trascurati i doveri ad essa inerenti. Sono profondamente grato per tutto quanto è stato fatto, affinché questo carattere unico della città sia rispettato e affinché non restino deluse le aspettative dei cittadini di altre Nazioni, che qui vengono per ritemprare la loro fede ed essere in essa confermati, secondo il carisma affidato a Pietro (cfr. Lc 22,32).

Il discorso del signor sindaco circa l'attenzione, lo studio e il lavoro che impegna l'amministrazione capitolina ha dimostrato che questi problemi non sono ignorati. Lo ringrazio vivamente e gli esprimo i miei sentimenti di rispetto per quello che si fa per interpretare, tutelare e servire gli interessi di una metropoli come Roma, la quale ha fatto del rispetto e della difesa di tutti gli uomini, specialmente degli ospiti e forestieri, il suo punto di onore.


6. A conclusione di questo significativo incontro, sento il dovere di porgervi il saluto di pace nello spirito del mio recente Messaggio per la XVII giornata mondiale della pace: "E' necessario acquisire un cuore nuovo, promuovere una mentalità nuova di pace; ogni uomo e ogni donna, qualunque sia il suo posto nella società, può e deve assumere effettivamente la propria parte di responsabilità nella costruzione di una vera pace nell'ambiente in cui vive: famiglia, scuola, impresa, città". La pace sia veramente frutto di tale impegno, e legittima aspirazione di ogni cuore; è l'augurio che a voi rivolgo dal profondo del mio animo, a conforto del vostro impegno civile e a conferma dei miei voti benedicenti.

Data: 1984-01-16 Data estesa: Lunedi 16 Gennaio 1984




Al Pontificio Consiglio per la cultura - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Invito alle nuove generazioni a costruire una cultura di pace

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato, cari amici.

Vi do il più cordiale benvenuto, felice di ritrovarvi nel corso della vostra riunione annuale a Roma per un periodo privilegiato di riflessione e orientamento in comunione col Papa. Attraverso la vostra persona io saluto rispettosamente gli uomini di cultura dei diversi continenti. Voi conoscete l'importanza vitale che io attribuisco al divenire delle culture del nostro tempo e al loro incontro fecondo con la Parola salvifica di Cristo liberatore, sorgente di grazia anche per le culture.


1. Durante queste giornate di lavoro voi fate il punto sulle attività del Pontificio Consiglio per la cultura, al fine di riflettere sulla sua azione futura a partire da uno sguardo cristiano sulle culture della fine del XX secolo.

Auguro a questo Consiglio, ultimo nato tra gli organismi della Curia romana, di assumere progressivamente il proprio ruolo e vi ringrazio per tutto ciò che avete compiuto dalla fondazione avvenuta nel maggio 1982. Ringrazio soprattutto il Cardinale Garrone, presidente del Consiglio di presidenza, il Cardinale Sales, Monsignor Paul Poupard, presidente del Comitato esecutivo, Monsignor Antonio Javierre Ortas, consigliere, Padre Carrier, segretario, e i loro collaboratori che si dedicano ai loro primi compiti di esplorazione e realizzazione, e i distinti membri del Consiglio internazionale il cui concorso qualificato è e sarà molto prezioso.

Già la Santa Sede e la Chiesa, grazie alle Università e alle Accademie ecclesiastiche, alle commissioni specializzate, alle biblioteche e agli archivi, hanno dato sempre al mondo un contributo particolarmente valido sul piano dell'educazione, dell'insegnamento e della ricerca, delle scienze e delle arti sacre. Vi collaborano diversi organismi delta Curia ed è sicuramente auspicabile che la loro azione si sviluppi ancora, in risposta alle esigenze del mondo contemporaneo e soprattutto che essa sia più armonica e conosciuta. Il vostro Consiglio ha la sua parte in questa attività e in questa cooperazione.


2. Il vostro ruolo è soprattutto quello di stringere relazioni con il mondo della cultura, nella Chiesa e al di fuori delle istituzioni ecclesiastiche, con i Vescovi, i religiosi, i laici impegnati in questo campo o i delegati delle associazioni culturali ufficiali o private, gli universitari, i ricercatori e gli artisti, tutti coloro che sono interessati ad approfondire i problemi culturali del nostro tempo. In accordo con le Chiese locali, voi contribuite a che questi rappresentanti qualificati facciano conoscere alla Chiesa i frutti delle loro esperienze, delle loro ricerche e delle loro realizzazioni a beneficio della cultura - che la Chiesa non saprebbe ignorare nel suo dialogo pastorale e che sono sorgente di arricchimento umano - e anche che essi ricevano, a questo proposito, la testimonianza dei cristiani.


3. Il pensiero va, naturalmente, alle organizzazioni internazionali come l'Unesco e il Consiglio d'Europa, le cui attività specifiche vogliono essere al servizio della cultura e dell'educazione. Il vostro Consiglio può contribuire - come già è stato fatto - a rafforzare una conveniente collaborazione con tali organismi che sono già in rapporto con la Santa Sede.

Il vostro ruolo vi dà diritto a partecipare, con gli altri rappresentanti della Santa Sede e della Chiesa, agli importanti congressi che trattano problemi della scienza e della cultura dell'uomo. In tali campi, la presenza della Chiesa, nella misura in cui essa è invitata, è particolarmente significativa e sorgente di grande arricchimento per il mondo come per se stessa ed è importante che essa vi consacri tutte le sue cure.


4. L'attività abituale del Consiglio è anche lo studio approfondito delle grandi questioni culturali dove la fede è interpellata e la Chiesa è particolarmente implicata. E' questo un servizio molto apprezzato dal Papa, dalla Santa Sede e dalla Chiesa. La collana "Culture e dialogo" - di cui già si conosce il primo ed interessante volume sul caso Galileo - vi potrà ugualmente contribuire, così come le diverse iniziative da voi previste per il dialogo tra il Vangelo e le culture.


5. Per la continuazione dei vostri progetti è bene rivolgervi - come avete cura di fare - alle Conferenze episcopali, al fine di raccogliere da parte loro le iniziative che mettono in pratica, nei loro ambiti, gli obiettivi del Concilio Vaticano II e in particolar modo della costituzione pastorale "Gaudium et Spes" sulla cultura. Conoscere meglio come le Chiese locali colgono le evoluzioni delle mentalità e delle culture nei loro Paesi, aiuterà a orientare meglio la loro azione evangelizzatrice. Sono state tentate delle esperienze pastorali interessanti in questo campo dal Concilio in poi, le quali permettono alle Chiese locali di affrontare, alla luce del Vangelo, i complessi problemi posti dall'emergenza di nuove culture e le sfide lanciate dall'assenza di cultura, le nuove correnti di pensiero, l'incontro a volte conflittuale delle culture e la ricerca leale del dialogo tra queste e la Chiesa.

Alcuni episcopati hanno già creato una Commissione competente per la cultura. Qualche diocesi ha nominato un responsabile, a volte un Vescovo ausiliare, che si fa carico dei nuovi problemi che pone una moderna pastorale della cultura. E' questa soluzione che io stesso ho creduto bene istituire, voi lo sapete, per la diocesi di Roma. Sarà prezioso far conoscere i risultati ottenuti da queste iniziative, suscitando così un utile scambio d'informazioni e una sana emulazione.


6. A buon diritto, inoltre, voi cercate di collaborare con le organizzazioni cattoliche internazionali. Molte fra queste organizzazioni sono particolarmente interessate ai problemi culturali e si sono già augurate questa cooperazione con voi. Le OIC sono agli avamposti nell'azione che i cattolici conducono per la promozione della cultura, dell'educazione, del dialogo tra le culture. Ecco perché sono lieto dell'attenzione mostrata dal vostro Consiglio in questo importante settore, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per il laici che ha la competenza per seguire, in generale, l'apostolato delle organizzazioni cattoliche internazionali.


7. D'altra parte, molti religiosi e religiose svolgono nel campo della cultura un'azione importante. Molti tra gli Istituti religiosi consacrati all'opera educativa e al progresso culturale, alla comprensione e all'evangelizzazione delle culture, hanno manifestato il desiderio di partecipare attivamente alla missione del Pontificio Consiglio per la cultura, al fine di cercare insieme, nello spirito di fraterna collaborazione, le vie migliori per promuovere gli obiettivi del Concilio Vaticano II in questi vasti campi. Insieme alla Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari, il vostro Consiglio potrà contribuire ad aiutare quei religiosi e quelle religiose nel lavoro specifico di evangelizzazione di cui sono incaricati per la promozione culturale dell'uomo.


8. Attraverso queste poche parole si comprenderà facilmente l'importanza e l'urgenza della missione affidata al Pontificio Consiglio per la cultura, missione che s'inserisce - da un punto di vista specifico - in quella degli organismi della Santa Sede e di tutta la Chiesa, che hanno la responsabilità di portare la Buona Novella a uomini segnati dal progresso culturale ma anche dai suoi limiti. Più che mai, in effetti, l'uomo è gravemente minacciato dall'anti-cultura, che si rivela, tra l'altro, nella crescente violenza, nelle lotte mortali, nello sfruttamento di istinti e interessi egoistici. Lavorando per il progresso della cultura, la Chiesa cerca, senza sosta, di far si che la saggezza collettiva prevalga sugli interessi che dividono. Bisogna permettere alle nostre generazioni di costruire una cultura della pace. Possano i nostri contemporanei ritrovare il gusto della stima per la cultura, vera vittoria della ragione, della comprensione fraterna, del sacro rispetto per l'uomo, che è capace d'amore, di creatività, di contemplazione, di solidarietà, di trascendenza! In questo Anno Giubilare della Redenzione che mi ha già dato il privilegio di accogliere il fervente pellegrinaggio di numerosi uomini e donne di cultura, imploro la benedizione del Signore sul vostro difficile e appassionante compito. Che il messaggio di riconciliazione, di liberazione e d'amore attinto alle vive fonti del Vangelo, purifichi e illumini le culture dei nostri contemporanei in cerca di speranza.

Data: 1984-01-16 Data estesa: Lunedi 16 Gennaio 1984







GPII 1984 Insegnamenti - Nella parrocchia di San Giovanni Battista al Collatino - Roma