GPII 1984 Insegnamenti - Alla diocesi di Sao Tomé e Principe - Città del Vaticano (Roma)

Alla diocesi di Sao Tomé e Principe - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rinnovamento della comunità ecclesiale nel dialogo e nella pace

Testo:


1. La diletta comunità ecclesiale di Sao Tomé e Principe sta commemorando, con azioni di grazia a Dio, il 450° anniversario della creazione della diocesi. Fu infatti nel 1534 che il mio predecessore Paolo III, sulla linea delle precedenti sollecitudini, con la bolla "Aequum reputamus" eresse Sao Tomé e Principe a sede episcopale di una vasta area di missione; oltre alle diverse isole, questa abbracciava una vasta fascia del continente africano, dal Rio de Santo André, fino al Capo di Buona Speranza.

Oggi, dopo vicissitudini storiche, nel corso dei secoli, la circoscrizione ecclesiastica assume i confini della giovane nazione che ha da poco conseguito l'indipendenza. Ho seguito con interesse sin dal principio la celebrazione di questa ricorrenza, per un momento rattristata dalla morte del dinamico amministratore apostolico, monsignor Joao de Freitas Alves, che Dio custodisca nel suo eterno riposo.

Partecipando in quel periodo al dolore di quanti, colpiti dal lutto, nella certezza che solamente alla luce di Cristo "si chiarisce l'enigma del dolore e della morte che, senza questa luce, ci annienta" (cfr. GS 21-22), esortavo tutti alla speranza della vita eterna, che si fonda sulla risurrezione del Signore.


2. Consapevole della sollecitudine per il bene di tutta la Chiesa e del dovere di confermare i fratelli nella fede (cfr. Lc 22,32), come successore di Pietro, per divina provvidenza, desidererei che i santomensi, e in particolar modo la comunità diocesana, sentissero in questo momento storico che il papa Giovanni Paolo II è spiritualmente e cordialmente presente, e condivide, nella carità divina, la loro lieta e grata lode a Dio. Ed è con una parola di speranza che, anche oggi, a tutti mi rivolgo.

"Siate sempre pronti a rispondere... a chiunque vi domandi ragione della vostra speranza" (1P 3,15): sono parole di san Pietro ai cristiani del suo tempo, che oggi ripeto alla cristianità di Sao Tomé e Principe. E come "essere sempre pronti"? Un giorno il Signore, parlando a coloro che dovevano essere le primizie della Chiesa, paragono la Chiesa stessa al lievito che una donna prende e mescola alla farina, affinché tutta la pasta fermenti (cfr. Mt 13,23). In seguito, tramite san Paolo, ci fa sapere che se il lievito perde vigore e invecchia a nulla serve: né per glorificazione personale, né per la lode a Dio (cfr. 1Co 5,6ss).


3. La data che si celebra a Sao Tomé e Principe evoca il momento storico, nel quale la Chiesa era impegnata in uno sforzo di rinnovamento, che ebbe il suo punto culminante nel Concilio di Trento. Trascorsi quattro secoli e mezzo, ci troviamo nuovamente in una fase di attuazione dell'impulso di rinnovamento del Concilio Vaticano II. La Chiesa cerca di rinnovarsi incessantemente perché deve conservare il vigore del "lievito" per fermentare la pasta dell'umanità chiamata alla salvezza.

Per felice coincidenza, il mondo cattolico sta celebrando la redenzione, nell'Anno Santo straordinario. I miei voti e le mie preghiere per la Chiesa che è in Sao Tomé e Principe, inserita e partecipe della vita di una società in una fase nuova e di ricerca della sua storia, non possono non essere sintonizzati con questo momento ecclesiale: che nel suo impegno a rinnovarsi, per l'evangelizzazione e riconciliazione costanti, percorra il cammino del dialogo, in un clima di libertà e di pace, contribuendo a che gli sforzi per il bene comune convergano, mediante l'azione del "lievito" evangelico, senza perdere vigore e senza esitazioni.

Pertanto, evangelizzata e riconciliata, e allo stesso tempo evangelizzatrice, la Chiesa-"lievito" ha bisogno di vivere la coscienza di essere sacramento e segno della presenza e dell'azione di Dio, che continua a voler riconciliare a sé il mondo, in Cristo (cfr. 2Co 5,19).


4. La cultura moderna, che sempre più assume dimensioni mondiali, come si sa, sembra tendenzialmente prescindere da Dio e voler relegare il problema religioso al piano delle sovrastrutture, dell'opzionale e dell'individuale. Ma l'esperienza dimostra che, non lasciando spazio alla dimensione trascendente e alla realizzazione piena della persona umana nella società, si apre il cammino alla relativizzazione del bene e del male; e mancando un prototipo di vera umanità, facilmente si cede alla tentazione di creare idoli, sempre fragili e, a volte, indegni dell'uomo in tutta la sua verità.

Senza questa verità e senza il riferimento all'ordine morale oggettivo, l'uomo si erge subito a gigante; ma, privo di animazione spirituale, non tarda a crollare su se stesso, per l'inclinazione alla triplice concupiscenza (cfr. 1Jn 2,16), che gli è derivata dalla caduta originale. Con la sua inquietudine, incertezza e anche debolezza e peccaminosità, con la sua vita e la sua morte, se l'uomo desidera comprendere e incontrare se stesso, deve avvicinarsi a Cristo e, in lui, assimilare tutta la realtà dell'incarnazione e della redenzione (cfr. RH 10).

Il popolo di Dio immerso nel mondo, e non raramente tentato dagli "idoli", per mantenersi "lievito" genuino e per poter evangelizzare con credibilità, deve costantemente trarre vigore dal mistero della redenzione, dalle "fonti del Salvatore" (cfr. Is 12,3).


5. Sono note la disponibilità e recettività all'evangelizzazione della popolazione di Sao Tomé e Principe: la sua religiosità, segnata dal senso della Provvidenza e dalla necessità della preghiera, così come dalla sequela alla parola di Dio e dalla devozione alla Vergine e ai santi, sono indice di ciò. Sembra essere, in verità, "un campo che biondeggia" (cfr. Jn 4,35). Ma come purificare, orientare e approfondire questa ricerca di Dio? Prioritario appare, precisamente, il lavoro di evangelizzazione che, come disse il mio predecessore Paolo VI nella "Evangelii Nuntiandi", consiste anzitutto "nel dar testimonianza in modo semplice e diretto di Dio rivelato in Gesù Cristo nello Spirito Santo" (EN 26). Questo, come è noto, comporta l'impartire un'istruzione religiosa, catechizzare e amministrare i sacramenti - cose ottime e necessarie - ma presuppone e intende qualcosa di più: l'esperienza della scoperta e dell'adesione a Cristo; incontrarsi con lui e lasciarsi incontrare da lui, che è nello stesso tempo "la via e la verità" e "la risurrezione e la vita" (cfr. RH 7).

Chi ha fatto realmente tale esperienza, saprà cogliere nella tradizione della Chiesa norme sicure per agire, così come saprà anche cogliere e vivere il messaggio esplicito del Vangelo, sempre attuale nelle diverse situazioni concrete, riguardo ai diritti e ai doveri di tutta la persona umana, riguardo la famiglia - senza la quale la realizzazione personale non è quasi possibile - e riguardo la partecipazione sociale e politica alla vita della comunità, per quanto concerne la promozione dello sviluppo, della giustizia, della libertà e della pace.


6. Per una tale evangelizzazione la Chiesa necessita, prima di tutto di strutture vive: di adoratori del Padre, di amministratori dei misteri di Dio e di ministri di Cristo, radicati nella forza della redenzione; ossia, necessita di sacerdoti, religiosi e religiose e persone consacrate. Impegnatevi e, soprattutto, pregate, implorando il padrone della messe, che mandi operai per la sua messe (cfr. Lc 10,2); e che questi, sempre più, siano santomensi! Campo, per eccellenza, in cui germoglino, crescano e prosperino le vocazioni per la consacrazione alla vita sacerdotale e religiosa "per amore del regno dei cieli", sono le famiglie timorose di Dio, fermentate dal "lievito" evangelico e capaci di assicurare il futuro dell'umanità, che passa, precisamente, attraverso la famiglia stessa (cfr. FC 86 Conclusione).

Ebbene, entrambe le cose - il moltiplicarsi delle vocazioni e le famiglie sante - esigono la corresponsabilità ecclesiale del laicato; anche i laici sono "lievito" della pasta: nella convivenza, nel lavoro, nella partecipazione sociale e politica, così come nei campi della cultura, delle scienze, dell'arte e delle comunicazioni sociali. Cristo insegna a tutti che il miglior uso della libertà è la carità, da realizzare nel dono di se stessi e nel servizio a Dio e al prossimo e, in tal caso, alla Chiesa.


7. Rivolgendo una parola di ringraziamento ai devoti missionari e di apprezzamento per l'azione dei Figli del Cuore immacolato di Maria, che nei tempi più recenti hanno assicurato il servizio ecclesiale in Sao Tomé e Principe, desidero dire: a tutti i sacerdoti, che li accompagno con stima, li ho presenti nella preghiera, fiducioso nella coerenza della loro fedeltà; ai religiosi e religiose, con analoga stima, che prego il Signore e li esorto alla generosità nel dono e nella risposta a Cristo, morto e risorto, che ha vinto il mondo; non abbiate paura!; a tutti i figli santomensi (adulti, giovani e bambini, pensando con affetto anche ai vecchi e agli infermi) che il Signore vuole e il Papa spera che siano sempre "lievito" del regno di Dio, con verità, rettitudine, solidarietà e amore, come costruttori di fraternità e di pace.

E su tutti invoco la grazia di Cristo, redentore degli uomini, per intercessione di Maria santissima - Madre della Chiesa e Madre della nostra speranza - da voi venerata come Nostra Signora della Grazia: che Dio, che in tutto coopera al bene di coloro che lo amano, come frutto della celebrazione del 450° anniversario della diocesi di Sao Tomé e Principe, vi incontri e vi faccia sempre più "lievito" nella pasta, nel consolidamento e nell'espansione del suo regno e nella costruzione di una società sempre più giusta, più umana e più prospera! Con questi voti, a tutti invio, di cuore, la mia propiziatrice benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 4 febbraio 1984

Data: 1984-02-04 Data estesa: Sabato 4 Febbraio 1984




Giubileo delle Chiese orientali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Pace in Libano e nei Paesi tormentati da guerre sanguinose

Testo:


1. "Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum". "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme" (Ps 132,1).

L'esclamazione del salmista è la prima espressione, che mi viene alle labbra in questo momento della liturgia bizantina, che ora concelebrano, nella cornice maestosa di questa Basilica vaticana, Sua Beatitudine il Patriarca greco melkita cattolico Massimo V insieme con i vescovi e presbiteri delle varie Chiese cattoliche di rito bizantino. Ad essi va il mio cordiale saluto, che si estende altresi ai numerosi fedeli presenti.

La molteplicità delle componenti etniche di questa solenne liturgia sembra avvicinare Roma a Gerusalemme nel giorno di Pentecoste, quando secondo la descrizione degli Atti degli Apostoli, "si trovavano in Gerusalemme uomini religiosi di ogni nazione che è sotto il cielo" (Ac 2,5). Il pensiero torna spontaneamente alle autorevoli espressioni con le quali il Concilio Vaticano II, dopo aver ricordato che la Chiesa "si compone di fedeli, che sono organicamente uniti nello Spirito Santo da una stessa fede, dagli stessi sacramenti e da uno stesso governo "nonostante la distribuzione in diverse Chiese particolari di varia tradizione liturgica, sentenziava: "Vige tra loro una mirabile comunione, di modo che la varietà della Chiesa non solo non nuoce alla sua unità, ma anzi la manifesta" (OE 2). Questa Eucaristia, alla quale insieme partecipiamo, costituisce l'eloquente riprova di quel solenne asserto, oltre che essere espressione della grande stima che l'intera Chiesa cattolica ha per le istituzioni, i riti liturgici, le tradizioni ecclesiastiche e la disciplina della vita cristiana delle Chiese orientali, illustri per veneranda antichità.

Al tempo stesso l'odierna liturgia rende più vivo il desiderio e più profonda la nostalgia di quella perfetta unione di tutti i cristiani, per la quale abbiamo celebrato recentemente, come ogni anno, la Settimana di preghiere. Il raggiungimento dell'unità piena è uno dei compiti che il Concilio ecumenico Vaticano II ha affidato in modo del tutto speciale alle Chiese orientali cattoliche. Dice, infatti, il decreto conciliare "Orientalium Ecclesiarum" (OE 24): "Alle Chiese orientali, aventi comunione con la Sede Apostolica romana, compete lo speciale ufficio di promuovere l'unità di tutti i cristiani, specialmente orientali, secondo i principi del decreto sull'ecumenismo promulgato da questo santo Concilio, in primo luogo con la preghiera, l'esempio di vita, la scrupolosa fedeltà alle antiche tradizioni orientali, la mutua e più profonda conoscenza, la collaborazione e la fraterna stima delle cose e degli animi".

Nella linea di queste direttive conciliari, noi vogliamo anche stamane elevare a Dio la nostra preghiera, perché siano affrettati i tempi della perfetta unità, in corrispondenza all'anelito del Divin Redentore: "ut unum sint" (Jn 17,11), e si possa così giungere a gustare in pienezza "quanto sia buono e soave per i fratelli vivere insieme".


2. Questa nota di unità sembra indicare san Paolo, nel brano della seconda Lettera ai Corinzi, poc'anzi proclamata. Egli designa il popolo di Dio quale "tempio del Dio vivente" e ne sottolinea tre caratteristiche: l'inabitazione di Dio e il cammino con Dio: "Abitero in mezzo a loro e con loro camminero e saro il loro Dio ed essi saranno il mio popolo"; la separazione dalla realtà e dall'impurità: "Uscite di mezzo a loro e riparatevi, non toccate nulla d'impuro"; l'amore paterno di Dio e l'amore filiale dei fedeli: "E io vi accogliero e saro per voi come un padre, e voi sarete come figli e figlie" (2Co 6,16-18).

Nell'esortazione finale dell'Apostolo compaiono poi in singolare evidenza gli scopi della celebrazione di questo Anno Giubilare della Redenzione.

Egli dice, infatti: "In possesso dunque di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la nostra santificazione, nel timore di Dio" (2Co 7,1).

E che cosa esige la Chiesa per ottenere il dono dell'indulgenza del Giubileo, se non questa purificazione totale della sensibilità e dello spirito, grazie alla quale i fedeli possano giungere a quella purificazione morale che è disaffezione dal peccato anche solo veniale, ed è segno di quel "compimento di santificazione", a cui san Paolo ci esorta: "Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione" (1Th 4,3)? E' consolante sapere che le Chiese orientali cattoliche hanno manifestato un singolare fervore di iniziative per la celebrazione del Giubileo, sia a livello di Chiese locali, sia con pellegrinaggi a basiliche e alle catacombe di questa alma città. E' stato ogni volta per me motivo di grande gioia e di vivo compiacimento accoglierli qui presso il sepolcro di Pietro. E la celebrazione odierna vuol essere il vertice luminoso di tale spirituale animazione, segno della mia particolare benevolenza, auspicio di grazie e doni celesti, pegno di rinnovato fervore nella fede, nella speranza e nella carità.


3. Il brano del Vangelo proprio della liturgia odierna, per una singolare coincidenza, ha come teatro di azione il Libano, la terra biblica santificata dal passaggio del Redentore durante la sua vita terrena.

Secondo il racconto dell'evangelista Matteo, Gesù, "si diresse verso le parti di Tiro e Sidone" e in quelle regioni guari a distanza la figlia di una donna cananea (cfr. Mt 15,21ss). Il pensiero corre spontaneamente e con profonda angoscia a quella nazione, tante volte celebrata come terra incantevole dalla Sacra Scrittura e che da anni, dopo un periodo di serena e feconda tranquillità, è martoriata da una crudele guerra civile, come nei più difficili tempi della sua storia. E' noto a tutti come questa Sede Apostolica nulla abbia lasciato di intentato al fine di riportare la pace in quel nobile e caro Paese. Quante volte è parso che la pace effettivamente tornasse, ma si è trattato, purtroppo, soltanto di brevi soste, in un conflitto sempre riemergente.

Desidero ripetere il mio accorato appello per la pace del Libano; desidero invocare ardentemente con la liturgia di oggi "tempi di pace" per il Libano ed estendere l'invocazione della pace "che viene dall'alto" a tutte le altre terre devastate dalla guerra o oppresse dalla persecuzione religiosa. E' la carità di Cristo che ci spinge (2Co 5,14), e lo stesso san Paolo ammonisce: "Non enim dissensionis Deus, sed pacis" (1Co 14,33).

Lo sfondo del Libano ci accompagna nel commento del brano evangelico che ha per protagonista un'umile donna di quella terra, oggetto dell'infinita misericordia del Signore, e il cuore si apre alla speranza. ciò che più colpisce nel comportamento di questa donna è la fede. Una fede orante e struggente. Dice san Matteo: "Ecco, una donna cananea si mise a gridare: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio"".

Una fede perseverante. Difatti, nonostante il rifiuto motivato dal Signore, essa "si prostro davanti a lui dicendo: "Signore, aiutami!"". Una fede ingegnosa. Avendole Gesù fatto osservare: "Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini (ossia ai non appartenenti al popolo eletto)", essa prontamente argomento: "E' vero, Signore, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni". E abbiamo così una fede vincente. "Gesù replico: "Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita".

Se nella donna cananea troviamo una "fides firma" accompagnata da una "spes invicta", troviamo nel Signore la "caritas effusa", e vediamo quanto il Redentore sia "dives in misericordia", come ho voluto sottolineare, a conforto di tutti, nell'omonima enciclica. La liturgia bizantina, che stiamo celebrando, ha un termine corrispondente che non può non impressionare. Chiama, infatti, Gesù "filantropo", ossia "pieno di amore per l'uomo". Oh, se gli uomini sapessero comprendere questa "filantropia" di Cristo e a lui si volgessero con piena confidenza, aprendo il cuore all'ascolto della sua Parola! La storia del mondo si avvierebbe su strade migliori di quelle che sta percorrendo, e in tanti cuori tornerebbe a fiorire la speranza.

L'episodio evangelico ha inoltre un valore esemplare, in quanto preannunzia la dimensione universale della salvezza. Alla luce del fondamentale insegnamento che esso ci offre, vorrei ripetere quanto ebbi a dire nella Bolla "Aperite portas Redemptori" per indicare una delle finalità primarie dell'indizione dell'Anno Giubilare (n. 11a): "...affinché l'evento della Redenzione possa essere annunziato a tutti i popoli e affinché in ogni nazione i credenti in Cristo Redentore possano professare liberamente la propria fede". Che la celebrazione dell'Anno Giubilare valga ad ottenere a quanti sono impediti nella libera manifestazione della loro fede interiore costanza in mezzo alle difficoltà, generosa carità verso gli oppressori, invitta fiducia nel finale trionfo di Cristo.


4. E ora, riprendendo la celebrazione della divina liturgia, in adesione all'invito dell'inno cherubico: "deponiamo ogni mondana preoccupazione, affinché possiamo accogliere il Re dell'universo scortato invisibilmente dalle angeliche schiere".

E con la stessa liturgia innalziamo l'inno: "Dignum est te laudare" alla "Theotokos", sempre Vergine Madre di Dio, "più onorabile dei cherubini e incomparabilmente più gloriosa dei serafini". A lei ripetiamo con filiale trasporto: "Protettrice dei cristiani, sempre esaudita, tu che intercedi continuamente presso il Creatore, non disdegnare la voce supplicante di poveri peccatori, ma tu, che sei buona, accorri in nostro aiuto. Affrettati a intercedere per noi, sii sollecita nel pregare per noi, o Madre di Dio, che sempre vigili su quelli che ti onorano".

Mentre nell'unione della fede e della comunione dello Spirito Santo ci raccomandiamo scambievolmente a Cristo Dio, confessiamo: "Poiché tu sei Dio buono e pieno di amore per l'uomo, e noi rendiamo gloria a te, Padre, Figlio e Spirito Santo, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen".

Data: 1984-02-05 Data estesa: Domenica 5 Febbraio 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Si alla vita"

Testo:

Cari fratelli sorelle.


1. In questa domenica e, se il Signore vorrà, nelle domeniche successive mi intratterro con voi su alcuni aspetti della pietà mariana, cioè sull'amore devoto e filiale con cui i discepoli di Cristo. in Oriente e in Occidente, venerano Maria santissima. Tale pietà è il risultato di un'esaltante "esperienza cristiana" nel senso che si radica nel mistero di Cristo e in esso trova la sua origine e la sua giustificazione, la ragione del suo sviluppo e lo scopo ultimo a cui tende per un intimo dinamismo.

"In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio", scrive Giovanni nel prologo del suo Vangelo. E aggiunge: "Tutto è stato fatto per mezzo di lui" (Jn 1,1 Jn 1,3). Tutto. Anche Maria. Anzi, soprattutto Maria, che dopo la santa umanità di Cristo costituisce il vertice della creazione, la "gloria dell'universo", come la saluta la liturgia (Inno alle Lodi).

"Tutte le cose sono state create... in vista di lui" (Col 1,16), precisa l'apostolo Paolo. Tutte. Anche Maria. In vista di lui ella fu creata: perché ne fosse la madre santa, e nel suo grembo verginale il Verbo rivestisse l'umana natura; perché ne fosse la discepola fedele, che nello scrigno di un cuore puro custodisse la parola di vita (cfr. Lc 2,19 Lc 2,51); la donna nuova posta accanto a lui, l'uomo nuovo, redentore di tutti gli uomini; perché fosse l'arca di un'alleanza non infranta; l'immagine del nuovo popolo di Dio e della nuova Gerusalemme: il frutto primo e già pienamente maturo della Redenzione.


2. "Per mezzo di lui... in vista di lui", ci dicono le Scritture. Tutto quindi in Maria è relativo a Cristo, tutto dipende da lui, tutto è pervaso dal suo mistero.

Fin dai tempi apostolici i cristiani, contemplando Gesù "Signore della gloria" (cfr. 1Co 2,8), e approfondendo il mistero della sua persona - Figlio di Dio e, per Maria, Figlio dell'uomo - hanno compreso il ruolo essenziale di Maria nell'opera della salvezza. Poi, via via, riflettendo sull'indissolubile associazione della Madre agli eventi salvifici della vita, morte e risurrezione di Gesù, hanno assunto nei confronti di lei un atteggiamento di commosso stupore, di fidente ossequio, di amorosa venerazione.


3. Come sappiamo, il mistero di Cristo in cui si radica la pietà mariana, per l'azione dello Spirito, è stato tradotto in parole e consegnato alla divina Scrittura come annuncio di salvezza ed è realizzato e celebrato nella sacra liturgia come evento di grazia. Infatti quando si esamina la documentazione antica e la sacra tradizione, si rileva che la pietà mariana ha la sua origine nella meditazione della Bibbia e nella celebrazione dei divini Misteri. Questa lieta constatazione si volge spontaneamente, cari fratelli e sorelle, in trepido augurio: che la nostra pietà verso la Madre di Gesù rimanga sempre ancorata a questa duplice, genuina, freschissima fonte: la Parola di Dio e la santa liturgia.

La Chiesa italiana celebra oggi la Giornata della vita. Vi invito a riflettere sul messaggio che la Conferenza episcopale italiana ha rivolto ai fedeli, affinché prendano coscienza in modo coerente del valore assoluto e universale della vita di ogni uomo e di ogni donna, creati a immagine e somiglianza di Dio. Come dicono i vescovi italiani, il rispetto per la vita "abbraccia qualsiasi essere umano: abbraccia il malato, il vecchio, l'handicappato; abbraccia anche la creatura che ancora vive nel grembo materno.

Anzi, quest'ultima ha un diritto ancora maggiore ad essere accolta e difesa, perché fra tutte è la più inerme".

Con viva cordialità saluto i rappresentanti del Movimento per la vita, che sono qui presenti, e li incoraggio nel loro impegno di testimonianza, accompagnandoli con la mia benedizione. Voglia Iddio, autore della vita, illuminare le menti e sostenere le iniziative destinate a promuovere questa grande e nobile causa.

[Invito a pregare per i Libano:] Riferendomi al mio appello a pregare per il Libano, rivolto durante la liturgia in rito bizantino nella Basilica vaticana, rinnovo ora l'invito ad elevare preghiere, perché quelle popolazioni, dopo tante sofferenze, possano godere finalmente del sospirato dono della pace.

Dal Libano così provato giungono notizie sempre più allarmanti, che sembrano far svanire la speranza di una soluzione che non faccia ricorso alla violenza e alla sopraffazione. Sanguinosi scontri e intensi bombardamenti, senza interruzione da quattro giorni e con una violenza finora mai registrata, hanno causato centinaia di morti e di feriti tra la popolazione civile, nei quartieri di Beirut, nella cittadina di Zahlé e in numerosi villaggi.

Preghiamo perché, nel cuore di tutti i libanesi che amano sinceramente il proprio Paese, possa sopravvivere la speranza in un futuro di pace e di reciproco rispetto. Chiediamo a Dio di ispirare nei responsabili sentimenti di buona volontà, perché sia raggiunta con urgenza una tregua tra le parti che si combattono; e perché si possa riprendere un dialogo leale tra le varie comunità etniche e religiose del Paese, con l'intento di pervenire a un'effettiva e stabile riconciliazione. Affidiamo questa supplica all'intercessione della Vergine santissima, Patrona del Libano.

Data: 1984-02-05 Data estesa: Domenica 5 Febbraio 1984




Alla "Peregrinatio ad Petri Sedem" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Incoraggiamento agli animatori spirituali dell'Associazione

Testo:

Carissimi animatori spirituali della "Peregrinatio ad Petri Sedem"!


1. Grande è la mia gioia nel ricevervi in questo incontro breve ma che vuole essere molto cordiale. Vi ringrazio per la vostra visita e vi porgo il mio saluto affettuoso, rivolgendo uno speciale pensiero a monsignor Emanuele Clarizio, che vi guida e vi sostiene nella vostra dedizione.

Desidero esprimervi il mio vivo apprezzamento per la preziosa opera che compite nel vostro benemerito servizio di accoglienza e di accompagnamento dei pellegrini che giungono a Roma. Anzi, l'occasione è propizia per manifestarvi la mia sincera riconoscenza per tale vostro impegno, di non piccola importanza, che voi eseguite con sollecita diligenza, per amore della Chiesa e a vantaggio degli ospiti dell'Urbe.

Indubbiamente Roma ha un fascino misterioso e straordinario: la Sede di Pietro, nel volgere dei secoli e delle vicende umane, è stata ed è centro di spiritualità sicura e faro di autentica luce. Qui, alla Città eterna, giungono ogni anno numerosi turisti e pellegrini, emozionati, ansiosi, desiderosi di vedere, di ammirare, di gustare le bellezze artistiche, di pensare alla storia antica e moderna, di riflettere, di respirare l'atmosfera dei grandi avvenimenti che hanno scandito il ritmo dei tempi e sono passati attraverso l'urbe.

Ma molti vi giungono spinti soprattutto dalla fede e dall'amore, bramosi di pregare, di meditare, di seguire le orme di san Pietro e san Paolo, come pure di tanti martiri e di tanti santi, che qui, a Roma, hanno trovato conforto e conferma ai loro supremi ideali, da san francesco d'Assisi a santa Caterina da Siena, da santa Brigida di Svezia a sant'Ignazio di Loyola.

Pensate alla schiera innumerevole di artisti e pensatori, di tutte le nazioni e di tutte le mentalità, che sono stati attratti da Roma e qui hanno composto o ideato le loro liriche, i loro scritti, le loro opere musicali.

Ricordate il famoso verso di George Byron nel "Child Harold": "O Roma, mia terra, città dell'anima!" e l'affermazione di Stendhal nelle "Passeggiate romane": "Eccoci dentro San Pietro. Non si può non adorare una religione capace di produrre simili bellezze"; ed esaltava la Basilica vaticana "come la più bella chiesa della più bella religione del mondo". Certamente, queste erano solo emozioni estetiche; tuttavia erano anche espressione di sentimenti sinceri e sappiamo come molte volte tali emozioni sono strada per più profonde decisioni religiose. così avvenne per il noto scrittore francese Louis Veuillot, che giunto a Roma nel 1838, ateo e anticlericale, come racconta nel libro famoso "Le parfum de Rome", fu raccolto ferito "dalla mano luminosa e materna" di Roma e trasferito alle altezze divine: "Da lei ho ricevuto la vita e gliela ricambio con amore" (cfr. cap. I). A Roma egli si converti.


2. Vi manifesto queste riflessioni in segno di compiacimento e di incoraggiamento per la vostra missione così utile. Anche voi, con la vostra opera, potete essere strumento della "grazia" divina: ogni pellegrinaggio a Roma è come un ritorno alla propria patria spirituale, è come un preludio di attesa e di preparazione della patria eterna che Cristo, il Divin Maestro, ci ha annunziato e assicurato e il cui messaggio ha affidato a Pietro e agli Apostoli. Anche voi, dunque, siete indirettamente partecipi di questo compito e di questa responsabilità; e potete far si che ogni pellegrinaggio diventi spiritualmente ricco, aprendosi alla meditazione e alla preghiera, incoraggiando gli animi alla carità e alla bontà, a propositi di fervore e di santità, perché Roma è la città dell'anima e ha un linguaggio che ogni anima può capire.


3. Durante questo Anno Giubilare della Redenzione, il vostro impegno sia particolarmente ardente, affinché la grazia raggiunga tante anime, col suo appello alla conversione e a una vita autenticamente cristiana.

Mi piace concludere il nostro incontro rammentando le pagine soavi e commoventi della "Storia di un'anima", nelle quali santa Teresa di Lisieux narra il suo avventuroso viaggio a Roma: sei giorni dedicati a visitare le principali meraviglie della città, conclusi con lo straordinario incontro con papa Leone XIII. Gioia particolarmente grande fu per lei quella di potersi inginocchiare sulla terra che in secoli lontani aveva visto morire i martiri. "Il mio cuore batteva da scoppiare - scrive santa Teresa del Bambino Gesù - quando le mie labbra si avvicinarono alla polvere arrossata dal sangue dei primi cristiani; domandai la grazia di essere anch'io martire per Gesù e sentii nel profondo che la mia preghiera era esaudita..." (cap. VI).

Grandezza e potenza di Roma cristiana! Siate felici di poter servire la nobile causa del cristianesimo col vostro servizio di accoglienza e di accompagnamento dei pellegrini! Il Signore vi conceda di sentire e gustare le sue celesti consolazioni. Vi sostenga la mia benedizione apostolica, che di gran cuore imparto e che volentieri estendo alle vostre famiglie.

Data: 1984-02-06 Data estesa: Lunedi 6 Febbraio 1984




Visita alla Biblioteca Vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Biblioteca al servizio della verità e della cultura

Testo:

Signori cardinali! Venerati fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio! Illustri signori!


1. Sono veramente lieto di compiere oggi l'inaugurazione ufficiale dei nuovi locali di questa Biblioteca apostolica, che la Santa Sede fin dall'antichità eresse e arricchi attraverso i secoli, perché fosse per gli uomini di alta cultura privilegiato punto di riferimento e santuario eletto della scienza e della sapienza. Saluto di cuore tutti voi, presenti a questo significativo incontro, rivolgendo un particolare e grato pensiero agli illustri rappresentanti del Sacro collegio dei cardinali, delle Sacre congregazioni, degli uffici, dei tribunali e delle commissioni della Curia romana; saluto con eguale affetto i rappresentanti della Conferenza episcopale tedesca, e l'intero personale che dedica la propria attività al buon funzionamento di questa biblioteca; saluto pure i dirigenti del governatorato della Città del Vaticano e dell'amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, unitamente ai responsabili delle imprese di costruzione e di arredamento dei nuovi locali, e ai dirigenti della casa editrice Belser; un saluto speciale va soprattutto a monsignor Alfonso Stickler, pro-bibliotecario di Santa romana Chiesa, al quale esprimo pure un vivo ringraziamento per le cortesi parole con le quali ha aperto questa cerimonia.


2. Nella mia attività apostolica e soprattutto nei miei incontri con i singoli dicasteri della Curia romana e degli altri uffici della Santa Sede il mio pensiero si è posato più volte sull'attività, sui problemi e sulla missione di questa Biblioteca apostolica.

Non posso certo dimenticare la celebrazione dell'Anno Santo che il giorno dell'Ascensione, nel maggio 1983, il personale di questa biblioteca ha voluto celebrare insieme con me nella Basilica vaticana. Ed è ancora vivo il ricordo della recente ordinazione episcopale che ho conferito a monsignor Alfonso Stickler.

La missione della Biblioteca apostolica vaticana è oggi più che mai attuale perché, se da un lato l'attività quotidiana della biblioteca e del suo personale direttivo, scientifico ed esecutivo è diretta alla promozione della conoscenza e della scienza e alla tutela del patrimonio culturale nella sua più ampia accezione - come lo dimostrano le antiche e celebri costruzioni fatte dai sommi pontefici: da Sisto IV a Sisto V, da Leone XIII a quelle che oggi vengono inaugurate e che mettono la Biblioteca vaticana al passo con i servizi culturali più moderni sparsi nel mondo -, dall'altro lato è proprio un'esigenza attuale della cultura umana quella di privilegiare maggiormente, al di là della conoscenza sensibile ed empirica, quella razionale e metafisica e quella della religione e dello spirito, cioè la fede.


3. La Biblioteca apostolica vaticana è chiamata a svolgere un servizio alla verità e alla cultura.

Alla verità, anzitutto, concedendo l'adito a tutti gli studiosi, soprattutto a quelli provenienti dalle università degli studi e dagli istituti di ricerca e di specializzazione e particolarmente ai docenti universitari senza distinzione di razza, ideologia o religione, purché siano cultori di una vera scienza, veramente al servizio dell'uomo.

Alla cultura poi perché non si può ignorare che la Biblioteca vaticana, fondata come biblioteca umanistica, abbia sempre coltivato le scienze umane; e in essa, inoltre, si trova uno tra i più importanti depositi delle scienze esatte antiche. Furono quelle scienze umane a costituire nel passato un denominatore comune culturale, che anche oggi ha la sua attualizzazione e continuazione nel servizio di quell'intesa e di quella collaborazione internazionale che è impegno e aspirazione di tutti i popoli. Essa sta alla base di quella pace che sant'Agostino e san Tommaso d'Aquino - la cui imponente effige campeggia in questa sala di consultazione -definiscono "tranquillitas ordinis". E' proprio infatti delle scienze umane stabilire la giusta gerarchia dei valori, ordinando l'universo dell'uomo e della natura a servire la pace. Ed è soprattutto in questo servizio di collaborazione culturale diretto al bene dell'uomo, all'intesa intellettuale, alla pace e alla ricerca della fede che si deve distinguere l'attività della Biblioteca apostolica.


4. Un'altra caratteristica della Biblioteca vaticana è quella di essere depositaria e vigile custode di tesori e di valori artistici d'ogni genere: dal venerabile Codice vaticano B' al papiro Bodmer, che contiene le lettere di san Pietro, dagli splendidi esemplari bizantini ai codici medievali, dagli stupendi manoscritti del Rinascimento ai numerosi e preziosi oggetti d'arte che i sommi pontefici hanno continuamente affidato alla sua custodia insieme alla missione di farli studiare e conoscere.

Nessuno ignora, infatti, quanto la bellezza possa avvicinare a Dio e servire quindi alla missione religiosa della Chiesa, che da sempre protegge l'arte, utilizzandola al servizio della liturgia e della preghiera negli edifici di culto o nei templi della cultura. Mi compiaccio quindi che sia venuta ad abbellire il cortile della Biblioteca vaticana una nuova e artistica opera raffigurante san Giuseppe "Custos ac provisor Bibliothecae apostolicae Vaticanae".


5. E ovvio che la Biblioteca vaticana non può far fronte da sola a questa sua missione, in qualche modo "evangelizzatrice", stante la vastità e la diffusione della cultura e la novità e l'ampiezza dei mezzi oggi a disposizione. Per corrispondere a questo suo impegno, essa ha trovato collaborazione con altri enti culturali, che dispongono di nuove tecniche. Tali enti, tra i quali si distingue la casa editrice Belser, meritano encomio per la sensibilità dimostrata alle esigenze della Biblioteca apostolica per diffondere e far conoscere nel mondo quei tesori di sapienza e di bellezza che sono, per gli spiriti in sincera ricerca, veri "praeambula fidei", porte d'ingresso alla fede.

Una grande opera è stata svolta con la riproduzione e diffusione di fac-simili eseguiti con vero impegno scientifico e tecnico a testimonianza di quel rispetto e di quell'amore che la Chiesa ha sempre nutrito per la Verità in ogni sua espressione.

E' da mettere inoltre in particolare rilievo la collaborazione che la Biblioteca vaticana ha cercato presso la Conferenza episcopale tedesca, la quale, attraverso il suo ben noto spirito di collegiale corresponsabilità, ha sostenuto la missione culturale della Biblioteca apostolica, ricevendone un meritato prestigio culturale. A nome della Santa Sede giunga quindi una parola di viva riconoscenza, per questo provvido intervento, alla Conferenza episcopale tedesca, che si è distinta per generosità e comprensione.

Tale collaborazione nella conservazione delle fonti della cultura e nella diffusione della verità in tutto il mondo fa della Biblioteca apostolica vaticana un vero strumento della Santa Sede nella sua missione universale di verità, di intesa e di pace.

Su quanti si dedicano a quest'opera davvero meritoria e su tutti e singoli gli appartenenti alla Biblioteca apostolica vaticana, come sulle rispettive famiglie, invoco i doni del Signore e a tutti imparto la benedizione apostolica, in segno della mia particolare benevolenza.

Data: 1984-02-07 Data estesa: Martedi 7 Febbraio 1984






GPII 1984 Insegnamenti - Alla diocesi di Sao Tomé e Principe - Città del Vaticano (Roma)